Il Microscopio Elettronico a Scansione Alcuni cenni storici

02/12/2008
Il Microscopio
Elettronico a
Scansione
Come funziona, come è
strutturato
Confronto tra MO, TEM e SEM
Elettronico
a trasmissione
Ottico
Elettronico
a scansione
Alcuni cenni storici
• 1934: E. Ruska primo prototipo di
TEM
• 1938: von Ardenne primo prototipo
STEM
• 1942: Zworykin realizza il primo
prototipo di SEM capace di analizzare
campioni massivi.
massivi
• 1960:
Everhart
e
Thornley
introducono il loro rivelatore per
elettroni
secondari,
basato
su
scintillatore e tubo fotomoltiplicatore
• 1965:
Cambridge
Instruments
produce e commercializza il primo
SEM
• 1986: Ruska vince il Nobel
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Le sezioni sottili osservate al TEM
sono strati di tessuto bidimensionale
e non possono darci un'immagine
tridimensionale
del
campione
in
esame,
a
meno
che
non
si
ricostruisca
la
tridimensionalità
operando su centinaia di sezioni in
serie,
operazione
lunghissima
e
tediosa.
Il metodo più diretto per ricavare
l'immagine tridimensionale è quello di
osservare il campione al microscopio
elettronico a scansione (SEM).
Il meccanismo della scansione può
essere descritto con un'analogia: è
come se ci trovassimo in una stanza
buia con solo una piccola torcia e
volessimo vedere una parete.
L'unico modo per vedere la parete è
allora esplorarla punto a punto con la
torcia, muovendo questa ultima in
modo da ricoprire la superficie
d'interesse in istanti successivi,
procedendo ad esempio lungo righe
orizzontali, e passando quindi dall'una
all'altra in verticale.
La rapidità di questa operazione è
importante,
perché
consente
di
“ricordare” meglio com'era l'aspetto
della parete (campione SEM) nei punti
già “visualizzati” (nella microscopia a
scansione la memoria è quella di un
computer), ottenendo quanto più
velocemente possibile una visione
d'insieme.
Parti principali
detector
•
•
•
•
•
•
La sorgente di illuminazione: il cannone elettronico
Il sistema per il vuoto spinto
Le lenti elettromagnetiche
Le bobine di deflessione
I rivelatori di segnale
Il sistema di trasformazione dei segnali in
immagini
• La camera porta-campioni
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Sorgente di elettroni
Le sorgenti si dividono in due categorie:
1. Emissione termoionica
2. Emissione di campo
Le sorgenti di emissione termoionica si dividono in
• Catodo a filamento di Tungsteno
• Catodo in Esaboruro di Lantanio (LaB6)
Circuito di
riscaldamento del
catodo
+
Anodo
Emissione per effetto campo
• Emissione
dovuta
alla
capacità
di
estrazione
t
i n di elettroni
l tt ni da
d un
n monoblocco
m n bl
di Tungsteno appuntito da parte di campi
elettrici intensi
• Vuoto richiesto 10-7Pa
Formazione del fascio
• Il monocristallo di tungsteno è sottoposto
all’azione del campo elettrico del primo
anodo (circa 3000V)
• Gli elettroni emessi vengono accelerati dal
secondo anodo fino a 100KeV
• La lente elettrostatica genera il cross
over oltre i due anodi.
Lenti elettromagnetiche
• Una lente elettronica è formata da un nucleo
cilindrico di ferro dolce contenente un avvolgimento
di spire di rame.
• Quando viene fatta passare una corrente si genera
un campo Elettro-magnetico parallelo all’asse della
lente.
• Il campo, agendo sulla carica elettrica dell’elettrone,
“devia” il suo moto.
SISTEMA DI FORMAZIONE DELL’IMMAGINE
DELL’IMMAGINE:: non
esistono lenti magnetiche al di fuori di quelle utilizzate per
la focalizzazione del fascio.
fascio. L’immagine viene ottenuta sulla
superficie di un tubo a raggi catodici, mediante
elaborazione elettronica del segnale proveniente dal
campione..
campione
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Traiettoria del fascio
Il sistema ottico di un SEM può essere
schematizzato come costituito da tre lenti:
due condensatrici ed una obiettivo.
Le bobine di deflessione
• Permettono di effettuare una scansione del
fascio lungo un’area del campione
• Una coppia di bobine deflette il fascio lungo
l’asse X, una seconda coppia lungo l’asse y
• È sincronizzata con il pennello di un tubo a
raggi catodici (CRT) che fornisce l’immagine
finale
Il segnale originato, raccolto dai detector, viene
trasferito alla griglia di controllo di un oscilloscopio a
raggi catodici (CRT).
Un CRT consiste di un tubo vuoto coperto ad una
estremità
(la
superficie
di
visualizzazione
dell’immagine) con fosforo capace di convertire
l’energia di un elettrone incidente in luce visibile.
La scansione del CRT è sincronizzata con quella del
campione. Per questo l’immagine che si ottiene sul
CRT è perfettamente corrispondente al campione.
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Gli elettroni esplorano secondo linee e punti
sequenziali la superficie del campione modificando la
struttura atomica del preparato e originando altri tipi
di elettroni e di segnali:
•elettroni secondari
•elettroni back scattered
•catodoluminescenza e radiazioni X
Questi elettroni e segnali, opportunamente raccolti
da specifici detector, sono utilizzabili per la
formazione di immagini relative sia alla struttura
morfologica del campione che alla sua composizione
chimico-fisica.
Elettroni secondari
Il segnale più frequentemente utilizzato in biologia è
quello generato dagli elettroni secondari (SE), che
rivela la morfologia di superficie di un campione.
Gli elettroni secondari sono prodotti da fenomeni di
diffusione anelastica quando gli orbitali atomici più esterni
sono ionizzati.
Gli SE sono, quindi, elettroni del campione a bassa energia
(valore energetico medio di 4 eV).
Possono emergere superficialmente qualora il fenomeno che
li ha generati sia avvenuto ad una profondità non superiore
a 10 nm.
L’informazione morfologica dei secondari è dovuta al fatto
che le superfici inclinate rispetto alla sonda incidente
generano una maggiore quantità di secondari contribuendo
ad amplificare il contrasto morfologico per piccoli dettagli
(Edge Effect).
Il segnale prodotto dagli elettroni secondari viene
raccolto dal detector di Everhart-Thornley. Esso è
costituito da uno scintillatore posto in serie con una
guida di luce e un fotocatodo-moltiplicatore, a sua
volta collegato a un oscilloscopio a raggi catodici.
La superficie di raccolta dello scintillatore è
ricoperta con uno strato sottile di un metallo
(solitamente alluminio), che possiede la proprietà di
trasformare gli elettroni che interagiscono con esso
in fotoni dello spettro visibile. La radiazione luminosa
così prodotta viene convogliata dalla guida di luce nel
fotocatodo-moltiplicatore, ritrasformata in corrente
e amplificata in intensità, per andare infine a
modulare la griglia di controllo del CRT.
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Gli SE hanno
h
un basso
b
valore
l
energetico
i e molto
l difficilmente
diffi il
vengono raccolti dal detector. Perciò la parte iniziale dello
scintillatore viene polarizzata a una elevata tensione positiva
(6-13 kV), che consente agli SE di incrementare la loro
energia, e facilitando la loro entrata nello scintillatore stesso.
Attorno alla testa di raccolta dello scintillatore è inoltre
predisposta una griglia metallica (gabbia di Faraday)
polarizzabile a valori di tensione variabili da –100 a +300 volts.
Essa ha la funzione di schermare il campo elettrico dello
scintillatore dalla possibile interferenza provocabile dagli
elettroni del fascio primario e, in funzione del valore di
tensione scelto, di operare una selezione tra SE e BSE emessi
dal campione. Se la griglia, infatti, viene mantenuta al valore di
+300 volts, risulterà avere una efficienza massima per la
raccolta degli SE; se viceversa, operasse al valore di –100
volts, il campo negativo creatosi respingerebbe gli elettroni
caratterizzati dallo stesso valore energetico (SE) e
permetterebbe l’entrata solo a quelli di elevata energia (BSE).
Elettroni back scattered
Un altro importante segnale è quello generato dai
back scattered (BSE).
I BSE sono elettroni del fascio primario che, dopo
aver subito uno o più processi di diffusione elastica,
riemergono dal campione con tutta o quasi la loro
energia iniziale (superiore a 50 eV).
Essi danno informazioni di tipo compositivo e
morfologico relative a zone volumetriche del campione
profonde alcuni µm.
SEM-SE, 20kV, 1100x
SEM-BSE, 20kV, 1100x
Queste immagini sono spesso di difficile interpretazione, a
causa della concomitanza dei due differenti tipi di
informazione; solitamente vengono confrontate con immagini
della stessa zona ricavate da elettroni secondari.
Maggiore è il peso atomico dell’elemento maggiore è il numero
di BSE che si generano. Le zone più chiare, quindi, evidenziano
elementi con peso atomico maggiore
Immagine
g
BSE di una lega
g di Al (Z
( =13)) e Cu
(Z=29) ove l’alluminio sono le zone più scure
mentre il rame quelle più chiare
Il sistema di rivelazione è un detector allo stato solido il
quale sfrutta il principio dei semiconduttori, i quali quando
vengono colpiti dai BSE, generano delle coppie elettronel che
amplificate producono a loro volta una corrente.
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Catodoluminescenza
Alcune molecole, a seguito dell'interazione con gli
elettroni primari, producono una radiazione luminosa
detta catodoluminescenza.
Il fenomeno è basato sulla conversione di una piccola
parte
dell'energia
incidente
in
radiazione
elettromagnetica di lunghezza d'onda compresa tra
l'ultravioletto e l'infrarosso.
La raccolta di una frazione monocromatica dello
spettro di emissione consente di localizzare le
sostanze che presentano tale proprietà.
Radiazioni X
Le radiazioni X invece sono provocate dalla
formazione di SE a livello degli orbitali
atomici interni del campione.
A seguito dell'interazione l'atomo si ionizza
e ritorna nelle condizioni originali di
equilibrio mediante il trasferimento da un
livello orbitale più esterno di un altro
elettrone, che occupa il posto vacante
assumendo la configurazione energetica
caratteristica
i i
d l
del
nuovo
li ll
livello
di
appartenenza e liberando il surplus di
energia sotto forma di un fotone X.
Quindi in ogni atomo sottoposto a un
singolo
iniziale
evento
ionizzante
si
producono numerose transizioni di orbitali
equivalenti alla formazione di uno spettro
di radiazioni X, identificante l'elemento
sottoposto al fenomeno di interazione.
X-ray Spectroscopy Æ Microanalisi
Ionizzazione dei gusci interni
incidente E = Ein
lacuna
L
emesso
K
fotone X
L
K
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Risoluzione nel SEM
In microscopia a scansione “la fonte di
illuminazione” è data dagli elettroni e la
risoluzione dipende da molteplici fattori
legati all’area di generazione del
segnale:
• Intensità
primario
e
larghezza
del
fascio
• Aberrazioni delle lenti elettroniche
• Tipologia del segnale generato (la
maggior risoluzione l’abbiamo con gli SE)
•Composizione
studia
del
campione
che
si
Oggi i migliori SEM hanno una risoluzione di
circa 1 nm e danno ingrandimenti da 10 a
200.000 x.
Risoluzione
S t i stretto
Spot-size
t tt
Spot-size largo
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Il giusto compromesso
Spot size
piccolo
Maggior
gg
risoluzione
Minore
numero di
elettroni
generati
Minor rapporto
segnale rumore
Immagini
rumorose:
necessità di filtrarle
Definizioni importanti: profondità di
campo
Profondità di campo: intervallo,
misurato lungo l’asse ottico (asse
z nel microscopio), entro il quale
si può spostare il campione senza
che la sua immagine appaia fuori
fuoco
¾ Dipende
dalla
apertura
angolare delle lenti obiettivo.
Profondità di campo
E’ possibile intervenire
sulla profondità di
campo aumentando la
distanza di lavoro e
diminuendo il diametro
dell’apertura finale
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Minore e’ l’apertura della lente obiettivo e
maggiore e’ la distanza di lavoro WD,
maggiore e’ la profondità di fuoco.
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Preparazione campioni per l’osservazione al
Microscopio Elettronico a Scansione
Le fasi di preparazione generali, comprendenti il
prelievo, la fissazione e la disidratazione sono comuni
a quelle corrispondenti della microscopia elettronica a
trasmissione.
La parte specifica della microscopia elettronica a
scansione comprende le fasi di essicamento,
montaggio e ricopertura del campione.
Protocollo di fissazione per immersione del
campione
Prefissazione in glutaraldeide dal 2% al 4% in
tampone fosfato o cacodilato 0,1 M a pH
7,2, per 20-40 minuti a temperatura
ambiente
Lavaggio in tampone 0,1 M a pH 7,2: 3-4 cambi
di 3-5 minuti l'uno a temperatura ambiente
Post-fissazione per 20-40 minuti in tetrossido
d'osmio 1% in tampone fosfato o cacodilato
0,1 M e pH 7,2, a temperatura ambiente
Lavaggio in soluzione tampone: 3-4 cambi di 3-5
minuti ciascuno, a temperatura ambiente
Protocollo di disidratazione in alcool
Alcool
Alcool
Alcool
Alcool
Alcool
Alcool
50°, 1 cambio
70°, 1 cambio
80°, 1 cambio
90°, 1 cambio
95°, 1 cambio
100°, 2 cambi
di
di
di
di
di
di
10
15
15
15
15
15
minuti
minuti
minuti
minuti
minuti
minuti
Questi sono i tempi consigliati per gli organismi
appartenenti alla meiofauna, per quelli della
macrofauna vanno prolungati.
I campioni, se sono ben visibili ad occhio nudo, subito
d
dopo
l
la
di id
disidratazione,
i
vengono postii in
i
b i
bustine
confezionate con carta da filtro.
Le bustine contenenti i campioni vengono immerse in
alcool 100° dove possono rimanere, a 4°C, per
alcune settimane.
Essicazione al punto critico
(Critical Point Drying, CPD)
Principio fisico
Per ovviare al fenomeno della formazione di forze
superficiali, che producono alterazioni sulle delicate
strutture biologiche, alla disidratazione in alcool deve
far seguito l'applicazione di metodiche particolari che
permettano di passare dalla fase liquida a quella
gassosa senza attraversare la fase di vapore. La più
comune, nonché migliore, fra le varie metodologie
possibili è il Critical Point Drying.
Il principio su cui è basato il processo del
CPD è riferibile all'equazione di stato dei gas.
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Rappresentando su un sistema di assi cartesiani il generico
diagramma di stato di un fluido a volume costante si
possono notare i due diversi percorsi di passaggio di stato.
Nel primo (1), attraversando i valori della curva, cioè
mediante essiccamento all'aria, si genereranno le tensioni
superficiali indesiderate.
Nel secondo (2), mediante l'innalzamento della temperatura
e della pressione, si avrà lo scavalcamento del punto critico
K, consentendo alla fase liquida di trasformarsi nella fase
gassosa senza attraversare la fase di vapore evitando
quindi le forze di tensione superficiali indesiderate.
La CO2 ha una temperatura critica (Tc) di 31,3°C ed
una pressione critica (Pc) di 72,9 atm.
L'acqua ha i seguenti valori: Tc = 374°C e Pc =
217,7 atm.
Se utilizzassimo direttamente l'acqua come fluido in
cui far avvenire il passaggio di stato, dovremmo
superare i suoi valori critici di temperatura e
pressione, ma questi non sono ovviamente compatibili
con le strutture biologiche.
Per q
questo m
motivo la CO2 risulta essere il liquido
q
più
p
indicato per effettuare questa operazione.
Esecuzione dell’essicamento al punto critico
1. Preraffreddamento della camera
2. Introduzione dei campioni all'interno della camera
3. Immissione e scarico della CO2 liquida nella e dalla
camera (3-4 cicli di 2-3 minuti ciascuno)
4. Riempimento parziale della camera (1/2 del volume
totale)
5. Riscaldamento del sistema (innalzamento T e P)
fino al raggiungimento dei valori del punto critico
della CO2
6. Abbassamento dei valori della T e della P. Questa
operazione va condotta facendo molta attenzione a
non oltrepassare, scendendo, il punto critico così
tanto
da arrivare nei valori di P e T che
porterebbero alla ricondensazione della CO2
7. I campioni, così disidratati, sono molto idrofilici;
bisogna evitare quindi ambienti umidi.
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Precauzioni nell'uso dello strumento
Sicuramente
particolare
attenzione
va
posta
nell'apertura e nella chiusura della camera,
controllandone la guarnizione e la filettatura, in
quanto in essa si raggiungono pressioni di circa 100
atm.
Lo scarico finale della CO2 deve avvenire sotto cappa
aspirante, in quanto concentrazioni superiori al 5% di
questo gas nell’ambiente possono essere nocive.
L’erogatore della bombola a fine ciclo va chiuso.
Montaggio su supporto
Il montaggio
t
i consiste
i t nell predisporre
di
il campione
i
su
di un supporto circolare chiamato Stub.
Gli Stub usati comunemente per questo scopo sono di
alluminio e prima dell’uso devono essere puliti
mediante immersione in alcool o acetone.
Porta campioni per SEM (Stub)
1. Sulla base superiore dello stub viene fatto
aderire un pezzetto di scotch biadesivo più
piccolo della sua superficie.
2. Per favorire la conduzione degli elettroni al
campione si circonda il campione con delle
colle conduttive costituite da Ag, Cu, C,
sciolti in un opportuno solvente. Queste colle
hanno anche una funzione adesiva, quindi è
opportuno lavorare in un ambiente riparato da
polveri che si potrebbero attaccare al
campione, disturbando l’osservazione.
3 Se non c’è
3.
c è contatto fra il campione e la
superficie dello stub è necessario creare dei
ponti di colla per assicurare la formazione di
un sistema conduttivo continuo. Questo è
necessario per realizzare le condizioni
richieste di conducibilità elettrica e di
stabilità chimico- fisica che facilmente si
perdono soprattutto a causa dello scotch che
funge da isolante.
Ricopertura del campione
(Metallizzazione per Sputtering)
La migliore qualità dell'immagine viene ottenuta
tramite ricopertura dei campioni e del loro supporto
con un film metallico (oro, platino, ecc.) che
garantisce la migliore interazione fra il campione ed
il fascio elettronico.
Questa ricopertura si può ottenere mediante la
tecnica dello sputtering.
Sputter coater
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•Il principio di funzionamento dello Sputter Coater é
basato sul fenomeno di erosione superficiale di un
metallo tramite bombardamento con particelle di gas
inerte ionizzato.
•Un elevato campo elettromagnetico realizzato tra
catodo ed anodo in una camera sotto vuoto, porta
infatti alla ionizzazione delle molecole del gas
(Argon), immesse nella camera di reazione.
•Le molecole di Argon così ionizzate vengono a
collidere con la superficie del catodo costituita da un
target del metallo scelto (oro) provocando
l'espulsione dei suoi atomi che, deviati in ogni
direzione dalle molecole di gas residuo, ricoprono il
campione in modo avvolgente (nube atomica) essendo
questo sistemato sull’anodo del sistema.
Esecuzione della metallizzazione
I campioni sono posti sul tavolino della camera (anodo)
Si evacua la camera dall’aria tramite pompa da vuoto
Si fa entrare un flusso di gas inerte (Argon).
Si fa raggiungere il valore di vuoto di circa 0,05 mbar
Parametri che determinano lo spessore del film
Normalmente vengono impostati i seguenti valori:
• vuoto della camera 0,05 mbar
• tensione di lavoro 2,5 KV.
Con questi valori di vuoto e di pressione lo spessore del
film si può variare modificando:
1. la distanza tra anodo e catodo,
2. l’intensità della corrente (mA)
3. la durata dell’emissione di atomi dal catodo.
A questo punto i campioni sono
pronti per l’osservazione.
Eusillis sp. (Anellida,
Polichaeta)
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Ostracode
Harpacticoid copepod
Nematode
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Turbanella mustella (Gastrotricha)
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