Eutanasia e costituzione italiana Articolo di Franco Vitale Presidente

EUTANASIA E COSTITUZIONE ITALIANA
I fatti di eutanasia, consistenti secondo l’accezione più diffusa negli
“interventi intenzionalmente programmati per interrompere in maniera
diretta e primaria una vita quando questa si trovi in particolari condizioni
di sofferenza o di inguaribilità o di prossimità alla morte”, allo stato della
legislazione vigente sono sanzionati penalmente. La liceità di comportamenti
eutanasici potrà quindi affermarsi in relazione a normative di
depenalizzazione o di favore che vengano introdotte nel nostro
ordinamento.
Ritengo, però, che in tema di eutanasia il legislatore ordinario incontri
limiti di costituzionalità.
E’ pacificamente riconosciuto che il punto centrale della tutela
costituzionale è la persona umana che ha acquistato un primato nei
confronti dello Stato.
Dell’uomo l’art. 2 Costituzione riconosce e garantisce i diritti
inviolabili sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità. La norma, avente carattere precettivo, viene intesa dalla
dottrina non come formula riassuntiva dei vari diritti della persona previsti
in altre norme costituzionali, ma come norma fondamentale che si pone
come clausola di tutela integrale della persona e come garanzia
costituzionale del diritto inviolabile dell’uomo alla vita.
A bene riflettere le garanzie costituzionali sulle varie espressioni della
personalità non possono che presupporre l a vita stessa come dato
esistenziale che si conferma quale valore giuridico primario, inderogabile ed
irrinunciabile alla luce appunto dell’art. 2 della Costituzione, norma che
rappresenta il grado più elevato (d’ordine costituzionale e come tale
preminente
rispetto
alla
legge
ordinaria)
di
formalizzazione
nell’ordinamento giuridico del valore uomo.
La predetta norma dell’art. 2 Costituzione ha efficacia immediata.
L’inviolabilità del diritto alla vita pone innanzitutto un limite al
legislatore che dinanzi alla vita umana si trova al cospetto di situazioni
intangibili.
Diciamo di più: la portata dell’art. 2 della Costituzione, nel quale v’è
un dichiarato riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, è ben più
ampia e significativa di altri dettati costituzionali.
Trattasi invero di diritti che non possono essere violati nemmeno dallo
stesso ordine Costituzionale.
Essi rappresentano come una super-costituzione o, se si vuole, può
dirsi che la nostra Costituzione ha recepito con l’art. 2 in questione i
supremi principi del diritto naturale sulla tutela dell’uomo cui la legge
umana non può derogare.
L’art. 2 della Costituzione può essere letto anche in chiave di un limite
del diritto positivo, al di là del quale non v’è legge, ma violenza.
A parte il riferimento al diritto naturale, rimane indiscutibile, a seguito
del disposto dell’art. 2 Costituzione, la formalizzazione del valore normativo
della persona umana e del diritto alla vita, con il divieto, nei confronti del
legislatore ordinario e nei confronti degli altri soggetti, di attività che siano
in contrasto con il valore giuridico affermato.
L’inviolabilità
dei
diritti
dell’uomo,
e
fra
questi
l’intangibilità della vita umana, va dunque sostenuta dinanzi allo
Stato e dinanzi alla volontà di maggioranze Parlamentari
che
abbiano a disattenderli.
Secondo qualificata dottrina l’attentato alla persona umana non
potrebbe compiersi nemmeno con leggi di revisione costituzionale, atteso
che queste leggi incontrano il limite di non poter modificare la forma
repubblicana “a disegnare la quale si può dire concorre proprio il principio
personalistico” che afferma il primato dell’uomo nei confronti dello Stato e
lo colloca al centro dell’ordinamento giuridico (cfr. Palazzo, Delitti contro la
persona, in Enciclopedia del Diritto – XXXIII, pagg. 298 e segg., Giuffrè
Editore).
Da quanto precede è agevole concludere che leggi cha abbiano a
permettere fatti di eutanasia attiva sarebbero in contrasto con la
Costituzione. Né in contrario può essere addotto che nell’eutanasia attiva la
soppressione della vita avviene ad opera di un terzo (il Medico, il parente),
ma su richiesta della persona interessata e che quindi la tutela non debba
spingersi sino a negare rilievo all’auto-decisione.
Si può in replica osservare subito che nella eutanasia attiva, al
contrario del suicidio, la decisione finale sulla morte è rimessa al terzo e
non già all’interessato, e non si può quindi consentire che sia trasferita ad
altri la disponibilità della vita umana (che peraltro non compete nemmeno
alla Stato).
In realtà l’intangibilità della vita va affermata anche da un punto di
vista oggettivo che esclude rilevanza all’auto-decisione, e ciò non solo per
il richiamo al diritto naturale con il limite per la legge positiva del rispetto
incondizionato della vita umana, quanto anche per la stessa norma dell’art.
2 della Costituzione ove la inviolabilità dei diritti dell’uomo è posta in
relazione con l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale.
Sia il principio di solidarietà che il principio personalistico, ai
quali si è ispirato il Costituente, sono allora validi punti di riferimento per
l’interprete nella conclusione che l’auto-decisione
del
soggetto
interessato trova un limite invalicabile
nella tutela della vita
umana che è un bene riconosciuto alla persona non solo come
singolo, ma anche come facente parte della comunità che, nel
perseguire il bene comune, si avvale degli apporti di ciascuno.
Siamo così portati nuovamente a riflettere sulla felice formulazione
dell’art. 2 della Costituzione ove, in una visione di umanesimo integrale, i
diritti fondamentali dell’uomo sono enunziati sia con riguardo alla sua
individualità che con riferimento alla sua proiezione sociale.
Del pari una tutela che investe sia la persona che la collettività si
ravvisa nella norma dell’art. 32 della Costituzione, nella quale la salute è
considerata come diritto fondamentale dell’individuo e nel contempo
come interesse della collettività.
Un’ultima considerazione: lo Stato è costituito dalla coesistenza dei
suoi cittadini. Ove si avesse a consentire con legge dello Stato
l’autodecisione dei cittadini di sottrarsi al vivere, in effetti lo Stato
stesso verrebbe ad ammettere il proprio suicidio.
Milano 24.5.2007
FederVita Lombardia
Laboratorio Giuridico
Avv. Franco Vitale