assessorato della sanita

ASSESSORATO DELLA SANITA'
DECRETO 20 maggio 1996
G.U.R.S. 8 giugno 1996, n. 30
Disposizioni per il rilascio delle autorizzazioni sanitarie per la produzione, lavorazione, deposito,
confezionamento, commercializzazione e somministrazione di prodotti alimentari e bevande.
Vedi titoli regionali collegati:
Decr. Ass. 4 ottobre 1996 SANITA' - (Proroga termini previsti dal presente)
Decr. Ass. 7 gennaio 1997 SANITA' - (Modifica al presente)
Decr. Ass. 5 settembre 1997 SANITA' - (Modifiche e integrazioni al presente)
L'ASSESSORE PER LA SANITA'
Visto lo Statuto della Regione;
Visto il T.U. delle LL.SS.;
Visto l'art. 32 della Costituzione della Repubblica italiana;
Visto l'art. 32 della legge n. 833/78;
Visto il D.P.R. n. 256 del 13 maggio 1985;
Vista la legge n. 283 del 30 aprile 1962 e successivo D.P.R. n. 327 del 26 marzo 1980, di
applicazione e successive integrazioni e modifiche;
Visto l'art. 40, commi 3° e 5°, della legge regionale n. 30 del 3 novembre 1993;
Visto l'art. 38 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30;
Considerato che la legge regionale n. 30/93, integrata e modificata dalla legge regionale n. 33 del 20
agosto 1994, completa il processo di decentramento voluto dalla legge di riforma n. 833 del 23
dicembre 1978 del S.S.N. e modifica profondamente il quadro di riferimento normativo nella materia
dell'igiene pubblica e dell'igiene veterinaria, ivi compresa la regolamentazione dell'igiene degli alimenti
e delle bevande, che nel passato questa Regione si era data;
Preso atto che, per effetto dell'art. 18 della succitata legge regionale n. 33/94 e del successivo D.A.
n. 13306 del 18 novembre 1994, diviene necessario dover fissare, per gli aspetti, igienico-sanitari,
uniformi profili istruttori, autorizzativi e di controllo mirati a garantire la salvaguardia della salute dei
consumatori e della popolazione;
Ritenuto, quindi, di dover procedere ad un profondo aggiornamento delle istruzioni date con la
circolare n. 308 del 4 luglio 1986 e successive integrazioni e modifiche, impartendo con il presente
decreto nuove istruzioni e procedure in sintonia con la nuova organizzazione fissata dalle citate: legge
regionale n. 30/93, legge regionale n. 33/94 e dal decreto n. 13306 del 18 novembre 1994;
Ravvisato che in merito è stata convocata il giorno 16 gennaio 1995 una conferenza di servizio a cui
hanno partecipato i capi servizio di igiene pubblica e di medicina veterinaria delle Unità sanitarie locali
capofila, per il riesame della circolare n. 308/86;
Considerato che il crescente diffondersi della ristorazione collettiva ed i recenti episodi di
tossinfezione alimentare fanno ritenere questa attività come attività "a rischio" e, quindi, da
assoggettare a particolare attenzione sia nella fase di rilascio delle autorizzazioni che in quella di
esercizio, da cui deriva la necessità di dover fissare i requisiti minimi per tutto il settore in modo da
garantire in tutto l'ambito della Regione un miglioramento e l'uniformità dei parametri strutturali
organizzativi e degli ambienti.
Ritenuto inoltre, che è "conditio sine qua non" nel superiore interesse della salute pubblica che gli
alimenti forniti siano privi di effetti tossici immediati e/o tardivi legati o a presenza di sostanze tossiche
o a microrganismi patogeni e di loro tossine, siano di gusto appetibile e gradevole, siano
organoletticamente accettabili e di composizione genuina e naturale;
Preso atto che in data 17 gennaio 1995 si è svolta un'ulteriore conferenza di servizio con la
partecipazione dei capi servizio I.P. ed i rappresentanti delle associazioni degli industriali per la
definizione dei requisiti minimi dei centri di ristorazione collettiva;
Ravvisato che una fascia particolarmente a rischio nella ristorazione collettiva è quella dei degenti
ospedalieri per cui è necessario, per un più efficace controllo, dover costituire presso ogni plesso
ospedaliero una commissione di vigilanza per il vitto, con il compito di far rispettare quanto predetto;
Conseguentemente alla pubblicazione in data 31 agosto 1995, sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 203, dell'ordinanza del Ministero della sanità del 26 giugno 1995 in attuazione
dell'art. 22 del D.M. n. 248 del 4 giugno 1993, con cui sono stati fissati i requisiti igienico-sanitari per
la vendita e la somministrazione su aree pubbliche di prodotti alimentari, occorre che nella revisione
della circolare n. 308/86 vengano ricomprese anche le nuove disposizioni di cui alla superiore
ordinanza che, tra l'altro, all'art. 6, disciplina, fissandone i requisiti, anche l'attività di somministrazione
nelle aree pubbliche.
Considerato, altresì, necessario dover impartire prime istruzioni in merito all'attuazione del decreto
legislativo n. 123 del 3 marzo 1993 e successivo D.P.R. attuativo n. 132 del 14 luglio 1995;
Ravvisato che occorre procedere alla modifica delle procedure fissate per il riconoscimento della
qualifica di agenti ed ufficiali di Polizia giudiziaria e del rilascio dei relativi tesserini per il personale
dipendente del S.S.N.;
Decreta:
Art. 1
Il presente decreto consta di n. 4 allegati:
- nell'allegato 1 vengono emanate istruzioni in materia di rilascio di autorizzazioni sanitarie per
l'esercizio dell'attività di produzione, lavorazione, deposito, confezionamento, commercializzazione e
somministrazione di prodotti alimentari e bevande;
- nell'allegato 2 vengono indicati i requisiti minimi in uno a indicazioni operative per gli esercizi di
ristorazione collettiva (Centri di preparazione e confezionamento pasti destinati a collettività, laboratori
annessi a ristorante, trattoria, self-service e simili);
- nell'allegato 3 sono indicate le modalità da seguire e la documentazione da allegare alla richiesta di
autorizzazione sanitaria;
- nell'allegato 4 vengono fissate le caratteristiche dei tesserini di riconoscimento del personale del
S.S.N. cui è riconosciuta la qualifica di U.P.G.
Art. 2
Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il rilascio delle autorizzazioni sanitarie per gli
stabilimenti e i laboratori indicati nell'allegato 2 del presente decreto è subordinato al possesso dei
requisiti minimi fissati nello stesso allegato.
Art. 3
I titolari degli stabilimenti e dei laboratori di cui al precedente articolo 2, già in esercizio alla data di
entrata in vigore del presente decreto, devono adeguarsi ai requisiti minimi fissati nell'allegato 2. A tale
scopo ne danno comunicazione entro il termine perentorio di 60 giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto al servizio di igiene alimenti e nutrizione dell'Azienda unità sanitaria locale
competente per territorio, allegando una relazione a firma di un tecnico in cui sono indicate le
modifiche e i tempi necessari per l'adeguamento.
Nel caso di strutture autorizzate dal sindaco, ai sensi dell'art. 25, lettera c, del D.P.R. 26 marzo 1980,
n. 327, analoga comunicazione dovrà essere effettuata all'autorità comunale.
Il termine massimo per l'adeguamento è fissato in 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, protratto a 18 mesi qualora debbano essere apportate profonde modifiche strutturali ai locali.
Resta fermo, comunque, che, nel periodo sopraindicato, i laboratori interessati devono mantenere i
requisiti indicati nell'art. 28 del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327 e nei regolamenti locali di igiene.
Alla scadenza dei termini per l'adeguamento, gli interessati ne danno comunicazione immediata al
servizio igiene alimenti e nutrizione competente per territorio: quest'ultimo, effettuate le necessarie
verifiche, proporrà l'emanazione della nuova autorizzazione che dovrà essere rilasciata entro il termine
di 90 giorni dall'avvenuta comunicazione di adeguamento.
Art. 4
Qualora gli interessati non adempiano nei termini agli obblighi di comunicazioni iniziale e finale di
cui al precedente articolo 3, il servizio igiene alimenti e nutrizione dell'Azienda unità sanitaria locale
competente per territorio procederà alle necessarie verifiche nei confronti degli inadempimenti,
verifiche dirette ad accertare l'esistenza o meno dei requisiti prescritti nell'allegato 2 e ciò entro il
termine di 30 giorni dalla scadenza dei singoli termini sopra indicati. Nelle ipotesi di esito sfavorevole
della verifica, previa diffida, il responsabile del servizio igiene alimenti e nutrizione dell'Azienda unità
sanitaria locale proporrà al direttore generale o al sindaco, secondo le rispettive competenze, l'adozione
dei conseguenti provvedimenti nei confronti delle ditte interessate.
Art. 5
Non rientra nel campo di applicazione della legge n. 283/62 la molluschicoltura, che nel passato è
stata regolamentata dalla legge n. 192/77 ed oggi dal decreto legislativo n. 530/92 e successive
integrazioni e modifiche.
Il decreto di riconoscimento con cui il Ministero della sanità attribuisce il numero identificativo ad
ogni impianto costituisce, quindi, a tutti gli effetti l'autorizzazione sanitaria.
Art. 6
Ferme restando le attribuzioni del direttore sanitario di ogni presidio ospedaliero, nonché dei settori
di igiene pubblica, del L.I.P. e degli altri organi previsti dalla vigente normativa, viene istituita in ogni
plesso ospedaliero la commissione di vigilanza per il vitto.
Essa è costituita:
a) per le aziende ospedaliere:
1) dal direttore sanitario dell'azienda o su delega dal direttore sanitario del P.O. o un medico della
direzione sanitaria purché specialista in igiene;
2) un rappresentante del tribunale per i diritti dell'ammalato;
3) da un sanitario del servizio di dietologia designato dal direttore sanitario dell'Azienda ospedaliera
od in mancanza da un coadiutore sanitario designato dal capo settore igiene pubblica dell'Azienda
Unità sanitaria locale, purché specialista in igiene;
4) da un componente dell'ufficio pubblica tutela degli utenti dell'Azienda ospedaliera, ove costituito,
o dell'Azienda unità sanitaria locale, designati dai direttori generali delle rispettive aziende;
5) il capo dei servizi sanitari, ove esistente, o in alternativa, il capo sala più anziano in servizio;
b) per l'Azienda unità sanitaria locale:
1) dal direttore sanitario dell'azienda o, su delega, da un medico della direzione sanitaria stessa o del
P.O., purché specialisti in igiene;
2) da un rappresentante del tribunale dei diritti del malato;
3) da un coadiutore sanitario, specialista in igiene, designato dal capo settore igiene pubblica;
4) da un componente dell'ufficio pubblica tutela degli utenti e dei servizi sanitari dell'azienda
designato dal direttore generale.
I controlli da parte della citata commissione devono essere esercitati lungo tutto il processo che va
dalla produzione alla distribuzione (depositi, cucina, modalità di trasporto, modalità di distribuzione) e
deve anche comprendere la degustazione degli alimenti, nonché la data di scadenza per ogni singola
confezione.
I componenti della commissione possono esercitare in qualunque momento i controlli
congiuntamente o disgiuntamente (almeno 2 componenti) e non possono avere frequenza superiore ai
15 giorni.
In presenza di accertamenti sfavorevoli di rilievo, deve essere inoltrata segnalazione al direttore
generale dell'azienda ed al direttore sanitario del presidio, per l'adozione dei conseguenziali
provvedimenti, mentre nei casi di reiterati accertamenti sfavorevoli (più di due volte) e/o di violazione
di legge deve essere informata anche l'autorità giudiziaria.
Entro il 30 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento la commissione redige una relazione
sull'attività svolta e sulle eventuali irregolarità riscontrate, e la trasmette al direttore generale e per
conoscenza all'Ispettorato regionale sanitario.
Ogni direttore generale, entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, dovrà inviare copia
dei provvedimenti di nomina delle varie commissioni.
Art. 7
Ogni precedente disposizione in contrasto con il presente decreto deve intendersi revocata.
Il presente decreto viene inviato alla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana per la pubblicazione.
Palermo, 20 maggio 1996.
GRAZIANO
Allegato 1
1 - AUTORIZZAZIONI SANITARIE
L'art. 25 del D.P.R. n. 327/80 disciplina, individuando l'organo deputato al rilascio delle
autorizzazioni sanitarie, la competenza al rilascio delle autorizzazioni sanitarie per l'esercizio di attività
di produzione, lavorazione, confezionamento, commercializzazione, deposito all'ingrosso e
somministrazione di sostanze alimentari.
Ferma restando la competenza del Ministero della sanità, gli organi competenti al rilascio delle
autorizzazioni ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327, sono il sindaco (art. 25, lettera C)
e il direttore generale dell'Azienda unità sanitaria locale (art. 25, lettere A e B) con le modifiche di cui
all'art. 18 della legge regionale n. 33/94.
1.1 - Autorizzazioni di competenza del sindaco
Sono di esclusiva competenza del sindaco:
1.1.1 - Le autorizzazioni sanitarie previste dall'art. 25, lett. c) del D.P.R. n. 327/80.
In materia rimangono valide parte delle istruzioni impartite dal Ministero della sanità con la
circolare n. 79 del 18 agosto 1980, che parzialmente si ripropongono:
«Con riguardo poi alla disposizione della lett. c), si ritiene utile precisare che, a parere di questo
Ministero, i "piccoli laboratori artigianali" cui viene fatto riferimento, non sono soltanto quelli
sottoposti alla disciplina della legge 25 luglio 1956, n. 860, concernente le imprese artigiane, ma tutti
quelli nei quali prevale l'aspetto della somministrazione su quello della produzione, talché quest'ultima
possa configurarsi come strumentale rispetto alla prima.
Infatti, nel particolare settore preso in considerazione dalla disposizione regolamentare in esame,
operano anche piccole aziende commerciali, in quanto tali non rientranti nella previsione di cui alla
citata legge n. 860/56.
Sempre in ordine all'art. 25, punto c), si deve ancora far presente che ai "piccoli laboratori artigianali
annessi ad esercizi di somministrazione" sono da assimilare quelli esistenti nelle mense aziendali.
Com'è noto, in base alla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, i ristoranti, le trattorie, le
mescite, i bar, le osterie - esercizi pubblici di cui alla legge 16 giugno 1939, n. 1112 - sono soggetti
all'autorizzazione di cui all'art. 2 della legge n. 283/62 in quanto laboratori di produzione di sostanze
alimentari».
«Omissis ......
Nel caso poi che differenti attività da autorizzare insistano sulla medesima struttura, l'autorizzazione
sarà rilasciata dall'autorità sanitaria sovraordinata secondo le attribuzioni di competenza previste
dall'art. 25 del D.P.R. n. 327/80».
1.1.2 - Esercizi pubblici
A riguardo nel tempo dell'emanazione della circolare n. 308/86 la Corte di Cassazione con varie
sentenze ha meglio precisato la sfera di azione dell'art. 2 della legge n. 283/62, pertanto anche gli
esercizi pubblici dove si svolge attività di somministrazione e vendita di alimenti e bevande, nonché i
panifici, in cui si proceda alla produzione, preparazione e/o manipolazione di generi di cui alla tab.
merceologica n. 7 e di altri preparati di gastronomia "anche se elementari", con annesso o meno
laboratorio, sono soggetti ad autorizzazione sanitaria sindacale con esclusione dei panifici industriali
che saranno autorizzati dal legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale e degli esercizi
pubblici in cui si effettui solo la vendita di cibi preconfezionati o da sottoporre a semplice
riscaldamento; sono, altresì soggetti ad autorizzazione sanitaria sindacale locali per preparazione pasti
con annesse mense e refettori scolastici, aziendali, case di riposo, ospizi, ecc.
1.1.3 - Vendita su aree pubbliche di prodotti alimentari
Dal punto di vista amministrativo, in Sicilia il comparto è stato disciplinato con la legge regionale n.
18/95, modificata ed integrata dalla legge regionale n. 2/96.
Per gli aspetti igienico-sanitari la materia è disciplinata dalla legge 28 marzo 1991, n. 112 ed in
particolare dall'art. 22 del D.M. 4 giugno 1993, n. 248, nonché dall'ordinanza del Ministro della sanità
26 giugno 1995.
L'art. 22 del D.M. n. 248/93, pone le norme di carattere igienico-sanitarie che disciplinano il
commercio su aree pubbliche di prodotti alimentari e non, mentre la citata ordinanza disciplina
analiticamente le caratteristiche ed i requisiti delle strutture destinate a tale attività.
La suindicata ordinanza fissa: le caratteristiche generali delle aree (art. 1), le caratteristiche delle
strutture fisse (art. 2), le caratteristiche dei veicoli (art. 3), le caratteristiche dei banchi rimovibili (art.
4), le prescrizioni particolari per la vendita di carni fresche, di carni macinate, di preparazioni di carni e
prodotti a base di carne non preconfezionate e di prodotti ittici (art. 5), i requisiti richiesti per procedere
all'attività di somministrazione di alimenti e bevande (art. 6), le disposizioni transitorie (art. 10).
Tale ultimo articolo fissa il momento di entrata in vigore della nominativa suddetta, stabilendo che
nelle more dell'entrata in vigore della disciplina prevista dagli artt. 2, 3, 5, 6 e 8 dell'ordinanza in
argomento, sono applicabili le disposizioni di cui al comma 8 dell'art. 22 del D.M. 4 giugno 1993, n.
248.
Si richiama, inoltre, l'attenzione:
- sull'art. 1 del D.M. 4 giugno 1993, n. 248, che stabilisce che per somministrazione di alimenti e
bevande s'intende la vendita di tali prodotti effettuata unitamente alla predisposizione di impianti ed
attrezzature per consentire agli acquirenti di consumare sul posto i preparati gastronomici acquistati;
- sull'art. 5, comma 1, lettera a), della citata ordinanza 26 giugno 1995, che, in ispecie, subordina la
vendita di carni al possesso dell'autorizzazione prevista dall'art. 29 del R.D. 20 dicembre 1928, n. 3298;
- sull'art. 7, comma 1, che subordina l'esercizio dell'attività di somministrazione e vendita di alimenti
al rilascio dell'autorizzazione sanitaria prevista dall'art. 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283; nel
provvedimento deve essere indicata anche la specialità merceologica dell'attività esercitata.
Lo stesso art. 7, al secondo comma, stabilisce, inoltre, che per l'applicazione delle disposizioni di cui
all'art. 22 del D.M. n. 248/93 e per il rilascio delle autorizzazioni per l'esercizio del commercio di
sostanze alimentari e bevande previsto dall'art. 2 della legge 28 marzo 1991, n. 112 (in Sicilia dall'art. 2
della legge regionale 1° marzo 1995, n. 18, come modificato dalla legge regionale n. 2/96), nonché
dall'art. 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283, deve essere accertata la sussistenza dei requisiti sanitari
tassativamente prescritti nell'ordinanza ministeriale in questione.
Nell'autorizzazione dovranno essere specificati, oltre quanto previsto dall'art. 7 dell'ordinanza
ministeriale del 26 giugno 1995, l'indirizzo del locale di ricovero, le sue caratteristiche, l'idoneità o
meno degli stessi dal punto di vista igienico-sanitario, le modalità di conservazione e di
condizionamento termico della merce invenduta durante i periodi di non attività commerciale, per tale
motivo nella documentazione a corredo dell'istanza dovrà essere prodotta planimetrie dei locali di
ricovero, dovrà essere indicata la fonte di approvvigionamento idrico e per gli alimenti deperibili
dovranno essere specificate le modalità di conservazione e condizionamento termico della merce
invenduta durante il periodo di non attività commerciale e comunque tenuta in deposito.
Nel caso si tratti di mezzi che commercializzano prodotti di origine animale, con esclusione del latte
e dei suoi derivati, l'istruttoria sarà curata dal competente servizio veterinario o di distretto o del
settore.
Per tale motivo l'attribuzione del numero di riconoscimento CEE sostituisce a tutti gli effetti
l'autorizzazione prevista dall'art. 2 della legge 30 aprile 1962, n. 284 in relazione all'art. 25 del D.P.R.
26 marzo 1980, n. 327.
1.1.3 bis - Competenze al rilascio delle autorizzazioni alla vendita su aree pubbliche di prodotti
alimentari.
In base a quanto già stabilito al capo 1 "Autorizzazioni sanitarie", si dispone che:
- il sindaco, quale organo individuato dalla lettera C, dell'art. 25 del D.P.R. n. 327/80, è deputato
esclusivamente al rilascio delle autorizzazioni sanitarie per la vendita su aree pubbliche che si svolgano
o interessino soltanto l'ambito comunale di residenza del titolare della ditta;
- il legale rappresentante dell'Azienda unità sanitarie locale, quale organo della Regione, ai sensi
delle lett. A) e B), dell'art. 25 del D.P.R. n. 327/80, è deputato al rilascio delle autorizzazioni sanitarie
per la vendita su aree pubbliche che si svolgano o interessino, oltre l'ambito comunale di residenza del
titolare della ditta, uno o più ambiti comunali anche di altre province.
Per le procedure si rimanda a quanto stabilito al capo 3°.
1.1.4 - Le autorizzazioni di cui all'art. 29 del R.D. 20 dicembre 1928, n. 3298, in materia di spacci per
la vendita di carni.
1.1.5 - Le autorizzazioni sanitarie, di cui all'art. 44, lett. a), b) e c) del D.P.R. n. 327/80, limitatamente
ai mezzi di trasporto di sostanze alimentari che operano esclusivamente nell'ambito comunale.
2 - AUTORIZZAZIONI DI COMPETENZA DEL
LEGALE RAPPRESENTANTE DELL'AZIENDA
UNITA' SANITARIA LOCALE
Per effetto delle lett. A) e B), del citato art. 25 del D.P.R. n. 327/80 e dell'art. 18 della legge
regionale n. 33/94 e del proprio decreto attuativo n. 13306/94, l'organo della Regione si identifica nel
legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale.
Sono di esclusiva competenza del legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale.
2.1
a) le autorizzazioni previste dall'art. 25, lett. A), del D.P.R. n. 327/80, in materia di alimenti di
origine vegetale o misti prevalentemente di origine vegetale, ivi comprese le autorizzazioni per gli
stabilimenti che trattano latte e derivati, prodotti dolciari e i prodotti surgelati;
b) le autorizzazioni previste dalla lettera b), dell'art. 25 del D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327, in materia
di alimenti di origine animale e miste prevalentemente di origine animale ivi compresi i prodotti
surgelati ad eccezione:
- delle autorizzazioni previste dall'art. 13 del decreto legislativo n. 286/94, in materia di impianti di
macellazione, depositi frigoriferi e laboratori di sezionamento di carni rosse nonché quelle previste dal
D.P.R. 1° settembre 1992, n. 227 (stabilimenti di produzione carni macinate, a pezzi inferiori a 100
grammi e preparazione di carni) dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 537 (prodotti a base di
carne) nonché quelle di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 531 (prodotti ittici) e del decreto
legislativo n. 530/92 (molluschi eduli) riservate alla competenza del Ministero della sanità;
- delle autorizzazioni in materia di impianti di macellazione di carni rosse di capacità limitata di cui
all'art. 5 del decreto legislativo n. 286/94 e degli impianti di macellazione, di pollame, di volatili da
cortile, di conigli e selvaggina, riservate alla competenza dell'Assessorato regionale della sanità.
2.1.2 - Le autorizzazioni sanitarie dovranno specificare la capacità produttiva pro die dei panifici
industriali e di centri confezionamento pasti, ivi compresi quelli che operano negli ospedali pubblici e
privati (circolare n. 709/93) nonché delle cucine delle case di cura private.
Per i centri confezionamento pasti la capacità produttiva giornaliera deve essere riferita non alle 24
ore ma a due turni lavorativi.
2.1.3 - Le autorizzazioni al trasporto delle sostanze alimentari, non limitate al solo ambito comunale,
previste dall'art. 44 del D.P.R. n. 327/80.
Procedure
3.1.1 - Per l'attuazione delle suindicate formule dispositive le istanze dovranno essere presentate, in
carta legale, A) al sindaco o B) al legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale competente
per territorio, secondo i compiti e le materie ad essi attribuiti istituzionalmente: ed in particolare:
A) rilascio dell'autorizzazione da parte del sindaco:
- le istanze, corredate della documentazione prevista, dovranno essere presentate al sindaco e in
copia al servizio igiene pubblica o al servizio veterinario del distretto della ex Unità sanitaria locale
competente per territorio che provvederà alla loro istruttoria;
A1) il sopralluogo deve essere effettuato da personale laureato medico o veterinario, che provvederà
a timbrare e a vistare le copie relative alla pianta planimetrica; ciò allo scopo di evitare che il titolare
dello stabilimento possa procedere ad eventuali modifiche senza il necessario preventivo nulla osta;
non può essere utilizzato il personale di vigilanza ed ispezione.
Per quanto concerne l'istruttoria amministrativa delle pratiche nulla è innovato a quanto disposto dal
decreto n. 13306/96, artt. 5 e 18.
Le pratiche dovranno essere trasmesse al sindaco entro il termine di 10 giorni dalla definizione della
istruttoria.
N.B. - In ogni caso il sopralluogo deve essere effettuato esclusivamente da personale laureato
medico o veterinario, utilizzando, qualora occorra, personale medico di altri servizi dei settori in
questione, che provvederà a timbrare e a vistare le copie relative alla pianta planimetrica:
B) rilascio dell'autorizzazione da parte del legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale:
- le istanze per il rilascio delle autorizzazioni di cui all'art. 25, lett. a) e b), e dell'art. 44, lett. a), b) e
c), del D.P.R. n. 327/80, indirizzate al legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale nei modi
statuiti dal 2° comma, lett. h), dell'art. 6 e dall'art. 17 del decreto n. 13306 del 18 novembre 1994,
dovranno essere presentate per il tramite del servizio degli alimenti e della nutrizione del settore igiene
pubblica o del servizio di igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione e trasporto
degli alimenti di origine animale del settore veterinario dell'Azienda unità sanitaria locale, secondo le
rispettive competenze.
Le istanze dovranno essere presentate complete di tutta la documentazione di rito.
L'istruttoria deve essere completa anche degli aspetti amministrativi e secondo quanto stabilito dal
decreto n. 13306 del 18 novembre 1994.
Il servizio, esperita la dovuta istruttoria, provvederà nei termini di cui all'ultimo capoverso del
presente comma, anche alla predisposizione del provvedimento autorizzativo, che andrà siglato dal
funzionano che ha curato l'istruttoria.
Ad istruttoria ultimata, sarà trasmessa per la firma, entro 10 giorni dal compimento dell'ultimo atto
della procedura istruttoria, al legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale la bozza del
provvedimento autorizzativo, siglato dal capo servizio igiene alimenti o di medicina veterinaria area B
e dal rispettivo responsabile del settore.
3.1.2 - Rimane immutata la validità temporale delle autorizzazioni sanitarie delle attività produttive
che non sono sottoposte a scadenza.
Pur tuttavia non vi è dubbio che sia gli ambienti, gli impianti e le dotazioni tecniche vadano
incontro, col tempo, ad usura; quindi, viene fatto obbligo al servizio che ha curato l'istruttoria di
verificare annualmente il perdurare dei requisiti autorizzativi, e cioè nelle more che la materia dei
controlli venga appositamente disciplinata in attuazione del disposto normativo del D.P.R. n. 132 del
14 luglio 1995 (pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
n. 260/95).
A seguito di tale verifica il servizio rilascerà alla ditta un attestato sul perdurare dei requisiti
igienico-sanitari che dovrà, da questa, essere prodotto in caso di ispezione.
Nel caso di mancata eliminazione delle carenze entro i termini previsti, e quindi di recidiva, il
sindaco o il rappresentante legale dell'Azienda unità sanitaria locale, su proposta del capo settore
competente, adotterà il provvedimento di cui all'art. 11 della legge n. 441/63 e successive modifiche ed
integrazioni, nel rispetto delle procedure indicate.
3.1.3 - Per le attività a carattere stagionale, quali per esempio i frantoi oleari, i palmenti etc.,
l'autorizzazione ha validità stagionale.
Per le ditte che operano esclusivamente nel settore della trasformazione di agrumi, secondo quanto
già disposto con la circolare n. 308/86, l'autorizzazione ha validità biennale. In sede di rinnovo e di
prima applicazione della presente circolare tutte le autorizzazioni delle ditte agrumarie dovranno essere
sincronizzate al 31 dicembre dell'anno successivo.
3.1.3.1 - Anche per i mezzi adibiti al trasporto di sostanze alimentari (art. 44 D.P.R. n. 327/80),
nonché per le autobotti per il trasporto di acqua destinata al consumo umano, l'autorizzazione, sia di
competenza sindacale che del legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria locale, ha validità
biennale, così come previsto dall'art. 46 del D.P.R. n. 327/80, pertanto la richiesta di rinnovo dovrà
essere presentata 90 giorni prima della scadenza.
Le cisterne per il trasporto dell'acqua destinata al consumo umano devono essere in acciaio
inossidabile.
3.1.4 - Le istanze di rinnovo devono essere presentate 90 giorni prima dell'inizio dell'attività
produttiva o della prevista scadenza.
3.1.5 - Per effetto del decreto legislativo n. 530/92 e del predetto decreto, con esclusione della
classificazione e controllo delle acque marine, di competenza dell'Ispettorato regionale sanitario, le
competenze in materia di produzione e commercializzazione dei molluschi eduli lamellibranchi sono
attribuite al servizio veterinario igiene degli alimenti.
Per quanto concerne la fase relativa alla produzione, sia per gli aspetti istruttori che di controllo,
questi vanno effettuati congiuntamente dal predetto servizio del settore veterinario e dal servizio igiene
pubblica del settore 1°.
3.1.6 - Le autorizzazioni sanitarie rilasciate dal legale rappresentante dell'Azienda unità sanitaria
locale devono riportare un numero di repertorio progressivo per tutto l'ambito provinciale ed annotate
in un unico apposito registro secondo la seguente codifica:
Tabella
3.1.7 - Per i centri di produzione e confezionamento pasti la capacità produttiva va specificata nei
provvedimenti autorizzativi in quanto le ditte possono concorrere alla fornitura di pasti per la
ristorazione collettiva esclusivamente entro i limiti della capacità produttiva autorizzata.
L'ente appaltante ha l'obbligo di acquisire in sede di gara l'attestato di cui al punto 3.1.2 e richiedere
prima della stipula del contratto al competente servizio igiene alimenti e nutrizione la verifica della
persistenza dei requisiti necessari per lo svolgimento di una idonea attività produttiva dei centri in
questione.
Nel supremo interesse della salute pubblica e per evidenti motivi di snellezza e rapidità di controllo
e verifica, è opportuno evitare il frazionamento della fornitura ad uno stesso plesso tra più ditte.
3.1.7.1 - Per la partecipazione a gare ed appalti le ditte dovranno dichiarare, ai sensi della legge n.
15/68, la capacità produttiva impegnata da contratti in essere, la durata degli stessi nonché la capacità
produttiva residua e la capacità produttiva disponibile all'inizio della fornitura.
La capacità produttiva impegnata deve essere comprensiva del numero dei pasti vincolati per conto
proprio o di terzi, per eventuali guasti di cucine ospedaliere o fermi tecnici per manutenzione di cui alla
circolare dell'Assessorato regionale della sanità n. 709 del 12 agosto 1993, titolo 1°, lettera b), ultimo
comma.
I centri di produzione non devono produrre o confezionare pasti al di sopra dei limiti autorizzati,
pena la sospensione del provvedimento autorizzativo. Tale sospensione deve essere graduata in
relazione alle irregolarità riscontrate.
3.1.7.2 - Particolare attenzione merita, inoltre, il trasporto dei pasti confezionati dallo stabilimento di
produzione al luogo di consumo.
Infatti tale trasporto deve essere effettuato esclusivamente con mezzi adeguati, agevolmente lavabili
e disinfettabili e termicamente isolati ed a ciò esclusivamente destinati e che siano in possesso dei
requisiti e dell'autorizzazione previsti.
I tempi di trasporto dovranno essere tali da garantire dal momento del confezionamento al consumo
il mantenimento di buone qualità organolettiche specialmente quando si tratti di trasporto del cibo
caldo, pasta e riso in particolare o di cibi refrigerati. Il contravvenire a tale disposto si configura come
violazione dell'art. 515 c.p.
3.1.7.3 - Viene fatto divieto di commistione o di continuità tra i locali preparazione pasti
preconfezionati ed altri locali di ristorazione, che devono essere tra loro fisicamente separati, non
essendo tale promiscuità in alcun modo giustificabile per il potenziale rischio per i consumatori che tale
commistione di personale, di attività e di diverse procedure di preparazione e di conservazione dei cibi
comporta.
Gli stessi locali non possono essere contemporaneamente autorizzati per attività di confezionamento
pasti, di ristorante e simili, pizzerie, self-service, etc.
3.1.8 - L'attivazione di un esercizio, laboratorio, deposito industriale ecc. senza che sia stata
acquisita l'autorizzazione sanitaria, oltre alla denuncia penale, comporta la chiusura dello stesso. Il
provvedimento di chiusura deve essere, in base alle rispettive competenze, emesso dal sindaco o dal
legale rappresentante dell'Unità sanitaria locale, entro e non oltre le 48 ore successive alla
comunicazione fatta dal competente servizio e immediatamente notificato ed eseguito tramite il
personale di vigilanza con affissione di un cartello indicante il motivo della chiusura.
Sarà compito del personale di vigilanza verificare il rispetto di quanto sopra.
3.1.9 - Qualora nel corso dell'ispezione si evidenzino condizioni che comportino rischio o pericolo
per la salute pubblica, il personale che ha eseguito il sopralluogo provvederà ad adottare i
provvedimenti di cui all'art. 22 del D.P.R. n. 327/80.
3.1.10 - Auto-controllo - Si rimanda alla circolare n. 866 del 17 aprile 1996.
Ambiti della vigilanza e controllo
4.2 - Si richiama l'art. 5 del D.P.R. n. 327/80, che si trascrive integralmente:
«Gli organi di vigilanza di cui all'art. 3 del presente regolamento, salvo quanto previsto al successivo
art. 12, possono procedere in qualsiasi momento ad ispezioni o prelievi di campioni negli stabilimenti,
nei laboratori di produzione, confezionamento, nei magazzini, nei depositi, nei mercati, negli spacci di
vendita, negli alberghi, ristoranti, trattorie ed altri pubblici servizi, nonché delle mense soggette ad
autorizzazione sanitaria ed amministrativa, ed in genere dovunque si attribuiscono a qualsiasi titolo per
il consumo e si smerciano sostanze alimentari.
La vigilanza si esercita, altresì, sulle merci, sia all'atto della spedizione che durante il trasporto,
nonché al loro arrivo a destinazione». A tale scopo il personale delle amministrazioni ferroviarie,
nonché quello delle imprese di navigazione marittima, aerea, lacunale e fluviale e di trasporto stradale
non può impedire le ispezioni ed i prelievi di campioni ritenuti necessari dagli organi di vigilanza, né
può condizionarne l'esecuzione ad una preventiva autorizzazione amministrativa.
4.3 - Si richiama, altresì, l'art. 5 del decreto legislativo n. 123/93, che recita testualmente: «Le
persone fisiche e giuridiche soggette a controllo ufficiale sono tenute a sottoporsi alle verifiche
esercitate conformemente alle modalità previste e ad assicurare agli incaricati la necessaria assistenza
nell'esercizio delle loro funzioni.
Fatti salvi gli obblighi previsti da leggi o da regolamenti speciali, il personale incaricato del
controllo è tenuto all'osservanza del segreto professionale».
4.4 - Per quanto concerne i compiti e l'attività degli operatori professionali di vigilanza ed ispezione,
si rimanda all'art. 23 del decreto n. 13306 del 18 novembre 1994.
Va sempre rilasciato, redatto nei modi di legge, da parte del personale di vigilanza ed ispezione,
copia del verbale dell'ispezione effettuata al titolare dell'esercizio controllato, raffigurandosi la mancata
consegna del verbale come omissione.
4.5 - Ai sensi del comma 1° dell'art. 8 del D.P.R. 14 luglio 1995 i competenti servizi alimenti dei
settori igiene pubblica e dei settori medici veterinaria, entro e non oltre il 1° marzo di ogni anno,
invieranno i dati specificati nelle schede vig. 1 - vig. 2 di cui al D.P.R. 14 luglio 1995, appendice 2, e
relativi all'anno precedente, rispettivamente al gruppo 36° IRS ed al gruppo 32° IRV. Tali dati
dovranno essere riepilogativi su base provinciale e relativi a ciascuna Azienda unità sanitaria locale.
I laboratori igiene e profilassi invieranno i dati specificati nei mod. ANL1 - ANL2 - ANL3 al
gruppo 36° IRS mentre l'Istituto zooprofilattico invierà le proprie schede al gruppo 32° IRV.
I dati dovranno essere trasmessi preferibilmente su supporto magnetico ai sensi del comma 3 del
citato art. 8 del D.P.R. ed in conformità all'appendice 3 del D.P.R. più volte citato; in mancanza
dovranno essere inviati mediante supporto cartaceo su schede conformi a quelle previste nell'allegato 2
del D.P.R. citato.
4.6 - Nelle istanze di revisione di analisi concernenti violazioni di natura penale, l'istanza ai sensi
dell'art. 19 del D.P.R. n. 327/80 va inoltrata al direttore generale dell'Azienda unità sanitaria locale.
Nelle altre istanze vale quanto disposto dalla circolare n. 866/96.
4.7 - Si precisa, a parziale modifica del punto 7.8 della circolare n. 866/96, che ai sensi dell'art. 4,
legge n. 462 del 7 agosto 1986, la sospensione temporanea dell'attività in caso di grave e imminente
pericolo per la salute pubblica, dovrà essere adottata dal sindaco fermo restando il potere dell'autorità
che ha rilasciato l'autorizzazione di provvedere alla sospensione o alla revoca del provvedimento in
relazione ai fatti accertati.
Spetta altresì al sindaco l'emanazione del provvedimento di distruzione delle sostanze alimentari non
idonee per l'alimentazione umana su formale proposta del competente servizio medico o veterinario.
Depenalizzazione
5 - In ordine alle sanzioni amministrative degli illeciti amministrativi, si rammenta che l'art. 40,
ultimo comma, della legge regionale n. 30/93 ha individuato nel sindaco competente per territorio,
l'autorità competente ad emettere i relativi provvedimenti con particolare riguardo a quelli previsti
dall'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Organo competente a ricevere "rapporto" è, quindi, il sindaco del comune sul cui territorio è stato
commesso l'illecito (e non quello del luogo ove è stato accertato) che provvederà, poi, alla emissione
della "ordinanza-ingiunzione" o alla "ordinanza di archiviazione".
Le somme relative alle ordinanze-ingiunzioni emesse devono essere versate alla Regione attraverso
la Cassa regionale competente sul territorio, sul capitolo 2301, entrate bilancio regionale, cat. V,
mediante versamento su conto corrente postale della predetta Cassa regionale, indicando la seguente
causale: "da accreditare sul capitolo 2301, entrate bilancio regionale, cat. V".
Si ribadisce il divieto di versare le somme relative alle ordinanze-ingiunzioni all'ufficio del registro.
Allegato 2
REQUISITI MINIMI DEI CENTRI PREPARAZIONE
E CONFEZIONAMENTO PASTI - RISTORANTI SELF SERVICE E SIMILI
1 - CENTRI DI COTTURA
E' auspicabile innanzitutto che un complesso progettato come stabilimento destinato per
l'approntamento di pasti per ristorazione collettiva sorga in area salubre, convenientemente distante da
industrie inquinanti, da zone polverose o da discariche di rifiuti o da acquitrini che possano costituire
un habitat favorevole per insetti e roditori. Ove ciò non fosse attuabile sarà necessario intervenire caso
per caso con specifici accorgimenti intesi a prevenire gli inconvenienti riscontrati.
Rispetto alle varie parti dell'insediamento, gli ambienti di lavoro e di deposito, indipendentemente
dalla utilizzazione specifica, inoltre, andrebbero preferibilmente ubicati a livello del piano stradale in
modo da consentire agevolmente l'approvvigionamento delle materie prime ed il trasferimento dei
prodotti pronti e confezionati.
Tale prescrizione deriva, oltre che da evidenti motivazioni di carattere economico-gestionale, dalla
necessità di ridurre i tempi di sosta ed i percorsi degli alimenti, per controllare meglio i rischi di
contaminazioni accidentali e, nel caso di centri di cottura, ritardare possibili alterazioni organolettiche
dei pasti una volta pronti.
1.1 - In ordine al fabbisogno di ambienti, a titolo orientativo, in un centro di cottura sono da valutare
le seguenti esigenze:
- deposito delle materie prime;
- lavorazione e confezionamento degli alimenti;
- deposito provvisorio degli alimenti una volta pronti;
- detenzione di sostanze non destinate all'alimentazione;
- spazi e/o locali destinati a servizi (spogliatoi, docce, vasche per la raccolta dell'acqua ed impianti
idrici, latrine separate per sesso) e ad attività amministrative.
In base al potenziale produttivo tali operatività trovano allocazione in distinti locali o possono essere
comprese in un unico ambiente di adeguate dimensioni, dotato di separazioni ed attrezzature idonee a
garantire l'igienicità dei vari cicli di lavorazione.
1.2 - Spazi necessari
Circa, gli spazi necessari per la preparazione, la manipolazione ed il confezionamento delle sostanze
alimentari nonché per la conservazione delle materie prime dei prodotti finiti, nei centri di cottura
vanno previsti i seguenti parametri per la produzione di pasti completi, intendendo per pasto completo
il pasto pro-capite e pro-die di un soggetto, comprensivo di prima colazione, pranzo e cena. Con
l'esclusione della prima colazione, la sola fornitura di pranzo e cena viene computata al 50%:
- fino a 300 pasti giornalieri o frazioni inferiori superficie coperta complessiva utile non inferiore a
mq. 125;
- da 301 a 500 ulteriore incremento di mq. 0,5 per pasto;
- da 501 pasti a 1.500 ulteriore incremento di mq. 0,15 per pasto;
- oltre 1.500 pasti ulteriore incremento di mq. 0,10 per pasto; superfici sovradimensionate rispetto
alla potenzialità produttiva verrebbero a comportare percorsi troppo dispersivi, con la conseguenza di
indurre il personale a trascurare le norme per una razionale ed igienica gestione degli impianti.
1.3 - Utilizzazione degli spazi - Temperature di cibi caldi e freddi - Distanza centri di produzione Tempi di trasporto.
In ordine alla razionale utilizzazione degli spazi nei centri di cottura, in particolare, sono da tenere in
considerazione alcune esigenze scaturenti dall'impiego dei vari impianti in relazione alle tipologie
produttive.
A monte della zona di cottura dovrebbero essere previsti innanzitutto appositi settori dove le derrate
provenienti dai depositi sono opportunamente preparate, in base alla seguente destinazione:
- preparazione verdure: comprende tavoli da lavoro per le operazioni di taglio e monda, nonché
lavatoi e/o macchine lavaverdure per le operazioni di lavaggio del tipo a vasca od a nastro a seconda
delle modalità di funzionamento, pelapatate, cutters, armadi frigoriferi, carrelli, ecc.
L'adozione di macchine lavaverdura riveste una notevole importanza nei centri di cottura. La
presenza di residui di sostanze chimiche utilizzate per la produzione degli ortaggi e della frutta richiede
un processo di lavaggio, e ove necessario di disinfezione, che non deve garantire soltanto
l'allontanamento dei materiali estranei (es. terriccio, insetti).
Infatti l'azione meccanica dell'acqua deve essere profonda, accurata e prolungata per assicurare la
solubilizzazione e l'allontanamento di eventuali residui di sostanze chimiche dalle derrate;
- preparazione carne: comprende tavoli da lavoro, ceppi batticarne, macchine affettatrici, segaossa e
tritacarne, nonché lavatoi per le operazioni di lavaggio, tavoli armadi refrigerati, ecc.;
- preparazione pesce: è attrezzata con tavoli da lavoro e lavatoi, nonché armadi frigoriferi per la
conservazione del prodotto grezzo o lavorato, carrelli, ecc.;
- preparazione piatti freddi: comprende tavoli, lavatoi, affettatrici, armadi frigoriferi, carrelli, ecc.
La zona cottura costituisce il settore "nevralgico" intorno a cui ruota qualsiasi entità preposta per la
produzione dei pasti. Il tipo di attrezzatura spazia tra più soluzioni a seconda del tipo di utenza, della
potenzialità degli impianti, della natura dei pasti approntati.
Nelle cucine attrezzate con sistemi di cottura con macchine tradizionali le varie operazioni sono
incentrate sul binomio cucina (o piano di cottura) + pentole, integrato con altre apparecchiature più
specialistiche per i vari tipi di cottura, quali forni a convenzione ed a vapore, friggitrici a vasca,
bistecchiere a piastra alimentate a gas od a corrente elettrica, brasiere ribaltabili, elementi bagnomaria,
ecc.
Le cucine attrezzate con sistemi di cottura con macchine a ciclo continuo, rispetto alle precedenti,
sono caratterizzate da scarsa flessibilità ed alta potenzialità per cui sono indicate in presenza di livelli
produttivi elevati con menù standardizzati ed una programmazione rigida. In questo caso le macchine
in continuo (cuocipasta, friggitrici, bistecchiere, tunnel a vapore per le verdure e simili) sono integrate
con altre di tipo tradizionale.
Nell'ambito degli spazi destinati alla preparazione ed al confezionamento dei pasti nelle cucine di
grossa potenzialità dovrebbe essere previsto ancora un settore, adeguatamente attrezzato, destinato alle
operazioni successive alla cottura, in base al sistema seguito:
a) linea calda: consente il consumo immediato dei pasti in locali mensa attigui alle cucine o presso
terminali periferici agevolmente raggiungibili. In quest'ultimo caso dovrebbe essere previsto il
confezionamento a caldo in vassoi monoporzione compresi in contenitori termici atti al trasporto a
distanza.
La legislazione vigente (legge 1962, n. 283; D.P.R. 1980, n. 327) dispone che gli alimenti deperibili
cotti mantengano prima del consumo le seguenti temperature:
- alimenti deperibili cotti da consumarsi caldi: temperatura superiore a 60-65°C;
- alimenti deperibili cotti da consumarsi freddi: temperatura inferiore a 10°C.
Tempi di stazionamento e di trasporto dei cibi caldi.
Anche i tempi di stazionamento (porzionatura, confezionamento, trasporto e distribuzione) pur non
essendo specificamente regolamentati, in questo caso sono importanti dal punto di vista igienico,
nutrizionale ed organolettico, per cui è necessario contenere il tempo che intercorre tra ultimazione
della cottura e somministrazione eliminando i tempi morti, ciò vale sia per il produttore che per l'ente
appaltante. Inoltre, la distanza ha il centro di produzione pasti e il punto di consumo non deve essere
superiore a 50 Km. in ogni caso la durata del trasporto dal centro all'utenza non deve essere superiore
ad 1 ora. Si fa carico all'ente appaltante la verifica frequente delle qualità organolettiche in relazione
alla distanza ed ai tempi di percorrenza che devono essere calcolati nella punta di massimo traffico in
relazione all'orario previsto per il consumo.
Sulla scorta delle segnalazioni che perverranno da parte degli enti appaltanti nonché della
commissione per il vitto di cui all'art. 6 del presente decreto si provvederà alla eventuale revisione dei
suddetti parametri (distanza e tempo);
b) linea fredda (refrigerata o surgelati): è tipica dei grandi centri di cottura che distribuiscono i pasti
a più terminali periferici e ad una utenza differenziata (comunità, fabbriche, uffici) sia per età che per
attività lavorativa.
Il legame freddo surgelato, rispetto a quello refrigerato è disciplinato anche dalla legge 1968, n. 32,
inerente gli alimenti surgelati.
Prima del consumo i cibi conservati con il freddo debbono essere ricondizionati ad una temperatura
intorno ai 65°C prima del consumo, il trattamento avviene tramite forni a convezione, od a microonde.
Particolare attenzione va prestata, in questo caso, alle modalità ed ai mezzi di trasporto dalle cucine
ai terminali di consumo ed alla idoneità delle attrezzature ad esso connesse (contenitori isotermici, ecc.)
poiché entrambi devono essere rispondenti alle esigenze igieniche della migliore tecnologia.
Lavaggio e rigoverno del pellame e delle stoviglie
Nel contesto dei locali di lavorazione dei centri di cottura, anche se in posizione appartata rispetto
agli impianti di approntamento dei pasti, andrebbe individuata un'area attrezzata destinata al lavaggio
ed al rigoverno del pentolame, e delle eventuali stoviglie quando non si utilizzano vassoi a perdere,
distinguibile in due zone:
- zona per il lavaggio del pentolame: è destinata al rigoverno delle attrezzature utilizzate per la
preparazione e la cottura dei pasti e va ubicata nelle immediate adiacenze dei settori di preparazione e
cottura, dato che da questi deriva la maggior parte dei materiali da rigovernare. L'attrezzatura, in questo
caso, è costituita da ripiani di lavoro, capaci vasche per l'ammollo ed il prelavaggio, nonché macchine
lavapentole e sterilizzatore per la coltelleria;
- zona lavaggio stoviglie e bicchieri: prevede, oltre il lavaggio, le operazioni di ritiro e di cernita;
utilizza tavoli da lavoro, carrelli, nonché macchine lavastoviglie. Sono consigliabili lavastoviglie a
cesto fisso, del tipo a funzionamento discontinuo, per piccole utenze o macchine semiautomatiche a
cesto trascinato od a nastro, a funzionamento continuo, per grosse utenze.
Chiaramente i lavelli utilizzati per la pulizia degli utensili vanno distinti da quelli destinati al
lavaggio degli alimenti o per l'igiene delle mani. Anche in questo caso, tutti i rubinetti compresi
nell'ambito dello stabilimento, o del laboratorio, devono essere dotati di comando di erogazione non
manuale.
E' auspicabile sostituire i sifoni, negli scarichi provenienti dal lavaggio di pentole e stoviglie, con
vaschette sifonate condensagrasso munite di dispositivo di estrazione. Quest'ultimo accorgimento evita
che le materie grasse in sospensione nelle acque calde di scarico, col raffreddamento vadano a
depositarsi sulle parti interne delle tubazioni determinandone l'intasamento.
2.1 - Conservazione delle materie prime
Circa il dimensionamento dei locali per la conservazione delle materie prime e per il deposito di
prodotti finiti sono da valutare preventivamente la potenzialità dell'impianto e la frequenza e la natura
degli approvvigionamenti. Va altresì considerata l'esigenza di dovere disporre di spazi, distinti per il
deposito delle derrate non deperibili e per la conservazione delle sostanze alimentari che necessitano di
basse temperature.
Per il deposito delle derrate non deperibili, tranne esigenze particolari, non si richiedono peculiari
accorgimenti costruttivi, né speciali attrezzature, specie se le sostanze sono contenute nelle confezioni
originali. Pertanto, fatta eccezione per i locali destinati alla conservazione, stagionatura od
invecchiamento di taluni prodotti (es. formaggio, salumi, ecc.), gli ambienti devono essere
sufficientemente asciutti ed aerati, dotati di tutti quei dispositivi idonei ad impedire la penetrazione di
insetti e di roditori, e provvisti di armadi o, in presenza di prodotti preconfezionati, meglio di
scaffalature metalliche.
Le scaffalature in uso sono generalmente del tipo componibile, a più ripiani, dei quali il primo va
posto ad un'altezza non inferiore a cm. 20 dal piano di calpestio ed il più alto ad un'altezza non
superiore a cm. 200. Come materiali sono consigliabili l'acciaio inox o altro metallo o materiale
plastico.
La superficie dei piani di appoggio deve essere liscia, tuttavia se è previsto l'appoggio di materiali
bagnati si possono usare ripiani grigliati, nervati o forati.
In ordine all'ancoraggio è consigliabile non addossare le scaffalature alle pareti ma fissarle ad esse
con appositi attacchi distanziatori.
Le scaffalature andrebbero realizzate in modo da consentire agevolmente la movimentazione della
merce, nonché il prelievo prioritario dei prodotti più a lungo conservati. Una sezione, nell'ambito del
deposito, opportunamente riparata dalla luce, andrebbe riservata per la conservazione delle patate e dei
tuberi.
Va notato ancora che tranne la deroga prevista per i depositi di cereali e di prodotti ortofrutticoli non
trasformati, le pareti ed i pavimenti devono essere facilmente lavabili e, ove occorra, disinfestabili.
Per quanto riguarda la conservazione delle sostanze deperibili è necessario disporre di armadi o di
celle frigorifere adeguati alla potenzialità dello stabilimento, regolabili alle temperature richieste dalle
esigenze di conservazione delle varie sostanze. Così ad esempio, la verdura, la frutta ed i vegetali
prevedono temperature tra 4° e 10°C, le carni devono essere mantenute a temperature tra 1° e 4°C,
mentre per i prodotti carnei sono richieste temperature da 2° e 6°C. In ordine ai prodotti d'uovo
congelati sono previste temperature di conservazione non superiori a 10°C fino al momento dello
scongelamento per la relativa utilizzazione, mentre altre celle frigorifere sono necessarie per la
conservazione temporanea dei prodotti d'uovo refrigerati a temperatura non superiore a + 3°C e per gli
ingredienti utilizzati per la preparazione di paste farcite (circolare Ministero della sanità 3 agosto 1985,
n. 32).
I frigoriferi, di regola, sono realizzati in muratura o costruiti con pannelli modulari prefabbricati. In
entrambi i casi devono essere dotati di superfici interne, uniformi, lavabili e, se il caso, disinfettabili.
La tendenza attuale si orienta, tuttavia, verso il secondo tipo, in quanto oltre a rappresentare una
innovazione rispetto a quelle in muratura, consente, attraverso la modularità, di ottenere
dimensionamenti programmabili per ogni esigenza e per eventuali futuri ampliamenti che possono
essere realizzati anche durante l'esercizio con limitato disagio per l'attività aziendale.
Il gruppo compressore va posto, anche distante dalle celle, in posizione ventilata, preferibilmente
all'esterno del locale, tenuto conto che per la sua struttura si presta all'accumulo di polvere difficilmente
asportabile.
Le dimensioni delle celle sono molto diversificate, con un minimo di cm. 120x150, secondo una
modularità caratteristica del modello e della ditta produttrice.
In aggiunta ai citati impianti frigoriferi è necessaria, altresì, la dotazione di celle per la
conservazione degli alimenti surgelati, in grado di assicurare una temperatura di - 20°C o qualsiasi altra
temperatura inferiore che possa essere prescritta da norme particolari per determinati prodotti. Ogni
cella va munita di termometro preferibilmente a registrazione continua.
Per collocare ciascun tipo di alimento nei punti più adatti dello spazio refrigerato il personale
dovrebbe essere edotto della temperatura e della circolazione dell'aria all'interno dei vari settori
dell'impianto frigorifero. Il cibo infatti, deve essere riposto in base alle esigenze di conservazione ed in
modo che l'aria possa circolare liberamente attorno ad esso. Una scarsa ventilazione e recessi di aria
non a temperatura adeguata possono infatti facilitare la crescita di muffe e di lieviti. Le salse, ad
esempio, dovrebbero essere poste vicino alle serpentine e conservate in contenitori dove è preferibile
che la larghezza superi la profondità, tenuto conto che questi forniscono uno spazio di raffreddamento
per i liquidi più grande rispetto a recipienti più profondi. I prodotti carnei vanno distanziati dalle
serpentine congelanti e le uova ed altri alimenti ancora più distanziati. Gli alimenti soggetti a più lunga
conservazione dovrebbero essere posti nelle sezioni più fredde del frigorifero; inoltre il cibo
caratterizzato da odore penetrante va tenuto il più lontano possibile dagli alimenti che assorbono
facilmente gli odori, come il burro.
Da notare, infine, che le carni non cotte dovrebbero essere conservate separatamente da quelle cotte
ed in ogni caso mai poste negli scomparti superiori per evitare il rischio di contaminazioni ad opera del
gocciolamento dei fluidi tissutali. Analogia separazione è prevista per le uova rispetto ad altre materie
prime deperibili (circolare Ministero della sanità 3 agosto 1985, n. 32).
La conservazione delle carni fresche deve avvenire in celle separate rispetto a quelle in cui sono
conservati gli altri alimenti, tenendo presente altresì che le carni bianche devono essere conservate in
comparti separati rispetto alle carni rosse a meno che non trattasi di carni imballate.
3 - INGRESSI, PERCORSI E DISPOSIZIONE
DELLE ATTREZZATURE
E' opportuno che i punti di arrivo e di ingresso delle derrate siano distinti da quelli riservati al
personale. In condizioni ideali gli ingressi delle materie prime e dei prodotti finiti destinati al consumo
dovrebbero aprirsi, senza reciproche interferenze, su un adeguato spazio libero in modo da agevolare la
manovra degli automezzi.
In particolare, la zona di ingresso delle derrate dovrebbe provvedere il controllo e la pesatura delle
merci. Inoltre dovrebbe garantire un agevole scarico a mezzo carrelli semplici, accedendo direttamente
al cassone dei mezzi di trasporto grazie ad una banchina appositamente predisposta, od utilizzando
carrelli elevatori di portate adeguate, qualora le derrate arrivino confezionate in pallets.
Per quanto riguarda i percorsi, i vari ambienti o settori di lavoro, in relazione alla specifica
destinazione, vanno organizzati e dimensionati in modo da semplificare al massimo l'iter delle sostanze
in lavorazione, evitando l'ingombro di attrezzature e l'affollamento di personale. Ciò anche per
garantire una facile ed adeguata pulizia. E' opportuno, inoltre, che tali ambienti abbiano forma il più
possibile quadrata per limitare installazioni con sviluppo longitudinale che obbligano il personale a
spostamenti faticosi e dispersivi.
E' consigliabile, altresì, che nel calcolo degli spazi operativi sia previsto un eventuale impiego di
lavapavimenti a frazione elettrica, del tipo lavasciuga, particolarmente utili negli stabilimenti di una
certa potenzialità.
3.1 - La razionale organizzazione dei percorsi nel settore alimentare, a prescindere dalla natura dello
stabilimento, costituisce un aspetto di notevole importanza tenuto conto che eventuali errori di progetto
possono essere causa di difficoltà operative per il personale e rappresentare tanti livelli di potenziale
inquinamento o di insudiciamento delle sostanze in corso di lavorazione. Tale studio, in particolare,
deve prevedere, attraverso una ordinata disposizione dei settori e degli impianti (lay-out), una
organizzazione del lavoro che, evitando percorsi inutili, assicuri il criterio della marcia in avanti delle
sostanze alimentari, ossia un itinerario unidirezionale che dalla zona sporca progredisca verso zone
sempre più pulite, fino alle sezioni di confezionamento o deposito.
3.2 - Lo stesso criterio deve essere seguito per quanto riguarda l'allontanamento dei rifiuti il cui
flusso dovrebbe essere studiato in maniera tale da non incrociare quello delle sostanze alimentari in
lavorazione, tenendo presente che la maggiore quantità di scarti si produce a livello della zona di
preparazione ed il corrispondente del lavaggio delle stoviglie.
Per il deposito temporaneo degli scarti della lavorazione e dei rifiuti di cucina, di regola, sono
utilizzati cassonetti o sacchi di plastica resistente (l 100), sorretti da trespoli reggisacco, muniti di
coperchio sollevabile con comando a pedale. I sacchi, una volta pieni ed accuratamente chiusi, vanno
trasferiti all'esterno dell'area di lavorazione e depositati in un sito facilmente accessibili ai mezzi di
rimozione preferibilmente dotato di adeguata tettoia, e se il caso di una rete metallica a fitte maglie, per
proteggere i rifiuti dagli animali randagi e dai roditori, quando non si usano cassonetti. Le pareti, in
corrispondenza del deposito, devono risultare lisce ed impermeabili, raccordati con angoli smussi al
pavimento anch'esso impermeabile, dotato di adeguata pendenza verso un apposito fognolo. E'
opportuno prevedere, altresì, una presa idrica per l'eventuale pulizia con getto d'acqua della zona
interessata.
Ovviamente il problema dei rifiuti nel caso dei centri di cottura può essere contenuto all'altezza della
parte iniziale della catena di lavorazione attraverso l'eliminazione degli scarti, l'asportazione degli
involucri, la "toelettatura" delle carni e la cernita delle verdure. Questi, infatti, costituiscono la parte
prevalente dei rifiuti prodotti da un centro di cottura e nel complesso la meno putrescibile, ma che
commisti agli avanzi della tavola, aliamente prescindibili, viene a costituire una massa di un certo
rilievo che comporta maggiori oneri per il deposito e l'allontanamento.
3.3 - Riguardo alla preparazione ed al lavaggio delle verdure, indipendentemente dalla disponibilità
di un ambiente separato o di un settore ben delimitato della cucina, l'ubicazione deve essere individuata
in prossimità dello spazio posto all'esterno dell'edificio, dove sono ubicati i contenitori portarifiuti,
onde ridurre il più possibile i percorsi sporchi.
3.4 - In ordine alla disposizione degli impianti, delle attrezzature e delle suppellettili pertinenti alla
lavorazione, vanno studiati criteri di posizionamento lungo la catena di produzione, in corrispondenza
dei punti di utilizzo e delle rispettive zone di preparazione. Ad esempio gli impianti destinati
prevalentemente alla preparazione ed alla cottura delle verdure andrebbero posti vicino alla zona di
preparazione delle verdure stesse e così via. Ciò per ridurre i percorsi ed evitare incroci di alimenti e di
personale. Altro elemento che deve essere tenuto in considerazione riguarda gli ingombri e gli spazi
operativi previsti per ogni apparecchiatura.
Gli impianti, inoltre, andrebbero installati non soltanto per la loro peculiare utilizzazione, ma anche
in considerazione della facilità di pulizia, e se necessario disinfezione, con particolare riguardo a quelle
parti in contatto con gli alimenti.
Il posizionamento delle varie apparecchiature, in particolare dovrebbe potere consentire
agevolmente l'ispezione e la pulizia delle stesse. Pertanto è necessario prevedere una superficie
adeguatamente ampia sia per la manutenzione degli impianti, sia per permettere al personale di
spostarsi senza che in alcun modo possa contaminare i prodotti in preparazione con gli indumenti o con
il contatto diretto. E' altresì necessario prevedere superfici liscie ed uniformi, prive di fessure, raccordi
di tipo negativo o punti ciechi, potenzialmente colonizzabili da roditori e da artropodi: inoltre le palette
ed i pannelli degli agitatori saranno di tipo asportabile per una facile detersione.
Le attrezzature fisse, preferibili quelle a sbalzo, a meno che non siano accostate accuratamente alle
pareti senza soluzioni di continuo. Vanno poste ad una distanza di 40-60 cm. o, meglio, sistemate ad
isola per una più agevole asportazione del sudiciume e dei rifiuti. Per gli stessi motivi devono essere
previsti adeguati spazi tra le pareti ed i condotti e tubazioni.
Le varie apparecchiature nell'ambito dello spazio disponibile, inoltre, vanno collocate in relazione
alla loro utilizzazione ed alla natura delle sostanze lavorate tenuto anche conto della ubicazione dei
depositi.
Ogni laboratorio, indipendentemente dalla potenzialità, deve essere dotato di un adeguato numero di
tavoli e ripiani di lavoro preferibilmente in acciaio inox e con esclusione del legno e di qualunque altro
materiale, facilmente usurabile. I tavoli vanno posti preferibilmente a "isola", opportunamente
distanziati dalle pareti. Se i tavoli devono essere addossati alle pareti occorrerà dotare questi di alzatina
in acciaio inox, di 10 cm. in perfetta aderenza con il piano orizzontale, in grado di impedire la caduta,
nello spazio tra tavole e parete, di materiale che difficilmente verrebbe ad essere rimosso dalle
routinarie operazioni di pulizia. La linea di saldature tra superfici orizzontali e verticali deve essere
continua e lo spigolo deve essere raccordato.
4 - ILLUMINAZIONE E RICAMBIO DELL'ARIA
Tutti i locali destinati alla lavorazione devono esser dotati di idonee aperture con l'esterno ai fini di
un'adeguata aerazione e buoni livelli di illuminazione naturale: quest'ultima, se il caso, può essere
integrata con impianti di illuminazione artificiale tali da offrire nei vari punti di lavoro livelli
illuminotecnici sufficienti ed uniformi.
L'aerazione degli ambienti o settori operativi, in base ad esigenze imposte dai cicli di lavorazione,
può essere anche assicurata da impianti di ventilazione onde realizzare condizioni microclimatiche
favorevoli.
A tale proposito una speciale cura deve essere rivolta nei confronti di tutti quegli impianti
caratterizzati da produzione di vapore per mantenere i valori igrometrici ambientali in limiti accettabili.
Ciò, evita, specie nel corso della sosta notturna fastidiose condensazioni di umidità sulle superfici
fredde, con inevitabile sgocciolamento dell'acqua di condensazione e formazione di colonie di muffe
sulle pareti.
Gli apparecchi di cottura, in particolare, vanno dotati di apposita cappa in acciaio inox, con risvolto
interno perimetrale per la raccolta della condenza e filtri antigrasso asportabili. La cappa, provvista di
adeguato aspiratore, va raccordata ad una canna di ventilazione.
La cappa, rispetto al piano di calpestio, va installata ad un'altezza tale da non costituire motivo di
impedimento per il personale, tenuto conto che, come minimo, deve sporgere almeno 20 cm. oltre il
perimetro del sottostante piano di cottura.
Chiaramente l'eliminazione delle fumane e degli odori comporta un adeguato reintegro dell'area
espulsa per evitare "corto circuiti" con le fessure degli infissi e delle porte di comunicazione.
5 - ALTRI ASPETTI STRUTTURALI
Le pareti ed i pavimenti dei locali di lavorazione vanno realizzati con materiale uniforme ed
impermeabile, per rendere agevoli le operazioni di lavaggio, pulizie e, ove necessario, i trattamenti
disinfestanti.
In particolare, il rivestimento delle pareti deve avere un'altezza di almeno m 2 dal piano di calpestio
od a tutt'altezza laddove si prevede il lavaggio con getti d'acqua, in questo caso è opportuno che il
rivestimento sia ottenuto con piastrelle smaltate preferibilmente di colore chiaro per consentire
l'individuazione di tracce di sporco.
I piani di calpestio in corrispondenza degli impianti vanno dotati di grigliati a pavimento
dimensionati e strutturati secondo necessità. Nelle zone prive di apparecchiature, invece, può essere
prevista una adeguata pendenza verso uno o più fognoli con chiusura idraulica per lo scarico delle
acque di lavaggio. I pavimenti vanno raccordati alle pareti preferibilmente con angolature smusse a
mezzo di piastrelle curve: da escludere il silicone o gli stucchi epossidici di dubbio risultato.
Analogamente sono da escludere i listelli curvi di alluminio prestampato, fissati mediante viti e/o
silicone, per l'inevitabile creazione di spazi tra muratura e metallo, facile ricettacolo di sudiciume e di
insetti.
In ordine ai materiali impiegati per la pavimentazione, la scelta va orientata in base alla destinazione
dei locali. Così, ad esempio, gli spazi destinati alla ricezione delle materie prime od al deposito dei
rifiuti possono essere pavimentati con gettate di cemento uniforme, gli ambienti di lavorazione con gres
antisdrucciolevole, mentre gli uffici ed alcuni depositi possono essere rivestiti, indifferentemente, con
monocolture, marmo, gres porcellanato e simili.
6 - MISURE PER IL CONTROLLO DELLE INFESTAZIONI
A parte gli interventi con mezzi meccanici, fisici e chimici da adottare periodicamente od in caso di
necessità, un efficace controllo contro le infestazioni può essere attuato in sede di progetto attraverso
adeguate misure intese ad impedire la penetrazione e la moltiplicazione di insetti e roditori all'interno
degli stabilimenti.
Utili al riguardo gli interventi intesi a prevenire la formazione di chiazza di umidità, attraverso un
adeguato isolamento degli ambienti, o a rendere le pareti ed i pavimenti uniformi, angoli arrotondati,
onde agevolare le operazioni di pulizia ed al contempo rendere difficoltoso l'insediamento di insetti.
I cunicoli degli impianti tecnologici, oltre a rappresentare un ricettacolo di rifiuti, possono costituire
un habitat favorevole per insetti e/o roditori. Appare quindi consigliabile, compatibilmente con altre
esigenze di natura estetica e funzionale, ricorrere ove possibile alla realizzazione di impianti aerei.
Dovendo necessariamente utilizzare cunicoli, questi dovrebbero essere dimensionati in modo da
consentire un comodo accesso anche per gli interventi di disinfestazione con botole di ispezione dotate
di griglie metalliche a fitte maglie.
Ai fini del controllo delle infestazioni è necessario, inoltre, che i macchinari installati, ove possibile,
siano sollevati dal pavimento per consentire un'adeguata pulizia del basamento. Vanno altresì eliminate
le scabrosità nei punti di saldatura o di giunzione dove più frequentemente inizia la colonizzazione
degli insetti: inoltre va controllata la perfetta saldatura delle estremità delle guarnizioni di gomma onde
evitare che queste possano albergare nelle loro cavità colonie di blatte.
Sempre a proposito della prevenzione dell'infestazione da blatte è necessario eliminare ogni
fessurazione dei muri, ogni piccolo foro delle pareti, dove facilmente queste possono annidarsi. Inoltre,
le centraline degli impianti elettrici, anche quelle dei singoli macchinari, debbono essere facilmente e
completamente ispezionabili, così come le macchine stesse. Infatti in questi particolari microambienti è
frequente rinvenire la Blattella, attratta dal colore emanato dall'ambiente privo di luce e ben protetto.
Nei riguardi delle mosche, risultano utili le reti metalliche a fitte maglie montate su telai e le tende a
bacchette pendule, poste rispettivamente in corrispondenza delle finestre e degli ingressi esterni.
In ordine alla lotta contro i roditori il mezzo più efficace di prevenzione consiste nel costruire
strutture a "prova di ratto".
Per quanto riguarda le fondamenta è opportuno realizzare contromurazioni in cemento, profonde
almeno 60 cm. e con la parte orizzontale situata alla base, larga almeno 30 cm. Eventuali buchi prodotti
dai roditori, inoltre, vanno tappati con cura introducendo rete metallica a fitte maglie arrotolata e
coperta con cemento contenente frammenti di vetro.
Le porte in legno dovrebbero essere dotate nella parte inferiore di angoli metallici, mentre la
protezione delle finestre dovrebbe essere assicurata da reti metalliche a fitte maglie. Queste dovrebbero
essere fissate all'apertura con telai in legno, protetti da profilati metallici. Analoghe reti dovrebbero
essere utilizzate per proteggere i fognoli e qualunque comunicazione con le fognature.
Va notato ancora che grondaie, cavi elettrici e telefonici, e canalizzazioni in genere, costituiscono
vie per favorire l'ingresso dei roditori negli immobili. A tal fine, pertanto, sarà opportuno dotare le
grondaie di dispositivi che impediscono ai ratti di raggiungere le coperture e proteggere le
canalizzazioni con fogli metallici di varia foggia.
E' buona norma, infine, prevedere nei depositi agevoli passaggi tra le pareti e le merci accatastate. In
pratica, le merci dovrebbero essere adeguatamente distanziate dalle pareti in modo da disturbare
l'abitudinario spostamento dei roditori dai punti di annidamento alle fonti di cibo. Tale criterio consente
di accertare tempestivamente - dal rilievo delle tracce, dagli escrementi e da eventuali danni - la
presenza di tali infestati e, per conseguenza, di intervenire sollecitamente con adeguate contromisure.
7 - APPROVVIGIONAMENTO IDRICO
Circa l'approvvigionamento idrico il D.P.R. n. 327/80 obbliga la disponibilità di acqua destinata al
consumo umano in quantità sufficiente alla natura ed alla potenzialità dello stabilimento. Ove ciò non
sia possibile è consentito ricorrere anche ad acque con caratteristiche fisico-chimiche diverse, ma in
ogni caso corrispondenti ai requisiti microbiologici e, relativamente alle tolleranze ammesse per le
sostanze nocive, a quelli chimici prescritti per le acque potabili. Viene fatto espresso divieto, tuttavia,
salvo specifiche deroghe, di utilizzare tali acque nel ciclo di lavorazione delle sostanze alimentari e per
la pulizia degli impianti, delle attrezzature e degli utensili destinati a venire a contatto con tali sostanze.
A tal fine le reti idriche di distribuzione interna devono essere nettamente separate, indipendenti, e
riconoscibili in modo da evitare possibilità di miscelazione.
Non si ritiene superfluo sottolineare l'importanza, ed al tempo stesso la delicatezza, che assumono
gli impianti destinati al servizio potabile all'interno di stabilimenti o di laboratori di produzione di
sostanze alimentari. Infatti, per iniziali errori di progettazione o, più frequentemente, per ripetuti
rimaneggiamenti strutturali, riferibili ad ampliamenti operati nell'esercizio od alla introduzione di
nuove apparecchiature, non è eccezionale scoprire carenze più o meno gravi nell'installazione degli
impianti idrici. La conseguenza di tali manchevolezze è di rischio di penetrazione di inquinanti in
canalizzazioni destinate a convogliare esclusivamente acque ad uso potabile (cross-connection e backsiphonage).
All'interno di stabilimenti industriali, molto spesso provviste di doppia alimentazione idrica, le
cross-connections possono essere individuate in una irrazionale separazione delle due reti o nella
presenza di bocche di alimentazione sommerse in vasche di lavorazione o di lavaggio, o nella
mancanza o guasto delle valvole di ritegno degli impianti. Si ricorda ancora che una pericolosa fonte di
contaminazione può essere riferibile all'installazione abusiva di elettropompe direttamente nella rete al
fine di aumentare la provvista potabile di insediamenti ubicati in zone afflitte da una costante penuria
idrica.
8 - SERVIZI
8.1 - Lavabi
Per quanto riguarda gli impianti sanitari il già menzionato regolamento n. 327/1980 prevede la
dotazione di un numero adeguato di lavabi con comando non manuale nei locali di lavorazione, in punti
facilmente accessibili.
La presenza di lavabi nel contesto degli ambienti di lavorazione, e l'uso di tali apparecchi da parte
del personale che a qualunque titolo ha modo di entrare a contatto con gli alimenti, anche
saltuariamente, rappresentano una condizione indispensabile per la lavorazione igienica delle sostanze
alimentari. Tale esigenza è imperativa specie quando dette sostanze non prevedono, prima del
consumo, la cottura, il lavaggio od il depellamento o quando i cicli di lavorazione non risultano
completamente automatizzati.
L'acqua dovrebbe essere corrente per giungere ad un migliore e progressivo effetto di detersione.
Questa esigenza, in un impianto di lavaggio collettivo, comporta un calcolo numerico di disponibilità di
rubinetti che diano acqua grondante a comando, in relazione all'utenza, tenendo presente un consumo
di acqua dai 2 ai 5 litri per lavaggio singolo e la durata media di 1-2 minuti per ogni operazione. Nel
complesso la dotazione idrica giornaliera di ogni centro deve essere non inferiore a mc. 0,5 ogni 500
pasti o frazione inferiore a 500.
Per quanto riguarda la rubinetteria, sempre per evitare il contatto diretto, oltre che per contenere il
consumo di acqua calda, sono da preferire miscelatori con comando a leva, azionabile a gomito, a
ginocchio, a pedale, ad infrarossi od a cellula fotoelettrica.
Va notato ancora in merito ai lavabi che questi, dovendo essere impiegati soltanto con acqua
corrente, comportano l'uso di pilette di scarico con griglia per evitare che abbiano ad introdursi
materiali estranei, al posto della ghiera metallica su cui si adagia il tappo.
Ovviamente oltre agli apparecchi compresi nei locali di lavorazione dovrebbero essere previsti nel
contesto dello stabilimento altri lavabi sempre ad uso del personale da utilizzare durante le pause
lavorative od all'inizio ed alla fine dei turni di lavoro. A tale proposito può essere utile disporre cartelli
invitanti il personale a lavarsi accuratamente le mani prima di riprendere il lavoro.
8.2 - Latrine ed orinatoi
Altra prescrizione prevista dal regolamento riguarda l'installazione di un congruo numero di latrine,
con antilatrine, dotate di porte a chiusura automatica, e pareti e pavimenti facilmente lavabili e
disinfettabili.
Le latrine vanno collocate in zone possibilmente appartate, non comunicanti direttamente con i
locali adibiti alla lavorazione od al deposito ed al tempo stesso facilmente accessibili ed individuabili.
E' opportuno che la distanza col posto di lavoro non superi i 30 m.
La superficie consigliabile sia per le latrine che per le antilatrine è di circa mq. 1,25 (m. 1,00 x 1,25
x h. 3) tenuto conto che le porte di accesso delle latrine dovrebbero aprirsi verso l'esterno per un
eventuale soccorso a soggetti in preda a malessere e che nell'antilatrina va installato almeno un lavabo.
Superfici inferiori renderebbero piuttosto difficoltose anche le operazioni di pulizia.
In ordine alle caratteristiche costruttive è opportuno, anche in questo caso, prevedere pavimenti,
raccordati alle pareti ad angolo arrotondato, dotati di conveniente pendenza onde agevolare lo
scorrimento delle acque di lavaggio e di eventuali rifiuti liquidi, verso appositi chiusini a pavimento.
Circa i materiali impiegati per il rivestimento delle pareti e dei pavimenti la preferenza dovrà essere
data a materiali uniformi ed ovviamente lavabili.
Le pareti dovrebbero essere rivestite preferibilmente con piastrelle di gres porcellanato o similari,
marmo, quarzite, pitture a smalto, da applicare preferibilmente a tutta altezza e comunque almeno fino
a m. 2,00.
Utilizzando le piastrelle, al fine di evitare in corrispondenza dei tagli la formazione di giunture
irregolari, facile ricettacolo di sudiciume, in sede di progettazione è consigliabile dimensionare le pareti
da rivestire in base a multipli di 10 x 10, 10 x 20 e 20 x 20.
Circa il trattamento del legno degli infissi esterni, quando non si usa alluminio anodizzato o
smaltato, sono preferibili le pitture a smalto, mentre per la porta di accesso dal lato del servizio e per gli
eventuali armadi e ripiani può essere indicato anche il rivestimento con laminati plastici.
8.3 - Spogliatoi
Il regolamento n. 327/80, prevede una adeguata dotazione di spogliatoi forniti di armadietti
individuali lavabili e disinfettabili, a doppio scomparto per il deposito, rispettivamente degli indumenti
personali e di quelli usati per il lavoro.
L'elemento principale dello spogliatoio è rappresentato dall'attrezzatura di deposito degli indumenti.
Il tipo più semplice è dato da una serie continua di appendiabiti applicabili alle pareti o posti tra due
file di panche parallele. E' questa la soluzione più economica anche se di limitata utilizzazione in
quanto non consente la separazione degli indumenti. In questo caso le panche dovrebbero essere
disposte di fronte ai ripiani di appoggio degli indumenti, risultando poco agevole effettuare continui
movimenti di torsione del busto, per potere raggiungere gli indumenti stessi. Tuttavia molti costruttori
preferiscono proporre un'unica struttura di deposito e di sedile ai fini del contenimento degli spazi di
ingombro e di utilizzazione e della eliminazione di intralci durante le operazioni di pulizia.
Oltre agli appendiabiti citati, invero poco pratici e non proponibili per un ambiente lavorativo, sono
disponibili in commercio armadietti guardaroba singoli, di varia tipologia, realizzati con pannelli di
legno, di acciaio, zincato o smaltato, o di materiale plastico, caratterizzati da accorgimenti costruttivi
che facilitano e rendono sicuro l'utilizzo e la pulizia, tipo: spigoli delle ante arrotondati per evitare il
più possibile incidenti; guarnizioni di battuta per le ante così da attenuare il rumore dovuto allo
sbattimento; pareti e ripiani orizzontali raccordati con un raggio di curvatura di almeno 40 mm. per
facilitare la pulizia interna; fori di ventilazione per ogni anta o sistema di ventilazione sul retro degli
armadietti con possibilità di circolazione d'aria dalla parte bassa verso l'alto. Un altro utile
accorgimento è quello di porre sotto l'armadietto, direttamente a contatto col pavimento, una
zoccolatura di 20 cm. per facilitare la pulizia e preservare nel tempo l'agibilità degli armadietti.
Chiaramente gli armadietti spogliatoio dovrebbero essere dotati di un doppio scomparto, uno
destinato agli indumenti civili e l'altro a quelli di lavoro. Tale esigenza scaturisce anche dal rilievo che
nel caso di stabilimenti alimentari gli indumenti personali, attraverso gli abiti da lavoro possono
rappresentare una potenziale causa di contaminazione dei prodotti manipolati.
Il pavimento e le pareti del vano spogliatoio andrebbero piastrellati con elementi appositamente
studiati per l'utilizzo a piedi nudi, con alte qualità antisdrucciolevoli. In alternativa si può adottare,
anche per lo spogliatoio, così come per la zona docce, un pavimento ribassato nella parte centrale con
la sovrapposizione di un grigliato in acciaio zincato appositamente studiato per l'uso a piedi nudi,
dotato cioè di una maggiore superficie d'appoggio. Sarà bene applicare all'acciaio del grigliato uno
strato di polvere termoplastica o poliammidica così da diminuire la sensazione di freddo che si avverte
al contatto con elementi metallici nudi.
8.4 - Docce
Sempre in base al regolamento n. 327/80, negli stabilimenti alimentari deve essere disponibile un
congruo numero di docce, adeguato a seconda del tipo di lavorazione ed al numero di persone addette.
Il servizio, di regola, va inserito in vani singoli, ognuno dotato di piano-doccia di forma quadrata, di
soffione posto a circa m. 2 dal piano sottostante e di miscelatore, preferibilmente termostatico per
consentire il deflusso dell'acqua alla temperatura desiderata.
Nel contesto del vano doccia, ed in zona riparata dagli eventuali spruzzi d'acqua, dovrebbero essere
previsti appositi ripiani a superfici lavabili, distinti per gli indumenti da lavoro e quelli personali.
Docce e spogliatoi vanno ubicati in locali comunicanti preferibilmente in corrispondenza della zona
di ingresso riservata al personale.
9 - CUCINE OSPEDALIERE - REQUISITI
9.1 - Valgono per le cucine ospedaliere i requisiti minimi strutturali e organizzativi previsti per i
centri cottura privati, con la sola eccezione dei limiti di superficie. Fermo restando quanto stabilito con
la circolare n. 709/93, al fine di garantire un migliore mantenimento delle qualità organolettiche dei
cibi caldi distribuiti ai pazienti, la soluzione ottimale da percorrere è quella della riattivazione delle
cucine ospedaliere, prevedendo anche la possibilità che una cucina intra ospedaliera possa servire più
plessi vicinori.
10 - RISTORANTI, TAVOLE CALDE E SIMILI
Rientrano in questa categoria i ristoranti, le pasticcerie, le "tavole calde", ed in genere tutti quegli
esercizi ove si approntano alimenti in cui l'aspetto della somministrazione prevale sulla produzione,
talché quest'ultima può configurarsi come strumentale rispetto alla prima (circolare Ministero della
sanità 1980, n. 79).
La distinzione, in pratica, risulta formulata in funzione principalmente della individuazione
dell'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione sanitaria. Infatti le caratteristiche costruttive e
funzionali di tali esercizi, per quanto demandate ai regolamenti locali di igiene, si richiamano di fatto,
con le dovute proporzioni, a quelle stabilite dal D.P.R. n. 327/80.
Un esercizio appartenente a tale categoria, a prescindere dall'eventuale consumazione sul posto di
sostanze alimentari, schematicamente, comprende i seguenti settori:
- cucina e/o laboratorio con annessi ambienti per il deposito delle materie prime, deperibili e non;
- locali per la vendita o per la consumazione, ove prevista, con annessi servizi per gli utenti;
- servizi per il personale (spogliatoi, latrine, ecc.).
10.1 - Settore cucina/laboratorio
Gli ambienti destinati alla preparazione delle sostanze alimentari in tale tipologia di esercizi di solito
sono ubicati a piano terra in posizione tale da agevolare gli approvvigionamenti delle materie prime e
l'allontanamento dei rifiuti, evitando, tuttavia, che possa fungere da zona di transito verso altri locali
del complesso. Al tempo stesso gli ambienti devono essere agevolmente collegati con il locale di
vendita o di consumazione in modo che l'alimento approntato possa pervenire all'utente nel più breve
tempo.
Di regola la cucina annessa ad un ristorante di grosse dimensioni è costituita da varie sezioni:
- la sezione calda, in cui si concentrano la maggior parte degli impianti e degli apparecchi per
cuocere le vivande e che occupa circa 1/3 dell'intera superficie;
- la sezione fredda, posta in prossimità delle celle od armadi frigoriferi, attrezzata con tavoli,
macchine per affettare, ripiani in acciaio inox, ecc.;
- la sezione pasticceria e gelateria;
- la zona per la preparazione dei pasti;
- l'acquaio comunicante con le sezioni precedenti, posto in modo che le stoviglie sporche arrivino
direttamente dai corridoi di servizio;
- l'anticucina, od office, che costituisce la dipendenza della cucina verso la sala del ristorante,
comprendente armadi o scaffalature per stoviglie e posate, nonché lavabi, tavole, armadi ed eventuali
montavivande nei casi in cui la sala di consumazione sia posta ad un livello diverso.
Va tenuto presente che non è preclusa la possibilità di installare le cucine nel contesto di locali
sotterranei "sempreché si sia provveduto, con mezzi idonei all'aerazione, alla illuminazione ed alla
protezione contro l'umidità" (art. 8, D.P. 19 marzo 1956, n. 303). Tuttavia le cucine in sotterraneo
pongono particolari problemi legati al maggiore rischio di allagamenti e di reflusso degli scarichi ed a
più complesse esigenze in tema di ventilazione ed illuminazione.
Le citate sezioni nelle cucine annesse a ristoranti di modesta potenzialità, fatta eccezione per i
depositi, possono essere ricavate nell'ambito di un locale di adeguate proporzioni, attiguo alla sala di
consumazione, separate da pareti a mezza altezza, opportunamente piastrellate, o da scaffalature
metalliche in acciaio inox, disposte in modo da razionalizzare i flussi di lavorazione.
Negli esercizi ancora più modesti, infine, le sezioni citate vengono a costituire di norma spazi
operativi di un unico ambiente.
Circa la superficie occorrente, i regolamenti locali di igiene di regola non prescrivono precisi
parametri essendo questi variamente influenzabili dalle dimensioni e dalla tipologia di esercizio, dal
personale impiegato, dalla dotazione di attrezzature, dalla varietà dei prodotti manipolati, ecc. A titolo
puramente indicativo la superficie può essere calcolata intorno a mq. 0,20 per un numero di coperti
superiore a 200 ed a 0,30 per un numero di coperti inferiore, con valori intermedi tra i due estremi.
Rapportata alla sala di consumazione, la cucina potrebbe avere una superficie di mq. 0,30 per metro
quadro, ossia circa un terzo della sala di consumazione. Per le cucine annesse agli alberghi una
superficie accettabile potrebbe essere quella di mq. 0,02 di cucina per ogni metro quadro di camera da
letto.
In ordine agli spazi utilizzati per lo stoccaggio delle materie prime, a parte le celle frigorifere, la
superficie consigliabile è di mq. 0,02 - 0,05 per coperto, con un minimo di superficie utile non inferiore
a mq. 6 per i piccoli esercizi.
10.2 - Caratteristiche strutturali
Fermo restando quanto accennato a proposito degli stabilimenti destinati alla produzione delle
sostanze alimentari, le caratteristiche strutturali e funzionali richieste dai regolamenti locali per tale
tipologia di impianti possono essere così schematizzate:
a) pareti rivestite, preferibilmente a tutta altezza, con materiale unione e lavabile, meglio se
costituito da mattonelle smaltate.
Il rivestimento deve interessare anche i tratti di parete a contatto con gli impianti ed i mobili e deve
essere raccordato ad angolo smusso con il pavimento;
b) arredi e suppellettili disposti razionalmente in base alle esigenze di lavorazione e con superfici
uniformi e lavabili, senza fessure o zone non aggredibili alle operazioni di pulizia che possano
costituire ricettacolo di sudiciume.
La disposizione delle attrezzature deve assicurare un adeguato spazio per la gestione degli impianti e
la circolazione del personale, nonché per le pulizie dell'ambiente, onde evitare l'accumulo di avanzi di
cibo o di sudiciume nelle zone non aggredibili alla routinarie operazione di pulizia.
Come regola generale, specie nei laboratori e nelle cucine annessi ai piccoli esercizi, dovendo
razionalizzare l'utilizzazione degli spazi, gli impianti e gli arredi occorrenti vanno distribuiti secondo
uno schema continuo, evitando interruzioni derivanti da possibili ostacoli (aperture, pilastri, radiatori,
ecc.). Per ottimizzare il lavoro ed evitare spostamenti dispersivi, è bene tenere conto dei cicli di
lavorazione precedentemente accennati, opportunamente adeguati alle dimensioni dell'utenza e cioè:
ciclo stoccaggio, preparazione, cottura, elaborazione delle portate, rigoverno delle stoviglie e del
pentolame cui corrisponde la seguente disposizione: dispensa e frigoriferi, piani di lavoro, lavelli con
scolapiatti e sottostante pattumiera, piani di lavoro, fornelli e forno. Quando per ragioni contingenti si
apportano variazioni a questa sequenza tipo, conviene fare in modo che ciò non sia causa di eccessivi
scompensi nel ciclo di lavoro;
c) disponibilità di adeguati impianti frigoriferi per la conservazione alle prescritte temperature delle
merci deperibili e di idonei armadi destinati alle derrate non deperibili, questi ultimi concepiti ed
ubicati in modo da preservare la freschezza dei prodotti e da proteggerli dal calore, dall'insudiciamento
e dalle mosche;
d) idonea cappa in corrispondenza dei punti di cottura;
e) dotazione di adeguati impianti per il lavaggio delle stoviglie e del pentolame.
Per il lavaggio delle stoviglie e degli utensili, nelle cucine e nei laboratori di modesta potenzialità
possono essere previsti semplicemente lavelli doppi, uno per il lavaggio e l'altro per il risciacquo. In
caso di grosse utenze sono da preferire impianti separati o, meglio, lavastoviglie automatiche a bassa
temperatura, oltre ad apparecchiature per l'asciugatura a caldo. Ciò consente l'uso di acqua calda di un
normale impianto idrico ad una temperatura di 55°C, sia per il lavaggio che per il risciacquo, e per
conseguenza minori costi di energia per l'alimentazione dell'impianto e per il condizionamento dei
locali.
10.3 - Locali di consumo ed ambienti annessi
Le superfici destinate al consumo variano in relazione ai posti previsti ed alla categoria
dell'esercizio.
Per quanto riguarda gli alberghi stagionali in località turistiche in genere, più semplicemente, ci si
orienta in base al numero di posti letto, con una riduzione del 50% nel caso di alberghi di transito.
Ogni sala ha generalmente forma allungata per evitare troppe file intermedie e dare la massima
disposizione lungo le pareti e le finestre. La tendenza moderna è per l'utilizzo di tavoli a quattro posti.
Questi, a seconda della disposizione, in quadro od in diagonale, possono occupare ciascuno una
superficie variabile da mq. 5 a mq. 3,60; per ogni persona, quindi, da mq. 1,25 a mq. 0,90 circa. Per il
passaggio del personale è bene prevedere uno spazio di almeno m. 0,90. Nel caso di self-services o di
free-flows aziendali gli spazi richiesti per l'installazione e la fruizione dei tavoli e delle sedie risultano
proporzionalmente inferiori.
Si ricorda ancora che ai fini della visitabilità, in ogni sala per la ristorazione, almeno una zona deve
essere raggiungibile, mediante un percorso continuo accordato con rampe, dalle persone con ridotta od
impedita capacità motoria e dotata di almeno uno spazio libero per persone su sedia a ruote. Questo
spazio deve essere predisposto su pavimento orizzontale e di dimensione tale da garantire la manovra e
lo stazionamento di una sedia a ruote.
Da notare che le superfici indicate hanno un valore orientativo in quanto, specie nei ristoranti di
categoria superiore, con servizio al tavolo e proporzionale impiego di unità di personale, gli spazi
occorrenti, nel complesso, vanno adeguatamente maggiorati, tenuto anche conto dell'anticucina od
office e della categoria dell'esercizio. Una superficie inferiore sarà invece necessaria nel caso di mense
con banco self-service o secondo il sistema free-flow.
Servizi
I criteri generali cui devono sottostare gli elementi costruttivi e le tipologie impiantistiche degli
ambienti destinati a servizi igienici destinati al pubblico per quanto attiene alle esigenze di una sala di
consumo possono così schematizzarsi:
a) adeguato dimensionamento dei locali che tenga anche conto degli spazi di utilizzo degli
apparecchi e dell'accessibilità dei comandi;
b) idonea resistenza dei materiali alle peculiari situazioni ambientali in cui vengono a trovarsi
(umidità, temperatura, usura chimica);
c) possibilità di contenere i consumi di acqua, specie calda, e sufficiente resistenza degli impianti
alle manomissioni o ad errate operazioni da parte degli utenti.
E' chiaro che mentre la prima esigenza può trovare risposta con l'automazione della erogazione
idrica, la protezione, dalle manomissioni può essere risolta con una razionalizzazione nell'uso delle
stesse apparecchiature. Più queste sono semplificate nell'atto dell'azionamento, minori saranno le
possibilità di manomissione e di "contaminazione" delle mani degli utilizzatori.
In sostanza deve essere previsto che le apparecchiature siano caratterizzate dalla semplicità dei
comandi e da una ridotta necessità da parte degli utenti di dovere procedere ad azionamenti di tipo
"manuale";
d) massima sicurezza per gli utenti, sia diretta che indiretta.
Quindi eliminazione degli spigoli vivi, esclusione di qualunque possibilità di impropria, o pericolosa
utilizzazione degli impianti, impiego di superfici calpestabili non sdrucciolevoli;
e) illuminazione e ventilazione adeguate.
L'illuminazione e l'aerazione dei servizi possono essere ottenute mediante aperture con l'esterno in
grado di assicurare sufficienti livelli di illuminazione e di aerazione.
In difetto di tali aperture, analogamente a quanto previsto per i servizi delle camere di albergo (D.M.
1975), può essere consentita l'aerazione forzata a mezzo di elettroaspiratore temporizzato, sempre che
la dotazione idrica sia costante, gli scarichi siano dotati di efficiente e distinta ventilazione e sia
installato un impianto in grado di assicurare un ricambio medio orario non inferiore a 5 volte la
cubatura dell'ambiente.
L'elettroaspiratore deve essere attivato dall'apertura della porta di accesso o dall'accensione della
lampada, mentre lo spegnimento va programmato attraverso un timer per un certo lasso di tempo dopo
l'uso del locale. L'aria estratta viene convogliata in una canna di ventilazione prolungata oltre la
copertura dell'edificio a mezzo di una bocchetta di aspirazione ubicata sulla parete opposta alla porta,
in prossimità del soffitto.
Dovendo utilizzare canne di ventilazione comuni a più servizi è necessario installare aspiratori con
griglia a gravità onde impedire l'immissione di aria viziata nei servizi che usufruiscono della stessa
canalizzazione di scarico. Il tipo più semplice di aspiratore in commercio è ad una sola velocità e serve
solo ad estrarre l'aria, mentre i modelli più sofisticati hanno due o tre velocità e motori invertibili che
possono immettere flussi d'aria dall'esterno;
f) dotazione di idonei apparecchi.
In ordine agli apparecchi, oltre agli orinatoi descritti in precedenza, sono da preferire i vasi alla turca
anch'essi accennati, in quanto mancanti di punti di appoggio e di più agevole pulizia od i vasi a parete.
Ogni vaso va dotato di dispositivo a pedale, in sostituzione del comando manuale, per lo scarico delle
acque di lavaggio.
Come elementi di rubinetteria sono consigliabili miscelatori a tempo con comando a leva azionabile
a gomito, a ginocchio, a pedale, ad infrarossi od a cellula fotoelettrica (vedi cap. 1.4).
I lavabi installati nelle antilatrine dovrebbero essere dotati di distributore sapone liquido od in
polvere, mentre possono essere usati in questo caso, indifferentemente, asciugamani di stoffa in rotoli,
asciugamani ad aria calda od anche asciugamani di carta in fogli singoli od in rotoli.
I servizi igienici destinati al pubblico, distinti per sesso, vanno proporzionati alla potenzialità
massima dell'esercizio. Orientativamente è bene calcolare un servizio ogni 25 ospiti di ciascun sesso;
nel settore maschile possono essere previsti anche orinatoi.
Circa l'ubicazione, sono da preferire le zone direttamente accessibili dalla sala di consumo per
escludere un qualunque attraversamento di spazi od ambienti destinati alla lavorazione od al deposito
delle sostanze alimentari.
I servizi per il personale
Si deve prevedere un servizio igienico almeno per ogni 10 dipendenti contemporaneamente presenti,
un lavabo ogni 5 dipendenti e adeguati spogliatoi, dovrebbero avere accesso dal vano
cucina/laboratorio con l'interposizione di un disimpegno di idonee dimensioni.
Si ricorda che in base alla vigente normativa deve essere consentita l'accessibilità ad almeno un
servizio igienico ai portatori di handicaps.
Allegato 3
CERTIFICAZIONE DA ALLEGARE ALLE ISTANZE
DI CUI ALL'ART. 44 DEL D.P.R. N. 327/80
1) Fotocopia della carta di circolazione.
2) Dichiarazione della ditta costruttrice attestante che i materiali impiegati se destinati a venire a
contatto con le sostanze alimentari sono conformi ai requisiti di legge.
3) Certificazioni antimafia.
4) Marca da bollo.
Nella planimetria prevista per i laboratori soprattutto per i grossi impianti appare opportuno che
vengano indicate in pianta l'allocazione delle attrezzature, della rete idrica e della rete fognaria.
MODALITA' PER IL CONSEGUIMENTO
DELLE AUTORIZZAZIONI SANITARIE
Le domande in bollo per ottenere l'autorizzazione sanitaria devono indicare:
a) per qualsiasi tipo di esercizio:
1) nome, ragione sociale e sede dell'impresa;
2) ubicazione;
3) indicazioni delle tabelle e dei generi merceologici;
4) termine previsto per l'approntamento dei locali;
5) tipo di approvvigionamento idrico;
6) sistema di smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi;
7) sistemi di conservazione degli alimenti;
b) per i laboratori di produzione:
1) indicazioni di cui al punto a);
2) tipo di lavorazione;
3) descrizione ed estremi di deposito di eventuali marchi depositati;
4) eventuale carattere stagionale della lavorazione;
5) descrizione analitica degli impianti ed attrezzature.
Le domande devono inoltre essere corredate dei seguenti allegati:
Per qualsiasi tipo di esercizio:
- pianta planimetrica quotata dei locali in triplice copia firmata dall'interessato e da un tecnico
iscritto all'albo professionale, in scala 1/100. Le piante devono essere complete dei dati relativi alle
dimensioni dei singoli locali, nonché di legenda per la specificazione dell'uso e destinazione dei singoli
locali e dei singoli settori, nel caso di ambienti in cui siano previsti settori con diverse utilizzazioni,
nonché allocazioni delle attrezzature con legenda, ivi compreso eventuali locali di deposito;
- relazione tecnico-descrittiva degli impianti e del ciclo di lavorazione, con specificazione in merito
all'approvvigionamento idrico, allo smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi, alle emissioni in atmosfera,
etc., in triplice copia.
Per i laboratori di produzione in aggiunta ai documenti sopradetti:
- relazione tecnica in duplice copia sulle modalità di lavorazione, dalla materia prima al prodotto
finito, redatta da un tecnico o dall'interessato;
- copia dell'eventuale marchio depositato e delle etichette impresse sulle eventuali confezioni.
Per le cisterne per il trasporto di alimenti in fase liquida:
- le cisterne per il trasporto di acqua per uso al consumo umano o per uso igienico-sanitario, di latte,
vino o alimenti in genere in fase liquida devono essere esclusivamente in acciaio inossidabile. Dovrà
inoltre essere presentata una relazione sulle modalità di pulizia di dette cisterne, sulle attrezzature
adoperate, e sui locali dove questa viene praticata, nonché sulla dotazione di acqua potabile e sulle
modalità di allontanamento dei reflui.
Per gli esercizi in cui sia stato installato un impianto di areazione artificiale od un impianto di
condizionamento dell'aria sia esso relativo a tutto l'esercizio o solo ad una parte di esso, occorre
presentare una relazione tecnica dell'impianto installato.
1) Certificato di agibilità dei locali.
2) Certificato integrale di iscrizione alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
territorialmente competente o in subordine copia di istanza di iscrizione.
3) Certificato di iscrizione alla cancelleria commerciale del tribunale territorialmente competente
(solo per le società di capitale).
4) Certificazione attestante la fornitura di acqua destinata al consumo umano.
5) Copia dell'autorizzazione del sindaco del comune interessato allo sversamento delle acque reflue
di lavorazione.
6) Certificazione antincendio ove necessiti.
7) Certificazione antinfortunistica, ove necessiti.
8) Autorizzazione alle emissioni, ai sensi del D.P.R. n. 203/88, ove necessiti.
9) Nulla osta all'impianto, ai sensi dell'art. 5, legge regionale n. 181/81 e del decreto territorio e
ambiente del 5 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 51, parte I,
del 15 ottobre 1994, ove necessiti.
10) Certificazione antimafia.
11) Copia contratto del conferimento dell'olio esausto al Consorzio olii esausti ove necessiti.
12) Una marca da bollo da L. 20.000 o altro valore aggiornato prescritto dalle disposizioni in vigore
sulle imposte di bollo.
13) Per le attività insalubri di I e II classe attestazione del sindaco ai sensi dell'art. 216 penultimo
comma, del testo unico delle leggi sanitarie.
Tutta la documentazione di cui sopra deve essere presentata in duplice copia.
Allegato 4
Per effetto dell'art. 22 del decreto n. 13306 del 18 novembre 1994, il riconoscimento della qualifica
di ufficiale di polizia giudiziaria al personale di cui alle lettere a), b) e c) deriva direttamente dalle leggi
ed è strettamente connesso all'esercizio, in concreto, dell'attività di vigilanza.
Requisiti e modalità relative al riconoscimento della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.
Il personale a cui deve essere riconosciuta o attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria
deve possedere i seguenti requisiti:
a) essere di ruolo (limitatamente alla medicina del lavoro anche personale medico convenzionato a
tempo indeterminato);
b) appartenere al settore 1° ed al settore 6°;
c) essere adibito, nell'ambito dei predetti servizi, a compiti di vigilanza;
d) non avere subito o riportato condanne penali incompatibili con l'esercizio dei compiti di ufficiale
di polizia giudiziaria.
Resta affidato all'ufficio del personale il compito di richiedere alle autorità competenti, con
procedura d'urgenza, certificazione di eventuali carichi pendenti presso il tribunale e la pretura,
certificato del casellario giudiziale, nonché apposita certificazione antimafia.
Quest'ultima procedura non è richiesta per il personale a cui deve essere attribuita la qualifica di
ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dall'art. 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833,
poiché attiene la competente Prefettura.
Individuazione del personale
Per il personale sanitario di cui alla lettera a) dell'art. 22 del decreto n. 13306 del 18 novembre 1994,
l'ufficio del personale dell'Azienda unità sanitaria locale, su proposta del competente capo settore,
provvederà ad indicare, nominativamente e con provvedimento motivato, gli operatori che vengono
destinati, per esigenze di servizio, a compiti di vigilanza che richiedono il riconoscimento della
qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.
Il predetto provvedimento di ricognizione dovrà essere sancito con apposito atto deliberativo
approvato.
Per il personale di cui alle lettere b) e c) dell'art. 22, l'ufficio del personale della competente Azienda
unità sanitaria locale provvederà ad attivare le procedure necessarie previste dall'ultimo comma dell'art.
91 del testo unico delle leggi sanitarie al fine di consentire di prestare giuramento di rito davanti al
pretore. Adempiuta la suddetta procedura il medesimo personale assume direttamente dall'art. 57,
ultimo comma, del codice di procedura penale la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria in relazione
all'esercizio in concreto delle funzioni di vigilanza di competenza.
Detto riconoscimento verrà sancito con apposito atto deliberativo della Azienda unità sanitaria
locale e verrà inviato dalla stessa amministrazione alla Procura della Repubblica presso la Pretura
circondariale competente per territorio per la necessaria conoscenza.
Resta affidato all'ufficio del personale richiedere al Prefetto competente per territorio la sola
qualifica di agente di pubblica sicurezza in forza del combinato disposto dal 4° comma dell'art. 81 del
t.u. delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265 e dell'art 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65.
Per quanto attiene il personale del servizio di medicina del lavoro, settore 1°, il capo settore, su
relazione motivata del capo servizio dalla quale risulti che il personale proposto è adibito
effettivamente a compiti di vigilanza ed ispezione attinenti il servizio di medicina del lavoro, propone
all'ufficio del personale dell'Azienda unità sanitaria locale l'elenco degli operatori cui dovrà essere
attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi del comma 3° dell'art. 21 della legge n.
833/78. L'ufficio del personale della Azienda unità sanitaria locale, verificato il possesso dei requisiti di
cui alle lettere a), b) e c) per il riconoscimento della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria,
predisporrà apposito atto deliberativo di proposta di conferimento della qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria per la firma da parte del direttore generale dal quale risulti il possesso dei requisiti, le
generalità complete degli operatori, la posizione funzionale ed il titolo di studio.
Copia conforme dell'atto deliberativo esecutivo nonché della relazione motivata del capo settore
accompagnata dalla nota di richiesta già allegata alla circolare n. 592/91 a firma del direttore generale,
dovrà essere inviata al gruppo 45° - medicina del lavoro - dell'Ispettorato regionale sanitario che
provvederà, previa istruttoria, all'invio della richiesta alla Prefettura competente per territorio.
Modalità relative all'esercizio dei compiti di polizia giudiziaria
Gli operatori investiti della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria possono esercitare detta
funzione solo nei limiti del servizio al quale sono destinati e secondo le relative attribuzioni previste
dalle leggi o su precise disposizioni impartite dal responsabile del servizio. La qualifica, infatti è
strettamente connessa alle effettive funzioni svolte nel campo di intervento di appartenenza con
conseguenti limiti di spazio e di tempo.
Per limite di spazio deve intendersi l'ambito territoriale di competenza della Unità sanitaria locale
e/o servizio di appartenenza dell'operatore.
Per limiti di tempo deve intendersi l'orario contrattuale di lavoro comprensivo delle ore di lavoro
straordinario, di quelle svolte nel corso dell'espletamento dell'istituto di incentivazione alla produttività,
di quelle prestate nei turni di pronta disponibilità nonché per assolvere precisi atti dovuti ad esigenze di
attività istituzionale.
Indennità di polizia giudiziaria
L'indennità di polizia giudiziaria prevista dalla vigente legislazione, non compete al personale
sanitario di cui alla lettera a) ed ultimo comma dell'art. 22 del decreto n. 13306 del 18 novembre 1994.
Va corrisposta al restante personale non medico di cui alle lettere b) e c) nonché dell'ultimo comma
del predetto art. 22 del decreto n. 13306. Detta indennità è strettamente connessa con l'effettivo
esercizio delle funzioni di vigilanza e, comunque, all'espletamento in concreto dell'attività istituzionale
che comporta e legittima l'assunzione della qualifica di polizia giudiziaria.
La corresponsione dell'indennità va prevista a decorrere dalla data dell'effettivo espletamento della
predetta attività istituzionale riscontrabile con atti certi d'ufficio e certificata dal capo settore.
Procedure attinenti il rilascio delle tessere di riconoscimento
Per attendere compiutamente allo svolgimento dei compiti di vigilanza e, quindi, per consentire una
identificazione esplicita ed immediata dell'operatore incaricato, si provvederà al rilascio di apposita
tessera di riconoscimento con le modalità e le caratteristiche di seguito riportate.
1) Per il personale sanitario di cui alla lettera a) dell'art. 22 del decreto n. 13306 del 18 novembre
1994 verrà rilasciata, direttamente dalla Azienda unità sanitaria locale di competenza, una tessera di
riconoscimento secondo il modello riportato nell'allegato 4/A e 4/B del presente decreto.
2) Per il personale di vigilanza ed ispezione di cui alle lettere b) e c) dell'art. 22 del decreto n. 13306
del 18 novembre 1994, verrà rilasciata, direttamente dalla Azienda unità sanitaria locale di competenza,
una tessera di riconoscimento di cui al modello riportato nell'allegato 4/C del presente decreto.
3) Per tutto il personale dei servizi di medicina del lavoro, previa acquisizione della copia del
decreto prefettizio di nomina ad ufficiale di polizia giudiziaria, verrà rilasciata, direttamente dalla
Azienda unità sanitaria locale di competenza, una tessera di riconoscimento secondo il modello
riportato nell'allegato 4/D.
Le tessere di riconoscimento, una volta personalizzate, debbono essere sottoposte al procedimento di
plastificazione. Hanno validità quinquennale, salvo una durata minore in relazione ad interruzione,
sospensione o decadenza del rapporto di impiego o di servizio; pertanto, dovranno essere rinnovate alla
scadenza con le stesse modalità previste per il rilascio in prima istanza a firma del legale rappresentante
della Azienda unità sanitaria locale e del capo settore responsabile della materia.
Le tessere dovranno essere rinnovate anche in caso di precoce logorio o qualora siano intervenute
modificazioni nei dati in esse contenute. In caso di smarrimento o sottrazione il titolare deve darne
immediata comunicazione all'amministrazione di appartenenza e farne denuncia alla competente
autorità di pubblica sicurezza. Decorso un congruo periodo di tempo potrà procedersi al rilascio di un
nuovo documento.
Le amministrazioni di appartenenza provvederanno al ritiro della tessera e, quindi, considerare
decaduta dalla qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria l'operatore che:
- cessi il rapporto di lavoro o venga destituito dall'impiego;
- interrompa l'espletamento dei compiti di istituto;
- sia affetto da inabilità fisica o psichica;
- subisca procedimenti o condanne penali incompatibili con l'esercizio dei compiti di vigilanza e,
quindi di ufficiale di polizia giudiziaria.
Il servizio del personale della Azienda unità sanitaria locale cui appartiene l'operatore curerà, con la
massima sollecitudine, l'iter amministrativo per la predisposizione delle tessere, provvedendo
direttamente al rilascio delle stesse previo ritiro di altri eventuali documenti di riconoscimento
precedentemente rilasciati. Questi ultimi dovranno essere debitamente distrutti.
Il predetto servizio del personale provvederà a richiedere, annualmente e per tutto il personale che
ha avuto riconosciuta o attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, la prevista certificazione
attestante l'eventuale ascrizione di carichi pendenti, nonché alla tenuta di apposito registro nel quale
dovranno essere riportati i nominativi dei dipendenti forniti di tessera, la data del rilascio, nonché ogni
altra variazione intercorsa, con la codifica di seguito indicata.
Per la codifica si dispone che le prime due cifre corrispondono al numero dell'Azienda unità
sanitaria locale.
Ogni Azienda unità sanitaria locale adotterà un numero progressivo da 0000001.
Detti dati unitamente a copia fotostatica della tessera di riconoscimento dovranno essere inviati a
questo Assessorato regionale della sanità, rispettivamente al gruppo di appartenenza dei vari operatori.
Le tessere di riconoscimento, allegate al presente decreto, sono soggette al regime del rigoroso
rendiconto e devono, inoltre, essere restituite a richiesta dell'amministrazione emittente.
Allegati
________
vedi anche:
Decr. Ass. 7 agosto 1996 SANITA' - Proroga termini previsti dalla presente
Decr. Ass. 4 ottobre 1996 SANITA' - Proroga termini previsti dal presente
Decr. Ass. 7 gennaio 1997 SANITA' - Modifica al presente
Decr. Ass. 5 settembre 1997 SANITA' - Modifiche e integrazioni al presente
Circ. 975/98 ASS. SANITA' - Applicazione del presente
Decr. Ass. 29 maggio 1998 SANITA' - Applicazione del presente