La filosofia e la lotta politica. Marx
Il contesto culturale
L’idea di nazione ottocentesca è definita attraverso elementi tradizionali come
razza, lingua, costume, religione per cui la nazione è la coesistenza d’individui che
devono vivere insieme, nel senso che non possono non farlo senza rinnegarsi
o tradire sé stessi (Cfr. la lezione La filosofia di fronte alla guerra 2. Hegel).
Questa concezione abbraccia l’hegeliano Stato di diritto, il Rechtstaat, inteso
come un organismo in cui il tutto è superiore alle parti, ossia agli individui che lo
compongono, i quali hanno la loro ragion d’essere solo nello Stato, e fa sì che la
filosofia politica del Romanticismo tedesco tenda sempre più a svilupparsi in una
direzione statalistica e statolatrica, che proclama un nazionalismo giuridico e
politico ed esalta il diritto storico e la politica specifica degli Stati, la molteplicità delle
religioni positive e dei loro culti, il nazionalismo.
Il Romanticismo tedesco offre alcuni strumenti teorici di legittimazione delle
istituzioni assolutistico-feudali, ergendosi contro le tendenze riformatrici e
liberaleggianti scatenate in tutt’Europa dalla Rivoluzione francese e dalle guerre antinapoleoniche.
Tuttavia, il Romanticismo non può essere ridotto a ideologia della Restaurazione
europea, esiste un’altra anima individualistica e libertaria del Romanticismo
che si coniuga, soprattutto negli altri paesi, alle istanze liberaleggianti e contrarie a
Metternich.
In Italia, per esempio, vengono accentuati gli aspetti democratico-volontaristici,
che fondano la nazione, non solo sulla comunanza di tradizioni, ma anche sulla
volontà cosciente di un popolo: “la nazione è il plebiscito di tutti i giorni”, come
dice Ernest Renan.
Così, un patriota quale Giuseppe Mazzini, uno dei principali esponenti della cultura
romantica italiana, fonda il culto della nazione sul liberalismo (salvaguardia dei diritti
individuali) e la democrazia (la teoria del popolo come detentore della sovranità).
Mazzini salda il concetto di nazione e quello di libertà, intesa non solo come
libertà dallo straniero, ma anche come libertà dal potere assoluto, e quindi come
libertà nello Stato.
Cambiare il mondo: l’approccio sociale
Oltre alle istanze liberaleggianti aleggia un’altra anima.
La targa affissa sulla scalinata dell’edificio principale della Humboldt Universität di
Berlino all’estremità orientale del famoso viale Unter den Linden, permette di
introdurre quel filosofo che più di ogni altro ha voluto legare il proprio pensiero alla
prassi e alla rivoluzione:
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“Die Philosophen haben die Welt nur verschieden interpretiert; es kommt aber darauf
an, sie zu verändern” (“I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi
modi; ora si tratta di trasformarlo”).
Questa celebre frase è un appunto scritto da Karl Marx nel 1845 e leggermente
rivisto e pubblicato da Friedrich Engels nel 1888; fu affissa nell’atrio della maggiore
università della Repubblica Democratica Tedesca nel 1953, quando le autorità del
partito socialista unificato, la SED della DDR, decisero di sottolineare in tal modo
l’anno dedicato a Marx.
Il Manifesto del partito comunista
Nel 1847, Karl Marx viene incaricato dalla Lega dei comunisti di elaborare un
documento programmatico, in collaborazione con Engels: il Manifesto del partito
comunista (1847-1848). La prima traduzione completa del Manifesto in Italia sarà
pubblicata a puntate nel periodico Lotta di classe solo nel 1892.
La famosissima introduzione recita:
“Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del
comunismo. Tutte le potenze della vecchia Europa
si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe
contro questo spettro: il papa e lo zar, Metternich e
Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi. [...] È
ormai
tempo
che
i
comunisti
espongano
apertamente in faccia a tutto il mondo il loro modo
di vedere, i loro fini, le loro tendenze, e che
contrappongano alla favola dello spettro del
comunismo un manifesto del partito stesso.”
All’interno del Manifesto Marx sviluppa la
concezione dialettica della storia, che ha al suo
centro il concetto di lotta di classe tra borghesi
e proletari.
Il filosofo analizza la funzione storica della borghesia, sintetizzandone meriti e
limiti. Essa ha il merito di aggiornarsi costantemente sia nei mezzi di produzione sia
nei rapporti sociali; tuttavia, nell’ampliare le comunicazioni per smerciare i prodotti e
creare un mercato mondiale, ha distrutto le campagne e ingigantito le città costruendo
un mondo a propria immagine e somiglianza. Anche il piano dei valori e dei costumi
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ne è risultato sconvolto, investito da un movimento di laicizzazione che ha finalmente
costretto gli uomini a guardare con occhi liberi da illusioni la loro posizione nella vita.
Il contributo originale di Marx non riguarda l’aver scoperto le classi o la lotta di classe,
ma il fatto che l’esistenza delle classi sia legata a determinate fasi storiche di
sviluppo della produzione; poiché le classi si definiscono in relazione alla proprietà,
si definiranno sempre due classi antagoniste: la borghesia, paragonata a uno stregone
che invoca le forze infernali, rimarrà inghiottita dalle forze produttive sociali che si
rivolteranno contro i rapporti di proprietà privatistici.
Il proletariato è investito da una missione storico-universale, perché mentre in
passato la dialettica storica portava alla vittoria di una nuova classe di oppressori, la
rivoluzione comunista vuole abolire qualsiasi forma di proprietà privata, di divisione
del lavoro e di dominio di classe attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione
che, passando dalla gestione privata a quella pubblica, pone fine allo sfruttamento di
classe.
Il compito del proletariato è quello di distruggere i meccanismi istituzionali
borghesi, non d’impadronirsene e di utilizzarli per scopi propri. Lo Stato moderno è
solamente la sovrastruttura di una società civile borghese e capitalistica che deve
essere rifiutata e smantellata attraverso una dittatura proletaria di transizione che
a differenza delle altre dittature (di una minoranza di oppressori) rappresenta la
maggioranza degli oppressi su di una minoranza di ex oppressori destinati a sparire.
Il Manifesto si chiude ricordando la necessità di una stretta collaborazione tra i partiti
dei vari paesi, ponendo le basi dell’internazionalismo di matrice socialista: i
proletari di tutto il mondo hanno obiettivi comuni e quindi devono unirsi. Di qui il
famoso appello, divenuto poi motto dell’Unione Sovietica: Proletari di tutti i paesi,
unitevi!
Lo spirito di Che Guevara
Lo stesso spirito umanitario che mosse Marx ed Engels, può essere avvertito anche in
Ernesto Guevara medico argentino, scrittore e poi rivoluzionario, guerrigliero.
Durante i suoi studi, Guevara passò molto tempo a viaggiare in America Latina. Nel
1951, in particolare, egli intraprende con un suo vecchio amico, Alberto Granado, un
biochimico, un viaggio attraverso il Sudamerica trascorrendo qualche settimana nel
lebbrosario di San Pablo, in Perù, sulle rive del Rio delle Amazzoni, per compiervi
attività di volontariato. La descrizione di questo viaggio fa parte del diario Notas de
viaje – Latinoamericana, dal quale nel 2004, è tratto il film I diari della
motocicletta (v. sotto).
I suoi viaggi permettono a Guevara di rendersi conto della povertà di massa, delle
disuguaglianze sociali ed economiche in tutta l’America Latina; al contempo, le sue
letture sulle teorie marxiste lo portano a ipotizzare la rivoluzione come unica
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soluzione per liberare il Sudamerica inteso come entità unita e senza confini,
legata da una stessa cultura.
L’incontro con Fidel Castro a Città del Messico è decisivo, Guevara vede in lui il
capo rivoluzionario che stava cercando e si unisce al ‘Movimento del 26 di luglio’ che
aveva in programma di abbattere il dittatore cubano Fulgencio Batista.
La lunga guerriglia, sostenuta con il crescente appoggio dei contadini e degli studenti
delle famiglie benestanti cubane, riesce a deporre Batista nel 1959.
Guevara svolge alcuni incarichi politici, come ministro dell’economia del nuovo
governo cubano guidato da Castro, o come capo della delegazione cubana
all’Assemblea Generale dell’ONU, in cui proferisce un ultimo discorso il 24 febbraio
1965, intervenendo al Secondo seminario economico sulla solidarietà afro-asiatica: “In
questa lotta fino alla morte non ci sono frontiere. Non possiamo rimanere indifferenti
di fronte a quanto accade in ogni parte del mondo. Una vittoria di qualsiasi nazione
contro l’imperialismo è una nostra vittoria, come una sconfitta di qualsiasi nazione è
una nostra sconfitta.” Ernesto "Che" Guevara – Intervento all’Onu.
Il 3 ottobre del 1965, Castro pubblica una lettera presumibilmente scrittagli da
Guevara diversi mesi prima, in cui questi confermava la sua solidarietà con Cuba,
ma dichiarava anche la propria intenzione di andare a combattere altrove per la
Rivoluzione: “altri paesi nel mondo hanno bisogno dei miei modesti sforzi”.
Che Guevara – Filmografia
I diari della motocicletta (Walter Salles. Con Gael García
Bernal, Mercedes Morán, Jean Pierre Noher, Mia Maestro,
Rodrigo De la Serna. Avventura - Argentina, Brasile, Cile,
Perù, USA, 2004).
Che - L’argentino (Steven Soderbergh.
Con Demiàn Bichir, Benicio Del Toro,
Santiago Cabrera, Elvira Mínguez, Jorge
Perugorría. Biografico - Francia, Spagna,
2008
Che – Guerriglia (Steven Soderbergh.
Con Demiàn Bichir, Rodrigo Santoro,
Benicio Del Toro, Catalina Sandino
Moreno, María D. Sosa. Biografico Spagna, Francia, USA, 2008
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