Martedì 7 febbraio 2017, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Trio di Parma Alberto Miodini pianoforte Ivan Rabaglia violino Enrico Bronzi violoncello Ciclo integrale delle opere per pianoforte, violino e violoncello di Beethoven - I - Dieci variazioni sul tema “Ich bin der Schneider Kakadu” in sol maggiore op. 121a - Trio n. 1 in mi bemolle maggiore op. 1 n. 1 - Trio n. 2 in sol maggiore op. 1 n. 2 Il concerto è registrato da RAI Radio3 12 Di turno Mario Bassani Marco Bisceglia Direttore artistico Paolo Arcà 5 minuti prima di ascoltare: Oreste Bossini Con il contributo e il patrocinio di Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 - Vienna 1827) Dieci variazioni sul tema “Ich bin der Schneider Kakadu” in sol maggiore op. 121a (ca. 18’) Introduzione - Tema. Allegretto - Variazioni I-X - Allegretto l Anno di composizione: 1803 (rev. 1816) l Anno di pubblicazione: Vienna, 1824 Trio in mi bemolle maggiore op. 1 n. 1 (ca. 30’) I. Allegro II. Adagio cantabile III. Scherzo. Allegro assai IV. Finale. Presto Trio in sol maggiore op. 1 n. 2 (ca. 32’) I. Adagio - Allegro vivace II. Largo con espressione III. Scherzo. Allegro IV. Finale. Presto l Anno di composizione: 1793/1795 l Anno di pubblicazione: Vienna, 1795 Nei primi anni a Vienna, tra il 1792 e il 1795, Beethoven rivolse le proprie energie in primo luogo all’attività concertistica, cercando di consolidare la sua posizione come pianista e improvvisatore. Aveva già pubblicato qualche lavoro nel periodo di Bonn, ma per il momento preferiva mettere da parte la composizione, almeno fino a quando fosse in grado di pubblicare lavori importanti nei generi maggiori. Era una decisione presa in maniera pienamente consapevole, come dimostra una lettera piuttosto seccata del 1794 all’amico editore e stampatore di musica Nikolaus Simrock, suo ex-collega nell’orchestra di Bonn come cornista, che all’insaputa di Beethoven stava per pubblicare delle sue vecchie Variazioni per pianoforte a quattro mani su un tema del conte Waldstein: «Del resto, non avevo l’intenzione di pubblicare ora delle Variazioni, volendo prima aspettare di avere dato via libera ad alcune mie opere più importanti, che usciranno presto». Il mercato della Hausmusik era invaso da variazioni per pianoforte, alla portata di qualunque dilettante. Beethoven invece desiderava distinguersi sin dall’inizio come autore e pubblicare solo lavori di livello artistico superiore. La distinzione tra professionisti e dilettanti, in una città come Vienna, è ancora labile in questo scorcio di Settecento e passava spesso attraverso l’estrazione sociale. I musicisti di professione non erano gli unici in grado di interpretare le partiture più moderne, molte persone dell’alta società avevano una preparazione tecnica e una sensibilità musicale assolutamente analoghe. Proprio per questo Beethoven viene accolto in maniera benevola e generosa nei palazzi più importanti, dove vivono persone in grado di apprezzare e riconoscere il talento fuori dal comune del giovane pianista di Bonn. Il primo patrono e amico di Beethoven a Vienna è stato il principe Carlo di Lichnowsky, un tempo allievo e mecenate di Mozart. Il Principe e la moglie, principessa Christiane, figlia del Conte von Thun, accolsero in casa Beethoven come un figlio, curandosi forse fin troppo della sua condizione, tanto da indurlo alla fine a prendere un appartamento indipendente in città. Franz Gerhard Wegeler, rettore dell’Università di Bonn, fuggito a Vienna nel 1794 dopo l’occupazione francese del Rheinland, nei suoi ricordi su Beethoven rivela la fama di compositore difficile e innovatore che già circondava l’amico a Vienna: «Il Principe era un grande appassionato e connoisseur di musica. Suonava il pianoforte, e studiando i pezzi di Beethoven e suonandoli più o meno bene, cercava di convincerlo che non c’era alcun bisogno di cambiare niente nel suo stile di composizione, malgrado l’attenzione del compositore fosse spesso richiamata sulle difficoltà dei suoi lavori». La prima composizione pubblicata ufficialmente da Beethoven, i Trii con pianoforte op. 1, recano infatti la dedica al principe Lichnowsky. Non erano affatto lavori di routine, e Beethoven ne era perfettamente cosciente. «Sinceramente, caro Streicher – scriveva nel 1796 al pianista Johann Andreas Streicher – mi sono per la prima volta azzardato ad ascoltare una esecuzione del mio terzetto [probabilmente il Trio in mi bemolle maggiore n. 1] e ciò mi indurrà veramente a scrivere di più per il pianoforte di quanto non abbia fatto finora, anche se solo pochi mi capiscono, sono già contento. È certo che il modo di suonare il pianoforte è ancora molto primitivo rispetto a tutti gli altri strumenti, sovente sembra di udir suonare un’arpa e mi fa piacere che Lei sia dei pochi che comprendano e sentano che si può far cantare anche il pianoforte, basta sentirlo, spero che verrà il tempo in cui arpa e pianoforte saranno due strumenti del tutto diversi». Allo stesso modo, anche il pubblico del tempo percepiva l’originalità e financo la bizzarria del suo stile, fin dalla prima audizione dei suoi lavori in casa di Lichnowsky, spesso alla presenza dei due lari della musica viennese, Haydn e Salieri. Beethoven in sostanza si presentava con l’Opus 1 come uno spirito nuovo, non solo nelle vesti di virtuoso, ma anche in quelle di compositore, forse anche oltre le aspettative dei numerosi connoisseurs che lo consideravano l’erede di Mozart. Del resto, anche a Vienna spirava il vento del rinnovamento e serpeggiavano sentimenti giacobini, tenuti a bada dal governo col pugno di ferro. Nel luglio 1794, un gruppo di studenti viennesi aveva preparato una rivolta, sventata all’ultimo momento dalla polizia, con il progetto di assassinare l’Imperatore e arrestare gli aristocratici più in vista. Beethoven descrive nelle sue lettere una città in assetto di guerra, la repressione poliziesca per la minima protesta, il coprifuoco nei quartieri di periferia. Persino certi ambienti dell’alta nobiltà viennese manifestavano un’insospettabile simpatia per le idee radicali e la Rivoluzione francese. Secondo la Baronessa du Montet, la principessa Lichnowsky e la contessa Kinsky odiavano gli émigrés e gli aristocratici francesi. Wegeler notava invece come a palazzo Lichnowsky dopo il concerto anche i musicisti si fermassero a cena, e che il Principe “radunava artisti e intellettuali senza riguardo alla posizione sociale”. In questo ambiente aristocratico e democratico (“la nostra democratica epoca”, si legge in una lettera del 1794), i nuovi lavori di Beethoven venivano eseguiti e discussi da un gruppo di artisti e connoisseurs scelti. Nel laboratorio foraggiato dalla generosa borsa di Lichnowsky, Beethoven era libero di sviluppare uno stile nuovo e radicale, al riparo dalla crescente ostilità del giornalismo musicale e dalla sostanziale incomprensione del pubblico comune. Le Variazioni Kakadu appartengono al novero dei lavori giovanili, anche se in realtà sono l’ultimo lavoro per trio pubblicato da Beethoven. L’origine delle Variazioni risale probabilmente al 1794, quando venne rappresentata con grande successo a Vienna l’opera comica di Joachim Perinet con musiche di Wenzel Müller Die Schwestern von Prag, dalla quale è tratta la melodia che Beethoven ha preso come tema. Il lavoro rimase nel cassetto fino al 1816, anno in cui venne rivisto a fondo, per poi aspettare altri otto anni prima di essere pubblicato. La commedia di Perinet, uno dei comici più popolari del Wiener Volksstück, il genere di spettacolo cui apparteneva per esempio Die Zauberflöte, è ambientata sullo sfondo delle vicende politiche di quegli anni. Il Lied di Krispin, un sarto apprendista, racconta di come il ragazzo si sia trovato a girovagare per le strade di una città francese, dove le guardie repubblicane lo hanno preso e interrogato, sospettando che fosse una spia degli aristocratici. Dopo una bella serie di legnate sulla schiena, il poveretto viene liberato e se ne torna di corsa nel “liebes deutsche Vaterland”. Da questa canzoncina stile Papageno, Beethoven trae una decina di variazioni, aggiungendo nella versione finale un’ampia introduzione lenta in sol minore. La tragica e solenne pagina iniziale forma un contrasto stridente con la semplice banalità del tema, ma non è l’unica contraddizione di questo lavoro proteiforme. La scrittura presenta diversi strati stilistici, sovrapponendo un linguaggio contrappuntistico sullo sfondo di una tessitura classica. L’aspro passaggio dal minore al maggiore riemerge nella parte conclusiva, con la penultima variazione che si tinge di melanconia prima di intrecciare una danza sfrenata e liberatoria, anche se non del tutto spensierata, come ricordano i cromatismi sparsi tra i vari strumenti. La vera conclusione tuttavia è affidata a un’appendice di carattere vagamente marziale, che Schubert probabilmente ha preso come spunto per scrivere i suoi grandi Trii. Il primo problema inquadrato da Beethoven come compositore è stato l’equilibrio tra la scrittura del pianoforte e quella degli strumenti ad arco. Non a caso la prima delle “opere importanti” menzionate nella lettera a Simrock è una raccolta di Trii per pianoforte e archi. Potrebbe sembrare curioso che un grande virtuoso, qual era Beethoven, scegliesse di esordire come compositore con un lavoro non per pianoforte solo, bensì per una formazione che in passato era già stata ampiamente trattata da Haydn e da Mozart. In realtà Beethoven conosceva i limiti di quella nobile tradizione e forse pensava che avrebbe potuto manifestare meglio la propria indipendenza dai modelli precedenti oltrepassando lo stile dei suoi predecessori. La scrittura del violoncello infatti era ancora abbastanza elementare, soprattutto nell’ambito della musica da camera. Qualche sforzo in più era stato fatto da Mozart in alcuni dei suoi Trii, ma fondamentalmente lo schema era ancora quello della prima fase della musica da camera con pianoforte, adottato senza troppe innovazioni da Haydn nei suoi circa 45 lavori per trio. Il pianoforte è in sostanza il fulcro della scrittura, rafforzata dal raddoppio del violino per la mano destra e del violoncello per la sinistra. A volte veniva addirittura aggiunta la definizione ad libitum sulle parti, a indicare la natura fondamentalmente pianistica di quei lavori. Beethoven invece dimostra subito di avere in mente un tipo di scrittura diversa, dove tutti gli strumenti sono indispensabili e autonomi. «Non posso scrivere assolutamente niente di non obbligato – scrive Beethoven all’editore Hoffmeister nel 1800 – perché sono già venuto al mondo con un accompagnamento obbligato». Il primo tentativo dunque di scrollarsi di dosso la fama di imitatore di Mozart e Haydn consiste nel cercare di scrivere qualcosa di nuovo per pianoforte e archi. È significativo, per esempio, che Beethoven, appena arrivato a Vienna nel 1792, abbia continuato a prendere lezioni di violino dal giovane Ignaz Schuppanzig, in seguito interprete dei suoi maggiori Quartetti. Non era l’ambizione di diventare un virtuoso del violino a spronare Beethoven, ma piuttosto il desiderio di conoscere più a fondo la tecnica e le caratteristiche degli strumenti ad arco. Questi sforzi trovano un primo risultato nei primi Trii, che mostrano i decisi passi avanti compiuti da Beethoven fin dall’inizio. Per prima cosa la scrittura degli archi mira a un duplice obiettivo, da una parte fondersi con il suono del pianoforte per ottenere un effetto orchestrale, dall’altra contrapporsi in forma concertante al predominio del pianoforte. L’incipit del Trio in mi bemolle maggiore n. 1 chiarisce abbastanza bene le novità dello stile di Beethoven. Il primo accordo è un classico forte orchestrale, al quale segue una lunga frase in piano che mostra la contrapposizione tra pianoforte e archi. Il forte ritorna soltanto alla fine della frase, riprendendo l’arpeggio saliente di mi bemolle maggiore, questa volta però suonato all’unisono da tutti in maniera orchestrale. Il secondo tema, di carattere morbido e meditativo, viene sussurrato a mezza bocca in un passo a tre, come una sorta di corale polifonico. Anche in questo caso si manifesta una contrapposizione tra una frase legata e una staccata, in maniera speculare a quella del primo tema. In altri punti emerge invece una scrittura contrappuntistica, con dialoghi brillanti tra le varie voci. Un’altra caratteristica dell’esuberante stile del giovane Beethoven s’incontra nell’ampia coda dell’“Allegro”, dove i principali elementi del movimento vengono ripresi ed elaborati in forma nuova. Un’altra tappa del processo di emancipazione della scrittura degli archi consiste nel trovare lo spazio per un’espressione indipendente. L’“Adagio cantabile” in la bemolle maggiore mette in luce proprio la qualità melodica degli strumenti ad arco, in particolare del violoncello, che condivide con il violino una buona parte del carattere espressivo del movimento. In termini di pura sperimentazione sonora, è interessante notare un passaggio sincronizzato degli archi, impegnati a sottolineare la modulazione a do maggiore con un arpeggio ascendente a note staccate in fortissimo, seguito da un repentino ribaltamento della situazione, con il pianoforte che riprende l’arpeggio a note legate e in pianissimo. Dal punto di vista formale, invece, l’introduzione dello “Scherzo” al posto del tradizionale minuetto rappresenta la maggior novità dei Trii di Beethoven. Lo stile umoristico e virile di questo movimento e del successivo “Presto”, con il suo ruvido tema rurale, conclamano Beethoven come il vero erede di Haydn. Erede, non epigono. Il vero volto di Beethoven si manifesta per esempio in qualche piccolo dettaglio. La parte del violino non richiede per esempio una tecnica particolarmente sviluppata, ma nel “Presto” conclusivo il tema principale inizia con un salto di decima, che non rappresenta alcuna difficoltà per il pianoforte, ma può mettere in difficoltà anche il più esperto dei violinisti. Beethoven privilegia sempre l’idea musicale, a scapito della reputazione degli interpreti. Questo non significa tuttavia che Beethoven ignori a bella posta il linguaggio degli strumenti in nome di un astratto ideale musicale. Il “Presto” finale del Trio in sol maggiore n. 2 nasce per esempio da un tema assolutamente idiomatico per gli strumenti ad arco, ma praticamente ineseguibile sul pianoforte. Una decina di note ribattute a quella velocità erano di fatto impossibili da suonare su un pianoforte dell’epoca, privo della tastiera con la meccanica a doppio scappamento. Ecco dunque che Beethoven trasforma la risposta del pianoforte in un trillo misurato, che a sua volta viene inglobato anche nella parte violinistica nei momenti di serrato dialogo imitativo. L’apertura del Trio in sol maggiore mette in luce una vivacità di spirito davvero degna di Haydn. Dopo il grande “Adagio” introduttivo, infatti, l’“Allegro vivace” inizia con il tema esposto nella “falsa” tonalità di do maggiore dal pianoforte, mentre la giusta tonalità di sol maggiore viene procrastinato di una ventina di battute. La dignità del tema principale è sottolineata anche dalla veste sonora ampia e corposa, con il pianoforte che sostiene la voce del violino ad accordi pieni e organistici e il violoncello con un basso albertino. Il secondo tema, in re maggiore, ha un carattere lezioso e civettuolo, anche in questo caso incarnato dal pungente colpo d’arco del violino. L’aspetto frivolo di questo “Allegro vivace” tuttavia non deve ingannare, perché nasconde una scrittura ricca di sapiente contrappunto e ingegnose armonie. La scoperta più sorprendente però, al momento della ripresa, è che l’ingannevole tema in do maggiore dell’inizio non era un miraggio passeggero, bensì parte integrante dell’idea tematica principale. Sebbene lo stile di Haydn abbia lasciato l’impronta maggiore, Beethoven quando vuole sa calarsi perfettamente anche nel mondo di Mozart. Il successivo “Largo con espressione” inizia con una frase dolcissima e struggente del pianoforte solo, che potrebbe aver rubato il colore della melodia a un personaggio del teatro mozartiano colto in un accesso di melanconia. La lontana armonia di mi maggiore contribuisce a creare una sensazione di estraneità e smarrimento, che culmina ancora una volta su una tesa cadenza, che squarcia la tela per mostrare per un attimo un etereo sfondo in do maggiore. Questa improvvisa parentesi mozartiana depone, per paradosso, a favore dell’originalità di Beethoven. Il fatto di trovare così poche copie dello stile di Mozart nei primi lavori di Beethoven, che pure sarebbe stato in grado d’imitare alla perfezione il suo grande predecessore, testimonia con quanta determinazione l’artista perseguisse mire più ambiziose. Oreste Bossini Il Trio con pianoforte: breve storia di un genere Fondamentale nella storia della musica è stato il ruolo del trio per violino, violoncello e pianoforte, genere cameristico secondo per importanza solo al quartetto d’archi. Il percorso che portò alla piena definizione delle sue caratteristiche fu tuttavia lungo e complesso; l’accostamento di uno strumento a tastiera alle corde strofinate poneva infatti problematiche maggiori rispetto ad altre formazioni cameristiche. Se ad esempio nei quartetti di Haydn l’indipendenza tra le parti è pienamente raggiunta, altrettanto non si può affermare per quanto riguarda i suoi trii con pianoforte; in queste composizioni l’autore mostra infatti ancora uno stretto legame con il modello della sonata accompagnata. In quest’ultimo genere gli strumenti ad arco o a fiato erano nettamente subordinati rispetto a quello a tastiera, limitandosi perlopiù a raddoppiarne le note più gravi o più acute. Suo iniziatore è considerato Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, il quale pubblicò nel 1734 sei Pièces de clavecin en sonates avec accompagnament de violon. La sonata accompagnata ebbe grandissima diffusione nella seconda metà del Settecento; tale genere rispondeva con facilità alle richieste di un pubblico di nobili e borghesi dilettanti in costante crescita e trovò terreno fertile soprattutto a Parigi dove il mercato editoriale era assai vitale. Il giovane Mozart ne fu senza dubbio influenzato durante la lunga tournée che intraprese con la famiglia in giro per l’Europa tra il giugno del 1763 e il novembre del 1766. A Parigi ebbe infatti sicuramente modo di ascoltare le opere di Johann Schobert e a Londra quelle di Johann Christian Bach. Il primo brano per strumento a tastiera, violino e violoncello del compositore di Salisburgo risale al 1776 e significativamente è classificato non come “trio”, bensì come “divertimento”. Quest’opera mostra ancora una sproporzione nella suddivisione del materiale tematico e nell’indipendenza tra le parti; a farne le spese è soprattutto il violoncello, cui tocca prevalentemente il compito di raddoppiare i bassi del pianoforte. Questo fatto non deve stupirci: le note dello strumento ad arco supplivano alla mancanza di volume nel registro grave dei fortepiani dell’epoca, nonché alla loro possibilità limitata di tenere il suono. Presupposto fondamentale per l’affermazione di tutta la musica da camera con pianoforte fu proprio lo sviluppo delle caratteristiche tecniche dello strumento a tastiera. Nella nota lettera inviata al padre il 17 ottobre 1777 Mozart non celava la sua grande ammirazione per i nuovi fortepiani costruiti da Johann Andreas Stein ad Augusta. Tale rivelazione mutò profondamente il modo di scrivere del giovane compositore per questo strumento non solo in veste solistica, ma anche in ensemble. Nel 1778 scrisse ad esempio le sei sonate K 301-306 per violino e pianoforte. Al 1786 risale invece il suo secondo trio K 496 in sol maggiore, questa volta non più indicato genericamente come “divertimento”, al quale seguirono a breve distanza gli altri quattro (K 502, K 542, K 548 e K 564). È con Beethoven tuttavia che le caratte- ristiche del trio con pianoforte giunsero a piena maturazione e si pervenne ad un vero equilibrio tra le parti. Chiaro indizio dell’importanza che il compositore di Bonn attribuiva a questo genere fu la sua scelta di far pubblicare tre trii nel 1795 come op. 1. Destinatari di questi brani erano ormai sempre più spesso i professionisti; ad esempio per l’esecuzione di questi tre trii in casa del principe Lichnowsky tra la fine del 1793 e l’inizio dell’anno seguente il compositore fu affiancato da grandi interpreti quali Ignaz Schuppanzigh al violino e Nikolaus Kraft al violoncello. Mettendo a confronto i trii di Beethoven è possibile osservare i progressi tecnici del pianoforte; se nell’op. 1 l’estensione è ancora quella del tempo di Mozart (fa0-fa5), nel primo trio dell’op. 70 è richiesta una quinta in più all’acuto e nel secondo addirittura un’ottava (fa6), mentre con l’op. 97, l’Arciduca, si scende fino al mi bemolle0. Da quest’ultimo brano, composto nel 1811, bisognò aspettare sedici anni prima di trovare nuovamente nel genere del trio con pianoforte esempi di livello comparabile. Tra l’ottobre del 1827 e il gennaio del 1828 Schubert scrisse infatti il Trio in si bemolle maggiore (D 898) e quello in mi bemolle maggiore (D 929). In questi due capolavori il peso dell’esempio beethoveniano è evidente già dall’adozione dell’articolazione in quattro tempi, tuttavia la strada percorsa da Schubert è assolutamente personale. Inoltre nei due trii, tra loro complementari per carattere, il livello di equilibrio strumentale è assoluto e sarà difficilmente eguagliato dalla generazione romantica successiva. Importante fu il contributo di Johannes Brahms che già nel 1854, poco dopo che il suo talento fu stato “rivelato” al mondo da Schumann con il suo noto articolo Nuove Vie, fece pubblicare il Trio n. 1 in si maggiore op. 8. L’opera, già matura nonostante la giovane età dell’autore, fu ripresa più di trent’anni dopo; nel 1891 Brahms infatti ne pubblicò una seconda versione nella quale alcune sezioni vennero notevolmente ridimensionate. Così come per il quartetto, anche nell’ambito del trio con pianoforte l’inizio del Novecento vide l’istituzione delle prime formazioni stabili, tra le quali vi fu ad esempio il Trio Thibaud-Casals-Cortot, fondato nel 1905. Il genere entrava dunque in una fase nuova, ormai assai lontana dalla dimensione occasionale e dilettantesca degli esordi. Lorenzo Paparazzo Diplomato in Musicologia al Conservatorio “G. Verdi” di Milano Trio di Parma Il Trio di Parma si è formato nel 1990 al Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma. Si è poi perfezionato con il Trio di Trieste alla Scuola di Musica di Fiesole e all’Accademia Chigiana di Siena. Ha ottenuto importanti riconoscimenti con le affermazioni al Concorso Internazionale “Vittorio Gui” di Firenze, al Concorso Internazionale di Musica da Camera di Melbourne, al Concorso Internazionale ARD di Monaco e al Concorso Internazionale di Musica da Camera di Lione. Inoltre, nel 1994, ha meritato il “Premio Abbiati” dell’Associazione Nazionale della Critica Musicale quale “miglior complesso cameristico”. Ha suonato per le più importanti istituzioni musicali in Italia (Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, Amici della Musica di Firenze, Unione Musicale di Torino, Gran Teatro La Fenice di Venezia, Unione Musicale di Torino, GOG di Genova, Accademia Filarmonica Romana, Orta Festival) e all’estero (Filarmonica di Berlino, Carnegie Hall e Lincoln Center di New York, Wigmore Hall di Londra, Konzerthaus di Vienna, Filarmonica di San Pietroburgo, festival di Lockenhaus e Lucerna, Teatro Colon di Buenos Aires, Amburgo, Dublino, Varsavia, Los Angeles, Washington, Barossa Music Festival Adelaide, Rio de Janeiro, San Paolo). Ha collaborato con importanti musicisti quali Vladimir Delman, Carl Melles, Pavel Vernikov, Bruno Giuranna, Alessandro Carbonare, Eduard Brunner; ha partecipato a numerose registrazioni radiofoniche e televisive per la RAI e per diverse emittenti estere (Bayerischer Rundfunk, NDR, WDR, MDR, Radio Bremen, ORT, ABC-Classic Australia). Ha inoltre inciso l’integrale dei Trii di Brahms per l’UNICEF, di Beethoven e Ravel per la rivista Amadeus, di Pizzetti per Concerto e di Šostakovič per Stradivarius (“miglior disco dell’anno 2008” dalla rivista Classic Voice). Sempre per Concerto, ha pubblicato nel 2011 un CD monografico dedicato a Liszt e la registrazione del vivo dei Trii di Schumann. Il Trio di Parma, oltre all’impegno didattico in Conservatorio e al Mozarteum di Salisburgo, tiene corsi alla Scuola Superiore Internazionale “Trio di Trieste” di Duino, alla Scuola di Musica di Fiesole e alla Fondazione Musicale Santa Cecilia di Portogruaro. Ivan Rabaglia suona un violino G.B. Guadagnini costruito a Piacenza nel 1744 ed Enrico Bronzi un violoncello Vincenzo Panormo costruito a Londra nel 1775. Il Trio è stato ospite della nostra Società nel 1994, 1996, 2010, due volte nel 2012 per i due concerti dedicati all’integrale dei Trii di Dvořák, e due volte nel 2014 con i due Trii di Schubert e per il concerto commemorativo per i 150 anni della nostra Società. In collaborazione con 1947 .2017 Piccolo Teatro Strehler Scatola Magica Largo Greppi 1 – M2 Lanza Lunedì 30 gennaio e lunedì 6 febbraio 2017 ore 19.30 70 ANNI DI TEATRO Giovedì 9 e venerdì 10 febbraio 2017 ore 10.30 Back to Bach dalle Suites per violoncello a oggi e ritorno drammaturgia Giovanna Scardoni da un’idea di Luca Franzetti regia Nicola Ciaffoni con Nicola Ciaffoni e Luca Franzetti (violoncello) assistente alla drammaturgia Giulia Maria Basile produzione Società del Quartetto di Milano Piccolo Teatro di MilanoTeatro d’Europa Un attore, un musicista e un violoncello danno vita a un dialogo di musica e parola – un viaggio tra passato e presente – guidati dalle Suites per violoncello di Johann Sebastian Bach. Le Suites, capitolo fondamentale della storia della musica, diventano quindi il punto di partenza per raccontare la vita di Bach, per indagare poeticamente chi si cela dietro al volto severo e corrucciato del suo ritratto. Non si tratta di un’esecuzione di brani fine a se stessa, né di una lezione accademica sulla vita di Bach, ma di un viaggio nella sua umanità e genialità attraverso la sua opera e la grande eredità che ci ha lasciato e che, in maniera più o meno consapevole, riecheggia e si esprime ancora oggi nel nostro DNA musicale. Posto unico: € 8,00 Questo viaggio è per tutti. Tutti lo compiamo e lo viviamo allo Per info e prenotazioni: stesso modo, senza differenze e separazioni tra chi guida e chi Biglietteria telefonica 02 42411889 (lunedì-sabato 9.45-18.45; domenica 10-17) viene guidato, tra l’esperto ascoltatore e il principiante. Ufficio promozione pubblico 02 72333216 Un viaggio fatto di note e parole attraverso Bach, attraverso la (lunedì-venerdì 9.00-13.00; 14.30-18.30) sua musica, attraverso il passaggio segreto dell’ascolto delle singole note, la loro successione e precisione (del resto, quale potrebbe essere il miglior mezzo se non la musica per capire un uomo che ha fatto della musica la sua vita?). Un viaggio per ridare vita all’imbronciato ritratto del compositore tedesco, per trascinare la sua opera fuori dalle polverose teche museali, in cui troppo spesso viene rinchiusa la “musica classica”. Un viaggio per farla volare libera fino ad oggi, libera di raccontarci che il classico, inteso come modello esemplare, non ha epoca ed è destinato a essere sempre fonte di ispirazione. Universalmente fruito, goduto e amato. Un viaggio: ritorno al presente incluso. (dalle note di regia di Nicola Ciaffoni) In collaborazione con Premio Sergio Dragoni a Casa Verdi Quasi un talent show musicale I giovani vincitori del Premio del Conservatorio di Milano 2016 in competizione La giuria del concorso è formata dai musicisti Ospiti di Casa Verdi I concerti si terranno a Casa Verdi, piazza Buonarroti 29, il giovedì dalle 17 alle 18 Biglietti € 2 9 febbraio 2017 16 marzo 2017 6 aprile 2017 4 maggio 2017 Francesco Granata Damiano Afrifa Elisa Balbo saxofono pianoforte Francesco Ronzio flauto soprano Salvatore Castellano Luigi Denaro Mozart - Sonata in si bemolle maggiore K 333 Beethoven - Sonata n. 31 in la bemolle maggiore op. 110 Schubert - Wanderer Fantasie in do maggiore op. 15 D 760 Ilaria Ronchi Davide Cavalli pianoforte Luigi Palombi Schubert - Introduzione e Variazioni sul Lied “Trockne Blumen” D 802 Reinecke - Sonata per flauto e pianoforte “Undine” op. 167 Casella - Sicilienne et Burlesque per flauto e pianoforte Martin - Ballade Arie di Bellini, Tosti, Liszt, Verdi e Puccini Desenclos - Prelude, Cadence et Finale Villa-Lobos - Fantasia Schulhoff - Hot-Sonate Françaix - Cinq Danses Exotiques Jolivet - Fantaisie Impromptu Woods - Sonata (I mov.) Schubert - Sonata in la minore op. 42 D 845 Chopin - Berceuse op. 57 in fa bemolle maggiore - Barcarola op. 60 in fa diesis maggiore Daniele Bonini pianoforte pianoforte 16 febbraio 2017 Valentina Vanini mezzosoprano Giuseppina Coni pianoforte 23 marzo 2017 Arie di Quilter, CastelnuovoTedesco, Tosti, de Falla, Berio Francesca Marini 2 marzo 2017 Chiara Borghese violino Yoko Kimura pianoforte Elgar - Sonata in mi minore per violino e pianoforte op. 82 Wieniawski - Capricci op. 18 n. 3 e 4 per violino solo Paganini - Capriccio in si bemolle maggiore op. 1 n. 13 per violino solo Sarasate - Zigeunerweisen per violino e pianoforte op. 20 arpa Tournier - Sonatine pour Harpe op. 30 de Falla - Danza spagnola n. 1 dall’opera La Vida breve Patterson - The Red-backed Spider - The Black Widow Chertok - Around the Clock 30 marzo 2017 Diego Petrella pianoforte pianoforte 20 aprile 2017 Giuseppe Grosso fisarmonica Pachelbel - Ciaccona in fa minore Angelis - Impasse (I e II movimento) Voitenko - Revelation Semionov - Divertimento Pozzoli - danza fantastica mezzosoprano Yuka Godha Haydn - Sonata n. 62 in mi bemolle maggiore Hob.XVI.52 Brahms - Variazioni sul tema di Paganini op. 35, vol. I Liszt - Rapsodia spagnola S. 254 Prokof’ev - Sonata n. 7 op. 83 Mozart - Sonata in re maggiore K 576 Beethoven - Sonata n.15 in re maggiore op. 28 Schumann - Papillons op. 2 Chopin - Notturno n. 2 in sol minore op. 37 Mendelssohn - Variations sérieuses op. 54 18 maggio 2017 Oliviya Antoshkina soprano Michele Varriale pianoforte Arie di Händel, Purcell, Bellini, Donizetti, Massnet, Saint-Saëns, Mahler, Hahn, Rachmaninov, Williams pianoforte Ravel - Sonatina in fa diesis minore M. 40 arr. per sax soprano e pianoforte Poulenc - Sonata per oboe e pianoforte FP 185 arr. sax soprano e pianoforte Albright - Sonata per sax alto e pianoforte Decruck - Sonata in do diesis per sax alto e pianoforte pianoforte pianoforte pianoforte saxofono Caterina Piva Davide Ranaldi Isa Trotta 16 novembre 2017 2 novembre 2017 11 maggio 2017 27 aprile 2017 Brahms - Sonata n. 3 in fa minore op. 5 Rachmaninov - Selezione di Preludi e Studi 25 maggio 2017 Arie di Bellini, Bizet, Saint-Saëns, Verdi, Barber, Mozart, Tosti, Massenet, Fauré giovedì 9 novembre 2017 Guido Orso Coppin pianoforte Prokof’ev - Sonata n. 2 op. 14 Beethoven - Sonata n. 8 in do minore op. 13 “Patetica” Schubert - Wanderer Fantasie in do maggiore op. 15 D 760 Liszt - Studio in sol diesis minore S. 141 n. 3 “La campanella” 23 novembre 2017 Riccardo Zangirolami pianoforte Rachmaninov - Preludi op. 23 n. 2, 4 e 5 Liszt - Ballata n. 2 in si minore Brahms - Variazioni su un tema di Paganini op. 35, vol. II Gershwin - Three Preludes Skrjabin - Sonata n. 2 op. 19 Kapustin - Toccatina op. 40 Dopo i concerti si può partecipare alla visita guidata della cripta e delle sale museali di Casa Verdi Biglietti in vendita presso Società del Quartetto in orari di ufficio e, nei giorni di concerto a partire dalle 16.30, a Casa Verdi. 9 marzo 2017 Danilo Mascetti pianoforte Informazioni Beethoven - Sonata in la maggiore op. 2 n. 2 Schubert/Liszt - Gretchen am Spinnrade, Barcarolle, Erlkönig Ravel - Miroirs Società del Quartetto Via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02 795393 [email protected] www.quartettomilano.it Tavola dal Progetto di Camillo Boito per la Casa di Riposo per musicisti “G. Verdi” Il Premio Sergio Dragoni fa parte del progetto “Società del Quartetto: dalle nostre radici, inventiamo il futuro” sostenuto da Sponsor istituzionali Con il contributo di Con il contributo e il patrocinio del Comune di Soggetto riconosciuto di rilevanza regionale La Società del Quartetto partecipa a Musica nel tennis Villa Necchi Campiglio via Mozart, 14 - Milano 2017 Sabato 28 gennaio 2017 ore 17.30 Sabato 4 febbraio 2017 ore 17.30 Sabato 11 febbraio 2017 ore 17.30 Quartetto Noûs Leonardo Colafelice Marco Gialluca Beethoven - Sonata n. 5 in do minore op. 10 n. 1 Schubert - Moments musicaux in do diesis minore op. 94 n. 4 D 780 Beethoven - Sonata n. 26 in mi bemolle maggiore op. 81a “Les Adieux” Mendelssohn - Variations sérieuses in re minore op. 54 Čajkovskij-Pletnev - Lo Schiaccianoci, Suite Annalisa Orlando Sabato 18 febbraio 2017 ore 17.30 Sabato 11 marzo 2017 ore 17.30 Sabato 25 marzo 2017 ore 17.30 Trio Metamorphosi Alessandro Taverna Quartetto Guadagnini pianoforte Tiziano Baviera violino Alberto Franchin violino Sara Dambruoso viola Tommaso Tesini violoncello Dvořák - Quartetto n. 10 in mi bemolle maggiore op. 51 Mendelssohn - Quartetto n. 6 in fa minore op. 80 violino pianoforte Brahms - Scherzo in do minore dalla Sonata F.A.E. Schubert - Sonatina in re maggiore op. 137 n. 1 D 384 Schubert - Rondò brillante in si minore op. 70 D 895 Brahms - Sonata n. 3 in re minore op. 108 ROMANTICISMO! pianoforte Mauro Loguercio violino Francesco Pepicelli violoncello Angelo Pepicelli pianoforte Martucci - Trio n. 1 in do maggiore op. 59 Schumann - Trio n. 1 in re minore op. 63 Chopin - Scherzo n. 1 in si minore op. 20 - Scherzo n. 2 in si bemolle minore op. 31 - Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39 - Scherzo n. 4 in mi maggiore op. 54 - Sonata n. 3 in si minore op. 58 Fabrizio Zoffoli violino Giacomo Coletti violino Matteo Rocchi viola Alessandra Cefaliello violoncello Carpi - Due movimenti per quartetto d’archi Dvořák - Quartetto n. 12 in fa maggiore op. 96 “Americano” Brahms - Quartetto n. 1 in do minore op. 51 n. 1 Biglietti Interi: € 10 Ridotti: € 5, riservati a chi è Socio o della Società del Quartetto o dei FAI, su prenotazione, sino a esaurimento dei posti. Gratuiti: riservati a chi è Socio sia della Società del Quartetto, sia del FAI, su prenotazione, sino a esaurimento dei posti. Il biglietto dà diritto di visitare la Villa il giorno del concerto o in altra data entro il 31 marzo 2017 con prenotazione obbligatoria al n. 02 76340121 (da mercoledì a venerdì). Informazioni e prenotazioni Società del Quartetto di Milano via Durini 24 - 20122 Milano Tel. 02.795.393 [email protected] www.quartettomilano.it Con il contributo della Con il contributo e il patrocinio di Sponsor istituzionali Media partner Con il contributo di al progetto “Società del Quartetto: dalle nostre radici, inventiamo il futuro” Soggetto riconosciuto di rilevanza regionale La Società del Quartetto partecipa a Prossimo concerto: Martedì 14 febbraio 2017, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio András Schiff pianoforte Il doppio ciclo progettato da András Schiff prosegue con il secondo appuntamento, che vede come sempre il dialogo tra il pianoforte di Bach e di Bartók da un lato, di Janáček e di Schumann dall’altro. Dopo quelle a due voci, ora sono le Invenzioni a tre voci a dettare il confronto con la musica di Bartók, con due pagine tra le più originali e innovative del pianoforte moderno, la Suite op. 14 e il ciclo All’aria aperta. Il confronto tra Janáček e Schumann invece avviene sul terreno della sonata, interpretata da entrambi gli autori nella maniera più lontana dall’idea classica della forma. Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - [email protected]