Sommario
❱❱ Introduzione
Conosci l’indice glicemico
e perdi peso senza sacrifici
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❱❱ Capitolo 1
La glicemia dei cibi e i meccanismi
che fanno ingrassare
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❱❱ Capitolo 2
L’importanza dell’indice glicemico
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❱❱ Capitolo 3
Il programma dimagrante
seguendo l’indice glicemico
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❱❱ Capitolo 4
I menu per ritrovare la linea in 14 giorni
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❱❱ Capitolo 5
Cucinare con i cibi che non alzano la glicemia
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❱❱ Capitolo 6
Le tabelle per scegliere i cibi con l’IG più basso
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Introduzione
Conosci l’indice
glicemico e perdi peso
senza sacrifici
L’
indice glicemico è uno strumento efficace per perdere peso
senza essere costretti a patire la fame. Sfruttando questo
fattore possiamo mangiare pane, pasta e dolci senza rischiare
il sovrappeso e anzi consumando i grassi depositati nei tessuti.
Saper scegliere i cibi a basso indice glicemico infatti aiuta ad
annullare l’effetto ingrassante di questi alimenti.
Tutto parte dai carboidrati (cioè gli amidi e gli zuccheri) che
sono contenuti nei cibi più comuni e che insieme alle proteine
e ai grassi costituiscono la base della nostra alimentazione.
Questi tre macronutrienti sono i principi alimentari fondamentali per fornire all’organismo l’energia necessaria alla vita
e il materiale che serve per la crescita, la riparazione e il rinnovamento di tutti i tessuti corporei. Secondo le linee guida
alimentari per l’Italia, circa la metà delle calorie (50-55%)
dovrebbe essere fornita all’organismo da carboidrati (chiamati anche glucidi) e la parte rimanente distribuita fra grassi (il
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Dimagrisci con l’indice glicemico
30-35% del totale) e proteine (il rimanente 15-20%). Questa
divisione asseconda anche le nostre tradizioni alimentari, perché i cibi più frequenti nella dieta mediterranea sono il pane,
la pasta, la pizza, i prodotti da forno, i dolci, la frutta e alcune verdure, tutti ricchi di carboidrati. I glucidi infatti si trovano, in percentuali variabili, in tutti i prodotti alimentari
derivati dai cereali e dalle loro farine, oltre che nei vegetali che
contengono amidi, zuccheri e cellulosa.
Assimiliamo dunque quotidianamente considerevoli dosi di
carboidrati, attraverso cibi abituali (e molto apprezzati dal
nostro gusto). Dalla digestione dei carboidrati si ottiene il glucosio, fonte di energia essenziale all’organismo perché consente
la contrazione dei muscoli ed è l’unico “carburante” che il cervello può utilizzare e che consuma in quantità.
I carboidrati fanno ingrassare?
Ma nonostante questa ruolo fondamentale nell’organismo, i
carboidrati sono stati presi di mira da molti dietologi negli
ultimi anni perché indicati come i principali responsabili dei
dilaganti problemi di sovrappeso e di obesità.
Questo perché il consumo di amidi e zuccheri è strettamente
collegato alla produzione di insulina, che è definita “ormone
ingrassante”. Infatti quando il glucosio ricavato dall’assimilazione dei carboidrati entra in circolo nel sangue, provoca
l’aumento della glicemia e questo stimola l’entrata in azione
dell’insulina. Questo ormone, prodotto dal pancreas, ha la funzione di tenere regolata la glicemia; quindi per ridurre il glucosio in eccesso stimola la sua trasformazione in grasso e facilita il suo immagazzinamento nelle cellule. Di conseguenza,
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Introduzione
quanta più insulina circola nel corpo, tanto più grasso viene
depositato nei tessuti. Da qui il rischio che mangiare carboidrati possa provocare l’aumento del peso corporeo.
Ma le diete dimagranti che obbligano a un drastico taglio nel
consumo di tutti i carboidrati non sono una soluzione adeguata. In primo luogo perché un’eccessiva riduzione di carboidrati
nella nostra alimentazione comporta anche conseguenze negative per l’organismo, perché lo obbliga a recuperare altre fonti di
glucosio per fornire il combustibile indispensabile al cervello.
Inoltre questi processi metabolici “di riserva” producono sostanze
di scarto, che rischiano di essere dannose all’organismo.
Le diete “low carb” (a basso apporto di carboidrati) provocano
una rapida perdita di peso nei primi giorni (perché portano a
consumare i liquidi corporei) ma a lungo andare non sono tollerabili, per lo “squilibrio” tra i macronutrienti.
La svolta: l’indice glicemico
Come tenere sotto controllo allora il livello di glicemia nel sangue e la risposta insulinica che porta a un aumento del peso
corporeo, senza ridurre significativamente la quantità di carboidrati assunti con l’alimentazione?
La risposta al quesito arrivò studiando le conseguenze dell’assunzione dei vari cibi sul livello di glicemia del sangue. Non
tutti infatti provocano brusche impennate di glucosio nel sangue, con tutte le relative conseguenze. Si pensava che questo
effetto fosse provocato dagli zuccheri semplici e non dai carboidrati più complessi. I test pratici, misurando gli effetti sulla
glicemia dopo aver mangiato vari tipi di alimenti, dimostrarono che non era così. Anche i cibi contenenti amido possono far
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Dimagrisci con l’indice glicemico
riversare immediatamente nel sangue una forte quantità di
glucosio e viceversa alcuni cibi contenenti zuccheri semplici
hanno un lieve impatto glicemico e insulinico.
Si arrivò così a definire il concetto di “indice glicemico”, cioè la
misura della velocità con cui un alimento fa impennare la glicemia e quindi avvia i meccanismi fisiologici che possono produrre il sovrappeso. Ogni cibo ha un suo indice glicemico, e
conoscerlo è molto importante per scegliere una dieta adatta a
perdere peso senza provocare squilibri tra i macronutrienti.
Si può continuare a mangiare un’adeguata percentuale di carboidrati, inserendo nei pasti anche cibi a basso indice glicemico, che servono a contenere la risposta glicemica e insulinica
dell’alimentazione. Così il corpo non immagazzina grassi in
eccesso e i carboidrati digeriti lentamente danno un maggiore
senso di sazietà evitando gli attacchi di fame ingiustificata.
Il contenuto del libro
Le spiegazione sull’importanza e sull’utilità del concetto di
indice glicemico, che abbiamo qui sintetizzato, sarà illustrata
più dettagliatamente nel libro.
In primo luogo si parlerà delle caratteristiche generali dei carboidrati, quali cibi ne contengono in maggiore quantità, come
vengono scomposti in glucosio e quali conseguenze provoca
questo processo sulla glicemia, sull’insulina e su altri meccanismi fisiologici. Queste reazioni sono di intensità diversa e dipendono appunto dall’indice glicemico di ogni cibo.
Seguirà quindi la trattazione del significato di indice glicemico, dei fattori da cui dipende e di come si misura. Quindi una
prima suddivisione sintetica fra alimenti a basso, medio ed
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Introduzione
elevato indice glicemico. Tale divisione è utile per scegliere a
ragion veduta gli alimenti che hanno un minore indice glicemico e servono per tenere sotto controllo la glicemia, il sovrappeso e anche il rischio di diabete.
La seconda parte del libro è dedicata alle indicazioni concrete
su come usare l’indice glicemico per costruire un programma
alimentare che sia efficace nel perdere peso senza dannosi squilibri alimentari e senza sacrifici eccessivi.
Illustreremo una serie di consigli su come seguire un’alimentazione sana e dimagrante seguendo le indicazioni dell’indice
glicemico. Proporremo i menu per un programma alimentare
della durata di due settimane con lo scopo di bruciare i chili
superflui e riacquistare la forma fisica.
Presenteremo anche una serie di gustose ricette basate sull’utilizzo di ingredienti a ridotto impatto sulla glicemia.
Infine un’appendice molto utile: le tabelle con l’indice glicemico di numerosi alimenti, suddivisi per categorie. Servono per
scegliere i cibi a minore indice glicemico, quelli più adatti non
solo per perdere peso, ma anche per contrastare il diabete e per
mantenersi in salute.
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CAPITOLO 2
L’importanza
dell’indice
glicemico
La soluzione per contrastare gli effetti
ingrassanti provocati dalla digestione degli
amidi e degli zuccheri non sta nel ridurre
drasticamente l’apporto di carboidrati
nell’alimentazione, come fanno alcune diete,
ma nel tenere conto dell’indice glicemico
degli alimenti. È un fattore che misura
la reazione prodotta dai vari alimenti sulla
glicemia: scegliere i cibi con IG più basso
aiuta a dimagrire e a evitare i rischi
per la salute provocati dall’iperglicemia.
Dimagrisci con l’indice glicemico
LA SCOPERTA DEL FATTORE IG
N
el primo capitolo abbiamo visto che i carboidrati assimilati dall’organismo vengono scissi in glucosio, che
entra nel sangue e fa alzare la glicemia. Un effetto che
stimola la produzione di insulina, un ormone che può provocare accumulo di grassi.
Come fare allora per tenere sotto controllo l’effetto ingrassante prodotto dai carboidrati, senza ridurre il loro apporto all’interno della dieta?
A questo punto entra in gioco l’indice glicemico, uno dei
fattori che negli ultimi anni hanno attirato maggiormente l’attenzione dei dietologi e dei nutrizionisti.
Non tutti i carboidrati infatti producono un uguale aumento della glicemia nel sangue. Alcuni fanno impennare
rapidamente il livello del glucosio, altri invece lo fanno
aumentare in maniera più graduale e prolungata. Questa
differenza è un dato fondamentale per capire quanto un
cibo possa incidere nel causare sovrappeso o obesità ed è
collegata appunto all’indice glicemico.
Esso infatti rappresenta la velocità con la quale un alimento che contiene carboidrati provoca un aumento della glicemia. L’indice glicemico (IG) si esprime attraverso un
numero che stabilisce il confronto con la velocità nell’aumento della glicemia che si avrebbe ingerendo del glucosio, cioè uno zucchero semplice, già monosaccaride.
Il glucosio fa da parametro di riferimento e la velocità con
cui esso influisce sulla glicemia viene considerata pari a
100. Quindi se un alimento ha un IG di 50 significa che
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CAPITOLO 2 - L’importanza dell’indice glicemico
il glucosio rispetto a esso ha una velocità doppia nell’influire sulla glicemia e quindi che questo cibo ha un’assimilazione più lenta e produce un più graduale innalzamento della glicemia. Meno rapido è questo processo e
più basso è l’indice glicemico.
Al contrario invece i carboidrati con elevato indice glicemico vengono metabolizzati rapidamente e determinano un
improvviso innalzamento del livello ematico di glucosio.
Detto in un altro modo, si può affermare che l’indice glicemico misura il potere glicemizzante di un caraboidrato,
ossia la sua capacità di liberare una certa quantità di glucosio dopo la digestione.
Questo aspetto è fondamentale per valutare quanto un
alimento possa favorire l’ingrassamento, perché se la glicemia sale rapidamente provoca un immediato rilascio di
insulina, che favorisce il deposito nei tessuti adiposi; se
invece la glicemia aumenta gradatamente e si mantiene
abbastanza stabile per un periodo più lungo, l’intervento
dell’insulina sarà più blando e meno “ingrassante”.
Zuccheri semplici e complessi
Tradizionalmente si riteneva che gli effetti dei carboidrati sulla glicemia e quindi sulla risposta insulinica e sulla
formazione e il deposito di grassi negli adipociti fossero
legati direttamente alla loro struttura chimica.
Si faceva una netta divisione fra carboidrati semplici, cioè
gli zuccheri, e carboidrati complessi, cioè gli amidi. Si riteneva che i primi fossero metabolizzati molto rapidamente e che provocassero subito l’aumento della glicemia nel
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Dimagrisci con l’indice glicemico
sangue. Invece per gli amidi e in generale gli zuccheri
complessi si pensava che fosse necessario un tempo maggiore per l’assimilazione e che l’aumento della glicemia di
conseguenza fosse più limitato e graduale.
Ma gli studi intrapresi nel corso degli anni hanno chiarito che questa suddivisione non è sufficiente per stabilire
quali sono i cibi con un effetto più rapido sulla glicemia e
quindi che provocano un maggiore rischio di accumulare
grassi ricavati dalla sintesi del glucosio.
Gli studi di Jenkins - Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio
degli anni ’80 si cominciarono ad analizzare scientificamente le reazioni dell’organismo dopo l’ingestione dei vari
tipi di carboidrati. Il professor Crapo, diabetologo di San
Diego, analizzò il legame fra i picchi insulinici e il sovrappeso; a portare avanti sistematicamente questi studi fu poi
il professor David Jenkins all’Università di Toronto in Canada, che dal 1981 esaminò gli effetti di centinaia di alimenti diversi sull’aumento della glicemia. Il metodo era
semplice ed è in uso ancora oggi: il ricercatore misurava il
livello di glicemia nel sangue dei volontari a digiuno, e lo
misurava poi nuovamente, a intervalli di tempo regolari,
dopo che avevano mangiato l’alimento preso in esame.
Così Jenkins accertò che i vari cibi hanno una loro specifica e particolare caratteristica di innalzare la glicemia e chiamò questa capacità col termine appunto di indice glicemico.
La misura dell’IG è dunque praticamente un metodo
scientifico per stabilire come i carboidrati contenuti nei
vari alimenti possono influire sul livello di glucosio nel
sangue. Dunque i cibi che hanno un elevato IG conten36
CAPITOLO 2 - L’importanza dell’indice glicemico
gono carboidrati che hanno un forte e rapido impatto sulla glicemia nel sangue, mentre quelli con basso indice
glicemico contengono carboidrati che producono un impatto molto inferiore.
Da questi studi emersero dei dati che erano in contraddizione con quanto si riteneva fino ad allora. Ad esempio si
scoprì che dei cibi che si riteneva avessero un effetto lento sulla glicemia, come pane, patate e riso, invece influiscono con molta rapidità provocando picchi glicemici. Al
contrario alcuni zuccheri presenti in alimenti come frutta
e marmellate non provocano un picco netto e immediato
della glicemia, come invece si pensava.
Molti zuccheri danno una risposta glicemica inferiore e
più lenta rispetto a quella prodotta dagli amidi.
Fin dai primi studi sull’indice glicemico è stato provato
con esperimenti scientifici che, contrariamente a quello
che si riteneva in precedenza, alcuni carboidrati complessi e con un contenuto di amidi superiore al 60-70% vengono assorbiti e digeriti velocemente. Perciò hanno una
capacità di aumentare la glicemia anche superiore a quella degli zuccheri semplici contenuti in molti cibi dolci.
Gli amidi raffinati (come la farina bianca di frumento e
tutti i cibi prodotti con essa) sembrano essere tra le cause
maggiori di picchi glicemici, quelli che fanno alzare rapidamente la glicemia dai livelli normali di 60-100 ml/dl
fino a 130-180. Innalzamenti che poi producono l’emissione di insulina e una rapida riduzione della glicemia fino
a 45-50, con successivo senso di fame incontrollata.
Queste nuove nozioni hanno influenzato varie teorie sulla nutrizione e molti dietologi hanno cominciato a tener37
Dimagrisci con l’indice glicemico
ne conto nella stesura dei programmi di alimentazione, in
particolare quelli studiati per perdere peso. Uno dei più
noti è Michel Montignac, che alla fine degli anni ’80 ideò
e divulgò un metodo per dimagrire basato sull’osservazione stretta dell’indice glicemico degli alimenti. Il suo metodo ebbe grande successo ed è stato seguito da molti.
I fattori che lo determinano
L’indice glicemico di un alimento è influenzato da numerosi fattori, non solo dalla presenza di amidi e zuccheri,
ma anche dalla loro composizione chimica, dalla struttura
delle molecole, dalla loro reazione al calore, dalle caratteristiche chimico-fisiche; l’IG di un cibo viene inoltre influenzato anche dai cibi che lo accompagnano nel pasto.
Analizziamo i vari fattori che contribuiscono a determinare l’indice glicemico di un alimento.
➤ Gelatinizzazione: quando gli amidi di un cibo vengono “gelatinizzati” facilmente, cioè i granuli che li compongono si gonfiano e scoppiano liberando molecole, allora
questo cibo diventa più facilmente digeribile e quindi ha
un indice glicemico più alto, perché viene assimilato in
fretta. Accade ad esempio per gli amidi delle patate cotte
a lungo o della farina aggiunta nelle salse, che sono gelatinizzati e quindi hanno un elevato IG.
➤ Macinatura: i cereali macinati molto finemente si presentano sotto forma di granuli sottilissimi, che vengono
digeriti più in fretta e quindi hanno un indice glicemico
più alto. Se i cereali invece hanno ancora il loro “guscio”
protettivo costituito dal chicco o dalla crusca, hanno un
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CAPITOLO 2 - L’importanza dell’indice glicemico
indice glicemico basso, anche se sono stati cotti a lungo
(la lunga cottura - come abbiamo detto - di solito aumenta l’indice glicemico di un alimento).
➤ Composizione dell’amido: perché il riso di solito ha
un indice glicemico molto elevato, superiore a quello degli
altri cereali? Perché il tipo di amido che contiene in maggioranza è quello che viene assimilato più in fretta e quindi manda in circolo più rapidamente il glucosio. Gli amidi sono infatti di due tipi: l’amilosio e l’amilopectina.
L’amilosio ha una struttura compatta, che viene intaccata
lentamente dagli enzimi digestivi; l’amilopectina è più
aperta e più facilmente digeribile perché subisce più facilmente il processo di gelatinizzazione.
Infatti l’acqua calda, penetrando attraverso le microscopiche fessure che si trovano sulla superficie del grano di riso,
provoca l’idratazione dell’amilosio, il rigonfiamento e i
processi che lo rendono digeribile più in fretta.
Quasi tutti i tipi di riso contengono più amilopectina che
amilosio, quindi hanno un alto indice glicemico. È diversa invece la situazione per il riso basmati, che contiene più
amilosio e ha un indice glicemico più basso.
➤ Fibre: le fibre contenute negli alimenti a base di carboidrati, oppure nei cibi che li accompagnano durante i pasti,
possono abbassare l’indice glicemico dell’alimento o del
pasto. Però devono essere fibre che hanno mantenuto la
loro viscosità e quindi la capacità di aumentare la densità
del bolo che transita nell’intestino.
In questo modo rallentano la digestione e il rilascio di
glucosio. Le fibre macinate troppo finemente non riescono a farlo; invece le fibre contenute nei bastoncini di cru39
CAPITOLO 3
Il programma
dimagrante seguendo
l’indice glicemico
Un programma alimentare basato
sui principi dell’indice glicemico
è efficace per ottenere la perdita di peso.
Seguito con costanza, non solo
aiuterà a dimagrire ma anche a ridurre
il rischio di contrarre il diabete.
In primo luogo elenchiamo i principi base
per sfruttare a proprio vantaggio
gli effetti dell’IG. Quali cibi scegliere
e quali evitare, come comporre i pasti
per restare in salute e in linea.
Dimagrisci con l’indice glicemico
I PRINCIPI BASE DELLA DIETA
L
a dieta basata sull’indice glicemico è soprattutto uno
stile alimentare, sano e ipocalorico, da adottare in maniera continuativa, che insegna a mangiare in modo vario,
abbinando correttamente i cibi.
Questo allo scopo di ridurre, il più possibile, la risposta
insulinica e favorire così la perdita di peso. I principi base
su cui si fonda la dieta dell’IG sono essenzialmente questi.
Inserire in ogni pasto un alimento a basso IG - In ogni
pasto della giornata bisogna prevedere almeno un alimento a basso indice glicemico. Oppure, in alternativa, è necessario sostituire gli ingredienti ad alto IG con cibi a
medio o basso IG (per esempio, sostituisci i cornflakes con
i fiocchi di avena, a colazione).
Non si escludono alimenti a elevato IG dalla dieta - Non
bisogna escludere totalmente dalla propria alimentazione
i cibi a elevato indice glicemico. Basta consumarne non
più di uno al giorno. Inoltre, ogni volta che si assume un
cibo ad alto indice glicemico, è sufficiente accompagnarlo
nello stesso pasto con uno o due alimenti a basso IG, nella stessa o maggiore quantità. Per esempio, se a pranzo si
mangia il riso bisogna accompagnarlo con le lenticchie
oppure, se si consumano delle patate, che hanno un elevato IG, come dessert, bisogna scegliere uno yogurt magro,
che ha un basso IG. Questo stratagemma serve ad abbassare l’IG medio del pasto e riduce la quantità di glucosio
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CAPITOLO 3 - Il programma dimagrante seguendo l’indice glicemico
prodotto. Ancora meglio sarebbe associare i carboidrati
previsti nel pasto con un cibo proteico, come carne, pesce,
uova, legumi o latticini e con un vegetale (frutta e verdura).
Esempio: se a colazione consumi 25 g di cornflakes ad alto
IG, accompagnali con 100 ml di latte scremato e con una
pesca noce tagliata a fettine.
Non considerare solo l’IG di un cibo - L’indice glicemico è
un parametro importante ma è sbagliato basare le proprie
scelte alimentari solo ed esclusivamente su questo fattore.
È, infatti, fondamentale considerare anche il contenuto
nutrizionale dei diversi alimenti che compongono il pasto
e soprattutto la percentuale dei grassi saturi, del sale e
delle fibre presenti.
Per esempio le patate o il riso, benché siano cibi a elevato
indice glicemico, sono decisamente più salutari della salsiccia che, nonostante l’IG basso, è ricca di grassi saturi.
Anche le porzioni contano - Per calcolare il carico glicemico di un certo cibo è necessario considerare la quantità di
carboidrati assorbibili e il relativo indice glicemico dell’alimento metabolizzato. Bisogna quindi stare attenti anche
alle porzioni dei cibi.
Mangiare “troppo” di un cibo con IG basso o medio fa
comunque aumentare il carico degli zuccheri totali e favorisce l’ingrassamento molto più di un cibo a IG elevato,
consumato in quantità ridotte. Al contrario, assumere alimenti a IG medio come la marmellata di fragole (IG=51)
o il miele (IG=55) provoca un basso impatto glicemico, se
essi vengono assunti in porzioni minime.
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Dimagrisci con l’indice glicemico
L’IG è calcolato solo per gli alimenti contenenti carboidrati
Un’alimentazione equilibrata è quella che prevede un apporto giornaliero bilanciato dei nutrienti principali: proteine, carboidrati e lipidi, che vanno consumati in proporzione variabile.
Bisogna in ogni caso sottolineare che l’IG è calcolato solo
per gli alimenti che contengono carboidrati perché questo
valore non può essere determinato nei cibi che ne contengono basse percentuali come la carne, il pesce, le uova,
il burro, i formaggi, il pollo, le verdure, la panna, le verdure. Inoltre bisogna considerare sempre il valore nutrizionale di un certo alimento, soprattutto la presenza (e di
che tipo di grassi) che possono essere molto diversi a seconda del cibo.
I punti fondamentali
• Non escludere dalla dieta gli alimenti a elevato IG.
• Prevedi in ogni pasto giornaliero alimenti a
basso IG.
• Associa sempre nello stesso pasto alimenti a
elevato IG con alimenti a basso IG.
• Se assumi carboidrati a elevato contenuto
glicemico cerca di assumerne in quantità
minime, così da ridurre l’impatto
sull’innalzamento della glicemia.
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