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Sto male e non trovo aiuto.
L’unica cosa è mangiare.
Non mi interessa quello che mi aspetta.
Io voglio solo smettere di stare male.
Franca Do, I disturbi alimentari, 2002
Sto male perché non posso essere me stessa.
Se ci fosse un Dio che mi ama,
non così opprimente come gli altri,
potrei chiedergli chi sono io e come diventarlo…
Invece così posso essere chiunque…
Possono disfarmi.
Io non voglio: voglio essere magra, efficiente,
creativa, spirituale, superiore, perfetta.
Non posso più fermarmi:
starei ancora più male.
Irma T., Diario, 1980
I pensieri maligni
E cerchi felicità e gioia
e noi siamo lì
ad accusarti e schernirti
e non ti abbandoneremo mai!
Ludwig Binswanger, Il caso di Ellen West , 1973 (1944)
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L’Associazione Progetto Famiglia DCA, costituita nel
2004 e formata da famiglie di pazienti affetti da Disturbi
della Condotta Alimentare ed operatori della Salute
Mentale medici, psichiatri, psicologi, assistenti
sociosanitari, è da allora operante presso il Policlinico
Umberto I nel campo della Formazione e della Ricerca per
i DCA. L’Associazione che si occupa di Formazione/
Informazione, Prevenzione primaria e Ricerca per i
Disturbi della Condotta Alimentare ha attivato un percorso
di informazione e conoscenza sui DCA già per molte
famiglie e diversi operatori sociosanitari così come nel
settore scolastico ottenendo in questi anni grande interesse
e consenso.
L’Associazione attualmente diretta dai professori Emilia
Costa e Camillo Loriedo in Convenzione con il Policlinico
Umberto I intende continuare ad operare sia all’interno del
Policlinico Universitario sia per tutti i Servizi
Socio/Sanitari della Regione Lazio che lo richiedono, in
quanto il settore dei Disturbi della Condotta Alimentare,
pur essendo in grande espansione è assolutamente carente
nella risposta ai bisogni dei cittadini sia per la formazione
degli operatori che per il sostegno alle famiglie.
La lunga esperienza e competenza dei dirigenti e dei
membri dell’Associazione che hanno saputo attuare,
organizzare e dirigere il primo centro pubblico per i
DCA con degenza, day hospital ed ambulatorio, e che
rappresenta un centro pilota per tali disturbi, propone
il seguente progetto informativo-formativoorganizzativo sui DCA per utenti e operatori
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DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE
Il rapporto con il cibo
La relazione con il cibo può essere vista come una
modalità espressiva, legata ai diversi contesti culturali
secondo i vari periodi della storia. Il rapporto con il cibo è
inoltre condizionato dal modo in cui ognuno di noi
percepisce il proprio corpo ed il mondo in cui questo si
muove ed intesse le sue relazioni nel mondo.
La dimensione antropologica del cibo si presenta
necessaria ai fini della migliore comprensione dei Disturbi
della Condotta Alimentare (DCA) e può essere di
indicazione nella diagnosi e nel trattamento degli stessi.
Infatti nell’ambito di ogni gruppo sociale, esiste un codice
prescrittivo riguardante sia la preparazione che la
consumazione del cibo.
Il rituale dell’alimentazione è quindi costituito da un
complesso di segni, ciascuno con un proprio valore
simbolico che comunica, agisce e condiziona.
Secondo Levi Strass (1966) la funzione “segnica” delle
abitudini alimentari che contraddistinguono ciascun
gruppo etnico indica che la cultura gastronomica di una
società costituisce : “…un linguaggio nel quale questa
società traduce inconsciamente la propria struttura o
addirittura rivela, sempre senza saperlo le proprie
contraddizioni”. In altre parole attraverso il rapporto che
abbiamo con il cibo possiamo comprendere il nostro
carattere, la nostra visione del mondo, le nostre relazioni,
la nostra cultura (Costa 1983)
La cultura gastronomica ed il rito dell’alimentazione
rappresentano dei sistemi composti da segni che non hanno
valore assoluto, ma acquisiscono un significato sulla base
della relazione e/o dell’opposizione con altri segni.
La varietà di elaborazione degli alimenti si dispiega lungo
un percorso che parte dal cibo crudo fino a giungere al
cibo cotto. La presenza di determinati ingredienti ed
elementi, quali l’acqua, il fuoco, il fumo, i condimenti,
incluso l’ordine di presentazione delle vivande,
rappresentano il percorso che dalla natura porta alla
cultura.
Il momento del pasto, quando i membri di un dato gruppo
si riuniscono intorno al desco e condividono il rito di
consumare specifici alimenti, preparati in un modo
caratteristico del gruppo d’appartenenza, connota l’unità
del nucleo familiare.
Nella famiglia nucleare attuale, il modello tradizionale
della consumazione del pasto, tutti insieme, ad orari
prestabiliti e noti a tutti, è stato sostituito da modalità
diversificate di assunzione del cibo, che spesso non
consentono una buona comunicazione in famiglia, con
possibilità di assaporare e gustare cibi e conversazione; in
sintesi la buona convivialità di un tempo che assumeva a
diverse funzioni educazionali ed affettive va sfumando,
uno strumento di lotta e condizionamento sociale utilizzato
dai più deboli per richiedere il rispetto dei propri diritti e,
la dove non si hanno diritti, il riconoscimento degli stessi.
5
pur rimanendo valido il concetto che le regole implicite a
tale modello indicano i criteri di inclusione/esclusione dal
gruppo familiare.
Aimez (1982) definisce anoressici, bulimici, obesi,
tossicomani e alcolisti come “delinquenti alimentari”
cogliendo appieno la potenzialità disgregazionale della
sintomatologia sul gruppo familiare d’appartenenza.
Il consumo dei pasti tuttavia, al di fuori degli orari
prefissati dalle regole vigenti all’interno del gruppo
familiare e sociale di appartenenza, è uno dei mezzi
utilizzati dagli adolescenti per affermare la loro
individualità. Anche lo sciopero della fame è da sempre
Un bisogno psichico di fondo è appartenere a qualcosa di
più grande, come il bimbo svezzato in braccio alla madre,
o come i ragazzi in una famiglia dove si può parlare a
tavola dei problemi ed essere amati e capiti, o gli adulti i
cui valori e credo personale sono aperti al mistero
dell’universo.
I dati confermano la culturalità del nutrirsi, e quindi
l’importanza dei valori e norme socioculturali e le loro
risposte al bisogno umano di essere persona e di
appartenere.
Così i pazienti di oggi chiedono alla famiglia, attraverso la
malattia, di rispettare il proprio diritto alla crescita
sviluppando la sua propria identità ed autonomia,
diversificandosi gradualmente da madre e padre per
diventare sempre più sé stessi (Costa 1983).
Di Pietro (1995) sottolinea che i giovani, mediante i loro
problemi di anoressia, bulimia, droga ecc. in un contesto
culturale che alimenta false attese, esprimono reali bisogni
che la società misconosce. E poiché le modalità di
6
nutrimento investono tutta la sfera delle relazioni umane in
dai primissimi anni, le ricerche dagli anni novanta in poi,
mostrano che i comportamenti alimentari di una società
tutta “lavoro, mensa e fast food” sono spersonalizzanti.
Secondo Borgna (2004), “recuperare il mistero della vita
dell’altro” passa dunque attraverso il recupero della
nozione di anima, in base alla quale anche l’esperienza del
dolore può diventare la sfida di una speranza sempre
possibile.
Cenni storici sull’Anoressia e la Bulimia nervosa
Nel 1689 il medico Richard Morton pubblicò il primo
trattato che parla di Anoressia Nervosa, condizione che
l’autore riporta come una consunzione nervosa causata da
tristezza e preoccupazione ansiosa descrivendo due casi:
“la figlia della signora Duke” che si ammalò di anoressia a
diciotto anni ed un ragazzo descritto come “il figlio del
Reverendo Mister Steele che si ammalò all’età di 16 anni e
solo due anni dopo ambedue chiesero l’aiuto di Morton.
Simili casi furono descritti nel 1767 da Robert Whytt,
all’Università di Edimburgh, e nel 1768 da De Valangin
del Royal College di Londra. Particolare interesse riveste il
caso di una giovane donna che volendo dimagrire si
nutriva solo di tè e pane con burro.
Solo dopo 100 anni appare un nuovo lavoro sul
trattamento dell’anoressia ad opera del Dr. Louis-Victor
Marcè dell’Hopital Bicetre di Parigi: “appunti su una
forma di delirio ipocondriaco derivato da una dispepsia e
caratterizzato principalmente dal rifiuto degli alimenti”.
L’autore individuò la natura psichiatrica della patologia di
cui colse anche la profondità della psicopatologia.
Nell’anno 1873 il disturbo alimentare riceve la
denominazione che tutt’ora conserva “Anoressia Nervosa”
ad opera di due studiosi che descrivono separatamente
7
la patologia: Charles Lasegue medico presso La Pitié
Hospital a Parigi che descrive “l’Anoressia Isterica” e Sir
William W. Gull, medico al Guy’s Hospital di Londra che
parla di “Anoressia Nervosa (Apepsia Isterica, Anoressia
Isterica)”
L’interesse per l’anoressia nervosa continua per tutto il
diciannovesimo secolo soprattutto presso gli autori
tedeschi e francesi: Charcot, Lasegue (1889).
Nella prima metà del ventesimo secolo Pierre Janet
considera l’Anoressia Nervosa un disordine psicologico
puro e ne distingue due sottotipi: il tipo ossessivo ed il tipo
isterico.
Nel 1914 l’Anoressia Nervosa fu di nuovo interpretata
come una patologia fisica, Morris Simmonds descrisse una
insufficienza pituitaria come causa della severa perdita di
peso di alcuni pazienti; interessando così gli endocrinologi
su tale patogenesi rimasta in auge fino al 1930. Purtroppo
però i pazienti trattati con estratti pituitari non
migliorarono di molto.
Solo nel 1930 Berkam descrisse 117 pazienti
anoressiche la cui sintomatologia regrediva in seguito a
trattamento psicoterapico. Nello stesso anno Venables
propone una interpretazione psicologica in nove casi di
Anoressia Nervosa.
Nel 1967 Thoma teorizza che l’anoressia nervosa è il
risultato dell’”ambivalenza orale”.
Infine le moderne teorie di Bruch, Crisp e Russel
(1970/80) propongono che la base dell’inedia
nell’Anoressia nervosa rappresenta una lotta per
8
l’autonomia, la competenza, il controllo e il rispetto verso
se stessi.
In accordo con questo punto di vista studi successivi di
autori diversi hanno messo in evidenza come il fallimento
della madre nel riconoscere e confermare l’espressione del
bisogno d’indipendenza del bambino porta ad una
confusione nel mondo interiore, che può essere espressa in
tre fattori patognomonici per la diagnosi di Anoressia
Nervosa:
1. distorsione dell’immagine corporea caratterizzata
dal fatto che la paziente si vede e si sente sempre
molto più grossa di quanto sia nella realtà
2. incapacità di identificare e rispondere alle sensazioni
interne del senso di fame e di sazietà
3. senso di inutilità e mancanza di autostima
Ulteriori studi hanno messo in evidenza il ruolo del
padre
nello
sviluppo
dell’identità
psicosociale
dell’adolescente anoressica (Costa 1990) ed il ruolo della
famiglia nello sviluppo e nella risoluzione del sintomo
anoressico (Costa – Loriedo 2000).
In questo modello di sviluppo mentale la psicopatologia
fondamentale dell’Anoressia Nervosa ha le sue radici nelle
esperienze biologiche e psicopatologiche individuali e
familiari che sono l’espressione della difficoltà nel
diventare adulti.
La diversa interpretazione data all'AM secondo i
costumi conduce alla riflessione sul problema di fondo che
ci pone l'anoressica: che è quello del corpo, del piacere,
dell’autostima e dell'autonomia. Da ciò scaturisce la
domanda se questa "malattia" che è stata valutata nei tempi
in modo diverso può essere considerata "sociale", cioè
legata ad un dato tipo di cultura (Costa - 1983).
Fondamentalmente, se pensiamo ai divieti a cui è stata
sottoposta l'autonomia della donna nelle diverse epoche ed
alle restrizioni al godimento del corpo, non è difficile
immaginare come la donna possa utilizzare il
comportamento anoressico come mezzo di comunicazione
e di rapporto per acquisire sull'ambiente circostante e su
sé stessa capacità di "controllo" e "potere" secondo le
modalità permesse dalla vigente cultura.
Tramite il digiuno la donna sperimenta la possibilità di
controllo del proprio corpo, che non viene più ad essere
"gestito" dagli altri, e contemporaneamente l'autonomia
rispetto alle ingerenze degli altri; si "accorge" di una
possibilità: che attraverso la regolamentazione delle
funzioni corporee si sviluppa il potere della mente, che
questo potere può essere usato su se stessa e sull'ambiente
umano modificando la relazione con gli altri, quando non
portatrice di gratificazione e quando non permette di
utilizzare il proprio corpo secondo il desiderio ed il
piacere.
La bulimia Nervosa al contrario dell’Anoressia viene
descritta molto più tardi, inizialmente come “ una
minacciosa variante dell’anoressia nervosa” (Russel
1979), a causa dei sintomi bulimici che si potevano
manifestare
anche
nelle
anoressiche.
Infatti
precedentemente la bulimia veniva spesso confusa con
l’anoressia, l’isteria ed altre malattie psichiatriche. Si deve
9
comunque a Russel l’inserimento nosografico del disturbo
nel 1980 nel sistema diagnostico DSM-III. Anche se in
quel periodo la bulimia veniva ancora descritta in modo
poco
chiaro come “sindrome dei grassi/magri”,
“iperoressia nervosa”, ecc. Mentre con la nuova edizione
DSM-III-R verrà chiamata Bulimia Nervosa ed inizierà ad
assumere le sue tipiche caratteristiche, relative però ai
disturbi della fanciullezza e dell’adolescenza.
Ed è solo nel 1994, con la pubblicazione del manuale
diagnostico DSM-IV aggiornato, che la Bulimia acquista
una sua propria identità con criteri diagnostici più
peculiari, che ne evidenziano anche due sottotipi: il tipo
purgativo ed il tipo non purgativo, divenendo una
sindrome specifica e venendo collocata nella sezione degli
adolescenti e degli adulti. Inoltre vengono individuati tratti
di personalità di tipo multimpulsivo con disinibizione
sessuale, propensione al furto ed alla menzogna,
comportamenti disturbati nelle relazioni sociali.
La Bulimia dal greco limos e bous, fame da bue, è
caratterizzata da irresistibile bramosia di cibo, in
prevalenza alimenti calorici, con perdita di controllo sul
comportamento alimentare ed episodi accessuali di
abboffate, durante le quali si può anche avere un senso di
derealizzazione con ridotta consapevolezza. Spesso la
necessità di prevenire l’aumento di peso comporta
frequenti condotte di eliminazione quali vomito
autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi con
gravi compromissioni psichiche ed organiche e tendenza
alla cronicizzazione.
Comunque per molto tempo ed ancora oggi la Bulimia
Nervosa, nonostante il notevole aumento di incidenza,
doppio rispetto all’anoressia, viene sottostimata, in quanto
non presentando visibili effetti somatici come questa, si
sottrae all’osservazione superficiale che non evidenzia le
manifestazioni
psichiche
e
comportamentali
disconoscendone gravità e pericolosità.
10
Inoltre va tenuto presente che circa il 35% di forme
anoressiche, se non curate per tempo, tende a trasformarsi
in forme bulimiche, come anche che il sottotipo che
prevale
dell’anoressia
nervosa
è
quello
con
abbuffate/condotte di eliminazione. In sintesi assistiamo
oggi ad una netto incremento delle forme bulimiche con
prevalenza nel sesso femminile con rapporto dal 6/10:1
rispetto a quelle maschili.
Definizione di Anoressia e Bulimia nervosa
L'Anoressia Nervosa è un disturbo del comportamento
alimentare con esordio tipico in età adolescenzialegiovanile prevalente nel sesso femminile caratterizzato da
abnorme riduzione del peso corporeo, distorsione
dell’immagine corporea, paura morbosa di ingrassare,
amenorrea.
Definita da G. Walle "davvero rara" nel non lontano 1973,
l'A.M. ha mostrato un progressivo aumento di incidenza,
connotandosi come patologia "emergente" del nostro
tempo soprattutto nelle società tecno-consumistiche.
I molteplici quesiti posti dall'A.N. circa la patogenesi, la
diagnosi, la prognosi, l’approccio terapeutico destano negli
studiosi un interesse sempre crescente indirizzandoli verso
due principali aree di ricerca: la collocazione nosografica
del disturbo e la definizione dei meccanismi
etiopatogenetici sottostanti.
Il tentativo di inquadramento nosografico di questa
patologia oscilla, come dimostra la letteratura più recente,
tra due opposte tendenze: da una parte la volontà di
unificare i sintomi nell'ambito di un quadro
psicopatologico primario, dall'altra quella di ricondurli a
specifiche patologie preesistenti o concomitanti
prevalentemente di tipo nevrotico o psicotico.
Studi recenti (Costa 2003/2005) mostrano come l'A.N. in
età adolescenziale si differenzia da quella dell'età adulta e
molto spesso non si configura come patologia a sé stante,
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ma quale manifestazione di disagio legata a condizioni o
tratti psicopatologici preesistenti o concomitanti, quali:
tratti ossessivi, isterici, depressivi, borderline. Tratti che
possono persistere dopo la risoluzione del sintomo
anoressico, costituendosi come patologie residuali che
necessitano di ulteriore trattamento. Mentre l’AN in età
adulta più spesso si presenta come espressione di fattori
reattivi a condizioni stressanti, supportata da particolari
tratti di personalità.
La Bulimia Nervosa è un disturbo del comportamento
alimentare con esordio tipico in età adolescenzialegiovanile prevalente nel sesso femminile caratterizzato
ricorrenti abbuffate, paura di perdere il controllo, paura
morbosa di ingrassare, distorsione dell’immagine
corporea, bassi livelli di autostima, condotte
La Diagnosi di Anoressia e Bulimia Nervosa
L'Anoressia Nervosa si caratterizza per l'ostinato e
categorico rifiuto di alimentarsi dettato dalla paura
morbosa di ingrassare ("fobia del peso" di Crisp - 1975)
che si osserva nelle pazienti anche quando, come spesso
accade, le loro condizioni fisiche sono al limite della
cachessia: “come uno scheletro appena rivestito di pelle"
(Morton -1689).
Altri sintomi fondamentali sono l'interruzione dei cicli
mestruali, il cui equivalente maschile consiste nella perdita
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compensatorie . Ma come per l’Anoressia anche la Bulimia
non si caratterizza solo con l’alterazione del
comportamento alimentare ma con una complessità di
espressioni psicopatologiche che riguardano gli impulsi,
l’affettività, le cognizioni che sottendono il disturbo e
indicano una struttura di personalità profondamente
disturbata. Nei casi più gravi anche i comportamenti di
compenso non risultano sufficienti ed i rituali di
eliminazione del cibo diventano parossistici con
compromissione della funzionalità globale, e difficoltà
nella terapia e nella prognosi. Come nell’anoressia il
rapporto con il cibo e l’immagine corporea esprimono
disagi e conflitti personali, familiari e relazionali che
richiedono un approccio multifattoriale con operatoti di
diverse specialità e programmi efficaci per la prevenzione
delle ricadute e cronicizzazioni.
della libido, la distorsione dell’immagine corporea, la
perdita dell’autostima. Si possono associare inoltre
alterazioni dei parametri biochimici, endocrini ed
immunologici.
La Bulimia Nervosa si caratterizza
con ricorrenti
abbuffate e sensazione di perdere il controllo durante gli
episodi, pura morbosa di ingrassare, distorsione
dell’immagine corporea, bassi livelli di autostima,
condotte compensatorie per controllare il peso come
l’esercizio fisico eccessivo ed intere giornate di digiuno o
l’uso di anoressizzanti, diuretici, vomito autoindotto,
lassativi o enteroclismi.
I sintomi comuni all’Anoressia sono la paura morbosa di
ingrassare, la distorsione dell’immagine corporea, la bassa
autostima, le condotte compensatorie, le alterazioni dei
parametri biochimici, endocrini ed immunologici.
A partire da un quadro clinico che pone l'A.N. e la B.N. a
cavallo tra somatico e psichico e giustifica l'interesse da
parte di studiosi di diverse disciline (psichiatri, psicologi,
neurologi, endocrinologi, internisti), molteplici criteri
diagnostici sono stati elaborati nel corso del tempo
nell'intento di facilitare il riconoscimento della patologia e
di assegnarle un'identità nosografia. Tuttavia oggi la
comunità internazionale fa riferimento all’ultima edizione
del manuale internazionale “Diagnostic and Statistical
Manual of Mental Disorders” (DSM IV TR - Masson
2000) collegato all'altro sistema diagnostico ICD 10, dove
l’A.N. è definita da:
a) rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello minimo
considerato normale per l'età e la statura (p.e. perdita di
peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto
dell'85% di quello previsto; o, in età evolutiva, mancanza
dell'aumento di peso rispetto all’altezza, che porta a un
peso corporeo inferiore all'85% di quello atteso).
b) intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare,
anche quando si é sottopeso.
c) disturbi nel modo di sentire il peso e le forme del
proprio corpo o eccessiva influenza del peso e delle forme
13
del corpo sulla valutazione di sé, o diniego ad ammettere la
gravità della perdita di peso attuale.
d) nelle donne che hanno già avuto il menarca, amenorrea,
cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi (si
considera una donna amenorroica se i suoi cicli mestruali
avvengono solo dopo somministrazione di ormoni, p.e. di
estrogeni).
La Diagnosi evidenzia due sottotipi di Anoressia Mentale:
Tipo restrittivo: durante l'episodio di Anoressia Nervosa la
persona non presenta frequenti episodi di abbuffate o di
comportamenti purgativi (p.e. vomito autoindotto o
abuso-uso improprio di lassativi o diuretici)
Tipo bulimico: durante l'episodio di Anoressia Nervosa la
persona presenta frequenti episodi di abbuffate o di
comportamenti purgativi (p.e. vomito autoindotto o
abuso-uso improprio di lassativi o diuretici o enteroclismi).
La Bulimia Nervosa è invece definita da:
a) Episodi ricorrenti di abbuffate. Un'abbuffata è definita
dai due seguenti caratteri (entrambi necessari):
- Mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (p.e.
nell'arco di due ore), una quantità di cibo che è
indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior
parte della gente mangerebbe nello stesso periodo di
tempo in circostanze simili.
- Un senso di mancanza di controllo sull'atto di
mangiare durante l'episodio (p.e., sentire di non
poter smettere di mangiare o di non poter controllare
cosa o quanto si sta mangiando).
eccessivo, ma non ha l'abitudine di provocarsi il vomito né
quella di usare in modo inadeguato lassativi o diuretici o
enteroclismi.
Disturbi del comportamento alimentare non altrimenti
specificati" (NAS)
b) Comportamenti ricorrenti di compenso indirizzati a
prevenire aumenti di peso, come: vomito autoindotto;
abuso-uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci; o
esercizio fisico eccessivo.
Molte altre forme che possono sembrare subcliniche o
infracliniche non presentano i sintomi completi per le
diagnosi di Anoressia e Bulimia Nervosa e vengono
classificate come NAS secondo i seguenti Criteri:
c) Abbuffate e contromisure improprie capitano, entrambe,
in media, almeno due volte la settimana per tre mesi.
1)Per il sesso femminile tutti i criteri dell’AN in presenza
di un ciclo mestruale regolare.
d) La valutazione di sé è debitamente influenzata dalle
forme e dal peso del corpo.
2)Tutti i criteri dell’AN sono soddisfatti, e malgrado la
pregressa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti
della norma.
e) Il disturbo non capita soltanto nel corso di episodi di
Anoressia Nervosa.
La Diagnosi prevede due sottotipi
Tipo Purgativo: la persona ha l'abitudine di provocarsi il
vomito o quella di usare in modo inadeguato lassativi o
diuretici.
Tipo Non purgativo: la persona usa altri comportamenti
impropri di compenso, come il digiuno o l'esercizio fisico
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3)Tutti i criteri della Bulimia nervosa risultano soddisfatti,
tranne il fatto che le abboffate e le condotte compensatorie
hanno una frequenza inferiore a due episodi per settimana
per tre mesi.
4)Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente
ad inappropriate condotte compensatorie dopo aver
ingerito piccole quantità di cibo (es. induzione di vomito
dopo aver mangiato due biscotti).
5)Il soggetto ripetutamente mastica e sputa, senza
deglutirle, grandi quantità di cibo.
6)Ricorrenti condotte di abbuffate in assenza delle regolari
condotte compensatorie inappropriate tipiche della BN.
Come ormai dimostrato nella letteratura internazionale, la
paura morbosa di ingrassare è un sintomo comune sia
all'Anoressia sia alla Bulimia e le abbuffate compulsive,
patognomoniche della Bulimia, caratterizzano pure il tipo
Bulimico dell'Anoressia.
Si evidenzia cioé come Anoressia e Bulimia siano solo in
apparenza opposte e speculari, e soprattutto come i vari
disordini alimentari non rappresentino entità cliniche tra
loro distinte e separate, bensì uno spettro continuo esteso
dall'anoressia restrittiva all'obesità estrema, con ampie
intersezioni tra una forma e l'altra.
Molti autori ritengono restrittivi i criteri del Manuale
Diagnostico Internazionale DSM in quanto evidenzierebbe
solo una dimensione clinica trascurando quella
dimensionale più personale; in realtà facendo la diagnosi
sui vari assi proposti dal manuale ed utilizzando le scale
aggiuntive relazionali, psicodinamiche e sociali la diagnosi
si può sviluppare in modo complesso e personalizzato.
Altri possibili comportamenti sintomatici da
individuare per la Prevenzione
Alcuni dei seguenti comportamenti alimentari o sintomi
possono precedere l’insorgenza del Disturbo Alimentare;
devono pertanto essere monitorati da genitori ed insegnanti
sia per prevenire l’insorgenza del disturbo, sia in seguito
per prevenire recidive e cronicizzazioni.
• Selezionare il cibo (levare il grasso – raschiare il
condimento)
• Atteggiamenti non adatti con le posate (mangiare con
le mani o usare un cucchiaino per la zuppa)
• Alternanza tra le portate (mangiare le diverse portate
contemporaneamente o alternandole)
• Nascondere il cibo (farlo cadere sotto il tavolo o
metterlo nel tovagliolo o nelle tasche dei vestiti)
• Disgusto per il cibo (smorfie, sospiri, tenersi lo
stomaco, tenere la sedia lontana dal tavolo)
• Difficoltà di parola durante il pasto (non rispondere –
rispondere a monosillabi – verbalizzazione
eccessiva)
• Preferenza di cibi a basso contenuto calorico (verdure
ad inizio pasto, altri cibi alla fine, versare acqua o
caffé sui cereali al posto del latte)
• Mangiare esageratamente lento
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• Mangiare esageratamente veloci
• Comportamenti rituali verso il cibo (sminuzzare il
cibo in pezzi piccolissimi – mescolare
laboriosamente – selezionare combinazioni inusuali
di cibi – bere a piccoli sorsi una quantità eccessiva
di liquidi – misurazione degli alimenti e dei
condimenti)
• Irritabilità
• Aggressività
• Negativismo
• Autolesionismo
• Attività eccessiva durante il pasto
• Deficit di attenzione
• Movimento durante il pasto per aumentare il consumo
energetico (girare intorno al tavolo – alzarsi e
risedersi senza motivo – fare esercizi)
• Fughe scolastiche
• Voler preparare e/o cucinare da soli il proprio cib
• Difficoltà di relazione
• Nascondersi per mangiare
• Alterazioni del ciclo sonno/veglia
• Modalità di cottura particolari (molto cotto, poco
cotto, bruciacchiato)
• Rifiuto di ogni condimento, anche di una goccia
d’olio
Altri comportamenti:
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• Nervosismo
• Difficoltà di comunicazione
EPIDEMIOLOGIA
La frequenza dell'AN è stimata dall’1 al 2% e quella della
BN dal 2 al 3% a seconda delle casistiche considerate;
comunque gli studi di "prevalenza" riportano valori che
oscillano in un ampio intervallo compreso tra l’ 1% ed i1
10 % o il 2 e 15% della popolazione generale ed
arriverebbero al 30% per i NAS. Le indagini effettuate
sulla popolazione non clinica con l'ausilio di strumenti
psicometrici hanno inoltre rilevato una percentuale non
trascurabile di forme subcliniche: l'8% delle giovani donne
cui erano stati sottoposti i reattivi mentali presentava
infatti un punteggio elevato o superiore al cut off in
assenza di segni clinici di malattia o in condizioni di peso
solo lievemente inferiori o superiori alla norma. Tale
situazione fa presupporre in tali casi un aumento del
rischio di ammalare.
L'incidenza dei disturbi sembra infatti in aumento come
mostrano numerosi studi internazionali retrospettivi
condotti su popolazioni cliniche. Ed é ormai consolidato
che tale incremento non è solo apparente, dovuto cioè
all'affinamento delle tecniche diagnostiche e quindi al più
facile riconoscimento delle patologie, ma è reale e riguarda
anche la fascia di età più giovanile e quella più adulta.
L'AN e la BN non sono state, tuttavia, segnalate nei paesi
del Terzo Mondo, dove il pericolo della fame incombe
costantemente e le carestie si ripercuotono ciclicamente
sulla popolazione. Sono invece patologie tipiche dei paesi
economicamente
sviluppati
(Europa
occidentale,
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Nordamerica, Giappone) e sono diffuse sia nelle classi
sociali privilegiate, sia in quelle meno privilegiate.
I disturbi sono prevalentemente femminile (rapporto
F/M=9:1) nell’A.N. e 6:1 per la BN; e l'emergenza dei
sintomi è nella maggior parte dei casi compresa tra i 12 e i
18 anni e comunque sotto i 25 con picchi sui 18/20 anni
per la B.N. . È stato di recente segnalato che sono in
aumento casi a esordio più tardivo, talora dopo il
matrimonio o alla prima gravidanza, mentre rara è la prima
segnalazione alla menopausa o ancora dopo.
L'AN e la B.N. si presentano più spesso in famiglie in cui
altri componenti soffrono di disturbi del comportamento
alimentare. Inoltre l'aumentata diffusione della patologia in
indossatrici, ballerine, sportive, attività in cui
fondamentale è la cura del corpo potrebbe anche essere
dovuta a influenza indotta; si pensa infatti che tali
professioni esercitino un notevole richiamo sulle
anoressiche o sulle potenziali anoressiche; come del resto
le rigide regole di controllo alimentare dell’A.N. possono
essere influenzate dall’attuale mito delle diete, della
magrezza, bellezza ed efficienza.
ETIOPATOGENESI
Molti fattori sono stati chiamati in causa nella patogenesi
dell'A.N. e B.N. nel tentativo di definire un unico modello
eziologico capace di spiegare l'origine di questa complessa
malattia. In realtà però, come le manifestazioni cliniche
variano da paziente a paziente sia in senso qualitativo che
quantitativo e così pure l'evoluzione della malattia, anche i
vari fattori, ai quali è stato riconosciuto un sicuro valore
patogeno, hanno un diverso peso da caso a caso,
variamente combinandosi e sovrapponendosi tra loro e
connotando così l'AN e la BN. come malattie a patogenesi
multifattoriale.
Come avviene per numerose altre malattie psichiatriche e
non (depressione, ipertensione arteriosa, ulcera peptica,
diabete mellito, ecc.), l'AN e la B.N. sarebbero cioè la
"via finale comune" di un insieme di fattori patogenetici
diversi, che interagiscono tra loro in vario modo e che
determinano la patologia solo in una parte degli individui
esposti.
Fattori genetici. L'incidenza della malattia è maggiore, in
pazienti con sorelle e madri con disturbi del
comportamento alimentare, rispetto alla popolazione
generale. Questo fatto, che si riteneva finora imputabile a
fattori ambientali, potrebbe anche essere dovuto a
predisposizione genetica come dimostrato dal tasso di
concordanza per le anoressiche gemelle molto più elevato
18
nelle monozigoti rispetto alle dizigoti. Non è però ancora
ben chiaro "che cosa" sia ereditato: se lo specifico
disordine alimentare, un particolare tratto di personalità
associata al disordine o una generica vulnerabilità ai
disturbi psichiatrici.
Età. Nella pubertà l'adolescente assiste a una rapida e
sconvolgente trasformazione, a livello somatico, psichico
e sessuale del proprio corpo. Un corpo, sino a quel
momento di bambino, di cui nel corso dell'infanzia si è
lentamente costruita l'immagine mentale e di cui poco per
volta ha preso consapevolezza.
Questo equilibrio faticosamente raggiunto, cui corrisponde
il senso di identità e continuità, viene bruscamente
modificato alla pubertà, tanto che le trasformazioni
psichiche e la rappresentazione mentale del nuovo corpo
stentano a cambiare a breve termine. Dilaniato tra la
nostalgia per il corpo infantile e il sentimento di estraneità
per il corpo attuale da una parte e la spinta biologica al
cambiamento e l'emergenza delle pulsioni sessuali
dall'altra, l'adolescente scarica questa sua ansia puberale
sul proprio corpo, utilizzandolo come mezzo di
comunicazione e rapporto con gli altri.
Non è un caso quindi che un disturbo del comportamento
alimentare, che ha nel corpo la tematica centrale, si
manifesti proprio in questa età, oppure, che un disturbo
psichico sotteso, scatenato dalla crescita e dallo sviluppo
19
corporeo puberale, si esprima in questo periodo sotto
forma di disturbo del comportamento alimentare.
Sesso. La pubertà femminile rappresenta rispetto a quella
maschile, un evento ben più complesso e sconcertante:
rapido aumento del peso corporeo, trasformazioni
somatiche molto evidenti, menarca, rischio di gravidanza e
spesso limitazioni alla libertà.
A questa persona, che non è più una bambina/o, ma non è
ancora una donna/uomo, viene cioè assegnata, suo
malgrado, un'identità sessuale ben definita, che facilmente
espone al rischio della dipendenza e non dell’agognata
autonomia; da cui la negazione del corpo, e con esso della
sessualità, e femminilità /maschilità di ruolo che
caratterizza l’A.N., da cui la perdita di controllo del corpo,
le abboffate, il senso di vuoto, il sentirsi grassi, la
promiscuità ed ambiguità, la colpa, vergogna e disgusto
che caratterizzano la B.N.
Fattori familiari. La famiglia gioca sicuramente un ruolo
preminente nell'insorgenza e nel mantenimento di questa
patologia. Secondo l'ottica sistemico-relazionale, infatti, la
famiglia dell'anoressica è tipicamente rigida e resistente a
ogni cambiamento e può essere caratterizzata da una
"struttura invischiata" (Minuchin) in cui non esistono netti
confini tra genitori e figli, fino all'instaurarsi talvolta di
triangoli perversi", e in cui i vincoli che legano i vari
membri gli uni agli altri hanno la precedenza
sull'autonomia e sulla realizzazione personale dei singoli
componenti. In genere la promozione sociale e la riuscita
scolastica rappresentano i traguardi più ambiti dai genitori
e non a caso, a fronte di una personalità estremamente
fragile, le pazienti risultano essere state ragazze modello,
precoci, brave a scuola, obbedienti e diligenti fino
all'esordio della malattia.
La madre dell'anoressica è tipicamente una figura centrale
e dominante, spesso senza averne l'aria; in apparenza
sottomessa al marito e affettuosamente sollecita verso i
figli, è in realtà autoritaria e sostanzialmente fredda, ha
spiccate tendenza al controllo e all'intrusione e facilmente,
con la sua iperprotettività, invade il mondo interiore della
figlia limitandone il raggiungimento dell'indipendenza.
All'opposto il padre, occupa in genere uno spazio
periferico, è remissivo e poco disponibile, spesso assente,
e attribuisce grande valore alle apparenze e alla bellezza e
prestanza fisica. In questo complesso sistema di
interazioni, la patologia della paziente costituisce, nella
grande maggioranza dei casi, un elemento di
stabilizzazione delle disturbate dinamiche familiari.
Analogamente nella B.N. troviamo madri fredde e poco
oblative anche nell’affettività fisica (abbracci, carezze,
baci), padri per lo più assenti, che per colmare la loro
mancanza “viziano” saltuariamente i figli, pretendendo poi
da loro il massimo; genitori spesso separati e conflittuali
20
che non permettono ai figli di superare la fase di
individuazione/separazione.
Così che i figli rimangono con un perenne senso di vuoto
da colmare, insoddisfazione per il proprio aspetto fisico,
molto importante nell’adolescenza e conseguente
vulnerabilità, che può essere aumentata dal rinforzo sociale
sugli ideali, tipici di oggi, sulla snellezza. Quindi su una
sofferenza di base con un profondo senso di inadeguatezza
costituiscono il percorso su cui i media costruiscono
aspirazioni ed ideali che nell’adolescenza trovano terreno
sensibile e recettivo.
Fattori socio-culturali:
l'Anoressia Nervosa ha una
peculiare distribuzione geografica che riflette le condizioni
di sviluppo sociale ed economico delle varie zone del
mondo. È infatti praticamente sconosciuta nelle aree più
depresse perché "qualunque ne sia lo scopo e il significato,
il rifiuto del cibo sarebbe uno strumento privo di efficacia
in una ambiente di povertà e di carenza di cibo" (H. Bruch,
1979).
Al contrario è in costante aumento, di pari passo con la
crescita della ricchezza economica, in quelle società che
esaltano, attraverso i mass-media, la pubblicità, il continuo
pullulare di palestre e istituti di bellezza, la cura del corpo
e la magrezza come sinonimo di bellezza ed efficenza,
proponendoli come valori massimamente desiderabili. La
recente diffusione dell'AM nelle classi meno privilegiate e
negli immigrati in società opulente potrebbe essere
interpretata come un disagio nell'adattarsi alla nuova
condizione di ricchezza senza un'adeguata elaborazione
culturale.
La civiltà consumistica dell’”usa e getta”, del culto della
bellezza, del trionfo dell'apparenza, avrebbe, cioè, un peso
non indifferente, in associazione con altri fattori, nel
generare nelle categorie culturalmente meno elevate
personalità più fragili e sentimenti di inadeguatezza. In
presenza dei suddetti modelli e dei sempre nuovi e
impegnativi ruoli sociali che la donna si trova a rivestire e
in condizioni di sovrabbondanza di cibo questa "scelta del
sintomo" non sembra casuale.
Fattori ''dispercettivi''. Già da diverso tempo, grazie alle
primitive osservazioni di H. Bruch e agli studi che da
queste hanno preso il via, si è accertato che nella
patogenesi dell'AM entrano in gioco alterazioni
psicologiche nel modo di sentire i propri stimoli interni e il
proprio corpo.
La fame oltre a essere una situazione organica di deficit di
alimentazione, cui il corpo risponde, mettendo in atto tutta
una serie di meccanismi alternativi per la produzione di
energia e il mantenimento dell'omeostasi, è anche una
sensazione psicologica, cioè l'elaborazione mentale di una
condizione fisica.
21
Nei pazienti affetti da disturbi del comportamento
alimentare è stata rilevata un'alterata percezione della fame
come del resto di altre sensazioni provenienti dal corpo: la
sazietà, la stanchezza, lo stimolo sessuale. All'origine del
cattivo uso della funzione nutritiva non ci sarebbe quindi
la "perdita dell'appetito" come lascia intendere l'etimologia
del termine anoressia, quanto invece il mancato
riconoscimento della sensazione di fame.
Sensazione che non è solo innata, bensì largamente
acquisita e regolata dall'esperienza. In questo processo di
apprendimento avrebbero una parte essenziale le relazioni
interpersonali dei primi anni di vita: se la risposta
dell'ambiente ai bisogni del bambino è soddisfacente e
appropriata, egli impara a riconoscere i suoi stintoli e a
soddisfarli adeguatamente.
controllo, mettendo così
dell'immagine corporea.
in
luce
una
distorsione
Altri fattori. Separazioni e perdite, rottura dell'equilibrio
familiare, gravidanza, malattie fisiche possono assumere il
ruolo di "fattori scatenanti" nell'induzione dell'Anoressia
Mentale, specie nel sottotipo bulimico.
I "guadagni secondari" legati alla malattia: attenzione dei
familiari, evitamento di situazioni ansiogene e il
feed-back: riduzione di peso-aggravamento, dispercezioni,
ulteriore perdita di peso, aggravamento, introversione e
ritiro sociale, ulteriore perdita di peso, possono essere
considerati "fattori perpetuanti" la sindrome.
Infine la prescrizione di diete imposte o terapie ormonali o
le rialimentazioni forzate possono configurarsi in
determinati casi come "fattori iatrogeni".
Se ciò non avviene, s'instaura un deficit funzionale, non
organico, per cui, pur in presenza di una fisiologica
motilità gastrica, le "contrazioni da fame" i pazienti affetti
da anoressia, come pure da bulimia e obesità, negano di
provare il bisogno di nutrirsi.
Da questo insieme di fattori causali e concausali emerge,
non nuoce ripeterlo, la complessità della patogenesi
dell'Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa e la
difficoltà di definire un modello eziologico unitario.
Ma non sono, solo gli stimoli fisiologici, ad essere
percepiti in maniera erronea; vari studi hanno infatti
dimostrato (H. Bruch 1962) che i pazienti affetti da
disturbi del comportamento alimentare sovrastimano le
dimensioni del proprio corpo rispetto alla popolazione di
L'AM come la BN può iniziare come una "normale" cura
dimagrante che a poco a poco e quasi insensibilmente
acquista connotati morbosi (dolori gastrici, vomito, stipsi
ostinata) e trapassa infine in una forma patologica
conclamata e grave.
22
Le pazienti, con il digiuno o l’abboffata, il vomito e
l'abuso di anoressizzanti, lassativi e diuretici, dimagriscono
fino a raggiungere livelli estremi di magrezza (in alcuni
casi il peso si attesta tra a 20-30 Kg) di cui tipicamente
negano la gravità, oppure come per la BN riescono a
mantenere lo stesso peso o poco più della norma,
camuffando così anche per lunghi periodi la malattia.
Non si osserva infatti solo il patognomico rifiuto di cibo o
le abboffate, bensì un profondo sconvolgimento dell'intera
condotta alimentare: le anoressiche mostrano preferenze
scarsamente comprensibili per determinati cibi e
ingiustificate preclusioni per altri, richiedono di pranzare
separatamente o ad orari diversi dai familiari, pretendono
di cucinarsi da sole i loro pasti o di decidere il menù per
l'intera famiglia.
Spesso, soprattutto nel tipo Bulimico, le pazienti cedono al
bisogno imperioso di abbuffarsi per poi avere forti sensi di
colpa e provocarsi il vomito e/o l'evacuazione mediante
lassativi o clisteri.
Precocemente a causa dei mutamenti del corpo e dei
traumi emotivi, o tardivamente per il deficit nutritivo,
nell’AM, si instaura un blocco dell'asse ipotalamo
-ipofisi-gonadi la cui manifestazione più eclatante è
rappresentata dall'amenorrea che, nel 50% dei casi,
precede la perdita di peso. Se la carenza ormonale,
evidenziabile con il dosaggio ematico di gonadotropine e
23
ormoni ovarici, si protrae a lungo, si può associare:
osteopenia, edemi declivi, sottile peluria al viso e al corpo.
Possono inoltre coesistere alterazioni neurovegetative tipo:
bradicardie, ipotensione, estremità fredde, arrossate o
cianotiche, stipsi (dovuta anche al minore apporto di cibo);
alterazioni della crasi ematica: leucopenia con linfocitosi,
anemia normocromica, normocitica e alterazioni di
parametri biochimici: ipoglicemia, ipoproteinemia,
ipercolesterolemia e, se il vomito è frequente, ipocalcemia.
Reperto tipico, segnalato fin dalle prime descrizioni della
malattia, è l'iperattività motoria cui fa riscontro,
paradossalmente, un senso paralizzante di inefficacia che
pervade ogni pensiero e ogni attività. Lo studio del sonno
evidenzia una riduzione della fase REM a causa di lunghi
periodi di veglia nella seconda parte della notte.
Attraverso il digiuno e il dimagrimento che ne deriva,
queste pazienti provano a se stesse che possono esercitare
un controllo sul proprio corpo tramite la negazione della
fame, della stanchezza, del desiderio sessuale, sui propri
bisogni in generale, svincolandosi così da quegli
"obblighi" (di nutrirsi, di riposarsi, di riprodursi) cui la
natura assogetta l'essere umano.
Esse affermano in tal modo l'indifferenza alle necessità
materiali e l'autonomia rispetto agli altri esseri che a tali
necessità soggiacciono. Quando, nel corso di un'abbuffata
compulsiva, questa sorta di onnipotenza viene meno, le
pazienti sentono che il dominio di sé è perso, e che va
ristabilito a qualsiasi costo, liberando il corpo di quel cibo
avvertito come ostile e minaccioso. Il corpo emaciato,
fonte di un'identità fittizia che le anoressiche costruiscono,
è usato come mezzo di comunicazione e di controllo
sull'ambiente circostante. A dispetto dell'apparente e
ostentata indifferenza quindi, le anoressiche con
l'esibizione della loro magrezza richiamano, senza volerlo
espressamente, l'interesse degli altri sul loro disagio.
Al contrario nella BN le pazienti spesso riescono a
mantenere una facciata esterna di relativo benessere e
nascondere i comportamenti bulimici e il loro dolore,
mostrando sintomi di tipo depressivo, a volte anche gravi.
In altri casi prevale il comportamento multimpulsivo con
labilità dell’umore, disinibizione sessuale, gesti autolesivi
e dimostrativi, comportamenti antisociali, che spesso
ricevono la Diagnosi di Disturbo Borderline o Disturbo
Istrionico o Disturbo Antisociale di Personalità, rivelando
anche scarsa integrazione relazionale e sociale.
In tutti i casi si ritrova in queste pazienti un nucleo di
sofferenza di base legato ad un senso di inadeguatezza che
si esprime con una fissazione sull’immagine corporea, da
cui l’esigenza di mostrare all’esterno una immagine di
snellezza ed efficienza che condiziona un circolo vizioso
che dall’ideale di snellezza porta all’insoddisfazione di sé,
alla dieta, alla perdita di peso con alterazione del senso
24
della fame e della sazietà, al digiuno, al vomito, alla paura
di ingrassare, all’iperalimentazione con sentimenti
conseguenti di colpa, vergogna e disgusto di sé stessa.
In pratica le pazienti sono fragili, vulnerabili e non
reggono le forti regole di controllo alimentare che
impongono a sé stesse, cedono all’impulso che porta alle
abboffate per soddisfare la propria voglia di sentirsi bene
affettivamente, e riempire il vuoto che sentono nel proprio
“esserci”
.
PROGETTO ASSISTENZIALE
Valutazione medica
L’attività assistenziale viene suddivisa in quattro moduli che
prevedono relativi obbiettivi e subobiettivi assistenziali:
Valutazione Psichiatrica
a) Fase della valutazione
Criteri di selezione
Colloquio di valutazione
valutazione delle condizioni fisiche
valutazione del rischio
valutazione della psicopatologica specifica
valutazione della psicopatologia pregressa
valutazione della psicopatologia associata
valutazione delle circostanze che hanno condotto
alla richiesta
valutazione dell’invio
valutazione della compliance
analisi della domanda
valutazione della famiglia
valutazione del regime assistenziale
test specifici
scale di valutazione
scale di autovalutazione
test di personalità
Collaborazione multidisciplinare
25
Preparazione alla fase di trattamento
comunicazione della diagnosi
comunicazione delle indicazioni di trattamento
e del regime assistenziale
patto di collaborazione con la paziente e con i familiari
b) Fase dell’emergenza: trattamento in ricovero
L’ammissione
La valutazione del rischio
Collaborazione multidisciplinare
internista
gastroenterologo
nutrizionista
dietologo
endocrinologo
ginecologo
neurologo
La valutazione medica dei parametri antropometrici
peso
altezza
BMI
circonferenze
plicometria
impedenziometria
calorimetria
indici biologici
temperatura
polso
pressione
markers endocrini
FSH, LH, Ormoni ovarici, TSH, T3, T4, GH,
Prolattina, Cortisolo, grelina, leptina,
markers immunologici
IL2, IL6, IL12, TNFa
Valutazione psicologica e psichiatrica
valutazione della paziente
valutazione della famiglia
reazioni dell’équipe
i reattivi di personalità
le scale psicometriche
I provvedimenti di emergenza
Il programma nutrizionale
il contratto
il diario alimentare
la dieta
il tentativo dell’autocontrollo
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gli integratori orali
l’integrazione infusionale
l’alimentazione enterale
l’alimentazione parenterale
La modulazione degli apporti
la correzione dei difetti (proteine, potassio, fosforo,
magnesio, vitamine)
la prevenzione del refeeding da eccesso (glucosio,
sodio, acqua)
Il controllo
la sorveglianza
il personale specializzato
l’addestramento all’autocontrollo
la tecnica dello specchio
la tecnica della fotografia
I trattamenti farmacologici
Il decorso
gli espedienti restrittivi
gli espedienti compensativi
l’iperattività finalizzata
l’effetto fisico e psichico della alimentazione
correttiva
il salto di qualità
la normalizzazione dei parametri
Lo svezzamento
La partecipazione ai Gruppi
Gruppi specifici per l‘AN (compliance, autostima,
immagine corporea, riabilitazione psicomotoria,
riabilitazione cognitiva), Psicoterapia individuale, di
gruppo, di famiglia. Gruppi di Psicoeducazione per
familiari
La riabilitazione alimentare
La rivalutazione
degli aspetti motivazionali
delle dinamiche relazionali
La preparazione al programma post-dimissione
la preparazione al nuovo contratto
le modalità di passaggio al day-hospital o al trattamento
ambulatoriale
Frequenza assidua e frequenza occasionale
La gestione del dopo ricovero
La preparazione della famiglia
La responsabilità condivisa
La preparazione alla semigestione
La partecipazione ai Gruppi
Gruppi per anoressiche
Gruppi per familiari
Il trattamento delle condotte di eliminazione
La riabilitazione alimentare
La valutazione comparativa del comportamento
alimentare in day hospital e a domicilio
La preparazione alla gestione alimentare autonoma
I tasks individuali, familiari e la loro esecuzione
d) Fase del compenso: il trattamento ambulatoriale
La dimissione
Tempi e costi del ricovero
c) Fase dello scompenso: il day hospital
La prevenzione del ricovero
Sorveglianza dei parametri
Valutazione continuativa del rischio
Alimentazione parzialmente assistita
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La psicoterapia familiare
Il trattamento di gruppo
Il trattamento individuale
Lo schema di trattamento prevede il passaggio, in base a
specifiche valutazioni legate alle condizioni psicofisiche
dei soggetti, da una fase all’altra e attraverso le relative
tipologie di trattamento, per configurare una assistenza a
ciclo continuo, ma con risposte individualizzate e
differenziate.
attraverso interventi psicosociali diretti dalla struttura o
condotti in collaborazione con i relativi CSM.
Va previsto inoltre un controllo catamnestico dei casi
trattati a distanza di 6, 12, 24 mesi, per valutare costi e
efficacia del trattamento e per ricalibrare lo schema
assistenziale in base ai risultati.
Nel caso frequente di disturbi psichiatrici residui, dovuti
alla comorbidità di regola associata, si prosegue con gli
interventi necessari per la prevenzione di eventuali
recidive e cronicizzazioni.
b) Tutti i pazienti trattati vengono seguiti fino alla
remissione della sintomatologia in atto e,
successivamente, sottoposti a procedure di Follow-Up
condotte con valutazioni oggettive e parametriche e, in
ogni caso, con metodiche standardizzate riconosciute a
livello internazionale e specificamente adeguate alle
patologie trattate.
Definizione di Percorsi e Procedure
I Disturbi del Comportamento Alimentare richiedono per
loro natura un trattamento multidisciplinare integrato. Per
questa ragione i programmi assistenziali previsti non
prescindono in alcun caso dalla partecipazione attiva e
continuativa di operatori delle varie discipline mediche.
Anche gli aspetti psicosociali della patologia alimentare
vengono considerati cruciali per il trattamento e la
riabilitazione delle/dei pazienti.
a) La integrazione assistenziale con la Medicina Generale
costituisce una risorsa irrinunciabile, soprattutto nelle
fasi di Ricovero e di Trattamento in Day Hospital.
Altrettanto importante è il collegamento territoriale
28
c) Risolta la patologia alimentare propriamente detta si
procede al trattamento modulare di prevenzione della
cronicità. attraverso il trattamento delle comorbidità,
delle patologie residue e la risoluzione di componenti
strutturali che sono alla base dello specifico DCA
5) Adozione di programmi di miglioramento della
qualità dell’assistenza
È necessario individuare la presenza di indicatori ritenuti
particolarmente significativi di esito favorevole. Tali
indicatori non si limitano alla verifica di risoluzione dei
più frequenti comportamenti sintomatici presenti nei DCA,
ma anche e soprattutto nella individuazione di altre
variabili ritenute significative, come la risoluzione delle
comorbidità associate, la corretta percezione dello schema
corporeo, la relativizzazione del Dychotomous Thinking,
l’acquisizione della Competenza Contrattuale, la
attenuazione del perfezionismo, la risoluzione dei
comportamenti
autolesivi,
della
compromissione
dell’autostima, delle “maturity fears”, della componente
ossessiva, delle problematiche sessuali, ecc.
Adozione di programmi di miglioramento nel rapporto
con utenti
a) Qualità percepita dal paziente e dai familiari: deve
essere prevista la adozione di opportuni questionari
intesi a valutare qualitativamente e quantitativamente il
livello di gradimento dei servizi erogati
b) Contatti con il paziente e con la famiglia: il programma
assistenziale prevede un contatto continuo con le
famiglie e con i pazienti per tutta la durata del
trattamento e anche successivamente nelle fasi di
valutazione a distanza. Secondo il modello assistenziale
adottato dalla struttura, il sistema familiare viene
considerato la risorsa più rilevante ai fini dell’efficacia
del trattamento
ai medici di base che prestano assistenza a pazienti
affetti da patologie del comportamento alimentare.
b) Condivisione di linee guida e/o protocolli specifici: i
vari servizi per DCA devono essere interagenti e
comunicanti e condurre programmi di ricerca e di
valutazione anche con altri centri nazionali e
internazionali
Documentata esperienza in attività di supporto ai
familiari
a) Educazione sanitaria per la gestione dei pazienti: il
programma deve offrire alle famiglie una assistenza
continuativa basata su programmi psicoeducazionali
specifici per i DCA, in cui oltre a tutte le necessarie
informazioni per il riconoscimento precoce delle
patologie trattate e dei loro sintomi vengono fornite
indicazioni di comportamento e atteggiamenti che si
sono dimostrati efficaci nei grandi protocolli
internazionali.
Documentata esperienza in attività di supporto ai medici del SSN
per le patologie del comportamento alimentare
a) Attività di consulenza e di formazione programmata:
l’attività di consulenza e formazione deve essere
programmata a tutti i servizi ospedalieri e territoriali ed
29
Inoltre un programma DCA deve prevedere il ricorso
precoce ad interventi di terapia familiare che hanno la
finalità di migliorare i modelli comunicativi interni e che
prevedono l’addestramento genitoriale al reempowering e
al recupero della competenza contrattuale che si ritiene
cruciale per l’efficacia del trattamento e per la prevenzione
delle patologie del comportamento alimentare.
Programma di gruppo: un buon programma di attività nel
settore DCA dovrebbe anche predisporre la conduzione di
gruppi di pazienti e di ex pazienti, con la finalità di attivare
meccanismi e risorse di autoaiuto. Analogamente tenere
gruppi di famiglie che hanno o hanno avuto al loro interno
la presenza di un paziente DCA per aumentare la
consapevolezza della diffusione e della gravità di queste
patologie, per farle conoscere meglio le dinamiche che
sostengono la patologia, anche per la formazione ed
organizzazione in futuro di gruppi completamente
autogestiti e la collaborazione con le sempre più numerose
associazioni
di
settore.
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Bibliografia
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