Stagione 2016 — 2017 Musica classica, cultura per tutti. Auditorium Rai, Torino 22 4–5/5 2017 Giovedì 20.30 – Venerdì 20.00 Direttore Andrej Boreyko Violino Marc Bouchkov Violoncello Pablo Ferrández Kancheli Brahms Šostakovič 22° GIOVEDÌ 4 MAGGIO 2017 ore 20.30 VENERDÌ 5 MAGGIO 2017 ore 20.00 Direttore Andrej Boreyko Violino Marc Bouchkov Violoncello Pablo Ferrández ______ Giya Kancheli (1935) Nu.Mu.Zu (Io non so) (2015) durata: 22’ ca. Prima esecuzione italiana Johannes Brahms (1833-1897) Concerto in la minore op. 102 per violino, violoncello e orchestra (1887) Allegro Andante con moto Vivace non troppo durata: 33’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 3 dicembre 2011, Semyon Bychkov, Renaud e Gautier Capuçon. Dmitrij Šostakovič (1906-1975) Sinfonia n. 15 in la maggiore op. 141 (1971) Il concerto di giovedì 4 maggio è trasmesso in collegamento diretto su Radio 3 per il programma “Radio 3 Suite”. Allegretto Adagio – Largo – Adagio – Largo Allegretto Adagio – Allegretto – Adagio – Allegretto durata: 48’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 17 dicembre 1995, Mikhail Pletnev. Giya Kancheli Nu.Mu.Zu per orchestra Nato nel 1935 a Tbilisi, il compositore georgiano vive attualmente ad Anversa e proprio in Belgio nel 2015 ha avuto luogo a Bruxelles la prima esecuzione assoluta di questa composizione, sotto la direzione di Andrej Boreyko, che dunque tiene a battesimo anche la prima italiana con l’OSN Rai. Kancheli si può annoverare nel panorama di musicisti, come Arvo Pärt, Sofja Gubajdulina, Alfred Schnittke, nati e formati nelle rispettive repubbliche della costellazione sovietica di allora e poi emigrati nell’Europa occidentale, che hanno proposto con la loro poetica un’evoluzione possibile del linguaggio musicale che negli anni ’50, ’60 e primi ’70 era, seppure con tormenti e fermenti, ancorato alla creazione astratta, altamente concettuale che dominava gran parte delle “scuole” occidentali. Kancheli è un musicista prolifico, che ha composto musiche da film, musiche per il teatro e naturalmente numerose pagine sinfoniche, che contano sette sinfonie e una quindicina di altri lavori per grande orchestra. Egli non rifiuta affatto la definizione di neo-romantico e si esprime in questi termini: «La Musica, come la vita stessa, è inconcepibile senza romanticismo. Il romanticismo è un grande sogno del passato, del presente e del futuro, una forza di indistruttibile bellezza che domina e contrasta l’ignoranza, il fanatismo, la violenza, il male». Questa dichiarazione porta inevitabilmente a citare un altro aspetto che caratterizza la musica di Kancheli: la sua dimensione spirituale e etica. Molte sue creazioni esprimono un carattere elegiaco: sembrano cantare di un’umanità ferita, dei dolori che l’affliggono quando in questo mondo prevalgono crudeltà e corruzione. Il recente brano orchestrale di Kancheli, Nu.Mu.Zu, persiste in questo canto. Il lavoro, la cui composizione è stata commissionata congiuntamente dall’Orchestra Sinfonica di Seattle e dall’Orchestra Nazionale del Belgio, trae il titolo da tre parole dell’antica lingua sumera: Nu, Mu e Zu che si possono tradurre “io non so”. Lo stesso Kancheli ha illustrato il titolo in questi termini: «L’illusione che io abbia conosciuto e saputo qualcosa è svanita gradualmente e si è trasformata nel fatto che, essendomi avvicinato agli 80 anni di età e avendo vissuto una vita piena di contraddizioni, mi sono ritrovato totalmente confuso. Quello che sta accadendo nel mondo, a mano a mano sta distruggen- do l’ultima speranza nella mia coscienza, senza la quale per tutti noi la vita perde significato. “Io non so” che cosa accadrà in futuro. Tuttavia, persa la speranza, continuo a sognare un mondo nel quale fanatismo, lotte settarie e violenza non siano più gli aspetti dominanti dell’ordine del mondo». L’attuale situazione mondiale è certamente tragica e l’unica cosa che un musicista ha per affrontarla è la musica, non solamente la sua propria musica, ma quella della grande tradizione su cui essa si fonda. Nu.Mu.Zu propone materiale melodico e armonico derivato da, o che si rifà a Bach, Beethoven e al tardo Ottocento e lo pone in contrasto con sonorità grevi, aggressive che sembrano voler annientare quel materiale “quasi-classico”. Il conflitto che ne deriva porta a un grande cataclisma sonoro e a un ambiguo finale. L’organico orchestrale di Nu.Mu.Zu comprende la chitarra basso (basso elettrico) e affida ruoli primari all’arpa e specialmente al pianoforte, che propone la prima citazione bachiana di tutto il brano: il tema della Fuga in mi minore dal primo libro del Clavicembalo ben temperato, ascoltato quasi come in sogno; dopo la risposta dell’orchestra con armonie molto remote, l’accenno a una sorta di danza gioiosa si potrebbe attribuire a Beethoven; poi ancora si identificano frammenti in stile medievale, un valzer e altre reminiscenze stilistiche del passato. I contrasti dinamici e armonici che si fanno più frequenti nel corso del brano sottolineano ulteriormente lo stile compositivo di Kancheli. Dopo l’ultima esplosione sonora seguita da un silenzio colmo di tensione, riappare il tema della Fuga di Bach, che pur nel dubbio espresso dal titolo della pagina, fa riaffiorare un po’ di quella speranza che Kancheli crede ormai perduta. (PR, note liberamente tratte da dichiarazioni di Kancheli e dal programma della prima esecuzione) Johannes Brahms Concerto in la minore op. 102 per violino, violoncello e orchestra Già affacciato sull’ultima tranche della produzione brahmsiana, oltre il Secondo Concerto per pianoforte (1881) e lo Quarta Sinfonia (1885), il Concerto per violino, violoncello e orchestra prese forma nel 1887 come omaggio all’arte di due amici, il violinista Joseph Joachim e il violoncellista Robert Hausmann: una risurrezione tardiva del genere “concertante” che moltiplica il solista usuale del concerto. Ne erano stati fulgidi esempi la Sinfonia KV 364 per violino e viola di Mozart, un celebre Concerto per due violini di Ludwig Spohr e il Triplo Concerto di Beethoven, che include pianoforte, violino e violoncello. La prima esecuzione, avvenuta il 18 ottobre 1887 a Lipsia, ebbe nel pubblico un ascoltatore d’eccezione, Pëtr Il’ič Čajkovskij, che tuttavia non se ne mostrò particolarmente colpito: dal suo punto di vista, con buon diritto, perché il Doppio Concerto op. 102 è esemplare dello stile rarefatto dell’ultima stagione creativa di Brahms, con un radicalismo che al primo ascolto poteva lasciare scettici: come i suoi stessi amici. Il primo movimento entra bruscamente in medias res con un motto scultoreo pronunciato da tutta l’orchestra; ma subito si fa strada il violoncello solista, in un’ampia cadenza che ribalta le nostre aspettative e che presto contagia anche il violino: all’orchestra non rimane che tenersi in disparte, come spettatrice, finché non riesce a innestarsi sul dialogo dei due solisti e a imporre nuovamente il motto d’apertura. Questa volta la perorazione collettiva prosegue senza ostacoli, finché si intromettono di nuovo i due solisti, rubando la scena; d’ora in poi la struttura del brano vedrà un avvicendarsi regolare dell’orchestra e dei solisti, a blocchi alterni: e il “tutti” avrà una certa tendenziale maestà, quasi a compensare le propensioni divagatorie dei “soli”. La seconda idea riparte dalla cellula discendente che ha aperto il movimento e ne dissolve il cipiglio trovando sbocco in un lungo pensiero melodico; poi la voce di un clarinetto che si innalza sulla compagine orchestrale provoca un nuovo estro cantabile, una sorta di berceuse che sfrutta come un pendolo ipnotico le prime note dell’attacco: in questo modo la sintassi interna è garantita, e nello stesso tempo l’evoluzione. L’affinità reciproca delle idee provoca un proliferare di motivi, gli uni scaturiti dagli altri quasi inavvertitamente: come perni conduttori restano il motto, il motivo cullante e – ai due solisti – le fioriture di improvvisazione, tutti variamente combinati fra loro. L’Andante si apre con due brevi interiezioni dei corni, che sembrano dare l’imbeccata ai due solisti; questi raccolgono il suggerimento e lo proseguono in un lungo canto all’ottava. Dopo un’interlocuzione orchestrale, un nuovo sgorgo espressivo intreccia le voci solistiche in un iter rapsodico commosso e tuttavia sempre padrone di sé, regolato da costanti simmetrie interne. Questo è forse il momento di maggior equilibrio tra i due protagonisti, mentre già all’attacco del Vivace non troppo conclusivo torna a manifestarsi una certa preminenza del violoncello, a cui solitamente spettano le proposte, mentre il timbro più femminile del violino interviene in eco. Scapricciato, almeno quanto l’Andante era composto e intimistico, questo finale fa leva sull’ostinazione ritmica che impregna il primo tema; intorno alla danza bizzarra dei solisti l’orchestra si raccoglie compatta, a tratti persino brusca; anche in questo caso, il fervore ritmico fa zampillare una quantità di idee tematiche, soprattutto nella sezione centrale, che sostituisce lo sviluppo con libere divagazioni. Al fascino della pagina contribuisce non poco l’ambiguità armonica, che fa leva su piccole alterazioni presenti già nella linea del tema principale, e prosegue poi costeggiando abilmente tutto un gruppo di tonalità affini, senza definire nettamente una scelta. Prima di concludere, un’ultima sezione in cui violino e violoncello svettano sull’orchestra in piena libertà copre il posto assegnato per tradizione alla cadenza: di fatto, però, la libertà improvvisatoria dei due solisti è fuoriuscita dai recinti prescritti dalle buone regole e la solida architettura del concerto ne risulta intaccata in più punti, seguendo la via mostrata già dall’ultimo Beethoven e ora proseguita con piena coscienza. Elisabetta Fava (dagli archivi Rai) Dmitrij Šostakovič Sinfonia n. 15 in la maggiore op. 141 La Quindicesima Sinfonia, l’ultima composta da Šostakovič, fu realizzata durante l’estate del 1971. La scrittura è chiara e trasparente con una parte importante affidata agli strumenti a percussione, fin dall’esordio: il flauto solista, preceduto da due colpi di campanelli, è accompagnato, su un lungo accordo degli archi, dalle sonorità della celeste, del triangolo, dello xilofono, dei campanelli e di altri strumenti ritmici. Di assoluto rilievo in questa Quindicesima è il gusto del tutto particolare con cui Šostakovič impiega la citazione. Il primo movimento contiene un frammento, che appare per ben cinque volte, tratto dell’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini; il finale inizia con tre citazioni wagneriane: il motivo del Destino dall’Anello del Nibelungo, il ritmo della musica funebre di Sigfrido e le note introduttive del Preludio del Tristano. Nella sezione centrale del Finale, in forma di passacaglia, le prime quattro battute alludono al tema guerresco della Sinfonia Leningrado, con riferimenti anche al secondo movimento della Quarta Sinfonia. Tali riferimenti sono peraltro già presenti nel terzo movimento, dove ritroviamo anche il Leitmotiv del compositore, re – mi bemolle – do – si (dalla traslitterazione tedesca del suo nome Dmitrij SCHostakovitsch), motivo che aveva svolto un ruolo prominente nella Decima Sinfonia. Sebbene il gioco delle citazioni sia molto più articolato e complesso di quello che risulti da queste semplici indicazioni, ciò che interessa non è l’artificio tecnico: la Quindicesima va intesa come un distillato di memorie, senza testi e senza programma. Rossini e Wagner non sono che citazioni poste tra virgolette, la cui musica risulta diversa dal contesto originale. La voce di Šostakovič è una voce del ventesimo secolo a cui non manca senza dubbio l’inflessione ironica; nel contempo sa però costruire un raffinatissimo e ampio mosaico di ricordi e di citazioni diluite in una lingua impalpabile. Sul piano della costruzione formale la Sinfonia si presenta con una grande regolarità di tempi: i quattro movimenti comprendono tempi Allegretto intercalati da tempi Adagio. Il primo movimento Allegretto porta la citazione rossiniana di passaggio all’interno di un discorso di spigliata allegria che ricorda la Prima Sinfonia. Le movenze sono quasi stravinskiane, la coda in particolare che ricorda le movenze di Circus polka. Šostakovič considerava questo movimento come un ritorno all’infanzia: gli oggetti musicali della sua gioventù sono rappresentati dai tintinnii, dalle trombe, dai tamburi e dai ritmi scattanti. L’Adagio può a buona ragione essere considerato il momento romantico della Quindicesima, con rivelazioni di grande poesia offerti da un corale, da un assolo del violoncello e da una marcia funebre; la fanfara in distanza è una citazione dall’Undicesima Sinfonia. Come un objet trouvé, al centro del brano appaiono due accordi di chiara derivazione espressionistica viennese: ricompariranno ancora in questo e nell’ultimo movimento. L’Allegretto si presenta con un robusto melos popolare, intriso di influssi weberniani, moderni e raffinati, quasi impercettibili. Il vasto movimento conclusivo Adagio-Allegretto è di una grandezza assoluta. Forse il miglior finale sinfonico di Šostakovič, il meno retorico ed il più raffinato: un tessuto purissimo ricco di innervature. Si può ben affermare che quest’opera conclude luminosamente il ciclo sinfonico di Šostakovič, uno Šostakovič che guarda ormai con il distacco degli anni la vicenda del suo stile e della sua vita. Marco Ligabue (dagli archivi Rai) Andrej Boreyko Nato in Russia, ha studiato direzione e composizione al Conservatorio di San Pietroburgo con Elisabeta Kudriavtseva e Alexander Dmitriev. Insieme all’Orchestra Filarmonica di Jena (di cui è stato Direttore Principale), è stato premiato per tre stagioni consecutive dal Deutscher Musikverleger-Verband per la sua programmazione innovativa. Dal 2012 è Direttore Musicale dell’Orchestre National de Belgique, di cui ha considerevolmente esteso l’attività sia in Belgio sia all’estero. Nel 2014 ha assunto la direzione musicale della Naples Philharmonic in Florida ed è Primo Direttore Ospite dell’Orquesta Sinfónica di Euskadi. Intenso interprete del grande repertorio sinfonico e appassionato esecutore di opere meno note, ha diretto una delle prime esecuzioni mondiali più importanti della scorsa stagione, la Sinfonia n. 4 di Henryk Górecki, a Londra e Los Angeles. Ha collaborato con le maggiori orchestre europee: Berliner Philharmoniker, Münchner Philharmoniker, Staatskapelle di Dresda, Gewandhaus Orchester di Lipsia, Wiener Symphoniker, Filarmonica della Scala, Orchestra del Concertgebouw, Orchestre de Paris, Tonhalle di Zurigo e OSN Rai di Torino. Frequente ospite delle maggiori formazioni americane, ha diretto la NY Philharmonic, la LA Philharmonic, le orchestre di Cleveland, Philadelphia, Chicago, Boston, Pittsburgh, Toronto e Montréal. Nella stagione 2016-17 sono previste collaborazioni con la Konzerthausorchester di Berlino, la WDR di Colonia, le Orchestre Sinfoniche della Radio Olandese e Finlandese, l’Orchestre Philharmonique de Radio France e l’OSN Rai. Dirigerà, inoltre, a Firenze, Stoccolma, Bamberg, Varsavia e Rotterdam. Ha partecipato ai Festival di Aspen e Ravinia, quest’ultimo con la Chicago Symphony Orchestra. La sua discografia comprende: le registrazioni con l’Orchestra Sinfonica di Radio Stoccarda (di cui è stato Primo Direttore Ospite) del Lamentate di Arvö Part e della Sinfonia n. 6 di Valentin Silvestrov, entrambe per ECM; la prima versione originale della Suite op. 29 da Lady Macbeth del Distretto di Mcensk di Šostakovič per Hännsler Classic; la Sinfonia Manfred di Čajkovskij con i Düsseldorfer Symphoniker; Chain 2 di Witold Lutosławski con la LA Philharmonic. Insieme alla sua orchestra belga, ha in progetto l’incisione integrale delle Sinfonie di Šostakovič; con la Radio Sinfonieorchester di Stoccarda sono pubblicate le nn. 1, 4, 6, 9 e 15. Marc Bouchkov Nato nel 1991 a Montpellier in una famiglia di musicisti, apprende i primi rudimenti del violino dal nonno all’età di cinque anni. Ha studiato con Claire Bernard e Boris Garlitzky, che ancora oggi lo sostiene con le sue preziose indicazioni. Ha partecipato a numerose masterclass e gode di una borsa di studio di Villa Musica nella Renania-Palatinato. Vincitore di vari premi internazionali, nel 2012 è stato finalista del Concorso Reine Elisabeth di Bruxelles, mentre nel 2013 ha vinto il Primo Premio al Concorso di Montréal. Dall’ottobre 2014 studia con Mihaela Martin all’Accademia Kronberg. La sua arte si basa sull’espressività e sulla conoscenza approfondita delle partiture e del loro contesto storico; la comunicazione al pubblico dei contenuti musicali costituisce il suo impegno fondamentale, la prossimità del suono del violino a quella della voce umana è per lui fonte di ispirazione. Oltre alle numerose esibizioni ad Amburgo, al Montpellier Festival di Radio France, a San Pietroburgo e a Montréal, collabora con le più importanti orchestre internazionali: Orchestre National de Belgique, Royal Philharmonic Orchestra di Liegi, Orchestra Filarmonica di Mosca, NDR Sinfonieorchester di Amburgo. Nel dicembre 2014 ha inaugurato la serie “Essentials” con la Royal Concertgebouw Orchestra e Mariss Jansons. Nella stagione 2016/17 suonerà, fra gli altri, con Christoph Eschenbach e Andrej Boreyko. Frequenti anche i concerti di musica da camera che lo vedranno protagonista nei più prestigiosi festival e nelle maggiori sale da concerto europee. Nell’ottobre 2016 ha debuttato alla Wigmore Hall di Londra, e in questa occasione gli è stato assegnato il premio London Music Masters. Suona un violino Jean-Baptiste Vuillaume del 1865, gentilmente messo a sua disposizione da Brigitte Feldtmann (Fondazione Feldtmann Kulturell). Pablo Ferrández Nato a Madrid nel 1991, ha studiato con Natalia Shakhovskaya alla Scuola Superiore di Musica Reina Sofía e con Frans Helmerson all’Accademia Kronberg. Apprezzato per la sua autenticità espressiva e considerato dai critici fra i migliori violoncellisti al mondo, ha ricevuto nel 2016 il Premio ICMA come “Giovane artista dell’anno”. Nonostante la giovane età, ha suonato con le più prestigiose formazioni internazionali: Orchestra del Teatro Mariinskij, Wiener Symphoniker, Filarmonica di San Pietroburgo, Stuttgarter Philharmoniker, Kremerata Baltica, Filarmonica di Helsinki, Tapiola Sinfonietta, Orchestre Nazionali del Messico e di Spagna, Orchestra della Radio-Televisione Spagnola, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. Ha collaborato con importanti direttori e solisti quali Zubin Mehta, Valerij Gergiev, Jurij Temirkanov, Ádám Fischer, Dennis Russell Davies, Heinrich Schiff, John Storgårds, Ivry Gitlis. Attivo violoncellista da camera, è stato più volte ospite di importanti festival: Verbier, Gstaad, Berlino, Prades, Mecklenburg-Vorpommern, Colmar, Kronberg, Santander e Rheingau. Ha inciso i Concerti per violoncello di Schumann e Dvořák con i Stuttgarter Philharmoniker nel 2014. Gli impegni per la stagione 2016/17 includono: debutti con BBC Philharmonic, Deutsches Symphonie-Orchester Berlin, Münchner Symphoniker, OSN Rai, Orchestra Sinfonica di Barcellona e Nazionale di Catalogna, Orchestra Nazionale Estone, Orquestra Sinfônica Brasileira, Orchestra del Queensland e Taipei Symphony Orchestra; l’esecuzione del Concerto per violoncello di Schumann con l’Orchestra della Radio di Francoforte e l’Orquesta Nacional de España dirette da Eschenbach; il ritorno al Maggio Musicale Fiorentino con Zubin Mehta; un tour europeo con Gidon Kremer e la Kremerata Baltica; concerti al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, al Festival di Musica da Camera di Gerusalemme e al Festival Rostropovich di Baku; l’esecuzione del Doppio Concerto di Brahms con Anne-Sophie Mutter e la London Philharmonic. Suona lo Stradivari “Lord Aylesford” del 1696, gentilmente messo a sua disposizione dalla Nippon Music Foundation. Partecipano al concerto Violini primi *Roberto Ranfaldi (di spalla) °Marco Lamberti Antonio Bassi Constantin Beschieru Lorenzo Brufatto Irene Cardo Patricia Greer Valerio Iaccio Martina Mazzon Enxhi Nini Sara Pastine Fulvia Petruzzelli Francesco Punturo Matteo Ruffo Elisa Schack Lynn Westerberg Violini secondi *Paolo Giolo Enrichetta Martellono Valentina Busso Pietro Bernardin Roberto D’Auria Michal Ďuriš Carmine Evangelista Jeffrey Fabisiak Rodolfo Girelli Paolo Lambardi Alessandro Mancuso Marcello Miramonti Francesco Sanna Isabella Tarchetti Viole *Ula Ulijona Matilde Scarponi Geri Brown Giovanni Matteo Brasciolu Giorgia Cervini Federico Maria Fabbris Riccardo Freguglia Agostino Mattioni Davide Ortalli Margherita Sarchini Clara Trullén-Sáez Lizabeta Soppi Violoncelli *Massimo Macrì Marco Dell’Acqua Giacomo Berutti Stefano Blanc Eduardo dell’Oglio Pietro Di Somma Michelangiolo Mafucci Carlo Pezzati Stefano Pezzi Fabio Storino Contrabbassi *Gabriele Carpani Antonello Labanca Alessandro Belli Luigi Defonte Pamela Massa Francesco Platoni Virgilio Sarro Vincenzo Venneri Flauti *Giampaolo Pretto Fiorella Andriani Luigi Arciuli Paolo Fratini Ottavini Fiorella Andriani Luigi Arciuli Flauto in sol Luigi Arciuli Oboi *Francesco Pomarico Sandro Mastrangeli Teresa Vicentini Corno inglese Teresa Vicentini Clarinetti *Enrico Maria Baroni Franco Da Ronco Salvatore Passalacqua Clarinetto piccolo Franco Da Ronco Clarinetto basso Salvatore Passalacqua Fagotti *Andrea Corsi Cristian Crevena Bruno Giudice Controfagotto Bruno Giudice Corni *Stefano Aprile Valerio Maini Marco Tosello Paolo Valeriani Trombe *Marco Braito Ercole Ceretta Daniele Greco D’Alceo Roberto Rivellini Tromboni *Diego Di Mario *Joseph Burnam Devid Ceste Trombone basso Gianfranco Marchesi Tuba Matteo Magli Timpani *Biagio Zoli Percussioni Carmelo Giuliano Gullotto Alberto Occhiena Emiliano Rossi Roberto Di Marzo Sara Gasparini Joan Salvador Cervero Arpa *Margherita Bassani Pianoforte e Celeste *Francesco Bergamasco Basso elettrico Gilbert Impérial *Prime parti °Concertini CONVENZIONE OSN RAI – VITTORIO PARK Tutti gli abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2016-2017 che utilizzeranno il VITTORIO PARK di PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. Per informazioni rivolgersi al personale di sala o in biglietteria Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione “riduzioni”. 9 maggio 2017 • Ore 18.00 Sala Coro - Auditorium Rai “La regia d’opera oggi”. Incontro con Renato Verga autore del blog Operaincasa e recensore per Bachtrack, Consigliere degli Amici dell’OSN Rai Luca Valentino regista, direttore del Festival Internazionale Scatola Sonora Ingresso libero 23 maggio 2017 • Ore 18.00 Fondazione Croce, Via Santa Maria 1 - Torino Presentazione del CD “Un intreccio Biedermeier”. Concerto del Classico Terzetto Italiano Ubaldo Rosso (flauto) Carlo De Martini (violino, viola) Francesco Biraghi (chitarra). Introduzione di Stefano Vitale (Amici Orchestra Sinfonica Nazionale Rai) Musiche di Joseph Weig, Wezeslaus Matiegka, Joseph Kuffner Segue aperitivo: necessaria prenotazione a [email protected] 23° VENERDÌ 12 MAGGIO 2017 ORE 20.00 - Turno blu SABATO 13 MAGGIO 2017 ORE 20.30 - Turno rosso Direttore James Conlon Violoncello Mischa Maisky Antonín Dvořák Concerto in si minore op. 104 per violoncello e orchestra Antonín Dvořák Sinfonia n. 8 in sol maggiore op. 88 SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: da 30,00 € a 15,00 € (ridotto giovani) INGRESSO Posto non assegnato: da 20,00 € a 9,00 € (ridotto giovani) BIGLIETTERIA via Rossini – 011.8104653/4961 - [email protected] - www.osn.rai.it instagram.com/orchestrasinfonicarai @OrchestraRai www.facebook.com/osnrai