Neoplasie - Il Mascalzone

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Neoplasie.
differenza tra tumori benigni e tumori maligni.
Introduzione
Non c’è parola nella intera terminologia medica che evochi più giustificato terrore del
termine “cancro”. Negli Stati Uniti nel 1994 si è calcolato che oltre un milione di
individui hanno saputo per la prima volta di essere portatori di una forma di cancro
(rappresentati per circa un terzo da cancri cutanei) e circa 390.000 ne sono morti.
Approssimativamente il 18.5% delle morti negli Stati Uniti è causato dal cancro; soltanto
le malattie cardiovascolari mietono più vittime1.
Nello stesso anno in Italia sono stati registrati 156.192 decessi totali per tumori di cui
91.311 maschi e 64.881 femmine. Accertato che questo tipo di malattia, definita
significativamente “il male del secolo”, colpisce soprattutto persone nella fase adulta
(45-65) anni, è interessare verificare quali tipi di tumore siano i più frequenti. Dall’analisi
dei dati emerge che i tumori maligni della trachea, dei bronchi e dei polmoni risultano al
primo posto (30.955 decessi), seguiti dai tumori maligni dello stomaco (13.214) e dai
tumori maligni alla mammella nella donna (11.359). E’ però opportuno precisare che, dal
punto di vista della diagnosi medica, la categoria dei tumori è piuttosto vasta, per cui
possono rientrare in questa definizione molti tipi di patologie che sfuggono
all’identificazione2.
Sebbene il cancro abbia comprensibilmente maggiore importanza, in questo lavoro sono
stati considerati sia i tumori benigni che i maligni. L’attenzione è focalizzata
principalmente sulle loro caratteristiche basilari di morfologia e comportamento così
come su una revisione dei correnti concetti riguardanti la loro origine e causa nonché le
loro differenze.
Definizione
Neoplasia letteralmente significa “nuova crescita” (neoformazione) e la massa di cellule
componenti tale crescita è un neoplasma. Il termine neoformazione non definisce
adeguatamente una neoplasia. Molto più significativa è la definizione di Willis: «Una
neoplasia è una massa anomala di tessuto, la cui crescita è eccessiva e incoordinata
rispetto a quella del tessuto normale e persiste nella sua eccessività anche dopo la
cessazione degli stimoli che hanno evocato l’alterazione»3. A questa caratterizzazione noi
potremmo aggiungere che la massa anomala si comporta in modo afinalistico, devasta
l’ospite in quanto la crescita di tessuto neoplastico compete con le cellule e i tessuti
normali per quanto riguarda gli apporti energetici e il substrato nutritivo. Fin tanto che
queste masse possono fiorire in un paziente che progressivamente deperisce, esse sono in
un certo grado autonome. Successivamente diventerà evidente che tale autonomia non è
completa. Tutte le neoplasie in ultima analisi dipendono per la loro nutrizione,
respirazione, e cioè per il loro apporto vascolare, dall’ospite e molte forme di neoplasia
richiedono anche un supporto ormonale.
1
Stanley L. Robbins, M.D., Ramzi S. Contran, M.D., Le basi patologiche delle malattie, Piccin Editore, Padova 1995,
pag 143.
2
CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Guida 1998/1999 per l’informazione sociale, Comunita’
Edizioni, Capodarco di Fermo 1998,pag. 418.
3
Willis, R. A.: The Spread of Tumors in the Human Body, Butterworth and Co, London. 1952.
1
I termini tumore e cancro dovrebbero essere chiariti. Di fatto il termine tumore si riferisce
semplicemente al rigonfiamento che in realtà è uno dei segni cardinali
dell’infiammazione. Mentre una neoplasia prossima alla superficie del corpo produce un
rigonfiamento tumorale, tutti i “tumori” in senso stretto non sono neoplastici e possono
essere prodotti da emorragie o edema. Tuttavia l’uso perpetuato nel tempo ha eguagliato
il termine tumore a quello di neoplasia e tutte le altre accezioni di “tumore” sono ora
passate nel limbo.Oncologia (oncos= tumore) infatti significa studio dei tumori o più
correttamente studio delle neoplasie. Cancro è il termine comune per tutti i tumori
maligni. Tale denominazione ha origini antiche: essa piaceva a coloro che paragonavano
con ostinazione le masse neoplastiche ai granchi: «alcuni dicono che (il cancro) è
chiamato così poiché esso aderisce a qualsiasi parte che raggiunge, nel modo ostinato del
granchio».4
Il termine benigno e maligno applicato alle neoplasie ha implicazioni cliniche. La
designazione benigna implica che la lesione non è pericolosa per la vita, e cresce in
maniera relativamente lenta, non si dissemina attraverso l’organismo (non metastatizza)
e può essere rimossa, con guarigione completa del paziente. Solo raramente una neoplasia
benigna uccide e ciò accade per la sua localizzazione “strategica” o per la sua attività
funzionale. Per esempio una neoplasia benigna che ostruisce i dotti biliari comuni o
elabora una sufficiente quantità di insulina da causare ipoglicemia fatale, può avere un
comportamento clinico non troppo benigno. Viceversa quasi tutte le neoplasie maligne
hanno il potenziale funesto di una rapida crescita, invasione e distruzione di strutture
contigue e disseminazione attraverso l’organismo, conducendo a morte5.
Nomenclatura
Classificazione dei tumori
______________________________________________________________________
Tessuto di origine
Benigni
Maligni
I Semplici (Composti da un solo tipo cellulare neoplastico)
A. Tumori di origine mesenchimale
Sarcomi
(1) Tessuto connettivo e derivati
Tessuto fibroso
Tessuto mixomatoso
Tessuto adiposo
Tessuto cartilagineo
Tessuto osseo
Tessuto di derivazione
notocordale
Fibroma
Mixoma
Lipoma
Condioma
Osteoma
Fibrosarcoma
Mixosarcoma
Liposarcoma
Concrosarcoma
Osteosarcoma
Cordoma
Cordosarcoma
(2) Tessuto endoteliale e tessuti correlati
Vasi ematici
4
5
Emangioma:
Emangiosarcoma
(sarcoma multiplo
sarcoma di Kaposi)
Stanley L. Robbins, M.D., Ramzi S. Cotran, M.D., cit. pag. 144.
Ibid.
2
capillare
cavernosi
Vasi linfatici
Linfangioma
Sinovia
Mesotelio (cellule che tappezzano
le cavità del corpo)
Meningi
Meningiomi
Linfangiosarcoma
Sinovioma (sinovialosarcoma
Mesotelioma(mesoteliosarcoma)
?Sarcoma di Ewing
(endoteliosarcoma)
Giomi
Tumore gnomico
?Vasi ematici midollo osseo
(3) Cellule ematiche e cellule correlate
Cellule ematopoietiche
Leucemia granulo
citica
Leucemia monocitica
Linfomi maligni
Leucemia linfatica
Plastocitoma (Mielo
ma multiplo)
Morbo di Hodgkin?
Tessuto linfoide
(4) Muscolo
Muscolo liscio
Muscolo striato
Leiomioma
Rabdomioma
B. Tumori di origine epiteliale
Leiomiosarcoma
Rabdomiosarcoma
Carcinomi
Epitelio pavimentoso
stratificato
Annessi cutanei:
Follicoli piliferi
Papilloma a cellule
squamose
Carcinoma spino
cellulare
Ghiandole sudoripare
Ghiandole sebacee
Epitelio di rivestimento:
Ghiandole o dotti: gruppo
ben differenziato
Idroadenomi
Adenoma sebaceo
Epitelioma baso
cellulare
Adenocarcinomi
Carcinoma sebaceo
Adenoma
Adenocarcinoma
Papilloma
Carcinoma papillifero
Adenoma papillifero Adenocarcinoma papil
lifero
Cistoadenoma
Cistoadenocarcinoma
Gruppo scarsamente differenziato
Carcinoma midollare
Carcinoma
indifferenziato
Tratto respiratorio
Carcinoma broncogeno
3
«Adenoma» bronchiale
Tessuto neuroectodermico
Nevi
Epitelio renale
Cellule epatiche
Adenoma tubulare
renale
Adenomi epatici
Epitelio transizionale
Papilloma
Epitelio placentare
Epitelio testicolare
Mola idatidea
Melanoma (melanocarcinoma)
Carcinoma renale (iper
nefroma)
Epatomi o Epato-carci
nomi
Carcinoma papillifero
Carcinoma a cellule
transizionali
Carcinomaspinocellulare
Corioncarcinoma
Seminoma
Carcinoma embrionale
II. Misti (Più di un tipo cellulare neoplastico usualmente di derivazione da un unico
foglietto embrionale)
Ghiandole salivari
Tumori misti delle Tumori misti maligni
ghiandole salivari
delle ghiandole salivari
(adenoma pleomorfo)
Abbozzo renale
Tumore di Wilms
III. Composti*. (Più di un tipo cellulare neoplastico di derivazione da più di un foglietto
embrionale)
Cellule totipotenti nelle gonadi o
Teratoma
Uno o più elementi
nei resti embrionali
divengono maligni
Cisti dermoide
6
Caratteristiche delle neoplasie: criteri per differenziare le forme benigne dalle
maligne
Tutte le neoplasie mettono in allarme i pazienti ma quale sollievo arreca la diagnosi di
“tumore benigno”. La differenziazione fra forme benigne e maligne, è il giudizio più
importante che il patologo è chiamato a dare: sulla sua decisione in merito, sono basate la
terapia della lesione e la prognosi dei pazienti. Molti criteri vengono usati nell’effettuare
questa distinzione e la distinzione e la discussione seguente si rifà alle caratteristiche
generali delle neoplasie benigne e maligne, particolarmente a quelle usate come aspetti
differenziali. Una tabella a fine lavoro riporta in sommario questi dati distintivi .
Prima di addentrarci in questa discussione sulle caratteristiche differenziali delle
neoplasie benigne e maligne dobbiamo puntualizzare che, sebbene la maggior parte dei
*
Neoplasie composte possono presentare tipi cellulari diversi di derivazione dallo stesso foglietto embrionale
(ghiandolari e pavimentose per es.) non frammisti (f. miste) ma contigui (N. d. T.).
6
Ibid, 147
4
tumori sono chiaramente benigni o inequivocabilmente maligni, alcuni costituiscono
lesioni limite e non possono essere definiti con certezza. Un intelligente patologo una
volta ha detto: «tutti i tumori non sono necessariamente benigni o maligni»7! Più
precisamente tali neoplasie possiedono alcuni aspetti che suggeriscono una diagnosi di
benignità mentre altri depongono per una natura maligna. Queste lesioni limite
puntualizzano in ultima analisi la soggettività dell’interpretazione morfologica delle
caratteristiche differenziali dei tumori benigni e maligni. E’ anche importante ricordare
che alcune neoplasie che appaiono chiaramente benigne si comportano biologicamente
come cancri e viceversa. Non vi è pertanto sempre una corrispondenza perfetta fra la
predizione morfologica e il comportamento biologico. Tuttavia questi tumori
costituiscono eccezioni: in generale possono essere definiti criteri morfologici tali da
distinguere le neoplasie benigne dalle maligne e i tumori si comportano in modo
corrispondente.8
Differenziazione e anaplasia
Tutti i tumori, benigni e maligni, hanno due componenti basilari: (1) cellule neoplastiche
proliferanti che comprendono il loro parenchima e (2) lo stroma di sostegno costituito da
tessuto connettivo, vasi sanguigni e possibilmente linfatici. Le cellule parenchimali sono
di gran lunga le più importanti poiché esse, non solo costituiscono la gran massa della
maggior parte dei tumori, ma formano anche la porzione proliferante degli stessi così da
determinare la natura.
CELLULE PARENCHIMALI. Sebbene tutte le cellule parenchimali abbiano alcune
caratteristiche comuni, esse presentano una grande variabilità morfologica e funzionale.
Questa gamma si estende da cellule virtualmente indistinguibili dai loro progenitori
normali fino a cellule terribilmente atipiche che non hanno alcuna somiglianza con una
qualche cellula normale.
La differenziazione delle cellule parenchimali si riferisce al grado di somiglianza con le
cellule normali da cui derivano e include il livello di raggiungimento delle caratteristiche
morfologiche e funzionali pienamente mature di queste ultime. Più vicina è la
somiglianza con i progenitori, maggiore è la differenziazione; più grande è la differenza
delle caratteristiche della cellula normale e minore è la differenziazione. La neoplasia
scarsamente differenziata può anche essere chiamata indifferenziata. In generale, tutte le
neoplasie benigne sono ben differenziate mentre quelle maligne variano da forme ben
differenziate ad altre, costituite da cellule di aspetto primitivo, anarchiche,
indifferenziate. Poco è noto sulla origine cellulare dei tumori benigni, questi possono
derivare da cellule differenziate dei tessuti adulti. Si crede al contrario che i tumori
maligni (cancri) abbiano origine dalle cellule staminali o da cellule del pool di riserva che
si trovano in tutti i tessuti specializzati. In tal modo un cancro indifferenziato si origina
dalla proliferazione delle cellule del pool di riserva in assenza di processi di
differenziazione.
Analogamente anche i cancri ben differenziati originano probabilmente da cellule di
riserva che vanno incontro a specializzazione nella loro proliferazione neoplastica. Tale
concezione è più che accademica. Mentre molte cellule specializzate perdono la loro
capacità di moltiplicarsi quando diventano completamente mature (per esempio strati
5
superficiali dell’epitelio pavimentoso stratificato) nella neoplasia la specializzazione può
verificarsi senza perdita della capacita’ proliferativa.
Anaplasia può essere usato come sinonimo di indifferenziazione delle cellule tumorali.
Letteralmente anaplasia significa « formarsi a ritroso », fenomeno che attualmente non si
ritiene possa verificarsi. Ciononostante il termine anaplasia è venuto ad avere uno
specifico significato rispetto alle neoplasie. I tumori anaplastici sono invariabilmente
maligni e sono composti da cellule più o meno indifferenziate che hanno perduto alcune o
tutte le somiglianze, con la controparte normale. Sia le cellule che i loro nuclei mostrano
un caratteristico polimorfismo – variazione in dimensione e forma; possono essere
trovate cellule giganti le quali sono molte volte più grandi delle cellule vicine, e altri
elementi possono essere estremamente piccoli e di aspetto primitivo. Caratteristicamente
i nuclei sono sproporzionatamente voluminosi per le cellule, e il rapporto nucleocitoplasmatico si può avvicinare ad 1:1 invece del normale 1:4 o 1:6; la forma nucleare è
generalmente assai variabile e la cromatina è spesso ammassata in maniera irregolare e
frequentemente distribuita lungo le membrane nucleari. Nei nuclei sono usualmente
presenti voluminosi nucleoli che riflettono l’attività sintetica di queste cellule. I tumori
anaplastici in genere mostrano una grande quantità di mitosi che rispecchiano l’attività
proliferativi delle cellule parenchimali; tuttavia deve essere puntualizzato che la presenza
di mitosi non indica necessariamente che il tumore sia maligno.
Più importanti come aspetto diagnostico di neoplasia maligna sono le figure mitotiche
atipiche e bizzarre che talvolta producono aspetti tripolari, quadripolari o fusiformi.
Spesso la cellula in mitosi mostra fusi abnormemente grandi in un’area e altri molto
piccoli e rattrappiti in zone diverse. Un altro aspetto importante della neoplasia è la
formazione di cellule giganti tumorali, alcune fornite di un solo grande nucleo polimorfo,
altre di due o più nuclei. Queste cellule non devono essere confuse con elementi flogistici
tipo Langhans o da corpo estraneo, i quali posseggono molti nuclei piccoli normali. Le
cellule giganti tumorali mostrano ipercromia nucleare e nuclei eccessivamente grossi per
la cellula stessa.
La disposizione delle cellule anaplastiche è variabile nei diversi tumori. Nelle lesioni
meglio differenziate, le cellule riproducono aspetti ghiandolari e una ben definita
architettura rassomigliando in un certo senso al tessuto di origine; così i follicoli nei
carcinomi della tiroide somigliano talvolta strettamente a quelli dell’organo normale.
All’altro lato dello spettro si trovano cancri molto anaplastici costituiti da cellule non solo
diverse dalle normali ma anche disposte alla rinfusa: cordoni o grossi ammassi di
elementi tumorali si sviluppano con un atteggiamento anarchico e disorganizzato. Le
cellule proliferanti richiedono ovviamente un apporto ematico, ma spesso lo stroma
vasculo-connettivale è poco rappresentato e pertanto in molti tumori anaplastici ampie
zone vanno incontro a necrosi ischemica. L’anaplasia, quando è presente, costituisce un
segno inconfondibile di malignità di una neoplasia. Nella evoluzione neoplastica in
genere compare nelle cellule tumorali un certo grado di anaplasia, sebbene notoriamente
in alcune sia poco marcata.
L’uso del microscopio elettronico ha esteso e confermato la caratterizzazione delle
cellule neoplastiche. Gli elementi tumorali ben differenziati delle neoplasie benigne
possono avere virtualmente tutti i normali aspetti ultrastrutturali delle cellule normali da
cui derivano. Similmente le cellule cancerose ben differenziate deviano assai poco dalla
norma: man mano però che questi elementi diventano progressivamente più
indifferenziati, la loro organizzazione ultrastrutturale converge verso una condizione più
semplificata. Un intero spettro di carcinomi sperimentali del fegato mal denominati
epatomi è stato indotto nel ratto. Le cellule degli epatomi ben differenziati, denominati «
epatoma con minima deviazione », sono molto simili agli epatociti normali: essi hanno
solo poche deviazioni ultrastrutturali rispetto a questi: fondamentalmente una
6
semplificazione del reticolo endoplasmatico rugoso (RER) e variazione delle dimensioni
e delle forme mitocondriali. Nelle forme più indifferenziate di epatoma vi è un aumento
di ribosomi liberi, più grande varietà di forma dei mitocondri e un’ulteriore riduzione e
semplificazione del RER. Tutte queste alterazioni possono essere evocate da altre forme
di stimoli patologici sugli epatociti normali. La sofisticazione funzionale delle cellule
tumorali è correlata con il loro grado di differenziazione. Cellule tumorali ben
differenziate sono capaci di elaborare i prodotti caratteristici delle cellule normali, da cui
esse originano; ad esempio le cellule dei carcinomi dello strato spinoso dell’epidermide
(carcinomi a cellule squamose o epiteliomi spinocellulari) sintetizzano la cheratina e
formano caratteristiche strutture cheratiniche concentriche « le perle cornee », i carcinomi
del colon elaborano muco ed i carcinomi della corticale del surrene formano ormoni
steroidi.
Il profilo enzimatico dei neoplasmi differenziati differisce di poco da quello delle cellule
normali da cui originano. Al contrario i cancri meno differenziati perdono queste
caratteristiche funzionali specializzate, cosicché ad esempio cellule poco differenziate nel
carcinoma a cellule squamose non secernono cheratina né formano le perle cornee né
ponti intercellulari. I cancri indifferenziati hanno spesso un corredo enzimatico deviato,
tendente cioè ad essere simile a quello delle cellule embrionali. In altre parole le cellule
non differenziate non riescono a maturare seguendo i normali schemi morfo-funzionali.
Si può usualmente distinguere tra neoplasie benigne o maligne in base alla loro
differenziazione parenchimale. In generale tutti i tumori benigni sono estremamente ben
differenziati. Gli elementi neoplastici in un tumore a cellule muscolari lisce (leiomioma)
somigliano così strettamente a quelli normali da rendere impossibile, all’esame a forte
ingrandimento di un leiomioma, di riconoscere che le cellule muscolari lisce
appartengono ad un tumore. Solo il raggruppamento di queste in un nodulo mostra la
natura tumorale della lesione. Ci si può accostare tanto ad un albero da perdere di vista la
foresta! In tali tumori benigni le mitosi sono estremamente rare e le poche presenti sono
normali: non infrequentemente sembra che le mitosi siano assenti per cui viene
facilmente sollevata la domanda su come il tumore abbia raggiunto le sue dimensioni.
Invece i cancri, anche se variano da forme ben differenziate ad altre indifferenziate,
possiedono generalmente un certo grado di anaplasia. Questa alterazione istologica e
l’evidenziamento dell’invasione di strutture circostanti costituiscono i due criteri
principali per cui si pone diagnosi microscopica di cancro nella sede primitiva della
neoplasia. Più avanti vedremo che i cancri possono disseminarsi (metastatizzare) e
quando ciò accade la natura della lesione primitiva non pone più dubbi, poiché i tumori
benigni non metastatizzano mai. Un altro aspetto correlato all’anaplasia dev’essere qui
citato: in genere il grado di crescita di un tumore maligno è parallelo al suo grado di
anaplasia – cioè, più grande è la differenziazione, più lenta è la crescita.
L’anaplasia delle cellule cancerose è stata utilmente impiegata come criterio diagnostico
citologico di cancro. Il test di Papanicolaou su striscio, per il cancro è basato sul fatto che
le cellule cancerose sono meno coesive di quelle normali in modo tale da desquamare
prontamente: l’anaplasia può essere identificata in base all’esame attento microscopico
delle singole cellule desquamate. Così nei carcinomi della cervice le cellule anaplastiche
desquamano nelle secrezioni vaginali e l’esame di uno striscio di tali secrezioni sarà in
quasi tutti i casi utile per svelare la presenza della lesione primitiva. Il test citologico di
grande importanza nella diagnosi di cancro.
STROMA. Lo stroma vascolarizzato pur di importanza critica per la sopravvivenza e la
crescita del tumore, non è utile per differenziare la neoplasia benigna dalla maligna. E’
chiaro da dati sperimentali che nell’insorgenza di una neoplasia lo sviluppo di un apporto
vascolare e della concomitante impalcatura stremale è fondamentale per l’evoluzione
della massa. E’ stato ingegnosamente dimostrato che le cellule tumorali singole si
7
accrescono nei terreni di coltura fino a formare piccole passerelle, forse dell’ordine di
alcuni mm di diametro e quindi si arrestano nella crescita. Aggiungendo terreno fresco di
coltura o ossigeno non si ha ulteriore crescita: tuttavia quando le cellule tumorali
crescono in un tessuto esse entrano rapidamente in una fase di crescita logaritmica,
appena esse riescono ad organizzare una opportuna circolazione sanguigna dai tessuti
adiacenti. Un fattore derivato da cellule tumorali che induce angiogenesi (TAF) isolato da
alcuni tumori, sembra sia responsabile dello stimolo per la crescita di nuovi capillari
sanguigni.
Perrtanto la capacità del parenchima a proliferare dipende dalla adeguatezza dell’apporto
ematico e dalla propria impalcatura stremale. Quando la crescita parenchimale sorpassa
l’apporto ematico, la regione centrale della neoplasia più lontana da questo (che è meglio
sviluppato alla periferia) va incontro a necrosi ischemica ed emorragia.
E’ stata di conseguenza ventilata la possibilità, seppure complessa, di potere controllare
la crescita dei tumori cercando di impedire la loro capacità di formare una adeguata
circolazione sanguigna. Si può dimostrare sperimentalmente che quando un tumore viene
impiantato, ad esempio nella cornea, insieme ad un impianto di cellule cartilaginee
proliferanti (un tessuto normalmente non vascolarizzato) il tumore non si vascolarizza.
Sembra che la cartilagine elabori un fattore diffusibile che inibisce la crescita di nuovi
capillari nell’impianto di cellule tumorali. Sfortunatamente, questa azione è limitata alla
zona immediatamente vicina alla cartilagine. Come agisca questo fattore elaborato dalle
cellule della cartilagine non è completamente chiaro, la sua attività è stata ascritta alla
presenza di inibitori di proteasi, descritti nella cartilagine ed in altri tessuti privi di
vascolarizzazione. E’ ragionevole pensare che questa linea di ricerca possa portare in
futuro a risultati promettenti.
La ricchezza del tessuto connettivale stremale determina la consistenza del tumore.
Alcuni cancri, particolarmente sarcomi (tumori carnosi), possiedono molto poco stroma
fibroso e hanno la consistenza della carne cruda di pesce o della sostanza nervosa. I
carcinomi che hanno tale consistenza molle, vengono definiti midollari. All’altra
estremita dellos pettro stremale vi sono alcune neoplasie che stimolano una reazione
collagena densa così da raggiungere notevole consistenza. Questa reazione proliferativa
stremale è definita desmoplasia ed è particolarmente ben dimostrabile in molti cancri
della mammella femminile definiti carcinomi cirrosi. Anche isole di cartilagine o di osso
metaplasici sono talvolta osservabili nello stroma e in alcuni cancri si rileva marcata
infiltrazione da parte di linfociti, plasmacellule e istiociti. Successivamente verrà
puntualizzato che tale reazione mononucleata è di grande interesse per l’immunologia
oncologica, poiché suggerisce una risposta immunitaria dell’ospite contro l’invasore4.
Velocità di accrescimento
In genere il tasso di crescita di una neoplasia è correlato con il suo livello di
differenziazione e il suo comportamento clinico. La maggior parte dei tumori benigni che
sono differenziati, accresce lentamente lungo un arco temporale di anni, con un ritmo
costante. La maggior parte dei cancri cresce rapidamente, talvolta con un ritmo irregolare
fino eventualmente a diffondersi e uccidere l’ospite. Tali generalizzazioni devono essere
ampiamente precisate. Le neoplasie benigne possono andare incontro a periodi di lungo
assopimento, durante i quali non aumentano di volume o, una volta raggiunte determinate
dimensioni cessano di accrescersi o diminuiscono persino in dimensione.
4
Ibid, pag 146-152.
8
Fattori quali la dipendenza ormonale, la compressione del loro apporto ematico con
atrofia delle cellule neoplastiche ben differenziate e con ogni probabilità, altri influssi
sconosciuti, possono causare l’arresto della loro crescita. Per esempio i leiomiomi uterini
(tumori benigni a cellule lisce) sono comuni: quando essi hanno raggiunto dimensioni
sufficienti, sono facilmente palpabili ad una visita addomino-pelvica. Non è infrequente
osservare donne che presentano leiomiomi i quali non aumentano il proprio volume in
periodi di tempo compresi tra anni e perfino decenni. Non infrequentemente dopo la
menopausa, tali neoplasie sono ampiamente sostituite da tessuto fibroso collageno e
spesso interamente calcificate. Entrambi questi cambiamenti suggeriscono si sia
verificata una perdita della capacità di accrescimento con conseguente atrofia
fibrocalcifica della lesione. D’altra parte il benigno fibroadenoma (un tumore
caratterizzato da stroma fibroso abbondante che racchiude ghiandole) della mammella
femminile può andare incontro a rapido incremento di volume durante la gravidanza,
presumibilmente a causa degli aumentati livelli di ormoni steroidei da cui la neoplasia
sembra dipendere. Siano le neoplasie benigne in lento accrescimento ovvero assopite o
anche apprezzabilmente aumentate di volume in un certo periodo di tempo, le mitosi non
sono mai frequenti. In realtà l’attività mitotica di taluni tumori è considerevolmente
inferiore a quella che si osserva nelle rigenerazioni dell’endometrio post mestruale, o che
permette la costante crescita e sostituzione dell’epitelio di rivestimento intestinale.
In genere il tasso di accrescimento dei cancri ha un andamento parallelo con il loro livello
di differenziazione e quindi la maggior parte dei cancri crescono più rapidamente dei
tumori benigni. Si osserva, di fatto che più il tumore è anaplastico più numerose sono le
mitosi e più rapida la sua crescita è il tempo di raddoppiamento delle cellule tumorali. Per
alcuni tumori come il linfoma di Burkitt, il tempo di raddoppiamento può essere breve, 5
giorni o anche meno. In molti tumori maligni comunque il ciclo cellulare è più lungo
rispetto a quello di molte cellule normali. Si è dimostrato che alcune cellule tumorali
hanno un ciclo cellulare lungo molti mesi. In realtà, il tempo di raddoppiamento del
volume dei tumori è estremamente variabile, per alcuni esso è breve, limitato a settimane,
mentre per altri tipi di tumori esso supera l’anno con in media un valore rappresentativo
di 2 mesi. Va però notato che il tempo di raddoppiamento del volume non è solo
funzione della durata del ciclo cellulare, vi è anche implicata la quota cellulare in attiva
divisione determinata dal numero di cellule che muoiono o vanno comunque perdute. Nei
tessuti adulti normali la crescita cellulare è equilibrata dalla differenziazione e dalla
morte delle cellule. Un aspetto fondamentale della cellula neoplastica è la mancata
capacità di differenziazione con il mantenimento del potenziale replicativo. Si pensa che
tale attività proliferativa evidenziata da un aumentato numero di cellule in mitosi risulti
dalla perdita dei controlli di regolazione. Deve essere sottolineato comunque che la
valutazione clinica della crescita tumorale è ampiamente basata sull’aumento in
dimensione della neoplasia seguito con tecniche radiografiche. Tali studi sono quindi
approssimativi e riguardano soltanto la massa tumorale rilevabile clinicamente.
Quando i cancri insorgono, essi si presentano in un primo tempo come foci di cellule
anaplastiche totalmente confinati nella sede di origine. Tali lesioni primitive non
producono masse né possono essere visualizzate radiograficamente. I cancri caratterizzati
dalla modificazione neoplastica di cellule all’interno del luogo di origine e che non hanno
superato le membrane basali, così da non infiltrare i tessuti circostanti, vengono definiti
in situ. Per esempio un carcinoma della cervice uterina in situ risulta confinato a cellule
cancerose entro la mucosa cervicale. ed un cancro della cute in situ è anch’esso
localizzato nell’epidermide. In termini di tasso di crescita, il picco di incidenza dei
carcinomi cervicali in situ si ha nelle donne intorno ai 25-35 anni di età; a questo stadio
della loro evoluzione le lesioni non producono alterazioni grossolane visibili nella
mucosa cervicale e possono essere diagnosticate solo mediante colpomicroscopia.
9
L’età media delle pazienti con cancri clinicamente manifesti, ben visibili, è fra i 40 e i 45
anni; ne consegue pertanto che sono richiesti dai 10 ai 15 anni perché queste neoplasie
evolvano dallo stadio in situ a masse clinicamente evidenti. Analoghe situazioni sono
state verificate per altre forme di neoplasie cliniche. Pertanto, anche se noi parliamo di
rapido tasso di accrescimento dei cancri, dobbiamo tener presente che gran parte della
crescita si rende evidente solo dopo molti anni di lenta evoluzione. L’accrescimento del
cancro segue spesso un corso irregolare e imprevedibile: sebbene la maggior parte
aumenti progressivamente di volume, alcuni possono improvvisamente diminuire le loro
dimensioni quando vanno incontro a necrosi ischemica per deficienza relativa di apporto
ematico. Altri possono rimanere silenti per un periodo considerevole di tempo e altri
ancora andare incontro a fasi esplosive di aumento delle dimensioni. Innumerevoli sono i
casi in cui il cancro localizzato, per esempio nei polmoni, resta estremamente piccolo e
silente e viene scoperto solo dopo che si è disseminato estesamente nel corpo con un
processo che verrà descritto come metastatizzazione.
D’altra parte i cancri possono rimanere silenti per anni (sfortunatamente non molti) senza
dare origine a metastasi. Fattori dell’ospite indubbiamente influenzano la velocità di
accrescimento dei cancri. Vi sono molti dati sperimentali sul fatto che l’ospite può
sviluppare una reazione immune ai tumori. Abbondano anche suggerimenti secondo cui
l’immunità può giocare un ruolo nel controllo della crescita tumorale nell’uomo. Si
ricorda la necessità che ha il cancro di provvedersi di un sufficiente apporto ematico per
svilupparsi ed espandersi.
Molti tumori che originano in organi bersaglio di ormoni (per esempio la mammella, la
prostata o l’endometrio) mantengono una dipendenza ormonale. E’ stato dimostrato ad
esempio che alcuni carcinomi della mammella sono costituiti da cellule che portano sulla
membrana dei recettori per gli ormoni steroidi, simili a quelli del tessuto mammario
normale. I tumori che manifestano questi recettori proteici sono estrogeno-dipendenti ed
ogni aumento fisiologico durante la gravidanza, stimola la crescita del tumore. Al
contrario un più basso livello di questi ormoni conseguente a ooforectomia o ad
adrenalectomia, fa spesso abbassare la velocità di crescita o di infiltrazione del tumore, e
prolunga la vita9.
Modalità di crescita e di diffusione
La modalità di crescita e la capacità di diffusione differenzia chiaramente i cancri dalle
neoplasie benigni.
INCAPSULAMENTO. Quasi tutti i tumori benigni si accrescono come masse espansive
localizzate, racchiuse da una capsula fibrosa. Esse rimangono localizzate nel luogo di
origine e non possono disseminarsi attraverso il corpo. La capsula è costituita da una
membrana fibrosa in parte derivata dallo stroma fibroso del tessuto connettivo circostante
e in parte elaborata dal tumore. La lenta pressione espansiva della neoplasia benigna
causa atrofia delle cellule normali parenchimali circostanti, risparmiando lo stroma
fibroso più resistente dei tessuti autoctoni che dà consistenza allo stroma di sostegno del
tumore e avvolge la massa tumorale. In alcune parti tuttavia la capsula viene prodotta
dallo stroma del tumore stesso. Tale incapsulamento tende a contenere la neoplasia
benigna come una massa discreta prontamente palpabile e facilmente spostabile che può
essere chirurgicamente enucleata. Tuttavia l’accrescimento centrifugo causa
compressione e atrofia delle strutture contigue. L’adenoma benigno dell’ipofisi anteriore
9
Ibid, pag. 152, 153.
10
può distruggere tutto il parenchima ipofisario normale residuo, intrappolato fra la lesione
che si espande e la sella turcica.
Mentre l’incapsulamento è una caratteristica delle neoplasie benigne, la mancanza della
capsula non indica necessariamente un carattere di malignità. Alcuni tumori benigni
come i leiomiomi dell’utero, non sono incapsulati; tuttavia poichè essi sono circondati da
miometrio compresso possono essere enucleati. Anche gli angiomi benigni (neoplasie
composte da vasi) spesso non sono incapsulati e possono quindi infiltrare le sedi
(frequentemente il derma della pelle) da cui prendono origine. Egualmente alcune
neoplasie fibroblastiche del derma (dermatofibromi) non sono capsulati. I linfangiomi
che originano comunemente nell’ascella, nel collo, nel mediastino non sono mai
incapsulati e infatti hanno la caratteristica allarmante di insinuarsi diffusamente lungo i
piani di clivaggio. Malgrado la loro crescità di tipo infiltrativi e la mancanza di capsula,
queste neoplasie non metastatizzano mai e vengono considerate benigne. I cancri non
sono quasi mai incapsulati e sono caratterizzati da crescita infiltrante erosiva che si
estende a zaffi nel contesto dei tessuti adiacenti. Durante la loro crescita progressiva i
tumori maligni possono sviluppare una membrana fibrosa che apparentemente li ingloba,
e spingersi per un vasto raggio nelle strutture normali circostanti. In ogni caso l’esame
istologico rivela quasi sempre la presenza di sottili zaffi, indicativi di una crescita
infiltrativa.
Molti tumori maligni sono ovviamente invasivi e possono ad esempio penetrare nella
parete del colon o dell’utero, o possono estrudere attraverso la superficie cutanea. Essi
non riconoscono limiti anatomici e spesso permeano i linfatici, vasi sanguigni e gli spazi
perineurali.
L’ablazione chirurgica di questi tumori è resa particolarmente difficile da questa
caratteristica di invasività e richiede generalmente la rimozione di una notevole quantità
di tessuto apparentemente normale intorno al tumore infiltrante (intervento radicale).
Anche se i tumori benigni possono spingersi lungo un vasto raggio nei tessuti normali
adiacenti ed insinuarsi nei punti di minore resistenza preesistenti essi non invadono e non
distruggono i tessuti circostanti come invece fanno i tumori maligni. Dopo la capacità di
dare metastasi l’invasività è la più tipica delle caratteristiche che differenzia i tumori
maligni dai tumori benigni.
Benché l’invasività sia un argomento ampiamente studiato, è un fenomeno ancora poco
compreso. Sono stati considerati molti meccanismi che includono un’alterazione del
comportamento sociale e alterazioni delle caratteristiche di membrana delle cellule
neoplastiche, alcune delle quali possono essere di grande importanza.
Oltre alle caratteristiche proprie della cellula neoplastica, la risposta dell’ospite alla
neoformazione maligna può contribuire a determinare l’invasività . E’ infatti possibile
che reazioni infiammatorie localizzate accompagnate da adema possano diminuire la
compattezza del tessuto circostante, ed il rilascio di enzimi lisosomiali dai leucociti possa
ulteriormente favorire l’invasività. A parte tutte queste speculazioni altri fattori, ancora
sconosciuti potrebbero essere importanti. Ad esempio perché la cartilagine, i tendini, i
legamenti e le arterie sono relativamente resistenti alla invasione da parte di cellule
tumorali mentre invece vene, linfatici e tessuti soffici vengono prontamente invasi?
Potrebbero la densità e la compattezza del tessuto rappresentare un fattore importante nel
determinare l’invasività? Potrebbero gli inibitori dell proteasi che sono abbondanti nei
primi tessuti, rappresentare fattori protettivi contro la proliferazione delle cellule
tumorali?.
Anche se diversi meccanismi possibili sono stati esaminati, molti dei quali potrebbero
essere validi e importanti, molto rimane ancora oscuro circa i meccanismi reali che
contribuiscono a determinare l’invasività dei tumori maligni.
11
METASTASI. La capacità di metastatizzare caratterizza inequivocabilmente un tumore
come maligno, poiché i tumori benigni non manifestano questa caratteristica.
Le metastasi sono impianti tumorali discontinui con il tumore primario. A loro volta le
metastasi di per sé possono dare origine ad altre metastasi. La proprietà di invasività del
tumore ne consente la penetrazione nei vasi sanguigni, linfatici e nelle cavità del corpo,
determinando l’opportunità per la loro diffusione. Con poche eccezioni, tutti i tumori
maligni possono metastatizzare. L’eccezione più importante è costituita dai tumori
maligni delle cellule gliali del sistema nervoso centrale denominati glomi e i carcinomi
dello strato basale dell’epidermide (basaliomi). Ambedue sono tumori altamente invasivi
(particolarmente i basaliomi, che sono noti nei vacchi testi come « ulcus rodens » grazie
alle loro capacità invasive e distruttive), ma raramente metastatizzano. In genere più il
tumore primitivo è aggressivo, più cresce rapidamente e più è grande, più probabilmente
esso metastatizza o ha già metastatizzato. Esistono comunque innumerevoli eccezioni.
Talvolta tumori piccoli, ben differenziati che crescono lentamente, metastatizzano
notevolmente ed al contrario tumori che crescono rapidamente possono rimanere
localizzati per anni. E’ possibile dimostrare sperimentalmente che la capacità di
metastatizzare, la velocità di crescita e l’invasività sono caratteristiche dissociate,
acquisite indipendentemente e non consequenzialmente dalla cellula tumorale; è il
processo noto come progressione del tumore. La capacità di metastatizzare non è
totalmente dipendente da una crescita rapida e dalla invasività. Non è possibile quindi
essere certi della capacità di metastatizzare di un tumore dall’esame patologico del
tumore primitivo.
La disseminazione del cancro è ovviamente una delle conseguenze più temute. Quando
essa si verifica, praticamente la malattia ha superato lo stadio dell’estirpazione chirurgica
che offre le maggiori speranze di guarigione. La disseminazione maligna può insorgere
secondo quattro modalità: (1) impianto diretto nelle cavità naturali e sulle superfici
dell’organismo, (2) trapianto, (3) disseminazione attraverso la via linfatica, (4)
disseminazione mediante embolizzazione attraverso la via ematica. Ognuno di questi
punti necessita di una descrizione separata che però non verrà esaminata in questa sede10.
Paragone tra tumori benigni e maligni
_______________________________________________________________________
Caratteristiche
Tumori benigni
Tumori maligni
________________________________________________________________________
Differenziazione
Struttura spesso tipica del
tessuto di origine
Tasso di crescita
Di solito progressiva; lenta
crescita che può assestarsi o
regredire; le figure mitotiche
sono scarse, e quelle presenti
guresono sono normali
Modalità di accrescimento
10
Struttura spesso
atipica cioè con
differenziazione imperfetta
La crescita è
casuale e può
essere rapida
con molte
figure mitotiche
anomale
Accrescimento di solito espansivo: Accrescimento
Ibid, pag.153, 156.
12
formazione di capsula
Metastasi
Assenti
espansivo e
infiltrativo:
assenza di
capsula
Frequentemente
presenti.
11
Bibliografia
CNCA, Guida 1998/1999 per l’informazione sociale, Comunità Edizioni, Capodarco di
Fermo (AP) 1998.
Stanley L. Robbins, M. D., Ramzi S. Contran, M. D.: Le basi patologiche delle malattie,
Piccin Editore, Padova 1995.
Willis, R. A.: The Spread of Tumors in the Human Body, Butterworth and Co., London
1952.
Nicoletta Amadio
Benessere e Salute, 2003-09-30
11
Ibid, pag 160.
13
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