Regia: María Gamboa. Sceneggiatura: María

Mateo
Regia: María Gamboa. Sceneggiatura: María Gamboa, Adriana Arjona. Fotografia: Diego Jiménez. Montaggio:
Gustavo Vasco, Jacques Comets. Musica: Marc Huri. Interpreti: Carlos Hernández, Felipe Botero, Samuel Lazcano,
Miriam Gutiérrez, Leidy Niño, Pablo Pedraza, Alexis Guerrero, Paola Muñoz, Yovanni Ayala, Alexander Jiménez.
Produzione: Ciné-Sud Promotion, DíaFragma - Fábrica de Películas . Origine: Colombia/Francia, 2014. Durata: 86’.
Barrancabermeja, Colombia. Mateo ha 16 anni, vive con la madre e ammira lo zio Walter, boss locale dedito
all'usura e all'estorsione. Disinteressato alla scuola, il ragazzo aiuta lo zio nel recuperare crediti dai commercianti
locali, sperando di compiere un giorno il grande salto che lo porterà a essere un criminale rispettato e temuto. Pur
disapprovandola, la madre accetta la condotta del figlio per la necessità di avere del denaro in casa. Più volte
sospeso dalle lezioni, gli viene proposto di evitare l'espulsione se accetterà di seguire i corsi di teatro di don David,
un sacerdote. Incaricato dallo zio di tenere d'occhio l'attività del prete, che potrebbe contrastare il controllo del
territorio, Mateo frequenta il corso, rapportandosi con un'altra realtà che inizialmente rifiuta con decisione.
Esordio nel lungometraggio per Maria Gamboa, studi di cinema tra la Tisch School of the Arts dell'Università di
New York e la Sorbonne di Parigi, Mateo è stato in concorso al Giffoni Film Festival del 2014, al termine del quale
ha vinto il premio speciale Grifone di Cristallo, ed è stato selezionato per rappresentare la Colombia agli Oscar del
2015. Il film è dotato di uno schema lineare che mette in opposizione legalità e illegalità, formazione personale e
traviamento come poli antitetici di una scelta che per gli adolescenti colombiani appare spesso obbligata. La
storia di Mateo offre la speranza di un domani differente, grazie all'ausilio della parte sana della società, qui
incarnata dalle lezioni di recitazione tenute da un sacerdote. Da un lato, la corruzione, il male dell'usura e del
racket, la protervia come regola per assoggettare il debole e perpetuare il sopruso come regola esistenziale;
dall'altro, lo scavo all'interno di se stessi, lo scambio, la conoscenza e la comunicazione che progressivamente
s'impossessano dell'abuso e dei gesti accennati ma inequivocabili della malavita. Quello di Mateo è il classico
percorso di formazione personale per lasciarsi alle spalle una situazione drammatica, un percorso considerato da
parte della critica - che pur ha apprezzato il film - come troppo repentino, soprattutto se inserito in un contesto
sociale che prevede da sempre pochissime alternative sociali e familiari.
Realizzato con attori non professionisti (presi dal gruppo teatrale Centro Culturale Horizonte diretto da Guido
Ripamonti), con l'eccezione di Felipe Botero, che interpreta padre David, il film della Gamboa è un'immersione
diretta nel disagio della società colombiana, tradotta stilisticamente nel pedinamento dei personaggi e in una
proliferazione di piani ravvicinati che intendono restituire i volti e i corpi, la rabbia e l'impotenza, la speranza e il
facile abbandono.
A cura di Giampiero Frasca