IL CONCETTO DI CAMPO
ANDREA AIOLFI 5^D LST
IL CONCETTO DI CAMPO
di
Andrea Aiolfi 5^D LST
I.S.I.S. Giulio Natta
Anno scolastico 2013-2014
IL CONCETTO DI CAMPO
ANDREA AIOLFI 5^D LST
INDICE
1.
2.
3.
4.
5.
Introduzione …………………………………………………………………. 2
Mappa concettuale ..…………………………..………………………… 4
Il campo elettromagnetico ..…........................................… 5
Il campo magnetico terrestre ..………………………………….… 12
I campi di concentramento nella Seconda Guerra
Mondiale .............……………………………………………………..… 15
6. I campi ed i database ..………………………………………………... 19
7. Bibliografia ..……………………………………………………………..... 23
8. Sitografia .…...……………………………………………………………… 23
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IL CONCETTO DI CAMPO
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1. INTRODUZIONE
In questa tesina ho deciso di studiare il "concetto di campo" che, a primo impatto,
può sembrare banale, ma che si rivela originale se si vanno a investigare tutte le sue
possibili accezioni, approfondite nelle varie discipline. La materia con cui ho iniziato
la stesura di questo lavoro è fisica, in cui ho approfondito il concetto di campo
elettromagnetico concentrandomi in particolar modo sui due campi che lo
compongono, elettrico e magnetico.
Da fisica sono quindi passato a scienze della terra, dove ho analizzato un particolare
tipo di campo magnetico, quello del nostro pianeta, il campo magnetico terrestre.
Per mezzo poi del vero e proprio concetto generale di campo, sotto descritto, ho
studiato la realtà dei campi di concentramento nel periodo della Seconda Guerra
Mondiale soffermandomi, in particolar modo, sulla distinzione tra le diverse tipologie
esistite. In seguito, ho focalizzato l'attenzione sul campo di concentramento di
Mauthausen, da me visitato qualche anno fa.
Da ultimo, ho indagato il concetto di campo in informatica, analizzando i database e,
in modo particolare, il passaggio dal modello concettuale al modello logico.
Il termine campo (dal latino campus “campagna, pianura”, poi “campo di
esercitazioni, campo di battaglia”) ha assunto, per evoluzione dai significati principali
che già aveva nella lingua d’origine, notevoli varietà di accezioni e di usi, rimanendo
però sempre legato alla sua accezione fondamentale, ovvero “spazio libero,
contenuto entro limiti concretamente o idealmente determinati e con caratteristiche
proprie”.
In fisica, con significato generico, “la regione di spazio dove è definita una grandezza
fisica”; nella fisica moderna, “la grandezza funzione del punto (per esempio, la
temperatura in un fluido, la forza agente su una carica o su una massa puntiforme),
descritta da una variabile scalare, spinoriale, vettoriale o tensoriale definita in
funzione delle coordinate in una certa regione dello spazio”.
In storia, “luogo di internamento e restrizione della libertà personale per soldati
nemici catturati e civili considerati pericolosi per l’ordine interno”.
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In scienze, “campo geomagnetico, regione dello spazio, intorno alla terra, in cui si
manifestano gli effetti magnetici”.
In informatica, “ciascuna delle informazioni unitarie in cui può essere suddiviso
l’insieme dei dati che formano un record”.
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2. MAPPA CONCETTUALE
STORIA
I campi di
concentramento
nella Seconda
Guerra Mondiale
FISICA
Il campo
elettromagnetico
IL CONCETTO
DI CAMPO
INFORMATICA
I campi ed i
database
SCIENZE DELLA
TERRA
Il campo
magnetico
terrestre
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3. IL CAMPO ELETTROMAGNETICO
Ai giorni nostri tutti abbiamo in tasca un cellulare e sappiamo che qualche volta lo
possiamo usare e qualche volta no. «Non c’è campo» è una frase che si sente spesso:
non c’è campo in montagna e non c’è campo in metropolitana, ad esempio.
Ma cos’è che non c’è quando «non c’è campo»? Il fenomeno è questo: i cellulari
risentono, quasi ovunque, di una qualche azione, che però non è presente in alcuni
luoghi (la montagna, la metropolitana) dove questa grandezza non arriva. Proprio il
telefonino ci permette di verificare la presenza o meno del campo elettromagnetico,
che, emesso dalle antenne distribuite sul territorio, esercita forze sulle cariche
elettriche mobili presenti nell’antenna del telefonino stesso.
Dal punto di vista logico il telefonino è come una carica di prova, che ci segnala
l’esistenza di un effetto che i nostri sensi non percepiscono.
Ma che cos’è in realtà questo campo elettromagnetico?
Il campo elettromagnetico è costituito dalla combinazione del campo elettrico e
del campo magnetico, è generato localmente da qualunque distribuzione di carica
elettrica variabile nel tempo e si propaga sotto forma di onde elettromagnetiche.
Il campo elettrico è generato nello spazio dalla presenza di carica, mentre il campo
magnetico è generato dalla presenza di carica in moto; inoltre, la variazione di un
campo determina la presenza dell'altro.
Analizziamo ora nel dettaglio questi due campi di forze.
IL CAMPO ELETTRICO
La presenza di una carica elettrica provoca nello spazio circostante una perturbazione,
la quale si propaga alla velocità della luce (300'000 km/s).
L’osservazione della perturbazione indotta dalla carica sorgente è resa possibile
attraverso la misura della forza con cui si manifesta su una carica esploratrice, a tale
entità si dà il nome di campo elettrico.
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Il vettore campo elettrico 𝐸⃗ , ovvero la forza per unità di superficie, è il rapporto tra la
forza 𝐹 in un punto data che si manifesta su una carica q e la carica stessa:
𝐸⃗ =
𝐹
π‘ž
Nel SI (Sistema Internazionale) l’unità di misura del campo elettrico è newton su
coulomb (N/C).
Per riassumere, il campo elettrico è la forza per unità di carica in una data posizione.
Pertanto, se conosciamo il valore del campo elettrico 𝐸⃗ in un dato punto la forza
sentita in quel punto da una carica q è: 𝐹 = q 𝐸⃗
Il verso della forza dipende dal segno della carica, in particolare:
- Una carica positiva risente di una forza nella stessa direzione e verso di 𝐸⃗ ;
- Una carica negativa risente di una forza nella stessa direzione e verso opposto
a 𝐸⃗ .
L’intensità di una forza che agisce su una carica q è: F = |q|E.
Il campo elettrico di una carica puntiforme
L’intensità del campo elettrico E di una carica puntiforme q a una distanza r è:
𝐸=π‘˜
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|π‘ž|
π‘Ÿ2
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L'intensità del campo elettrico dunque non dipende dalla carica di prova q, ma dalla
distanza alla quale il campo viene misurato: allontanandosi dalla carica q generatrice
del campo, la sua intensità diminuisce.
Le linee di forza
Un campo elettrico può essere
rappresentato
graficamente
attraverso le linee di forza; ciascuna
di esse corrisponde, in ogni punto,
alla traiettoria che verrebbe
percorsa da una carica elettrica
posta in quel punto (ricordiamo che
la carica deve essere abbastanza
piccola da non modificare in modo
sensibile il campo preesistente). Inoltre, in ogni punto di una linea di forza l'intensità
del campo è rappresentata da un vettore tangente alla linea in quel punto.
La rappresentazione attraverso le linee di forza è abituale in fisica per visualizzare i
campi vettoriali, ma va sottolineato che non corrisponde a qualcosa di realmente
esistente. Le regole che seguono consentono di definire un metodo assolutamente
coerente per tracciare le linee del campo elettrico.
Le linee del campo:
1. sono dirette lungo la direzione del vettore campo elettrico in quel punto;
2. partono dalle cariche positive (+) o dall’infinito;
3. finiscono nelle cariche negative (-) o all’infinito;
4. sono più dense dove ha un’intensità maggiore. In particolare, il numero di linee
entranti o uscenti da una carica è proporzionale all’intensità della carica.
Il flusso del campo elettrico
Considerando un campo elettrico che attraversa una superficie di area A
perpendicolare al campo, osservando le linee di campo con le loro frecce possiamo
facilmente immaginare un flusso del campo elettrico che attraversa la superficie.
Definiamo il flusso del campo elettrico nel seguente modo:
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πœ™ = 𝐸𝐴
Se la superficie è parallela alle linee di campo, nessuna linea del campo elettrico
attraversa la superficie e quindi il flusso del campo elettrico attraverso tale superficie
è nullo:
πœ™=0
In un caso intermedio le linee del campo elettrico attraversano la superficie formando
un angolo θ con la perpendicolare alla superficie stessa.
Nel caso più generale, quindi, il flusso del campo elettrico è il seguente:
πœ™ = 𝐸𝐴 cos θ
Nel SI si misura in newton per metro quadro su coulomb (Nβˆ™m2/C).
Flusso del campo elettrico = 𝐸𝐴 cos θ
Flusso del campo elettrico = EA
La legge di Gauss
Considerando una carica puntiforme positiva q posta al centro di una superficie di
raggio r, il campo elettrico sulla superficie della sfera ha intensità costante:
𝐸=π‘˜
π‘ž
π‘Ÿ2
Poiché il campo elettrico è perpendicolare alla superficie sferica in ogni suo punto il
flusso del campo elettrico è semplicemente il prodotto di E per l’area della sfera
A=4πr2:
π‘ž
πœ™ = 𝐸𝐴 = (π‘˜ π‘Ÿ 2 )(4πœ‹π‘Ÿ 2 ) = 4πkq
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Spesso è utile esprimere k in funzione di un’altra costante, ε0, definita dalla relazione
k=1/4πε0. Questa nuova costante, chiamata costante dielettrica (o permittività) del
vuoto, è:
πœ€0 =
1
4πœ‹π‘˜π‘ž
= 8,85 βˆ™ 10−12 C2/N βˆ™ m2
La legge di Gauss afferma, quindi, che data una carica q racchiusa all’interno di una
superficie arbitraria, il flusso del campo elettrico attraverso questa superficie è:
πœ™=
π‘ž
πœ€0
Nel SI si misura in newton per metro quadro su coulomb (N βˆ™ m2/C)
IL CAMPO MAGNETICO
Così come le cariche elettriche, descritte in
precedenza, creano intorno a loro un
campo elettrico, così un magnete crea
intorno a sé un campo magnetico.
βƒ— è, dunque, un campo
Il campo magnetico 𝐡
vettoriale generato nello spazio dal moto di
una carica elettrica o da un campo
elettrico variabile nel tempo. Il suo verso in
un determinato punto è dato dal verso nel
quale punta il polo nord dell’ago della bussola posta in quel punto. Le linee del campo
magnetico sono più dense vicino ai poli e sono chiuse (escono dal polo nord e
rientrano nel polo sud).
L’intensità della forza magnetica
βƒ— , una particella di carica q si muove in
Considerato un qualsiasi campo magnetico 𝐡
βƒ— , l’intensità della
questa regione con una velocità 𝑣, indicando con θ l’angolo tra 𝑣 e 𝐡
forza 𝐹 a cui è soggetta la particella è:
𝐹 = |π‘ž|𝑣𝐡𝑠𝑒𝑛θ
Nel SI si misura in newton (N).
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La forza magnetica, quindi, dipende da diversi fattori, due dei quali sono in comune
con la forza elettrica:
1) La carica q della particella;
βƒ— ).
2) L’intensità del campo (in questo caso il campo magnetico 𝐡
Ci sono però altri due fattori che hanno effetto solo sulla forza magnetica senza
influenzare la forza elettrica.
1) La velocità v della particella;
2) L’ampiezza dell’angolo θ.
Dalla formula precedente è quindi possibile ricavare l’intensità del campo magnetico
B:
𝐡=
𝐹
|π‘ž | 𝑣 𝑠𝑒𝑛θ
Nel SI si misura in tesla, in onore di uno dei pionieri dell’elettromagnetismo,
l’ingegnere serbo Nikola Tesla.
1 T = 1 N / (A βˆ™ m)
Il tesla è un’unità di misura piuttosto grande, quindi spesso si usa anche un’altra unità
di misura: il gauss (G).
1 G = 10-4 T
La regola della mano destra
βƒ— che a 𝑣.
La forza magnetica 𝐹 punta in una direzione perpendicolare sia a 𝐡
Per determinare il verso della forza magnetica su una carica positiva si fa uso della
regola della mano destra: si inizia puntando le dita della mano destra nella direzione
βƒ— . Il pollice
della velocità 𝑣. Successivamente si ruotano le dita nella direzione di 𝐡
punta nella direzione di 𝐹 . Se la carica è negativa la forza punta nel verso opposto a
quello del pollice.
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Regola della mano destra
La Forza di Lorentz
La forza di Lorentz è la forza che si sviluppa tra un oggetto elettricamente carico ed il
campo elettromagnetico.
Sia data una carica puntiforme q in moto con una velocità 𝑣 in una regione
βƒ— . La
caratterizzata dalla presenza di un campo elettrico 𝐸⃗ ed un campo magnetico 𝐡
forza di Lorentz è la forza 𝐹 che si esercita tra il campo elettromagnetico e la carica,
βƒ— secondo la relazione:
ed è proporzionale a q e al prodotto vettoriale tra 𝑣 e 𝐡
βƒ—)
𝐹 = π‘ž(𝐸⃗ + 𝑣 π‘₯ 𝐡
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4. IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE
La terra, come molti altri pianeti, ha un suo campo magnetico. Per molti aspetti il
campo magnetico terrestre è simile a quello di una gigantesca barretta magnetica.
Campo magnetico terrestre
Il campo magnetico generato dalla Terra, detto anche campo geomagnetico,
corrisponde alla regione dello spazio, intorno alla Terra, in cui si manifestano gli effetti
magnetici. Il campo magnetico terrestre viene rappresentato tramite le linee di forza.
I poli magnetici non coincidono con i poli geografici, dal momento che l’asse che
unisce i due poli magnetici è inclinato di circa 11° rispetto all’asse di rotazione
terrestre. Una bussola, quindi, non ci indica i poli geografici bensì quelli magnetici.
Per un orientamento corretto dobbiamo conoscere i concetti di declinazione e
inclinazione magnetica, di intensità e polarità del campo magnetico.
La declinazione magnetica ci consente di conoscere il polo nord geografico esatto
conoscendo il polo nord magnetico, essa corrisponde infatti all’angolo fra la direzione
del polo nord magnetico e la direzione del polo nord geografico.
Tale declinazione può essere orientale, se la direzione dell’ago della bussola è posta
a est rispetto al meridiano geografico del luogo, o occidentale, se è posta a ovest.
Le linee che uniscono i punti della superficie terrestre aventi la stessa declinazione
sono dette isogone.
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L’inclinazione magnetica rappresenta invece l’angolo che l’ago magnetico forma con
il piano dell’orizzonte, quindi con la superficie terrestre. L’inclinazione magnetica
varia da 90° (ai poli magnetici) a 0° (all’equatore).
Le linee che uniscono i punti della superficie terrestre aventi la stessa inclinazione
sono dette isocline.
L’intensità del campo magnetico terrestre corrisponde alla forza esercitata dal campo
magnetico su ogni punto della superficie terrestre. Essa è massima ai poli e decresce
man mano che ci avviciniamo all’equatore; essa decresce, inoltre, man mano che ci
allontaniamo dal nostro pianeta.
La regione dello spazio nella quale si manifesta la sua azione è detta magnetosfera,
essa è di notevole importanza per la Terra in quanto funge da scudo protettivo contro
le radiazioni cosmiche.
Sebbene l’intensità del campo geomagnetico non rimanga costante nel tempo, le
variazioni più importanti riguardano i poli magnetici: si tratta delle inversioni di
polarità del campo magnetico terrestre.
Inversioni del campo magnetico
Per inversione della polarità del campo magnetico si intende che il polo nord
magnetico è diventato polo sud e viceversa, parleremo quindi di polarità diretta
quando il polo nord magnetico è vicino al polo nord geografico e di polarità inversa
quando il polo nord magnetico è vicino al polo sud geografico.
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È ormai noto come il campo geomagnetico non sia stazionario ma soggetto a
variazioni temporali in direzione ed intensità. Lo studio della magnetizzazione delle
rocce del passato geologico ha mostrato come il campo sia stato soggetto a inversioni
di polarità magnetica (Epoche, Eventi ed Escursioni), la cui ricorrenza sembra essere
casuale, e che interessano simultaneamente tutte le regioni della Terra.
A partire dagli anni sessanta, lo studio della successione delle polarità magnetiche
nelle successioni rocciose ha portato alla compilazione di una prima “Scala delle
Polarità Geomagnetiche” (GPTS). Questa fu definita, e poi via via raffinata e ampliata,
con il contributo di numerosi studi condotti in diverse parti del globo su rocce ignee,
sedimentarie, e tramite l’interpretazione delle anomalie magnetiche misurate sui
fondali marini.
Anche se i cambiamenti nella direzione del campo geomagnetico sono meglio
conosciuti per gli ultimi 5 milioni di anni, oggi disponiamo di informazioni, sia pur
discontinue, sui cambiamenti di polarità degli ultimi 80 milioni di anni e che si
estendono, sia pur con minore dettaglio, fino ad arrivare a 170 milioni di anni fa.
All’interno di ciascuna Epoca magnetica esistono poi degli “Eventi” geomagnetici
riconosciuti a scala globale, e delle “Escursioni” più brevi, la cui durata è, per
definizione, inferiore ai 30 000 anni.
L’ultima inversione avvenne 800 mila anni fa e la terra fu investita da repentini
cambiamenti climatici nonché dall’estinzione di diverse specie animali. Ma dopo un
certo tempo il campo magnetico si ristabilizzò fino a come lo conosciamo noi oggi.
Anche se il campo dovesse diventare molto debole, sulla superficie terrestre siamo
protetti dalle radiazioni atmosferiche. Così come non vediamo e percepiamo la
presenza del campo geomagnetico ora, è possibile che potremmo non accorgerci di
alcun cambiamento significativo dopo l’inversione.
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5. I CAMPI DI CONCENTRAMENTO NELLA SECONDA
GUERRA MONDIALE
Con il termine campo di concentramento si può indicare una vasta tipologia di luoghi
di reclusione e di internamento finalizzati a diversi scopi.
I primi campi di concentramento furono un prodotto del colonialismo europeo che
segnò la storia mondiale a cavallo tra XIX e XX secolo.
I primissimi campi furono messi in funzione nel 1896 dagli spagnoli a Cuba per
contrastare l’insurrezione delle popolazioni locali. Essi divennero poi i luoghi per
eccellenza della repressione e del terrore delle grandi dittature totalitarie del
Novecento, in particolar modo del regime hitleriano in Germania e di quello stalinista
nell’Unione Sovietica.
Campo di concentramento di Auschwitz, Germania
Il termine campo di concentramento o lager (tratto dalla lingua tedesca) viene spesso
usato per indicare diverse tipologie di luoghi che, seppure molto simili, hanno
obiettivi specifici diversi. Occorre, pertanto, fare un’analisi dettagliata delle due più
importanti e note tipologie esistite.
Il campo di lavoro forzato era un luogo nel quale i reclusi erano sottoposti ad una
forma di lavoro coatta, appunto il lavoro forzato, in funzione di una pena da scontare
o per motivi di oppressione o schiavismo. Essi ebbero larga diffusione soprattutto
nell’Unione Sovietica, dove vennero ribattezzati con il termine gulag, nei quali le
condizioni di vita erano ai limiti della sopravvivenza: i prigionieri erano costretti a
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svolgere lavori durissimi, in cave e miniere, nella costruzione di strade, ferrovie,
aeroporti, fortificazioni e nella produzione di mattoni.
Il campo di sterminio (anche conosciuto come “campo della morte”) era un
particolare tipo di campo di concentramento il cui scopo unico era quello di uccidere
i prigionieri che vi giungevano. Questi centri di annientamento, sei i principali sul
territorio tedesco, furono creati dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra
Mondiale per dare il via alla cosiddetta “soluzione finale” del problema ebraico, che
consisteva nell'uccisione di tutti gli ebrei d'Europa compresi nella sfera d'influenza
politico-militare del Terzo Reich, per purificare la nazione e decretare la superiorità
della razza ariana.
Creati sulla base di un complesso ed efficiente programma organizzativo, i campi di
sterminio nazisti causarono la morte di circa sei milioni di ebrei. Essi erano basati su
tecniche scientifiche e una pianificazione di tipo industriale, con il fine di distruggere
un'intera popolazione sulla base di concezioni ideologico-razziali. L'attività di
annientamento dei campi di sterminio rappresentò la fase culminante e più tragica
dell'Olocausto, il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei
confronti degli ebrei d'Europa.
La differenza tra le due tipologie di campo sopra descritte sta nell'idea per cui si uccide
e, in particolare, nel ruolo assunto dalla morte nell’uno e nell’altro caso. Mentre nei
campi di lavoro forzato la morte era una conseguenza delle condizioni di lavoro
terrificanti e di un trattamento alimentare ed assistenziale scadente, nei campi di
sterminio era scientificamente programmata, l’unica “via d’uscita”.
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IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI MAUTHAUSEN
Il campo di concentramento di
Mauthausen (dall'estate 1940
denominato Mauthausen - Gusen)
era un campo di sterminio nazista,
una fortezza in pietra eretta dal
1938 in cima ad una collina sopra
la piccola cittadina di Mauthausen,
nell’Alta Austria.
Mauthausen: Ingresso automezzi
La storia del campo
L’8 agosto 1938, cinque mesi dopo la cosiddetta “annessione“ (“Anschluss”)
dell’Austria al Reich, giunsero a Mauthausen i primi prigionieri provenienti dal campo
di concentramento di Dachau. La motivazione determinante nella scelta di costruire
il Lager in quel luogo fu la stessa che indusse successivamente alla costruzione del
vicino sotto-campo di Gusen nel 1940: la presenza di cave di granito. Inizialmente i
prigionieri furono impiegati nell’edificazione stessa del lager e nel lavoro forzato
presso una ditta di proprietà delle SS che produceva materiale da impiegare per la
costruzione degli edifici monumentali e di prestigio della Germania nazista.
Fino al 1943 la funzione prevalente del lager fu la persecuzione e la reclusione
definitiva degli oppositori politici ed ideologici. Per un certo tempo Mauthausen e
Gusen furono gli unici campi di concentramento classificati di categoria III, previsti per
“detenuti difficili da recuperare”, il che significava che in quei luoghi le condizioni di
reclusione erano durissime e la mortalità fra le più alte tra tutti i lager del sistema
nazista.
Tra il 1942 e il 1943, come in tutti gli altri campi di concentramento, i prigionieri
vennero in numero sempre maggiore impiegati nell’industria bellica e, per gestire la
quantità di prigionieri che aumentava progressivamente, nacque l’esigenza di
costruire numerosi campi-satellite. Alla fine del 1942, nei campi di Mauthausen, di
Gusen e nei campi-satellite circostanti il numero dei prigionieri si aggirava intorno ai
14.000; solo dopo tre anni, nel marzo del 1945, si raggiunse un totale di oltre 84.000
detenuti.
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Dopo la seconda metà del 1944
arrivarono
a
Mauthausen
trasporti di migliaia di deportati,
provenienti soprattutto dai
campi di concentramento,
ubicati più a est, che venivano
evacuati. Nella primavera del
1945 furono smantellati i
campi-satellite situati ad est di
I campi-satellite di Mauthausen
Mauthausen. Tutti i prigionieri
furono convogliati verso Mauthausen-Gusen per mezzo di vere e proprie marce della
morte, finendo per provocare uno spaventoso sovraffollamento, soprattutto nel
campo principale. A seguito di ciò, la fame e le malattie fecero aumentare di colpo la
mortalità.
La maggior parte dei deportati presenti a Mauthausen proveniva dalla Polonia, seguiti
dai cittadini sovietici e ungheresi, ma c’erano anche numerosi gruppi di tedeschi,
austriaci, francesi, italiani, ebrei, jugoslavi e spagnoli. L’amministrazione delle SS del
lager registrò uomini, donne e bambini provenienti da più di 40 nazioni.
In totale, durante il periodo tra la costruzione del lager nell’agosto del 1938 e la sua
liberazione da parte dell’esercito americano nel maggio del 1945, a Mauthausen
furono deportate quasi 200.000 persone.
Migliaia di prigionieri furono fucilati o assassinati con iniezioni letali, altri fatti morire
di botte, altri ancora di freddo durante i cosiddetti “Totbadeaktionen” (i prigionieri
venivano sottoposti a docce gelide finché morivano di freddo e sfinimento o
affogavano cadendo). Almeno 10.000 prigionieri furono assassinati per asfissia, in
particolar modo nella camera a gas nel campo centrale. La maggior parte dei
prigionieri dei lager, tuttavia, non sopravvisse allo sfruttamento spietato della
manodopera, accompagnato da maltrattamenti, denutrizione, mancanza di vestiti
adeguati e di cure mediche. Complessivamente, a Mauthausen, Gusen e negli altri
campi-satellite, morirono circa 100.000 prigionieri, dei quali quasi la metà perì
durante i sei mesi precedenti la liberazione.
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6. I CAMPI ED I DATABASE
Il concetto di campo in informatica va associato associa principalmente alla
trattazione dei database.
Un database è un archivio dati, o un insieme di archivi ben strutturati, in cui le
informazioni in esso contenute sono strutturate e collegate tra loro secondo un
particolare modello logico e in modo tale da consentire la gestione e l’organizzazione
efficiente dei dati stessi e l'interfacciamento con le richieste dell'utente attraverso i
cosiddetti “query language”, il tutto grazie a particolari applicazioni software dedicate
(DBMS), basate su un'architettura di tipo client-server.
Nel procedimento di creazione di un database possiamo distinguere 4 differenti fasi:
1) analisi dei requisiti;
2) modello concettuale;
3) modello logico;
4) modello fisico.
Nel passaggio dal modello concettuale al modello logico, sul quale si è concentrato il
nostro studio della seconda metà dell’anno, così come le entità diventano tabelle,
anche gli attributi si trasformano in campi. Un attributo rappresenta una delle
informazioni che descrivono l’entità (es. “nome” è attributo dell’entità “studente”).
Il campo, equivalente dell’attributo nel modello logico, è, quindi, l'unità di base per
l'immissione dei dati in un record. Un record è, invece, un insieme di campi che sono
in relazione tra di loro, rappresenta cioè l’istanza di una classe.
Analizziamo ora nel dettaglio la progettazione logica di un database.
La progettazione logica consiste di diverse fasi:
1) analisi e trasformazione dello schema ER;
2) applicazione dei vincoli di integrità referenziali;
3) normalizzazione.
Nella prima fase viene effettuato il mapping, procedimento di conversione basato
sull’applicazione di determinate regole di derivazione degli elementi dello schema ER.
Le principali regole di derivazione relative alle entità e agli attributi sono le seguenti:
ogni entità viene trasformata in una tabella, la chiave primaria dell’entità diventa
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chiave primaria della tabella e, come detto prima, ogni attributo e ogni istanza diventa
rispettivamente campo (colonna) e record (riga) della tabella.
Per ogni tabella definiamo poi la cardinalità (il numero di record) e il grado (il numero
di campi).
Per ciò che riguarda il “mapping delle associazioni” dobbiamo distinguere tre diversi
casi in base al tipo di associazione. Nelle associazioni 1:1 si crea un’unica tabella in cui
gli attributi di una entità migrano nell’altra. Nelle associazioni 1:N si creano due
tabelle, aggiungendo nella tabella figlia un attributo con funzione di chiave esterna
corrispondente alla chiave primaria della tabella padre. Infine, nelle associazioni N:M
si creano tre tabelle, una per ogni entità del modello ER e una terza tabella contente
due attributi con funzione di chiave esterna corrispondenti alle rispettive chiavi
primarie delle altre due tabelle.
Nella seconda fase vengono applicate alcune regole che garantiscono l’integrità
referenziale. Queste regole possono essere raccolte in due macro-gruppi:
- vincoli intrarelazionali;
- vincoli extrarelazionali.
I vincoli intrarelazionali, riferiti ad una singola tabella, si distinguono nei seguenti tipi:
- vincolo di unicità: impedisce che all’interno di un campo sia inserito due volte
lo stesso valore;
- vincolo di obbligatorietà: obbliga ad inserire all’interno di un campo un valore
del dominio;
- vincolo di chiave primaria: oltre a unire i due precedenti vincoli definisce il
campo indicato come elemento identificatore;
- vincolo di dominio: indica se nel dominio dei valori di un attributo ce ne sono
alcuni che non possono essere assunti;
- vincolo di tupla: fissando una tupla, indica se nel dominio dei valori di un campo
ce ne sono alcuni che non possono essere assunti.
I vincoli extrarelazionali sono invece riferiti ad almeno due tabelle.
- Vincolo di integrità referenziale: si deve applicare a ogni chiave esterna di una
relazione e impedisce che quella chiave esterna assuma valori non presenti
nella chiave primaria a cui essa fa riferimento.
Anche per quanto riguarda l’inserimento, la modifica e la cancellazione dei record si
devono osservare delle regole.
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IL CONCETTO DI CAMPO
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Per l’inserimento e la modifica sono:
- dipendente: consente l’inserzione di un record nella tabella figlio solo se il
valore della chiave esterna è presente tra i valori della chiave primaria dei
record del padre;
- automatico: consente l’inserzione di un record nella tabella figlio, se il record
nella tabella padre non esiste, viene creato con valore della chiave primaria
uguale al valore della chiave esterna del record della tabella figlio;
- nullo: consente l’inserzione di un record nella tabella figlio, se il record nella
tabella padre non esiste, la chiave esterna viene messa a null;
- default: consente l’inserzione di un record nella tabella figlio, se il record nella
tabella padre non esiste, la chiave esterna viene impostata a un valore
predefinito;
- assolutamente niente (o nessun effetto): consente sempre l’inserimento di un
record nella tabella figlio, non è richiesta in nessun modo la presenza di un
record nella tabella padre.
Invece, per quanto riguarda la cancellazione sono:
- con restrizione: consente la cancellazione di un record della tabella padre solo
se non ci sono record nella tabella figlio associata;
- a cascata: consente sempre la cancellazione di un record della tabella padre e
cancella tutti i record corrispondenti della tabella figlio;
- nulla: consente sempre la cancellazione di un record della tabella padre, se
esiste un record nella tabella figlio i valori della chiave esterna vengono
impostati a null;
- default: consente sempre la cancellazione di un record della tabella padre, se
esiste un record nella tabella figlio i valori della chiave esterna vengono
impostati a un valore predefinito;
- assolutamente niente (o nessun effetto): consente sempre la cancellazione,
non viene effettuato nessun controllo.
Nella terza fase si mette in atto la normalizzazione, un processo di semplificazione di
un database per ottenere la struttura ottimale. Un database non normalizzato
presenta problemi di ridondanza, inefficienza, complessità e perdita di informazioni.
Per risolvere questi problemi occorre, quindi, suddividere una relazione in più
relazioni grazie all’applicazioni delle cosiddette forme normali: criteri che devono
essere soddisfatti dalle tabelle per evitare la ridondanza dei dati e possibili anomalie
che ne conseguono.
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IL CONCETTO DI CAMPO
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- Prima forma normale (1FN)
Una tabella è in prima forma nomale se e solo se ciascun attributo è definito su
un dominio di valori atomici.
- Seconda forma nomale (2FN)
Una tabella è in seconda forma normale se è in prima forma normale e tutti i
suoi attributi non-chiave dipendono dall’intera chiave, cioè non possiede
attributi che dipendono solo da una parte della chiave.
- Terza forma normale (3FN)
Una tabella è in terza forma normale se è in seconda forma normale e tutti i
suoi attributi non-chiave dipendono direttamente dall’intera chiave; la terza
forma normale elimina la dipendenza transitiva degli attributi della chiave.
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IL CONCETTO DI CAMPO
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7. BIBLIOGRAFIA
- Walker, Corso di fisica vol. 3, edizioni linx, cap. 23 e 26.
- Mossudu A., Temi di geografia generale edizione mista, Tramontana, cap. 12.
8. SITOGRAFIA
http://online.scuola.zanichelli.it/
http://www.treccani.it/
http://it.wikipedia.org/
http://www.mauthausen-memorial.at/
http://www.sapere.it
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