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biomeccanica > art. 9
L’allenamento con elastici
Proprietà meccaniche, differenze, evoluzione ed allenamento dei movimenti
tecnici nel beach volley
17 giugno 2013
di Paolo Sgandurra
scheda autore
Ilaria Angelelli
Tranquilli, non spaventatevi .. e lasciamo pure ai matematici la loro definizione di elasticità!
In questo articolo prenderemo solo in considerazione l’uso e le proprietà dello strumento elastico d’allenamento, definito in
molti modi: elastici fitness, fittando, tubing, elastic band, theraband, loopband, banda o fascia elastica.
Comunque li chiamiate possiamo definirli uno strumento d’allenamento utilissimo, scoprendo quanto sono utili non solo per la
forma fisica ma anche, se non soprattutto, per il miglioramento del gesto tecnico.
In questo lavoro illustreremo le sue proprietà ed alcuni spunti di allenamento.
La (ri)scoperta e i nuovi orizzonti d’uso degli elastici
Di recente (finalmente aggiungerei) sono tornati in auge le “elastic bands”, quegli elastici colorati che in
passato (utilizzati inizialmente in ambito fisioterapico) erano stati usati spesso dai giocatori di volley a
protezione ed allenamento del compartimento posteriore della spalla (rotation cuff) e del cingolo scapolo
omerale in toto, nell'allenamento in palestra senza l'ausilio di macchine, bilancieri, cavi, e manubri. In realtà
già negli anni '80 il prof. C. Pittera (allenatore della nazionale maschile di volley, 2° ai mondiali del 1978)
proponeva usi diversi e mirati all'incremento delle capacità di salto, esercitazioni per l'aumento della forza degli
arti inferiori con l'uso degli elastici attraverso particolari strutture d'allenamento (imbracature ancorate a terra),
soprattutto nell'allenamento del salto.
Oggi abbiamo riscoperto l’uso di questo semplice e prezioso strumento, non solo per la riabilitazione neuro muscolare post traumatica
(sono utilizzate alcune leg press con elastici ad uso riabilitativo), o per la prevenzione come nell'uso dei rotatori interni ed esterni della spalla,
oppure nel più attuale e diffuso uso nelle varie forme di work-out a carico naturale e propriocettivo, ma anche e soprattutto nella
strutturazione dell'ideogramma motorio del movimento grazie alle sue proprietà elastiche che differiscono resistenza e forze da applicare
dall’inizio del movimento rispetto alla fine dello stesso, associando attivazione ad apprendimento senso motorio.
Definizione delle contrazioni muscolari
Per meglio comprendere l’uso degli elastici in allenamento, occorre prima capire che tipo di contrazione
muscolare provoca l’uso dello stesso rispetto ad altre forme di allenamento.
Occorre quindi partire dai tipi di contrazione più comuni e dalla definizione di “carico” e “tensione
muscolare”:
carico: forza esercitata dal peso (o dalle sue proprietà) di un oggetto su un muscolo;
tensione muscolare: la forza esercitata sull'oggetto in questione dal muscolo mediante la sua contrazione,
attraverso questa si genera una forza all’interno del muscolo.
Carico e tensione sono quindi in contrapposizione fra loro, per sollevare un carico (peso) la tensione applicata deve essere superiore alla forza
stessa.
Tipi di contrazione:
1.
DINAMICHE (isotoniche, isocinetiche, auxotoniche e pliometriche)
2.
STATICHE (isometriche)
La contrazione muscolare provocata dall’allenamento con gli elastici è chiamata AUXOTONICA ed è molto particolare rispetto alle
comuni forme di contrazione. Per capire meglio la sua azione meccanica definiamo prima gli altri tipi di contrazione e vediamo
successivamente le differenze sostanziali.
Contrazione isotonica
Il termine isotonico indica la “tensione costante” presente nel muscolo nella sua fase di accorciamento (contrazione) spostando un carico (in
diverse direzioni non necessariamente verso l’alto) costantemente per tutto l’arco dell’ accorciamento/contrazione.
Nel tirare un peso la tensione prima aumenta in modo isometrico e quando è uguale al carico il muscolo si contrae in modo isotonico.
Nella contrazione isotonica si distinguono due FASI molto conosciute e spesso anche nominate:
- la
concentrica,
quando il muscolo si accorcia avvicinando i due capi articolari (inserzioni) e la tensione sviluppata è tale da consentire il
superamento della resistenza applicata.
- la
eccentrica
cui il muscolo si allunga distanziandone i capi articolari. La tensione sviluppata è inferiore alla resistenza applicata ed il muscolo
si allunga. Questa è l’azione muscolare più comune fra quelle praticate e conosciute.
Nella realtà non esisterebbero delle vere e proprie contrazioni isotoniche, in quanto la tensione sviluppata varia al variare della leva. Le consuete
macchine nelle comuni palestre avvicinano il lavoro muscolare a questo tipo di lavoro.
Contrazione isocinetica
Nella isocinetica si sviluppa il massimo sforzo durante tutto l’arco del movimento, la contrazione è a velocità costante grazie alla tensione
variabile applicata da specifiche macchine , contrazioni muscolari dette appunto isocinetiche.
Contrazione pliometrica
La pliometrica è una contrazione di tipo concentrico-esplosiva, preceduta da una contrazione eccentrica, in quest’ultima fase si accumula
energia in forma elastica da sfruttare nella successiva fase concentrica. Tipica azione di contrazione pliometrica sono azioni di salto ripetuti
consecutivamente e immediati.
Contrazione isometrica
E’ una contrazione di tipo statico, le inserzioni non si spostano e il muscolo
sviluppa una grande tensione non modificando la propria lunghezza. La tensione
sviluppata è pari alla resistenza applicata, non c’è movimento, il muscolo non
riesce a spostare il carico (inamovibile) ma ne contrasta l’effetto.
Grafico di Hill
( A .V . Hill medico e fisiologo britannico, premio Nobel per la medicina nel 1922)
Nel 1938 Hill dimostrò matematicamente (v+b) (P+a)=b (P0+a) che la velocità è inversamente proporzionale alla forza. Di conseguenza alla
velocità massima la forza è uguale a zero, mentre a velocità zero (o negativa) la forza è molto elevata. Il concetto, riassunto nel grafico a lato,
può essere espresso anche in altri termini: la forza espressa è massima durante contrazioni eccentriche (ripetizioni negative), si riduce in quelle
isometriche e ancor di più in quelle concentriche.
Solo per dovere di cronaca: negli anni altri modelli più precisi relativi al lavoro del muscolo sono stati proposti, Huxley, Simmons, Noble, Pollack
ecc; ma la scoperta di Hill resta attuale.
La contrazione muscolare nel lavoro con gli elastici
Cosa succede quando impugniamo o afferriamo un elastico e lo tiriamo?
Tutti i corpi soggetti all'azione di una forza subiscono una deformazione che
dipende, oltre che dall'intensità della forza applicata, anche dalla natura del
corpo stesso. In generale, le deformazioni possono essere di due tipi:
elastiche, che scompaiono quando la forza non è più applicata, e anelastiche, che permangono anche successivamente all'applicazione
della forza. Sono dette forze elastiche quelle che si oppongono alla deformazione di un corpo.
La contrazione auxotonica
Arriviamo così alla contrazione auxotonica che è quella che ci interessa maggiormente quando si parla di allenamento con gli elastici. Sua
caratteristica principale è l’aumento progressivo della contrazione del muscolo con l’accorciamento dello stesso. La auxotonica è il
tipo di contrazione prodotta dall’uso degli elastici in allenamento, questo effetto è dato dalla differenza di resistenza che oppone l’elastico man
mano che si tende, che si allunga.
Quindi, la caratteristica principale della contrazione auxotonica è quella di aumentare la resistenza (carico esterno) in modo direttamente
proporzionale all’ampiezza del gesto, e questa caratteristica è fondamentale per comprendere il tipo di lavoro che andremo a produrre con l’uso
degli elastici.
Parlando di allenamento un interessante lavoro (come molti altri che hanno prodotto) è stato quello pubblicato da alcuni autorevoli autori italiani
specializzati nella preparazione fisica, Colagiovanni, Pompa, Introini e Colli, che hanno pubblicato di recente un confronto fra il lavoro ai
cavi (Torsion Pulley o ercolina) e quello con elastici. Dagli studi fatti sono emerse differenze significative ed utilissime indicazioni per il lavoro dei
preparatori delle aree fisico motorie.
Queste studi mirano ad osservare e rilevare le differenze sulla forza, velocità d’esecuzione e qualità del movimento.
Per brevità riportiamo alcune delle considerazioni e rilevazioni più importanti di questo lavoro:
 Una prima importante considerazione sta nella differenza di tempo per esprimere valori di forza simili nella massima forza espressa
(ovviamente in Newton): con l’elastico, questi valori di forza, si raggiungono in un tempo praticamente doppio o comunque molto più
lungo nei differenti esercizi proposti (ultime due colonne), mentre in altri tipi di lavoro la forza espressa rimane molto diversa fra i due mezzi
usati.
Tratto da: “elastici ed ercoline un primo confronto” di E. Introini, G. Colagiovanni, R. Colli, D. Pompa
 Nelle trazioni e spinte unilaterali le differenze sono nette: nella spinta la forza prodotta con il torsion pulley raggiunge
subito picchi elevati e decresce rapidamente, con l’elastico sale costantemente in modo direttamente
proporzionale al suo allungamento. In trazione la differenza è minore seppur ancora molto marcata.
 L’arco di spostamento fra i due mezzi va da 3 a 90 volte superiore con l’uso degli elastici.
 In alcuni esercizi con l’elastico si possono raggiungere livelli di forza massima superiori.
Prendendo come esempio il primo esercizio proposto, possiamo vedere in grafico molte delle considerazioni fin qui riportate:
Esercizio con una buona componente coordinativa, dalle curve
colorate risalta la differenza di tempi nel raggiungimento della forza,
e come la forza raggiunta con l’elastico sia costante all’allungarsi di
esso e con un notevole incremento a circa metà del tempo di
spostamento raggiungendo in poco tempo il picco massimo, mentre il
livello di forza massima mediante ercolina si raggiunge nella fase
iniziale per poi decrescere in modo non uniforme.
Slide tratta da: “elastici ed ercoline un primo
di E. Introini, G. Colagiovanni, R. Colli, D. Pompa
confronto”
Gli effetti dell’allenamento e i vantaggi del lavoro con gli elastici
Le caratteristiche evidenziate finora comportano conseguenze e modalità diverse nell’uso dei due mezzi. Riassumendo:

Con il torsion pulley avremo una prima fase in cui dobbiamo vincere la resistenza del peso e quindi una bassa velocità iniziale
d’esecuzione, successivamente la velocità aumenta grazie alla accelerazione acquisita del peso stesso grazie alla forza applicata
sullì’attrezzo da parte dell’atleta.
Con l’elastico la velocità è subito alta in quanto la resistenza è di molto minore all’inizio. Questo è un elemento importante soprattutto
nell’apprendimento di gesti tecnici simulati con l’elastico. Successivamente la velocità diminuisce proprio per l’aumento della resistenza del
mezzo d’allenamento, e aumenta il carico. Come vedremo anche quest’ultima condizione ha elementi positivi sull’esecuzione, tralasciando per un
attimo la capacità condizionale.

Con il torsion pulley possiamo cambiare il carico e quindi modulare i livelli e i tipi di forza. Potendo aumentare il carico in modo selettivo i
livelli di forza iniziali sono molto importanti, sia nella fase concentrica che nella eccentrica (fase negativa), soprattutto e in particolare
quest’ultima nella fase finale.
Con l’elastico la forza è direttamente proporzionale con la lunghezza e la densità del materiale elastico (i colori di essa spesso
determinano la resistenza con mescole di materiale diverse e maggior o minore resistenza e quindi elasticità).
Fin qui le differenze fra i due mezzi d’allenamento, vediamo ora i principi d’uso del lavoro con gli elastici.
L’elastico sviluppa controllo del movimento e coordinazione
E’ questo probabilmente il concetto principale sul quale focalizzare l’attenzione
Biomeccanicamente la differenza di lavoro è molto esplicita confrontando un comune movimento
di
“curl” (flessione dell’avambraccio sul braccio) con sovraccarico (manubrio) e quello con elastico. In questo tipo di
movimento abbiamo, in entrambe le modalità, due istanti in cui il carico è in asse con il gomito (fulcro del
movimento): all’inizio a braccio steso in basso e alla fine quando è completamente flesso in alto. Quindi, mentre
con il manubrio la massima tensione sarà con gomito flesso a circa 90°, con l’elastico sarà verso la fine del
movimento quando l’elastico sarà maggiormente allungato (massima tensione raggiunta).
Grazie alla caratteristica del rapporto allungamento-resistenza, il rischio d’infortunio è decisamente minore rispetto all’utilizzo di altri
sovraccarichi (es. manubri, bilancieri, macchine isotoniche ecc.), e questo anche per un miglior uso delle unità motorie contrattili del muscolo (le
miofibrille), coinvolte in misura maggiore rispetto ai lavori convenzionali con sollevamento del carico contro gravità. Proprio per quest’ultimo
motivo gli elastici non sono adatti a lavorare sulla ipertrofia o sulla forza max ed esplosiva e bisognerà integrare il lavoro muscolare con altri tipi
di lavoro che coinvolgano le miofibrille escluse nei primi gradi dell’escursione del movimento.
Non essendoci quindi pressoché carico nella fase iniziale è possibile eseguire movimenti tecnici con buona velocità iniziale mentre, verso
la fine del movimento, l’aumento di forza espressa (come indicato dall’impennata della curva del grafico sopra) migliora la coordinazione e la
stabilizzazione.
A differenza dell’elastico con il torsion pulley posso lavorare su forza massima e dinamica massima e curare anche il lavoro eccentrico con carichi
importanti, l’elastico dalla sua permette il controllo più agevole di un movimento sfruttando questa resistenza crescente in modo
diverso, come ad esempio cambiando la posizione rispetto all’ancoraggio, alternando le fasi di trazione a quelle di spinta,
incidendo così sul controllo del movimento producendo esperienze finalizzate.
L’allenamento nel beach volley con gli elastici: l’ideogramma del movimento tecnico
Mentre Il prodotto finale dei sistemi sensitivi è quello di generare una rappresentazione interna dello spazio esterno o del proprio corpo,
l’attività dei sistemi motori inizia con una rappresentazione interna: l’immagine del risultato del movimento che si intende compiere.
Questa immagine è definita: “ideogramma motorio” e deve essere inglobata nel proprio schema corporeo.
L’ideogramma motorio è la quarta delle 5 fasi dell’apprendimento, la quinta è caratterizzata dalla esecuzione di sequenze motorie di
risposta che precedentemente erano state programmate.
Uno degli obiettivi dell’allenamento nel beach volley nell’esecuzione di un gesto tecnico come l’attacco, il servizio da terra o il servizio in salto, è
quello di rendere stabile queste tecniche in regime di rapidità (come in molti altri sport di situazione), mantenendone un adeguato controllo
tecnico in contesto situazionale. Per poterlo fare occorre che l’apprendimento del gesto tecnico sia agevolato, preparato, predisposto ad
accogliere i contenuti di un apprendimento successivo (5a fase).
Qualche esempio
L’uso dell’elastico nell’allenamento delle gestualità tecniche si inserisce proprio in questa 4a parte e ne soddisfa gli obiettivi. Ad esempio
attraverso la simulazione del movimento della battuta, impugnando una maniglia a mano aperta fissata all’elastico ancorato alle
nostre spalle, si permette una modificazione relativamente stabile del suo apprendimento. Questa semplice metodica permette anche di
aumentare l’escursione della spalla (apertura) senza necessità della palla e delle difficoltà situazionali legate ad essa, l’effetto guida che vedremo
fra poco …
Se l’apprendimento si caratterizza come fenomeno motivato, anche le risposte motorie esprimono questa caratteristica
motivazionale e l’uso degli elastici rende ulteriori motivazioni all’atleta unendo apprendimento del gesto tecnico ed efficace attivazione neuro
muscolare ad inizio allenamento.
Durante tutto il movimento, attraverso la guida offerta dall’elastico, tutte le sensazioni dovute alla resistenza aiuteranno a variare l’escursione
articolare, passando ad esempio da una flesso estensione con il gomito che si muove su un piano parallelo al pavimento, ad un movimento sui
piani superiori ed inferiori rispetto alla linea mediana delle spalle, aumentando così il range di movimento ed avvicinandolo a quello del gesto
tecnico.
Esecuzioni a percezione sensoriale limitata
Eseguire questi movimenti ad occhi chiusi aiuterà a percepire meglio tensioni e spostamenti nello spazio, sollecitando l’apparato vestibolare e i
propriocettori sensoriali a fornire informazioni continue. In definitiva, se ci pensiamo, anche quando eseguiamo un movimento d’attacco veloce la
nostra attenzione è tutta sulla palla, il campo e l’avversario, ed è come se chiudessimo gli occhi sul movimento della spalla e del braccio!
Poche righe sopra abbiamo fatto cenno alla diversa modalità d’uso nelle fasi trazione e spinta, questa è un’altra delle importanti peculiarità e
possibilità di variare il lavoro usando gli elastici.
Punto di ancoraggio e i movimenti di trazione e spinta
E’ molto importante il punto in cui decidiamo di ancorare il nostro elastico, il punto fermo al quale fissarlo.
L’altezza e la distanza determineranno l’obiettivo del lavoro. Nella foto a sx vediamo l’esempio di un noto
esercizio per gli intrarotatori della spalla, che evidenzia all’altezza del gomito il corretto ancoraggio della fascia
elastica.
Il punto di ancoraggio è molto importante e deve tener presente del tipo di movimento che vogliamo eseguire e
il braccio di leva che andiamo a utilizzare.
Secondo l’altezza dell’ancoraggio e la lunghezza stessa dell’elastico, avremo azioni
diverse quando dovremo tirare l’elastico verso di noi oppure allontanarlo, definendo la
prima fase di TRAZIONE e la seconda fase di SPINTA.
Nell’esempio a fianco una trazione con i flessori del braccio. Nella fase di ritorno,
eseguendola lentamente, si avrà una contrazione eccentrica degli stessi flessori.
Foto tratta da: Gazzetta.it
Quest’ultima fase eccentrica è il ritorno del movimento guidato dall’elastico sfruttando la sua componente elastica e la sua caratteristica di
ritornare alla forma di partenza. Esso permette di sfruttare una vera e propria guida meccanica ampliando, ad esempio, il movimento
d’apertura della spalla nella fase di pre stiramento prima del colpo sulla palla o la distensione del braccio nel movimento di attacco o
battuta. Si tratta di una fase “in negativo” per i muscoli che si “stirano” rallentando il movimento e permettendo all’esecutore di controllarne la
linea d’azione. La guida può essere passiva o attiva, come nel caso della spinta allungando l’elastico ed allontanandolo dall’articolazione.
La fase di spinta avviene solo in azione concentrica quando allontaniamo la presa dal punto più lontano dell’articolazione interessata, prendendo
quindi un’altra posizione rispetto al punto fisso di posizionamento dell’elastico.
Nella fase di trazione e spinta, seppur in direzioni opposte (nella trazione i flessori e nella spinta gli estensori),
avremo, come visto in precedenza, la massima fase concentrica dell’azione muscolare agonista nella fase
finale di massima tensione dell’elastico (e quindi della forza applicata), questo momento creerà forza,
stabilizzazione dell’articolazione e aumento del livello coordinativo significativo attraverso un analitico
processo tecnico. Proprio tale processo permetterà la strutturazione di un miglior ideogramma motorio dando
quegli stimoli sensitivi e interni, e forte motivazione, ad un miglior apprendimento e immagine interiore del
movimento tecnico.
La lunghezza dell’elastico e l’altezza dell’ancoraggio
La lunghezza è determinante per creare la giusta tensione, sarebbe opportuno che nella fase di trascinamento (allentamento dell’elastico) esso
rimanga sempre con una minima tensione. Evitare sempre tensioni troppo alte sia in trazione che spinta, sia per l’eccessivo stress sulle
componenti articolari (tendini, legamenti, capsule, cartilagini ecc) che per l’obiettivo di apprendimento tecnico anche se di perfezionamento di un
gesto conosciuto e già valido nell’esecuzione globale.
L’altezza dell’ancoraggio è altrettanto importante e dipende su cosa vogliamo lavorare maggiormente, non solo dal punto di vista muscolare
ma piuttosto da quello tecnico. Svilupperemo meglio questo concetto quando analizzeremo nella seconda parte dell’articolo gli esempi di lavoro e
i suoi mezzi.
I campi di applicazione
Sono davvero molteplici così come gli strumenti di lavoro collegati agli elastici. Presso la BVA di Roma propongo il lavoro con gli elastici sia per
l’apprendimento che per il perfezionamento, abbinando warm-up (fase d’attivazione iniziale) e lavoro tecnico. Lo applico sia nel miglioramento
della postura del bagher, che della motricità specifica degli arti inferiori nel palleggio nell’ultima fase che precede l’ingresso della palla, e sia per il
movimento di battuta e attacco. Perfino il muro sia nella componente di spostamento delle gambe e salto che in quella delle braccia. Tutti i
partecipanti al programma “Young” sono sottoposti a periodo di training con gli elastici. Sarà a questo lavoro che dedicheremo la seconda parte
di quest’articolo, con diversi spunti di lavoro, immagini dell’allenamento e illustrazione degli obiettivi, spiegandone passo a passo le ragioni
tecniche e motivazionali.
Paolo Sgandurra
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