eutanasia e costituzione italiana

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EUTANASIA E COSTITUZIONE ITALIANA
I fatti di eutanasia, consistenti secondo l’accezione più diffusa negli
“interventi intenzionalmente programmati per interrompere in maniera
diretta e primaria una vita quando questa si trovi in particolari condizioni
di sofferenza o di inguaribilità o di prossimità alla morte”, allo stato della
legislazione vigente sono sanzionati penalmente. La liceità di comportamenti
eutanasici
potrà
quindi
affermarsi
in
relazione
a
normative
di
depenalizzazione o di favore che vengano introdotte nel nostro ordinamento.
Ritengo, però, che in tema di eutanasia il legislatore ordinario incontri
limiti di costituzionalità.
E’ pacificamente riconosciuto che il punto centrale della tutela
costituzionale è la persona umana che ha acquistato un primato nei confronti
dello Stato.
Dell’uomo l’art. 2 Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili
sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
La norma, avente carattere precettivo, viene intesa dalla dottrina non come
formula riassuntiva dei vari diritti della persona previsti in altre norme
costituzionali, ma come norma fondamentale che si pone come clausola di
tutela integrale della persona e come garanzia costituzionale del diritto
inviolabile dell’uomo alla vita.
A bene riflettere le garanzie costituzionali sulle varie espressioni della
personalità non possono che presupporre l a vita stessa come dato esistenziale
che
si
conferma
quale
valore
giuridico
primario,
inderogabile
ed
irrinunciabile alla luce appunto dell’art. 2 della Costituzione, norma che
rappresenta il grado più elevato (d’ordine costituzionale e come tale
preminente rispetto alla legge ordinaria) di formalizzazione nell’ordinamento
giuridico del valore uomo.
La predetta norma dell’art. 2 Costituzione ha efficacia immediata.
L’inviolabilità del diritto alla vita pone innanzitutto un limite al
legislatore che dinanzi alla vita umana si trova al cospetto di situazioni
intangibili.
Diciamo di più: la portata dell’art. 2 della Costituzione, nel quale v’è un
dichiarato riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, è ben più ampia e
significativa di altri dettati costituzionali.
Trattasi invero di diritti che non possono essere violati nemmeno dallo
stesso ordine Costituzionale.
Essi rappresentano come una super-costituzione o, se si vuole, può
dirsi che la nostra Costituzione ha recepito con l’art. 2 in questione i supremi
principi del diritto naturale sulla tutela dell’uomo cui la legge umana non può
derogare.
L’art. 2 della Costituzione può essere letto anche in chiave di un limite del
diritto positivo, al di là del quale non v’è legge, ma violenza.
A parte il riferimento al diritto naturale, rimane indiscutibile, a seguito
del disposto dell’art. 2 Costituzione, la formalizzazione del valore normativo
della persona umana e del diritto alla vita, con il divieto, nei confronti del
legislatore ordinario e nei confronti degli altri soggetti, di attività che siano in
contrasto con il valore giuridico affermato.
L’inviolabilità dei diritti dell’uomo, e fra questi l’intangibilità
della vita umana, va dunque sostenuta dinanzi allo Stato e dinanzi
alla
volontà
di
maggioranze
Parlamentari
che
abbiano
a
disattenderli.
Secondo qualificata dottrina l’attentato alla persona umana non potrebbe
compiersi nemmeno con leggi di revisione costituzionale, atteso che queste
leggi incontrano il limite di non poter modificare la forma repubblicana “a
disegnare la quale si può dire concorre proprio il principio personalistico”
che afferma il primato dell’uomo nei confronti dello Stato e lo colloca al
centro dell’ordinamento giuridico (cfr. Palazzo, Delitti contro la persona, in
Enciclopedia del Diritto – XXXIII, pagg. 298 e segg., Giuffrè Editore).
Da quanto precede è agevole concludere che leggi cha abbiano a
permettere fatti di eutanasia attiva sarebbero in contrasto con la Costituzione.
Né in contrario può essere addotto che nell’eutanasia attiva la soppressione
della vita avviene ad opera di un terzo (il Medico, il parente), ma su richiesta
della persona interessata e che quindi la tutela non debba spingersi sino a
negare rilievo all’auto-decisione.
Si può in replica osservare subito che nella eutanasia attiva, al contrario
del suicidio, la decisione finale sulla morte è rimessa al terzo e non già
all’interessato, e non si può quindi consentire che sia trasferita ad altri la
disponibilità della vita umana (che peraltro non compete nemmeno alla
Stato).
In realtà l’intangibilità della vita va affermata anche da un punto di vista
oggettivo che esclude rilevanza all’auto-decisione, e ciò non solo per il
richiamo al diritto naturale con il limite per la legge positiva del rispetto
incondizionato della vita umana, quanto anche per la stessa norma dell’art. 2
della Costituzione ove la inviolabilità dei diritti dell’uomo è posta in relazione
con l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale.
Sia il principio di solidarietà che il principio personalistico, ai
quali si è ispirato il Costituente, sono allora validi punti di riferimento per
l’interprete
nella
conclusione
che
l’auto-decisione
del
soggetto
interessato trova un limite invalicabile nella tutela della vita
umana che è un bene riconosciuto alla persona non solo come
singolo, ma anche come facente parte della comunità che, nel
perseguire il bene comune, si avvale degli apporti di ciascuno.
Siamo così portati nuovamente a riflettere sulla felice formulazione
dell’art. 2 della Costituzione ove, in una visione di umanesimo integrale, i
diritti fondamentali dell’uomo sono enunziati sia con riguardo alla sua
individualità che con riferimento alla sua proiezione sociale.
Del pari una tutela che investe sia la persona che la collettività si ravvisa
nella norma dell’art. 32 della Costituzione, nella quale la salute è considerata
come diritto fondamentale dell’individuo e nel contempo come
interesse della collettività.
Un’ultima considerazione: lo Stato è costituito dalla coesistenza dei
suoi cittadini. Ove si avesse a consentire con legge dello Stato
l’autodecisione dei cittadini di sottrarsi al vivere, in effetti lo Stato
stesso verrebbe ad ammettere il proprio suicidio.
Milano 24.5.2007
FederVita Lombardia
Laboratorio Giuridico
Avv. Franco Vitale
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