Duomo - Associazione Culturale NarteA

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Sorge lungo il lato Est della via omonima. La grande Cattedrale, dedicata all’Assunta, fu
edificata per volere di Carlo I d’Angiò fra la fine del ’200 e l’inizio del secolo successivo e
condotta a termine da re Roberto verso il 1313. La chiesa angioina, eretta in forme gotiche,
sorse incorporando edifici sacri di epoca altomedievale, fra i quali la basilica nota come Stefania
(inizi sec. VI) e parte di quella di Santa Restituta (sec. IV). Il suo aspetto attuale è la risultante di
una serie di restauri, succedutisi nel corso dei secoli: il primo fece seguito al terremoto del
1456; poi fu rifatto in parte dal cardinale Alessandro Carafa (1484 – 1505), rivestito di stucchi
nel 1680, rimaneggiato nel 1787 e da Raffaele Cappelli nel 1837-44. La facciata, rovinata dal
terremoto del 1349, ricostruita nel 1407, restaurata da Tommaso Senese (1788), fu rifatta
(1876-1905) in forme neogotiche su progetto di Enrico Alvino, modificato da Giuseppe Pisanti.
Conserva della ricostruzione del 1407 i tre portali di Antonio Baboccio; il mediano, ancora
chiuso dai battenti originari e ricco di sculture, conserva i leoni stilofori degli inizi del sec. XIV e
nella lunetta una Madonna con Bambino, di Tino da Camaino, fiancheggiata dai SS. Pietro e
Gennaro e dal Cardinale Minatolo adorante del Baboccio. Le sculture in marmo, dovute a vari
artisti, sono del primo ’900. L’interno, lungo circa 100m e a croce latina, è scandito in tre navate
con cappelle, divise da 16 pilastri che reggono archi acuti e recano addossate antiche colonne
di granito orientale e africano, tagliate a metà. Le navate mostrano il segno dei restauri
succedutisi nel tempo, con prevalenza di quelli ottocenteschi, che vollero restituire con stucchi
dorati e finti marmi un carattere “gotico”, ormai cancellato dagli interventi barocchi. Nella prima
campata della navata sinistra, un restauro del 1969-72 ha posto in luce il primitivo livello del
pavimento, finestre gotiche e rinascimentali e la struttura con le modanature originali della
costruzione angioina. La navata mediana e il transetto sono coperti da un soffitto ligneo
intagliato e dorato (1621); in quello della navata: Adorazione dei pastori di Giovanni Calducci,
Adorazione dei Magi, di Giovanni Vincenzo Forlì, Circoncisione di Flaminio Allegrini (1622);
Visitazione e Annunciazione di ignoto tardo- manierista. In alto, sulle pareti della stessa navata,
apostoli, dottori della Chiesa, patroni della città, di Luca Giordano e aiuti (1676-78; la serie
continua sulle pareti del transetto). Alle basi dei pilastri, i busti dei primi sedici vescovi di Napoli
(1620-21 e del 1745). Sopra il portale mediano, monumenti di Carlo I d’Angiò nel mezzo, di
Carlo Martello re d’Ungheria a destra, e di sua moglie Clemenza d’Asburgo, figlia di Rodolfo I, a
sinistra, eretti nel 1599 per ordine del viceré Guzman conte di Olivares, da Domenico Fontana
in sostituzione dei sepolcri primitivi andati distrutti alla metà del secolo XVI. Sotto la seconda
arcata sinistra, fonte battesimale formato da una vasca di basalto egiziano con maschere e di
una parte superiore di bronzo e marmi policromi. Sotto le ultime arcate, gli organi intagliati da
Gennaro Di Fiore (1772); sotto quello a sinistra, trono episcopale del 1376 c., fronteggiato dal
pulpito con Predicazione di Gesù attribuita da Annibale Caccavello. Navata destra Nella prima
cappella S. Nicola di Paolo De Matteis (1695). Nella seconda, due tombe dei Caracciolo
Pisquizi (sec. XIV): su quella di destra, Fortezza di Tino di Camaino; nel paliotto dell’altare,
Cristo deposto (sec.XVII-XVIII).
Seguono la monumentale facciata della cappella del Tesoro di S. Gennaro, una porticina che
immette in un corridoio (prima metà sec. XIV), coperto da volta archiacuta a lacunari e
fiancheggiato da nicchie, dove nel Seicento si ponevano a disseccare i cadaveri. Nella quarta
cappella, reliquari dei secoli XVII- XIX e, provvisoriamente, anche l’urna con le ossa di S.
Gennaro dal Succorpo. Nella quinta, Sepolcro del cardinale Francesco Carbone, forse di artista
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napoletano; alle pareti, seicenteschi Cenotafi dei Brancia. Transetto destro Nel soffitto:
Risurrezione di Giovanni Balducci; Apparizione di Gesù a Maria di Giovanni Vincenzo Forlì;
Pentecoste, Incoronazione di Maria, Apparizione di Gesù agli apostoli, di altri pittori
tardo-manieristi. Alle pareti continua la serie dei santi di Luca Giordano, eccetto i Ss. Attanasio
e Giovanni Damasceno ( ai lati dell’arco trionfale), di Francesco Solimena. Alla parete destra
Sepolcro dell’arcivescovo Antonino Sersale di Giuseppe Sanmartino. Nella prima cappella,
Maddalena di Nicola Vaccaro. Nella seconda, Annunziata di Nicola Maria Rossi (1744); alle
pareti, a destra S. Antonio Abate e S. Girolamo, a sinistra Crocifisso e teste di S. Maria e S.
Gabriele, affreschi staccati del secolo XV. Nella cappella successiva, Assunta (in basso il
committente cardinale Oliviero Carafa) del Perugino e aiuti, fino al secolo XVIII sull’altare
maggiore. Tra le due cappelle, sepolcro del cardinale Innico Caracciolo (1675). La cappella
Minutolo (la seconda a destra del presbiterio) conserva l’architettura gotica originale (seconda
metà sec. XIII), con tribuna aggiunta nel 1402 e pavimento a mosaico con animali della fine del
XIII. Le pareti hanno affreschi di vari periodi: quelli sulla parete d’ingresso sono del XV;
nell’abside, storie della Passione di ignoto napoletano dei primi del XV; sulla parete sinistra, in
una nicchia, Maddalena, del primo trecento, e affreschi di Montano d’Arezzo (storie dei SS.
Pietro e Paolo e di altri santi, Crocifissione, c. 1285-90); allo stesso sono attribuiti due santi
nelle volte e in alcuni tondi alla parete destra, dove in una nicchia è un San Nicola della prima
del 300 lungo le pareti, in basso, figure di cavalieri (crociati della famiglia Minutolo) della metà
del XIV. Alla parete destra era il trittico di Paolo di Giovanni Fei ora nel Palazzo arcivescovile. Il
paliotto dell'altare principale (1301) reca figure graffite bizantineggianti. Sull'altare, sotto il
baldacchino, il grandioso, gotico* sepolcro del cardinale Arrigo Minutolo (m.1412; con la statua
giacente del defunto e, sul sarcofago, Natività e santi) di marmorari romani (1402-1405). A
destra, sarcofago del cardinale Filippo Minutolo (m.1301), di un seguace di Arnolfo di Cambio,
secondo alcuni Pietro di Oderisio, con mosaici cosmateschi; è questo il sepolcro posto al centro
della celebre novella del Boccaccio con le vicende di Andreuccio da Perugia ( Decameron, II,
5); a sinistra sarcofago di Orso Minutalo (m. 1327). Fuori, accanto alla porta, sepolcro di G.B.
Capece Minutolo di Girolamo D'Auria (1586). La cappella Tocco, o di S. Aspreno (1 a destra del
presbiterio; 14), conserva l’originaria architettura gotica con altissima bifora nel fondo (alcuni
capitelli mostrano decorazioni a cespi di fogliame fortemente rilevato di schietto tipo francese);
cancellata settecentesca in ferro e ottone; alle pareti, *affreschi di Agostino Tesauro (c.
1517-19) con episodi della vita di. S. Aspreno, vescovo di Napoli, del quale è la tomba sotto
l'altare; dietro a questo, Madonna col Bambino, bassorilievo di Diego De Siloe; l’altro
bassorilievo con la "Madonna. col Bambino sul sepolcro di Giovanni lacopo Tocco, è di Giovan
Tommaso Malvito. Gli affreschi sullo zoccolo, con ornati geometrici e apostoli, sono attribuiti a
Pietro Cavallini. Abside Ridecorata nel 1741-44 da artisti di estrazione romana: architettura di
Paolo Posi (1741-44), con ai lati della balaustra due colonne antiche di diaspro (rinvenute nel
1705); sull'altare, *Assunta di Pietro Bracci; alla parete sinistra Traslazione delle reliquie dei Ss.
Acuzio ed Eutichete da Pozzuoli a Napoli, di Corrado Giaquinto; nella volta, affreschi di Stefano
Pozzi; alla parete d., S. Gennaro e S Agrippino scacciano i Saraceni, dello stesso. Estraneo al
complesso,il Crocifisso del primo '200 di scultore campano, già nella 2 cappella a destra.
Per le scale laterali si scende nel *Succorpo, detto anche confessione di S. Gennaro o cappella
Carafa. È una delle più eleganti creazioni del rinascimento a Napoli, voluta dal cardinale
Oliviero Carafa che nel 1497 riportò a Napoli le reliquie del patrono. Il complesso fu costruito su
progetto di un provetto architetto ( forse lo stesso Bramante, in rapporto in quegli anni a Roma
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con il cardinale) per le difficoltà poste dalla creazione ex novo di una cappella sotto l'altissima
abside gotica. Consta di un ambiente rettangolare (m 12x9), completamente rivestito di marmi e
diviso in tre navate da colonne; su esse poggia direttamente il soffitto suddiviso in 18 cassettoni
ciascuno con un santo e quattro teste di cherubini; le sculture sono opera di Tommaso Malvito e
altri (1497-1508). All'ingresso porte bronzee coeve, con stemmi ed emblemi dei Carafa; nella
navata centrale; statua del cardinale Oliviero Carafa orante, opera di uno scultore di ambiente
romano degli inizi del sec. XVI; sotto l'altare era l'antica urna in terracotta contenente le ossa di
S. Gennaro ora nella cappella delle Reliquie; nel fondo è un abside quadrata, coperta da cupola
con ritratti in due medaglioni, ai lati, nell'intradosso delle finestre, angeli con stemmi Carafa.
Transetto sinistro La cappella Galeota, o del Sacramento (1 a sinistra del presbiterio), conserva
l'impianto gotico con bella *volta a ombrello, che mostra, in scala minore, le forme della distrutta
copertura dell'abside; alle pareti storie di S. Atanasio di Andrea De Leone (1667). Dietro l'altare
seicentesco in marmi commessi, ricomposto nel 1990, Madonna col Bambino e Rubino
Galeotta di Pietro Befulco (fine sec. xv); alla parete d., sepolcro di Giacomo Galeota di Lorenzo
Vaccaro (1677); a quella sin., sepolcro di Fabio Galeotta (m. 1668) di Cosimo Fanzago (1673).
Tra questa cappella e la seguente, sull’altare Loffredo di Bartolomeo e Pietro Ghetti (1689), S.
Giorgio di Francesco Solimena. Nella cappella di S. Lorenzo, o degli Illustrissimi (2 a sin. del
presbiterio): sull'ingresso, L’Albero di Jesse, affresco attribuito a Lello da Orvieto (c. 1315);
sull'architrave di un portale a d. sono dipinte Storie della Passione di metà '300. Un ascensore,
ricavato in una delle torri angolari, sale sul tetto, con vista sulla città. Nella parete di fondo del
transetto, a destra , sepolcro di papa Innocenzo IV, che fu avverso a Federico II (nell’iscrizione
«stravit inimicum Christi, colobrum Federicum») scolpito nel 1315 ma rimaneggiato agli inzi del
sec. XVI da Giovan Tommaso Malvisto ( conserva dell’antico le arcate nel sarcofago e
frammenti di mosaici campani). Sopra Madonna col Bambino in trono, rilievo del Malvito. In alto,
due tavole di Giorgio Vasari , già portelle degli organi: a d., i Sette patroni di Napoli, a sin.,
Natività. Alla parete sin., cenotafio di Innocenzo XII (Antonio Pignatelli Arcivescovo di Napoli,
papa nel 1691-1700, sepolto in S. Pietro in Vatcano) di Domenico Guidi (1696). SAGRESTIA
MAGGIORE In origine cappella di San Ludovico: tondi con ritratti degli arcivescovi di Napoli di
Alessandro Viola (principio del sec. XVIII); in una teca, Crocifisso in avorio del 600;
all’altare,Madonna coi Ss.Gennaro e Agnello di Giovanni Balducci; presso l’ingresso, Fuga in
Egitto di Aniello Falcone. Navata sinistra Nella 4 cappella statua di S. Gennaro di Domenico
Antonio Vaccaro (1735), già sull'altare del Succorpo ora in S. Restituta. La 3 è la cappella
Brancaccio, opera di Giovanni Antonio Dosio (1598-99) con facciata in marmo(ornata delle
statue dei Ss. Pietro e Paolo di Pietro Bernini, dell’'Annunciazione e del Padre eterno di
Girolamo D'Auria) e una cupola ellittica; sull'altare, "Battesimo di. Gesù di Francesco Curia. Nel
muro della navata, i sepolcri del cardinale Alfonso Gesualdo ( m. 1603), di Michelangelo
Naccherino Tommaso Montani, e del cardinale Alfonso Carafa ( m. 1565), di cultura
michelangiolesca. Tra di essi è l'ingresso a Santa Restituta, ai cui lati sono i cenotafi di
Giambattista Filomarino e Marcantonio Filomarino, di Giulio Mencaglia, e di Tommaso
Filomarino Giuliano Finelli; inoltre, a d., sepolcro di Andrea d'Ungheria (1345),fatto strangolare
ad Aversa dalla moglie Giovanna I. Nella 2 , cappella Teodoro: elegante prospetto
rinascimentale e bell’altare marmoreo del sec. XVI (nel paliotto, Deposizione), sculture di
ambito di Bartolomé Ordonez; Incredulità di S. Tommaso di Marco Pino (1573). S. RESTlTUTA.
Vi si accede dalla navata per un portale adorno nel timpano di due statue (la Fede è di
Francesco Cassano). Si tratta della più antica basilica napoletana, eretta nel sec. IV da
Costantino dedicandola al Salvatore. L’intitolazione a S. Restituta arrivò alla fine dell’ VIII
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quando vi fu trasportato il corpo della martire, una giovane africana del sec. III che, convertitasi
al cristianesimo e condannata a essere arsa viva su una barca carica di materie infiammabili,
spentosi il fuoco, approdò all'isola d'Ischia. Verso la fine del V secolo il vescovo Stefano I le
edificò accanto un'altra basilica (la Stefania) che. distrutta da un incendio nel 795, fu rifatta da
Stefano II con un maggiore splendore. Quando poi sorse l'attuale Duomo, S. Restituta fu
rimaneggiata in forme gotiche e privata della facciata, dell'atrio, delle prime campate e di due
delle cinque navate originarie. Danneggiata dal terremoto del 1688, fu restaurata da Arcangelo
Guglielmelli. Oggi appare come una grande cappella del Duomo, a tre navate divise da 27
colonne antiche di varia forma; sotto la decorazione a stucchi conserva l'ossatura gotica. I
restauri hanno consentito di recuperare in alcuni punti l'originario livello del piano di calpestio
portando alla luce varie basi delle colonne e frammenti del pavimento paleocristiano; sono state
ripristinate anche le finestre gotiche a destra. Nell'interno di S. Restituta, all'ingresso, tombe di
alcuni illustri canonici del Duomo, tra cui quella di *Alessio Simmaco Mazzocchi di Giuseppe
Sanmartino. Nel soffitto della navata mediana Arrivo ad Ischia del corpo di S. Restituta di
Giuseppe Simonelli, ritoccato da Luca Giordano (l692); nei tondi fra gli archi, Cristo, Vergine e
Apostoli di Francesco De Mura. Nelle cappelle a d., dipinti e sculture di varie epoche, tra cui,
nella 2, Crocifisso ligneo del sec. XIV e, nella 6, tele di Giovanni Balducci. In fondo alla navata
dx: sarcofago romano con rilievo di baccanale; piccolo tabernacolo del XVI, della scuola di
Tommaso Malvisto; sarcofagi romani riutilizzati e in parte rilavorati nel '300; iscrizioni di
variaprovenienza: in alto, a sin., frammenti della lapide di Teofilatto, del sec.VII, e la lapide
tombale del duca di Napoli Buono (m. 834), già in S. Maria a Piazza. Nell'arco trionfale,
decorazione barocca in stucco e legno dipinta su progetto di Arcangelo Guglielmelli; ai lati
dell'altare maggiore, retto da due trapezofori antichi, due colonne scanalate corinzie d'età
romana. Nel catino absidale, Deesis del sec. XI-XII, con parti rifatte nel XVI e XVIII (originali il
Cristo i simboli degli Evangelisti e l’angelo in alto a sin.); Madonna e i SS Michele e Restituta,,
tavola attribuita ad Andrea da Salerno (nella predella , Approdo della santa). Nella 6 cappella
sin. (di S. Maria del Principio) collegata con la 7 e la 5: nell'absidiola *Madonna col Bambino in
trono fra i Ss. Gennaro e Restituta, mosaico di Lello da Orvieto (1322) con influssi dell’arte di
Pietro Cavallini; ai lati due *lastre marmoree scolpite da due scultori campani al principio del
sec. XIII: a sin., Storie di Giuseppe ebreo (vanno da d. a sin.); in quella a d., cinque storie di
Sansone, cinque di S. Gennaro e i Quattro santi cavalieri venerati dalla Chiesa greca. All'inizio
della navata sin,. bell’altare di Domenico Antonio Vaccaro già nel Succorpo. BATTISTERO DI
SAN GIOVANNI IN FONTE Vi si accede dal fondo della navata d. di S. Restituta. Fondato dal
vescovo Severo fra IV e V sec; e forse restaurato dal vescovo Sotero (c. 465), è a pianta
quadrata, ma in alto gli angoli si arrotondano in nicchie in modo da formare un tamburo
ottagonale su cui si leva la cupola. Questa, le nicchie e il tamburo sono rivestiti di mosaici
frammentari risalenti ai tempi di Severo, la più importante espressione dell'arte musiva
paleocristiana superstite nel Meridione. Nel centro della cupola, su fondo azzurro con stelle
bianche e d'oro tra le lettere A e Ω la croce monogrammatica in oro, sopra la quale la mano di
Dio tiene una corona d'oro; intorno, una fascia di fiori, frutta e uccelli, fra cui la fenice col capo
nimbato simbolo della risurrezione. Dalla fascia partono a raggiera otto bande (ciascuna ha un
vaso da cui nascono fiori e frutta che s'intrecciano a festoni con nastri), che s'allargano in basso
e dividono la cupola in scompartimenti trapezoidali ( se ne conservano, in gran parte, quattro e
di un altro un piccolissimo frammento). Nei trapezi, dall’alto, un drappeggio turchino lamato
d’oro, poi un vaso con due uccelli affrontati, quindi scene storiche o allegoriche: iniziando da d.
Donne al Sepolcro (restano l’angelo senza testa, l’edicola-sepolcro, una donna); due scene
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sovrapposte, Pietro sui flutti salvato da Gesù e Pesca miracolosa; la Traditio Legis (Cristo
barbato e nimbato,. In tunica e pallio, sul globo, consegna il volume della legge a S. Pietro;
dall’altro lato, pochi resti di S.Paolo); un frammento in figura maschile giudicata un apostolo che
porta a Cristo il pane del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci; Gesù e la
Samaritana; Nozze di Cana. Nelle nicchie, a fondo turchino con stelle bianche, i simboli degli
Evangelisti (ciascuno con sei, perduti l’aquila ed il toro). Nei campi sopra le nicchie, scene
pastorali simboliche. In ogni scompartimento tra le nicchie erano due apostoli in tunica e pallio
bianco, di cui ne restano quattro (tre imberbi e uno barbato; due tengono con entrambe le mani
la corona trionfale, uno la toglie da un’ara che gli è a destra). Nel mezzo del pavimento, la
vasca per il battesimo a immersione ( le rappresentazioni dei mosaici hanno riferimento al
battesimo. SCAVI ARCHEOLOGICI L’ingresso è in fondo alla navata sinistra del Duomo. L’area
archeologica scavata nel 1969-72 si stende sotto la basilica di S. Restituta e parte del Palazzo
arcivescovile, costituendo un autentico palinsesto con strutture databili dall’età greca all’alto
Medioevo. Subito si incontrano i resti di un grande edificio romano con vari ambienti sotterranei
e avanzi del peristilio che servì d’appoggio per le fondamenta dell’abside della basilica; è in
opus reticulatum e risale ai primi tempi dell’impero; nel pavimento del peristilio corre in una
cabaletta la tubatura idrica in piombo che riapparirà ancora a tratti. Questo edificio si
sovrappose in parte a una strada greca a blocchi di tufo, in cui sono visibili i solchi dei carri, e il
muro di fondo di un ambulacro e addossato a un lungo muro greco isodomico. Oltre la via
greca, una scala moderna conduce ad un vasto spazio con estesi brani di pavimentazione
musiva di fine sec. V (forse resti della Basilica Stefania), in qualche punto sovrapposti ad alcuni
del IV appartenuti ad altro edificio di culto. Al di sotto di questo strato paleocristiano, a circa 2
m., resti di edifici romani con frammenti di pavimento tardoimperiali in mosaico. Infine, sulla sin.
resti di una piccola abside con pavimento in mosaico del VI, forse parte dell’ACUBITUM, in cui
è leggibile il nome del vescovo Vincenzo che lo fondò.
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