Allegato A alle Norme Tecniche di Attuazione

Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
COMUNE DI CASTELVETRO DI MODENA
PROVINCIA DI MODENA
PIANO REGOLATORE GENERALE
VARIANTE SPECIFICA 2003
DISCIPLINA PARTICOLAREGGIATA DEI BENI CULTURALI E DEGLI
EDIFICI DI INTERESSE TIPOLOGICO, STORICO ED AMBIENTALE
ALLEGATO A
Testo approvato
VARIANTE SPECIFICA 2003
Adottata con Delibera di Consiglio Comunale n.28 del 29-04-2003
Controdedotta con Delibera di Consiglio Comunale n.14 del 19-04-2004
Approvata con Delibera di Giunta Provinciale n.481 del 23-11-2004
Arch. Tiziano Lugli n. d’ordine 4
Arch. Massimo Calzolari n. d’ordine 223
Con
Arch. Lorenza Manzini n. d’ordine 553
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INDICE
1. LE TIPOLOGIE EDILIZIE, I MATERIALI E LE TECNICHE DELL’ARCHITETTURA RURALE ................ 1
1.1. ABACO DELLE TIPOLOGIE EDILIZIE ................................................................................................................................. 1
1.2. MATERIALI ED ESEMPI COSTRUTTIVI ............................................................................................................................ 23
1.2.1. Le fondazioni. ........................................................................................................................................................ 24
1.2.2. Le strutture murarie. ............................................................................................................................................. 25
1.2.3. Le coperture........................................................................................................................................................... 30
1.2.4. I solai. .................................................................................................................................................................... 34
1.2.5. Le pavimentazioni.................................................................................................................................................. 36
1.2.6. Le scale. ................................................................................................................................................................. 36
1.2.7. Le aperture ed i serramenti................................................................................................................................... 36
1.2.8. Gli intonaci. ........................................................................................................................................................... 39
2. CENSIMENTO DEL PATRIMONIO EDILIZIO IN TERRITORIO EXTRAURBANO DI VALORE
STORICO-MONUMENTALE E STORICO-AMBIENTALE. ........................................................................... 40
2.1. NORME PER LA COMPILAZIONE DELLE SCHEDE DI CATALOGAZIONE ARCHITETTONICA.............................................. 41
SISTEMA URBANISTICO, TERRITORIALE ED AMBIENTALE DI RIFERIMENTO ........................................................................... 42
FISIONOMIA DELL’AREA EDIFICATA .................................................................................................................................... 43
INDAGINE STORICA............................................................................................................................................................. 45
2.2. NORME PER LA STESURA DI ULTERIORI ELABORATI D’APPROFONDIMENTO ACCOMPAGNATORI LE SCHEDE DI
CATALOGAZIONE ARCHITETTONICA. ........................................................................................................................ 48
3. LA CATEGORIA D’INTERVENTO .............................................................................................................................. 50
FONTI BIBLIOGRAFICHE................................................................................................................................................. 51
SCHEDA TIPO PER LA CATALOGAZIONE ARCHITETTONICA.......................................................................... 52
Testo approvato
I
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1. LE TIPOLOGIE EDILIZIE, I MATERIALI E LE TECNICHE
DELL’ARCHITETTURA RURALE
1.1. Abaco delle tipologie edilizie
Il territorio di Castelvetro è caratterizzato, oltre a varie strutture d’interesse storico testimoniale, da
un’elevata densità dell’insediamento rurale sparso, spesso anche di rilevante interesse storico-architettonico,
collocantesi principalmente sulla viabilità di crinale per la parte collinare posta a sud, ed in modo più diffuso
per la parte pianeggiante posta a nord.
L’elevato numero di complessi rurali di tipo colonico, d’interesse culturale, quivi riscontrabile, è
sinonimo d’intensa attività antropica radicata nel tempo e di un’agricoltura importante sotto il profilo
economico.
Le principali tipologie edilizie presenti nel territorio di Castelvetro sono:
•
Villa con o senza colombaia;
•
Casa ad elementi giustapposti;
•
Casa con annessi ad elementi separati di tipo modenese;
•
Casa con annessi ad elementi separati di tipo bolognese;
•
Casa a torre;
•
Casa con influssi della tipologia montana;
•
Porcilaie antiche;
•
Fienili con ordine gigante.
Testo approvato
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I tipi dell’abitazione rurale (Zaffagnini, 1997).
Tali tipi edilizi sono aggregati tra loro a costituire “beni complessi” d’origine rurale siffatti:
•
Complesso signorile;
•
Casa isolata;
•
Complesso di tipo modenese o bolognese ad elementi separati a corte aperta;
•
Complesso a corte chiusa;
•
Complesso a torre;
•
Borghetto.
Il territorio comunale posto a nord ed avente una morfologia più pianeggiante è prevalentemente
caratterizzato da complessi signorili, case ad elementi giustapposti e complessi a corte aperta sia di tipo
bolognese che modenese. Nelle prime propaggini collinari sono riconoscibili numerose ville generalmente
caratterizzate dalla presenza della colombaia, case ad elementi giustapposti, a volte dotate d’aletta
frangifuoco, case ad elementi separati di tipo modenese e bolognese, e case a torre. La parte più centrale del
territorio comunale è caratterizzata dalla presenza di complessi rurali che, nel corso dei decenni, si sono
evoluti fino a generare dei veri e propri borghi. Nel settore meridionale sono individuabili case a torre, case
ad elementi giustapposti, case ad elementi separati, fienili con ordine gigante, case con influssi della
tipologia montana e borghi.
La villa ottocentesca, o dei primi del novecento, copiando la villa signorile di campagna del
settecento, realizza l’abitazione di campagna del grande proprietario urbano sui propri fondi lavorati dai
coloni. Quest’esempio si concretizza in un edificio quadrangolare, generalmente elevato su tre piani
Testo approvato
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esclusivamente adibito a residenza, inserito in un giardino, talvolta sistemato secondo i canoni del giardino
francese, in altre occasioni secondo gli schemi del giardino paesistico inglese. Alle estremità del giardino, in
talune circostanze, si ritrovano corpi edilizi di servizio, quali scuderie, stalle, ed anche fabbricati residenziali
di minor pregio, probabilmente assegnati al fattore. In questi casi la villa principale denota una velleità
architettonica particolare che si traduce con l’uso della simmetria, l’adozione dell’altana o della colombaia
sul tetto, il cornicione rifinito con decori, le finestrature solitamente più grandi, rispetto ai tipi
precedentemente analizzati, e soprattutto l’uso dell’intonaco esterno e del tinteggio. Quest’ultimo particolare
distingue la casa ricca da quella più povera. Infatti l’intonaco ed il colore sulle facciate costituiva un lusso
che non tutti potevano permettersi.
Villa Chiarli o Casino Cialdini presso Ca’ di Sola.
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Villa Chiarli o Casino Cialdini presso Ca’ di Sola. Risalente al XVIII secolo, la dimora ha subito profonde modifiche
nell’800, come l’aggiunta dell’altana, e presenta un vasto giardino in parte all’italiana ed in parte all’inglese. (M.B.Lugari, 1986)
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Villa con colombaia nelle prime propaggini collinari di Solignano.
Villa con elemento a Torre laterale.
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Villa con torre colombaia sulle prime propaggini collinari.
La casa ad elementi giustapposti è un’edificio a corpo unico a pianta rettangolare allungata
composto da due parti, l’abitazione e la stalla-fienile, legate tra di loro da un portico voltato, denominato
porta morta, che taglia trasversalmente l’edificio e si eleva per metà del fabbricato per fornire un vano in più
all’abitazione od al fienile. Talvolta la porta morta è posta al centro dell’edificio, dividendo simmetricamente
la parte ad abitazione da quella a stalla-fienile; altre, per dare maggior spazio alla parte non residenziale, è
disposta discostata dall’asse mediano del fabbricato. Al piano terra è uno spazio di transizione che serve
contemporaneamente da loggia coperta per l’abitazione e da luogo per lo stoccaggio di taluni prodotti. Nei
periodi invernali veniva anche utilizzato come spazio di lavoro del colono, intento a riparare i propri beni
strumentali. Al di sopra dell’arco che appare in facciata si può ritrovare un’apertura di consistenti dimensioni
per il passaggio delle balle di fieno, oppure una gelosia in cotto in grado di aerare il volume adatto ad
essiccare il fieno. Manomissioni più recenti hanno teso a chiudere la porta morta con infissi, oppure con veri
e propri tamponamenti in muratura che, tuttavia lasciano leggere l'arco sul prospetto. L’edificio è di forma
rettangolare allungata, quasi sempre orientato perpendicolarmente al vialetto d’accesso al complesso
aziendale. La foronometria sui prospetti conferisce all’immobile una composizione asimmetrica. Sia
l’ingresso all’abitazione che quello alla stalla si aprono sulla porta morta, un tempo passante poi chiusa
posteriormente in muratura, evidenziandone così ulteriormente la grande importanza sul piano distributivo.
L’abitazione comprende al P.T. la cucina, la cantina ed una scala, al P.1 le camere da letto e, proseguendo
con la scala sino al sottotetto, il granaio e la piccionaia. La parte non abitativa vede al piano terra la stalla
spesso composta di tre corsie, una centrale per il passaggio e due laterali per i bovini. Piccole colonne in
Testo approvato
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laterizio separano spazialmente il vano, l’altezza generalmente s’attesta tra i ml. 2,60-3,50. Al piano
superiore si trova il fienile. La copertura è assai semplice ed è realizzata secondo la tipologia a capanna con
struttura lignea e manto in coppi.
Planimetria di un appoderamento con tipologia edilizia ad elementi giustapposti (Zaffagnini, 1997).
Piante e sezioni di una tipica casa ad elementi giustapposti con “porta morta” (Zaffagnini, 1997).
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Casa ad elementi giustapposti con annessi sul retro. Si noti il piccolo porcile con bucature allungate e con archetti a sesto ribassato.
Casa ad elementi giustapposti nella pianura presso Ca’ di Sola.
Le aggregazioni a corte aperta definite “ad elementi separati” sono quelle in cui gli elementi
costitutivi classici dell’insediamento rurale come, l’abitazione, la stalla-fienile, i pro-servizi, la barchessa,
sono separati gli uni dagli altri e sorgono in mezzo ad un ampio cortile. L’insediamento a corte aperta è in
genere costituito dall’abitazione, sempre a due piani, dalla stalla-fienile, forse l’elemento più interessante, dai
Testo approvato
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pro-servizi (ospitanti spesso il forno associato al piccolo porcile ed alla pollaiera) e spesso anche da una
tettoia a parte, la “casella” o “barchessa”: un’alta tettoia formata da alti pilastri in mattoni, aperta su almeno
tre dei quattro lati, destinata al deposito degli attrezzi, dei carri, e dei covoni. Durante la brutta stagione sotto
la barchessa si svolgevano i lavori di manutenzione dei mezzi e del complesso colonico. Questi elementi,
chiaramente riconoscibili, dotati di una propria individualità ed autonomia, sono disposti liberamente
all’interno di una propria area di pertinenza, mai recintata se non da elementi di vegetazione. L’aia,
normalmente al centro del cortile ed in terra battuta, assolveva al ruolo di stoccaggio e trebbiatura dei cereali.
Aggregazione a corte aperta tipica del bolognese (Zaffagnini, 1997).
Aggregazione a corte aperta in cui abitazione e barchessa si fronteggiano (Zaffagnini, 1997).
La casa rurale di tipo bolognese è costituita dall’aggregazione ai fabbricati principali, casa e stallafienile, di alcuni edifici minori quali la casella, il forno, il pozzo, la porcilaia…, tutti circondati dal prato, e
ciascuno di essi in rapporto con gli altri, con la strada e coi campi secondo alcune regole costanti,
orientamento, distanza di circa 10-12 ml, ecc., che danno origine a schemi costantemente ripetuti.
L’abitazione, a pianta compatta tendente al quadrato, è solitamente orientata con l’ingresso verso la strada ed
è articolata su due livelli: piano terra caratterizzato al centro da una loggia, un vano passante che funge da
atrio e da disimpegno, da cui sia accede alle stanze della casa e, circa a metà, alla scala che sale al piano
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superiore. Ai lati del corpo scale si trova da un lato la cucina col tinello e dall’altro la cantina ed il
magazzino. Il primo piano ripropone lo schema distributivo del piano terra: una seconda loggia sopra quella
sottostante funge da ampio vano di distribuzione sul quale si affacciano le camere da letto. Sopra la cantina
od il magazzino di solito trova posto il granaio. Il tetto degli edifici destinati all’abitazione presenta due
varianti: a due falde, per gli edifici più antichi, a quattro falde, per gli edifici costruiti più recentemente.
Tipologia abitativa bolognese con loggia centrale (Zaffagnini, 1997).
In questi insediamenti a corte aperta la stalla-fienile costituisce un tipo edilizio a sé stante, ha pianta
pressochè quadrata e segue quasi sempre l’orientamento della casa. Consiste in una grande tettoia aperta,
poggiata su travi sostenute da pilastri in mattoni, in cui l’unico volume chiuso è costituito dalla stalla
allineata con l’asse di simmetria principale. In questo modo l’edificio presenta su tre lati un portico a
tutt’altezza; la forma del tetto è a padiglione come la casa. La “casella” è costruita come un semplice portico
a tutt’altezza con una o due fronti consecutive cieche. La pianta è marcatamente rettangolare, mentre il tetto
è a due spioventi, con la linea di colmo parallela al lato lungo e la carpenteria simile a quella della stalla. Il
forno ha pianta quadrata o rettangolare ed è suddiviso al suo interno per delimitare spazi destinati a vari usi;
spesso davanti al forno vi è un piccolo portico.
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Tipica stalla-fienile dei poderi bolognesi (Zaffagnini, 1997).
La casa di tipo modenese si differenzia da quella bolognese per il numero dei piani, tre anziché due,
dalla presenza di un tetto a capanna dalla pendenza più accentuata di quanto sia necessario, e dai timpani
sulle facciate, conseguenza della tipologia di copertura. La facciata principale della casa non sempre è rivolta
a sud e, non è raro, trovarla rivolta a nord con la stalla-fienile posta di fronte e rivolta essa a sud.
All’interno l’abitazione è caratterizzata dalla presenza di un piccolo vano di ingresso posto tra la cucina e la
cantina; quando manca l’ingresso si accede direttamente alla cucina. Se nella casa coabitano due famiglie le
cucine sono due. Lo spazio più importante della casa è comunque la cantina che, usualmente è lievemente
interrata e di notevoli dimensioni. La scala è sempre interna e serve i due piani sovrastanti in cui si trovano
su ciascuno tre o quattro camere. L’elevato numero di camere trova ragione nella cultura locale volta ad un
maggiore rispetto della privacy anziché in nuclei familiari più numerosi che altrove. La stalla-fienile è un
edificio a pianta rettangolare con copertura a due o tre falde abbastanza inclinate come per l’abitazione, è
chiuso all’intorno ed areato da qualche arcata del portico o da qualche gelosia in mattoni. La stalla è
affiancata dal portico (qui chiamato barchessa) su uno o due lati, anche ad angolo ed il fienile si sviluppa sia
sopra la stalla (tesa) che sopra il portico (tisol o fieniletto). Essendo il portico più alto della stalla, nel
dislivello trova posto un’apertura per caricare e scaricare il fieno. Con funzioni analoghe alla casella
bolognese, esiste nel modenese un altro edificio separato denominato anch’esso barchessa: una tettoia
Testo approvato
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rettangolare sostenuta da pilastri in laterizio e con i lati minori e uno dei maggiori chiuso da pareti fino al
coperto. Adempie alle funzioni del portico adiacente alla stalla e serve per tenere al coperto la paglia, i carri,
gli altri attrezzi ingombranti. Talora un occhio della barchessa è chiuso e diviso orizzontalmente da un solaio
che delimita al piano terra la porcilaia.
Pianta di una tipica aggregazione modenese con abitazione e stalla frontistanti (Zaffagnini, 1997).
Tipica aggregazione abitazione e stalla-fienile-barchessa modenesi.
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Abitazione a pianta quadrata di tipo modenese con bassi proservizi.
Le aggregazioni a corte chiusa definite “ad elementi separati” sono quelle in cui gli elementi
costitutivi classici dell’insediamento rurale come, l’abitazione, la stalla-fienile, i pro-servizi, la barchessa
sorgono intorno ad un ampio cortile verso il quale aprono le finestre, le porte e le tettoie. L’elemento più
caratterizzante della casa a corte chiusa è lo spazio scoperto, di forma quadrangolare, intorno al quale sono
disposte abitazioni e rustici e nel quale si svolgono le principali attività dell’azienda. L’aggregazione a corte
chiusa può essere totalmente chiusa verso l’esterno grazie all’unione dei corpi di fabbrica che la
costituiscono e/o di alti muri, oppure apparentemente più aperta verso l’esterno grazie alla disgiunzione dei
corpi edilizi principali che la costituiscono, semmai limitata da siepi ed alberi. Gli edifici principali di questo
tipo di complesso rurale sono: la casa padronale, che si distingue per i suoi tratti molto semplici come dimora
borghese, dotata spesso di torre colombaia; le case dei salariati, che spesso raggruppano sotto lo stesso tetto
più alloggi; le stalle ed i fienili spesso sovrapposti; i magazzini; le rimesse; i pollai; i porcili;…
Testo approvato
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Complesso a corte chiusa sulla SS 569 vicino al Fosso dei Colombi.
Complesso a corte chiusa sulla SS 569 vicino al Fosso dei Colombi.
I complessi a torre si distinguono per la presenza di torri isolate o legate ad altri corpi edilizi e per
l’epoca di costruzione, che ne determina una funzione più o meno accentuata a scopi difensivi.
Le torri duecentesche sono essenzialmente di due tipi: torri collegate ad un centro o nucleo più o
meno fortificato, e torri aventi funzione d’avvistamento e segnalazione. Quelle non comprese all’interno di
un recinto murato, costituivano esse stesse una struttura fortificata, generalmente a difesa di importanti
percorsi o passaggi obbligati, avevano proporzioni massicce ed al loro interno ospitavano diversi locali che
servivano come abitazione del feudatario o del castellano e della sua guarnigione o come luogo di estremo
Testo approvato
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rifugio e difesa. L’ingresso alla torre avveniva generalmente al primo piano ove si trovava un portale al quale
si accedeva tramite scale lignee mobili, altre volte l’ingresso era in diretta comunicazione con l’edificio
adiacente. Ai piani superiori sono presenti altri portali i quali dovevano quasi certamente consentire l’uscita
su dei ballatoi lignei correnti tutt’intorno alla torre, la cui esistenza è testimoniata dalla presenza, in molti
casi, di fori regolarmente distanziati nel paramento murario. I piani inferiori sono caratterizzati da feritoie
verticali, mentre in alto la luce filtra da finestrelle piuttosto strette. Le torri duecentesche, a differenza di
quelle di epoca più tarda, sono sempre sprovviste di colombaia e generalmente anche del cornicione
dell’ultimo piano. Le comunicazioni tra i vari piani avvenivano attraverso scale di legno interne e la
copertura, date le limitate dimensioni, è generalmente a quattro falde con rivestimento esterno in lastre di
arenaria, coppi o tegole in cotto. Le torri con esclusiva funzione di avvistamento e segnalazione erano in
genere in posizioni più dominanti, avevano una configurazione più snella e slanciata, erano munite di feritoie
ai piani inferiori, presentavano in alto aperture piuttosto vaste per una buona osservazione del territorio
circostante ed erano generalmente dotate di una campana per trasmettere segnali al castello della cui rete
difensiva facevano parte. L’ingresso, come nelle torri di tipo difensivo, avveniva al primo piano attraverso
un portale dopo aver salito una scala lignea mobile. Ulteriori portali si trovavano al piano superiore per poter
uscire sul ballatoio ligneo posto ad anello del corpo edilizio.
Esempi di portali tipici nei fabbricati a torre nei vari secoli: A) secolo XIII; B) sec. XIII-XIV; C) sec. XIV; D) ed E) sec. XIV-XV; F)
sec. XV (Architettura rurale della montagna modenese, 1975).
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Gli elementi architettonici più importanti per la datazione della torre sono i portali, i più comuni dei
quali sono di tipo a mensole, sormontati da un’irregolare architrave triangolare: quelli del duecento-primi
trecento sono facilmente riconoscibili per il loro vano stretto ed alto e per le mensole arrotondate. Altre
tipologie di portali presentano arco a sesto acuto od a tutto sesto, costruiti in grossi conci d’arenaria
accuratamente lavorata. Caratteristiche del XIII secolo sono pure le finestre a mensole rotondeggianti, in
genere piuttosto piccole, e le finestre con arco a tutto sesto in pietrame, seppure piuttosto rare queste ultime.
Tipicamente duecentesche sono pure le feritoie verticali, lunghe e strette, in pietrame accuratamente lavorato
poste nei piani inferiori degli edifici, e le caditoie o bertesche che, usualmente sorrette da due mensole, erano
poste sui punti di passaggio obbligato o sopra gli ingressi, e servivano per il lancio di sassi od altre munizioni
contro gli assalitori. Esempi superstiti delle mensole delle caditoie si possono trovare non solo nei castelli,
ma anche in alcuni edifici d’abitazione fino circa alla metà del quattrocento.
Esempi di finestre nelle tipologie a torre: A), B), C), secoli XIII-XIV; D), E) F), G), H), secolo XV (Architettura rurale della
montagna modenese, 1975).
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Lo sviluppo economico ed edilizio che ha caratterizzato l’Appennino modenese nella seconda metà
del trecento e nel primo quattrocento ha fatto sì che numerosi siano i fabbricati dell’epoca giunti fino a noi,
seppur modificati. La montagna era all’epoca ancora piena di bande di fuorilegge, spesso capeggiate dai
rampolli delle grandi famiglie feudatarie i quali cercavano di tenere accesi gli odii secolari. Da ciò ebbero
origine nuove fortificazioni caratterizzate dalla presenza, accanto alle case, di torri usate dai “rampolli
fuorilegge” come normali abitazioni ed, all’occorrenza, come rifugio e ricovero per i familiari, i coloni e tutti
gli abitanti del nucleo. Ebbe così inizio la costruzione di torri di carattere privato aventi la doppia funzione
d’abitazione e di difesa che, dato il persistere delle lotte tra le fazioni, continuò fino a tutto il Seicento. I
criteri costruttivi delle torri del secondo trecento-primo quattrocento sono sostanzialmente simili a quelli del
secolo precedente ad eccezione delle aperture. I portali, in pietra e dal vano più ampio, sono usualmente a
tutto sesto, ad arco ribassato, a sesto acuto od a mensole, questi ultimi con l’alternanza di mensole a gola
rotondeggiante e mensole a gola incavata a sguscio. Similmente ai portali anche le finestre a mensola
divengono più ampie, assumendo una forma quasi quadrata. Esse, realizzate in pietra, si presentano a tutto
sesto od a sesto acuto con arco generalmente monolitico. I piani inferiori presentano ancora le caratteristiche
feritoie verticali, seppur più semplici di quelle duecentesche. All’esterno cominciano ad essere presenti i
primi balchi, tipici ballatoi caratteristici di quasi tutti gli edifici appenninici di epoca posteriore.
L’architettura del secondo quattrocento-primo cinquecento risentendo fortemente dell’influenza
rinascimentale, si ingentilisce e quindi risulta essere profondamente differente da quella dei secoli
precedenti. Le principali differenze architettoniche sono: il paramento murario non più in pietra squadrata e
disposta in file orizzontali, solo i conci angolari sono ormai lavorati; le pareti di uno spessore ridotto grazie
alla scomparsa della muratura a secco; presenza di finestre, seppur rare e piccole, ai piani inferiori; generale
diffusione del balchio connesso allo spostamento dell’ingresso delle abitazioni al primo piano ed all’uso del
piano inferiore come stalla e cantina.
Ogni famiglia di una certa importanza, nel periodo rinascimentale, si dota di una propria torre
privata, luogo di rifugio in caso di pericolo per tutti i parenti ed amici, e proprio per evitare che un solo ramo
della famiglia la usasse a proprio piacimento, molto spesso la torre rimaneva esclusa dalla divisione dei beni
nei vari rami familiari e la sua proprietà rimaneva in comune. Le torri di questo periodo, con paramento
murario di pietra non sbozzata, erano per lo più abbastanza slanciate, generalmente a tre o quattro piani,
ciascuno di una stanza sola, collegati tra loro da una scala lignea. Esternamente, all’altezza dell’ultimo piano
si trova un cornicione in pietra o per lo più in mattoni, a dente di sega, che delimita la parte superiore della
torre adibita a colombaia. Subito sopra il cornicione, da uno o due lati, si trova una bifora d’arenaria oppure
una lunetta contenente una finestrella, con l’architrave formato da due mattoni disposti ad angolo, che
costituisce il foro d’ingresso per i colombi. Sotto il cornicione invece sono spesso murati negli angoli quattro
coppi smaltati in verde che impediscono ai topi l’accesso alla colombaia. La copertura è usualmente a quattro
falde con manto alle quote più basse in coppi ed alle quote più alte in lastre.
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Alcuni aspetti tipologicamente ricorrenti nelle torri colombaie (Architettura rurale della montagna modenese, 1975).
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Tipi più frequenti nelle cornici di colombaia con l’impiego dell’arenaria e del cotto (Architettura rurale della montagna modenese,
1975).
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Tipi più frequenti dei soffittini di gronda con l’impiego dell’arenaria e del cotto (Architettura rurale della montagna modenese,
1975).
Il piano terreno, come già detto, è isolato dagli altri piani, e vi si accede da un portale separato, è
caratterizzato da feritoie o da finestrelle chiuse da inferriate ed adibito a stalla o cantina. Le abitazioni sono
quasi sempre dotate di balchio che, nelle sue diverse forme, è costituito da una scala che porta al primo piano
e dal relativo ballatoio spesso ricoperto da una tettoia portata da colonnine lignee o d’arenaria. La stanza al
primo piano è la cucina, chiamata nei documenti storici “la stanza del fuoco”, ed è caratterizzata dalla
presenza di un grande camino di legno o di pietra, da una pavimentazione in lastre di arenaria od in mattone
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e, come i piani superiori, da finestre abbastanza grandi quadrate o rettangolari. Il secondo, e quando c’è
anche il terzo piano, presentano soffitti più bassi e pavimenti realizzati con semplici assi di legno. I portali
sono a volte ancora in pietra a tutto sesto ed in misura minore a sesto acuto, ma più frequentemente del tipo a
mensola a guscio delimitata da una cornicetta angolare esterna. Contemporaneamente cominciano a
diffondersi portali rettangolari in pietra dotati d’architrave poggiante direttamente sugli stipiti riccamente
decorati con linee scalpellate. Le finestre cominciano ad assumere per lo più forma quadrata e rettangolare,
mentre le feritoie, ancora numerose, nelle torri o nelle abitazioni fortificate appaiono non solo al primo
piano, ma anche a quelli superiori assumendo forme di vario genere: a quelle di tipo più antico, verticali con
strombatura verso l’interno, se ne aggiungono altre, rotonde o col foro sormontato da una fessura verticale a
T od a croce. Quasi completamente assenti sono ormai le bertesche.
Complesso abitativo Le Torri (Castelvetro) – Il complesso, caratterizzato da un loggiato presente quasi su tutto il perimetro,
incorpora una torre cinquecentesca (Architettura rurale della montagna modenese, 1975).
Dalla seconda metà del cinquecento l’architettura comincia a perdere quelle caratteristiche difensive
che l’avevano contraddistinta. Le principali differenze che si riscontrano sono: le finestre di tipo a mensola
nelle normali abitazioni lasciano il posto a semplici aperture quadrangolari; i cornicioni delle torri, ormai
spesso sovrapposti a due o tre, si arricchiscono d’elementi decorativi e sono a volte sorretti da piccole
mensole in mattoni o pietrame; le cornici in cotto delle torri sono spesso affiancate da altre in pietra e si
sviluppano su solo due o tre fronti della fabbrica; sempre nelle torri, all’altezza delle colombaie, si trovano
uno o due rosoni in cotto a forma di ruota; le abitazioni, ancora dotate di balchio e conservanti la
disposizione interna quattrocentesca, semplificano i portali e le finestre a mensola riducendoli a semplici
forme rettangolari sormontate a volte da un piccolo triangolo di scarico in pietra od in mattoni; gli edifici
signorili presentano sempre più finestre con architrave modanato.
L’aumento demografico del secolo successivo portò alla formazione di complessi a corte aperta in
cui la casa ad elementi separati, le stalle e le capanne o “teggie” venivano disposti intorno ad un’area
Testo approvato
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cortiliva delimitata. Nello stesso tempo le finestre di tipo più antico, anguste e poco luminose, vennero
progressivamente sostituite da normali aperture quadrangolari con architravi lignei od in cotto. La
disposizione dei fabbricati a corte aperta, ed a volte a corte chiusa, segna la proliferazione di annessi rustici,
spesso ricavati nelle vecchie anguste abitazioni sostituite con corpi di fabbrica plurifamiliari a pianta
quadrangolare di varie dimensioni. Questi agglomerati, inglobanti la vecchia torre difensiva, sono spesso
dotati al loro interno di oratori, largamente diffusi nel seicento.
Complesso Bocconcello – Corte rurale caratterizzata da una torre cinquecentesca e da porticato (Architettura rurale della
montagna modenese, 1975).
Case Canevacci – Edificio d’abitazione rurale settecentesco con torre colombaia e loggiato che contiene il vano scala (Architettura
rurale della montagna modenese, 1975).
Testo approvato
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Complesso Pavana – Tipico complesso rurale dell’area pedecollinare costituito da abitazione con torretta colombaia sormontante la
facciata e da un oratorio (Architettura rurale della montagna modenese, 1975).
Come già sopra accennato, il territorio comunale di Castelvetro è caratterizzato anche dalla presenza
di numerosi borghi i quali sono il risultato di successive costruzioni ed ampliamenti. Intorno ad una prima
dimora, spesso poi abbandonata in favore di una di dimensioni maggiori e più confortevole, sono state nei
decenni realizzati i servizi, quali stalle, fienili e barchesse, ed ulteriori dimore o complessi abitativi
plurifamiliari. I borghi sono pertanto l’espressione di un’evoluzione del costruire rurale in quanto i fabbricati
che li costituiscono non appartengono mai alla stessa epoca, ciononostante non sono privi di interesse
tipologico, architettonico od ambientale. I vari edifici che compongono il nucleo potranno essere assimilati
per tipologia ai tipi edilizi sopra descritti.
Oltre alla descrizione delle tipologie merita fare una nota sulla collocazione degli stessi edifici o
complessi di edifici: il luogo per la costruzione era per lo più condizionato dall’orografia del terreno e
dall’esposizione solare che ne derivava; vi erano vincoli per la stabilità dei terreni, per il ristagno
dell’umidità, così come una certa importanza rivestiva la viabilità e la conformazione dei campi coltivati.
In collina, per esempio, la dolcezza dei rilievi consigliava l’insediamento sui crinali, ove era
possibile usufruire della massima esposizione e dei percorsi viari e sentieristici più antichi.
1.2. Materiali ed esempi costruttivi
L’architettura che meglio evidenzia e tipicizza i materiali e le tecniche costruttive più in uso in un
determinato luogo è sicuramente quella rurale. I materiali impiegati sono il legame più stretto con l’ambiente
Testo approvato
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ed il paesaggio circostanti in quanto sono prodotti per lo più locali e quindi rispondenti alle gamme
cromatiche presenti nell’ambiente naturale di cornice. Tale legame, tra materiali e luogo, è facilmente
riconoscibile anche nel territorio di Castelvetro dove le strutture murarie sono caratterizzate da due tipici
materiali: la pietra nella zona dell’alta collina ed il laterizio in pianura e nella bassa collina, ove sono presenti
anche i resti di alcune fornaci. Evidentemente la distinzione non è così netta poiché, qualora la pietra non sia
di buona qualità è sostituita dal laterizio, almeno nelle parti strutturali più significative. Viceversa, nelle zone
prossime ai torrenti ove la pietra è facilmente reperibile e di ottima tenacità, poiché solo le varietà più dure e
compatte e quindi a grana fine e con elevato peso specifico, giungono a quote basse, le strutture murarie
vengono realizzate con le pietre fluitate, contraddistinte da profili arrotondati tipici dei ciottoli di fiume.
Il mattone è, in assenza di pietra, l’elemento essenziale dell’edilizia presentando inoltre il vantaggio
di essere squadrato e di avere una buona capacità portante. La tegola di copertura in laterizio, ampiamente
utilizzata anche nelle costruzioni in pietra, ha forma di coppo concavo. Il ciclo di lavorazione dei laterizi
durava circa una anno durante il quale il materiale argilloso estratto durante l’estate veniva dapprima esposto
all’aria tutto l’inverno per favorire l’azione del gelo che ne aumentava notevolmente il volume,
secondariamente veniva modellato in piccole “casseformi” di legno, rettangolari e senza fondo, poi, i mattoni
così modellati venivano essiccati prima di essere collocati nei forni per evitare deformazioni causate da una
rapida cottura, infine venivano accatastati su dei piani in legno entro stanze, riparati dal sole per un periodo
variabile di 5-10 giorni.
Nelle costruzioni rurali riveste notevole importanza anche il legno, il quale, grazie alle sue
caratteristiche di elasticità, robustezza e leggerezza veniva utilizzato sia per le strutture orizzontali che come
sostegno delle coperture, formato da una fitta rete di travi in essenze locali quali quercia o pino. Il sistema di
copertura più diffuso, almeno sino alle soglie del XX° secolo, era quello a due spioventi poiché distribuiva i
carichi in modo diretto ed aveva il vantaggio di non sottrarre spazio utile.
Gli infissi lignei presenti nelle finestre delle costruzioni rurali non sempre sono coevi all’edificio, ma
si può comunque dire che in origine erano per lo più realizzati con essenze resinose quali il Pino Silvestre.
Le malte impiegate erano prevalentemente realizzate in calce magra, contenente grosse percentuali di
sabbie grossolonamente vagliate, facilmente sfaldabile ed erodibile tanto che oggi in certe murature la pietra
è in risalto rispetto al legante.
1.2.1. Le fondazioni.
Negli edifici rurali, le fondazioni, intese nel senso moderno, spesso non esistono e le murature
portanti poggiano direttamente sul terreno, da cui possono essere separate da uno strato di coccio pesto.
Quando sono presenti, le fondazioni sono per lo più di tipo continuo o, nel migliore dei casi, sono
realizzate mediante l’uso di piloni ed archi in muratura.
Testo approvato
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Qualora il terreno dimostri buona consistenza vengono impiegate fondazioni di tipo continuo che,
usualmente, sono profonde almeno la sesta parte dell’altezza dell’edificio: se il fabbricato non supera i 6 ml.
di altezza in gronda, le fondazioni sono comprese tra 1 e 1,5 m di altezza in profondità. Come scrive il Cervi
“Il profilo delle fondazioni è spesso a sacco, con base allargata, in modo da poter meglio distribuire i
carichi. Più raramente all’interno della trincea di fondazione veniva stesa una soletta a spessore variabile di
muratura eterogenea che dava maggiori garanzie statiche”. Nei fabbricati ove si è potuto per ragioni
economiche privilegiare un discorso di qualità e di durata, si possono trovare fondazioni murate a mano con
mattoni ordinatamente disposti e con leganti che, posati in opera a regola d’arte, hanno saturato ogni
possibile cavità presente. Qualora si sia dovuti intervenire contenendo i costi le fondazioni, se presenti, sono
murate a mano con sassi o rottami di mattoni e malta di calce e sabbia.
Nel caso in cui il terreno non presenti una buona portanza si possono trovare fondazioni a piloni,
generalmente a base quadrata, che sono stati spinti fino a trovare un terreno di adeguata resistenza. Tali
piloni, di larghezza maggiore dello spessore del muro soprastante di almeno 4 cm circa per ogni lato,
fungono da base per gli archi di scarico a pieno sesto aventi la larghezza del muro soprastante che dovranno
reggere. L’estradosso dell’arco di scarico raggiunge la quota di un piede, pari a cm 38, al di sotto del piano di
campagna.
1.2.2. Le strutture murarie.
Le strutture murarie sono realizzate prevalentemente in mattoni di laterizio cotti, tranne per alcuni
fabbricati della zona più alta del territorio comunale e dell’ambito fluviale ove si riscontra anche l’uso della
pietra. Gli spessori murari più usati nelle costruzioni rurali sono: mezza testa per partizioni interne non
portanti; una testa per chiusure perimetrali o per partizioni interne portanti; una costa o due teste per chiusure
perimetrali o setti interni entrambi portanti, soprattutto al piano terra. Difficilmente si trovano spessori
murari maggiori, sia nei fabbricati a destinazione residenziale che negli annessi, se non quando la muratura è
costituita anche da ciottoli di fiume o pietrame vario oppure quando ci si trova alla base di edifici di altezza
superiore alla media come accade nella zona più pianeggiante.
I pilastri, realizzati in mattoni e prevalentemente sezione quadrata, sono usualmente dei seguenti tipi:
di due teste di lato per realizzare sostegni intermedi nelle stalle; di tre teste di lato per realizzare sostegni
perimetrali od intermedi di stalle o fienili; di quattro teste di lato per realizzare sostegni perimetrali di
maggiore altezza od a sezione rettangolare; di una testa per due teste, oppure di due teste per tre teste, per
realizzare sostegni intermedi nelle stalle; di due teste per tre teste per realizzare sostegni perimetrali di
portici; oppure a sezione circolare soprattutto per realizzare sostegni intermedi nelle stalle. I pilastri o
colonne tonde sono realizzati con laterizi fatti appositamente a settore circolare od a settore di corona
circolare e possono essere sagramati, più difficilmente intonacati.
Testo approvato
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Prospetto e veduta assonometrica di una muratura a due teste e di una muratura mista pietra-mattoni (Zaffagnini, 1997).
Prospetto e veduta assonometrica nel nodo di congiunzione con la muratura portante di pareti di divisione interna e di
tamponamento del portico; soluzione con mattoni posati di costa secondo una disposizione orizzontale e soluzione con mattoni
posati di costa secondo una disposizione diagonale o a lisca di pesce (Zaffagnini, 1997).
Testo approvato
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Pilastro in laterizio a sezione quadrata a due teste; pilastro in laterizio a sezione quadrata a tre teste;
colonna in laterizio a sezione circolare (Zaffagnini, 1997).
I mattoni in laterizio vengono impiegati anche negli archi caratterizzanti talora i portici antistanti le
stalle, le porte morte o le aperture delle porte principali di accesso alle abitazioni. I tratti di muro su cui gli
archi poggiano sono spesso arricchiti da paraste esterne, semplici o binate, ed a volte da cornici orizzontali in
cotto che nobilitano l’aspetto architettonico del fabbricato. Per realizzare gli archi nelle murature ad una testa
è sufficiente una centinatura lignea semplice, mentre in quelle a due o tre teste si deve realizzare una
centinatura doppia; per spessori murari maggiori è necessario approntare una centinatura tripla. Il legante
utilizzato nella realizzazione di questi elementi decorativi era usualmente malta di calce e gesso affinchè il
ritiro della calce fosse compensato dalla dilatazione del gesso durante la presa e l’indurimento. Sopra l’arco
si realizzava la “spianatura”, ossia si disponeva la muratura sull’estradosso in modo da ricollegarla ai corsi
orizzontali della muratura adiacente e realizzare nuovi orizzontamenti.
Testo approvato
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Tipica centinatura in legno per archi su muro a due teste (Zaffagnini, 1997).
Similmente agli archi, anche le volte venivano realizzate, mediante l’impiego di centinature lignee,
in mattoni di laterizio ed avevano usualmente lo spessore di un mattone in foglio o di una testa ed il
riempimento in frammenti di mattone. La malta generalmente utilizzata era nuovamente composta se non
totalmente, almeno in parte, da gesso, in modo tale, vista la rapida presa del materiale, da avere una rapida
esecuzione. Il gesso inoltre, indurendosi tende a gonfiarsi, pertanto aumenta il contrasto fra mattone e
mattone migliorando la solidità della struttura. Nei locali stretti e lunghi, come la corsia centrale e le
sequenze delle poste nelle stalle, la volta che più frequentemente si trova è quella a botte per la facilità
d’esecuzione. Essa, spesso ad arco ribassato, è opportunamente dotata di catene di ferro in corrispondenza
dei pilastrini centrali e presenta i mattoni disposti in filari paralleli alle imposte, a spina di pesce o
perpendicolari alle linee d’imposta. L’uso delle volte nelle stalle sembra comunque essere abbastanza recente
in quanto le più antiche presentano superiormente un solaio ligneo: ciò è dovuto forse a ragioni sia igieniche
che di sicurezza dati i rilevanti carichi trasmessi dal fienile superiore. Nei portici od all’interno delle ville è
possibile trovare anche volte a crociera arricchite o meno da archi di scarico.
Testo approvato
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Volta a botte con mattoni disposti in filari paralleli alle imposte e voltina a botte con mattoni disposti in filari paralleli alle imposte
(Zaffagnini, 1997)
Volta a crociera senza archi di scarico e con mattoni disposti parallelamente alla generatrice (Zaffagnini, 1997)
Tra le strutture murarie è necessario citare anche le alette frangifuoco e le gelosie o frangisole. Le
prime, dette anche pareti tagliafuoco, presenti nei complessi ad elementi giustapposti, sono pareti divisorie
Testo approvato
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tra l’abitazione e la stalla-fienile, che, emergendo sul tetto e lateralmente sotto lo sporto di gronda,
costituiscono elemento di sicurezza al propagarsi delle fiamme. Realizzate in mattoni a due teste, esse
interrompono la continuità della struttura lignea della copertura e quindi di fatto ostacolano il diffondersi di
un eventuale incendio dal fienile alla parte abitativa del complesso.
I frangisole, o muri diaframma, caratterizzano spesso le chiusure aeranti dei fienili e costituiscono il
riempimento talvolta di medie e grandi aperture, talaltra di intere campiture parietali compresetra i pochi
pilastri che reggono la copertura. I mattoni sono disposti nei modi più vari: “per piano” o “per coltello”,
orizzontali, verticali o inclinati; creando composizioni semplici come a scacchiera, oppure più elaborate quali
a triangoli, a losanghe ed a disegni vari.
1.2.3. Le coperture.
La quasi totalità dei complessi rurali considerati beni di interesse storico, culturale,
ambientale e paesaggistico oggi ancora presenti sul territorio presentano usualmente copertura in coppi,
tegole curve, di laterizio sorretta da strutture in legno.
Le forme adottate sono le più svariate, sebbene fondamentalmente riconducibili ai tipi di base del
“padiglione” (tetto a quattro falde), della “capanna” (tetto a due falde), che per la sua semplicità è quello
maggiormente usato, e misto fra i due precedenti (tetto a tre falde). Le varianti ai tipi più usuali sono
generate dall’articolazione volumetrica dell’edificio quale risulta dalla sua impostazione iniziale o dal suo
sviluppo nel tempo, come più spesso avviene.
La scelta di una tipologia di copertura anziché un’altra dipende, anche se non esclusivamente, dalla
forma dell’edificio e dalla sua configurazione planimetrica: se questa è compatta e tende al quadrato la
copertura sarà tendenzialmente a padiglione, se è allungata sarà più probabilmente a due falde.
Testo approvato
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Repertorio della morfologia delle coperture negli edifici rurali (Zaffagnini, 1997)
La struttura originaria della copertura era lignea sia per la grossa orditura (capriate, travi di colmo,
catene, puntoni, cantonali, colonnelli, arcarecci, terzere, corone) che per l’orditura secondaria (correnti,
travetti o biscantieri) ed il tavolato (lambrecchie) sul quale appoggiavano i coppi in laterizio. La sezione
della grossa orditura variava da quadrata a rettangolare a seconda dell’essenza usata e della dimensione, e
quindi del peso, della copertura.
Nelle coperture a padiglione gli arcarecci e le corone erano disposte orizzontalmente rispetto alla
pendenza del coperto, portavano i correnti o travetti, detti biscantieri, disposti con andamento parallelo alla
pendenza del tetto ed aventi in genere la sezione irregolare di un giovane tronco appena sbozzato. Questi
ultimi poggiavano, all’esterno, sulla muratura da cui fuoriuscivano di circa 50 cm per reggere lo sporto con
un terminale grezzamente intagliato a creare una mensola.
Testo approvato
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Pianta di una struttura di copertura a padiglione (Zaffagnini, 1997)
Sui correnti o travetti venivano a loro volta inchiodate le lambrecchie, cortecce di pioppo od altra
essenza facilmente reperibile, sotto forma di tavole dai contorni irregolari di circa 230 cm di lunghezza e 25
cm di larghezza. Su queste ultime venivano posati i coppi in laterizio.
Particolare della copertura lambrecchiata (Zaffagnini, 1997)
Nelle costruzioni un po’ più recenti è possibile trovare, nelle camere al primo piano, la presenza di
“controsoffittature” realizzate fissando ai travetti dell’arellato, poi intonacato, disposto parallelamente ai
correnti e compreso tra l’orditura del tetto che rimaneva di conseguenza a vista. Si veniva così a creare una
sottile intercapedine sotto le lambrecchie che contribuiva, anche se in misura alquanto contenuta, a limitare
gli scambi termici tra interno ed esterno.
La copertura a capanna presenta un manto sempre in coppi ed una struttura lignea simile a quella del
tetto a padiglione, ma molto più semplice: i muri portanti sono in genere quelli trasversali e la struttura può
Testo approvato
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Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
essere costituita da sole terzere; se invece i muri portanti sono quelli longitudinali si ricorre a capriate poste
tra loro ad una distanza non superiore ai 4-5 m, sulle quali poggiano le terzere.
Tipica soluzione strutturale di una copertura a due falde con colmo longitudinale in un edificio ad elementi giustapposti: a. per la
parte abitativa dell’edificio; b. per la stalla-fienile (Zaffagnini, 1997)
Tavolato privo di struttura secondaria: ordito in modo perpendicolare alle terzere (Zaffagnini, 1997)
Tavolato dotato di struttura secondaria: ordito in modo parallelo alle terzere (Zaffagnini, 1997)
Testo approvato
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Sezioni delle travi di sporto (“Le case sparse. Ricerca storica e censimento degli edifici in zona rurale a Campogalliano, 1991)
1.2.4. I solai.
Come le coperture, anche i solai erano in origine in legno e presentavano una struttura principale
costituita da travi a sezione rettangolare della dimensione di circa 28,5 x 31 cm oppure di 31 x 38 cm; una
struttura secondaria caratterizzata da travetti aventi sezione quadrata di circa 12,5 cm di lato e posti ad un
interasse di circa 60-65 cm; e, infine, un tavolato in pioppo dello spessore di circa 3 cm che veniva
inchiodato sui travetti.
Dato il forte carico del fienile soprastante, nel corso dei decenni il solaio delle stalle, poi anche
quello delle abitazioni, è stato modificato infittendo i travetti ad un interasse variabile tra i 28,5 cm ed i 38
cm, e sostituendo l’assito di pioppo con comuni mattoni o con apposite tavelle.
Testo approvato
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Particolare di solai: a. con struttura e tavolato in legno tipico delle case rurali; b. con struttura in legno e comuni mattoni al posto
del tavolato tipico delle stalle più antiche (Zaffagnini, 1997)
Nelle case rurali e nei loro accessori i solai erano in genere inferiormente lasciati a vista, anche dse
grezzi e privi di qualsiasi opera di rifinitura. Non è comunque insolito, in certi ambienti del piano terra,
trovarli nascosti dietro un arellato intonacato simile a quello usato sotto le coperture. Disposto
orizzontalmente, l’arellato veniva direttamente fissato ai travetti lasciando in vista l’orditura principale
oppure ricopriva anche le travi principali denunciandone la presenza con un semplice rivestimento delle
facce esposte.
Controsoffitto in arellato, celato sotto un solaio in legno (Zaffagnini, 1997)
Il portico e la cucina sono inoltre talvolta soffittati da una volta molto ribassata e leggera realizzata in
arelle nascondente alla vista completamente l’orditura del solaio.
Particolare di voltine in laterizio su putrelle in ferro, tipica delle stalle di inizio secolo (Zaffagnini, 1997)
Testo approvato
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1.2.5. Le pavimentazioni.
La pavimentazione tradizionale è in cotto, con l’uso prevalente di mattoni comuni, sebbene si
logorino facilmente, generando polvere ed abbiano un aspetto non molto decoroso. Altri tipi di
pavimentazioni, come la terra battuta ed i ciottoli, venivano utilizzate soprattutto per logge, portici, fienili o
cantine, queste ultime in genere poste ad una quota più bassa del pavimento interno della casa ed anche del
piano di campagna di almeno un gradino.
La posa degli elementi in laterizio avveniva differentemente a piano terra ed al piano superiore: nel
primo caso il cotto veniva posato sopra uno strato di ghiaia di circa 15-20 cm legata con calce oppure su uno
strato di pezzi di laterizi mescolati a sabbia dello spessore di circa 10 cm; nel secondo la pavimentazione
veniva posta su di un sottofondo di almeno 4 cm di calce idraulica e sabbia posto sopra il tavolato. Nelle
abitazioni più modeste comunque il tavolato del solaio fungeva esso stesso da pavimento.
Differenti disposizioni dei mattoni in cotto potevano creare disegni diversi: quelli più frequenti
comunque erano basati sulla disposizione alternata, in diagonale, a spina di pesce.
Particolare cura veniva usata nelle pavimentazioni delle stalle che, rigorosamente in cotto, venivano
arricchite da numerosi pezzi speciali sempre in laterizio: elementi di cunetta per la raccolta dei liquami posti
ai lati della corsia centrale lungo il gradino delle poste, mangiatoie ed altri.
1.2.6. Le scale.
La scala è tendenzialmente interna ad eccezione dei casi già precedentemente citati nella descrizione
delle tipologie, ossia dei complessi edilizi originatisi dall’evoluzione di una casa torre e quindi collocati nelle
parti geograficamente più alte del territorio. Ad una o due rampe le scale di più antico impianto sono in legno
e spesso molto ripide al fine di non rubare spazio utile agli altri vani. Indipendentemente dal materiale con
cui sono state realizzate esse presentano comunque una larghezza abbastanza limitata di circa 70 cm ed
occupano per lo più una posizione centrale.
1.2.7. Le aperture ed i serramenti.
Nelle costruzioni più antiche o più povere le porte d’ingresso sono usualmente ad architrave
orizzontale in legno od a piattabanda, mentre nei fabbricati un po’ più recenti si possono trovare soluzioni
esteticamente più ricercate come l’arco a pieno sesto con una lunetta in ferro battuto in corrispondenza derlla
parte superiore semicircolare oppure con arco a sesto ribassato.
Testo approvato
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Repertorio schematico di soluzioni di aperture ad uso porta di ingresso: con architrave, piattabanda, arco a pieno sesto ed arco
ribassato (Zaffagnini, 1997)
Disegno di un tipo di porta (“Le case sparse. Ricerca storica e censimento degli edifici in zona rurale a Campogalliano”, 1991)
Le finestre, di dimensioni alquanto modeste rispetto agli standard abitativi odierni, erano di forma
rettangolare con una larghezza di circa 70 cm ed un’altezza pari a circa 100 cm, ed in genere al piano terra
munite di inferriate. Per ragioni economiche erano inoltre usualmente assenti i bancali posti a coronamento
del parapetto e gli sguinci all’interno, al fine di consentire una migliore diffusione della luce naturale erano
assenti nelle murature ad una testa, ma presenti in quelle a due o più teste.
Altre tipologie di aperture presenti nei complessi rurali sono: aperture rettangolari o delimitate
superiormente da archi ribassati per i magazzini degli attrezzi o per le cantine; aperture rettangolari o
delimitate superiormente da archi a pieno sesto o ribassati per le stalle, soprattutto se coperte a volte; lunette
o finestre quadrate o rettangolari per l’illuminazione e la ventilazione delle poste nelle stalle.
Testo approvato
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Repertorio schematico di soluzioni di aperture ad uso finestra, con architravi in legno, piattabande o archi in mattoni (Zaffagnini,
1997)
I serramenti sono usualmente in legno accompagnati dall’uso del ferro in particolari casi come per le
cancellate. Le porte d’ingresso e le finestre della parte abitativa sono sempre in legno, magari differenziando
l’essenza tra infissi di protezione esterni e telai dei vetri interni ai fini di una migliore resistenza agli agenti
atmosferici. Gli scuri esterni, assenti nelle costruzioni più antiche, possono essere montati od in luce ed a filo
esterno del muropresentando così una migliore tenuta all’acqua, oppure parzialmente in luce con battuta
esterna, soluzione quest’ultima di più facile realizzazione soprattutto se la muratura esterna non è intonacata.
Testo approvato
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Disegno di una finestra tipo (“Le case sparse. Ricerca storica e censimento degli edifici in zona rurale a Campogalliano”, 1991)
1.2.8. Gli intonaci.
Numerosi sono gli studiosi che sostengono che gli edifici rurali non fossero in origine, per ragioni
economiche, intonacati all’esterno, ma il dubbio permane in quanto analisi dirette condotte sui fabbricati
hanno portato a supporne l’esistenza. Le tracce trovate nelle zone più protette degli edifici ora in muratura a
faccia a vista, come nelle parti superiori delle murature perimetrali subito sotto lo sporto di gronda, fanno
supporre che l’intonaco esterno potrebbe essersi distaccato per effetto congiunto dell’azione degli agenti
atmosferici e della mancata manutenzione. In ambito modenese frequenti erano i fabbricati intonacati
esternamente con intonaco di malta di calce (comune od idraulica) tinteggiato a calce, o per lo meno tinti
direttamente, nei colori del bianco, del rosa sporco, del giallo o nelle gamme cromatiche del rosso mattone.
All’interno gli intonaci usati erano: intonaci di malta e gesso (per le pareti) ed intonaci di malta
bastarda di calce e gesso (specialmente per soffitti arellati)
Testo approvato
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2. CENSIMENTO DEL PATRIMONIO EDILIZIO IN TERRITORIO
EXTRAURBANO DI VALORE STORICO-MONUMENTALE E STORICOAMBIENTALE.
Gli edifici rilevanti per caratteri architettonici od artistici, in genere esempi d’edilizia signorile villepalazzo d’impronta ed estrazione urbana e colta, torri legate alla funzione di controllo del territorio, oppure
case-torri, tipologia ricorrente dell’insediamento collinare, segno del passaggio dalla dimora fortificata alla
casa rurale, sono patrimonio edilizio di valore storico monumentale e sottoposti a disciplina conservativa A.1
oppure A.2a o A.2b, così come indicato coi relativi simboli A.1, A.2a ed A.2b nelle tavole denominate
“Mappa della tutela e dei vincoli” e “Mappa della tutela e dei vincoli e delle destinazioni d’uso” del PRG
vigente.
Gli edifici invece, sparsi sul territorio e funzionali, almeno in origine, alla conduzione del fondo, che
hanno conservato, più o meno inalterati, la composizione architettonica e l’impianto tipologico originari,
costituiscono patrimonio edilizio di valore storico-ambientale e sono sottoposti anch’essi a disciplina
conservativa, con la possibilità di poter intervenire con la categoria d’intervento A.3 o A2c (ristrutturazione
edilizia e ripristino tipologico) ai sensi della L.R.47/78, così come indicato con un cerchio arancio ed il
simbolo A3 nelle tavole denominate “Mappa della tutela e dei vincoli” e “Mappa della tutela e dei vincoli e
delle destinazioni d’uso” del PRG vigente.
L’abaco tipologico, che racchiude i più diffusi tipi edilizi presenti in area, costituirà la base di
riferimento e di confronto per la valutazione di ciascun intervento. Nel caso di tipologie miste, o fortemente
alterate da interventi che hanno modificato i tratti originari, nella redazione della scheda di seguito allegata,
dovranno essere scelti i tipi omologhi, più rispondenti ai caratteri dell’edificio. In questo caso il progetto
potrà ristrutturare le preesistenze con un maggior grado di libertà, in ogni caso, valorizzando quei tratti
distintivi superstiti.
Limitatamente a quegli edifici, o loro parti, che ancora conservano una loro riconoscibilità
tipologica, il progetto dovrà riferirsi al tipo edilizio di riferimento e tendere alla ricostituzione dei suoi
caratteri distintivi.
Per tutti gli edifici di valore storico-monumentale e di valore storico-ambientale è stata predisposta
una metodologia di rilevamento mediante una scheda tecnico-descrittiva, il cui modello è di seguito illustrato
ed allegato, ed una serie d’elaborati, anch’essi di seguito spiegati, la cui compilazione deve essere effettuata
per ogni complesso oggetto d’intervento edilizio e debitamente asseverata.
Testo approvato
40
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
La scheda e gli ulteriori elaborati d’approfondimento, i quali contengono informazioni
sull’ubicazione dell’immobile, sulle caratteristiche tipologiche e strutturali, sulla presenza o meno di caratteri
decorativi, su eventuali dati storici e sullo stato di conservazione, deve essere sottoscritta da un tecnico
abilitato incaricato dal proprietario o dai soggetti aventi titolo all’intervento edilizio.
2.1. Norme per la compilazione delle schede di catalogazione architettonica.
Scheda soggetta ad asseverazione ai sensi di legge da parte di tecnico abilitato.
•
Scheda n.
Numero assegnato a ciascuna scheda secondo l’ordine progressivo riferito all’intero territorio comunale.
•
Data di Rilevazione
Mese e anno in cui il Tecnico incaricato effettua la rilevazione
•
Tecnico compilatore
Nome, cognome e titolo del tecnico incaricato della rilevazione.
LOCALIZZAZIONE
•
Località
Denominazione della Località, così come indicato all’interno dei fascicoli pubblicati dall’ISTAT inerenti al
censimento della popolazione delle abitazioni e dell’industria, in cui è situato il bene, se questa risulta essere
diversa dal centro capoluogo. La denominazione deve essere riportata senza alcuna abbreviazione.
•
Ubicazione
Dati riguardanti gli spazi viabilistici pubblici e d’uso pubblico sui quali prospetta il complesso od il bene
architettonico. La determinazione dell’ubicazione deve essere completata con le indicazioni numeriche
connesse alla rete viaria (numeri civici o progressione chilometrica).
Dovrà essere riportato il toponimo, senza alcuna abbreviazione, con cui è indicato dall’Amministrazione
Comunale lo spazio viabilistico sul quale prospetta il complesso od il bene architettonico, seguito dai numeri
e/o lettere, assegnati sempre dalla civica Amministrazione, agli accessi dello spazio viabilistico. Nel caso in
cui siano presenti più numeri civici, questi devono essere riportati seguendo l’ordine in cui sono letti da
sinistra a destra.
Testo approvato
41
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
•
Toponimo CTR – 1996
Nome proprio del complesso o del bene architettonico, quando esista, secondo la Carta Tecnica Regionale in
scala 1:5000 del 1996 e futuri aggiornamenti.
•
Rif. Catastali
Dati necessari per l’individuazione del bene all’interno della ripartizione catastale: numero del foglio
catastale ed elenco dei numeri, o lettere dei mappali, in cui ricade la particella o le particelle relative al bene,
nonché, per esteso l’eventuale toponimo, anche se diverso da quello riportato nella C.T.R..
•
Sezione di censimento dell’ultimo censimento della popolazione e delle abitazioni.
Sezione censuaria al cui interno è collocato il complesso od il bene architettonico.
•
Estratto C.T.R. 1:5000
Estratto dell’ultimo aggiornamento della Carta Tecnica Regionale con individuazione del bene. Dovrà essere
riportato il numero ed il toponimo che contraddistinguono l’elemento della C.T.R., seguito dall’anno di
aggiornamento della stessa.
•
Estratto del P.R.G., Mappa della Tutela e dei Vincoli, 1:5000
Estratto dell’ultimo aggiornamento della Mappa suddetta, per un adeguato intorno utile a comprendere
l’assetto paesaggistico, con individuazione del bene.
SISTEMA URBANISTICO, TERRITORIALE ED AMBIENTALE DI RIFERIMENTO
•
Caratteri ambientali
Descrizione delle correlazioni ambientali esistenti tra il complesso e/o il bene architettonico e l’ambiente
naturale o antropico in cui è inserito. S’ illustrerà l’ambiente naturale che inquadra il complesso od il bene
architettonico, descrivendo brevemente forme e caratteristiche degli spazi che lo circondano e ne
condizionano la presenza.
•
Morfologia
Descrizione della situazione morfologica dell’ambiente in cui il complesso od il bene architettonico è
inserito (a terrazzamenti, di crinale, di versante, di pianura, di fondovalle,…);
•
Vegetazione e colture del contesto circostante
Descrizione dell’ambiente che circonda il complesso o il bene architettonico, attraverso
l’elencazione delle principali caratteristiche. Le informazioni inerenti la descrizione delle
caratteristiche ambientali ( colture specializzate, formazioni boschive, formazioni di conifere,
frutteti, pioppeti, prati, vigneti, zone acquitrinose, zone cespugliate,…) potranno essere rilevate da
Testo approvato
42
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
fonti di tipo cartografico (come ad esempio le carte dell’uso del suolo, delle unità ambientali,…) e/o
da indagini sul luogo.
•
Unità di paesaggio
Informazioni inerenti l’appartenenza ad una specifica unità di paesaggio di rango comunale,
individuata dal PRG., del sito sul quale è localizzato il bene catalogato.
•
Correlazioni urbanistiche
Descrizione sintetica della posizione del complesso o del bene architettonico rispetto alla più generale
situazione territoriale. Si descriveranno i rapporti d’interdipendenza con i centri ed i nuclei abitati prossimi o
lontani, ponendo particolare attenzione alle relazioni intercorrenti tra il sito su cui insiste il complesso, od il
bene architettonico ed i collegamenti viabilistici ed i nodi funzionali territoriali, specificando il grado
d’accessibilità, in rapporto all’area su cui insiste il complesso o il bene architettonico. All’occorrenza, si
dovrà fare riferimento all’eventuale permanenza d’impianti infrastrutturali d’interesse storico che possono
aver condizionato la morfologia e la funzione dell’area edificata stessa.
Dovrà essere segnalata la presenza di elementi significativi, caratterizzanti e di disturbo, in rapporto
funzionale e/o visivo con l’insediamento: canali di servizio ai mulini, filari di alberi lungo le carrarecce che
collegano l’insediamento al fondo, tralicci dell’alta tensione, pilastrini votivi,…
•
Reti tecnologiche e utenze
Descrizione sintetica degli impianti tecnologici a rete che servono il complesso od il bene architettonico.
Tipologia reti tecnologiche:
- strada principale: bianca od asfaltata;
- pubblica illuminazione;
- energia elettrica: Enel o generatore;
- telefono;
- acqua: acquedotto o pozzo;
- rifiuti solidi urbani: raccolta comunale e/o compostaggio;
- reflui: fognatura acque bianche, fognatura acque nere, fossa biologica, direttamente in corsi
d’acqua, dispersione,…;
- calore: gasolio, metano, legna, collettori solari,…;
- fonti bioenergetiche: legna, pannelli solari,…
FISIONOMIA DELL’AREA EDIFICATA
•
Caratteri architettonici e tipologici dello stato attuale
Testo approvato
43
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
Estratto di C.T.R., ultimo aggiornamento, ingrandito alla scala di 1:2000 del complesso e/o del bene
architettonico in cui si dovrà indicare con una lettera colorata, la destinazione d’uso dei componenti il
complesso:
A) abitazione; B) barchessa o casella; C) fienile; D) stalla; E) servizi alla residenza; F) pollaio; G) porcilaia;
H) altro.
•
Tipologia
Indicazione sintetica della tipologia aggregativa originaria e di quella attuale del complesso e/o del bene
architettonico, avendo a riferimento l’abaco delle tipologie di cui al presente allegato: complesso signorile,
casa isolata, complesso a corte aperta di tipo modenese, complesso a corte aperta di tipo bolognese,
complesso a corte chiusa, complesso a torre, borghetto.
•
Vincoli
Dati relativi alla presenza di vincoli diretti e/o indiretti posti sul complesso e/o sul bene architettonico in
esame ai sensi delle leggi in vigore.
•
Legge
Identificazione della legge ai cui sensi vige il vincolo sul complesso e/o il bene catalogato, nella
forma L. numero/anno (per es. L.1089/39, L.1497/39, L.431/85,…).
•
Estensione
Indivazione dell’estensione del vincolo di cui alla legge in rapporto al complesso e/o bene
catalogato. Nel caso di bene complesso saranno indicati i componenti assogettati a regime
vincolistico specificando il tipo di estensione in successione (per esempio: nel caso di bene
complesso con vincolo riguardante l’intero insediamento, -estensione totale-; nel caso di bene
complesso con vincolo riguardante solo alcuni componenti dell’insediamento, - casa padronale
estensione totale// casa dei salariati estensione parziale// barchessa, - estensione totale-; nel caso di
bene individuo con vincolo riguardante l’intero edificio, - estensione totale-; nel caso di bene
individuo con vincolo riguardante solamente alcune parti dell’edificio, - estensione parziale -).
•
Vincoli altre amministrazioni
Nella voce vincoli altre amministrazioni dovranno altresì essere riportati i dati relativi alla eventuale
presenza di vincoli derivanti da leggi regionali, oltre che da disposizioni di enti pubblici o servitù,
ecc. (per esempio: PTCP art.25 “Zone di tutela naturalistica”; PTCP art.21b “Elementi di tutela
dell’impianto storico della centuriazione”, ecc.)
•
Caratteri ambientali
•
Elementi artificiali di pregio e non
Testo approvato
44
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
Descrizione sintetica riguardante i caratteri artificiali dell’area edificata con riferimento alle
testimonianze e alle trasformazioni legate all’attività antropica. Si descriverà l’area edificata, così come
si presenta allo stato attuale, fornendo indicazioni relative alla permanenza di elementi di arredo storici
quali: viale d’accesso, aia lastricata, concimaia, pozzo, fontana, forno, ghiacciaia,…
•
Elementi vegetazionali di pregio e non
Descrizione sintetica riguardante i caratteri naturalistici dell’area edificata dal punto di vista
vegetazionale. In particolare si darà notizia di organizzazioni a verde particolarmente significative per la
definizione delle caratteristiche insediative storiche dell’area edificata quali: siepi di recinzione, alberi in
filare, sistemazione a giardino, elementi naturalistici di pregio, canali, argini, residuo di vecchio giardino,
gruppi di alberi, boschi,…
•
Recinzioni
Descrizione sintetica degli elementi artificiali di pregio e non (recinzioni) su cui sono attestati i confini
fisici delle aree di pertinenza sulle quali insiste il bene catalogato: pilastrini d’ingresso, cancello in ferro
battuto originale, cancello automatico o non, recinzione in rete metallica, recinzione con muretto e
pannelli in ferro battuto originali, recinzione con muretto e rete metallica,...
Ogni elemento di recinzione sarà individuato rispetto all’orientamento cardinale.
INDAGINE STORICA
Le informazioni relative alla datazione del nucleo e dei suoi elementi (al 1800, al 1850, al 1900, al 1950,…),
saranno desunte esclusivamente per comparazione tra le seguenti cartografie storiche di cui si dovranno
allegare gli estratti: carta catastale di primo impianto risalente all’ultimo decennio del XIX secolo, carta
catastale di metà del XX secolo, Carta IGM di primo impianto, suo aggiornamento degli anni ’30, carta
catastale attuale, C.T.R. ultimo aggiornamento. Qualora risultassero significative per l’evoluzione del
complesso e/o del bene architettonico in esame, ulteriori cartografie storiche o fotografie aeree, se ne dovrà
fornire un estratto.
Su tali estratti catastali, si dovranno mettere in evidenza in rosso le strutture modificate o nuove ed in giallo
le strutture demolite rispetto alla datazione precedente.
Sulla cartografia Tecnica Regionale, ingrandita al 2000, dovrà essere rappresentata con un poligono di colore
verde l’area di pertinenza del complesso e/o del bene architettonico desunta dall’analisi delle carte storiche.
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DEL COMPLESSO E/O DEL BENE ARCHITETTONICO
Vedute d’insieme a colori del complesso e/o del bene architettonico su tutti i fronti.
Testo approvato
45
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
Dovranno essere realizzate fotografie a colori che testimonino il contesto ambientale in cui, lo stesso, si trova
a conferma di quanto dichiarato precedentemente, pertanto, dovranno essere colti quei punti di vista
principali (strade panoramiche, poggi, da altri punti significativi) in grado di verificare sia la situazione
attuale del bene, in rapporto al paesaggio, sia gli effetti della trasformazione proposta.
Su di un estratto di C.T.R. al 5000 od al 2000 si dovranno segnare i punti di ripresa fotografica specificando
a quale immagine ognuno di essi si riferisca.
Per ogni manufatto architettonico costituente il complesso e/o bene edilizio si dovrà compilare la parte
seguente della scheda.
OGGETTO EDILIZIO TIPO “X”
Si dovrà indicare il bene componente il complesso edilizio con la lettera indicante la destinazione d’uso
attuale di cui ai “Caratteri architettonici e tipologici dello stato attuale ”.
•
Tipo
Individuazione della tipologia architettonica alla quale può essere riferito il bene catalogato: abitazione,
barchessa o casella, fienile, stalla, servizi alla residenza, pollaio, porcilaia, altro.
•
Destinazione d’uso originaria
Individuazione della destinazione d’uso originaria del bene architettonico: residenza civile, residenza rurale,
uso agricolo, uso extragricolo, edificio religioso, edificio militare/difensivo…
•
Destinazione d’uso attuale
Individuazione della destinazione d’uso attuale del bene architettonico: residenza civile, residenza rurale, uso
agricolo, uso extragricolo, edificio religioso, edificio militare, inutilizzato,…
DESCRIZIONE DEL BENE
•
Schema planimetrico
Testo approvato
46
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
Informazione che precisa lo schema e/o la forma della pianta al piano più significativo: il piano terra. Con
termine o locuzione sintetica si dovrà indicare la forma che è più direttamente associabile alla pianta
considerata: rettangolare, quadrata, a C, a H, a L, a T, a U,…
•
Suddivisione degli spazi in orizzontale
Indicazioni che precisano l’eventuale suddivisione in piani del bene architettonico.
•
N. piani
Indicazione del numero relativo ai piani fuori terra e/o interrati, caratterizzanti il bene catalogato.
•
Tipo dei piani ed altezze
Indicazione della successione di sigle che, partendo dal basso, elencano i vari piani che costituiscono
l’edificio (p. interrato, p.t., p.1, p. mezzanino, p. nobile, p. sottotetto,…) seguiti dalle rispettive
altezze nette.
•
Caratteristiche edilizie
Identificazione relativa alla tecnica ed ai materiali mediante i quali è stato realizzato il bene catalogato.
•
Fondazioni
Identificazione del tipo di fondazioni o sotto-murazioni componenti l’edificio e materiali usati.
•
Strutture verticali
Identificazione del tipo di struttura o dell’insieme delle strutture verticali componenti l’edificio con
descrizione del materiale o dei materiali (colonna in laterizio, muro di spina in laterizio, muro
portante in pietra naturale, pilastro in cls, in ferro, muratura di tipo misto,…)
•
Strutture orizzontali
Identificazione del tipo di struttura o dell’insieme delle strutture orizzontali componenti l’edificio
(solaio, volta a botte, volta a crociera, volta a vela,…) con specifica della tecnica costruttiva (a
volterrane, a voltine, in legno, in pietra artificiale,…)
•
Copertura
Indicazioni che precisano la tipologia strutturale (lombarda, piemontese, piana, a capanna, a quattro
falde, altra), della copertura del bene catalogato. Si dovrà indicare il tipo d’elementi portanti e
secondari (capriate in legno, orditura alla lombarda in legno, orditura alla piemontese in legno,
soletta in laterizio armato,…).
•
Manto di copertura
Descrizione del manto di copertura: coppo in laterizio, marsigliesi in laterizio, tegole di cemento,
eternit, tegole in cotto, lastre di pietra, di lamiere metalliche, di materiali plastici, scandole o assiti di
legno,…
•
Scale
Testo approvato
47
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
Descrizione della tipologia delle scale con riferimento alla tecnica costruttiva ed ai materiali anche di
finitura: scala in muratura a pozzo con gradini in cemento, scala a due rampe in muratura con pedate
in cotto, scala con struttura portante su volta a botte rampante in mattoni laterizi e gradini in pietra
serena, legno, in ferro…
•
Arredi fissi
Descrizione di elementi d’arredo fissi sia storici sia non, pertinenti e non, con il bene edilizio
catalogato: nicchie, camini, mangiatoie,…
•
Decorazioni
Descrizione sintetica di elementi decorativi quali: pitture (fregi sotto i solai di copertura all’esterno,
affreschi sotto i solai interni, affreschi su pareti, rosoni, …), nicchie votive con statue, stucchi,…
•
Elementi esterni caratterizzanti il bene
Descrizione sintetica di elementi funzionali e/o di decoro esterno: altana/colombaia, torre, portale,
balconi/terrazze, porticato/loggia, androne, porta morta, balchio/scala esterna, frangisole/gelosie,
abbaini, aletta frangifuoco, comignoli, ballatoi, zoccolatura, catene…
•
Elementi di finitura caratterizzanti il bene
Descrizione sintetica di elementi di finitura del bene catalogato: tipo di pavimentazione sia interna
che esterna, tipo di bancali, tipo di infissi interni ed esterni, presenza di grate protettive nelle
bucature, tipo di intonaco,…
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DEL BENE ARCHITETTONICO
Vedute d’insieme a colori del bene architettonico su tutti i fronti.
Dovranno essere realizzate fotografie a colori, sia all’interno che all’esterno, che testimonino la tipologia
edilizia, lo stato di conservazione del bene, gli elementi di pregio e di disturbo presenti nello stesso e
quant’altro concorra a testimoniare quanto precedentemente dichiarato.
Su di un estratto di C.T.R. al 5000 od al 2000 si dovranno segnare i punti di ripresa fotografica specificando
a quale immagine ognuno di essi si riferisca.
2.2. Norme per la stesura di ulteriori elaborati d’approfondimento accompagnatori le schede di
catalogazione architettonica.
La scheda, debitamente compilata, dovrà essere corredata degli elaborati grafici di seguito elencati e
descritti.
Testo approvato
48
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
•
Disegni di rilievo
•
Planimetria del complesso in scala 1:500 con indicazione della viabilità d’accesso, delle reti
tecnologiche ed energetiche esistenti;
•
Planimetria del complesso in scala 1:200 con indicazione e specificazione delle essenze arboree;
•
Planimetria del complesso in scala 1:200 con indicate le distanze dai confini, dalle strade, dalle zone
omogenee e tra i fabbricati;
•
Piante, prospetti e sezioni (almeno 2 per ogni edificio) in scala 1:50 (per edifici di grande dimensione
1:100) con quote geometriche ed altimetriche e, per ciascun locale, le destinazioni d’uso attuali e, se
possibile, originarie dei medesimi;
•
Piante, prospetti e sezioni (almeno 2 per ogni edificio e con indicazione del tipo di fondazioni o sotto
murazioni) in scala 1:50 (per edifici di grande dimensione 1:100) con rappresentati e descritti i
materiali ed eventuali fattori di degrado (fessurazioni, muffe, crolli, elementi degradati, strutture
inidonee sotto il profilo statico…) e di consolidamento statico (catene, murature, capriate……) e
quote adeguate a localizzare gli stessi.
•
Dettagli architettonici dei sistemi costruttivi e distintivi della tipologia, in una scala che consenta
un’adeguata comprensione delle rappresentazioni, completa delle descrizioni dei materiali e delle
misure geometriche, oltre agli elementi decorativi di pregio e/o significativi per la tipologia edilizia
nel suo complesso, o degli elementi singolari.
•
Elaborati di analisi
•
Planimetria del complesso in scala 1:200 con indicazione del nucleo originario di ciascun fabbricato,
delle porzioni aggiunte nel tempo ma ritenute congrue con l’impianto tipologico e delle
superfetazioni da demolire;
•
Individuazione, sia in pianta che nei prospetti, (scala 1/200) dei tratti distintivi del tipo edilizio
(copertura, ritmo delle bucature, numero dei piani, sviluppo planimetrico,…) in rapporto all’abaco
dei tipi edilizi di cui al presente allegato.
•
Elaborati Descrittivi.
•
Relazione descrittiva degli obiettivi di recupero del bene avendo a riferimento i dati raccolti col
rilievo.
Testo approvato
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Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
3. LA CATEGORIA D’INTERVENTO
1. Gli edifici censiti come d’interesse tipologico, storico, ambientale e culturale ed individuati nella
cartografia di piano “Mappa della tutela e dei vincoli” e “Mappa della tutela e dei vincoli e delle destinazioni
d’uso” con le sigle “A1”, “A2a” ed “A2b”, sono sottoposti ad intervento di tipo conservativo così come
disciplinato nelle N.T.A. del presente P.R.G.
2. Tutti gli altri edifici riconosciuti d’interesse tipologico, storico, ambientale e culturale ed individuati nella
cartografia di piano “Mappa della tutela e dei vincoli” e “Mappa della tutela e dei vincoli e delle destinazioni
d’uso” con un cerchio arancio e la sigla “A3”, sono sottoposti alla categoria d’intervento A.3 o A2c
(ristrutturazione edilizia e ripristino tipologico) ai sensi dell’art.36 della L.R.47/78 e successive modifiche.
Testo approvato
50
Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
FONTI BIBLIOGRAFICHE
AA.VV., “Architettura rurale della montagna modenese”, Amministrazione Provinciale di Modena,
Assessorato all’istruzione e cultura, Tipografia Labanti e Nanni, Bologna, 1975.
AA.VV., “Le case sparse: ricerca storica e censimento degli edifici in zona rurale a Campogalliano”,
Comune di Campogalliano, 1991.
W.BARICCHI, “Insediamento storico e beni culturali alta pianura e collina reggiana”, Amministrazione
Provinciale di Reggio Emilia e Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, Tecnostampa,
Reggio Emilia, 1988.
G.CERVI, “Tipi edilizi e tecnologie costruttive delle case coloniche della pianura reggiana” in “Case rurali
nel forese di Reggio Emilia”, Comune di Reggio Emilia, Reggio Emilia, 1984.
M.B.LUGARI, “Paesaggio e architetture della provincia di Modena”, Edizioni Panini, Modena, 1986.
PROVINCIA DI BOLOGNA, Settore Pianificazioàne Territoriale, Servizio Urbanistica, “Criteri guida per
la pianificazione urbanistica. Patrimonio edilizio in territorio extraurbano”, Bologna, 1999.
PROVINCIA DI MODENA, “Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale”, Modena, 2000.
M.ZAFFAGNINI, “Le case della grande pianura”, Alinea Editrice, Firenze, 1997.
Testo approvato
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Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse tipologico, storico e ambientale- Allegato A
SCHEDA TIPO
Per la catalogazione architettonica
Allegato A
Alla Disciplina Particolareggiata dei Beni Culturali e degli Edifici d’interesse
tipologico, storico e ambientale
Testo approvato
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