Neoplasie. differenza tra tumori benigni e tumori maligni. Introduzione Non c’è parola nella intera terminologia medica che evochi più giustificato terrore del termine “cancro”. Negli Stati Uniti nel 1994 si è calcolato che oltre un milione di individui hanno saputo per la prima volta di essere portatori di una forma di cancro (rappresentati per circa un terzo da cancri cutanei) e circa 390.000 ne sono morti. Approssimativamente il 18.5% delle morti negli Stati Uniti è causato dal cancro; soltanto le malattie cardiovascolari mietono più vittime1. Nello stesso anno in Italia sono stati registrati 156.192 decessi totali per tumori di cui 91.311 maschi e 64.881 femmine. Accertato che questo tipo di malattia, definita significativamente “il male del secolo”, colpisce soprattutto persone nella fase adulta (45-65) anni, è interessare verificare quali tipi di tumore siano i più frequenti. Dall’analisi dei dati emerge che i tumori maligni della trachea, dei bronchi e dei polmoni risultano al primo posto (30.955 decessi), seguiti dai tumori maligni dello stomaco (13.214) e dai tumori maligni alla mammella nella donna (11.359). E’ però opportuno precisare che, dal punto di vista della diagnosi medica, la categoria dei tumori è piuttosto vasta, per cui possono rientrare in questa definizione molti tipi di patologie che sfuggono all’identificazione2. Sebbene il cancro abbia comprensibilmente maggiore importanza, in questo lavoro sono stati considerati sia i tumori benigni che i maligni. L’attenzione è focalizzata principalmente sulle loro caratteristiche basilari di morfologia e comportamento così come su una revisione dei correnti concetti riguardanti la loro origine e causa nonché le loro differenze. Definizione Neoplasia letteralmente significa “nuova crescita” (neoformazione) e la massa di cellule componenti tale crescita è un neoplasma. Il termine neoformazione non definisce adeguatamente una neoplasia. Molto più significativa è la definizione di Willis: «Una neoplasia è una massa anomala di tessuto, la cui crescita è eccessiva e incoordinata rispetto a quella del tessuto normale e persiste nella sua eccessività anche dopo la cessazione degli stimoli che hanno evocato l’alterazione»3. A questa caratterizzazione noi potremmo aggiungere che la massa anomala si comporta in modo afinalistico, devasta l’ospite in quanto la crescita di tessuto neoplastico compete con le cellule e i tessuti normali per quanto riguarda gli apporti energetici e il substrato nutritivo. Fin tanto che queste masse possono fiorire in un paziente che progressivamente deperisce, esse sono in un certo grado autonome. Successivamente diventerà evidente che tale autonomia non è completa. Tutte le neoplasie in ultima analisi dipendono per la loro nutrizione, respirazione, e cioè per il loro apporto vascolare, dall’ospite e molte forme di neoplasia richiedono anche un supporto ormonale. 1 Stanley L. Robbins, M.D., Ramzi S. Contran, M.D., Le basi patologiche delle malattie, Piccin Editore, Padova 1995, pag 143. 2 CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Guida 1998/1999 per l’informazione sociale, Comunita’ Edizioni, Capodarco di Fermo 1998,pag. 418. 3 Willis, R. A.: The Spread of Tumors in the Human Body, Butterworth and Co, London. 1952. 1 I termini tumore e cancro dovrebbero essere chiariti. Di fatto il termine tumore si riferisce semplicemente al rigonfiamento che in realtà è uno dei segni cardinali dell’infiammazione. Mentre una neoplasia prossima alla superficie del corpo produce un rigonfiamento tumorale, tutti i “tumori” in senso stretto non sono neoplastici e possono essere prodotti da emorragie o edema. Tuttavia l’uso perpetuato nel tempo ha eguagliato il termine tumore a quello di neoplasia e tutte le altre accezioni di “tumore” sono ora passate nel limbo.Oncologia (oncos= tumore) infatti significa studio dei tumori o più correttamente studio delle neoplasie. Cancro è il termine comune per tutti i tumori maligni. Tale denominazione ha origini antiche: essa piaceva a coloro che paragonavano con ostinazione le masse neoplastiche ai granchi: «alcuni dicono che (il cancro) è chiamato così poiché esso aderisce a qualsiasi parte che raggiunge, nel modo ostinato del granchio».4 Il termine benigno e maligno applicato alle neoplasie ha implicazioni cliniche. La designazione benigna implica che la lesione non è pericolosa per la vita, e cresce in maniera relativamente lenta, non si dissemina attraverso l’organismo (non metastatizza) e può essere rimossa, con guarigione completa del paziente. Solo raramente una neoplasia benigna uccide e ciò accade per la sua localizzazione “strategica” o per la sua attività funzionale. Per esempio una neoplasia benigna che ostruisce i dotti biliari comuni o elabora una sufficiente quantità di insulina da causare ipoglicemia fatale, può avere un comportamento clinico non troppo benigno. Viceversa quasi tutte le neoplasie maligne hanno il potenziale funesto di una rapida crescita, invasione e distruzione di strutture contigue e disseminazione attraverso l’organismo, conducendo a morte5. Nomenclatura Classificazione dei tumori ______________________________________________________________________ Tessuto di origine Benigni Maligni I Semplici (Composti da un solo tipo cellulare neoplastico) A. Tumori di origine mesenchimale Sarcomi (1) Tessuto connettivo e derivati Tessuto fibroso Tessuto mixomatoso Tessuto adiposo Tessuto cartilagineo Tessuto osseo Tessuto di derivazione notocordale Fibroma Mixoma Lipoma Condioma Osteoma Fibrosarcoma Mixosarcoma Liposarcoma Concrosarcoma Osteosarcoma Cordoma Cordosarcoma (2) Tessuto endoteliale e tessuti correlati Vasi ematici 4 5 Emangioma: Emangiosarcoma (sarcoma multiplo sarcoma di Kaposi) Stanley L. Robbins, M.D., Ramzi S. Cotran, M.D., cit. pag. 144. Ibid. 2 capillare cavernosi Vasi linfatici Linfangioma Sinovia Mesotelio (cellule che tappezzano le cavità del corpo) Meningi Meningiomi Linfangiosarcoma Sinovioma (sinovialosarcoma Mesotelioma(mesoteliosarcoma) ?Sarcoma di Ewing (endoteliosarcoma) Giomi Tumore gnomico ?Vasi ematici midollo osseo (3) Cellule ematiche e cellule correlate Cellule ematopoietiche Leucemia granulo citica Leucemia monocitica Linfomi maligni Leucemia linfatica Plastocitoma (Mielo ma multiplo) Morbo di Hodgkin? Tessuto linfoide (4) Muscolo Muscolo liscio Muscolo striato Leiomioma Rabdomioma B. Tumori di origine epiteliale Leiomiosarcoma Rabdomiosarcoma Carcinomi Epitelio pavimentoso stratificato Annessi cutanei: Follicoli piliferi Papilloma a cellule squamose Carcinoma spino cellulare Ghiandole sudoripare Ghiandole sebacee Epitelio di rivestimento: Ghiandole o dotti: gruppo ben differenziato Idroadenomi Adenoma sebaceo Epitelioma baso cellulare Adenocarcinomi Carcinoma sebaceo Adenoma Adenocarcinoma Papilloma Carcinoma papillifero Adenoma papillifero Adenocarcinoma papil lifero Cistoadenoma Cistoadenocarcinoma Gruppo scarsamente differenziato Carcinoma midollare Carcinoma indifferenziato Tratto respiratorio Carcinoma broncogeno 3 «Adenoma» bronchiale Tessuto neuroectodermico Nevi Epitelio renale Cellule epatiche Adenoma tubulare renale Adenomi epatici Epitelio transizionale Papilloma Epitelio placentare Epitelio testicolare Mola idatidea Melanoma (melanocarcinoma) Carcinoma renale (iper nefroma) Epatomi o Epato-carci nomi Carcinoma papillifero Carcinoma a cellule transizionali Carcinomaspinocellulare Corioncarcinoma Seminoma Carcinoma embrionale II. Misti (Più di un tipo cellulare neoplastico usualmente di derivazione da un unico foglietto embrionale) Ghiandole salivari Tumori misti delle Tumori misti maligni ghiandole salivari delle ghiandole salivari (adenoma pleomorfo) Abbozzo renale Tumore di Wilms III. Composti*. (Più di un tipo cellulare neoplastico di derivazione da più di un foglietto embrionale) Cellule totipotenti nelle gonadi o Teratoma Uno o più elementi nei resti embrionali divengono maligni Cisti dermoide 6 Caratteristiche delle neoplasie: criteri per differenziare le forme benigne dalle maligne Tutte le neoplasie mettono in allarme i pazienti ma quale sollievo arreca la diagnosi di “tumore benigno”. La differenziazione fra forme benigne e maligne, è il giudizio più importante che il patologo è chiamato a dare: sulla sua decisione in merito, sono basate la terapia della lesione e la prognosi dei pazienti. Molti criteri vengono usati nell’effettuare questa distinzione e la distinzione e la discussione seguente si rifà alle caratteristiche generali delle neoplasie benigne e maligne, particolarmente a quelle usate come aspetti differenziali. Una tabella a fine lavoro riporta in sommario questi dati distintivi . Prima di addentrarci in questa discussione sulle caratteristiche differenziali delle neoplasie benigne e maligne dobbiamo puntualizzare che, sebbene la maggior parte dei * Neoplasie composte possono presentare tipi cellulari diversi di derivazione dallo stesso foglietto embrionale (ghiandolari e pavimentose per es.) non frammisti (f. miste) ma contigui (N. d. T.). 6 Ibid, 147 4 tumori sono chiaramente benigni o inequivocabilmente maligni, alcuni costituiscono lesioni limite e non possono essere definiti con certezza. Un intelligente patologo una volta ha detto: «tutti i tumori non sono necessariamente benigni o maligni»7! Più precisamente tali neoplasie possiedono alcuni aspetti che suggeriscono una diagnosi di benignità mentre altri depongono per una natura maligna. Queste lesioni limite puntualizzano in ultima analisi la soggettività dell’interpretazione morfologica delle caratteristiche differenziali dei tumori benigni e maligni. E’ anche importante ricordare che alcune neoplasie che appaiono chiaramente benigne si comportano biologicamente come cancri e viceversa. Non vi è pertanto sempre una corrispondenza perfetta fra la predizione morfologica e il comportamento biologico. Tuttavia questi tumori costituiscono eccezioni: in generale possono essere definiti criteri morfologici tali da distinguere le neoplasie benigne dalle maligne e i tumori si comportano in modo corrispondente.8 Differenziazione e anaplasia Tutti i tumori, benigni e maligni, hanno due componenti basilari: (1) cellule neoplastiche proliferanti che comprendono il loro parenchima e (2) lo stroma di sostegno costituito da tessuto connettivo, vasi sanguigni e possibilmente linfatici. Le cellule parenchimali sono di gran lunga le più importanti poiché esse, non solo costituiscono la gran massa della maggior parte dei tumori, ma formano anche la porzione proliferante degli stessi così da determinare la natura. CELLULE PARENCHIMALI. Sebbene tutte le cellule parenchimali abbiano alcune caratteristiche comuni, esse presentano una grande variabilità morfologica e funzionale. Questa gamma si estende da cellule virtualmente indistinguibili dai loro progenitori normali fino a cellule terribilmente atipiche che non hanno alcuna somiglianza con una qualche cellula normale. La differenziazione delle cellule parenchimali si riferisce al grado di somiglianza con le cellule normali da cui derivano e include il livello di raggiungimento delle caratteristiche morfologiche e funzionali pienamente mature di queste ultime. Più vicina è la somiglianza con i progenitori, maggiore è la differenziazione; più grande è la differenza delle caratteristiche della cellula normale e minore è la differenziazione. La neoplasia scarsamente differenziata può anche essere chiamata indifferenziata. In generale, tutte le neoplasie benigne sono ben differenziate mentre quelle maligne variano da forme ben differenziate ad altre, costituite da cellule di aspetto primitivo, anarchiche, indifferenziate. Poco è noto sulla origine cellulare dei tumori benigni, questi possono derivare da cellule differenziate dei tessuti adulti. Si crede al contrario che i tumori maligni (cancri) abbiano origine dalle cellule staminali o da cellule del pool di riserva che si trovano in tutti i tessuti specializzati. In tal modo un cancro indifferenziato si origina dalla proliferazione delle cellule del pool di riserva in assenza di processi di differenziazione. Analogamente anche i cancri ben differenziati originano probabilmente da cellule di riserva che vanno incontro a specializzazione nella loro proliferazione neoplastica. Tale concezione è più che accademica. Mentre molte cellule specializzate perdono la loro capacità di moltiplicarsi quando diventano completamente mature (per esempio strati 5 superficiali dell’epitelio pavimentoso stratificato) nella neoplasia la specializzazione può verificarsi senza perdita della capacita’ proliferativa. Anaplasia può essere usato come sinonimo di indifferenziazione delle cellule tumorali. Letteralmente anaplasia significa « formarsi a ritroso », fenomeno che attualmente non si ritiene possa verificarsi. Ciononostante il termine anaplasia è venuto ad avere uno specifico significato rispetto alle neoplasie. I tumori anaplastici sono invariabilmente maligni e sono composti da cellule più o meno indifferenziate che hanno perduto alcune o tutte le somiglianze, con la controparte normale. Sia le cellule che i loro nuclei mostrano un caratteristico polimorfismo – variazione in dimensione e forma; possono essere trovate cellule giganti le quali sono molte volte più grandi delle cellule vicine, e altri elementi possono essere estremamente piccoli e di aspetto primitivo. Caratteristicamente i nuclei sono sproporzionatamente voluminosi per le cellule, e il rapporto nucleocitoplasmatico si può avvicinare ad 1:1 invece del normale 1:4 o 1:6; la forma nucleare è generalmente assai variabile e la cromatina è spesso ammassata in maniera irregolare e frequentemente distribuita lungo le membrane nucleari. Nei nuclei sono usualmente presenti voluminosi nucleoli che riflettono l’attività sintetica di queste cellule. I tumori anaplastici in genere mostrano una grande quantità di mitosi che rispecchiano l’attività proliferativi delle cellule parenchimali; tuttavia deve essere puntualizzato che la presenza di mitosi non indica necessariamente che il tumore sia maligno. Più importanti come aspetto diagnostico di neoplasia maligna sono le figure mitotiche atipiche e bizzarre che talvolta producono aspetti tripolari, quadripolari o fusiformi. Spesso la cellula in mitosi mostra fusi abnormemente grandi in un’area e altri molto piccoli e rattrappiti in zone diverse. Un altro aspetto importante della neoplasia è la formazione di cellule giganti tumorali, alcune fornite di un solo grande nucleo polimorfo, altre di due o più nuclei. Queste cellule non devono essere confuse con elementi flogistici tipo Langhans o da corpo estraneo, i quali posseggono molti nuclei piccoli normali. Le cellule giganti tumorali mostrano ipercromia nucleare e nuclei eccessivamente grossi per la cellula stessa. La disposizione delle cellule anaplastiche è variabile nei diversi tumori. Nelle lesioni meglio differenziate, le cellule riproducono aspetti ghiandolari e una ben definita architettura rassomigliando in un certo senso al tessuto di origine; così i follicoli nei carcinomi della tiroide somigliano talvolta strettamente a quelli dell’organo normale. All’altro lato dello spettro si trovano cancri molto anaplastici costituiti da cellule non solo diverse dalle normali ma anche disposte alla rinfusa: cordoni o grossi ammassi di elementi tumorali si sviluppano con un atteggiamento anarchico e disorganizzato. Le cellule proliferanti richiedono ovviamente un apporto ematico, ma spesso lo stroma vasculo-connettivale è poco rappresentato e pertanto in molti tumori anaplastici ampie zone vanno incontro a necrosi ischemica. L’anaplasia, quando è presente, costituisce un segno inconfondibile di malignità di una neoplasia. Nella evoluzione neoplastica in genere compare nelle cellule tumorali un certo grado di anaplasia, sebbene notoriamente in alcune sia poco marcata. L’uso del microscopio elettronico ha esteso e confermato la caratterizzazione delle cellule neoplastiche. Gli elementi tumorali ben differenziati delle neoplasie benigne possono avere virtualmente tutti i normali aspetti ultrastrutturali delle cellule normali da cui derivano. Similmente le cellule cancerose ben differenziate deviano assai poco dalla norma: man mano però che questi elementi diventano progressivamente più indifferenziati, la loro organizzazione ultrastrutturale converge verso una condizione più semplificata. Un intero spettro di carcinomi sperimentali del fegato mal denominati epatomi è stato indotto nel ratto. Le cellule degli epatomi ben differenziati, denominati « epatoma con minima deviazione », sono molto simili agli epatociti normali: essi hanno solo poche deviazioni ultrastrutturali rispetto a questi: fondamentalmente una 6 semplificazione del reticolo endoplasmatico rugoso (RER) e variazione delle dimensioni e delle forme mitocondriali. Nelle forme più indifferenziate di epatoma vi è un aumento di ribosomi liberi, più grande varietà di forma dei mitocondri e un’ulteriore riduzione e semplificazione del RER. Tutte queste alterazioni possono essere evocate da altre forme di stimoli patologici sugli epatociti normali. La sofisticazione funzionale delle cellule tumorali è correlata con il loro grado di differenziazione. Cellule tumorali ben differenziate sono capaci di elaborare i prodotti caratteristici delle cellule normali, da cui esse originano; ad esempio le cellule dei carcinomi dello strato spinoso dell’epidermide (carcinomi a cellule squamose o epiteliomi spinocellulari) sintetizzano la cheratina e formano caratteristiche strutture cheratiniche concentriche « le perle cornee », i carcinomi del colon elaborano muco ed i carcinomi della corticale del surrene formano ormoni steroidi. Il profilo enzimatico dei neoplasmi differenziati differisce di poco da quello delle cellule normali da cui originano. Al contrario i cancri meno differenziati perdono queste caratteristiche funzionali specializzate, cosicché ad esempio cellule poco differenziate nel carcinoma a cellule squamose non secernono cheratina né formano le perle cornee né ponti intercellulari. I cancri indifferenziati hanno spesso un corredo enzimatico deviato, tendente cioè ad essere simile a quello delle cellule embrionali. In altre parole le cellule non differenziate non riescono a maturare seguendo i normali schemi morfo-funzionali. Si può usualmente distinguere tra neoplasie benigne o maligne in base alla loro differenziazione parenchimale. In generale tutti i tumori benigni sono estremamente ben differenziati. Gli elementi neoplastici in un tumore a cellule muscolari lisce (leiomioma) somigliano così strettamente a quelli normali da rendere impossibile, all’esame a forte ingrandimento di un leiomioma, di riconoscere che le cellule muscolari lisce appartengono ad un tumore. Solo il raggruppamento di queste in un nodulo mostra la natura tumorale della lesione. Ci si può accostare tanto ad un albero da perdere di vista la foresta! In tali tumori benigni le mitosi sono estremamente rare e le poche presenti sono normali: non infrequentemente sembra che le mitosi siano assenti per cui viene facilmente sollevata la domanda su come il tumore abbia raggiunto le sue dimensioni. Invece i cancri, anche se variano da forme ben differenziate ad altre indifferenziate, possiedono generalmente un certo grado di anaplasia. Questa alterazione istologica e l’evidenziamento dell’invasione di strutture circostanti costituiscono i due criteri principali per cui si pone diagnosi microscopica di cancro nella sede primitiva della neoplasia. Più avanti vedremo che i cancri possono disseminarsi (metastatizzare) e quando ciò accade la natura della lesione primitiva non pone più dubbi, poiché i tumori benigni non metastatizzano mai. Un altro aspetto correlato all’anaplasia dev’essere qui citato: in genere il grado di crescita di un tumore maligno è parallelo al suo grado di anaplasia – cioè, più grande è la differenziazione, più lenta è la crescita. L’anaplasia delle cellule cancerose è stata utilmente impiegata come criterio diagnostico citologico di cancro. Il test di Papanicolaou su striscio, per il cancro è basato sul fatto che le cellule cancerose sono meno coesive di quelle normali in modo tale da desquamare prontamente: l’anaplasia può essere identificata in base all’esame attento microscopico delle singole cellule desquamate. Così nei carcinomi della cervice le cellule anaplastiche desquamano nelle secrezioni vaginali e l’esame di uno striscio di tali secrezioni sarà in quasi tutti i casi utile per svelare la presenza della lesione primitiva. Il test citologico di grande importanza nella diagnosi di cancro. STROMA. Lo stroma vascolarizzato pur di importanza critica per la sopravvivenza e la crescita del tumore, non è utile per differenziare la neoplasia benigna dalla maligna. E’ chiaro da dati sperimentali che nell’insorgenza di una neoplasia lo sviluppo di un apporto vascolare e della concomitante impalcatura stremale è fondamentale per l’evoluzione della massa. E’ stato ingegnosamente dimostrato che le cellule tumorali singole si 7 accrescono nei terreni di coltura fino a formare piccole passerelle, forse dell’ordine di alcuni mm di diametro e quindi si arrestano nella crescita. Aggiungendo terreno fresco di coltura o ossigeno non si ha ulteriore crescita: tuttavia quando le cellule tumorali crescono in un tessuto esse entrano rapidamente in una fase di crescita logaritmica, appena esse riescono ad organizzare una opportuna circolazione sanguigna dai tessuti adiacenti. Un fattore derivato da cellule tumorali che induce angiogenesi (TAF) isolato da alcuni tumori, sembra sia responsabile dello stimolo per la crescita di nuovi capillari sanguigni. Perrtanto la capacità del parenchima a proliferare dipende dalla adeguatezza dell’apporto ematico e dalla propria impalcatura stremale. Quando la crescita parenchimale sorpassa l’apporto ematico, la regione centrale della neoplasia più lontana da questo (che è meglio sviluppato alla periferia) va incontro a necrosi ischemica ed emorragia. E’ stata di conseguenza ventilata la possibilità, seppure complessa, di potere controllare la crescita dei tumori cercando di impedire la loro capacità di formare una adeguata circolazione sanguigna. Si può dimostrare sperimentalmente che quando un tumore viene impiantato, ad esempio nella cornea, insieme ad un impianto di cellule cartilaginee proliferanti (un tessuto normalmente non vascolarizzato) il tumore non si vascolarizza. Sembra che la cartilagine elabori un fattore diffusibile che inibisce la crescita di nuovi capillari nell’impianto di cellule tumorali. Sfortunatamente, questa azione è limitata alla zona immediatamente vicina alla cartilagine. Come agisca questo fattore elaborato dalle cellule della cartilagine non è completamente chiaro, la sua attività è stata ascritta alla presenza di inibitori di proteasi, descritti nella cartilagine ed in altri tessuti privi di vascolarizzazione. E’ ragionevole pensare che questa linea di ricerca possa portare in futuro a risultati promettenti. La ricchezza del tessuto connettivale stremale determina la consistenza del tumore. Alcuni cancri, particolarmente sarcomi (tumori carnosi), possiedono molto poco stroma fibroso e hanno la consistenza della carne cruda di pesce o della sostanza nervosa. I carcinomi che hanno tale consistenza molle, vengono definiti midollari. All’altra estremita dellos pettro stremale vi sono alcune neoplasie che stimolano una reazione collagena densa così da raggiungere notevole consistenza. Questa reazione proliferativa stremale è definita desmoplasia ed è particolarmente ben dimostrabile in molti cancri della mammella femminile definiti carcinomi cirrosi. Anche isole di cartilagine o di osso metaplasici sono talvolta osservabili nello stroma e in alcuni cancri si rileva marcata infiltrazione da parte di linfociti, plasmacellule e istiociti. Successivamente verrà puntualizzato che tale reazione mononucleata è di grande interesse per l’immunologia oncologica, poiché suggerisce una risposta immunitaria dell’ospite contro l’invasore4. Velocità di accrescimento In genere il tasso di crescita di una neoplasia è correlato con il suo livello di differenziazione e il suo comportamento clinico. La maggior parte dei tumori benigni che sono differenziati, accresce lentamente lungo un arco temporale di anni, con un ritmo costante. La maggior parte dei cancri cresce rapidamente, talvolta con un ritmo irregolare fino eventualmente a diffondersi e uccidere l’ospite. Tali generalizzazioni devono essere ampiamente precisate. Le neoplasie benigne possono andare incontro a periodi di lungo assopimento, durante i quali non aumentano di volume o, una volta raggiunte determinate dimensioni cessano di accrescersi o diminuiscono persino in dimensione. 4 Ibid, pag 146-152. 8 Fattori quali la dipendenza ormonale, la compressione del loro apporto ematico con atrofia delle cellule neoplastiche ben differenziate e con ogni probabilità, altri influssi sconosciuti, possono causare l’arresto della loro crescita. Per esempio i leiomiomi uterini (tumori benigni a cellule lisce) sono comuni: quando essi hanno raggiunto dimensioni sufficienti, sono facilmente palpabili ad una visita addomino-pelvica. Non è infrequente osservare donne che presentano leiomiomi i quali non aumentano il proprio volume in periodi di tempo compresi tra anni e perfino decenni. Non infrequentemente dopo la menopausa, tali neoplasie sono ampiamente sostituite da tessuto fibroso collageno e spesso interamente calcificate. Entrambi questi cambiamenti suggeriscono si sia verificata una perdita della capacità di accrescimento con conseguente atrofia fibrocalcifica della lesione. D’altra parte il benigno fibroadenoma (un tumore caratterizzato da stroma fibroso abbondante che racchiude ghiandole) della mammella femminile può andare incontro a rapido incremento di volume durante la gravidanza, presumibilmente a causa degli aumentati livelli di ormoni steroidei da cui la neoplasia sembra dipendere. Siano le neoplasie benigne in lento accrescimento ovvero assopite o anche apprezzabilmente aumentate di volume in un certo periodo di tempo, le mitosi non sono mai frequenti. In realtà l’attività mitotica di taluni tumori è considerevolmente inferiore a quella che si osserva nelle rigenerazioni dell’endometrio post mestruale, o che permette la costante crescita e sostituzione dell’epitelio di rivestimento intestinale. In genere il tasso di accrescimento dei cancri ha un andamento parallelo con il loro livello di differenziazione e quindi la maggior parte dei cancri crescono più rapidamente dei tumori benigni. Si osserva, di fatto che più il tumore è anaplastico più numerose sono le mitosi e più rapida la sua crescita è il tempo di raddoppiamento delle cellule tumorali. Per alcuni tumori come il linfoma di Burkitt, il tempo di raddoppiamento può essere breve, 5 giorni o anche meno. In molti tumori maligni comunque il ciclo cellulare è più lungo rispetto a quello di molte cellule normali. Si è dimostrato che alcune cellule tumorali hanno un ciclo cellulare lungo molti mesi. In realtà, il tempo di raddoppiamento del volume dei tumori è estremamente variabile, per alcuni esso è breve, limitato a settimane, mentre per altri tipi di tumori esso supera l’anno con in media un valore rappresentativo di 2 mesi. Va però notato che il tempo di raddoppiamento del volume non è solo funzione della durata del ciclo cellulare, vi è anche implicata la quota cellulare in attiva divisione determinata dal numero di cellule che muoiono o vanno comunque perdute. Nei tessuti adulti normali la crescita cellulare è equilibrata dalla differenziazione e dalla morte delle cellule. Un aspetto fondamentale della cellula neoplastica è la mancata capacità di differenziazione con il mantenimento del potenziale replicativo. Si pensa che tale attività proliferativa evidenziata da un aumentato numero di cellule in mitosi risulti dalla perdita dei controlli di regolazione. Deve essere sottolineato comunque che la valutazione clinica della crescita tumorale è ampiamente basata sull’aumento in dimensione della neoplasia seguito con tecniche radiografiche. Tali studi sono quindi approssimativi e riguardano soltanto la massa tumorale rilevabile clinicamente. Quando i cancri insorgono, essi si presentano in un primo tempo come foci di cellule anaplastiche totalmente confinati nella sede di origine. Tali lesioni primitive non producono masse né possono essere visualizzate radiograficamente. I cancri caratterizzati dalla modificazione neoplastica di cellule all’interno del luogo di origine e che non hanno superato le membrane basali, così da non infiltrare i tessuti circostanti, vengono definiti in situ. Per esempio un carcinoma della cervice uterina in situ risulta confinato a cellule cancerose entro la mucosa cervicale. ed un cancro della cute in situ è anch’esso localizzato nell’epidermide. In termini di tasso di crescita, il picco di incidenza dei carcinomi cervicali in situ si ha nelle donne intorno ai 25-35 anni di età; a questo stadio della loro evoluzione le lesioni non producono alterazioni grossolane visibili nella mucosa cervicale e possono essere diagnosticate solo mediante colpomicroscopia. 9 L’età media delle pazienti con cancri clinicamente manifesti, ben visibili, è fra i 40 e i 45 anni; ne consegue pertanto che sono richiesti dai 10 ai 15 anni perché queste neoplasie evolvano dallo stadio in situ a masse clinicamente evidenti. Analoghe situazioni sono state verificate per altre forme di neoplasie cliniche. Pertanto, anche se noi parliamo di rapido tasso di accrescimento dei cancri, dobbiamo tener presente che gran parte della crescita si rende evidente solo dopo molti anni di lenta evoluzione. L’accrescimento del cancro segue spesso un corso irregolare e imprevedibile: sebbene la maggior parte aumenti progressivamente di volume, alcuni possono improvvisamente diminuire le loro dimensioni quando vanno incontro a necrosi ischemica per deficienza relativa di apporto ematico. Altri possono rimanere silenti per un periodo considerevole di tempo e altri ancora andare incontro a fasi esplosive di aumento delle dimensioni. Innumerevoli sono i casi in cui il cancro localizzato, per esempio nei polmoni, resta estremamente piccolo e silente e viene scoperto solo dopo che si è disseminato estesamente nel corpo con un processo che verrà descritto come metastatizzazione. D’altra parte i cancri possono rimanere silenti per anni (sfortunatamente non molti) senza dare origine a metastasi. Fattori dell’ospite indubbiamente influenzano la velocità di accrescimento dei cancri. Vi sono molti dati sperimentali sul fatto che l’ospite può sviluppare una reazione immune ai tumori. Abbondano anche suggerimenti secondo cui l’immunità può giocare un ruolo nel controllo della crescita tumorale nell’uomo. Si ricorda la necessità che ha il cancro di provvedersi di un sufficiente apporto ematico per svilupparsi ed espandersi. Molti tumori che originano in organi bersaglio di ormoni (per esempio la mammella, la prostata o l’endometrio) mantengono una dipendenza ormonale. E’ stato dimostrato ad esempio che alcuni carcinomi della mammella sono costituiti da cellule che portano sulla membrana dei recettori per gli ormoni steroidi, simili a quelli del tessuto mammario normale. I tumori che manifestano questi recettori proteici sono estrogeno-dipendenti ed ogni aumento fisiologico durante la gravidanza, stimola la crescita del tumore. Al contrario un più basso livello di questi ormoni conseguente a ooforectomia o ad adrenalectomia, fa spesso abbassare la velocità di crescita o di infiltrazione del tumore, e prolunga la vita9. Modalità di crescita e di diffusione La modalità di crescita e la capacità di diffusione differenzia chiaramente i cancri dalle neoplasie benigni. INCAPSULAMENTO. Quasi tutti i tumori benigni si accrescono come masse espansive localizzate, racchiuse da una capsula fibrosa. Esse rimangono localizzate nel luogo di origine e non possono disseminarsi attraverso il corpo. La capsula è costituita da una membrana fibrosa in parte derivata dallo stroma fibroso del tessuto connettivo circostante e in parte elaborata dal tumore. La lenta pressione espansiva della neoplasia benigna causa atrofia delle cellule normali parenchimali circostanti, risparmiando lo stroma fibroso più resistente dei tessuti autoctoni che dà consistenza allo stroma di sostegno del tumore e avvolge la massa tumorale. In alcune parti tuttavia la capsula viene prodotta dallo stroma del tumore stesso. Tale incapsulamento tende a contenere la neoplasia benigna come una massa discreta prontamente palpabile e facilmente spostabile che può essere chirurgicamente enucleata. Tuttavia l’accrescimento centrifugo causa compressione e atrofia delle strutture contigue. L’adenoma benigno dell’ipofisi anteriore 9 Ibid, pag. 152, 153. 10 può distruggere tutto il parenchima ipofisario normale residuo, intrappolato fra la lesione che si espande e la sella turcica. Mentre l’incapsulamento è una caratteristica delle neoplasie benigne, la mancanza della capsula non indica necessariamente un carattere di malignità. Alcuni tumori benigni come i leiomiomi dell’utero, non sono incapsulati; tuttavia poichè essi sono circondati da miometrio compresso possono essere enucleati. Anche gli angiomi benigni (neoplasie composte da vasi) spesso non sono incapsulati e possono quindi infiltrare le sedi (frequentemente il derma della pelle) da cui prendono origine. Egualmente alcune neoplasie fibroblastiche del derma (dermatofibromi) non sono capsulati. I linfangiomi che originano comunemente nell’ascella, nel collo, nel mediastino non sono mai incapsulati e infatti hanno la caratteristica allarmante di insinuarsi diffusamente lungo i piani di clivaggio. Malgrado la loro crescità di tipo infiltrativi e la mancanza di capsula, queste neoplasie non metastatizzano mai e vengono considerate benigne. I cancri non sono quasi mai incapsulati e sono caratterizzati da crescita infiltrante erosiva che si estende a zaffi nel contesto dei tessuti adiacenti. Durante la loro crescita progressiva i tumori maligni possono sviluppare una membrana fibrosa che apparentemente li ingloba, e spingersi per un vasto raggio nelle strutture normali circostanti. In ogni caso l’esame istologico rivela quasi sempre la presenza di sottili zaffi, indicativi di una crescita infiltrativa. Molti tumori maligni sono ovviamente invasivi e possono ad esempio penetrare nella parete del colon o dell’utero, o possono estrudere attraverso la superficie cutanea. Essi non riconoscono limiti anatomici e spesso permeano i linfatici, vasi sanguigni e gli spazi perineurali. L’ablazione chirurgica di questi tumori è resa particolarmente difficile da questa caratteristica di invasività e richiede generalmente la rimozione di una notevole quantità di tessuto apparentemente normale intorno al tumore infiltrante (intervento radicale). Anche se i tumori benigni possono spingersi lungo un vasto raggio nei tessuti normali adiacenti ed insinuarsi nei punti di minore resistenza preesistenti essi non invadono e non distruggono i tessuti circostanti come invece fanno i tumori maligni. Dopo la capacità di dare metastasi l’invasività è la più tipica delle caratteristiche che differenzia i tumori maligni dai tumori benigni. Benché l’invasività sia un argomento ampiamente studiato, è un fenomeno ancora poco compreso. Sono stati considerati molti meccanismi che includono un’alterazione del comportamento sociale e alterazioni delle caratteristiche di membrana delle cellule neoplastiche, alcune delle quali possono essere di grande importanza. Oltre alle caratteristiche proprie della cellula neoplastica, la risposta dell’ospite alla neoformazione maligna può contribuire a determinare l’invasività . E’ infatti possibile che reazioni infiammatorie localizzate accompagnate da adema possano diminuire la compattezza del tessuto circostante, ed il rilascio di enzimi lisosomiali dai leucociti possa ulteriormente favorire l’invasività. A parte tutte queste speculazioni altri fattori, ancora sconosciuti potrebbero essere importanti. Ad esempio perché la cartilagine, i tendini, i legamenti e le arterie sono relativamente resistenti alla invasione da parte di cellule tumorali mentre invece vene, linfatici e tessuti soffici vengono prontamente invasi? Potrebbero la densità e la compattezza del tessuto rappresentare un fattore importante nel determinare l’invasività? Potrebbero gli inibitori dell proteasi che sono abbondanti nei primi tessuti, rappresentare fattori protettivi contro la proliferazione delle cellule tumorali?. Anche se diversi meccanismi possibili sono stati esaminati, molti dei quali potrebbero essere validi e importanti, molto rimane ancora oscuro circa i meccanismi reali che contribuiscono a determinare l’invasività dei tumori maligni. 11 METASTASI. La capacità di metastatizzare caratterizza inequivocabilmente un tumore come maligno, poiché i tumori benigni non manifestano questa caratteristica. Le metastasi sono impianti tumorali discontinui con il tumore primario. A loro volta le metastasi di per sé possono dare origine ad altre metastasi. La proprietà di invasività del tumore ne consente la penetrazione nei vasi sanguigni, linfatici e nelle cavità del corpo, determinando l’opportunità per la loro diffusione. Con poche eccezioni, tutti i tumori maligni possono metastatizzare. L’eccezione più importante è costituita dai tumori maligni delle cellule gliali del sistema nervoso centrale denominati glomi e i carcinomi dello strato basale dell’epidermide (basaliomi). Ambedue sono tumori altamente invasivi (particolarmente i basaliomi, che sono noti nei vacchi testi come « ulcus rodens » grazie alle loro capacità invasive e distruttive), ma raramente metastatizzano. In genere più il tumore primitivo è aggressivo, più cresce rapidamente e più è grande, più probabilmente esso metastatizza o ha già metastatizzato. Esistono comunque innumerevoli eccezioni. Talvolta tumori piccoli, ben differenziati che crescono lentamente, metastatizzano notevolmente ed al contrario tumori che crescono rapidamente possono rimanere localizzati per anni. E’ possibile dimostrare sperimentalmente che la capacità di metastatizzare, la velocità di crescita e l’invasività sono caratteristiche dissociate, acquisite indipendentemente e non consequenzialmente dalla cellula tumorale; è il processo noto come progressione del tumore. La capacità di metastatizzare non è totalmente dipendente da una crescita rapida e dalla invasività. Non è possibile quindi essere certi della capacità di metastatizzare di un tumore dall’esame patologico del tumore primitivo. La disseminazione del cancro è ovviamente una delle conseguenze più temute. Quando essa si verifica, praticamente la malattia ha superato lo stadio dell’estirpazione chirurgica che offre le maggiori speranze di guarigione. La disseminazione maligna può insorgere secondo quattro modalità: (1) impianto diretto nelle cavità naturali e sulle superfici dell’organismo, (2) trapianto, (3) disseminazione attraverso la via linfatica, (4) disseminazione mediante embolizzazione attraverso la via ematica. Ognuno di questi punti necessita di una descrizione separata che però non verrà esaminata in questa sede10. Paragone tra tumori benigni e maligni _______________________________________________________________________ Caratteristiche Tumori benigni Tumori maligni ________________________________________________________________________ Differenziazione Struttura spesso tipica del tessuto di origine Tasso di crescita Di solito progressiva; lenta crescita che può assestarsi o regredire; le figure mitotiche sono scarse, e quelle presenti guresono sono normali Modalità di accrescimento 10 Struttura spesso atipica cioè con differenziazione imperfetta La crescita è casuale e può essere rapida con molte figure mitotiche anomale Accrescimento di solito espansivo: Accrescimento Ibid, pag.153, 156. 12 formazione di capsula Metastasi Assenti espansivo e infiltrativo: assenza di capsula Frequentemente presenti. 11 Bibliografia CNCA, Guida 1998/1999 per l’informazione sociale, Comunità Edizioni, Capodarco di Fermo (AP) 1998. Stanley L. Robbins, M. D., Ramzi S. Contran, M. D.: Le basi patologiche delle malattie, Piccin Editore, Padova 1995. Willis, R. A.: The Spread of Tumors in the Human Body, Butterworth and Co., London 1952. Nicoletta Amadio Benessere e Salute, 2003-09-30 11 Ibid, pag 160. 13