La pubblicità e il ruolo della traduzione nelle

SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI
(Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)
Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma
TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
(Curriculum Interprete e Traduttore)
Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle
LAUREE UNIVERSITARIE
IN
SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA
La pubblicità e il ruolo della traduzione nelle strategie pubblicitarie
internazionali
RELATORI:
Prof.ssa Adriana Bisirri
CORRELATORI:
Prof.ssa Maria Nocito
Prof. Carlos Alberto Medina
Delgado
Prof.ssa Claudia Piemonte
CANDIDATA:
Claudia Di Marco
Matricola 1415
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
1
Premessa ................................................................................................................. 3
Introduzione .......................................................................................................... 4
1. La pubblicità .................................................................................................... 5
1.1. La storia della pubblicità .................................................. 5
1.2 Le origini della pubblicità ................................................. 5
1.3 La natura della pubblicità ................................................ 15
1.4 Il linguaggio pubblicitario ............................................... 18
Il layout .................................................................................. 20
La persuasione ....................................................................... 21
La creatività ........................................................................... 22
I modi di dire e i proverbi ...................................................... 23
I neologismi ........................................................................... 23
I tecnicismi ............................................................................ 24
Lo slogan ............................................................................... 24
1.5 Le funzioni della pubblicità............................................. 24
2. Il contesto internazionale. Globalizzazione o
localizzazione?................................................................................................... 28
2.1 Il marketing e il marketing mix ....................................... 29
2.2 Le strategie aziendali ....................................................... 31
2.2.1 Il caso Unilever.......................................................... 32
2.3 La globalizzazione ........................................................... 33
2.3.1 Il modello americano ................................................. 34
2.4 La localizzazione ............................................................. 36
2.4.1 Il caso Coca Cola ....................................................... 38
2.5 I fattori che determinano la scelta di una strategia ......... 40
3. Il ruolo della traduzione nelle campagne pubblicitarie ............ 43
3.1 Il peso della cultura nella pubblicità internazionale ....... 43
3.2 La traduzione nel mondo della comunicazione............... 45
3.3 La traduzione pubblicitaria.............................................. 45
3.4 La funzione della traduzione ........................................... 48
3.5 La pubblicità e il ruolo del traduttore nelle strategie di
marketing internazionale: localizzare o globalizzare? .......... 49
3.6 La campagna pubblicitaria globalizzata .......................... 52
3.7 La campagna pubblicitaria “glocalizzata” ...................... 53
3.8 La campagna pubblicitaria localizzata ............................ 55
2
Premessa
Il presente lavoro di tesi ha l’intenzione di analizzare la pubblicità e il ruolo
della traduzione nelle strategie pubblicitarie di marketing internazionale.
Ho deciso di accostare alla traduzione, ovvero la disciplina che ha caratterizzato il
mio percorso di studi, a un imponente mass media ed elemento chiave nella
comunicazione internazionale come la pubblicità.
Verranno quindi esaminate le strategie di comunicazione di varie multinazionali e i
loro approcci di mercato all’estero, con lo scopo di individuare il ruolo della
traduzione nell’ambito delle campagne pubblicitarie internazionali.
Nella prima parte di questo elaborato verrà fornito un quadro generale dell’oggetto di
studio: la pubblicità. Il centro dell’attenzione verrà posto sulle sue origini, sulle
peculiarità di caratteristiche del linguaggio pubblicitario e sulle sue funzioni sul
piano semiotico. Successivamente, nel secondo capitolo, mi soffermerò sul concetto
di marketing e di comunicazione commerciale, si descriveranno i comportamenti
delle imprese transnazionali nel mercato globale, con particolare attenzione alle due
principali tendenze strategiche, ovvero la globalizzazione e la localizzazione. La
prima si caratterizza per la sua spinta uniformante, la standardizzazione delle
campagne pubblicitarie, che spesso non vengono nemmeno tradotte, rimanendo in
inglese. Tale strategia esporta un modello unico, valori e realtà condivisibili in ogni
paese, che ormai coincidono quasi sempre con il modello americano. La
localizzazione, invece, cerca di mantenere e rispettare le diversità linguistiche e
culturali dei diversi popoli cui si rivolge, adattando le proprie pubblicità in base al
mercato di riferimento e prestando una particolare attenzione al target con cui
dialoga.
Nell’ultima parte del lavoro, il centro dell’attenzione verrà posto sulla traduzione
pubblicitaria, sulle sue caratteristiche principali, le difficoltà traduttive e le strategie
attuate in alcuni casi concreti. L’analisi si concentrerà principalmente sulla tendenza
all’adattamento, analizzando le strategie traduttive adottate nei diversi paesi e
prestando particolare interesse all’aspetto culturale che le pubblicità veicolano nelle
diverse realtà nazionali e come le aziende decidono di esportare il proprio marchio
all’estero, facendo leva sugli stereotipi diffusi nella società, o riflettendo i valori
delle società d’arrivo.
3
Introduzione
Forse non sarà la vera arte del nostro tempo, come qualcuno ha sostenuto. Ma
certamente la pubblicità è uno dei principali motori dell’economia e un potere
ricchissimo che condiziona la vita di tutti i mezzi di comunicazione di massa. Ed è
anche il più diffuso canale di comunicazione, quello che diffonde nel mondo, con la
forza delle idee e soprattutto delle immagini, parole, pensieri oltre che merci e
prodotti.
Insomma è uno strumento ideologico di massa, capace di plasmare il nostro modo di
guardare le cose.
Perché la pubblicità, oggigiorno, supera l’arte e perfino la moda non solo per
diffusione e per ricchezza di mezzi e canali, ma anche per velocità. Per quanto
tumultuose siano state le mode dell’arte, per quanto siano frequenti siano le sfilate
degli stilisti e le oscillazioni del gusto segnate dai mezzi di comunicazione, da tempo
la pubblicità è diventata ancora più mobile, più capricciosa o più capace di seguire le
sottili sfumature dell’umore collettivo, comunque percorsa da ondate di
cambiamento continue e apparentemente inarrestabili. Se una corrente artistica o una
collezione di moda vivono per delle intere stagioni, la vita di una campagna
pubblicitaria si può misurare in settimane, o addirittura in giorni. Sono momenti
intensissimi, in cui lo stesso messaggio viene proposto migliaia di volte e in ogni
dove. Impossibile non vederlo1.
Amata e odiata, idolatrata o evitata, la pubblicità è sempre più presente nelle vite di
ognuno di noi. Per comprende a fondo le dinamiche di questa arte controversa, sarà
necessario analizzarne ogni minima sfaccettatura iniziando, però, dalle origini.
1
Ugo Volli, Semiotica della pubblicità, Editori Laterza
4
1. La pubblicità
1.1. La storia della pubblicità
La più semplice ma tuttora la più potente forma di pubblicità si può far
risalire ai tempi in cui l'uomo ha iniziato a procurarsi cibo e servizi. La pubblicità
non è senza storia.
Si possono riscontrare esempi di una prima tipologia di pubblicità con i primi mercati
nelle piazze, dove la forma di pubblicità più usata era quella verbale, la merce si
pubblicizzava a voce, come succede spesso ancora oggi. La merce si mette in vendita
nelle piazze sin dall’antichità.
Nelle rovine dell’antica Arabia Saudita sono stati riportati alla luce antichi messaggi
commerciali e politici.
1.2 Le origini della pubblicità
Non è facile individuare il preciso momento in cui la pubblicità è nata, perché
essa ha preso forma progressivamente. Si può dire però che nell’antichità le
numerose insegne utilizzate dai commercianti per attirare i clienti rappresentavano
un tipo di comunicazione vicino alla pubblicità contemporanea. Nell’ antica Grecia,
ma anche a Roma e Pompei molti negozi posero infatti sopra le loro botteghe delle
insegne a rilievo, dipinte o a mosaico, che contenevano iscrizioni per i pochi passanti
che erano in grado di leggere o immagini simboliche facilmente comprensibili per la
restante parte della popolazione, quasi del tutto priva di istruzione. La necessità di
pubblicizzare, dunque, è nata soprattutto con il passaggio dell’ offerta di prodotti per
5
strada a quella all’interno di un locale chiuso come la bottega. Questo
passaggio,infatti, rese necessario ricorrere a un segnale esterno particolarmente
vistoso per richiamare l’attenzione dei passanti.
Nel Medioevo, le immagini commerciali furono affiancate in quelle di origini
religiosa e da quella provenienti dall’ambito militare, con lo sviluppo, in particolare
in epoca comunale, dagli stendardi. Anche queste forme di comunicazione religiosa e
militare possono essere considerate all’ origine della pubblicità. Ma fu soprattutto
nel Rinascimento, con il grande sviluppo delle città e dei traffici commerciali
internazionali, che si manifestò quella esigenza di valorizzare le virtù di un prodotto
che è alla base del funzionamento della pubblicità contemporanea. Esigenza che all’
epoca, in realtà, non esistendo ancora i giornali, veniva prevalentemente soddisfatta
dai venditori ambulanti, i quali nei mercati e nelle fiere descrivevano ad alta voce le
merci ai clienti che sostavano dinnanzi alle loro bancarelle. La stessa tecnica era
utilizzata anche dagli imbonitori, che nelle strade utilizzavano per far conoscere
ordinanze e comunicati.
Dalla metà del XV secolo, dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili a opera
di Johann Gutemberg, fu possibile affiggere nelle strade delle principali città europee
i primi manifesti stampati. Ma i detentori del potere politico, coscienti delle grandi
potenzialità comunicative dei manifesti, vi imposero una rigida regolamentazione,
assicurandosi il monopolio dell’affissione. Pertanto, sino all’ Ottocento i manifesti
furono per lo più conosciti da avvisi ufficiali. Tra le eccezioni va senz’altro ricordato
il manifesto realizzato nel 1477 dallo stampatore William Caxton per promuovere le
cure termali a Salisbury, che rappresenta probabilmente il primo esempio di
manifesto di tipo commerciale.
Nel Seicento, grazie all’evoluzione delle tecniche di stampa, nei principali paesi
europei poté iniziare la diffusione delle gazzette, che uscivano generalmente una
volta alla settimana e contenevano notizie e informazioni utili (orari delle partenze e
arrivi delle navi, mercati e fiere, prezzi dei prodotti, presentazioni di libri, ecc). Con
le gazzette nacque anche la réclames comparse sui giornali siano pubblicate nel 1625
sul “MERCURIUS BRITANNICUS”. Anche in Italia, alla fine del Seicento, si
sviluppano queste prime forme di giornali contenenti réclames. Il più vecchio
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annuncio della penisola è uscito nel 1691 a Venezia sul “PROTOGIORNALE
VENETO PERPETUO”.
Fu soltanto nel Settecento, comunque, che incominciò a diffondersi massicciamente
la réclame sui giornali, soprattutto su quelli inglesi come il “Tatler”, creato nel 1709,
e lo “Spectator”, fondato nel 1711. Non è un caso che ciò sia avvenuto in Inghilterra ,
perché lì nel Settecento prese il via la prima rivoluzione industriale, caratterizzata
dalla produzione in serie dei prodotti.
Ed è ancora in Inghilterra, pertanto, che tra il settecento e l’ottocento nacque la figura
dell’agente pubblicitario, sviluppatasi in seguito all’intuizione che gli utenti della
pubblicità, cioè le aziende, avrebbero ricavato grandi vantaggi dalla possibilità di
acquistare da un’unica fonte gli spazi disponibili sui tanti giornali e gazzette
d’informazione sparsi sul territorio. Si comprese inoltre che anche i giornali
avrebbero avuto i loro vantaggi: si liberavano da ogni preoccupazione amministrativa
e venivano messi in contratto da personale specializzato con le aziende, che a quei
tempi dovevano ancora in gran parte essere convinte delle virtù della pubblicità.
I notevoli progressi realizzati nelle tecniche di stampa dei giornali, acominciae
dall’invenzione della linotipia da parte di Ottmar Morgenthaler nel 1844,
consentirono alla pubblicità di avere un’elevata espansione, lo testimonia la nascita a
Parigi nel 1863, ad opera di Moise Polydore Millaud, del Petit Journal, il primo
quotidiano con basso prezzo e larga tiratura: verso il 1900, infatti, ne venivano tirate
circa un milione di copie.
Sempre a Parigi, nel 1845, nacquero alcune importanti concessionarie specializzate
nella raccolta degli annunci pubblicitari per conto dei giornali: la Havas, la Panis, la
Lafitte e la Société générales des annone. La prima divenne rapidamente la più
importante e assunse contemporaneamente anche la funzione di agenzia pubblicitaria
che produce i messaggi pubblicitari, creando un modello di commistione tra
concessionaria e agenzia che in Francia è durato sino ad oggi, mentre nella maggior
parte dei paesi europei, Italia compresa, è stato in seguito abbandonato.
In Inghilterra la pubblicità accelerò il suo sviluppo dal 1833, grazie all’abolizione
della tassa che vi gravava sopra e beneficiò, come del resto tutto il mondo
occidentale, soprattutto dell’espansione economica determinata dalla seconda
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rivoluzione industriale. Anche in Italia ci fu in quegli anni una notevole espansione
dell’economia e della stampa che rese possibile l’affermazione della reclame. la
figura del venditori di spazi pubblicitari fu introdotta da Attilio Manzoni, un
farmacista bresciano che nel 1863 creò la prima concessionaria italiana, la quale
divenne rapidamente la più importante e in grado di offrire ai propri clienti la
“creatività” e che oggi opera con grande successo.
Alla Manzoni seguirono altre concessionarie, come la UPI, che nel 1945 diventò SPI,
dotandosi anche di un vero e proprio studio creativo, che acquistò importanza
soprattutto nel corso degli anni trenta del Novecento, quando arrivò addirittura ad
essere la più importante “fabbrica” italiana di campagne pubblicitarie.
Grazie all’invenzione della litografia, creata da Aloys Senefelder nel 1796, già dai
primi decenni dell’ottocento i primi manifesti murali con immagini in bianco e nero e
caratteri a stampa avevano incominciato a tappezzare i muri della città più importanti
come Londra e Parigi. I giornali, infatti, erano letti da un pubblico alfabetizzato
ancora troppo limitato rispetto alle esigenze di comunicazione con le nuove masse
urbane che le imprese venivano sempre più sviluppando.
Per i manifesti, tuttavia, veniva ancora prevalentemente adottato un tipo di
costruzione grafica fortemente condizionato dal modello proprio del libro e della
scrittura letteraria: un testo scritto con una scrittura tipografica compatta,
indifferenziata e lineare, con solamente qualche titolo per movimentare l’insieme. Si
trattava cioè di una pubblicità concepita essenzialmente per essere letta.
Nonostante il predominio di questo tipo di concezione, nella pubblicità ottocentesca
si incominciò comunque ad utilizzare la forma verbale dello slogan: una frase
sintetica in grado di sorprendere e catturare l’attenzione. Lo slogan ottenne però un
vero riconoscimento soltanto nel Novecento, quando nel modello libresco sino ad
allora adottato dalla pubblicità il ruolo predominante fu assunto invece
dall’immagine.
Nell’ottocento i primi a servirsi di manifesti illustrati furono gli editori, che li fecero
realizzare da artisti illustratori, allo scopo di pubblicizzare gli albi di tavole
litografiche creati dagli stessi artisti. Ben presto ai manifesti ricorsero anche i teatri, i
cabaret e i circhi equestri, i quali, dovendo richiamare le grandi folle, offrivano al
pubblico le spettacolari immagini delle loro attrazioni. Ma fu soltanto nella seconda
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metà dell’ottocento che furono pienamente sfruttate le possibilità offerte dalla
cromolitografia, una tecnica di stampa a colori nata nel 1836. il manifesto
pubblicitario, grazie all’impiego del colore, migliorò così molto sul piano
dell’efficacia espressiva.
Ma fu soltanto nel 1839 che, grazie alla comparsa dell’annuncio della società Mellin,
si aprì anche per la pubblicità sulla stampa la nuova strada del colore.
In Italia, così, la rivista l’ “Illustrazione Italiana”, pubblicata fin dal 1873 in bianco e
nero, fu affiancata da nuove testate a colori: “La scena illustrata” del 1892 e “La
domenica del corriere” del 1899.
È però Jules Chéret che può essere considerato il vero padre del manifesto moderno,
perché introdusse nell’arte di fare manifesti stilizzazioni, suggestione (anche erotica)
e capacità di armonizzare immagine e testo verbale. Tra le sue opere più importanti
vanno ricordate Faust! (1869), Folies Bergères (1881), Exposition universelle de
sarta incohérents (1889), e Palais de Glace, Champs Elysées (1893).
Nell’evoluzione del manifesto pubblicitario moderno, fu fondamentale anche il
contributo di Henri de Toulouse-Lautrec, realizzò Divan Japonais (1892), Jane Avril
(1893) e Babylonne d’Allemagne (1894). La Francia, il paese più avanzato
dell’epoca, diede dunque la prima e determinante spinta al diffondersi del manifesto
anche negli altri paesi, tra cui l’Italia. Per merito soprattutto delle Officine grafiche
Ricordi di Milano, dal 1889 vennero infatti coinvolti molti degli artisti italiani più
importanti dell’epoca, i cui lavori possono essere considerati almeno dello stesso
livello qualitativo di quelli degli artisti francesi. Si trattò, tra gli altri, di Leonetto
Cappiello, Marcello Dudovich, Giovanni Maria Mataloni, Luciano Achille Mauzan e
Seneca.
Cappiello operò per molto tempo a Parigi e realizzò nel 1903 qualcosa di
assolutamente originale e innovativo con il manifesto per il cioccolato Klaus, recante
una donna verde su un cavallo rosso e diciture gialle su fondo nero. L’immagine era
centrale e rappresentava un gioco di contrasti importantissimo per suscitare
l’attenzione dello spettatore. Al tempo stesso, con questo manifesto Cappiello
realizzò un’immagine che attribuì anche un’identità precisa al marchio Klaus (che
divenne “quello della donna verde”), immediatamente riconoscibile da parte degli
ancora numerosi analfabeti e, soprattutto, immediatamente associabile al prodotto.
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Nacque così il “manifesto-marchio”, una concezione assolutamente moderna del
manifesto, che prevede un’immagine grafica che sappia fulmineamente comunicare
l’essenza del prodotto e renderla memorabile.
È importante ricordare che molti degli artisti specializzati nella creazione dei
manifesti si misero in proprio creando dei veri studi d’artista. Questo è il motivo per
il quale sino a tutto l’Ottocento i manifesti pubblicitari possedevano caratteristiche
che li mantenevano ancora legati alla tradizione propria della pittura della società
borghese.
Questi artisti non erano pertanto all'epoca in grado di modificare con i loro manifesti
lo spazio della città. Ma il progressivo svilupparsi, in Italia e nelle altre nazioni
occidentali, di un intenso processo di urbanizzazione riguardante grandi masse di
persone provenienti dal mondo contadino trasformò ben presto la strada nel luogo
centrale di espressione della comunicazione pubblicitaria. Nacque così il poster, che
propose anche il nuovo formato orizzontale in grado di permettere alla pubblicità di
invadere la città con immagini gigantesche (la Ricordi arrivò a realizzare per conto
del grande Circo Barnum manifesti proposti da ben 64 fogli 70x100 cm), poste nelle
città in posizioni strategiche o lungo le strade di maggiore transito. Il passante
dovette così incominciare ad abituarsi alla lettura di “quadri stradali” sempre più
sorprendenti, ovvero a manifesti che non erano più quadri in cornice, ma nuovi
soggetti comunicativi progettati per inserirsi con decisione entro la scena urbana. Il
crescente utilizzo di nuovi mezzi di trasporto veloci, come l'automobile e il tram a
cavalli, che esordì a Torino nel 1871, impose di imparare a vedere tali manifesti
sempre più frettolosamente. A sua volta, il tram incominciò anche a essere uno
strumento per l'esposizione dei manifesti, allo stesso modo degli uomini-sandwich,
quelle persone che giravano per le strade portando sul davanti e sul retro del corpo
dei cartelloni pubblicitari. La pubblicità, insomma, in tale periodo non soltanto
aumentò le sue dimensioni, ma moltiplicò anche i luoghi nei quali comparire, dando
così inizio a un processo di invasione degli spazi sociali che non si è ancora
concluso. Nei manifesti più significativi dell'inizio del Novecento troviamo anche
l'eco dei più importanti movimenti artistici dell'epoca (il cubismo, il futurismo) e
delle tecniche artistiche più avanzate, come il fotomontaggio. Ma sono stati
sopratutto i futuristi italiani ad avere un legame particolarmente intenso con la
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pubblicità. La stessa idea di pubblicare il Manifesto del Futurismo sulla prima pagina
di un grande quotidiano francese (“Le Figaro” del 20 febbraio 1909) discendeva da
una consapevole strategia pubblicitaria che voleva arrivare a colpire il grande
pubblico. I futuristi utilizzarono anche volantini, striscioni, affissioni di manifesti,
veri e propri annunci sui giornali, slogan ed eventi propagandistici provocatori come
le “serate futuriste”, che si concludevano immancabilmente con risse e interventi
delle forze dell'ordine, assicurando così una notevole pubblicità indiretta. Anche
l'innovazione futurista delle “parole in libertà”, basata su un impiego fortemente
espressivo dei caratteri tipografici e una grande libertà nella composizione dello
spazio della pagina, deve certamente molto alla grafica dei manifesti pubblicitari. Lo
stesso Filippo Tommaso Marinetti, probabilmente il personaggio centrale del
futurismo italiano, si cimentò direttamente dell'arte pubblicitaria componendo negli
anni trenta per SNIA Viscosa quelli che ha chiamato “poemi industriali”: Il poema
del vestito di latte, Il poema di Torre Viscosa, Il poema non umano dei tecnicismi.
Ma anche la pubblicità fu influenzata dal futurismo, come testimonia il manifesto
fatto uscire dall'azienda AEG per una nuova lampadina, contenente uno slogan
“rubato” dal titolo di un importante testo di Marinetti: Uccidiamo il chiaro di luna.
Nell'ambito del futurismo, dobbiamo ricordare soprattutto il lavoro di Fortunato
Depero, il quale creò nel 1919 la Casa d'arte del futurista, che svolse le stesse
funzioni di un'odierna agenzia di pubblicità, e mise a punto messaggi pubblicitari di
grande originalità che sono ancora oggi straordinariamente attuali. Non a caso
dunque Depero sostenne che “L'arte deve marciare di pari passo all'industria, alla
scienza, alla politica, alla moda del tempo, glorificandole- tale arte glorificatrice
venne iniziata dal futurismo e dall’arte pubblicitaria- l’arte della pubblicità è un’arte
decisamente colorata, obbligata alla sintesi, arte gioconda – spavalda – esilarante –
ottimista”. Si tratta cioè di una forma d’arte popolare che vive nelle strade e non
sepolta nei musei.
L’industriale Davide Campari ricorse a numerosi artisti (Leonetto Cappiello,
Marcello Nizzoli, Sinopico) nel tentativo di creare pubblicità insolite e singolari, ma
il rapporto più significativo e fruttuoso è stato quello con Depero, al quale
commissionò una lunga serie di annunci pubblicitari. Per ricambiarlo, Depero portò
alla Biennale di Venezia del 1926 un dipinto, Squisito al selza, che rappresentava i
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tavolini di un caffè con un Bitter Campari, e che era dedicato proprio al
commendator Campari.
Marcello Dudovich (1878-1962), altro importantissimo cartellonista italiano, realizzò
quasi tutti i manifesti della Rinascente, rappresentando nei suoi lavori la bella vita
dei primi del Novecento: le corse dei cavalli, gli abiti eleganti, i raduni mondani. Nel
corso della sua carriera diede vita a più di 600 manifesti pubblicitari di ogni genere,
influenzato dalle correnti artistiche dell’epoca: i Preraffaelliti, il Liberty e lo
Jügendstil tedesco.
Ancora una volta sulla spinta dello sviluppo economico, negli anni venti, la
pubblicità fece un ulteriore passo in avanti. Le prime istanze di cambiamento si
ebbero negli Stati Uniti, dove in virtù della maggior efficienza ottenuta nella gestione
dei processi industriali, le aziende avevano la necessità di “sostenere” i consumi per
evitare che si generasse un surplus di offerta.
In quegli anni in pubblicità, grazie all’evoluzione della cultura di marketing, si fa
strada una tendenza che imporrà il superamento di una impostazione finalizzata alla
generica presentazione di un marchio o di un prodotto, per favorire un orientamento
teso ad enfatizzarne le qualità e le prestazioni.
Il bisogno avvertito dalle aziende non era più solamente quello di far sapere che
esisteva il tal prodotto o la tale azienda, ma di farli preferire dal cliente.
In questo contesto la pubblicità s’interroga sul proprio essere ed agire, nel tentativo
di migliorare la propria efficacia ed efficienza.
Negli anni Venti nascono le prime agenzie pubblicitarie, che vengono però soffocate
dalla grande crisi del 1929 e, di fatto, gli unici uffici organizzati in questo settore
rimangono le concessionarie di pubblicità.
Uno dei pubblicitari che tra i primi intraprese questa direzione, cercando di applicare
alla pubblicità un maggior rigore, nella pianificazione, il controllo e nell’analizzarne
le modalità di azione, fu Claude Hopkins, che nel 1925, al termine della sua carriera
di pubblicitario, scrive “Scientific Advertising”, uno dei primi testi in cui si sostiene
la distinzione tra arte e pubblicità avvicinando quest’ultima alla attività di vendita.
“La pubblicità è abilità nella vendita. I successi ed i fallimenti in entrambi i casi sono
dovuti alle medesime cause. Così ad ogni domanda della pubblicità bisognerebbe
rispondere con i criteri di un venditore…. C’è un modo semplice e diretto di
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rispondere a molte domande di pubblicità: chiedete a voi stessi: potrebbe questo
aiutare un venditore a vendere i suoi articoli? Potrebbe aiutarmi a vendere se io
incontrassi il cliente di persona?. Una giusta risposta a tali questioni evita
innumerevoli errori. Ma quando uno cerca di fare l’esibizionista o fa delle cose
semplicemente per piacere a se stesso è poco probabile che colpisca una corda che
induca la gente a spendere denaro”.
Hopkins fu tra i primi ad usare un test market, i copy testing e ad inserire la “reason
why” nei suoi annunci.
In generale in quegli anni il messaggio pubblicitario diviene più rigoroso, articolato e
completo, quindi più efficace nel stimolare gli acquisti.
In Italia nel 1926, con la nascita della SIPRA (Società Italiana Pubblicità
RadiofonicaAnonima) e, successivamente, della pubblicità radiofonica, le aziende
inserzioniste cominciano a sponsorizzare i programmi, dando così un nuovo impulso
all’uso della parola, messa in secondo piano rispetto al manifesto. Questo processo di
crescita della cultura pubblicitaria in Italia, però, fu rallentato dal regime fascista
prima e dalla seconda guerra mondiale poi, mentre invece all’estero procedeva
velocemente verso una concezione moderna e matura. Il regime comincia infatti a
sfruttare la pubblicità per sostenere i prodotti nazionali, avviando una politica di
autarchia.
È noto come Benito Mussolini abbia spesso fatto ricorso, per comunicare al meglio
con l’opinione pubblica italiana, a tutte le tecniche retoriche e di persuasione di cui i
pubblicitari facevano da tempo largo uso per i prodotti.
Boccasile (1901-1952) può essere considerato il cartellonista più rappresentativo
degli anni Trenta, creatore della “signorina grandi firme”; la sua fama è tuttavia
oscurata a causa della realizzazione di diversi manifesti per la propaganda fascista.
Egli si distingue dagli altri artisti dell’epoca poiché la realtà che egli rappresenta nei
manifesti che produce non è quella dell’alta borghesia, bensì quella del popolo: non
più donne alte, snelle e sofisticate, ma popolari e dalle forme abbondanti.
Nonostante le difficoltà economiche che l’industria pubblicitaria dovette affrontare
nel secondo dopoguerra, negli anni cinquanta nacquero le prime associazioni di
categoria e, qualche anno più tardi, arrivarono in Italia le agenzie americane.
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Il passaggio da pubblicità d’artista a pubblicità professionale e televisiva è segnato
dall’opera di Armando Testa. Grafico, pittore e pubblicitario, nel 1946 apre uno
studio che, nel 1956, diventa un’agenzia pubblicitaria.
Negli anni cinquanta, mentre negli Stati Uniti l’espansione dei consumi di massa
generarono un grande sviluppo per la pubblicità, in Italia iniziava la difficile
ricostruzione post bellica.
Le aziende non possono ignorare l’importanza che la pubblicità ha assunto in Italia e
così cominciano ad instaurarsi sul territorio filiali delle grandi agenzie americane e
inglesi.
Alla fine degli anni cinquanta anche la televisione italiana cominciò a trasmettere
messaggi
pubblicitari,
ma mentre
all’estero, avveniva
attraverso spot
e
sponsorizzazioni, in Italia si percorse una strada assolutamente originale.
La pubblicità fu ammessa, ma esclusivamente all’interno di uno spazio dedicato,
“Carosello”.
Alle aziende che intendevano usufruire di questa nuova opportunità, venne richiesto
di gratificare lo spettatore, che si riteneva venisse “disturbato” dalla presenza della
pubblicità, con qualcosa che avesse una connotazione spettacolare. In tal senso venne
imposto che i filmati fossero composti da: 100 secondi di spettacolo (in cui il
prodotto non poteva assolutamente essere presente) e 35 secondi per il cosiddetto
“codino” commerciale. Per i vincoli imposti, Carosello non sempre si rivelò uno
strumento efficace. In alcuni casi infatti, la scenetta presentata o la forte personalità
del personaggio impiegato monopolizzavano l’attenzione dello spettatore generando
un effetto di “vampirizzazione” sul prodotto che non veniva memorizzato.
I film d’animazione realizzati per Carosello, diedero vita a personaggi di fantasia che
si sono imposti stabilmente nell’immaginario collettivo. I film dal vivo invece furono
veri e propri spettacoli, seppure di breve durata, che venivano interpretati dagli attori
più importanti dell’epoca.
Per “Carosello”, Armando Testa, crea una serie personaggi che, anche se nati negli
anni Sessanta, sono sopravvissuti fino ad oggi o fino a qualche anno fa; come
Carmencita, creata per la Lavazza, la Bionda della Peroni, Pippo per la Lines o il
pianeta Papilla per la Philco.
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Per assistere ad una significativa modernizzazione del mercato e della pubblicità,
bisogna attendere gli anni ’60.
1.3 La natura della pubblicità
Nella nostra vita quotidiana, siamo letteralmente circondati e sommersi da
pubblicità: pubblicità destinate a gruppi generali di consumatori appaiono in
televisioni commerciale e in radio, al cinema, su manifesti e giornali e riviste;
annunci pubblicitari per soggetti specifici appaiono in contesti per soggetti specifici
focalizzati su individui e gruppi con determinati interessi, o pubblicità dirette (spesso
conosciuto come posta indesiderata) che arrivano attraverso la buca delle lettere
inviate direttamente a persone citate.
Lo scopo di tutte queste pubblicità è quello di attirare l'attenzione su particolari
prodotti o servizi attraverso annunci pagati da un individuo o un gruppo che desidera
informare o influenzare un pubblico particolare.
Nei secoli XVIII e XIX le pubblicità erano semplici e informative. Il loro linguaggio
stile annuncio era formale e rispettoso, il loro tono spesso cerimonioso. Alla fine del
XX secolo, tuttavia, il potere del mercato di massa ha cambiato tutto ciò. Dal
momento che gli inserzionisti hanno lo scopo di convincere la gente a “comprare”,
“dare”, o “votare per” il proprio prodotto o particolare servizio, il loro approccio è di
parte . Per avere successo in un mercato competitivo, devono essere i migliori o più
convincenti di quanto lo siano i rivali.
Le loro campagne di marketing cercano di incoraggiare la “fidelizzazione”creando
un'immagine chiara e distinta che permetterà ai loro prodotti o servizi di distinguersi
da quelli di altre aziende.
Gli inserzionisti concentrano la loro pubblicità su particolari gruppi di persone.
Essi possono dividere le persone per età , cultura , sesso, razza o classe sociale. Tali
raggruppamenti permettono agli inserzionisti di indirizzare la campagna alle persone
più propense ad acquistare il prodotto.
15
Nelle televisioni commerciali, i palinsesti cercano di raggruppare il pubblico in
“pacchetti” mandando in onda specifiche tipologie di programma in determinati
momenti della giornata: questo permette agli inserzionisti di guadagnare tempo,
perché è più facile concentrarsi su un pubblico specifico che su uno molto generale.
Per esempio, le pubblicità in televisione di solito promuovono particolari tipi di
prodotti per la pulizia della casa, cibi e bevande, servizi (mutui, polizze assicurative,
prestiti ) e a volte auto, quando si presume che il pubblico sia generalmente adulto, e
giocattoli nei momenti in cui i bambini ne possano costituire la maggioranza. Su
giornali e riviste, il target è più chiaro perché gli editori e gli inserzionisti sono più
consapevoli del tipo di persone che acquistano ogni pubblicazione. Certi giornali
attirano un pubblico borghese benestante: a causa della capacità di spesa di questi
lettori, gli inserzionisti saranno disposti ad acquistare spazi pubblicitari. Questo
significa che, anche se i giornali non possono esporre grandi figure riescono a
sopravvivere grazie alla facile vendita degli spazi pubblicitari. I giornali popolari,
d'altro canto, devono contare su cifre elevate di circolazione perché il ricavi
pubblicitario è relativamente basso. Le persone nel loro target di riferimento non
hanno le stesse quantità di reddito disponibile e quindi gli spazi pubblicitari sono
merci meno vendibili.
Le strategie utilizzate in ogni caso devono essere adeguate sia per il target di
riferimento che per il tipo di prodotto o servizio offerto. Alcune pubblicità cercano di
modificare gli atteggiamenti del pubblico: slogan come Fairy dura più a lungo, per
esempio, ha lo scopo di convincere il consumatore ad acquistare una marca piuttosto
che un’ altra per convincere che il prodotto è più soddisfacente, più alla moda, o
meglio il valore, anche se più costoso. Altri annunci devono convincere i
consumatori a desidera un qualcosa non è essenziale per la vita di tutti i giorni: case
produttrici di auto o profumi utilizzano quindi un approccio “reason why”2 per la
loro pubblicità.
Ricerche hanno dimostrato che le persone ricordano particolari annunci, se il
prodotto è differente, se la pubblicità in sé è insolita, o se la pubblicità ha una certa
rilevanza personale. Spesso l'impatto iniziale sarà causato dal contenuto visivo e il
2
La Reason why è l’argomento razionale che la pubblicità fornisce per rendere credibili i vantaggi
promessi dal prodotto
16
disegno complessivo, ma è l’uso della lingua che assicurerà che l’identità del
prodotto o servizio e il marchio siano ricordati.
Le più avanzate conoscenze odierne rispetto al funzionamento della pubblicità
portano a considerare quest’ultima come uno strumento che opera non determinando
direttamente delle azioni negli individui, ma stimolando il crearsi di un ambiente
mentale, di un contesto culturale e di una disposizione d’animo favorevoli, che
potranno successivamente tramutarsi in azioni desiderate da parte delle imprese. Per
ottenere questo risultato, i pubblicitari cercano sopratutto di associare ai prodotti
significati e immagini immateriali. Il consumatore infatti, più che la soddisfazione di
bisogni funzionali, cerca nei prodotti una ricca gamma di significati sociali: il
successo, il potere, salute, la bellezza, la considerazione sociale ecc.. Anzi,
solitamente non acquista un prodotto se prima questo è stato dotato di specifici
significati da parte della pubblicità e del marketing aziendale. La pubblicità in questo
processo di attribuzione di senso solitamente si limita a “catturare” i significati già
esistenti nell’immaginario collettivo per immetterli nei prodotti venduti sul mercato
ai consumatori, ma può anche procedere ad una costruzione in proprio di tali
significati. Per ottenere i suoi scopi, comunque, fa parlare il prodotto da sé, nel caso
che questo abbia un’identità sufficientemente forte, oppure lo presenta insieme a un
oggetto, a una o più persone o a una situazione affettiva i cui significati sociali siano
già noti al consumatore. In tale processo, un ruolo fondamentale è svolto dalla
struttura formale posseduta dalla comunicazione pubblicitaria, ma un altro ruolo
ugualmente importante è riservato a quei grandi sistemi culturali contenenti
significati e conoscenze che esistono stabilmente nella società e ai quali la pubblicità
deve necessariamente fare riferimento. Come ha mostrato Roland Barthes3, questi
legami del prodotto con altri soggetti sono costruiti artificialmente, ma appaiono ai
nostri occhi del tutto naturali. Pertanto, basta che la pubblicità affianchi nella stessa
immagine, ad esempio, un flacone di profumo francese alla torre Eiffel perché i
significati di quest’ultima vengano percepiti come propri del flacone. La pubblicità,
pertanto, può essere considerata, nell’attuale cultura sociale, l’attore principale di due
processi di trasferimento di significati e valori che avvengono nel medesimo
3
Roland Barthes (Cherbourg, 12 novembre 1915 – Parigi, 26 marzo 1980) è stato un saggista, critico
letterario, linguista e semiologo francese, fra i maggiori esponenti della nuova critica francese di
orientamento strutturalista.
17
momento: dalla pubblicità al prodotto e da questo al consumatore attraverso l’atto
d’acquisto. Tutto ciò ovviamente, non potrebbe realizzarsi senza l’apporto
fondamentale dei consumatori, che non assorbono i significati e i valori attribuiti ai
prodotti della pubblicità, ma contribuiscono concretamente al funzionamento di
questo processo attraverso la funzione interpretativa che svolgono. Ne consegue che
la pubblicità è meno potente di quello che abitualmente si ritiene, come è d’altronde
dimostrato anche dal fatto che i suoi messaggi hanno efficacia soltanto se operano
congiuntamente ad altre pratiche di marketing. Ciò, però non deve indurre a pensare
che essa no produca effetti concreti. Anzi, è stato anche sostenuto che il mondo
ideale che mette in scena rappresenti non soltanto uno strumento per orientare
all’acquisto dei prodotti, ma anche un modello che influenza i comportamenti
adottati nella vita quotidiana e un potente strumento di promozione e legittimazione
ideologica della cultura del consumo.
1.4 Il linguaggio pubblicitario
Il linguaggio pubblicitario, per i suoi caratteri di varietà ellitticità, ritmo,
densità e velocità è insieme trascinante e capace di costruire nuovi status percettivi e
nuove aspettative nei confronti della realtà esterna.
Inevitabilmente, annunci progettati per un mezzo visivo come la televisione o il
cinema sarà dominato da immagini, e solitamente queste saranno più importanti di
qualsiasi parola pronunciata o scritta di accompagnamento. Tuttavia, le
caratteristiche prosodiche come intonazione, il ritmo influenzeranno lo spettatore, e
l'utilizzo di slogan scritti potranno rendere il prodotto più memorabile. Nelle forme
di stampa come i giornali e le riviste, le pubblicità si basano sulla combinazione di
copia e immagine, ma è l'equilibrio dei due che è importante. Poiché il mezzo stampa
non è transitorio, come invece è un’immagine sullo schermo, può essere
riconsiderato: la lingua scritta che accompagna l' immagine può quindi essere più
ampia.
18
Infatti, la sua caratteristica principale è la brevità e la concisione, che contribuisce a
dare maggior impatto all’annuncio, ma allo stesso tempo il contenuto deve risultare
sufficientemente complesso ed articolato per esprimere al meglio i benefici del
prodotto. In primo luogo, il messaggio deve risultare chiaro e interessante, questo
perché è, o dovrebbe essere, compreso dalla maggior parte dei consumatori .
Deve essere in grado di suscitare l’interesse del pubblico, che può essere stimolato
dal contenuto del messaggio, o dalla sua forma. Deve, inoltre, essere convincente e
accattivante, in modo da attirare l’attenzione del pubblico. Un aspetto immediato
della pubblicità è dato dalla presenza di frasi brevi e incisive, di speciale effetto e di
larga risonanza come gli slogan, i proverbi, i motti e i detti. Mira a stabilire una
comunicazione rapida ed efficace mediante un messaggio dalla lunghezza limitata e
uno stile condensato che elimina gli elementi non indispensabili. La sua particolare
economia linguistica è dovuta, in parte, anche al fatto che un messaggio pubblicitario
dispone di spazi e tempi molto limitati, e comporta dei costi elevatissimi.
La pubblicità assorbe e fa propri i linguaggi e i mezzi espressivi più eterogenei al
fine di catturare l’attenzione del lettore. Tale eterogeneità si manifesta con fenomeni
come l’uso di più segni, visivi e testuali, l’incorporazione di parole provenienti da
lingue straniere, quali prestiti e calchi, l’uso di molteplici registri, da quello
colloquiale a quello settoriale; la pubblicità promuove la creatività, trasgredendo le
norme linguistiche per attirare l’attenzione. Lo testimoniano la creazione di
neologismi e la diffusione di altri termini, come i tecnicismi, appartenenti a campi
specializzati, nonché l’uso di procedure inusuali per la formazione di parole. Come
afferma Bueno García, un aspetto che differenzia i messaggi pubblicitari dagli altri
messaggi è che non sono codificati normalmente come un unico “linguaggio”, ma
sono il risultato di un articolato amalgama di linguaggi e, pertanto, appartengono alla
categoria dei “messaggi multipli”.
È possibile distinguere alcune caratteristiche comunicative:
- Il linguaggio pubblicitario, come altri linguaggi specialistici, non è omogeneo, ma
prevale la varietà e l’eterogeneità.
19
- Risulta informativo e referenziale quando il suo contenuto è totalmente innovativo,
mentre risulta connotativo nei discorsi persuasivi.
- Predomina l’economia informativa, soprattutto nei casi di presentazione di prodotti
o servizi.
- Utilizza una varietà di mezzi: stampa, radio, televisione, internet, cartellonistica con
differenti versioni e caratteristiche in base alle varie campagne.
- Utilizza una varietà di messaggi, dalla parola dell’annuncio, allo spot televisivo, per
richiamare l’attenzione di un determinato target, in relazione al mezzo utilizzato.
- Utilizza una varietà di segni: immagine, parola, numeri, disegni, musica.
- Concentra nel claim la maggior parte della sua forza comunicativa e persuasiva.
- Si serve spesso di elementi intertestuali, quali i riferimenti ad opere letterarie, o
l’utilizzo del linguaggio colloquiale moderno.
Tuttavia il testo pubblicitario non è un risultato definitivo, in quanto da solo non
possiede alcun valore autonomo. Lo acquista quando viene affiancato dall’immagine.
La forza della comunicazione pubblicitaria risiede nella sua capacità di raggruppare
una notevole quantità di informazione e di emozione attraverso l’integrazione di due
modalità espressive, quella verbale e quella visiva. Il messaggio, pertanto, si articola
su due livelli, quello visivo, che viene percepito istantaneamente e cattura
l’attenzione, e quello testuale, che serve a trattenerla.
Il layout
Il layout, è l’assetto grafico di un annuncio. Si compone di tutte le parti che
costituiscono un annuncio - il titolo, il visual, il bodycopy - che devono unirsi in
maniera armoniosa e omogenea, formando un messaggio coerente.
L’aspetto estetico è importantissimo in pubblicità, soprattutto per la capacità di
attrarre l’attenzione: l’occhio tende a cogliere prima gli elementi più grandi, si
sofferma sulle immagini e poi sui testi.
20
In un messaggio pubblicitario il prodotto reclamizzato viene generalmente posto nel
centro ottico della composizione, che non sempre coincide esattamente con il centro
del foglio. Gli altri elementi testuali e visivi possono essere distribuiti in modo
simmetrico, se si vuole dare un’idea di equilibrio o viceversa in maniera
asimmetrica, se si vuole realizzare una composizione dinamica. Il centro
dell’attenzione è il punto dove il pubblicitario concentra l’immagine e la spiegazione
di ciò che essa mostra; può essere situato al centro, in basso o in alto. Un’immagine
insolita, situata verso il centro della composizione e composta da pochi elementi
concorre a rendere efficace un messaggio pubblicitario. La costanza del layout,
permette di creare differenti annunci per una stessa campagna,
che sarà pertanto facilmente riconoscibile. Nelle campagne che si sviluppano su
diversi media, viene mantenuta la stessa impostazione e ricorre un unico titolo in tutti
i messaggi, per rendere riconoscibile la campagna stessa e conferirle un’omogeneità
generale.
La persuasione
Secondo De Mooij4, la persuasione significa convincere qualcuno a fare
qualcosa. Tutti gli elementi della pubblicità, parole e immagini, sono valutati
secondo il loro ruolo persuasivo nel processo di vendita. La produzione e la
traduzione dei testi pubblicitari dipendono dall’impatto e dalla funzione che
compiono gli annunci nei confronti del pubblico. Lo scopo finale è quello di influire
sul destinatario del messaggio, persuaderlo e provocare un comportamento
desiderato dal mittente. Le forme di persuasione impiegate in pubblicità puntano a
risaltare aspetti originali e unici nel prodotto, in modo da differenziarlo dalle altre
marche concorrenti.
Negli ultimi anni, le strategie di persuasione si caratterizzano per il loro eclettismo,
in cui si combinano l’elemento razionale e quello emozionale.
4
De Mooij M., Global Marketing and Advertising; understandig cultural paradoxes, Thousand OaksCalifornia,Sage, 1998.
21
La creatività
Come già più volte affermato, la caratteristica principale del linguaggio
pubblicitario è la particolare creatività di cui si serve affinché il suo messaggio risulti
attraente.
Talvolta si è portati a credere che una pubblicità creativa, ossia una pubblicità
estremamente innovativa, originale, sia necessariamente efficace. Ciò non è sempre
vero. Una pubblicità eccessivamente creativa può incorrere nel rischio di non essere
capita dal consumatore. Esistono vari modi per rendere una pubblicità accattivante e
destare l’attenzione del pubblico. La creatività del linguaggio utilizzato è
sicuramente un aspetto che contribuisce a tale scopo. Una strategia utilizzata da
numerose aziende consiste nel puntare sulla differenziazione del prodotto. Se
all’interno del mercato di riferimento sono presenti numerosi prodotti dalle
caratteristiche simili, sarà necessario promuovere quegli aspetti e quelle
caratteristiche specifiche in modo da rendere il bene unico o differente rispetto a
quelli simili già presenti. Per attirare l’attenzione del target, su prodotti che vogliono
essere innovativi, il linguaggio pubblicitario prevede l’impiego di soluzioni creative
e di rapida memorizzazione.
Le caratteristiche linguistiche attuate per raggiungere tali scopi sono:
- Peculiarità grafiche e ortografiche.
- Reiterazione dei messaggi.
- Costruzione di frasi nominali, che si rivelano molto efficaci in descrizioni
sintetiche.
- Abbondante aggettivazione, che evidenzia le caratteristiche del prodotto.
- Utilizzo di prefissi quali super-, ultra-, extra-.
- Ambiguità lessicale.
- Aggettivi e nomi in funzione avverbiale e derivazione verbale di origine
denominativa.
- Uso del tempo presente per collocare il prodotto fuori dal tempo.
- Preferenza per forme verbali quali il futuro o l’imperativo.
- Stile paratattico, con preferenza per le orazioni imperative, interrogative ed
esclamative.
22
- Utilizzo abbondante di neologismi o di parole composte.
- Uso di parole straniere e di calchi che conferiscono una sensazione di innovazione
al prodotto.
- Uso di tecnicismi che appoggiano il discorso argomentativo e persuasivo e
conferiscono un’immagine di serietà.
- Ricorso a diversi registri linguistici per adattarsi meglio ai vari destinatari.
- Utilizzo di strutture comparative prive del secondo elemento di paragone.
- Abbondante uso di figure retoriche (allitterazione, metafora, metonimia, sinestesia,
interrogativa retorica…).
I modi di dire e i proverbi
Sono molto utilizzati nel linguaggio pubblicitario, in quanto hanno il pregio
di essere facilmente riconoscibili e comprensibili, oltre che estremamente sintetici.
Anche le figure retoriche sono molto comuni, soprattutto l’iperbole e la metafora.
I neologismi
Si tratta di nuove voci che appaiono nel testo, o parole antiche utilizzate con
un nuovo significato. Tali formazioni di parole nuove risultano particolarmente
attrattive per i pubblicitari, in quanto permettono loro di includere degli elementi di
novità e di immaginazione nel discorso.
I neologismi possono essere di diversa natura: parole già esistenti nel lessico di una
lingua possono subire un’alterazione semantica che attribuisce loro un significato
non previsto dal sistema lessicale di riferimento: così Buondì non è più una forma di
saluto ma una merenda e un Bacio è un cioccolatino. Caratteristica comune di queste
invenzioni non è tanto la creazione ex novo di un termine quanto la scelta di una
parola comune per designare, in base ad associazioni di significato, un certo
prodotto.
23
I tecnicismi
Si tratta di un particolare tipo di gergo, quello tecnico. Il gergo tecnico è
volutamente scostante e serve a dare un’autenticazione scientifica al prodotto. Molto
spesso si trovano tecnicismi anche in campi non tecnologici. L’effetto complessivo è
quello di suggerire una maggiore preziosità e rarità della cosa, e implicitamente far sì
che il consumatore si senta un intenditore.
Lo slogan
Lo slogan è fondamentale affinché una campagna pubblicitaria risulti
vincente, perché è proprio lo slogan rimane impresso nella mente delle persone. Le
strutture variano, e possono utilizzare un sintagma nominale, una frase semplice o
complessa. Gli inserzionisti possono utilizzare giochi di parole, interrompere
collocazioni, o lavorare sulle nostre emozioni, ma qualunque tipologia di campagna
si andrà a realizzare, lo slogan dovrà sempre essere accattivante.
1.5 Le funzioni della pubblicità
Siamo così arrivati a incontrare due requisiti importanti di ogni testo
pubblicitario: salienza, percettiva e comprensibilità. Quello della percezione è il
primo livello a cui si svolge la concorrenza fra i messaggi pubblicitari. Per illustrare
questo punto è necessario rifarsi alle definizioni fondamentali del rapporto di
comunicazione. Se consideriamo un messaggio in generale, potremo utilmente
distinguere in esso alcuni fattori, che si possono elencare secondo lo schema,
certamente discutibile, piena di carenze, ma ancora utile, dovuto a Roman Jakobson5:
5
Romàn Jakobsòn (Mosca, 11 settembre 1896 – Boston, 18 luglio 1982) è stato un linguista e
semiologo russo A lui si deve lo studio della teoria della comunicazione linguistica. La sua teoria si
basa sulle sei funzioni comunicative che si associano alla dimensione dei processi comunicativi.
24
1. EMITTENTE
2. CONTATTO (CANALE)
3. MESSAGGIO
6. DESTINATARIO
4. CODICE
5. CONTESTO ( CONTENUTO)
Oltre all'emittente, al destinatario e al messaggio, in ogni testo ha importanza il
sistema delle regole che presiede alla sua forma e alla sua capacità di produrre senso,
cioè il suo codice (che probabilmente, più che secondo un organizzazione
dizionariale di accoppiamenti fra significanti e significati va pensato come l'insieme
di una complessa macchina sintattica e di un’enciclopedia ricca di informazioni sul
mondo). Vi è poi un contatto, vale a dire il canale che unisce materialmente e
virtualmente in maniera più o meno efficace l'emittente a la sua audience; e poi
certamente del funzionamento di ogni testo fa parte essenziale il riferimento a cose o
pensieri, reali o semplicemente possibili. Questo insieme di contenuti nella tradizione
semiotica è chiamato (in maniera un po’ fuorviante) contesto.6 Ognuno di questi
fattori corrisponde a una possibile funzione di ogni testo:
1.EMOTIVA
2.FATICA
(ESPRESSIVA)
3. POETICA
6.CONATIVA
4. METALINGIUSTICA
5. REFERENZIALE

la funzione conativa ( la funzione del linguaggio in cui il mittente cerca di
indurre il destinatario ad adottare un determinato comportamento )
6

la funzione referenziale ( attenzione focalizzata sul contesto )

la funzione espressiva ( attenzione focalizzata sull'emittente )
Ugo Volli, Semiotica della pubblicità, Edizioni Laterza
25

la funzione poetica (colpisce la struttura dell'atto comunicativo )

la funzione metalinguistica (usato dal linguaggio per riflettere sul
linguaggio stesso)

la funzione fàtica (utilizzata per mantenere il contatto nella comunicazione)
La funzione emotiva (o espressiva) riguarda la capacità che ogni emittente ha di
esprimere se stesso, le sue emozioni, i suoi sentimenti le sue identità nel messaggio.
La funzione fatica consiste nel lavoro che si fa per garantire il contatto ad esempio
(quando si dice pronto al telefono); si ricorre a elementi emotivi, in quanto l’oggetto
non è desiderato o richiesto dai suoi destinatari, e quindi la sua intenzione è quella di
attrarre lo spettatore con la creazione di un contatto che lo coinvolga emotivamente.
È quindi una funzione essenziale del discorso pubblicitario poiché lo slogan richiama
l'attenzione, impone il messaggio sul prodotto stesso, suscita l'interesse del pubblico,
che è inondato ogni giorno da una quantità infinita di messaggi pubblicitari .
Prendiamo per esempio la Società di Apple, con il suo slogan “Think Different”
vuole informare lo spettatore che non è una società che vende soltanto semplici
oggetti elettronici, ma vere innovazioni.
La società italiana Benetton non si limita a vendere, ma un modo diverso di
concepire la convivenza tra le persone .La funzione metalingiustica definisce il
codice in uso e dunque, implicitamente, i rapporti tra l'interlocutori. La funzione
referenziale permette al messaggio di mettersi in rapporto con il mondo, di parlare di
qualche cosa. La funzione poetica riguarda l'organizzazione del messaggio, il modo
in cui esso è realizzato( Jakobson la chiama cosi perché la considera dominante in
poesia e in generale nell’ arte, dove il messaggio comunicherebbe sopratutto con la
sua forma) La funzione conativa è invece quella per cui si cercano degli effetti sull’
emittente, gli si danno degli ordini, dei consigli etc. (si pensi alla Coca- Cola slogan
“Bevi Coca – Cola”) è importante tener presente che ogni atto comunicativo e
dunque ogni pubblicità contiene almeno in potenza tutti i fattori della comunicazione
e le comprende anche tutte le funzioni. Non esiste una comunicazione puramente
fatica, o puramente referenziale, puramente poetica etc. Per poter raggiungere con
efficacia questi scopi, devono essere perseguiti in certa misura anche gli altri. Una
poesia deve parlare di qualche cosa (funzione referenziale), un ordine deve contenere
26
qualche informazione su come può essere seguito (funzione referenziale), una
confessione si rivolge a qualcuno per qualche scopo (funzione conativa) etc. La
pubblicità nasce senza dubbio per esercitare principalmente una funzione conativa,il
suo scopo insomma è quello di agire simbolicamente sul destinatario in modo da
modificarne il comportamento e il pensiero; ma anche le altre funzioni sono
importanti
Diversi tipi di pubblicità usano tecniche diverse per convincere e informare. Alcuni
utilizzano informazioni come il formato, il marchio, il prezzo, nonché indirizzo e
numero di telefono del negozio o azienda, basandosi sul prodotto stesso per
promuovere le vendite. Altri annunci evidenziare un determinato scenario, che è più
importante del prodotto stesso, in modo che l’ immagine del prodotto sia il punto
vendita. Altri annunci si basano su associazioni tra il prodotto e un particolare
contesto - fantasie oniriche, per esempio, possono suggerire il potenziale del prodotto
per cambiare la vita di un individuo .
Gli inserzionisti si appellano al nostro desiderio di essere un “uomo di successo” o
una “donna in carriera”, un “amante meraviglioso” o parte di una “famiglia felice”;
sfruttano il nostro desiderio di essere “bello”, “potente”, “responsabile” e “ben
informato” . Per convincere gli spettatori o lettori a comprare una macchina, una
pubblicità cercherà di convincerli che saranno eleganti, e che vivremo un’esperienza
prestigiosa ed emozionante se possedessimo quel particolare modello. La pubblicità
può suggerire che l'acquisto di una certa marca di alimenti per l'infanzia,
presumibilmente più puro o più naturale rispetto a quello pubblicizzato dai suoi
rivali, vi renderà dei genitori “migliori” , o che indossare certi vestiti vi renderà più
“desiderabili” o più “potenti”, o che mangiare un certo tipo di gelato vi renderà più
“attraenti” o più “seducenti”. In ogni caso, la funzione della pubblicità è quella di
convincere a comprare. Anche se vengono fornite informazioni, non saranno mai
neutrali, perché c'è uno scopo implicito: l'inserzionista ha scelto il contenuto e il
linguaggio della pubblicità soprattutto per influenzare, piuttosto che per informare.
27
2. Il contesto internazionale. Globalizzazione o
localizzazione?
La globalizzazione si riferisce a un processo storico mediante il quale le
economie, società e culture regionali diventano integrate attraverso un network
globale di comunicazione, trasporto e scambio.
Il termine viene utilizzato con riferimento specifico alla globalizzazione economica,
cioè l’integrazione delle economie nazionali nell’economia internazionale attraverso
scambi investimenti diretti esteri, flussi di capitali, flussi migratori e diffusione della
tecnologia. Il libero scambio ha giocato un ruolo chiave nel processo di
internazionalizzazione dei mercati mondiali.
Questo processo ha condotto, nel tempo, ad una intensificazione della comunicazione
con i consumatori di diverse lingue e culture.
Di fronte all’emergere di un grande e dinamico mercato globale basato sulla libertà
di scambio e caratterizzato da una concorrenza crescente, le imprese che adottano un
marketing internazionale devono decidere quale strategia adottare nell’approccio con
i mercati esteri. La scelta è un approccio multidomestico, in cui la strategia viene
adattata alle caratteristiche di ciascuno mercato, o un approccio globale che somigli
alla standardizzazione, enfatizzando le caratteristiche comuni dei vari mercati. Le
strategie di customizzazione o di adattamento sono più market-driven, mentre la
standardizzazione o l’approccio globale sono più supply-driven; nella realtà il
confine tra queste due strategie è sfuocato.
La globalizzazione non è più confinata ad imprese appartenenti a pochi settori
industriali come per esempio il settore elettronico, farmaceutico, automobilistico e
dei prodotti di marca di largo consumo. Negli ultimi dieci anni, la globalizzazione ha
interessato anche imprese precedentemente abituate a detenere la proprietà e
occuparsi direttamente della gestione dei servizi locali, come distributori (Carrefour,
Ikea), bar e caffetterie (caffè Starbucks), banche (Citybank, ABN AMRO ecc.),
stampa e sviluppo foto (chioschi Fnac, Kodal ecc.), fast food e gelaterie
(McDonals’s, Quick, Haagen Daz ecc.). Esempi italiani in tal senso sono
rappresentati da aziende operanti nel settore dell’abbigliamento (Benetton, Diesel,
28
Replay), banche (Intesa Sanpaolo), case di moda (Armani, Gucci, Prada), produttori
di auto (Ferrari), torrefazioni (Illy caffè)7.
In questo contesto, le imprese hanno concentrato gli sforzi sullo sviluppo di marche
globali potenzialmente in grado di attratte il massimo numero di clienti su basi
mondiali adottando il medesimo approccio standard di marketing. Queste marche
globali sono diventate potenti strumenti di penetrazione dei mercati internazionali:
costituiscono asset reali per le imprese e, di conseguenza, sono molto ben valutate
dai mercati finanziari.
Nel quadro delle strategie di marketing internazionale, la pubblicità gioca un ruolo
chiave.
Tuttavia è necessario iniziare dalla base, da quella disciplina che regola questi
scambi globali: il marketing.
2.1 Il marketing e il marketing mix
Il marketing “è il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività
d’ideazione, attribuzione di prezzo, promozione e distribuzione di idee, prodotti e
servizi allo scopo di generare scambi che soddisfino i bisogni di individui e
organizzazioni”.
Nella letteratura manageriale il concetto di marketing è stato descritto in diversi modi
da diversi autori, tuttavia è diventato generalmente sinonimo di “orientamento al
cliente”. La più concisa definizione di marketing è “soddisfare bisogni in modo
redditizio”.8
Il concetto tradizionale di marketing si fonda su tre pilastri:
1. orientamento al cliente: tutte le azioni manageriali dovrebbero scaturire dalla
profonda comprensione dei bisogni e desideri del cliente;
7
Lambin J.-J., Market-driven management. Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill, Milano,
2012
8
Erdener K., The management of international advertising, Quorum Books, New York, 1989.
29
2. integrazione delle attività: ciò implica un elevato coordinamento con le altre
funzioni dell’impresa (R&S, produzione, amministrazione e finanza) per
diffondere la cultura di “orientamento del cliente”
3. obiettivo di redditività: il concetto di marketing deve condurre l’impresa a
realizzare dei profitti quale contropartita della soddisfazione del cliente.
Utilizzando un termine inglese, il Marketing mix comprende l’insieme degli
strumenti di cui si avvale un’azienda per rispondere alla domanda di mercato 9. È
proposto da McCarthy e viene comunemente considerato la dimensione operativa del
marketing, ovvero le tecniche specifiche con cui si cercano di soddisfare i bisogni del
consumatore. Chiamato anche il “paradigma delle 4P”- dall’inglese Product
(prodotto),
Price
(prezzo),
Place (punto vendita/distribuzione),
Promotion
(promozione/comunicazione)- comprende gli strumenti di marketing che i manager
combinano in un determinato modo per affrontare una situazione specifica. Ai fini
del presente lavoro, ci soffermeremo sull’analisi dettagliata di uno dei suddetti
elementi, ovvero la promozione, detta anche comunicazione pubblicitaria. La
comunicazione pubblicitaria, o advertising, non svolge solo la funziona informativa
nel far conoscere il prodotto, ma è anche uno strumento per fornire uno stimolo
diretto all’acquisto, esercitando una pressione sui consumatori. La comunicazione
annovera molteplici canali di promozione. Gli altri mezzi di promozione diffusi in
ambito aziendale sono lo spot pubblicitario, l’affissione, il messaggio radiofonico ed
il web.
Le aziende, sulla base di numerosi fattori, tra cui ad esempio il tipo di organizzazione
interna, il mercato di riferimento, il prodotto o servizio offerti, si differenziano nella
scelta di due principali strategie di mercato: la globalizzazione o la localizzazione.
9
2 Buganè G., Ufficio marketing & comunicazione. Principi, attività e casi di marketing strategico e
operativo, Milano, Hoepli, 2006
30
2.2 Le strategie aziendali10
Per esportare la propria immagine e i propri prodotti oltre ai confini nazionali,
le imprese scelgono due tipi di strategie di marketing, quella localizzata (targetoriented)
oppure
quella
globalizzata
(product-oriented),
a
seconda
delle
caratteristiche del mercato di riferimento e del prodotto da commercializzare.
Attraverso la localizzazione, l’impresa persegue delle strategie differenti in ognuno
dei mercati esteri nei quali opera, affrontando ogni paese con una filiale locale,
strutturata e operante secondo i valori culturali del pubblico di riferimento, che
agisce abbastanza autonomamente. Una direzione aziendale cerca di operare un
efficace coordinamento fra una serie di posizioni locali diverse in tutto il mondo e
l’azienda compete in maniera diversa su ogni mercato.
Nel modello globale, invece, l’impresa utilizza l’insieme delle risorse a disposizione
per condurre un’efficace attività competitiva sui mercati mondiali in maniera
totalmente integrata. Le filiali e le divisioni estere sono strettamente interdipendenti,
sia per le attività svolte, sia per le strategie attuate. Queste società “sovranazionali”
sono caratterizzate da un alto livello di standardizzazione nella propria produzione.
Oggi, numerose aziende multinazionali preferiscono adottare una filosofia più attenta
alle realtà locali con cui si devono confrontare. Possiamo citare ad esempio la
campagna pubblicitaria lanciata nel febbraio 2010 da McDonald’s, in cui fu
promosso il panino Mc Italy, prodotto con ingredienti certificati Made in Italy, che
rimase sul mercato per la durata di un mese. Bisogna, però, specificare che tali scelte
raramente si rivelano essere totalmente univoche: le multinazionali, infatti, sono
restie a seguire un’unica linea strategica.
Preferiscono piuttosto contaminazioni e influenze tra la dimensione globale e quella
locale, dando vita alla già citata “glocalizzazione”, una sorta di compromesso tra le
due tendenze, in cui il livello di standardizzazione dipende dal prodotto, dalla marca,
dal contesto e dalla cultura del consumatore. Il termine “glocale” deriva dall’inglese
glocal, che l’Oxford Dictionary of New Words definisce come “avere una visione
globale adatta alle condizioni locali”.
10
Alessandra Corsi, Comunicazione globale: il ruolo delle traduzione nelle campagne pubblicitarie
internazionali.
31
Il “Think global, act local”, rappresenta la convivenza tra il pensiero globale, che
ragiona in termini di omogeneizzazione tra popoli, culture e mercati, e l’azione a
livello locale, che tiene conto delle realtà nazionali e peculiari del nuovo territorio in
cui ci si installa, nel tentativo di preservare le singole identità all'interno di un
sistema complesso, senza ledere l'individualità e il diritto ad esistere delle altre
identità all'interno di tale sistema.
L’interazione di modelli culturali differenti attraverso il processo globale-locale, non
necessariamente implica il rischio di uniformazione culturale e di appiattimento delle
diversità locali. Infatti, la creazione di una cultura globale omogenea è destinata a
scontrarsi costantemente con culture e tradizioni locali, e le complesse interazioni tra
globale e locale danno spesso vita a manifestazioni ibride. Di conseguenza, poco a
poco, si sta verificando la tendenza opposta: la cultura del consumatore acquista
sempre più importanza.
2.2.1 Il caso Unilever
Per la maggior parte dei prodotti di largo consumo questi tre tipi d’immagine
hanno allo stesso tempo un’area d’intervento comune e un proprio ambito specifico.
Esistono casi in cui l’immagine aziendale varia a seconda del paese in cui si insedia.
Può trattarsi di una differenziazione strutturale che riguarda l’azienda, oppure può
riguardare il prodotto commercializzato. Un esempio significativo è rappresentato
dalla Unilever che lancia sui mercati internazionali lo stesso prodotto anche se con
marchi diversi da paese a paese. In Italia, ad esempio, la nota marca di gelati Algida
è l’equivalente di quella francese denominata Miko; la versione spagnola è Frigo,
mentre quella messicana è Holanda, e così avanti. Questa diversità di denominazione
per uno stesso prodotto risiede nella struttura organizzativa della multinazionale
Unilever che, man mano, ha rilevato le varie imprese locali di gelato nei diversi
paesi, pur continuando ad utilizzare i loro nomi originari, ma uniformando la gamma
di gelati commercializzati a livello globale. È questo un caso di “glocalizzazione”,
in cui all’interno di un’ottica di produzione globalizzata, viene mantenuta una
differenziazione locale, con lo scopo di permettere al consumatore un’immediata
identificazione della marca che già conosceva.
32
In questo caso, la corporate image rappresenta l’immagine globale dell’impresa, deve
risultare coordinata in tutti i mercati in cui è presente affinché si dia un’immagine
coerente dell’impresa, conferendo stabilità, sicurezza e differenziazione dalla
concorrenza. Infatti, sebbene il nome del marchio vari da paese a paese, il logo
caratteristico è invariato e permette di mantenere una coerenza generale.
2.3 La globalizzazione
La globalizzazione è un processo che coinvolge i mercati finanziari ed
economici, con successive ripercussioni sulla società e la sua dimensione culturale.
Le nuove tecnologie, l’evoluzione delle comunicazioni di massa, lo sviluppo di
internet e i nuovi mezzi di trasporto, hanno contribuito a ridurre le distanze, sia
spaziali che temporali, rivoluzionando le nostre abitudini. Il mondo oggi appare
senza confini, e la maggior parte delle popolazioni, con culture differenti, condivide
lo stesso sistema di mass media, fruendo delle stesse immagini.
Con lo sviluppo del computer e di internet, il processo di globalizzazione si
incrementa notevolmente nel corso del XX secolo: il mondo, pur con le differenze e
connotazioni proprie di ogni cultura e civiltà, diventa “un villaggio globale”, come
33
viene definito da Mc Luhan11, dove tutto diventa a portata di mouse e le distanze si
annullano. Muta la concezione stessa dello spazio, e le aziende, dalle multinazionali
alle nazionali, devono far fronte alle nuove esigenze dei mercati, elaborando strategie
di comunicazione globale, grazie alle quali si costruisce un territorio esclusivo di
marca e si esporta l’immagine dell’azienda all’estero. Le attività produttive scoprono
nuovi orizzonti; le fabbriche si costruiscono dove il costo del lavoro è più basso,
anche se la sede centrale si trova dall’altre parte del mondo.
Al centro di tale processo è evidente il peso della comunicazione, che si distingue per
la nuova immediatezza e fruibilità. Infatti, le conseguenze sociali della
comunicazione globale si manifestano con l’accorciamento delle distanze e
l’incremento spropositato del flusso di informazioni a disposizione. Sempre più, i
media, vecchi e nuovi, occupano uno spazio preminente nella vita di ogni individuo.
Bisogna sottolineare che le strutture internazionali di comunicazione soltanto ad un
primo sguardo sono un indizio di fusione culturale globale. In effetti, se una stessa
pubblicità è recepita in maniera diversa dagli spettatori di uno stesso paese, le società
appartenenti a diverse nazionalità, in base ai propri valori culturali di riferimento,
reagiscono ancor più diversamente nei confronti di prodotti mediatici importati,
proiettando su di essi la propria visione della realtà. Le aziende che esportano la
propria marca all’estero devono, pertanto, prestare attenzione a tale fenomeno.
2.3.1 Il modello americano
Il processo di internazionalizzazione aziendale è stato iniziato in primis dalle
multinazionali americane che, avendo saturato i mercati statunitensi furono costrette
a volgersi verso nuovi mercati. Man mano, tale processo ha permesso l’avvento di
altre società non più necessariamente statunitensi sul palcoscenico del mercato
globale. Inizialmente, come abbiamo già accennato, la principale strategia attuata dai
nuovi marchi globali fu quella della globalizzazione.
Il concetto di standardizzazione della pubblicità nasce negli anni ’60, ma ha successo
con Levitt solo negli anni ’80, quando dichiarò nella rivista Harvard Business che le
compagnie avrebbero dovuto operare come se il mondo fosse un unico immenso
11
Mc Luhan M., Powers B.R., Il villaggio globale, Milano, SugarCo, 1992.
34
mercato, ignorando le differenze superficiali tra regioni e nazioni e vendendo gli
stessi prodotti, nello stesso modo, in tutto il mondo. Questo approccio globale ha
senso, secondo Levitt12, poiché i consumatori di tutto il mondo sono motivati dagli
stessi desideri di modernità, qualità e pregio.
La strategia adottata da queste marche è di tipo invasivo: esse restano praticamente le
stesse in ogni nazione, stessa identità, stesso nome o logo, stesso posizionamento,
stessa strategia di comunicazione, stessa personalità, stesso prodotto, stesse
confezioni e stesso modo di apparire e di essere percepite. Anche i valori veicolati
rimangono identici in tutti i paesi, hanno una rilevante quota di mercato e simili
livelli di fedeltà alla marca. Ne sono un esempio marchi quali Marlboro, Nike e
McDonald’s.
Una cultura dominante, come quella americana, può esportare più o meno
agevolmente dei prodotti e dei servizi che veicolano caratteristiche simboliche
globalmente conosciute e desiderabili, ma culture meno forti non possono pretendere
di ottenere benefici da campagne globali che veicolano valori, per così dire, di
nicchia. Da un lato il marketing globale tenta di imporre la standardizzazione di un
concetto o di un determinato prodotto senza preoccuparsi dell’adeguamento fra gli
elementi dell’offerta e le condizioni della domanda. In alcuni casi si devono
addirittura stimolare le richieste perché si adattino alle caratteristiche dell’offerta.
Inoltre, rendere un marchio internazionale consente anche una riduzione nei costi di
un budget pubblicitario, attraverso una standardizzazione delle produzioni
pubblicitarie, che si presentano invariate in ogni paese in cui l’azienda intende
commercializzare i propri prodotti. Per ragioni di efficienza nei costi e per i vantaggi
economici di un’economia di scala, le aziende possono scegliere, infatti, di
standardizzare i propri prodotti e le campagne pubblicitarie dirette ai vari target di
riferimento. La forma basilare della standardizzazione consiste nell’offrire prodotti
uguali in tutti i mercati, attraverso gli stessi canali di distribuzione, con prezzi
omologati e con identici sistemi di promozione alle vendite. Tale strategia comporta,
pertanto, l’utilizzo sempre più massiccio della lingua inglese, quale mezzo
comunicativo internazionale per eccellenza, riducendo al minimo anche la necessità
12
Steven David "Steve" Levitt (born May 29, 1967) is an American economist known for his work in
the field of crime, in particular on the link between legalized abortion and crime rates.
35
di eventuali traduzioni per localizzare le varie campagne nei diversi paesi di
destinazione.
2.4 La localizzazione
Quando un’azienda s’immette in un mercato straniero, deve tener conto di
numerose variabili che dipendono dalle diverse caratteristiche di una società
appartenente ad un’altra nazione. Per quanto riguarda la seconda strategia, preferita
oggi dalle aziende nelle loro azioni di marketing internazionale, la cosiddetta
glocalizzazione ha dimostrato la duttilità delle grandi società e della loro voglia di
declinarsi e differenziarsi da paese e paese, da mercato a mercato, scendendo, per
così dire, nel basso delle realtà locali proprio per mantenere il controllo sul mercato
mondiale. In questo modo l’impresa si adatta localmente cambiando i caratteri
secondari e non quelli dominanti.
La localizzazione è intesa secondo due accezioni, la prima riguarda la strategia della
marca di mutare secondo il contesto e adattarsi completamente all’ecosistema che
trova zona per zona, anche a costo di rinunciare ai propri caratteri dominanti; la
seconda accezione vede la localizzazione come un movimento recente, nato in
reazione ai precedenti movimenti globalizzanti. La localizzazione propone canali
alternativi di vendita e distribuzione di un prodotto, in grado di mettere in contatto
vari paesi del globo su un piano paritetico fra loro.
Queste diverse strategie di comunicazione sono utilizzate secondo la situazione che
l’impresa deve affrontare paese per paese. Esse non si sovrappongono, ma
convivono. I valori della globalizzazione coesistono fianco a fianco con i valori
nazionali. È la comunicazione lo strumento principale che la marca adotta per
evolversi adattandosi alle realtà locali.
Si tratta di un approccio di marketing, definito anche “marketing interculturale”, a
cui fanno sempre più ricorso le imprese multinazionali, nel tentativo di concepire
prodotti che siano commerciabili in diverse zone del globo, e che abbiano tutti la
stessa importanza strategica per il futuro sviluppo dell’azienda. Il marketing
36
interculturale13 è, dunque, un elemento chiave della strategia globale di un’impresa,
il cui primo passo consiste in una concezione che diremmo geocentrica, in cui si
cerca di integrare somiglianze e differenze in un insieme armonioso e accettabile da
un pubblico più vasto possibile. Il processo di localizzazione cerca di definire prima
le condizioni d’identificazione al prodotto o al concetto, al fine di determinare, se è
necessario, quali aspetti del marketing mix originario devono essere modificati o
ampliati per facilitare l’adeguamento al mercato e un lancio internazionale. Ad
esempio, nel caso della commercializzazione della marca di shampoo Pantene nel
mercato messicano, la scelta dei prodotti destinati al target del paese ha subito un
adattamento, in base alle esigenze particolari dei soggetti. Uno shampoo per capelli
biondi sarà poco fruibile da una popolazione dalle caratteristiche opposte. Il
posizionamento della marca, sarà quindi adattato secondo le esigenze del mercato.
Questo agire di marketing è definito anche “armonizzazione” e può essere di due tipi:
A) armonizzazione hard: riguarda le modifiche inerenti le performance del prodotto
tra cui la ricetta, il gusto, il servizio, le varianti, la confezione, il formato.
B) armonizzazione soft: coinvolge aspetti quali marchio o logo, l’etichetta, il
marketing posizionamento e campagna pubblicitaria.
Anche quando i prodotti sono accettati in più di una cultura, la comunicazione
pubblicitaria deve essere adattata, il che comporta qualcosa di più di una semplice
traduzione del messaggio principale.
Il linguaggio riflette la cultura specifica che lo ha prodotto: una linea che funziona in
un mercato, raramente si adatta in maniera analoga ad un altro. Le differenze tra le
lingue vanno ben al di là dei problemi di semplice traduzione. Alcuni concetti non
sono traducibili, persino tra persone che parlano una stessa lingua esistono profonde
differenze culturali, anche tra nazioni che parlano inglese spesso sono necessari degli
adattamenti sia per i visual che per i contenuti verbali. Come nel caso dello spot di
Coca Cola, lo sfondo in cui avvengono le riprese rappresenta una realtà che
appartiene al mondo americano, in cui un italiano, un francese o uno spagnolo, non
riconoscerebbe alcun segno distintivo del proprio ambiente familiare, tuttavia, tale
immagine viene mantenuta invariata.
13
Sanal N.N., Standardization and Adaptation. Impacts of diversity on International Advertising
Strategies, Lambert Academic Publishing, Fatih University, 2012.
37
2.4.1 Il caso Coca Cola
Per molte marche globali alcune caratteristiche del prodotto variano in
risposta alle esigenze e ai gusti dei consumatori locali. Un esempio è la scelta della
Coca-Cola e della Pepsi di addolcire le loro bevande nei mercati mediorientali dove i
consumatori preferiscono bevande più dolci. La stessa Coca-Cola, azienda
multinazionale per eccellenza, aveva consolidato inizialmente la propria immagine
come “tipica bevanda americana”, ma presto si rese conto della necessità di una
connotazione più differenziata, in base ai paesi di riferimento. Mantenendo invariato
il caratteristico logo rosso e bianco, si affidò nei vari paesi a diverse agenzie
pubblicitarie, per personalizzare e localizzare maggiormente le proprie campagne.
Ad esempio, in Spagna, le pubblicità proposero di unire la Coca-Cola al vino, tipico
prodotto del paese. O ancora, alcuni anni fa negli Stati Uniti fu lanciata una
campagna che aveva come protagonista un celebre giocatore di football americano,
Joe Greene. Per due motivi, tale campagna non sarebbe stata accettata fuori dagli
Stati uniti. In primo luogo, Joe Green non era conosciuto nel resto del mondo, e in
secondo luogo il football americano fuori dall’America non è altrettanto popolare.
Pertanto, Coca Cola ricorse ad adattamenti specifici nei vari paesi, facendo
comparire nelle diverse campagne dei celebri giocatori di calcio noti a livello
nazionale. Nella campagna condotta in America Latina, ad esempio, compariva
Maradona come testimonial. Tuttavia, sempre per quanto riguarda Coca Cola, le sue
più recenti campagne natalizie non presentano caratterizzazioni specifiche, ma sono
piuttosto standardizzate, e in inglese. Si tratta di una strategia volta a raggiungere il
maggior numero di consumatori, con un investimento inferiore, e che si fonda
sull’universalità di valori condivisi, quantomeno nella società occidentale, come il
Natale. Nelle ultime campagne pubblicitarie, infatti, la maggior parte dei claim e dei
pay-off rimangono in inglese, e il personaggio usato ormai da anni come simbolo
della Coca Cola è Babbo Natale. Come si è già accennato precedentemente,
numerose aziende puntano sull’immagine piuttosto che sulle parole, soprattutto negli
spot, per comunicare il proprio messaggio al target di riferimento. Tale caratteristica
consente loro di raggiungere il maggior numero di consumatori, con un dispendio di
risorse relativamente contenuto, e permette, inoltre, di evitare ulteriori spese di
traduzione per eventuali adattamenti. Ne risulta, pertanto, una campagna di tipo
38
globalizzante, con esigui adattamenti linguistico-culturali. L’esempio fornito di
seguito illustra chiaramente come la scelta di Coca Cola nella sua campagna natalizia
del 2010 presenti tali aspetti. Inoltre, la scelta di basare uno spot interamente su
immagini e musica, senza alcun supporto testuale, riflette ancora una volta questa
tendenza a servirsi di campagne globalizzanti, in cui si evita l’utilizzo di forme
testuali, per ridurre, così, la necessità di una traduzione nelle diverse versioni in cui
lo spot è riprodotto.
39
2.5 I fattori che determinano la scelta di una strategia
Da un punto di vista di marketing, esistono vari fattori che possono
determinare la decisione per una strategia di standardizzazione o di adattamento
locale: la categoria del prodotto, il ciclo di vita del prodotto e il posizionamento della
marca; il ruolo dei media; l’organizzazione e il management aziendale;
l’omogeneizzazione nei bisogni e nei gusti dei consumatori; i temi e le modalità
esecutive della pubblicità.
40
1) La categoria del prodotto: generalmente si possono rintracciare tipi di prodotto che
sono maggiormente legati alla cultura di uno specifico paese di produzione ed altri
più “liberi” da fattori di natura culturale. In quest’ultima categoria rientrano quei
prodotti come le sigarette, i superalcolici, i prodotti hi-tech (moda, profumi, gioielli).
Questo tipo di prodotti presenta una propensione all’internazionalizzazione di gran
lunga maggiore di altri come, ad esempio, i prodotti alimentari.
I gusti dei consumatori, dunque, sembrano convergere, superando i confini nazionali,
per poche categorie di prodotti e servizi tra, ad esempio, cui carte di credito e
compagnie aeree. In alcuni casi un certo livello di standardizzazione si ottiene
attraverso la spinta dell’organizzazione aziendale. Alcune aziende francesi, ad
esempio, sono caratterizzate da un controllo centralizzato delle attività di gestione di
un prodotto.
Questo crea la necessità di campagne pubblicitarie fortemente standardizzate che
esportano l’idea di prodotto nazionale, puntando sul country of origin effect: il made
in France. Il formaggio Camembert proviene evidentemente dalla Francia, così come
il Whisky migliore, per antonomasia non può che venire dalla Scozia.
Anche se le campagne pubblicitarie di questi prodotti “tipici”, sono fortemente
standardizzate e si basano sull’esportazione di stereotipi nazionali all’estero, questo
non implica che i prodotti rimangano identici nei vari mercati d’esportazione. In
riferimento al mercato dei profumi, di cui la patria d’eccellenza è la Francia, i gusti e
le preferenze dei consumatori variano considerevolmente, persino la composizione
delle essenze (a base di oli o di alcool) varia in base alle culture e alle abitudini
locali.
2) Il ciclo di vita del prodotto e il posizionamento di marca: il prodotto stesso - il
marchio e il posizionamento, il prezzo e le altre caratteristiche del prodotto – sono
fattori determinanti nel processo di standardizzazione.
Standardizzare un prodotto nuovo è evidentemente un’operazione più semplice ed
economica che applicare questa strategia a prodotti già maturi, per cui sono già stati
fatti investimenti per la costruzione dell’immagine di marca, per un posizionamento
adeguato, ecc.
41
3) I media: il crescente livello di sviluppo e di penetrazione dei media globali – in
particolar modo la televisione – hanno condotto a grandi aspettative nell’uso delle
campagne
internazionali.
Quando l’audience è abituata a programmi doppiati, accetta di buon grado anche il
doppiaggio degli spot televisivi, cosa che viene considerata fortemente irritante negli
altri paesi.
Per quanto riguarda le riviste, ne esistono molto poche effettivamente internazionali.
Anche Elle o Cosmopolitan, tra le prime ad essere esportate in altri paesi nel loro
format originale, hanno creato delle edizioni locali in quasi tutta Europa.
4) L’organizzazione e il management aziendale: il grado di standardizzazione
dipende anche dall’organizzazione interna dell’azienda e dalla visione del
management. In altre parole è condizionata da quanto e come i manager pubblicitari
ritengano importanti le differenze culturali nella percezione di un prodotto.
5) I temi e le modalità esecutive della pubblicità: i concetti della pubblicità espressi
da immagini forti sono in grado di attraversare I confini culturali più facilmente delle
campagne che contengono forme verbali, ne è un esempio la recente campagna
condotta da Benetton, di cui tratteremo più nel dettaglio in seguito, che si basa
interamente su delle immagini di forte impatto socio-culturale.
Se i valori associati alle immagini sono universali, queste strategie possono essere
usate in modo transnazionale.
Tuttavia, mentre i temi o i concetti della pubblicità possono essere standardizzati, a
volte le loro esecuzioni hanno bisogno di adattamenti misurati sulle culture di
riferimento. Ad esempio, come nel caso della precedente pubblicità natalizia di Coca
Cola, un’ambientazione estranea al contesto socio-culturale di una società può
provocare nello spettatore un effetto di spaesamento e, di conseguenza, ostacolare il
processo di identificazione che l’annuncio cerca di suscitare. Per cercare di coniugare
le spinte verso la standardizzazione con un’efficace politica di localizzazione,
esistono brand come Nivea che pur essendo un’azienda tedesca, è ritenuta da molti
consumatori di diversi paesi un brand locale. Nelle differenti nazioni, infatti, Nivea si
è installata assorbendo le differenti realtà locali e riflettendone le caratteristiche
sociali. L’immagine che ne deriva è quella di un’azienda totalmente integrata
42
nell’ambiente in cui risiede, in grado di rispondere, ad esempio, alle esigenze di
multiculturalità esistenti in Francia o in Inghilterra, più articolate di quelle presenti in
Italia o Spagna.
Il marketing interculturale consiste, dunque, in un approccio più sottile alla
commercializzazione dei prodotti a livello internazionale: il marketing globale
presenta numerosi vantaggi, fra cui quello della riduzione dei costi e della semplicità
di gestione, ma le sue probabilità di successo sono sicuramente maggiori se inserite
in una prospettiva di marketing interculturale14.
3. Il ruolo della traduzione nelle campagne pubblicitarie
3.1 Il peso della cultura nella pubblicità internazionale
Per penetrare in maniera efficace un mercato straniero, un’impresa deve tener
conto dell’influenza pervasiva dell’elemento culturale all’interno di una società. Il
fatto di non considerare il contesto culturale può condurre a malintesi, a una scarsa
comunicabilità e, addirittura, a un fallimento nella commercializzazione all’estero.
Inoltre, la standardizzazione di annunci pubblicitari è possibile solamente con alcuni
gruppi di riferimento, per alcune categorie di prodotti e in determinate condizioni di
marcato. Se per alcuni consumatori è necessario adattare un messaggio pubblicitario
specifico, allo stesso modo alcuni prodotti e condizioni di mercato saranno meno
adatti a un approccio globalizzante. In termini di esecuzione creativa, esistono temi e
concetti che si adattano meglio in un contesto internazionale rispetto ad altri, più
legati, invece, a un contesto prevalentemente nazionale e alla propria cultura
d’origine. Per questo motivo, molte imprese preferiscono non adottare la strategia di
standardizzazione, proprio a causa dei fattori culturali e ambientali che influenzano
la domanda e costituiscono un forte deterrente. Infatti, come si è già affermato, i
14
Mueller B., Dynamics of international advertising, Peter Lang Publishing, 2006
43
membri appartenenti a diversi gruppi culturali non sempre rispondono allo stesso
modo a un determinato massaggio.
La cultura determina l’interpretazione, da parte di un individuo o di un gruppo, di
simboli, immagini, suoni e comportamenti e influisce sui modelli sociali esistenti,
sulla percezione estetica e sulla lingua. Secondo Edward Tylor, celebre antropologo
inglese, la cultura è “quell’insieme complesso che comprende conoscenze, credenze,
arte, morale, diritto, costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita
dall’uomo in quanto membro di una società”. Rice, invece, la definisce come “i
valori, gli atteggiamenti, gli artefatti e altri significativi simboli […] adottati da
individui, che aiutano loro a interpretare, valutare e comunicare in quanto membri di
una società”15.
Tra tutti, la sfera dei valori è quella che più influenza il comportamento dei
consumatori all’interno di un determinato mercato, ed è strettamente legata al
contesto culturale di riferimento. Sono proprio questi elementi che i pubblicitari
sfruttano nei loro annunci per ottenere una comunicazione soddisfacente dei propri
messaggi. È stato evidenziato il fatto che le pubblicità che hanno basato la propria
azione su aspetti riguardanti valori condivisi dai target di riferimento si sono rivelate
quelle più efficaci in termini di persuasione. Pertanto, nel momento di trasportare un
messaggio verso un altro target di riferimento, non sarà più solamente necessaria la
conoscenza della lingua di arrivo, o la semplice trasposizione del messaggio
pubblicitario, ma bisognerà avere una conoscenza approfondita della cultura di
arrivo.
Tali fattori culturali determinano, come già si è detto, la segmentazione dei mercati
nazionali o i modelli di comportamento dei consumatori. Ogni paese possiede
proprie specificità culturali che influenzano i bisogni e i desideri dei consumatori,
nonché le proprie abitudini.
Pertanto, in relazione alle caratteristiche di un determinato mercato di riferimento,
ogni azienda, in base anche alle proprie caratteristiche interne, attuerà la strategia
commerciale che più si adatta alle sue esigenze, e parallelamente svilupperà altresì la
gestione della campagna pubblicitaria.
15
Breidenbach, J., Zukrigl I., La dinamica della globalizzazione culturale, Bollati Boringheri, 2000,
Torino.
44
3.2 La traduzione nel mondo della comunicazione
Il problema generale che si riscontra all’interno della traduzione pubblicitaria
risiede nel fatto che ancora oggi, sebbene in misura molto inferiore, le traduzioni dei
vari annunci vengono sottoposte a dei dipendenti delle stesse agenzie pubblicitarie.
Solamente in casi d’urgenza o di campagne piuttosto impegnative, viene richiesto
l’intervento di un traduttore professionista.
Richard Welts, fondatore di una delle agenzie di comunicazione e traduzione
pubblicitaria più importanti negli Stati Uniti, menziona la complessità di tradurre
annunci pubblicitari e gli errori più frequenti. Secondo lui, le cause principali di tali
errori dipendono dalla mancanza di competenza del traduttore, che spesso non è un
esperto linguista, ma una persona della stessa agenzia pubblicitaria. Cause di natura
economica possono altresì essere le responsabili di una cattiva traduzione, in quanto
spesso i pubblicitari tendono a soffermarsi di più sul numero delle parole utilizzate
negli annunci, direttamente proporzionali al costo della campagna, piuttosto che sul
contenuto dei messaggi. Quindi, la causa principale di una scarsa traduzione, dipende
in gran parte dall’ignoranza delle imprese riguardo all’importanza di disporre di
un’adeguata competenza traduttiva.
Tuttavia, negli ultimi anni, si sta diffondendo una maggior consapevolezza nei
riguardi di questa disciplina e, sebbene nell’organizzazione delle imprese la
traduzione sia ancora piuttosto relegata, ha conquistato una funziona importante
all’interno del processo di comunicazione pubblicitaria in ambito internazionale, in
quanto la maggior parte dei professionisti del settore hanno compreso la necessità di
adattare gli annunci alle necessità culturali richieste dal contesto target e alle
aspettative del pubblico del mercato d’arrivo.
3.3 La traduzione pubblicitaria
La traduzione rappresenta un processo di comunicazione tra culture differenti.
È un atto comunicativo che si stabilisce tra un mittente complesso (l’impresa,
l’agenzia, il traduttore) e un destinatario eterogeneo e molteplice (i consumatori
potenziali di un prodotto), appartenenti a differenti contesti, e si diffonde attraverso
45
un canale. Un messaggio tradotto è sempre il prodotto di un contesto determinato, il
contesto d’arrivo16.
Nello specifico, la traduzione pubblicitaria, indispensabile nel processo di
internazionalizzazione delle imprese, dipende sempre dalle caratteristiche del
mercato d’arrivo.
Un annuncio pubblicitario persegue uno scopo principale, quello di attirare
l’attenzione del pubblico sul prodotto oggetto della promozione e persuaderlo al
consumo. Nel tradurre tale annuncio, il traduttore dovrà necessariamente considerare
tale obiettivo e mantenerlo identico anche nel testo meta, per adeguare il più
possibile la ricezione del messaggio. È necessario, però, conoscere i criteri di
accettabilità di un annuncio da parte del pubblico d’arrivo, per poter creare un testo
dalle caratteristiche riconoscibili ed accettabili. Come si è già più volte riscontrato,
infatti, le reazioni del pubblico nei confronti dei messaggi pubblicitari non sono le
stesse in tutti i mercati. Ogni cultura di riferimento ha le proprie caratteristiche e
recepisce un messaggio sulla base di valori e idee a sé proprie, che non sono
condivise in tutte le società. La funzione testuale è assegnata dalla cultura d’arrivo
per la quale il traduttore produce il suo testo e, pertanto, anche le strategie impiegate
dipendono dalle caratteristiche imposte dal contesto di riferimento. La traduzione
degli annunci pubblicitari è soggetta alle idiosincrasie di ciascuna lingua e del
pubblico a cui si rivolge, pertanto il traduttore deve tenere conto del contesto socioculturale del pubblico a cui si destina il prodotto. Il pubblico varia ovviamente da un
paese all’altro e secondo Mueller “la traduzione più efficace in pubblicità non si
rivela essere quella più letterale”. Il ruolo del traduttore è quello di tradurre pensieri
ed idee, piuttosto che parole17.
The Handbook of European Advertising afferma che i pubblicitari dovrebbero
seguire delle linee guida specifiche nella creazione di campagne pubblicitarie
destinate ad essere esportate in altri paesi, con lo scopo di evitare eventuali problemi
di adattamento successivi. Afferma che per agevolare il lavoro del traduttore,
bisognerebbe utilizzare un linguaggio semplice, con frasi corte e un registro standard,
evitare l’uso di colloquialismi, metafore, termini tecnici e tutto ciò che potrebbe
ostacolare una corretta comprensione del significato che il testo veicola nella lingua
16
Volli U., Semiotica della pubblicità, Editori Laterza, Roma, 2003
Mueller B., Dynamics of international advertising, Peter Lang Publishing, 2006.
17
46
originale. Tale ipotesi appare paradossale se si pensa che il linguaggio che un
annuncio necessita per raggiungere la funzione persuasiva e appellativa è proprio
caratterizzato da tali ricorsi stilistici.
Si afferma, inoltre, che il copywriter, prima di creare un annuncio dovrebbe già
prevedere che questo sarà tradotto e quindi dovrebbe “pensare in maniera
multilingue”18.
Sarà pertanto necessario conoscere in anticipo le lingue che verranno utilizzate nella
traduzione di tale annuncio.
Come si è già osservato, ogni mezzo di comunicazione possiede determinate
caratteristiche e la traduzione deve adattarsi alle eventuali restrizioni che queste
comportano. Nel caso delle riviste, ad esempio, è necessario rispettare i limiti di
formato, in cui lo spazio a disposizione è piuttosto esiguo, o le caratteristiche del
layout. Per quanto riguarda la traduzione, ciò si rivela essere spesso un problema, in
quanto le lingue non hanno le stesse caratteristiche morfo-sintattiche e alcune si
caratterizzano per essere più prolisse di altre. Pertanto, nel momento in cui il
traduttore dovrà tradurre un annuncio, dovrà prestare molta attenzione a tale aspetto.
In alcuni casi, inoltre, si può verificare che una rivista sia destinata ad un pubblico
internazionale, come può accadere ad esempio negli aerei. In questo contesto si
opterà per una “non traduzione” dei testi pubblicitari, oppure verrà utilizzata la
lingua inglese.
Nell’ambito del marketing internazionale, la traduzione costituisce un aspetto
fondamentale nelle campagne pubblicitarie adottate dalle aziende che, come abbiamo
già avuto modo di analizzare, compiono le proprie scelte sulla base di fattori di
natura socio-economica.
Ci occuperemo adesso di analizzare il ruolo che la traduzione esercita nel
trasferimento dei messaggi pubblicitari da una cultura all’altra.
Il marketing internazionale e la traduzione del materiale pubblicitario hanno un
obiettivo comune: trasmettere un messaggio a comunità culturali distinte, che
possono persino condividere una stessa lingua. Tradurre una campagna pubblicitaria
è un’esigenza che le imprese più competitive prima o poi si trovano ad affrontare. I
benefici che derivano dal tradurre una campagna pubblicitaria in diverse lingue,
18
Bennet R., The Handbook of European Advertising, Kogan Page, 1994.
47
rendendola fruibile anche all’estero, sono numerosi e riguardano la possibilità
concreta di aumentare profitti e clientela.
Da un lato, l’influenza della globalizzazione dei mercati ha spinto i pubblicitari a
prendere in considerazione le differenze culturali e linguistiche esistenti, che
rappresentano un ostacolo nel comunicare in maniera efficace i propri messaggi. Per
tale motivo, la traduzione sta acquisendo una posizione di primaria importanza e
viene considerata uno strumento di
lavoro necessario
nell’ambito
della
comunicazione internazionale, sebbene sia ancora vista semplicemente quale un
trasferimento di elementi linguistici da una lingua ad un’altra.
D’altro canto, però, nonostante la traduzione occupi un ruolo fondamentale nelle
campagne pubblicitarie, la sua funzione sta subendo delle battute d’arresto a causa
della crescente egemonia dell’immagine utilizzata negli annunci, e della
predominanza dell’inglese a livello globale. Un altro ostacolo comune nella realtà
pubblicitaria con cui la traduzione deve confrontarsi è quello della scarsa conoscenza
di tale disciplina e della sua particolare rilevanza in ambito linguistico, elemento
fondamentale nella progettazione di una campagna pubblicitaria. Ancora troppo
spesso, all’interno del mondo del marketing e delle agenzie di pubblicità, il ruolo
della traduzione è estremamente sottovalutato. Ad esempio, gli specialisti di
marketing
tendono
a
differenziare
il
ruolo
della
traduzione
da
quello
dell’“adattamento”. Nella loro concezione, la traduzione si limita solamente ad una
trasposizione linguistica del testo scritto, mentre l’adattamento coincide con la
“traduzione del senso”. Tale pensiero è stato espresso da un dipendente di un’agenzia
pubblicitaria spagnola, e riflette il luogo comune diffuso ed erroneo che persiste nei
confronti di questa disciplina, ancora troppo poco conosciuta e rispettata.
3.4 La funzione della traduzione
La traduzione, pertanto, è un processo che si basa sulla funzione, che deve
essere negoziata con il cliente che richiede la traduzione, affinché questa risulti
efficace. Tale funzione deve riflettersi anche nel testo tradotto, seppure questo si
rivolga ad un pubblico completamente diverso da quello del testo originale.
48
Si può, inoltre, stabilire un parallelismo tra la dicotomia del marketing in tema di
localizzazione e globalizzazione e la contrapposizione tra le strategie familiarizzanti
e stranierizzanti nella teoria della traduzione. Infatti, è necessario stabilire se sia
preferibile presentare ai consumatori delle campagne sviluppate in linea con le loro
identità culturali - target-oriented, orientate verso la cultura meta e focalizzate sul
recettore, secondo la terminologia della traduzione -, oppure degli annunci basati su
un’identità estranea - source-oriented, orientati verso la cultura di origine e centrati
sull’emittente. La seconda strategia risulta un’alternativa utile nella comunicazione
pubblicitaria con alcuni segmenti demografici, sia perché alla comprensione di
concetti e lingue straniere si associa un certo prestigio sociale, sia perché si crea
l’illusione di appartenere ad una comunità globale. Tuttavia, la familiarità con il
contesto e la possibilità d’identificazione con elementi autoctoni può comportare una
risposta più positiva al messaggio pubblicitario19.
3.5 La pubblicità e il ruolo del traduttore nelle strategie di marketing
internazionale: localizzare o globalizzare?
La globalizzazione delle economie e le società commerciali hanno portato nel tempo
ad una intensificazione di comunicazione con consumatori di lingue e culture
diverse. All’interno delle strategie di marketing internazionale, la pubblicità riveste
un ruolo essenziale. Deve risolvere un dilemma che si può riassumere nella seguente
domanda: in che modo è possibile vendere un prodotto standardizzato per i diversi
consumatori locali?
La pubblicità internazionale consiste nell'utilizzare la stessa strategia di
comunicazione in tutti i paesi interessati. Il vantaggio di questo approccio risiede
principalmente nelle economie di scala generate a causa della standardizzazione della
campagna. Sono state procurate numerose argomentazioni, sia teoriche che pratiche,
per giustificare l’internazionalizzazione di alcune campagne pubblicitarie di prodotti:
19
Floch J.-M., Semiotica, marketing e comunicazione. Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli,
Milano, 1997.
49
• la standardizzazione dei comportamenti dei consumatori in molti Paesi (prova
tangibile dell’omogeneizzazione culturale in atto)
• l’emergere di categorie di consumatori simili a livello internazionale (nuovi mercati
transazionali)
• l’introduzione di temi e icone internazionali grazie alle reti televisive e alla musica
pop
Inoltre, si potrebbe aggiungere la scarsità di idee innovative nel campo della
comunicazione e il notevole risparmio economico; diventa semplice così capire
perché la stragrande maggioranza delle compagnie tende a questo tipo di strategia
standardizzata. Tuttavia è anche palese che i rischi di una standardizzazione forzata
non sono affatto trascurabili. La rilevanza e l’influenza della cultura locale sono
ancora oggi di grande importanza in molti Paesi del mondo, inclusa l’Europa
occidentale. È quindi molto rischioso non adattare la comunicazione in alcuni
mercati locali, in particolar modo in Paesi dove la cultura locale è un elemento
ancora molto presente.
Di fronte ad un potenziale fallimento, la tendenza alla localizzazione sta
gradualmente guadagnando terreno. Nel campo della pubblicità, la localizzazione di
campagne pubblicitarie internazionali consiste nell’adattare la comunicazione delle
compagnie alla specificità del contesto locale dei Paesi ospitanti destinatari della
campagna. Questo contesto locale potrebbe essere diviso in diverse componenti alle
quali il traduttore localizzatore deve fare molta attenzione:
• la componente socio-culturale: questa componente è legata alle caratteristiche
principali della cultura e della società che ospita la campagna. Essa include le
particolarità locali derivanti dalla religione, i costumi, le abitudini sociali e
commerciali, le regole di comportamento e le norme etiche.
• la componente politico-legale: essa include le particolarità locali derivanti dal
sistema politico, la fase di apertura al mondo, le restrizioni imposte sulla pubblicità e
i regolamenti relativi alle informazioni e ad alcuni prodotti come, ad esempio gli
alcolici o il tabacco.
Ovviamente, la rilevanza e l’influenza di questi parametri varia sicuramente a
seconda delle regioni o dei Paesi, ma sottovalutarle potrebbe portare al fallimento
50
della campagna. È quindi per questo motivo che il traduttore svolge un ruolo
essenziale nell’adattamento della campagna di comunicazione. Oltre al ruolo di
traduttore linguistico in senso stretto, il suo compito è assicurarsi che le limitazioni
socio-culturali vengano prese in considerazione.
La questione che è al centro della comunicazione multilingue in questa epoca
globalizzata, consiste nel gestire le differenze culturali tra i diversi Paesi che ospitano
un’unica campagna pubblicitaria.
Sono coinvolte in questo processo diverse parti, con punti di vista divergenti che, in
particolare, riguardano la questione culturale.
Per prima cosa ci sono gli sponsor degli annunci, coloro che producono beni e
servizi. Gli sponsor difendono un approccio offensivo con una concezione della
cultura molto particolare, precisando quanto segue: la cultura è “globale”, basata su
icone internazionali e messaggi standard.
Poi c’è il punto di vista dei comunicatori e dirigenti pubblicitari, i quali ritengono che
la comunicazione si applichi ad un pubblico particolare, visto come “target” e noto
come “target audience”. Per loro, la cultura è definita come la cultura di un gruppo
transnazionale di consumatori con stili di vita e abitudini di consumo simili. Infine,
c’è il punto di vista dei traduttori e localizzatori di annunci. Poiché l’elemento
linguistico e quello culturale sono fortemente legati, i traduttori si trovano, per
principio, in una posizione di mediazione che permette loro di vedere il problema da
un punto di vista di interculturalità conciliante e flessibile.
La questione che si pone a questo punto per il traduttore è quindi: come trasmettere
un messaggio in due o più lingue diverse senza perderne lo spirito e la veridicità?
La “gestione degli altri”, che è ciò su cui si basa la pubblicità internazionale, è una
grande sfida per il traduttore/localizzatore, su diversi livelli relativi alle diverse parti
del messaggio pubblicitario in questione. Ossia: l’immagine da un lato, il testo
dall’altro. All’interno di quest’ultimo, si possono riconoscere: il marchio, lo slogan o
la linea di cattura, e la didascalia. Ognuna di queste parti costituenti l’annuncio può
rivelarsi problematica quando viene trasferita da una lingua ad un’ altra. Ognuna
rispecchia un aspetto della questione culturale.
Per meglio intendere la rilevanza del problema, si dovrebbe pensare in termini
semiotici, ovvero: la cultura è incorporata in segni linguistici, plastici, grafici e
51
pittorici che costituiscono il messaggio. L’adattamento del contenuto e della forma
sono tipici esempi del problema culturale nel campo della pubblicità.
3.6 La campagna pubblicitaria globalizzata
Nel caso di un’impresa globalizzata, questa concepisce il mondo come un
unico mercato integrato, le strategia di comunicazione sono centralizzate e la lingua
utilizzata è spesso l’inglese. La standardizzazione di una campagna si adatta
maggiormente all’interno di mercati che non presentano elevate differenze di
carattere economico-culturale.
Abbiamo già osservato come alcuni prodotti commercializzati si prestino
maggiormente ad una strategia globalizzante, i cosiddetti prodotti che De Mooij20
denomina “culture-free”- senza cultura - tra cui si annoverano i prodotti di lusso, le
automobili o i profumi, i computer o le bevande. In effetti, i prodotti cosiddetti “di
lusso” sono più facilmente oggetto di campagne globalizzate, in quanto rispondono a
bisogni e desideri che sono universalmente condivisi dalla maggior parte dei
consumatori. La pubblicità italiana del marchio Campari presenta tali caratteristiche,
e viene diffusa in inglese, per confermare ancora una volta, sulla base delle
osservazioni già fatte, la tendenza dell’italiano a utilizzare una lingua “franca” quale
l’inglese.
20
Floch J.-M., Semiotica, marketing e comunicazione. Dietro i segni, le strategie, Franco Angeli,
Milano, 1997.
52
Anche Sephora, marchio francese di prodotti cosmetici, seppur traducendo i propri
claim, attua una pubblicità piuttosto standardizzata, che basa la propria azione
principalmente sull’immagine, piuttosto che sul contenuto del messaggio.
3.7 La campagna pubblicitaria “glocalizzata”
La seconda tendenza attuata da un’impresa che si espande a livello
internazionale può essere definita “ibrida” e si situa a metà strada tra la
53
globalizzazione e la localizzazione. Il processo decisionale per quanto riguarda la
comunicazione è centralizzato nel paese di origine, ma segue un approccio a livello
locale nella creazione delle varie campagne. Tale strategia, inoltre, segua due
tendenze differenti, adattandosi in parte alle culture d’arrivo.
Il primo caso segue un approccio definito “regcal” secondo la definizione di Tai e
Wong e prevede un prodotto standardizzato che presenta un adattamento del
messaggio. Un esempio concreto si può osservare nell’annuncio per il marchio di
collutorio Listerine, noto a livello internazionale, è stato adattato per il pubblico
messicano. La campagna il cui claim afferma “Che cosa arriverà nella tua bocca
durante la giornata?” si basa principalmente sull’aspetto visivo e utilizza in
questo caso l’immagine di un piatto tipico messicano, i tacos. Invece, la pubblicità è
stata adattata per il pubblico americano ed è stato scelto un hamburger.
Mentre l’immagine dell’hamburger potrebbe adattarsi a numerosi paesi, tra cui
l’Italia, senza stupire nessuno, per il fatto che ormai, con la globalizzazione, aspetti
culturali appartenenti agli Stati Uniti sono entrati a far parte della nostra realtà
quotidiana, l’immagine dei tacos provocherebbe qualche perplessità. Anche se al
giorno d’oggi le tradizioni gastronomiche esotiche, come la cucina giapponese,
hanno raggiunto le nostre tavole, non tutti gli aspetti appartenenti a culture che
possiamo definire “di nicchia” sono riconosciuti e accettati.
54
Pertanto, una pubblicità che punta su tali concetti deve prendere in considerazione la
cultura di riferimento, come anche la conoscenza che di questa si ha al di fuori del
paese d’origine. In Italia, probabilmente, sarebbe stata utilizzata l’immagine di un
piatto di pasta, o una pizza. Tale compagna riflette anche la tendenza della pubblicità
a servirsi di stereotipi culturali associati ai vari paesi, come già osservato con il
country of origin effect. Il prodotto, però, rimane lo stesso, invariato in tutte le varie
campagne condotte nel mondo. Il secondo caso, invece, si basa sull’approccio
definito “glocal”. Si tratta, di una strategia in cui la campagna pubblicitaria è globale,
e il relativo prodotto subisce un adattamento in base alle caratteristiche della cultura
meta.
3.8 La campagna pubblicitaria localizzata
Il terzo caso riguarda le multinazionali che hanno una forte presenza a livello
locale, sono piuttosto sensibili alle differenze culturali e ricorrono a varie agenzie
pubblicitarie presenti sul territorio del pubblico d’arrivo, affinché queste sviluppino i
55
possibili adattamenti. La relativa strategia di comunicazione di questo tipo di aziende
implica l’adattamento del prodotto, della marca e della campagna pubblicitaria. Tale
scelta può dipendere da ragioni di carattere storico, in cui si mantiene la marca
nazionale già esistente sul mercato o la si adatta al mercato locale. È il caso già citato
della Unilever, per la marca di gelati Algida.
Due esempi di campagne condotte interamente a livello nazionale, sia per quanto
riguarda la comunicazione, che per il prodotto - in questo caso il servizio – offerto,
sono gli annunci che seguono, una appartiene alla compagnia internazionale di
assicurazioni Allianz, e l’altra della banca online ING.
Entrambe le imprese, che si caratterizzano per la fornitura di servizi, e non di
prodotti, attuano una strategia localizzata, come d’altronde si è già osservato nel
primo capitolo per quanto riguardava il sito internet di Allianz. Tale strategia prevede
un adattamento delle campagne, in ogni singolo paese, adeguando le proprie proposte
al mercato di riferimento.
Nel caso di ING, le differenze sostanziali che saltano subito all’occhio riguardano i
rispettivi tassi d’interesse che variano a seconda delle condizioni di mercato presenti
nei tre paesi, oltre che al claim.
56
Prima di tutto bisogna fare una distinzione tra la pubblicità che sono state adattate
graficamente e quelle che sono state adattate testualmente, esaminando poi la
relazione tra il testo e la grafica, che è un elemento essenziale nella pubblicità.
Gli adattamenti del contenuto e la forma che andremo ad analizzare sono esempi
tipici del problema culturale nel campo della pubblicità .
Qui di seguito troverete alcuni esempi reali di un approccio interculturale dei
traduttori nell'ambito della pubblicità internazionale .
• Adattamento grafico
Il primo esempio di pubblicità internazionale è ciò che chiamiamo “adattamento
grafico”. Nella pubblicità per il profumo Tuscany di Estee Lauder, l’immagine di
sfondo è stato adattata all’ambiente socio-culturale del paese ospitante. La
sostituzione di un tipo di “scena di strada” Mediterranea per una scena tipica
“italiana” familiare non è senza significato. Mira ad adeguare gli elementi semiotici
dell’iconografia originale alla fantasia dei consumatori arabi a cui è rivolto il claim e
di scene di vita che sono più comuni nelle società arabe (i caffè e le loro terrazze).
57
In breve, gli adattamenti osservati nell’immagine pubblicitaria possono essere
suddivisi in due categorie: da un lato, l’adattamento del significato correlata allo
sfondo nelle diverse versioni dell'annuncio e dall'altra, l'adattamento del rapporto tra
la scelta del background e il prodotto in questione.
• Adattamento testuale
Il prossimo esempio che stiamo per analizzare è la pubblicità degli orologi Tissot
che ha almeno quattro diverse versioni ( francese / inglese / arabo / polacco ) ed è
stata trasmessa contemporaneamente in quattro lingue diverse. Ciò che interessa a
questo punto è quello di mostrare come il messaggio pubblicitario è stato adattato dai
traduttori alle reali restrizioni del mercato mirato .
Esaminiamo le versioni francese e arabo.
Questo adattamento testuale è analizzabile su due livelli:
58
• Da un lato, abbiamo la traduzione retorica del termine “pianeta blu” in francese,
che è stato tradotto “la nostra madre , la Terra” in arabo . Pertanto, la traduzione è
più idiomatica ed emotivamente carica di significato.
• E d'altra parte, abbiamo la scelta ideologica delle parole, con il termine “cittadino”
tradotto “abitante” , al fine di neutralizzare la dimensione politica che è ancora molto
presente in arabo perché si riferisce ad un tipo di governo che è rara nel mondo arabo
(il sistema repubblicano e democratico). Oltre a questo abbiamo il carattere
universalistico del messaggio originale ( “siamo tutti cittadini del pianeta blu” ) che
potrebbe irritare alcuni regimi nazionalistici.
Questi due esempi di localizzazione mostrano come l'interazione tra la traduzione
stessa ei fattori culturali del mercato bersaglio avviene all'interno comunicazione
commerciale .
• Adattamento di testo e immagine
Concentriamoci ora su un esempio di localizzazione che illustra simultaneamente
l'adattamento del testo e l'immagine, oltre ad un adattamento della interazione tra
segni linguistici e grafica nella pubblicità internazionale.
Diamo uno sguardo da vicino a una pubblicità per il profumo Poeme di Lancome,
che è stato un enorme successo in Francia e in Europa . Abbiamo quattro versioni in
quattro lingue diverse ( francese / inglese / portoghese / arabo) .
L' efficacia del messaggio sta nella sua natura poetica riguardante il testo e
l'immagine, così come il doppio senso delle parole della donna ( interpretata da
Juliette Binoche ) che intona in francese una poesia come fosse uno slogan ( “Tu sei
il sole che sale alla testa”) .
Inutile dire, la difficoltà reale e oggettiva di adeguare tale messaggio il cui
significato, anche in francese è ancora ambigua è soggetta a diverse interpretazioni.
Vale la pena notare che, nella versione inglese, questa linea è stata adattata come
segue: “Tu sei il mare , ti cullano le stelle” .
L' adattamento del testo + immagine + praxis = localizzazione
I sorprendenti adattamenti grafici in questa versione si possono riassumere in tre
punti importanti :
59
• la nudità e adattata alla cultura ( “sfumando” il seno dell’attrice)
• stile di scrittura (la grafia ondulata e colorata)
• Layout dello slogan ( scrittura / lettura di direzione )
Infatti, lo slogan ha la specificità di essere rappresentato da una linea curva che segue
la solita linearità della scrittura. Tuttavia, essa riproduce il carattere successivo
temporale del discorso orale, che rafforza i temi della slogan (che parla direttamente
al lettore) . La versione tradotta mantiene lo stesso design slogan (la linea curva ),
mentre sostituisce i caratteri latini con quelli arabi.
60
Conclusione
Per penetrare in maniera efficace un mercato straniero, un’impresa deve tener conto
dell’influenza persuasiva dell’elemento culturale all’interno della società.
Il fatto di non considerare il contesto socio-culturale può condurre a malintesi, a una
scarsa comunicabilità e, addirittura, a un fallimento nella commercializzazione
all’estero. Di fronte a questo possibile tracollo, la tendenza alla localizzazione sta
gradualmente guadagnando terreno, nonostante l’incessante corsa verso la
standardizzazione.
In questo ambito la traduzione sta acquisendo una posizione primaria nell’ambito
delle strategie di marketing internazionale e viene quindi considerato, uno strumento
di lavoro necessario nell’ambito della comunicazione tra più culture.
Il pubblico varia ovviamente da un paese all’altro e la traduzione più efficace non si
rivela essere quella letterale. Il ruolo del traduttore, quindi, è quello di tradurre
pensieri e idee, piuttosto che parole.
Tradurre o meglio adattare una campagna pubblicitaria è, in conclusione,
un’esigenza che le imprese più competitive, prima o poi, si troveranno ad affrontare.
Poiché il fatto di non considerare l’importanza
61
SEZIONE LINGUA
INGLESE
62
1. Advertising ................................................................................................. 64
1.1 The history of advertising .............................................................. 64
1.2 The origin of advertising ............................................................... 64
1.3 The nature of advertising ............................................................... 67
1.4 The language of advertising ........................................................................ 69
1.4.1 Design ...................................................................................... 70
1.4.2 Stereotypes .............................................................................. 71
1.4.3 Language and tone .................................................................. 71
1.4.4 Slogans .................................................................................... 71
1.4.5 Lexical choice ......................................................................... 71
1.5 The function of advertising............................................................ 73
2. International context: globalisation or localisation? ... 75
2.1 Marketing mix ............................................................................... 75
2.2 Globalisation .................................................................................. 76
2.2.1 The American model ............................................................... 78
2.3 Localisation.................................................................................... 79
2.3.1 The Unilever case .................................................................... 80
3. Translation in advertising ................................................................ 80
3.1 Translation in the world of communication .................................. 81
3.2 Advertising in international marketing strategies: localise or
globalise? ............................................................................................. 82
3.3 The role of the translator and translation in international marketing
strategies .............................................................................................. 84
3.4 Globalised advertising ................................................................... 85
3.5 The advertising adaptation ............................................................. 86
3.6 The worst translation mistakes ...................................................... 89
63
1. Advertising
1.1 The history of advertising
The most basic and still the most powerful form of advertising has been
around ever since humans started providing goods and services. Advertisements are
not without history. In the ruins of ancient Arabia commercial and political messages
have been found.
It is not easy to identify the precise moment in which advertising was created, but in
ancient times, examples of the first type of advertising can be found in the first
square markets, where the most widely used kind of advertising was verbal, the
goods were advertised by word of mouth as often happens.
1.2 The origin of advertising
Its history is very long and complex but it can be said, however, that in
ancient times, the type of communication closer to that of contemporary advertising
was probably represented by the signs used by marketers to attract customers.
Babylonians introduced the first known forms of advertising such as store signs and
street barkers and they also invented “sponsorships”, allowing kings to stencil their
names on the temples they had constructed. Advertising in the civilised world
consists of changes made to signs, pitchmen (later known as town criers) and
sponsored
public
works
for
the
next
3500
years.
Egyptians used papyrus to create sales messages and wall posters, while lost-andfound advertising on papyrus was common in Ancient Greece and in Ancient Rome.
In Rome, signs were pasted up proclaiming circuses and gladiator matches. Also in
Ancient Greece, Rome and Pompeii, many shopkeepers put embossed, painted or
mosaic signs above their shops. These signs had inscriptions for the few passers-by
who were able to read or symbolic images which were easier to understand for the
64
rest of the population, which was almost entirely illiterate. A famous example is the
sign used by a bakery in Pompeii which portrayed the couple who owned the store.
Wall or rock painting for commercial advertising is another manifestation of an
ancient advertising form, which can be found to this day in many parts of Asia,
Africa, and South America. The tradition of wall painting can be traced back to
Indian rock-art paintings that date back to 4000 BCE.
History tells us that out-of-home advertising and billboards are the oldest forms of
advertising.
Therefore, the need to advertise was due above all to the passage from the selling of
goods in the streets to that within an indoor place such as a workshop.
In the Middle Ages the custom of giving the shop signs a protruding shape, known as
a flag, to obtain greater visibility was very popular, but an excessive use of these
signs induced the authorities to regulate their use. This measure pushed many traders
to make the facades of their stores more attractive by painting figures on walls or on
panels as well as depicting pictures suggestive of the products sold.
Between the 15th and the 16th centuries, in the Renaissance era, thanks to the
development of international commercial transport, it became necessary to convey
the properties of a certain product. For this reason, the figure of the merchant
entrepreneur, that sold more of his goods on the international market compared to an
artisan, became very popular. With the gradual increase in product production, came
the inevitable need to sell abroad, where it was important for the product to be
identified by its origin and characteristics through its “brand”, in order to distinguish
one product from another, and create mass recommendations to support the mass
production and consumption model.
It was not until about 1450, with the invention of the movable-type printing press by
German printer Johannes Gutenberg, that print advertising made its mark on society.
The invention of the printing press changed the face of advertising and redeveloped
communication into a more modern, sophisticated and feasible practice. This
invention made the mass distribution of posters and circulars possible. The first
advertisement in English appeared in 1472 in the form of a handbill announcing a
prayer book for sale.
65
In the 17th century the gazettes that began to spread all over Europe were intended
for an elite audience. With the gazettes news accounts were also created; they can be
considered the first real forms of advertising, still without illustrations and based on a
text similar to that of newspaper articles. It was only in the 18th century, however,
that the news accounts began to massively spread in the newspaper, especially in the
English ones, such as the Tatler, created in 1709, and the Spectator, founded in 1711.
It was not a coincidence that this happened in England, where in the 18th century the
first industrial revolution, characterised by the mass production of products, took
place.
Soon afterwards the first ads appeared and by the end of the 18th century a fee had to
be paid for the ads. Short ads, classified ads, ads for books and product sales
appeared in magazines. Newspapers provided the ideal vehicle for this new
phenomenon concerning advertisements. New technologies were also making
newspapers cheaper, more widely available, and more frequently printed. They had
more pages, so they could carry more, bigger, ads. Simple descriptions, in addition to
product prices served their purpose until the mid 19th century, when technological
advances meant that illustrations could be added to advertising, and colour was also
an option. Advertisers started to add copy under the simple headings, describing their
products using persuasive prose.
The first advertising agencies were created in the 19th century and it is at the
beginning of the century that advertising attains its most significant support that will
accompany it throughout the century up to the beginning of the 20th century. In fact,
agencies began to use posters for advertising, giving rise to a new way of expression
between art and advertising. Initially the poster was created in the 15th century and
was only used by politicians to make public official announcements, with the
exception of William Caxton, who used posters to promote the spa treatments in
Salisbury in 1477; this was the first example of a poster commercial. In the early
19th century in order to publicize their novels publishers became the biggest
investors in this field and asked the greatest artists of the period to illustrate their
posters. For the first time the walls of Paris and London are papered with black and
white posters.
66
In the second half of the century printers start to use chromolithography, which
allowed them to print in colour. The artists of the time, attracted by this new means
of gain, dedicated themselves to drawing the subjects of the advertising posters, as
they were mostly attracted by the popularity that the appearance of their names on
the walls of the metropolis could have given them. Theatres, cabarets, operas and
circuses resort to the poster.
The artist is undoubtedly the absolute protagonist of this type of advertising, which is
meant to mainly represent the lifestyle of the upper class of the time who frequented
theatres and cafes, listened to the first phonographs and drove the first cars.
1.3 The nature of advertising
We are surrounded by advertising in everyday life: advertisements directed at
general groups of consumers appear on commercial television and on the radio, at the
cinema, on billboard posters and in newspapers and magazines; subject-specific
advertisements appear in subject-specific contexts focused on individuals and groups
with certain interests; and direct mail (often known as junk mail) arrives through the
letterbox sent straight to named individuals. The aim of all these advertisements is to
draw attention to particular products or services through announcements paid for by
an individual or a group of people wishing to inform or influence a particular
audience.
In the eighteenth and nineteenth centuries most advertising was straightforward and
informative. Its language and style were formal and respectful; its tone was often
ceremonious. In the late twentieth century, however, the power of the mass market
changed all of this. Since advertisers aim to persuade people to ‘buy’, ‘give’, or ‘vote
for’ their own particular product or service, their approach is biased. To succeed in a
competitive market, they must be better or more persuasive than their rivals. Their
marketing campaigns seek to encourage ‘customer loyalty’ by establishing a clear
and a distinctive image and identity which will make their products or services stand
out from equivalent brands produced by other companies.
67
Advertisers focus their advertising on particular groups of people. They may divide
people by age, culture, gender, race or social class. Such groupings help advertisers
to target the people most likely to buy their product. On commercial television,
programming schedules try to ‘package’ audiences by running certain kinds of
programs at certain times: this encourages advertisers to buy time, because it is easier
to focus on a specific audience than on a very general one. For instance,
advertisements on television usually promote particular types of household cleaning
products, food and drinks, services (mortgages, insurance policies, loans) and cars at
times when adults may be watching, and toys at times when children may make up
the main part of the audience. In newspapers and magazines, the target audience is
clearer because publishers and advertisers are more aware of the kind of people who
buy each publication. Certain newspapers attract an affluent middle-class audience:
because of these readers’ spending power, advertisers will be prepared to buy
advertising space. This means that although the broadsheets and compacts may not
have large circulation figures, they can survive because they can sell advertising
space easily. Popular newspapers, on the other hand, have to rely on high circulation
figures because advertising revenue is relatively slow. People in their target audience
do not have the same amounts of disposable income and therefore advertising space
is a less saleable commodity.
Advertisements have the aim to arouse interest in a product or service. Once a
potential customer has the desire to ‘buy’ or ‘give’, the ‘sale’ or ‘donation’ is more
likely to happen. The strategies used in each case must be appropriate both for the
target audience and for the kind of product or service offered. Some advertisements
try to modify the attitudes of the audience: slogans like Fairy Lasts Longer, for
example, aim to persuade the consumer to buy one particular brand rather than
another by convincing them that the product is more successful, more stylish, or is of
better value even if it is more expensive. Other advertisements have to convince
consumers that they want an item that is not essential to everyday living: car and
perfume manufacturers therefore use a ‘reason why’ approach to their
advertisements. Research has shown that people remember particular advertisements
if the product is different, if the advertisement itself is unusual, or if the
advertisement has some personal relevance. Often the initial impact will be caused
68
by the visual content and the overall design, but it is the use of the language that will
ensure that the product or service identity and the brand name are remembered.
1.4 The language of advertising
The language of advertising is characterised by a great variety of both
linguistic and graphic peculiarities; this is because it is, or should be, understood by
most consumers.
Inevitably, advertisements designed for a visual medium like television or the cinema
screen will be dominated by images, and usually these will be more important than
any accompanying spoken or written words. However, prosodic features like
intonation, pace and rhythm will influence the viewer, and the use of a written slogan
can make the product more memorable. In print forms like newspapers and
magazines, advertisements rely on the combination of copy and image; it is the
balance of the two that is important. Because print is not transient, as an image on the
screen is, it can be reconsidered: the written language accompanying the image can
therefore be more extensive.
Advertisements for different media use different techniques, but a number of features
are common to both spoken and written examples. First, it is always important to
establish:

the advertiser: logo, slogan, brand name, distinctive colour or image

the target audience: age, gender, social status

the function of the advertisement or its message: for example ‘buy this’, ‘give
generously’, ‘join us’

the selling techniques
The techniques used are as follows:

A product-based approach praises the features of a product or service,
hoping to win customers on the strength of the product or on the service
itself.
69

An audience-based approach tries to convince the target audience that
they need a particular product or service: by concentrating on practical
needs like saving time, or psychological needs like the desire to look
better or younger, advertisers try to persuade consumers that their lives
will be better if they use a certain product or service.

An impact-based approach aims to attract attention linguistically or
visually.
By focusing on the language and images, it is possible to analyse in what way the
advertisement is intended to influence its target audience.
1.4.1 Design
Often the first thing that influences a viewer or a reader is the overall
design of an advertisement. Juxtapositions of a slogan, an image, a copy and a
logo contribute to the overall effect. They all work together to create a certain
view of a particular product or service.
The images will also attract the attention of the intended audience: they are a
form of non-verbal communication. The people, the settings, the props (objects
used in a particular context to create a sense of reality) and the product itself
together make up the image. Each element can work in both a literal and a
symbolic way. In an advertisement for perfume, for instance, the clothes worn by
the actors, the kind of background used, and props like a diamond necklace and a
waiting Rolls Royce car, would together symbolise that this perfume is
associated with wealth, luxury and status. A reader or a viewer would
automatically recognise the implicit meaning of the non-verbal signals and would
therefore make certain assumptions about the perfume.
70
1.4.2 Stereotypes
Advertisers use cultural stereotypes in their images so that they can be sure
that their target audience will associate a positive thing with a product or service.
Women are invariably beautiful; children are angelic; men are strong and rugged;
and young people are up-to-date with current trends. Props help to create these
stereotypes –glasses symbolise cleverness; books symbolise education; beer has
connotations of masculinity; and so on. By breaking down the codes that are used
in the images, we can learn about the advertisers’ intentions even before reading
copy.
1.4.3 Language and tone
The language of advertising is quite often associated with the language of
everyday conversation: the tone is often informal and chatty, and colloquial
expressions are common. Verbal contractions like we’ve and you’ll are easily
recognisable features of informal spoken language that would be inappropriate in
a more formal context. Advertising language is distinct from conversation;
however, other linguistic features make this field a variety in its own right.
1.4.4 Slogans
A slogan is crucial if an advertising campaign is to succeed, because it is
the slogan that will stick in people’s minds. The structures vary, and may use a
noun phrase, a simple sentence or a complex sentence. Advertisers can use puns,
disrupt collocations, or work on our emotions, but whatever approach a particular
campaign uses, the slogan must always be eye-catching.
1.4.5 Lexical choice
Lexical choices are crucial to the effect an advertisement will have since
they help to create a relationship with the audience. The copy of an advertisement
can have two functions: modifiers can be used to emphasise the positive
attributes of a product in order to persuade a consumer to buy it (conative
function); or the written text can provide technical facts about the product to
inform the consumer, on the size, power, range of features, price and so on
(referential function).
71
The language of advertising can also influence the contemporary word stock.
During a campaign, slogans and phrases may become part of everyday usage.

Colloquial expressions can now be heard in everyday conversation, such as
freebies, bangers and mash, c’mon.

Adjective phrases can become catchphrases, as with the phrase naughty but
nice (originally used in a campaign promoting real cream), which suggests
that something is pleasant even if it is not really a wise thing to do.

Sentences can use distinctive patterns that are memorable. The advertisement
for a new product, for instance, may draw on earlier advertisements while
introducing a new angle. The marketing of a dark Kit-Kat chocolate bar in
October 2006 retained a link to the traditional slogan have a Break, Have a
Kit-Kat, but drew on the connotations of additional words to make the new
product seem desirable:
o BREAK into your DARKER SIDE
The imperative dynamic prepositional verb is an explicit semantic link
to earlier advertising, but the noun phrase introduces the new angle. As well
as an explicit reference to dark chocolate, its connotation of evil (and perhaps
the suggestion of Star Wars’ dark side) suggests that this new version of an
old product is dangerously liberating. The comparative form of the adjective
prevents it from being an outright threat –that is ‘dangerous’ and ‘evil,’ but
both within a safely controlled environment!
Because the advertising language changes so fast coined words and phrases
soon become stale and are then replaced with new expressions.
Modifiers are a distinctive feature of advertising language due to their power
in attracting attention. By using them in strings, advertisers can arouse
emotions, stimulate desires, and so on. Because they allow advertisers to
evoke the kind of image they want to associate with a particular product or
service, modifiers are described as TRIGGER WORDS. Some, like big, long
or double, indicate physical qualities that can to some extent be proved;
others, like wonderful, elegant or incredible, are intangible and so cannot be
measured. Advertisers often use these quality words precisely because they
72
are vague. The most common adjectives are good, better, best, free, special,
great, real, new and big, all of which create a positive image without really
telling the consumer anything about the product or service.
Other modifiers relate directly to price: the verb reduced, the adjective cheap,
and the noun bargain can all modify the noun prices. Compound phrases can
be used to suggest that products have special features.
Because each new campaign must attract attention, advertising language is
often innovative. Advertisers coin new words (neologisms) to make a brand
more memorable:
Ex. The Shoob – fashion’s latest craze! (ankle boot – hybrid of shoe+boot)
Ex. Incredibubble! (advertising the penguins at the Bristol Zoo)
New words are also coined by using the brand name of an item as the basis for a
word. Often non-standard spelling will be used to attract attention:
Ex. Zurich Insurance…Because change happenZ!
Each lexical choice must make a particular product or service more memorable
because space in print advertisements and time for television advertisements cost
money. The lexis must therefore convey the essential points in a concise and
dramatic way. This makes the language of advertising almost like a shorthand
code since every word included has a specific function.
1.5 The function of advertising
The main function of advertising is to persuade its subordinate functions:
 cognitive function (the function of language in which the sender seeks to
induce the addressee to adopt a certain behaviour)
 referential function (attention focused on the context)
 the expressive function (attention focused on the issuer)
73
 the poetic function (affects the structure of the communicative act)
 the metalingual function (used by the language to reflect on the language
itself).
The conative function of language, which is probably the most important aspect in
the language of advertising, aims to induce certain effects on the issuer, giving
orders, using the imperative to advise to buy or use a particular service (think of the
Coca-Cola slogan "Drink Coca-Cola"). This function, however, is often masked by
other functions.
Sometimes an advertisement message seems to kindle emotions using a phatic
function. It resorts to emotional elements since it is not desired or required by its
recipients, its intention is to attract the viewer by creating contact involving him/her
emotionally. It is therefore an essential function of the advertising speech since the
slogan draws attention, imposes the message on the product itself, arouses the
interest of the public which is flooded every day by an endless amount of
advertisements. Let’s take for example the Apple Company; with its slogan "Think
Different" it wants to imply that it’s not just a company that sells electronic items,
but true innovations.
The Italian Benetton Company does not just sell plain clothes, but a different way of
conceiving coexistence among people.
Different kinds of advertising use different techniques to persuade and inform. Some
use the copy to provide information like the size, the brand name, the price, and the
address and telephone number of the shop or company, relying on the product itself
to promote sales. Other advertisements highlight a particular background, which is
more important than the product itself, so that the image of the product is the selling
point. Other advertisements rely on the associations between the product and a
particular context –dreamlike fantasies, for instance, may suggest the product’s
potential for changing an individual’s life.
Advertisers appeal to our desire to be a ‘successful career man or woman’, a
‘wonderful lover’ or part of a ‘happy family;’ they exploit our wish to be ‘beautiful’,
74
‘powerful’, ‘responsible’ and ‘knowledgeable.’ To persuade viewers or readers to
buy a car, an advertisement will try to convince them that they will be stylish,
prestigious and exciting if we own that particular model. Advertisements may
suggest that buying a certain brand of baby food, supposedly purer or more natural
than the one advertised by its rivals, will make you ‘better’ parents; or that wearing
certain clothes will make you more desirable or more powerful; or that eating a
certain kind of ice-cream will make you more attractive or more alluring. In each
case, the function of the advertisement is to persuade you to buy. Although
information may be provided, it will not be neutral because there is an implicit
purpose: the advertiser has chosen the content and the language of the advertisement
primarily to influence rather than to inform.
2. International context: globalisation or localisation?
The globalisation of the economies and commercial companies has led, over
time, to an intensification of communication with consumers of different languages
and culture.
Within the framework of the international marketing strategies, advertising plays a
key role.
But we have to start from the basics, from those disciplines that govern these global
interchanges: marketing.
2.1 Marketing mix
Marketing is “the management process through which goods and services go
from the concept to the customer in order to create exchanges that satisfy the needs
of individuals and organizations. It includes coordinating four elements called the 4
P’s of marketing:
75
 Product – The products or services offered to your customer: their physical
attributes, what they do, how they differ from your competitors and what benefits
they provide.

Price – How you price your product or service so that your price remains
competitive but allows you to make a good profit.
 Place (also referred to as distribution) – Where your business sells its products or
services and how it gets those products or services to your customers.
 Promotion – The methods used to communicate the features and benefits of your
products or services to your target customers.
This is the marketing mix which includes all the instruments that a company avails
itself of to retort to market demand. The company appeals to such instruments to be
included on the market. For the purposes of this paper, we will focus on the detailed
analysis of one of these elements, the promotion, also known as advertising.
Advertising not only carries out the informative function in order to make a product
known, but it is also an instrument which provides a direct incitement to purchase by
pressing consumers and exercising influence on them.
The two main strategies adopted within the international market are globalisation
and localisation.
2.2 Globalisation
Globalisation is a process that involves both the financial and economic
markets, with consequences on society and its cultural dimension. The new
technologies, the mass communications evolution, the creation of the Internet and
new means of transport, have contributed to narrowing the spatial and temporal gap
and revolutionizing our habits. Today the world appears to be without boundaries
since most populations with different cultures use the same mass media system to
share the same pictures.
76
With the invention of computers and the Internet the globalisation process
considerably improved during the XX century: the world, despite differences and
one’s connotation of every culture and every civilization, has become a “global
village”, as is defined by McLuhan (July 21, 1911 – December 31, 1980), a Canadian
philosopher of communication theory, where everything is at your fingertips and
distances are crossed out. The concept of space changes, and companies, from
multinational to national corporations must face the new market requirements by
developing strategies of global communication, thanks to which it is possible to
establish an exclusive territory of the brand and export the company's image abroad.
The productive activities unearth new horizons; factories are being built where
labour costs are lower, although the headquarters are located on the other side of the
world. At the heart of this process the import of communication devices is
undeniable as it is distinguished by a new immediacy and usability. In fact, the social
consequences of global communication arise with the excessive increase of the flow
of available information. Increasingly, old and new media play a preeminent role in
every individual life. It is worth highlighting that international communication
organisations are a tangible sign of global cultural merger. In fact, if a same
advertisement is perceived differently by viewers of the same country, companies
from different countries, depending on their reference cultural values, react
differently towards imported media products, projecting their own vision of reality
concerning the manufactured item. Companies that export their own brand abroad
must, therefore, pay attention to this phenomenon. Globalisation of the image, by
itself, is not sufficient to ensure success, as the global brand must be flexible and
reactive towards local needs. When exporting its brand a company needs to bear in
mind several factors including the potentiality of a global advertising campaign, the
different perceptions and reactions of the local target towards a single campaign, the
distinction of the products advertised, the reference market differences, the
characteristics of different mass media, different attitudes towards advertising, the
various local advertising styles. It is, therefore, evident that even global brands must
resort to '"harmonisation" to try to penetrate a market with the best possible
communication strategy and respect the culture and values of the target nation.
77
2.2.1 The American model
The internationalisation process of the companies was started primarily by
American multinationals that, having saturated markets in the U.S. were forced to
turn to new markets. Gradually, this process has led to setting up other companies
around the world which are no longer necessarily on the stage of the global market.
Initially the main strategy implemented by the new global brands was that of
globalization. The concept of advertising standardisation was created in the ‘60s, but
became successful only in the ‘80s with Theodore Levitt, an American economist
and professor at Harvard Business School, when he declared to the Harvard Business
companies that firms had to operate as if the world was one huge market. Thus it was
important to ignore the superficial differences between regions and countries when
selling the same products, in the same way, all over the world. The strategy adopted
by these brands is invasive: they remain practically the same in every nation, same
identity, same name or logo, same positioning, same communication strategy, same
personality, same product, same packaging and same perception of the product. Even
the transmitted values remain the same in all countries; they have significant market
shares and high levels of loyalty to the brand. Brands such as Marlboro, Nike and
Coca -Cola are some examples.
A dominant culture, such as the American one, can facilitate more or less easily the
export of products and services that convey symbolic features globally known and
desirable, but less strong cultures cannot expect to get benefits from global
campaigns that convey values, so to speak, of niche .
The standardisation basic form is to offer the same products to all markets, through
the same channels of distribution, with approved prices and with identical sale
promotion systems. This strategy entails, therefore, the increasing use of the English
language, as a means of international communication par excellence, minimizing the
need of translations to locate the various campaigns in the different countries of
destination.
As Michael Perry, marketing director at Unilever, said: “Be on the lookout: those
successful brands, that presume to be able to travel without taking into account
cultural differences, have an arrogant attitude and they will pay the consequences.”
78
2.3 Localisation
When a company wants to take part in a foreign market, it must take into
account many variables depending on the different characteristics of a company in
another country. As regards the second strategy nowadays preferred by companies in
their international marketing actions, the so-called localisation has shown the
corporation’s flexibility and their desire to differentiate themselves from country to
country, from market to market, to understand the local reality to maintain control
over the global market. In this way the enterprise adapts to locally changing its
characteristics.
Localisation is based on two aspects. The first one is the strategy of brand change
based on context. In this case the enterprise must fully adapt to the environment even
at the cost of giving up its dominant characteristics. The second aspect concerning
localisation is viewed as a movement, created in reaction to the previous globalising
movements. Localisation offers alternative sale channels and the distribution of a
certain product which make it possible to bring together the various countries of the
world on an equal level.
These different communication strategies are used depending on the conditions the
firm has to deal with in each country. They do not overlap, but they are integrated.
The values of globalisation coexist side by side with national values. Communication
is the main instrument that the brand adopts to evolve and adapt to local realities.
This is a marketing approach, also called “intercultural marketing”, which is
increasingly adopted by multinational companies in order to develop saleable
products in different areas of the globe, which all have the same strategic importance
for the future development of the company. The intercultural marketing is, therefore,
a key element of the overall strategy of a business, which seeks to integrate
similarities and differences in a harmonious and an acceptable set to reach the
greatest number of consumers possible.
79
2.3.1 The Unilever case
There are cases in which the corporate image varies depending on the country
in which the business was opened. In some cases there may be a structural
differentiation of the company whereas in other cases the marketed product can be
affected. A significant example is the Unilever launching of the same product on
international markets but with different trademarks from country to country. In Italy,
for example, a well-known brand of ice cream is Algida, the equivalent of the French
brand is Miko, the Spanish version is Fridge, while the American equivalent is
Wall’s, and so forth. This denomination diversity for the same product resides in the
organisational structure of the Unilever multinational that has gradually bought out
the different local ice cream companies in different countries, while continuing to use
their original names and by standardising the range of marketed ice cream at the
global level. In this particular case of “localisation”, in which within a global
production, the local differentiation is maintained in order to make sure the consumer
can immediately identify the brand.
3. Translation in advertising
In the field of international marketing, translation plays a fundamental role in
the advertising campaigns adopted by companies which make their choices based on
socio-economic factors.
We will now analyze the role that translation plays in conveying advertising
messages from one culture to another. International marketing and translation in
advertising share a common goal: getting the message across to a distinct cultural
community, which even shares the same language (as in the case of England and the
United States, or Spain and Latin America). Translating an advertising campaign is a
need that most competitive companies have to deal with sooner or later. There are
80
numerous benefits from translating an advertising campaign into different languages
since it can even be used abroad and this can lead to more profits and clientele. On
the one hand, the influence of the globalisation of markets has prompted advertisers
to take into account the existing cultural and linguistic differences, which represent
an obstacle in conveying their messages in an incisive way. Therefore, translation is
acquiring a position of primary importance and is considered an essential work
instrument in international communication, although it is still seen as a mere transfer
of linguistic elements from one language to another. On the other hand, however,
despite the fact that translation occupies a key role in advertising campaigns, its
function is experiencing a setback due to the increasing hegemony of the image used
in the ads, and the preponderance of English at the global level. Another common
obstacle in the advertising reality with which translation has to grapple with is the
lack of knowledge of this discipline and its specific importance in the linguistic
environment, a fundamental element in the creation of an advertising campaign.
Even now, time and again, the role of translation is extremely underrated within the
world of marketing and advertising agencies. For example, marketing experts tend to
differentiate the role of
translation from that of “adaptation.” In their view, translation is only restricted to a
linguistic transposition of a written text, while the adaptation coincides with the
"translation of the meaning." This reflection was expressed by an employee of a
Spanish advertising agency, and it reflects the erroneous and prevailing fallacy
against this discipline, too little is still known and respected.
3.1 Translation in the world of communication
The general problem that is observed when translating advertisements lies in
the fact that even today, although to a lesser extent, the translations of the various
advertisements are submitted to the employees of the same advertising agencies. The
intervention of a professional translator is requested only in exceptionally urgent
cases or in rather demanding campaigns.
81
Richard Welts, founder of one of the most important communication and translation
agencies in the United States, speaks about the complexity of translating
advertisements and the most frequent errors. According to him, the main causes of
such errors depend on the lack of competence of the translator, who in many cases is
not an expert linguist, but a person who works for the same advertising agency.
Problems of economic nature may also be responsible for a bad translation, as
advertisers often tend to dwell more on the number of words used in the ads, which is
directly proportional to the cost of the campaign rather than on the content of the
message. Thus, the main reason for a poor translation depends mostly on the
ignorance of businesses concerning the importance of having an adequate
competence in translation.
3.2 Advertising in international marketing strategies: localise or
globalise?
The globalisation of economies and trade intensification lead companies to
communicate with consumers of different languages and cultures.
How can globalised products be sold in a local reality and to local consumers?
It is precisely in response to this question that the fundamental role of advertising in
international marketing strategies emerges.
The debate between the upholders of global standardisation and those of local
adaptation is still open and will likely stay that way as long as the Earth is teeming
with different languages and cultures.
International advertising consists of using the same communication strategy in all
targeted countries. The advantage of this approach resides mainly in the scale
economies generated by the standardisation of the campaign. Numerous arguments,
whether theoretical or practical, were given to justify the internationalisation of some
products in advertising campaigns.
82
The arguments are as follows:
 The standardisation of consumer behaviours in many countries is tangible
evidence of cultural homogenisation.
 The emergence of similar new categories of consumers at the international
level like new transnational markets.
 The introduction of international themes and icons (movie stars and
supermodels) thanks to television networks and pop music.
It is obvious that the risks of a forced standardisation are not insignificant. The
relevance and the influence of the local culture are still very substantial in numerous
countries around the globe. It is
indeed very risky not to adapt communication to some local markets especially in
countries where the cultural tradition is still very much present.
Faced with a potential failure, which can have serious sequels financially speaking,
the trend towards localisation is gradually gaining ground. The localisation of
international
advertising
campaigns
consists
of
adapting
the
company's
communication to the specificities of the local environment of the host countries
targeted by the campaign. This local environment can be divided into several
components to which the localizing translator must pay careful attention. They are as
follows:

The socio-cultural component which includes the local particularities
stemming from religion, mores, social and commercial habits, rules of
conduct and ethical norms. In short, this component is related to the main
features of the hosting culture and society.

The politico-legal component which includes the local particularities
stemming from the nature of the political system, the stage of opening onto
the world, the restrictions imposed on advertisements and the regulations
related to information and to certain products such as spirits and tobacco.
83
3.3 The role of the translator and translation in international
marketing strategies
The translation of advertisements has evolved during the last decade towards
what is now called “Advertising Localization.” The localisation of advertising
campaigns consists of adapting the company’s communication while taking into
account the above-mentioned parameters. The relevance and influence of these
parameters are certainly varied according to regions and countries but overlooking
them leads undoubtedly to the failure of the campaign. In this context, the translator
plays a key role in the adaptation of the communication campaign. In addition to his
role as a translator of the speech – strictly speaking – he must make sure that the
socio-cultural restrictions, which could be problematic in the advertising transfer, are
taken into consideration. It is not a mere change of designation stemming from
computer science vocabulary but a radical change of perspective concerning the real
nature and modes of linguistic and cultural transfer from one language into another.
The issue, which is at the heart of multilingual communication in this globalised era,
is about managing cultural differences between the different hosting countries of a
single advertising campaign.
Let’s try to briefly explain the terms of the problem and the diverging points of view
of the parties involved in this process concerning specifically the cultural issue:

First of all, we have the ad sponsors (in other words the producers of goods
and services) who champion an offensive approach with a very peculiar
conception of culture stating the following: culture is "global," it is American
and globally based on international icons and standard messages.

Then we have the points of view of communicators/advertising executives
who believe that communication applies to a particular public viewed as a
"target" and known as the "target audience." For them, culture is defined as
the culture of a transnational group of consumers having the same life style
and similar consumption habits.
84

And finally, we have the points of view of the ad translators/localisers. As
linguistic and cultural go-betweens, translators are, by principle, in a
mediation position that allows them to see the problem from the conciliatory
and flexible angle of interculturality.
The recurrent question for them being: how can we convey a single message written
in two different languages without losing neither the spirit nor the identity of the ad
campaign?
“The management of the other,” which is what international advertising is all about,
will be a challenge for the translator/localiser at varying levels related to the different
parts of the advertising message namely, the image on one hand, and the text on the
other. Within the latter, that is, the text of the ad, one can recognise: the brand name,
the slogan or the catch line and the caption.
Each of the above-mentioned aspects could pose a problem when transferring them
from one language to another. Moreover, each one reflects a facet of the cultural
issues.
3.4 Globalised advertising
Some brands, thanks to the loyalty of consumers and the reputation enjoyed
by the brand, do not bother to offer localised advertising campaigns, creating
standardised slogans but highly persuasive ones, that despite the cultural differences,
remain imprinted in the minds of consumers.
Below are some examples:

The McDonald’s slogan: I’m lovin’it.

The Adidas slogan with the introduction of David Beckam, an international
football icon: Impossible is nothing.
85
3.5 The advertising adaptation
To understand the stakes of the problem, one should think in semiotic terms,
that is to say that culture is embedded in linguistic, plastic, graphic and pictorial
signs that constitute the message.
First of all we must make a distinction between the advertisements that have been
graphically adapted and those that have been adapted textually before looking into
the relation between the text and the graphics, which is an essential element in
advertising.
The adaptations in content and form that we are going to analyse are typical
examples of the cultural problem in the field of advertising.
Below you will find a few actual examples of the intercultural approach of translators
within the framework of international advertising.

Graphic adaptation
The first example of international advertising is what we call “graphic adaptation.” In
the advertisement for the perfume Tuscany, the framework of the ad was
transformed. The background image was adapted to the socio-cultural environment
of the hosting country. The substitution of a Mediterranean type “street scene” for a
typical “Italian” family scene is not insignificant. It aims at adapting the semiotic
elements of the original iconography to the imagination of the targeted Arabic
consumers and to life scenes that are more common in Arab societies (the cafés and
their terraces).
In brief, the observed adaptations of the advertising image can be divided into two
categories: on the one hand, the adaptation of the meaning related to the background
in the different versions of the ad and on the other, the adaptation of the relation
between the chosen background and the product in question.

Textual adaptation
The next example we are going to analyze is the advertisement of the luxurious
Tissot watches that have at least four different versions (French/ English/ Arabic/
Polish) and were broadcasted simultaneously in four different languages. What
86
particularly interests me at this point is to show how the advertising message was
adapted by the translators to the real restrictions of the targeted market.
Let us examine the French and Arabic versions.
This textual adaptation is visible on two levels:

On the one hand, we have rhetoric images with the translation of the
expression "blue planet" in French, which was translated “our mother, the
Earth” in Arabic. Therefore, the translation is more idiomatic and emotionally
charged.

And on the other hand, we have ideologically chosen words, with the word
"citizen" translated “inhabitant” in order to neutralise the political dimension
that is still very consequential in Arabic because it refers to a type of
government that is rare in the Arab world (the Republican and Democratic
system). In addition to this we have the universalistic range of the original
message (“we are all citizens of the blue planet”) that could irritate some
nationalistic regimes.
These two examples of localisation show how the interaction between the translation
itself and the cultural factors of the targeted market takes place within the
commercial communication.

Text and image adaptation
Let us now focus on an example of localisation that simultaneously illustrates the
adaptation of the text and the image in addition to an adaptation of the interaction
between linguistic and graphic signs in international advertising.
Let us take a close look at an advertisement for the perfume Poeme by Lancome that
was a huge success in France and in Europe. We have four versions in four different
languages (French/ English/ Portuguese/ Arabic).
The effectiveness of the message lies in its poetic nature concerning the text and the
image as well as the double meaning of the woman's words (interpreted by Juliette
Binoche) who intones in French a line of poetry as a slogan (“You are the sun that
rises to my head”).
87
Needless to say, the real and objective difficulty to adapt such a message whose
meaning even in French is still ambiguous is subject to several interpretations.
It is worth noting that in the English version, this line was adapted as follows: “You
are the sea, you cradle the stars.”
The adaptation of the text + image + praxis = localisation
The striking graphic adaptations in this version can be summarized in three
prominent points:

dealing with nudity and adapting it to the culture ("blurring" the model's
chest)

writing style (the undulating and coloured calligraphy)

layout of the catch line (writing/reading direction).
In fact, the slogan has the specificity of being represented by a curve line that
infringes the usual linearity of writing. However, it reproduces the temporal
successive nature of oral speech which strengthens the slogan’s themes (it speaks
directly to the reader). The translated version keeps the same slogan design (the
curve line) while replacing the Latin characters with Arabic ones. Still, there are two
major differences between the two layouts.
In addition to their technical skills and semiotic training, translators/localisers of the
21th century are culture professionals able to decode and encode the cultural signs
within the advertising message. This role has become all the more important since
globalisation has paradoxically exacerbated the feelings of local identity in a
culturally globalised era. Schematically, let us say that translators have turned - in a
short period of time – into "experts in intercultural communication" because they
master the cultural codes that "sell." It is this added value of their work as translators
that renders them localisers today.
But in reality, what does this “added value” imply?
The answer is both varied and heterogeneous just like the culture that translators/
localisers must harness in its moving, yet efficient, outlines. Among the "technical"
knowledge of cultural nature that must be mastered are the following categories:

The adaptation of dates and hours, weights and measures, currencies
and addresses that often vary according to countries and languages.
88

The meaning of colours and the symbolism of geometrical and
architectural forms that could be contradictory at times from one
region to another.

The cultural stereotypes and the social clichés in use in the hosting
societies of the advertising message i.e the representation of oneself
and of others, ethnic preferences, religious convictions, national spirit
and so forth.
3.6 The worst translation mistakes
To create a slogan or an advertising campaign, companies put a lot of
copywriters, marketing specialists, sociologists and publicists to work; they carry out
studies and statistical analysis investing millions of dollars. What large companies do
not take into account, however, is consulting a translator if they decide to extend the
sale of their products abroad, thinking that it will be sufficient to just translate the
same slogan into the target language.
Translation errors are the cause of the greatest number of blunders in international
business.
Below you will find a few examples of bad ad translations due to a lack of checks on
compatibility, adaptation of the brand, slogans and advertising messages.

Changing the brand name
Coca-Cola was initially introduced in China as “Ke-Ke-Kou-La.” Once the posters
were printed they realized that the phrase in Chinese meant “bite the wax tadpole” or
“heifer filled with wax” depending on the dialect. As a result, the company examined
the 40,000 Chinese characters of the alphabet and found a word that sounded like
Coca-Cola: “Ko-Kou-Ko-Le”, which can be approximately translated as “happiness
in the mouth.”
89

Changing a slogan’s translation and compatibility
 The great success of the American advertising campaign of the
National Milk Processor Board with the slogan “Got Milk?,” led the
association to organise the same advertising campaign in Mexico. It
was only after the campaign was advertised in magazines and
broadcasted on Mexican television networks that the association was
informed that the translation of the campaign slogan adopted in
Spanish “Tienes Leche?” for Mexicans meant “Are you breastfeeding?”
 In 2006 Tourism Australia, the national agency for Australian
tourism, promoted a rude campaign that was even censored in the UK.
The slogan of the ad was "Where the bloody hell are you?" with the
purpose to relate to the stereotype of the rude and blunt, but also to
relate to the hospitable Australians. In the United Kingdom "Bloody
Hell" is a dirty word, so the advertising was censored. In non-Englishspeaking countries the translation of the slogan was very subtle. For
example, in Italy the slogan was translated as: "What are you waiting
for?" which is a much more toned down version compared to the
original.
90
SEZIONE LINGUA
SPAGNOLA
91
Premisa ............................................................ Errore. Il segnalibro non è definito.
1. La publicidad ............................................. Errore. Il segnalibro non è definito.
1.1 La historia de la publicidad... Errore. Il segnalibro non è definito.
1.1.1 Los origines de la publicidadErrore. Il segnalibro non è
definito.
1.1.2 Breve historia de la publicidad en EspañaErrore.
Il
segnalibro non è definito.
1.2 La esencia de la publicidad ... Errore. Il segnalibro non è definito.
1.3 El lenguaje de la publicidad. Errore. Il segnalibro non è definito.
1.3.1 Lenguaje y tono .............. Errore. Il segnalibro non è definito.
1.3.2 Diseño ............................. Errore. Il segnalibro non è definito.
1.3.3 Los estereotipos .............. Errore. Il segnalibro non è definito.
1.3.4 Lemas ............................. Errore. Il segnalibro non è definito.
1.3.5 La construcción del nombre de “marca”Errore. Il segnalibro
non è definito.
1.4 La función de la publicidad .. Errore. Il segnalibro non è definito.
2. El contexto internacional: la globalización o la localización? ............ 107
2.1 El marketing mix ......................................................................... 107
2.2 La globalización........................................................................... 110
2.2.1 Factores que favorecen la estandarización ............................ 112
2.3 La adaptación ............................................................................... 113
2.3.1 Factores que favorecen la adaptación ................................... 114
3. La traducción en la publicidad .................................................................... 115
3.1 La publicidad en las estrategias de marketing internacional:
localizar o globalizar? ........................................................................ 116
3.2 El papel del traductor y de la traducción en las estrategias de
marketing internacional. .................................................................... 118
3.3 La publicidad globalizada ........................................................... 119
3.4 La adaptación de la publicidad .................................................... 120
92
3.5 Los peores errores de traducción ................................................ 123
Premisa
El objeto del presente trabajo analiza el papel de la traducción en la
comunicación comercial de las empresas que se insertan en un contexto de
globalización. Se analizarán las estrategias de comunicación de las diferentes
multinacionales y sus enfoques de mercado en el extranjero, para individualizar el
papel de la traducción en el ámbito de las campañas publicitarias internacionales. En
la primera parte de este trabajo se presta atención en las características del lenguaje
publicitario en la prensa. Este estudio incluye una recopilación de anuncios de
periódicos y revistas en español.
Después de una breve introducción sobre el concepto de mercadotecnia y de
comunicación comercial, se describirán las actuaciones de las empresas
internacionales en el mercado global, y en particular se analizarán las dos estrategias
más comunes, la globalizante y la localizante. La primera se caracteriza por la
estandarización de las campañas publicitarias que incluso ni se traducen, dejándolas
en inglés. Por contra, la localización intenta mantener y respetar las diferencias
lingüísticas y culturales de las varias poblaciones a les que se dirige, adaptando sus
publicidades según el mercado de referencia, con particular atención en el segmento
de mercado. El trabajo examinará principalmente esta última tendencia, analizando
las estrategias de traducción utilizadas en los diferentes países, en particular en lo
que atañe al aspecto cultural vehiculado por las publicidades.
Por último se examinará el mundo de la traducción publicitaria, sus características
principales, las dificultades de traducción y las estrategias que adoptan.
La publicidad es, sin lugar a dudas, la herramienta más interesante para explicar la
evolución social del ser humano en los últimos 150 años.
93
1. La publicidad
1.1 La historia de la publicidad
Un primer y aún poderoso ejemplo de la publicidad ha existido desde que los
seres humanos comenzaron a proveer bienes y servicios. Los anuncios publicitarios
tienen una historia remota.
En las ruinas en la antigua Arabia Saudita ya se encontraban mensajes comerciales y
políticos.
No es fácil de identificar el momento preciso en el que se creó la publicidad, pero en
los tiempos antiguos, se pueden encontrar los ejemplos del primer tipo de publicidad
en los primeros mercados en las plazas, donde la forma de publicidad más utilizada
era verbal, los productos eran anunciados por el boca a boca, como a menudo
ocurren hoy día.
1.1.1 Los orígines de la publicidad21
Su historia es muy larga y compleja, pero, sin duda, se puede sostener que en la
antigüedad, el tipo de comunicación más cercana a la de la publicidad
contemporánea probablemente era representado por los símbolos utilizados por los
vendedores para atraer a los clientes.
21
Este párrafo ha sido traducido del libro “Che cos’è la pubblicità” de Vanni Codeluppi, Carocci
editore.
94
Los Babilonios introdujeron las primeras formas conocidas de la publicidad, como
los carteles de las tiendas y los vendedores ambulantes y también inventaron el
“patrocinio”, permitiendo a los reyes de estarcir sus nombres en los templos que
habían construido.
En la antigua Grecia, sino también en Roma y Pompeya muchas tiendas ponen por
encima de sus tiendas insignias en relieve, pintado o de mosaico, que contiene las
entradas de los pocos transeúntes que no podían leer o imágenes simbólicas son
fáciles de entender por el resto de de la población, casi totalmente desprovisto de la
educación.
Por lo tanto, la necesidad de hacer publicidad se debió sobre todo a el cambio de
venta de mercancías desde las calles hacia las tiendas, como, por ejemplo, un
obrador.
En la Edad Media, las imágenes comerciales se flanqueaban por las de origen
religioso y las de origen militar, con el desarrollo, en particular, de los estendartes.
También estas formas de comunicación pueden ser considerados cómo el origen de
la publicidad.
Pero fue durante el Renacimiento, con el gran desarrollo de las ciudades y el
transporte comercial internacional y el aumento de la produccion de los productos,
que se manifestó la necesidad de apreciar las virtudes de un producto que es la base
del funcionamiento de la publicidad contemporánea.
En este periodo nació el emprendedor comerciante que a diferencia del artesano
podría vender los productos en los mercados internacionales
Un viraje crucial en la evolución de la publicidad, es la invención, de la mano de
Johannes Gutemberg, del primer medio de comunicación en términos absolutos: la
imprenta.
La invención de la imprenta cambió la cara de la publicidad y convertiendo la
comunicación en una práctica más moderna, sofisticadas y factible. Esta invención
consintió/hizo posible la distribución masiva de carteles y circulares. El primer
anuncio en Inglés apareció en 1472 en la forma de un volante anunciando un libro de
oraciones para la venta.
95
En el siglo XVII las revistas que comenzaron a extenderse por toda Europa estaban
destinadas a un público de elite. Con las cuentas de noticias también fueron creados
boletines, que se pueden considerar las primeras verdaderas formas de publicidad,
aunque estaban sin ilustraciones y en base a un texto similar a la de los artículos de
prensa. Sin embargo no fue sino hasta el siglo XVIII que los informes de prensa
comenzaron a difundirse de forma masiva en el periódico, sobre todo en las inglesas,
como el Tatler, creado en 1709, y El Espectador, fundado en 1711. No fue una
coincidencia que esto sucedía en Inglaterra, donde en el siglo XVIII la primera
revolución industrial se llevó a cabo, caracterizada por la producción en masa de
productos.
Poco después aparecieron los primeros anuncios y, a finales del siglo XVIII tenía que
pagar una cuota por los anuncios. Anuncios cortos, anuncios clasificados, anuncios
de libros y venta de productos aparecieron en las revistas. La prensa representaba el
vehículo ideal para este nuevo fenómeno relativo a la publicidad. Las nuevas
tecnologías también habían puesto los periódicos más baratos más accesibles y más
frecuentemente impresos. Tenían más páginas, por lo que pudieran llevar a más,
grandes, anuncios. Descripciones sencillas y precios de productos han satisfecho a su
propósitos hasta la mitad del siglo XIX, cuando los avances tecnológicos significan
que las ilustraciones se podrían añadir a la publicidad, y el color era también una
opción. Los anunciantes comenzaron a agregar descripciónes por debajo de los
títulos simples, describir sus productos utilizando la prosa persuasiva.
Las primeras agencias de publicidad se habían creado en el siglo XIX y es a
principios del siglo que la publicidad alcanza su apoyo más significativo que lo
acompañará durante todo el siglo y el comienzo del siglo XX. De hecho, las agencias
comenzaron a usar carteles de publicidad, dando lugar a una nueva forma de
expresión entre el arte y la publicidad . Inicialmente, el cartel fue creado en el siglo
XV y fue utilizado solamente por los políticos para hacer anuncios oficiales públicos,
con excepción de William Caxton, que utilizó carteles para promover los
tratamientos termales en Salisbury en 1477, lo que fue el primer ejemplo de un
anuncio de cartel. A principios del siglo XIX con el fin de dar a conocer sus novelas,
los editores se convirtieron en los mayores inversores en este campo y pidieron a los
96
más grandes artistas de la época para ilustrar sus carteles. Por primera vez los muros
de París y Londres estaban empapelados por carteles en blanco y negro.
En la segunda mitad del siglo las impresoras comienzan a utilizar la cromolitografía,
lo que permitió imprimir en color. Los artistas de la época, atraídos por esta nueva
fuente de ganancia, se dedicaron a la elaboración de los temas de los carteles de
publicidad, ya que eran en su mayoría atraídos por la popularidad que la aparición de
sus nombres en las paredes de la metrópoli pueda/pudiera darlos . Teatros, cabarets,
óperas y circos recurren al cartel.
El artista es, sin duda, el protagonista absoluto de este tipo de publicidad, que, se
supone, representa principalmente el estilo de vida de la clase alta de la época que
frecuentaba los teatros y cafés.
1.2 La esencia de la publicidad22
Estamos rodeados por la publicidad en la vida cotidiana: en la televisión
comercial y en la radio, en el cine, en los carteles y en los periódicos y revistas
aparece una tipología de publicidad más genérica para todos los consumidores;
anuncios de temas específicos, aparecen en contextos de temas específicos, se
centran en individuos y grupos con diferentes intereses, y el correo directo (a
menudo conocido como correo basura) llega a través del buzón enviados
directamente a las personas nombradas. El objetivo de todos estos anuncios es llamar
la atención a los productos o servicios a través de anuncios pagados por un individuo
o un grupo de personas que desean informar o influir una particular tipología/porción
de público.
En los siglos XVIII y XIX la mayoría de la publicidad era correcta y informativa. Su
lenguaje y el estilo eran formales y respetuoso, y su tono era a menudo ceremonioso.
Si bien, a finales del siglo XX el poder de mercado de masas cambió todo esto. Dado
que los anunciantes tratan de persuadir a la gente a “comprar”, “dar”, o “votar por”
su propio producto o servicio, su punto de vista es sectario. Para tener éxito en un
mercado competitivo, debe ser mejor o más convincente que sus rivales. Sus
22
Este párrafo ha sido traducido del inglés del libro “Advanced english language. The language of
advertising” de Sara Thorne, Palgrave Master Series.
97
campañas de mercadotecnia tratan de fomentar la “lealtad del cliente” mediante la
creación de una imagen y una identidad clara y distintiva que hará que sus productos
o servicios se destaquen de marcas equivalentes establecidos por otras empresas.
Los anunciantes centran su publicidad en determinados grupos de personas. Pueden
dividir a la gente para su edad, cultura, género, raza o clase social. Estos grupos
ayudan a los anunciantes a dirigirse a las personas más propensas a comprar su
producto. En el anuncio de televisión, horarios de programación tratan de
“empaquetar” audiencias mediante la ejecución de ciertos tipos de programas en
determinados momentos: esto anima a los anunciantes a “comprar tiempo”, ya que es
más fácil centrarse en un público específico que en un otro más general. Por ejemplo,
los anuncios en la televisión, por lo general, promueven determinados tipos de
productos de limpieza para el hogar, alimentos y bebidas, servicios (hipotecas,
pólizas de seguros, préstamos) y los coches, en el momento en el cual los adultos
podrían ser sintonizados y juguetes en momentos en que los niños podrían constituir
la parte principal de la audiencia. En los periódicos y revistas, el público objetivo es
más claro porque los editores y los anunciantes están más conscientes de la clase de
personas que compran cada publicación. Ciertos periódicos atraen a un público de
clase media acomodada: por causa del poder adquisitivo de estos lectores, los
anunciantes estarán dispuestos a comprar espacios publicitarios. Esto significa que
aunque los periódicos y revistas puedan carecer de una grande cantidad de
circulación de mercado, pueden sobrevivir porque la venta de espacios publicitarios
fácilmente. Los periódicos populares, por su parte, tienen que depender de las altas
cifras de circulación porque los ingresos por publicidad estan relativamente bajos. La
gente en su público objetivo no tienen la misma cantidad de ingreso disponible y por
lo tanto el espacio de publicidad es un producto menos vendible.
La publicidad trabaja para aumentar el interés en un producto o servicio. Una vez que
un cliente potencial tiene el deseo de “comprar” o “dar”, la “venta” o “donación”,
este es más probable que ocurra. Las estrategias utilizadas, en cada caso deben ser
apropiadas tanto para el público objetivo y el tipo de producto o servicio ofrecido.
Algunos anuncios intentan modificar las actitudes de la audiencia: lemas como Fairy
dura más tiempo, por ejemplo, tienen como objetivo persuadir a los consumidores a
comprar una marca en particular y no otra, convenciéndolos de que el producto tiene
98
éxito, es más elegante, o es de mejor valor, incluso si es más caro. Otros anuncios
tienen que convencer a los consumidores que quieren un artículo que no sea esencial
para la vida cotidiana: por lo tanto, las producciónes de automóviles y de perfume
utilizan una propuesta de “reason why”23 (explica lo que significa en español en
una nota) a sus anuncios. La investigación ha demostrado que la gente recuerda
anuncios particulares si el producto es diferente, si el anuncio es inusual, o si el
anuncio tiene alguna relación personal. A menudo, el primer impacto será causado
por el contenido visual y el diseño en general, pero es el uso del lenguaje que
asegurará que el producto o servicio y la marca estan recordados.
1.3 El lenguaje de la publicidad24
El lenguaje de la publicidad se caracteriza por una gran variedad de
características que es, o debería ser, entendida por la mayoría de los consumidores.
Los textos publicitarios, desde un punto de vista lingüístico y comunicativo
pertenecen al ámbito de la “Pragmática”: rama de la lingüística que estudia los actos
de habla y, en general, el uso del lenguaje, para realizar acciones con palabras.
Son textos “directivos”, destinados a “persuadir” al ciudadano para que haga la
acción de comprar un objeto o la de asumir una idea.
Para ello, organizan una estrategia guiada, que se resume en lo que los publicistas de
Estados Unidos llamaron AIDA:

Conseguir la atención de los destinatarios prefijados,

mediante un discurso atrayente que genera interés,

en el que se integran elementos persuasivos que generen deseo,
23
“reason why” es el argumento racional que la publicidad ofrece para hacer creíbles los beneficios
prometidos del producto.
24
Este párrafo ha sido traducido del inglés del libro “Advanced english language. The language of
advertising” de Sara Thorne, Palgrave Master Series y sacado de
http://tv_mav.cnice.mec.es/Lengua/P_UD2/Contenidos_pud2.htm.
99

que necesariamente acabe en la acción de obtener ese objeto o de sumarse
a esa idea.
Inevitablemente, los anuncios diseñados para un medio visual como la televisión o la
pantalla de cine estará dominado por las imágenes, y por lo general estas serán más
importantes que las palabras habladas o escritas adjuntas. Sin embargo, los rasgos
prosódicos como la entonación y el ritmo influirán en el espectador, y el uso de un
lema escrito puede hacer que el producto sea más memorable. En las formas de
impresión, como periódicos y revistas, los anuncios se basan en la combinación del
texto y de la imagen, es el equilibrio de los dos que es importante. La impresión no
es transitoria, como una imagen en la pantalla, y puede ser reconsiderado: el lenguaje
escrito que acompaña a la imagen por lo tanto puede ser más extensa .
Los anuncios de los diferentes medios de comunicación utilizan diferentes técnicas,
pero una serie de características son comunes a ambos ejemplos orales y escritos. En
primer lugar, siempre es importante establecer:

El anunciante: logotipo, lema, marca , color o imagen distintiva

El público objetivo: edad, sexo, condición social

La función de la publicidad o el mensaje: por ejemplo, “compre esta”, “dar
generosamente”, “¡Participa!”

Las técnicas de venta:
Las técnicas utilizadas son las siguientes:
 Un enfoque basado en el producto alaba las características de un
producto o servicio, con la esperanza de ganar clientes en la fuerza de
su equipo o su propio servicio .
 Un enfoque basado en el convencer el público objetivo de que necesitan un
producto o servicio en particular: al concentrarse en las necesidades prácticas
como el ahorro de tiempo, o de las necesidades psicológicas, como el deseo
de verse mejor o más jóvenes, los anunciantes tratan de persuadir a los
consumidores de que sus vidas serán mejor si utilizan un determinado
producto o servicio.
 Una aproximación basada en el impacto tiene como objetivo atraer la
atención lingüística o visual.
100
Al centrarse en el lenguaje y las imágenes, es posible analizar de qué manera la
publicidad tiene por objeto influir en su público.
Lenguaje y tono
El lenguaje de la publicidad es a menudo asociado con el lenguaje de la conversación
cotidiana: frecuentemente el tono es informal y hablador, y las expresiones
coloquiales
son
comunes.
Contracciones
son
fácilmente
reconocibles
y
características del lenguaje hablado informal que sería inapropiado en un contexto
más formal. El lenguaje publicitario es distinto de la conversación; de todas maneras
otras características lingüísticas hacen de este campo una varidad aparte.

El lenguaje publicitario es persuasivo. Se pretende implicar a los receptores
en su atención y en su conducta.

Emplean una serie de recursos retóricos.
Aliteración: repetición de varios fonemas.
Ej. “Mami, mi Milka”. “Batidos Puleva, le va, le va, le va”
Rima. Ej. “Sidra el gaitero, famosa en el mundo entero”
Elipsis: supresión de elementos que carecen de significado. Afecta
especialmente al verbo.
Ej. “Alfa Romeo. La pasión de conducir”. “Burger King. El rey de las
hamburguesas”.
Hipérbole: exageración de los productos. Ej. “A Siemens sólo lo supera
Siemens”. “La mejor cerveza del mundo”

Incorpora extranjerismos y neologismos.

Transgrede la norma lingüística para llamar la atención.

Usa varios registros, del coloquial al culto.

Breve extensión para evitar el cansancio de los receptores y la pérdida de
interés.

101
Su estilo condensado suprime elementos innecesarios o poco informativos
Diseño
A menudo, el diseño es la primera cosa que influye en la concepción global de un
anuncio en un espectador o en un lector. Las yuxtaposiciones de un eslogan, una
imagen, una copia y un logotipo contribuyen al efecto total. Todos ellos trabajan
juntos para crear una cierta visión de un producto o servicio en particular.
Las imágenes también atraen la atención del público objetivo: se trata de una forma
de comunicación no verbal. La gente, los ajustes, los apoyos (objetos utilizados en un
contexto particular para crear un sentido de la realidad) y el producto mismo
conjunto conforman la imagen. Cada elemento puede funcionar tanto de manera
literal como simbólica. En un anuncio de perfume, por ejemplo, la ropa llevada por
los actores, el tipo de fondo que se utiliza, y accesorios como un collar de diamantes
y un Rolls Royce, pueden simbolizar que este perfume se asocia con la riqueza, el
lujo y el estado social. Un lector o espectador reconocerá automáticamente el
significado implícito de las señales no verbales y que por lo tanto, hace ciertas
suposiciones sobre el perfume.
Los estereotipos
Los anunciantes utilizan estereotipos culturales en sus imágenes, para que puedan
estar seguros de que su público objetivo asociará una cosa positiva con un producto o
servicio. Las mujeres son siempre hermosas, los niños son ángeles, los hombres son
fuertes y resistentes, y los jóvenes están al día con las tendencias actuales. Algunos
elementos ayudan a crear estos estereotipos- las gafas simbolizan la inteligencia, los
libros simbolizan educación, la cerveza tiene connotaciones de la masculinidad, y así
sucesivamente. Al romper los códigos que se utilizan en las imágenes, podemos
aprender acerca de las intenciones de los anunciantes, incluso antes de leer la copia.
102
Lemas
Un lema es crucial para que una campaña publicitaria tenga éxito, ya que es el lema
que se pegará en la mente de las personas. Un enunciado breve, llamativo,
consistente,
fácilmente
recordable
y
repetible.
El lema de la Real Academia de la Lengua: “limpia, fija y da esplendor”, por
ejemplo. Vende el valor de una Institución, nos hace reconocerla como algo único y
deja muy claro el beneficio que se obtiene con ella. El creativo construye su “Lema”
echando mano de cualquiera de los “recursos poéticos” de la lengua, escogiendo de
entre ellos los más expresivos, llevando al extremo sus posibilidades, llegando
incluso a forzar la gramaticalidad de sus enunciados, en el límite de lo correcto, o
incurriendo voluntariamente en una incorrección perceptible.
Entre los más usados:

La hipérbole (mediante superlativos, comparaciones, repeticiones…).
Ej. “Blanco, blanquísimo” etc…

La sinestesia o asociación de palabras que se perciben por sentidos
diferentes.
Ej. “El gusto suave”

Forzar la compatibilidad de palabras semánticamente incompatibles.
Ej. “Licor con carácter”.

Uso de tiempos verbales exhortativos e imperativos.
Ej. “Elige tu razón para poner atención al volante”.

Uso de tiempos verbales intemporales como el presente y el infinitivo (que
a veces tiende hacia el futuro y puede adquirir un carácter pragmático).
103
Ej. “Actimel ayuda a tus defensas”. (Puedes citar un texto, pero debes
poner en enlace, en una nota o intentar hacer un resumen. Si lo dejas así parece
que estás intentando copiar el texto y basta.)
La construcción del nombre de “marca”
Un conjunto sonoro, por inventar, que se convierta en el nombre propio del objeto.
El nombre de la marca, que tiene que acabar en el centro de interés del destinatario,
se construye con los mismos mecanismos que las palabras nuevas de la lengua:

Latinismos (reales o aparentes): (Iberia, Festina, Rex, Navigator, Findus,
Media Markt…).

Nombres pertenecientes a lenguas modernas: anglicismos, galicismos,
italianismos, lusismos, catalanismos, etc.): (The Phone House, Media Markt,
Citröen, L´Oreal, Dolce & Gabanna, Espetec, Estée Lauder beyond
paradíse,Häägen-Dazz, Clinique…).

Palabras compuestas: (Actimel, Fontvella Hipercor, Colhogar, Nescafé,
Vitalínea…).

Palabras Derivadas: (Pikolín, Rexona…).

Metonimias: (Mercedes, Domecq, Pascual, Philadelphia…).

Metáforas: (La Caixa, The Phone house).

Adjetivos: (Magno, Total, Fontvella).

Siglas y acrónimos: (DGT, KA, DURSA, PULEVA)
A veces el nombre de marca se usa como un adjetivo que “califica” a cualquier otro
objeto o a cualquier otra realidad como “de esa marca”:

Aposición calificadora: (Un verano MEGATRIX).
El nombre de la marca en muchos casos se lexicaliza: se usa para denominar todos
los productos de ese género.
Ejemplos:
104

Kleenex: (Pañuelos desechables).

Gillette: (Máquina de afeitar desechable).

Scotch: (Cinta adhesiva).

Pantys o Panties: (Lencería femenina).

Velcro: (Adhesivo textil).

Kotex: (Toallas sanitarias femeninas). (En Venezuela se les dice Modess,
puesto que este era el nombre de la primera marca de este tipo de producto
que salió a la venta en el país. Dicha marca aún existe.)
1.4 La función de la publicidad25
La función principal de la publicidad es persuadir, pero, por Jacobson, lingüista,
fonólogo y teórico de la literatura ruso, cada elemento del lenguaje corresponde a
una función, y en un texto aflorarán, cada vez, una de estas funciones.

la función conativa (la función del lenguaje en el que el emisor intenta
inducir al receptor a adoptar un determinado comportamiento)

la función referencial (la atención se centra en el contexto)

la función expresiva ( la atención se centra en el emisor)

la función poética (que afecta a la estructura del acto comunicativo)

la función metalingüística (utilizado por el lenguaje para reflexionar sobre el
lenguaje mismo).
La función conativa del lenguaje, que es probablemente el aspecto más importante en
el lenguaje de la publicidad, tiene como objetivo inducir determinados efectos sobre
el receptor, dando órdenes, con el imperativo y asesorar para comprar o utilizar un
servicio determinado (pensar en el eslogan de la Coca–Cola: “Beba Coca–Cola”).
Sin embargo, a menudo se esconde esta función por otras funciones .
25
Este párrafo ha sido traducido del inglés del libro “Advanced english language. The language of
advertising” de Sara Thorne, Palgrave Master Series y del libro “Semiotica della pubblicità” de Ugo
Volli, Editori Laterza.
105
A veces, un mensaje de anuncio parece suscitar emociones utilizando una función
fática. Se recurre a elementos emocionales, ya que no se desea o se requiere por sus
destinatarios, su intención es atraer al espectador mediante la creación del contacto
con él / ella emocionalmente. Por lo tanto, es una función esencial del discurso
publicitario ya que el lema llama la atención, impone el mensaje en el producto en sí,
despierta el interés del público, que se inunda todos los días por un sin fin de
anuncios. Tomemos por ejemplo, la empresa Apple; con su lema “Think Different”
que quiere dar a entender que no es sólo una empresa que vende artículos
electrónicos , pero verdaderas innovaciones .
La empresa italiana Benetton no sólo vende vestuario, sino una forma diferente de
concebir la convivencia entre las personas.
Los diferentes tipos de publicidad utilizan diferentes técnicas para persuadir e
informar. Algunos utilizan la copia de proporcionar información como el tamaño, la
marca, el precio, y la dirección y número de teléfono de la tienda o empresa,
confiando en el producto en sí para fomentar las ventas . Otros anuncios ponen de
manifiesto un fondo especial, lo que es más importante que el producto en sí, de
modo que la imagen del producto es el punto de venta. Otros anuncios se basan en
las asociaciones entre el producto y un determinado contexto fantasías oníricas, por
ejemplo, puede sugerir el potencial del producto para cambiar la vida de un
individuo.
Anunciantes apelan a nuestro deseo de ser un “hombre de éxito profesional o una
mujer”, “un amante maravilloso” o parte de una “familia feliz”, explotan nuestro
deseo de ser “bello”, “poderoso” , “responsable” y “bien informado”. Para convencer
a los espectadores o lectores a comprar un coche, un anuncio a tratar de convencerlos
de que van a estar a la moda, prestigio y emocionante si somos dueños de ese modelo
en particular. Los anuncios pueden sugerir que la compra de una determinada marca
de comida para bebés, supuestamente más pura o más natural que el que se anuncia
por parte de sus rivales, le hará “mejores padres”, o que el uso de ciertas prendas de
vestir le hará más deseable o más potente, o que el consumo de un cierto tipo de
helado se hará más atractivo o más atractivo. En cada caso, la función de la
publicidad es persuadir a comprar. Aunque se puede proporcionar información, no va
106
a ser neutral , porque hay un objetivo implícito: el anunciante ha escogido el
contenido y el lenguaje de la publicidad sobre todo para influir en lugar de informar.
2. El contexto internacional: la globalización o la
localización?
La globalización de las economías y empresas comerciales ha llevado, con el
tiempo, a una intensificación de la comunicación con los consumidores de diferentes
lenguas
y
culturas.
En el marco de las estrategias de marketing internacional, la publicidad desempena
un
papel
clave.
Pero tenemos que empezar desde lo básico, desde las disciplinas que rigen estos
intercambios globales: el marketing.
2.1 El marketing mix
El marketing, mercadeo o mercadotecnia es una disciplina dedicada al análisis del
comportamiento de los mercados y de los consumidores. A través del estudio de la
gestión comercial, se busca retener y fidelizar a los clientes mediante la satisfacción
de sus necesidades.
El marketing mix o mezcla de mercadotecnia es un concepto que se utiliza para
nombrar al conjunto de herramientas y variables que tiene el responsable de
marketing de una organización para cumplir con los objetivos de la entidad.El
objetivo de aplicar este análisis es conocer la situación de la empresa y poder
desarrollar una estrategia especifìca de posicionamiento posterior. Esta estrategia es
también conocida como las "4Ps", dado que en su origen anglosajón se conoce como:
price (precio), product (producto), place (distribución) y promotion (promoción).
107

Precio - En esta variable se establece la información sobre el precio del
producto al que la empresa lo ofrece en el mercado. Este elemento es muy
competitivo en el mercado, dado que, tiene un poder esencial sobre el
consumidor, además es la única variable que genera ingresos.

Producto - Esta variable engloba tanto el producto (core product) en sí que
satisface
una
determinada
necesidad,
como
todos
aquellos
elementos/servicios suplementarios a ese producto en sí. Estos elementos
pueden ser: embalaje, atención al cliente, garantía, etc.

Distribución - En esta variable se analiza los canales que atraviesa un
producto desde que se crea hasta que llega a las manos del consumidor.
Además, podemos hablar también del almacenaje, de los puntos de venta, la
relación con los intermediarios, el poder de los mismos, etc.

Promoción - La promoción del producto analiza todos los esfuerzos que la
empresa realiza para dar a conocer el producto y aumentar sus ventas en el
público, por ejemplo: la publicidad, las relaciones publicas, la localización
del producto, etc.
Esta es la mezcla de marketing que incluye todos los instrumentos de que una
empresa recurra a la de replicar a la demanda del mercado. Los recursos de la
empresa a los instrumentos que han de incluirse en el mercado. A los efectos de este
artículo, nos centraremos en el análisis detallado de uno de estos elementos, la
promoción, también conocida como la publicidad.
La publicidad no sólo lleva a cabo la función informativa con el fin de hacer un
producto conocido, pero también es un instrumento que proporciona una incitación
directa a la compra pulsando los consumidores y ejercer influencia sobre ellos.
Las dos estrategias principales adoptadas en el mercado internacional son la
globalización y la localización.
108
El proceso de marketing internacional debe entender en qué casos se deben
estandarizar globalmente y en qué casos se debe adaptar localmente. Evidentemente,
utilizar una estrategia de adaptación implicará un significativo ahorro de costos, pero
debe entenderse que a costa de esta decisión la operación internacional no será
rentable. La mejor estrategia es la de “localización internacional”, lo que implica
pensar globalmente y actuar localmente.
Las estrategias de internacionalización de las empresas deben saber entender en qué
partes del mix de marketing se deben estandarizar los modelos a través de los
mercados relevantes, y en qué casos se deben adaptar a las necesidades locales.
Coca-Cola y Mc Donald’s son dos casos claros de la importancia de conjugar
estrategias de estandarización y de adaptación para tener éxito como verdaderas
empresas globales.
Coca-Cola
Coca Cola posee el produco más reconocido del mundo, y como empresa, de acuerdo
al ranking publicado año tras año por la revista Fortune, es la número 256 en
ingresos a nivel mundial. Su estrategia internacional incluye estandarizaciones, por
ejemplo en el producto estrella, en áspectos de diseño y comunicación, etc, pero al
mismo tiempo existen adaptaciones en la creación de productos para mercados
específicos, distribución, etc.
Mc Donald’s tiene claro, en cada una de sus locaciones en más de 118 países, que su
oferta de valor principal está en entregar comida barata de sabor consistente, servicio
rápido y un ambiente familiar limpio. Sin embargo, su mezcla de marketing incluye
algunos áspectos de adaptación propios de cada mercado a los que sirve, como por
ejemplo alimentos adaptados a los gustos locales.
Estandarización
Producto Big Mac
109
Adaptación local
Hamburguesa McAloo Tikka, hecha a
base de papás para el mercado de la
India
Promoción
Marca comercial Mc Donald’s
utilizada a nivel global
Restaurantes independientes en
Plaza
Precio
Sobrenombres locales como Macca’s
(Austrialia), MakDo (Filipinas),
McDoo (Alemania)
Restaurantes en trenes de Suiza y
áreas con mucho tráfico alrededor transbordadores (ferries) entre
del mundo
Noruega y Finlandia
Una Big Mac en USA cuesta
Una Big Mac es más cara en Suiza y
aproximadamente 5 dólares
más barata en China
2.2 La globalización
La globalización es un fenómeno mediante el cual los diferentes procesos de
fabricación globales convergen hacia un único estilo que predomina a nivel mundial
y que busca establecer similitudes entre cada ítem sin importar de dónde provengan
estos o hacia donde vayan. Una estrategia de estandarización global, consiste en
considerar que el mercado es global para el producto. Es decir, que a pesar las
diferencias entre las naciones, las empresas ofrecen el mismo producto en todos los
mercados; ayudando a reducir costos de adaptación y ayudando a identifícalos en el
lugar que se encuentren.
Las nuevas tecnologías, la evolución de las comunicaciones de masas, la creación de
Internet y los nuevos medios de transporte, han contribuido a reducir la distancia
espacial y temporal y revolucionar nuestros hábitos. Hoy día el mundo parece no
tener límites ya que la mayoría poblaciones con diferentes culturas emplean el
mismo sistema de los medios de comunicación para disfrutar las mismas imagenes.
Con la invención de las computadoras y la Internet al proceso de globalización es
aumentado considerablemente durante el siglo XX: el mundo, aunque las diferencias
y la propia connotación de cada cultura y de la civilización, se ha convertido en una
"aldea global", como se define por el sociólogo canadiense McLuhan, donde todo
está al alcance de todos y las distancias se anulan.
110
Las empresas, desde
multinacionales hasta las empresas nacionales, deben hacer frente a las nuevas
necesidades del mercado mediante el desarrollo de estrategias de comunicación
global, gracias a la cual es posible establecer un territorio exclusivo de la marca y
exportar la imagen de la empresa en el extranjero. Las actividades productivas
descubren nuevos horizontes; las fábricas se construyen donde los costos laborales
son más bajos, aunque las oficinas centrales se encuentran en el otro lado del mundo.
En el corazón de este proceso de la importación de los dispositivos de comunicación
es innegable, ya que se distingue por una nueva inmediatez y facilidad de uso. De
hecho, las consecuencias sociales de la comunicación global surgen con el aumento
excesivo de la circulación de la información disponible. Cada vez más, viejos y
nuevos medios juegan un papel preeminente en la vida de cada individuo. Cabe
destacar que las organizaciones internacionales de comunicación son una señal
tangible de la fusión cultural global . De hecho, si un mismo anuncio es percibido de
manera diferente por los espectadores de un mismo país, las empresas de distintos
países, en función de sus valores culturales de referencia, reaccionan de manera
diferente a los productos importados por los medios de comunicación, proyectando
su propia visión de la realidad sobre el artículo manufacturado. Las empresas que
exportan su propia marca en el extranjero deben, por lo tanto, prestar atención a este
fenómeno. La globalización de la imagen, por sí sola, no es suficiente para garantizar
el éxito, como la marca global debe ser flexible y reactiva a las necesidades locales.
Al exportar su marca, una empresa tiene que tener en cuenta varios factores, como la
potencialidad de una campaña de publicidad global, las diferentes percepciones y
reacciones de la meta local hacia una sola campaña , la distinción de los productos
anunciados, las diferencias en el mercado de referencia, las características de los
diferentes medios de comunicación, diferentes actitudes hacia la publicidad, los
diferentes estilos de publicidad local. Es, por tanto , evidente que incluso las marcas
globales tienen que recurrir a "armonización" para tratar de penetrar en un mercado
con la estrategia de comunicación mejor posible y respetar la cultura y los valores del
país de destino.
Existen toda una serie de factores que favorecen la estrategia de estandarización.
111
2.2.1 Factores que favorecen la estandarización
 Las economías de escala. Dependiendo de la tecnología que está disponible
para cada sector existen unas ciertas economías de escala. Entre ciertos
márgenes al aumentar la cantidad producida disminuye el coste por unidad
fabricada.
Por ejemplo, El Fabricar acero con un coste bajo requiere una siderurgia de cierto
tamaño y producir muchas miles de toneladas al año. Las nuevas tecnologías que
emplea hornos eléctricos y producción en continuo permite producir a bajo coste en
instalaciones más pequeñas pero sigue existiendo un tamaño óptimo. Al tener que
fabricar en grandes cantidades para fabricar barato, en numerosos casos esa gran
oferta requiere de un mercado internacional con una gran demanda para colocar la
producción.
Por ejemplo la fabricación de automóviles con bajo coste, requiere de factorías que
producen 200 o 300 mil vehículos al año, como la factoría de Opel en Zaragoza.
Incluso el mercado Español de un millón y medio de automóviles al año no es
suficiente para vender los 300 mil automóviles de unos pocos modelos que produce
Opel en Zaragoza, por lo que se requiere el mercado Europeo para vender toda la
producción.
 La homogeneización de los gustos de los consumidores. Al igualarse los
gustos de los consumidores y sus comportamientos de compra se facilita la
fabricación y venta de los mismos productos en múltiples países.
 La convergencia de las legislaciones. En los últimos años se ha producido
una importante liberalización y armonización de los mercados en numerosos
países. Igualmente es destacable el mejor tratamiento legal para los productos
y las inversiones internacionales.
 Los procesos de integración económicas. Los procesos de integración
económica favorecen el comercio internacional entre los países miembros al
eliminar barreras aduaneras, restricciones al libre comercio y favorecer el
intercambio de bienes y servicios.
112
2.3 La adaptación
Cuando una empresa se lanza en un mercado extranjero, se deben tener en
consideración muchas variables que dependen de las distintas características de una
empresaque
pertenece
a
otra nación. Por lo que respecta a la segunda estrategia, hoy día preferida por las
empresas en sus acciones de marketing internacional, la así llamada glocalización ha
mostrado flexibilidad de las grandes corporaciones y su deseo de diferenciarsede de
país en país, de un mercado a otro, para entender la realidad local para mantener el
control sobre el mercado global. De esta manera, la empresa se adapta localmente
transformando las características secundarias en cambio de aquellas prevalecientes.
La estrategia de adaptación consiste en adecuar el producto o servicio a las distintas
necesidades y condiciones de cada mercado. Cuando se elige este tipo de estrategia
es porque el mercado de dos o más países se comporta totalmente diferente. La
localización se basa en dos aspectos. La primera es la estrategia de cambio de marca
de acuerdo con en el contexto. En este caso la empresa debe adaptarse totalmente al
medio ambiente, incluso a costa de renunciar a sus características dominantes. El
segundo aspecto relativo a la localización es visto como un movimiento, creado en
reacción a los precedentes movimientos de globalización. La localización ofrece
canales de venta alternativos y la distribución de un producto determinado, que
permitan reunir a los distintos países del mundo en un mismo nivel.
Estas diferentes estrategias de comunicación se utilizan en función de las condiciones
que la empresa tiene que tratar en cada país. Ellos no se sobreponen, sino que están
integrados. Los valores de la globalización coexisten codo en codo con los valores
nacionales. La comunicación es el instrumento principal de que la marca adopta para
evolucionar y adaptarse a las realidades locales. Este es una orientación de
marketing, también llamado “marketing intercultural”, que se adopta cada vez más
por las empresas multinacionales para el desarrollo de productos para la venta en
diferentes zonas del mundo, que todos tienen la misma importancia estratégica para
el desarrollo futuro de la empresa. La comercialización intercultural es, por lo tanto,
un elemento clave de la estrategia general de la empresa, que busca integrar las
113
similitudes y diferencias en un conjunto armonioso y aceptable par el mayor número
de consumidores.
2.3.1 Factores que favorecen la adaptación

Diferencias legales - Las diferentes normas relacionadas con los productos,
los envases y los embalajes pueden obligar a realizar adaptaciones para poder
vender en un mercado extranjero. Las normas técnicas que regulan las
características de los productos, la necesidad de homologación y en general
todas las disposiciones legales que afectan al producto y a las actividades de
comercialización fuerzan la adaptación.

Diferencias en los comportamientos de los consumidores - Las diferencias en
los gustos y las diferencias en el comportamiento de compra impulsan la
adaptación. Igualmente las diferencias en los usos de los productos, en cómo
y en que momento se utiliza favorecen la adaptación.

Tecnologías de producción flexibles - La posibilidad de fabricar en pequeñas
series a bajo coste gracias a las tecnologías de fabricación flexible es un
elemento que facilita la adaptación. Igualmente los cambios en la tecnología
que disminuyen las economías de escala, permiten fabricar series más cortas
sin perder competitividad.

Diferencias culturales - A medida que disminuyen las barreras aduaneras y se
facilitan las comunicaciones, adquiere más importancia las diferencias
culturales como barreras u obstáculos para la comercialización de productos.
Las diferencias en el idioma, en la estética, en las costumbres, creencias y
valores son aspectos fundamentales que deben considerarse en la
comercialización internacional y que pueden forzar la adaptación del
producto al mercado extranjero.
114
De acuerdo a lo anterior, se puede decir que empresas globales como Coca Cola y
McDonals son empresas que realizan adaptaciones a los mercados locales. Los
diferentes productos, los envases e incluso el sabor de Coca Cola varían de un
mercado a otro. En el caso de McDonals que es una empresa muy estandarizada, se
puede encontrar que los productos que ofrece varían en algunos mercados y, por
ejemplo, no ofrece carne de vaca o de cerdo en países como India, respetando de esta
forma sus creencias religiosas.
3. La traducción en la publicidad
En el contexto del marketing internacional, la traducción es un aspecto
fundamental en las campañas de publicidad adoptadas por las empresas que toman
sus decisiones sobre la base de factores de estatus socio-económico.
Ahora vamos a analizar el papel que ejerce la traducción en la transferencia de los
mensajes publicitarios de una cultura a otra.
El marketing internacional y traducción de materiales de publicidad tienen un
objetivo: transmitir un mensaje a la comunidad cultural distinta, lo que puede incluso
compartir el mismo idioma (como en el caso de Inglaterra y los Estados Unidos, o
España y América Latina) .
Traducir una campaña publicitaria es un requisito que las empresas más competitivas
tarde o temprano se enfrentan. Los beneficios que surgen de la conversión de una
campaña publicidad en diferentes idiomas, por lo que es útil incluso en el extranjero,
son numerosos y se refieren a la posibilidad real de aumentar las ganancias y base de
clientes .
Por un lado, la influencia de la globalización de los mercados ha llevado a los
anunciantes a tener en cuenta las diferencias culturales y lingüísticas, que representar
un obstáculo para comunicarse de manera efectiva sus mensajes.
115
Por lo tanto, la traducción está adquiriendo una posición de gran importancia y está
siendo considerada como un instrumento de trabajo necesario en la comunicación
internacional, aunque todavía se ve simplemente como una transferencia de
elementos lingüísticos de una lengua a otra.
Por otro lado, sin embargo, a pesar de la traducción ocupa un papel clave en
campañas publicitarias, su función está sufriendo reveses debido a la creciente
hegemonía de la imagen que se utiliza en los anuncios, y el predominio de Inglés a
nivel global. Otro obstáculo común en la publicidad que la traducción tiene que
enfrentar es la falta de conocimiento de estas normas y de su especial relevancia en el
campo del lenguaje, un elemento fundamental en la el diseño de una campaña
publicitaria. Todavía con demasiada frecuencia, en el mundo de las agencias de
marketing y publicidad, el papel de la traducción es muy infravalorado. Por ejemplo,
los especialistas de marketing tienden a diferenciar el papel de la traducción como la
de “adaptación”. En sus vista, la traducción se limita sólo a una transposición
lingüística del texto escrito, mientras que la adaptación coincide con la “traducción
del sentido”. Tal pensamiento se expresó por un empleado de una agencia de
publicidad spagnola, y refleja el cliché erróneo y difundido que persiste en contra de
esta disciplin , sin embargo, muy poco conocida y respetada.
3.1 La publicidad en las estrategias de marketing internacional:
localizar o globalizar?
La globalización de las economías y la intensificación del comercio han
llevado las empresas a comunicar con los consumidores de diferentes lenguas y
culturas.
¿Cómo pueden los productos globalizados venderse en la realidad local y para
los consumidores locales?
Es precisamente en respuesta a esta pregunta que emerge el papel fundamental de la
publicidad en las estrategias de marketing internacional.
116
El debate entre los partidarios de la globalización y de la adaptación sigue a ser
abierta y se mantendrá de esa manera, hasta que la tierra estará llena de diferentes
lenguas y culturas.
La publicidad internacional consiste en utilizar la misma estrategia de comunicación
en todos los países destinatarios. La ventaja de este enfoque reside principalmente en
las economías de escala generadas por la estandarización de la campaña. Numerosos
argumentos, sea teóricos y prácticos, se les dio para justificar la internacionalización
de algunos productos en las campañas publicitarias.
Los argumentos son los siguientes :

La estandarización de los comportamientos de los consumidores en muchos
países es una prueba tangible de la homogeneización cultural.

La aparición de nuevas categorías de consumidores similares a nivel
internacional como en nuevos mercados transnacionales.

La introducción de temas e iconos (estrellas de cine y supermodelos)
internacionales gracias a las cadenas de televisión y la música pop.
Es obvio que los riesgos de una estandarización forzada no son insignificantes. La
importancia y la influencia de las culturas locales siguen siendo muy importantes en
numerosos países de todo el mundo. Es realmente muy arriesgado no adaptar la
comunicación a algunos mercados locales, especialmente en los países en desarrollo,
donde la tradición cultural es todavía muy presente.
Frente a un posible fracaso, que puede tener secuelas graves financieramente
hablando, la tendencia a la localización está ganando terreno poco a poco. La
localización de las campañas internacionales de publicidad consiste en adaptar la
comunicación de la empresa a las características específicas del entorno local de los
países de acogida dirigidos por la campaña. Este entorno local se puede dividir en
varios componentes a los que el traductor debe localizar prestar especial atención.
Son los siguientes :

El componente socio-cultural que incluye las particularidades locales
derivadas de la religión, las costumbres, los hábitos sociales y comerciales,
normas de conducta y las normas éticas. En resumen, este componente está
117
relacionado con las características principales de la cultura de alojamiento y
de la sociedad .

El componente político-legal que incluye las particularidades locales
derivadas de la naturaleza del sistema político, la etapa de apertura hacia el
mundo, las restricciones impuestas a la publicidad y las regulaciones
relacionadas con la información y para ciertos productos: tales como licores y
tabaco.
3.2 El papel del traductor y de la traducción en las estrategias de
marketing internacional.
La traducción de los anuncios ha evolucionado durante la última década hacia
lo que ahora se llama “Localización de la publicidad”. La localización de las
campañas de publicidad consiste en adaptar la comunicación de la empresa, teniendo
en cuenta los parámetros anteriormente mencionados. La importancia y la influencia
de estos parámetros variaron según las regiones funcionales y países, pero si se
inestiman pueden llevar al fracaso de la campaña. En este contexto, el traductor juega
un papel clave en la adaptación de la campaña de comunicación. Además de su papel
como traductor de la voz - estrictamente hablando - debe asegurarse de que se tienen
en cuenta las restricciones socio- culturales, que podría ser problemático en la
publicidad. No es un simple cambio de denominación derivada de vocabulario
informático, sino un cambio radical de perspectiva respecto a la verdadera naturaleza
y los modos de transferencia lingüística y cultural de una lengua a otra. El tema, que
está en el corazón de la comunicación multilingüe en esta era de la globalización, se
trata de la gestión de las diferencias culturales entre los distintos países de acogida de
una sola campaña publicitaria.
Vamos a tratar de explicar brevemente los términos del problema y los puntos de
vista divergentes de las partes in concreto de este proceso respecto a la cuestión
cultural:
118

En primer lugar, tenemos que los patrocinadores (en otras palabras, los
productores de bienes y servicios) que defienden un enfoque ofensivo con
una concepción muy peculiar de la cultura que indica lo siguiente: la cultura
es “global”, que en América y en el mundo se basa en iconos internacionales
y mensajes estándares.

Luego tenemos los puntos de vista de comunicadores / ejecutivos de
publicidad que creen que la comunicación se aplica a la lista en público
particular visto como un “objetivo” y conocido como el “público objetivo”.
Para ellos, la cultura se define como la cultura de un grupo transnacional de
los consumidores que tienen el mismo estilo de vida y hábitos de consumo
similares.

Y por último, tenemos los puntos de vista de los traductores / localizadores.
Como intermediarios de lingüística y cultural, los traductores son, en
principio, en una posición de mediación que les permite ver el problema
desde la perspectiva de la interculturalidad conciliador y flexible.
La pregunta recurrente para ellos es: ¿Cómo podemos transmitir un único mensaje
escrito en dos idiomas diferentes sin perder ni el espíritu ni la identidad de la
campaña publicitaria?
“La gestión de la otra”, que es lo que la publicidad se trata internacional, será un reto
para el traductor/localizador en varios niveles relacionados con las diferentes partes
del mensaje publicitario es decir, la imagen de una parte, y el texto en la otra. Dentro
de este último, es decir, el texto del anuncio, se puede reconocer: la marca , el lema o
coger la línea y el título.
Cada uno de los aspectos antes mencionados podría suponer un problema cuando se
transfieren de un idioma a otro. Por otra parte, cada uno refleja una faceta de las
cuestiones culturales.
3.3 La publicidad globalizada
119
Algunas marcas, gracias a la lealtad de los consumidores y la reputación de
que goza, no se molestan en ofrecer campañas publicitarias localizadas, creando
eslóganes estandarizados si bien muy persuasivos, que a pesar de las diferencias
culturales, quedan impresas en la mente de los consumidores.
A continuación se presentan algunos ejemplos:
• El eslogan de McDonald: I’m lovin'it.
• El lema de Adidas con la introducción de David Beckam, un icono del fútbol
internacional: Imposible es nada.
3.4 La adaptación de la publicidad
Para entender los riesgos del problema, se debe pensar en términos
semióticos, es decir que la cultura está integrada en los signos lingüísticos, plástico,
gráfico y pictórico que constituyen el mensaje.
En primer lugar hay que hacer una distinción entre los anuncios que se han adaptado
gráficamente y las que han sido adaptadas textualmente antes de ver la relación entre
el texto y los gráficos, lo cual es un elemento esencial en la publicidad.
Las adaptaciones del contenido y la forma que vamos a analizar, son ejemplos típicos
de la problemática cultural en el campo de la publicidad .
A continuación encontrará algunos ejemplos reales del enfoque intercultural de los
traductores en el ámbito de la publicidad internacional.
• Adaptación gráfica
El primer ejemplo de la publicidad internacional, es lo que llamamos “adaptación
gráfica”. En el anuncio para el perfume Tuscany el marco de la publicidad se
transformó. La imagen de fondo es una adaptación al entorno socio- cultural del país
de acogida. La sustitución de un tipo de “escena de la calle” del Mediterráneo para
una escena típica de familia “italiana”
no es insignificante. Su objetivo es la
adaptación de los elementos semióticos de la iconografía original a la imaginación de
120
los consumidores árabes dirigidos y escenas de la vida que son más comunes en las
sociedades árabes ( los cafés y las terrazas ).
En breve, las adaptaciones observadas de la imagen de la publicidad se pueden
dividir en dos categorías: por una parte, la adaptación del significado relacionado con
el fondo en las diferentes versiones del anuncio y en el otro, la adaptación de la
relación entre el elegido de fondo y el producto de que se trate .
• Pruebas de adaptación
El siguiente ejemplo que vamos a analizar es la publicidad de los relojes de lujo
Tissot que tienen por lo menos cuatro versiones diferentes ( Francés / Inglés / árabe /
Polonia ) y se emiten simultáneamente en cuatro idiomas diferentes . Lo que más me
interesa en este momento es mostrar cómo el mensaje publicitario fue adaptado por
los traductores de las restricciones reales del mercado objetivo .
Examinemos las versiones en francés y árabe.
Esta adaptación textual es visible en dos niveles :
• Por un lado, tenemos imágenes retórica con la traducción de la expresión “planeta
azul” en francés, que se traduce como “nuestra madre, la Tierra” en árabe. Por lo
tanto, la traducción es más idiomático y cargada de emociones .
• Y, por otro lado, hemos elegido ideológicamente palabras, con la palabra
“ciudadano” traducido “habitante” con el fin de neutralizar la dimensión política que
sigue siendo muy consecuentes en árabe, porque se refiere a un tipo de gobierno que
es raro en el mundo árabe (el sistema republicano y demócrata ). Además de esto,
tenemos la gama universalista del mensaje original (“todos somos ciudadanos del
planeta azul” ) que podrían irritar algunos regímenes nacionalistas.
Estos dos ejemplos de localización muestran cómo la interacción entre la propia
traducción y los factores culturales del mercado objetivo se lleva a cabo dentro de la
comunicación comercial .
También hay casos en los que el nombre de una marca o producto se cambia o adapta
accidentalmente (o intencionadamente) al país de destino según la forma en que está
escrito.
121
Por ejemplo, el fabricante italiano de productos y servicios para niños Chicco,
presente en España desde hace más de veinticinco años, en el país es conocido como
Chico, ya que en españo “niño” se escribe de la misma manera pero con una “c”. En
este caso, el error funciona, ya que en España la palabra Chicco no tiene sentido, o
por lo menos no hace pensar a un niño. Se puede decir que en el caso de esta marca,
se verificó una localización involuntaria de la marca.
Además de sus habilidades técnicas y de formación semiótica, traductores /
localizadores del siglo XXI son profesionales de la cultura capaces de decodificar y
codificar los signos culturales en el mensaje publicitario. Este papel se ha convertido
en aún más importante, ya que la globalización ha exacerbado paradójicamente los
sentimientos de identidad local en una era cultural globalizado. Esquemáticamente,
digamos que los traductores se han convertido - en un corto período de tiempo - en
“expertos en comunicación intercultural”, ya que dominan los códigos culturales que
“vender”. Este es el valor añadido de su trabajo como traductores que los hace
localizadores hoy.
Pero en realidad , ¿qué significa este “valor añadido”?
La respuesta es variada y heterogénea como la cultura que los traductores /
localizadores deben aprovechar en sus líneas móviles, pero eficiente. Entre el
conocimiento “técnico” de carácter cultural que debe dominar son las siguientes
categorías:
• La adaptación de las fechas y horas, pesos y medidas, divisas y direcciones que a
menudo varían según los países e idiomas.
• El significado de los colores y el simbolismo de las formas geométricas y
arquitectónicas que pudieran ser contradictorias, a veces de una región a otra .
• Los estereotipos culturales y los clichés sociales en uso en las sociedades de
acogida del mensaje publicitario es decir, la representación de uno mismo y de los
demás, las preferencias étnicas, las convicciones religiosas , el espíritu nacional, y así
sucesivamente.
122
3.5 Los peores errores de traducción
Lo que las grandes empresas no tienen en cuenta, sin embargo, es consultar a
un traductor si deciden ampliar la venta de sus productos en el extranjero, pensando
que va a ser suficiente para simplemente traducir el mismo lema en el idioma de
destino.
A continuación presento algunos ejemplos de malas traducciones y de falta de
controles sobre la compatibilidad y la adaptación de las marcas, lemas o anuncios.
Cambiar el nombre de la marca
 Coca-Cola se introdujo inicialmente en China como “Ke-Ke-Kou-La”. Una
vez que se imprimieron los carteles se dieron cuenta de que la frase en chino
significa “muerde el renacuajo de cera” o “ternera rellena de cera”,
dependiendo del dialecto. Como resultado, la compañía analizó los 40.000
caracteres chinos del alfabeto y encontrar una palabra que sonaba como
Coca-Cola: “Ko-Kou-Ko-Le”, que puede traducirse aproximadamente como
“felicidad en la boca”.
Cambio de la traducción de un eslogan y compatibilidad
 El gran éxito de la campaña de publicidad americana de la Junta Nacional de
Procesadores de Leche con el lema “got milk?”, dirigido a la asociación para
organizar la misma campaña de publicidad en México. Fue sólo después de
que la campaña se anuncia en revistas y difundido por las cadenas de
televisión mexicanas que la asociación fue informada de que la traducción del
lema de la campaña aprobada en Español “Tienes Leche?” para los
mexicanos significaba “¿Está dando el pecho?”
123
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