Tumore dei polmoni: arriva il vaccino GVAX

Tumore ai polmoni: arriva il vaccino
Un nuovo promettente trattamento per la cura del tumore dei polmoni “a cellule non piccole”.
Di Maria Lisa Garavaglia
Da un vaccino la promessa per sconfiggere il cancro
ai polmoni. Alcuni ricercatori americani, sotto la
guida dell’oncologo Nemuniaitis, hanno dimostrato
che una nuova formulazione del vaccino detto
GVAX, costituito da cellule tumorali e da cellule
modificate geneticamente, è in grado, in una buona
percentuale di pazienti, di eliminare completamente
e con effetti secondari minimi uno tra i più diffusi
tumori dei polmoni, quello “a cellule non piccole”.
E in altri pazienti, in cui non si è osservata la
completa remissione della malattia, il vaccino è
stato comunque in grado di bloccare o ridurre la
proliferazione della massa neoplastica per un
periodo variabile tra i cinque mesi e i due anni.
Tra tutte le forme di tumore, il cancro ai polmoni è Ideato un nuovo vaccino per il trattamento del
quello che determina la maggiore mortalità sia negli tumore ai polmoni “a cellule non piccole”, il
uomini che nelle donne. Il tumore “a cellule non principale tipo di neoplasia causato dal fumo si
piccole” è uno tra quelli più diffusi a livello sigaretta
polmonare. Il fattore di rischio principale per
l’insorgenza della neoplasia è sicuramente rappresentato dal fumo di sigaretta: almeno nel 80-90%
dei pazienti questa rappresenta la causa primaria di insorgenza del tumore. Altre cause determinanti
sono rappresentate ad esempio dall’inquinamento e dalle fibre di amianto.
Le procedure terapeutiche attualmente utilizzate per il trattamento di questa patologia vanno dalla
rimozione chirurgica del tumore, nei casi in cui la massa neoplastica risulti essere ancora
localizzata, alla radio o alla chemioterapia, unici rimedi possibili per rallentare la crescita ma non
curare definitivamente tumori in stadio avanzato e metastatizzati.
Il vaccino su cui i ricercatori americani stanno lavorando consente una remissione totale della
malattia o almeno un rallentamento della sua evoluzione in un buon numero di soggetti. Con il
vantaggio, rispetto alle terapie attualmente in uso, di non essere debilitante per il paziente come la
radio o la chemioterapia: il solo effetto tossico riportato è una limitata reazione a livello della zona
di iniezione. La metodica, che prevede un certo numero di iniezioni ripetute con il vaccino è poi
sicuramente meno invasiva della resezione chirurgica del tumore.
Ma come funziona il vaccino? Come per la prevenzione antibatterica e antivirale, viene sfruttata la
capacità del nostro sistema immunitario di riconoscere elementi estranei.
Nel corso della malattia, le cellule tumorali cambiano rispetto alle cellule normali e acquisiscono
sulla loro superficie marcatori specifici, cioè elementi normalmente non presenti sulla membrana,
cioè sulla superficie esterna, di cellule dell’individuo adulto. Le cellule neoplastiche sono dunque
potenzialmente riconoscibili e attaccabili dal nostro organismo. La risposta del sistema immunitario
determinata da questi marcatori non è però normalmente sufficiente a sconfiggere il tumore.
L’evoluzione della neoplasia infatti è spesso tanto rapida da surclassare la risposta immunitaria
dell’organismo. Le cellule tumorali stesse sono poi in grado di produrre sostanze, come
l’interleuchina 10, che possono inibire l’attivazione del sistema immune.
Il vaccino usato per la terapia del tumore al polmone è però costituito da cellule tumorali autologhe,
cioè dello stesso paziente, modificate geneticamente in modo da acquisire la capacità di produrre
una sostanza che attiva la risposta del sistema immunitario (il GM-CSF, fattore stimolante due
classi di globuli bianchi: i granulociti e i macrofagi). Queste cellule tumorali prelevate dal paziente
ma modificate in laboratorio non solo sono in grado di essere riconosciute dal nostro organismo
come “diverse” ma anche, differentemente da quanto si osserva nello sviluppo del tumore, di
stimolare la risposta immunitaria. Tuttavia la modificazione genica delle cellule tumorali risulta
essere un processo piuttosto complesso e prolungato nel tempo. E il tumore non aspetta, la sua
evoluzione è piuttosto rapida nel tempo.
Un’ulteriore evoluzione, presentata dai ricercatori americani, consiste nella possibilità di iniettare
contemporaneamente, nel corso della vaccinazione, cellule tumorali non modificate assieme a
cellule allogeniche, cioè non proprie del paziente ma coltivate in laboratorio e rapidamente
ottenibili, produttrici di GM-CSF. Il vaccino così formulato risulta ugualmente efficace. Con un
enorme vantaggio sempre utile nel caso della lotta contro i tumori: la rapidità.
1- J Numunaitis et al., Cancer Gene Therapy (2006) 13, 555-562.
2- http://www.emedicine.com/med/topic1333.htm
3- http://www.airc.it/guida_tumore/tumore_polmone.asp