Scuola Interuniversitaria Siciliana di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario Indirizzo Fisico-Informatico-Matematico Classe 49/A VIII ciclo LAVORO TERMODINAMICO. PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA di Veralisa Mandolia e Grazia Costanza Tiralongo Tesina di Fondamenti di Fisica I Prof. V. Bellini Anno accademico 2006 -2007. INDICE Prerequisiti……………………………………………….pag 2 Obiettivi……………………………………………………… 3 Cenni storici………………………………………………….. 4 Lavoro termodinamico………………………………………. 5 Lavoro nelle singole trasformazioni………………………… 12 Relazione tra lavoro e calore…………………………………19 L’equivalente meccanico del calore………………………….19 Energia interna……………………………………………… 22 Primo principio della termodinamica…………………………24 Applicazioni: - Calcolo dell’energia interna di un gas perfetto……….. 30 - primo principio nelle singole trasformazioni………..… 31 - Relazione di Mayer…………………………….…….. 34. 1 Prerequisiti: Questa tesina è rivolta ad una classe di IV liceo scientifico o II liceo classico. Per comprendere il suo contenuto è necessario che gli studenti conoscano i seguenti concetti affrontati nelle lezioni precedenti: leggi riguardanti le forme di energia meccanica; sistema termodinamico e proprietà; gas perfetto; grandezze di stato : pressione, volume, temperatura e le loro unità di misura; stato termodinamico di un sistema; calore e scambi di calore tra ambiente e sistema; trasformazioni termodinamiche e loro rappresentazione grafica. 2 Obiettivi: Gli argomenti trattati in questa unità didattica fanno parte del modulo TERMOLOGIA E TERMODINAMICA. Lo scopo della tesina è quello di conoscere le proprietà termomeccaniche dei gas, determinando gli scambi energetici nei processi di compressione ed espansione, riscontrando il tema della conservazione dell’energia. Per la spiegazione si fa uso non solo della tradizionale lezione frontale, ma anche di qualche esercizio, che possa rendere più semplice ed immediata la comprensione di alcuni concetti. Gli obiettivi che lo studente dovrà raggiungere al termine dell’unità didattica sono: Obiettivi cognitivi: conoscere il concetto di lavoro termodinamico; conoscere il concetto di calore e di lavoro come forme diverse di una stessa grandezza fisica: l’energia; conoscere le interazioni di un sistema con l’ambiente esterno scambiando energia sotto forma di calore e di lavoro; conoscere il primo principio della termodinamica come generalizzazione del principio della conservazione dell’energia; conoscere la relazione tra Cp e Cv. Obiettivi operativi: Saper calcolare il lavoro in una qualsiasi trasformazione termodinamica; 3 Saper applicare il primo principio della termodinamica in ogni trasformazione. Cenni storici: Nella seconda metà del Settecento, la conoscenza dei fenomeni termici si accentuò notevolmente sotto lo stimolo della rivoluzione industriale di quel tempo; gli studiosi incominciarono a sviluppare nuove teorie sulla natura fisica del calore, ma solo verso il 1840 grazie a brillanti verifiche sperimentali dovute a Joule, Mayer, Carnot e Clausius il calore divenne ufficialmente una forma di energia. Il primo a formulare il principio di equivalenza tra lavoro meccanico e calore fu Mayer, utilizzando un rudimentale dispositivo, costituito da un recipiente contenente carta da macero in acqua; ma egli non riuscì nell’intento perché, oltre ad impiegare una tecnica piuttosto approssimata, sbagliava nel considerare il lavoro meccanico dipendente dalla quantità di moto piuttosto che dall’energia cinetica. Invece a Joule si deve il calcolo dell’equivalente meccanico della caloria mediante la ben nota esperienza del mulinello a palette. 4 LAVORO TERMODINAMICO Iniziamo la lezione parlando degli scambi di energia tra un sistema termodinamico e l’ambiente esterno, nelle lezioni precedenti si è parlato di scambi di energia sotto forma di calore, adesso tratteremo gli scambi di energia mediante lavoro termodinamico, che causa nell’ambiente esterno variazioni macroscopiche riguardanti la configurazione del sistema, come l’innalzamento del pistone del cilindro contenente il gas. Supponiamo di avere un sistema termodinamico soggetto a delle forze da parte dell’ambiente esterno, che lo fanno passare da uno stato di equilibrio ad un altro; tali forze esterne compiono un lavoro sul sistema. Naturalmente, per il terzo principio della dinamica, il sistema sviluppa delle forze uguali e contrarie a quelle agenti su di esso e tali forze compiono anche un lavoro: questo è detto lavoro termodinamico, definito come il lavoro compiuto dal sistema sull’ambiente esterno. Tale lavoro può essere calcolato mediante le variabili di stato ed è correlato alla variazione di volume del sistema; si considera tale definizione perché per lo studio delle macchine termiche ha particolare interesse il lavoro svolto dal sistema e non quello delle forze esterne che agiscono su di esso. Supponiamo di avere per tale calcolo un semplice sistema termodinamico, costituito da un gas perfetto contenuto in un cilindro, chiuso superiormente da un pistone di area S che si muove senza attrito: 5 Inizialmente il sistema si trova in equilibrio in modo che la pressione p del gas eguagli quella esterna, consideriamo dapprima il caso in cui la forza esercitata dal sistema si mantiene costante, si procede quindi con una trasformazione isobara (cioè a pressione costante) molto lenta così da considerarla come reversibile. Supponiamo quindi di aumentare la temperatura del sistema, il gas si espande e il pistone si solleva di un tratto h, in questo modo si ha un aumento del volume del sistema della quantità ∆V = V2-V1 = Sh. La forza esercitata dal gas sul pistone è F = pS e allora il lavoro sarà dato dal prodotto di tale forza per lo spostamento causato h: L = pSh = p∆V essendo Sh = ∆V . 6 Tale espressione può essere rappresentata graficamente sul piano di Clapeyron (sull’asse delle ascisse si riporta il volume e sull’asse delle ordinate la pressione): Si può osservare che il lavoro compiuto dal sistema sull’ambiente esterno è rappresentato dall’area del rettangolo di base ∆V ed altezza p. Se il pistone del cilindro invece di innalzarsi si abbassa, il gas viene compresso e il volume diminuisce, di conseguenza ∆V sarà negativo e così anche il lavoro compiuto dal gas. Graficamente il lavoro è sempre dato dall’area, ma è positivo se l’arco di curva che rappresenta la trasformazione è percorso da sinistra verso destra, è invece negativo quando l’arco di curva è percorso da destra verso sinistra: 7 LAVORO POSITIVO LAVORO NEGATIVO Il lavoro positivo è definito lavoro motore perchè può essere utilizzato all'esterno (per esempio per sollevare un peso, per muovere una macchina ecc.), quello negativo lavoro resistente. 8 Consideriamo adesso il caso in cui la forza non si mantiene costante durante la trasformazione, suddividiamo l’intervallo ∆V in n piccoli intervalli ∆Vi in modo tale che in ciascuno di essi la forza si possa considerare costante. Si calcola il lavoro per ogni singolo intervallino con la precedente formula ottenendo Li = pi∆Vi, con i = 1,2,…..,n il lavoro totale L sarà dato dalla somma dei singoli lavori Li: n L Li i 1 Graficamente il lavoro è rappresentato dalla somma delle aree p i∆Vi di tanti piccoli rettangoli che approssimano l’area sotto la curva della trasformazione; Considerando intervalli sempre più piccoli, l’area di questi rettangoli si avvicina sempre più a quella sotto la curva della trasformazione ( al quinto anno si vedrà per via analitica che tale sommatoria si può 9 approssimare ad un integrale definito e la formula del lavoro V2 termodinamico diventa L= pdV ). V1 Graficamente il lavoro compiuto è sempre dato dall’area compresa tra la curva rappresentante la trasformazione, l’asse dei volumi e le ordinate estreme della curva. Il lavoro non dipende solo dalla condizione iniziale e finale del sistema ma anche dal tipo di trasformazione eseguita quindi non si può considerare una funzione di stato. Dai grafici riportati sotto con gli stessi stati iniziali e finali si può osservare come varia il lavoro a seconda della trasformazione; infatti, nel primo grafico si procede con una trasformazione isobara seguita da un’ isocora e il lavoro L1 è rappresentato dall’area del rettangolo; nel secondo grafico si ha una dipendenza lineare tra volume e pressione ed il lavoro L2 è dato dall’area del trapezio; infine nel terzo grafico si ha prima un’isocora e dopo un’isobara ed il lavoro L3 è dato dall’area del rettangolo. 10 Si può notare graficamente che le tre aree non sono equivalenti e quindi i tre lavori sono diversi, precisamente si ha L1<L2<L3. 11 LAVORO NELLE SINGOLE TRASFORMAZIONI Riportiamo di seguito il calcolo del lavoro termodinamico per le trasformazioni più note: In una trasformazione isobara, cioè a pressione costante, il lavoro risulta calcolato come in precedenza e l’equazione che lo rappresenta è L = p(V2-V1). In una trasformazione isocora, cioè a volume costante, essendo V 2 = V1, si ha ∆V=0, il lavoro compiuto dal sistema è nullo, graficamente si ha un segmento di area nulla. P V1=V2 In una V trasformazione isoterma, cioè a temperatura costante, graficamente il lavoro è rappresentato dall’area sottesa dall’iperbole della trasformazione nell’intervallo di estremi V1 e V2; 12 per calcolarla si utilizzano degli appositi strumenti di laboratorio che ne forniscono approssimativamente il valore, ottenuto percorrendo il perimetro della figura considerata. Uno di questi strumenti è il planimetro polare (dovuto ad Amsler) come mostra la seguente figura 13 Esso è costituito da due bracci, PC e CF, collegati ad un asse ξ1 attorno a cui ruotano. All’estremo P si ha un blocco pesante che si tiene fisso sul disegno, ma fuori dall’area da misurare, e attorno a tale blocco ruota il braccio PC; invece all’estremo F è posizionata una punta con la quale si percorre il perimetro della figura di cui si vuole calcolare l’area. In prossimità dell’estremo C si trova una rotella R graduata, che, poggiata sul disegno, gira e scivola ora nell’uno, ora nell’altro verso. Al termine del percorso del perimetro sugli indicatori R e Z si possono leggere la variazione dell’angolo di rotazione φ e il numero dei giri compiuti da R . L’area cercata è proporzionale a tale angolo secondo la formula : A = k∙φ. La bontà del risultato dipende dall’abilità del misuratore e dalla bontà dell’apparecchio, il cui errore relativo è di circa 10/00 per aree di valore di qualche cm2 In una trasformazione ciclica, cioè trasformazioni in cui lo stato finale coincide con quello iniziale, graficamente il lavoro è rappresentato dall’area racchiusa dentro la curva 14 in quanto il lavoro lungo la trasformazione ACB è positivo ed è dato dall’area ACBB’A’(calcolata con strumenti di laboratorio), mentre il lavoro lungo la trasformazione BDA è negativo ed è dato dall’area BDAA’B’; di conseguenza il lavoro totale è dato dalla somma algebrica dei due lavori ed è rappresentato dall’area delimitata dal ciclo ACBDA. In una trasformazione adiabatica, cioè senza scambi di calore con l’ambiente esterno, il lavoro è rappresentato graficamente dall’area sotto la curva della trasformazione che è un po’ più ripida di un’isoterma e quindi il lavoro risulta minore di una trasformazione isoterma a parità di condizioni iniziali e finali. In blu le adiabatiche ed in rosso le isoterme 15 UNITA’ DI MISURA: Il lavoro termodinamico, come qualsiasi altro lavoro, va misurato in joule, ma essendo L = p∆V, può essere misurato anche in litro per atmosfera (l∙atm). È possibile determinare la relazione tra le due unità di misura, trasformiamo le unità di misura del volume e della pressione nelle corrispondenti unità di misura del sistema SI: 1atm = 101,3∙103 Pa = 101,3∙103 N m2 1l = 10-3 m3 si ha: 1l∙atm = 10 ∙ 101,3∙10 -3 3 m3 N m2 =101,3 J. Riportiamo di seguito alcuni esercizi in cui applichiamo le formule finora introdotte con lo scopo di interessare e coinvolgere gli alunni durante la lezione, in modo che loro stessi possano partecipare attivamente. ESERCIZIO N°1 Un gas si espande dal volume V1 = 4 dm3 al volume V2 = 9 dm3 alla pressione costante di 120000 Pa. Determinare il lavoro compiuto. Svolgimento: calcoliamo la variazione di volume del gas ∆V = V2- V1 = 9 - 4 = 5 dm3 = 5∙10-3 m3 Applichiamo la formula L = p∆V = 120∙103∙5∙10-3 = 600 J poiché la pressione si mantiene costante durante l’espansione del gas, abbiamo una trasformazione isobara, il cui grafico è il seguente: 16 P p1=p2 V1 V2 V Ed il lavoro è rappresentato dall’area del rettangolo. ESERCIZIO N°2 Un gas compie una trasformazione ciclica riportata in figura P A p2 B p1 C D V1 V2 V 17 Sapendo che p1 = 60000 Pa, p2 = 100000 Pa, V1 = 0,24 m3 e V2 = 0,35 m3, determinare il lavoro compiuto dal gas nell’intero ciclo. Svolgimento: osserviamo che le trasformazioni BC e DA sono delle isocore, in quanto il volume si mantiene costante lungo ciascuna trasformazione, di conseguenza i loro lavori sono nulli: LBC = 0 ed LDA = 0. Le trasformazioni AB e CD sono delle isobare, poiché la pressione si mantiene costante e il loro lavoro è dato dalla formula : LAB = p2(V2-V1) = 100000∙(0,35-0,24) = 11000 J LCD = p1(V1-V2) = 60000∙(0,24-0,35) = -6600 J LAB è un lavoro positivo perché si ha un’espansione del gas, mentre LCD è negativo perchè si ha una compressione del gas; il lavoro della trasformazione ciclica è dato dalla somma algebrica dei lavori delle singole trasformazioni che costituiscono il ciclo: L = LAB + LBC + LCD + LDA = 11000 + 0 - 6600 + 0 = 4400 J. 18 RELAZIONE TRA LAVORO E CALORE Lavoro e calore sono interazioni tra sistema ed ambiente e si traducono in trasferimenti di energia; essi non sono proprietà del sistema ed è improprio parlare di lavoro o calore contenuto in un sistema, ma si parla di trasferimenti di lavoro e calore: infatti, vengono considerati come energia in transito. Pur avendo in comune questa importante caratteristica, esistono notevoli differenze tra loro. Il lavoro si può definire come un trasferimento di energia mediante un’alterazione delle variabili estensive o proprietà fisiche macroscopiche del sistema, come il volume, mentre il calore si può definire come un trasferimento di energia a livello atomico o molecolare riguardante i moti delle particelle di cui è costituito il sistema. Tale trasferimento di energia è dovuto ad una differenza di temperatura tra il sistema e il suo ambiente. L’EQUIVALENTE MECCANICO DEL CALORE Nel 1843 l’inglese Joule determinò sperimentalmente il rapporto costante tra lavoro e calore per mezzo di un dispositivo noto come mulinello a palette, rappresentato in figura 19 Tale apparecchio consiste di un recipiente cilindrico C, a pareti isolanti, affinché la temperatura del sistema non sia influenzata da scambi di calore con l’esterno, tale cilindro contiene una massa m nota di acqua, nella quale sono immersi un termometro ed un mulinello ad asse verticale; per aumentare l’attrito offerto dall’acqua alla rotazione del mulinello, Joule fissò alle pareti del recipiente alcune palette, alternate con quelle del mulinello. L’asse del mulinello è collegato in alto ad un rullo S, sul quale sono avvolti, in versi opposti, due fili tenuti in tensione per mezzo di due pesi P e P’, ciascuno di massa M. Questi, lasciati liberi, scendono sotto l’azione della gravità, mettendo così in moto il mulinello. Se la perdita di energia per attrito nelle parti dell’apparecchio è trascurabile, il lavoro compiuto dal mulinello sull’acqua è uguale alla perdita di energia meccanica dei pesi in caduta, che si misura facilmente determinando lo spazio percorso durante la caduta. Il lavoro fatto quando entrambi i pesi sono scesi di un tratto h equivale a 2Mgh e causa un aumento di 20 temperatura dell’acqua. Per avere un aumento apprezzabile ∆T di tale temperatura, è necessario riportare i pesi P e P’ in alto e farli discendere più volte consecutive. Dal termometro si può leggere la variazione di temperatura ∆T ottenuta. Per ricavare la stessa variazione di temperatura si può fornire calore all’acqua anziché compiere lavoro su di essa; infatti se m è la massa dell’acqua contenuta nel recipiente, c il calore specifico dell’acqua e ∆T è l’aumento della sua temperatura causata dal lavoro esterno, segue che la quantità di calore Q necessaria a produrre questo stesso riscaldamento è uguale a Q = mc∆T. Joule ripetè decine di volte questa esperienza, cambiando ogni volta qualche parametro, ma constatò sempre che vi era un rapporto costante tra lavoro e calore necessari per produrre lo stesso aumento di temperatura. Esprimendo il lavoro in joule e la quantità di calore in calorie, tale rapporto vale L 4,18 J Q cal Tale rapporto prende il nome di equivalente meccanico del calore ed è indipendente dal tipo di trasformazione. Ciò equivale a dire che 4,18 joule di lavoro compiuto su un grammo di acqua ne innalza la temperatura di un grado così come una caloria. Indicando con x la quantità di lavoro svolto e con y la quantità di calore fornita, supponendo che l’operazione avvenga senza dispersioni, si ricava la seguente proporzione x:y=4,18:1 21 che permette di esprimere ogni misura di energia termica in unità di tipo meccanico. ENERGIA INTERNA Supponiamo di avere un sistema costituito da una certa quantità di gas perfetto, contenuto in un recipiente munito di pistone; oltre agli scambi di energia sotto forma di calore o di lavoro dobbiamo tener presente un altro termine. È l’energia interna, che corrisponde al deposito di energia immagazzinato nel sistema. Più precisamente l’energia interna è la somma dell’energia cinetica delle molecole e dell’energia potenziale dovuta alle loro interazioni. Nel caso del gas perfetto l’energia potenziale è nulla e quindi l’energia interna è data solo dalla somma delle energie cinetiche delle molecole. In generale l’energia interna di un sistema dipende dallo stato in cui un sistema si trova, per esempio, l’energia interna di una massa d’acqua contenuta in una pentola dipende dal volume, dalla pressione e dalla temperatura del liquido. Se riscaldiamo, raffreddiamo o mescoliamo l’acqua, l’energia interna varia. Ma ritorna ad avere il valore iniziale quando il volume, la pressione e la temperatura riprendono i valori di partenza. Questa proprietà si esprime dicendo che l’energia interna, di solito indicata con la lettera U, è una funzione di stato. Ciò significa che ad ogni stato in cui si trova il sistema corrisponde uno e un solo valore dell’energia interna. 22 Con il passare del tempo, il gas subisce di solito una trasformazione, spesso legata al movimento del pistone, oppure all’assorbimento o alla cessione di calore. Il gas passa da uno stato iniziale ad uno finale attraverso una serie di stati intermedi, durante la trasformazione l’energia interna del gas cambia. In termodinamica non è importante conoscere il valore dell’energia interna di un sistema, ciò che interessa è quanto essa varia, mentre il sistema passa da uno stato A ad uno stato B. Se a questi stati corrispodono rispettivamente le energie UA e UB, la variazione di U è uguale a : ∆U = UB-UA Poiché l’energia interna è una funzione di stato, siamo certi che ∆U dipende soltanto dallo stato finale B e da quello iniziale A. 23 PRIMO PRINCIPIO Quando un sistema assorbe calore o lo cede all’ambiente, e quando compie un lavoro, il suo stato cambia; di conseguenza la variazione di energia interna è legata agli scambi di energia che il sistema ha con l’ambiente che lo circonda. Supponiamo di avere un cilindro con pareti isolanti, escluso il fondo, ed immobili, collegato ad un termometro e ad un manometro; lo mettiamo sopra una fonte di calore, si osserva che temperatura e pressione aumentano, mentre il volume non può variare. Ma fornire calore al sistema vuol dire fornirgli energia che va ad incrementare la sua energia interna, per il principio di conservazione dell’energia, allora si ha Q = ∆U, cioè la quantità di calore fornita al sistema è uguale alla variazione della sua energia interna, che è aumentata. Supponiamo adesso di avere un cilindro con pistone mobile, privo di attrito, isolante e anche le altre pareti isolanti; supponendo ancora che la pressione interna del gas sia maggiore di quella esterna, per raggiungere l’ equilibrio il pistone si sposta verso l’esterno aumentando il volume del gas, mentre pressione e temperatura diminuiscono. In questo modo il sistema ha compiuto lavoro sull’ambiente esterno, ma per il principio di conservazione dell’energia per compiere lavoro deve spendere energia, quindi diminuisce la sua energia interna, non essendoci altre fonti di energia, quindi L = - ∆U, cioè il lavoro compiuto dal sistema è uguale alla diminuzione della sua energia interna. 24 Supponiamo ora di mettere i due casi insieme, abbiamo così un cilindro con pareti isolanti tranne il fondo ed un pistone mobile; si ha che la quantità di calore fornita al sistema viene utilizzata in parte per compiere lavoro sull’ambiente esterno e in parte per aumentare l’energia interna del sistema, quindi Q = L+∆U. Si ottiene in questo modo un bilancio di energia valido per ogni tipo di trasformazione termodinamica. Se il sistema assorbe calore la sua energia interna aumenta; lo stesso accade se l’ambiente compie lavoro sul sistema. Per esempio, possiamo aumentare l’energia interna di una massa d’acqua sia riscaldandola sia mescolandola con un sistema di palette. Invece, l’energia interna diminuisce quando il sistema cede calore oppure compie un lavoro sull’ambiente esterno. Indicando con Q la quantità di calore che il sistema scambia con l’esterno, possiamo dire che se Q è positivo il sistema assorbe calore, mentre se Q è negativo lo cede all’ambiente. Con L indichiamo il lavoro che il sistema compie sull’ambiente esterno; anche in questo caso, se L è positivo il lavoro è compiuto dal sistema sull’ambiente esterno, invece se L è negativo, è l’ambiente esterno che compie un lavoro sul sistema. La relazione Q = L+∆U esprime il primo principio della termodinamica; essa è stata dedotta per un sistema termodinamico particolare ma vale per qualsiasi sistema termodinamico, indipendentemente dalla sua maggiore o minore complessità di struttura, o dal tipo di trasformazione che esso subisce e dal modo in cui questa viene svolta. 25 In generale, esso può essere così enunciato: la quantità di calore Q assorbita da un sistema termodinamico, quando subisce una trasformazione qualsiasi, è sempre uguale alla somma del lavoro L fatto dal sistema sull’ambiente esterno e della variazione della sua energia interna. Il primo principio della termodinamica è un’estensione del principio di conservazione dell’energia meccanica e come forme di trasferimento di energia tiene conto del lavoro e del calore. Mentre in meccanica tale principio è valido solo per forze conservative, in quanto in presenza di forze dissipative l’energia meccanica non si conserva, il primo principio della termodinamica include fenomeni con forze non conservative. Il loro effetto, a livello macroscopico, consiste nel riscaldamento dei corpi e quindi come trasformazione di energia meccanica in calore. Negli scambi energetici si ha trasformazione di energia meccanica in calore e viceversa, inoltre tali scambi di energia possono variare l’energia interna del sistema termodinamico, ma in ogni trasformazione osservata tale variazione è sempre equivalente alla differenza della quantità di calore e lavoro scambiati. Il primo principio della termodinamica afferma l’impossibilità del moto perpetuo di prima specie, cioè il moto prodotto da una macchina che lavora senza consumare energia e non il moto di un corpo che non si ferma mai, come si potrebbe pensare dal nome. 26 Infatti, consideriamo una macchina che funzioni sempre ciclicamente, quindi alla fine di ogni ciclo le grandezze che ne caratterizzano lo stato riprendono i valori di partenza ed in particolare anche l’energia interna, dunque la sua variazione sarà nulla, ∆U = 0. Sostituendo ciò al primo principio si ha Q-L=0 cioè Q=L Ciò vuol dire che il lavoro svolto dalla macchina può essere al più uguale al calore assorbito, se questo è nullo anche il lavoro sarà nullo; quindi, una macchina non può compiere lavoro senza consumare energia. Anche qui riportiamo di seguito alcuni esercizi in cui si applica il primo principio della termodinamica. ESERCIZIO N°1 Un sistema termodinamico subisce una variazione di energia interna ∆U = 820 J. Calcola il lavoro compiuto dal sistema sapendo che esso ha assorbito una quantità di calore Q = 100 cal. Svolgimento 27 Per il primo principio della termodinamica si ha Q = ∆U + L, quindi L = Q-∆U, convertiamo prima il calore in joule utilizzando l’equivalente meccanico del calore Q = 100 cal∙4,18 J/cal = 418 J Allora L = 418J -820J = -402 J. ESERCIZIO N°2 Utilizzando una certa quantità di calore, un sistema termodinamico compie un lavoro pari a 368 J. Sapendo che alla fine del processo l’energia interna del sistema è aumentata di 50 J, calcola quante calorie sono state utilizzate. Svolgimento: Per il primo principio della termodinamica si ha Q = ∆U + L, quindi Q = 368+50 = 418 J, utilizzando l’equivalente meccanico del calore trasformiamo il calore espresso in joule in calore espresso in calorie: Q = 418 J∙cal/4,18 J = 100 cal. 28 Inoltre, supponendo di avere una classe piuttosto preparata ed interessata ad approfondimenti, si può affrontare il primo principio della termodinamica in forma differenziale. PRIMO PRINCIPIO IN FORMA DIFFERENZIALE Se consideriamo scambi di energia infinitamente piccoli il primo principio può essere scritto nel seguente modo : δQ = δL + dU in cui: dU rappresenta il differenziale esatto dell’energia interna che è una funzione di stato, in quanto il suo valore non dipende dal tipo di trasformazione; δQ e δL rappresentano rispettivamente una piccola quantità di calore fornita al sistema e una piccola quantità di lavoro compiuta dal sistema e non differenziali esatti, perché calore e lavoro non sono funzioni di stato, in quanto il loro valore, come abbiamo già detto, dipende dal tipo di trasformazione. 29 APPLICAZIONI CALCOLO DELL’ENERGIA INTERNA DI UN GAS PERFETTO Per descrivere la dipendenza dell’energia interna di un gas perfetto dalla temperatura, a livello macroscopico, utilizziamo un’esperienza dovuta a Joule detta espansione senza lavoro esterno. Supponiamo di avere due recipienti A e B conduttori di calore, collegati da un rubinetto e posti in un termostato, come un calorimetro isolato termicamente dall’esterno. Nel primo recipiente si trova un gas alla pressione iniziale p, nel secondo si pratica il vuoto; il sistema si trova in equilibrio termico alla temperatura T. Aprendo il rubinetto si lascia espandere il gas anche nel secondo recipiente, raggiungendo la nuova pressione d’equilibrio p’<p, il volume è aumentato, dal termometro inserito nel termostato si può osservare che la temperatura è rimasta costante; inoltre, non ci sono stati scambi di calore e non è stato compiuto alcun lavoro dal gas, poichè ha sempre esercitato una pressione su pareti immobili. Applicando il primo principio si ha ∆U = 0, cioè l’energia interna non è cambiata così come la temperatura, nonostante siano cambiati volume e pressione, quindi possiamo considerare l’energia interna funzione della sola temperatura. In generale, per determinarne la variazione quando il gas passa da uno stato ad un altro a differente temperatura, si ricorre ad una trasformazione isocora per semplificare i calcoli, il risultato sarà valido per qualsiasi trasformazione, essendo U una funzione di stato. 30 Indicando con m la massa del gas, con cv il calore specifico a volume costante e con ∆T la variazione di temperatura, per il primo principio si ha ∆U = mcv∆T che diventa ∆U = nCv∆T avendo introdotto il calore molare a volume costante Cv=cvM, essendo n il numero di moli ed M la massa molare. Tale formula è utilizzata per il calcolo pratico della variazione dell’energia interna di un gas perfetto. PRIMO PRINCIPIO NELLE SINGOLE TRASFORMAZIONI Per chiarire il significato del primo principio termodinamico, applichiamolo alle più tipiche trasformazioni reversibili di un gas perfetto: Trasformazione isoterma Essendo ∆T = 0 si ha che anche la ∆U = 0 e quindi applicando il primo principio termodinamico si ha L = Q ossia il lavoro compiuto dal gas è uguale al calore assorbito per mantenere costante energia interna del sistema, oppure il lavoro subito dal gas è pari alla quantità di calore che il gas deve cedere all’ambiente esterno per mantenere costante la propria energia interna. Trasformazione isocora Essendo L = 0 poiché il volume è costante, il primo principio diventa Q = ∆U, cioè la quantità di calore ceduta o assorbita dal sistema si 31 traduce in una variazione positiva o negativa dell’energia interna e quindi ad un aumento o diminuzione della temperatura. Trasformazione ciclica Essendo lo stato finale del sistema coincidente con quello iniziale, si ha ∆U = 0 e quindi per il primo principio termodinamico Q = L, cioè a seguito di una trasformazione ciclica, la quantità di calore assorbita e ceduta dal sistema è uguale alla somma dei lavori compiuti e subiti dal gas. Trasformazione adiabatica Poiché Q = 0 in quanto non ci sono scambi di calore con l’ambiente, per il primo principio termodinamico si ha ∆U = L. Quindi, se il gas si espande, non potendo ricevere calore dall’esterno, essendo il sistema isolato, il lavoro di espansione deve essere fatto a spese dell’energia interna. Poichè l’energia interna di un gas perfetto è funzione della temperatura, una variazione negativa di ∆U implica una diminuzione della temperatura del sistema. Se, invece, il gas diminuisce il suo volume, non avendo scambi di calore con l’esterno, la compressione provoca un aumento della temperatura del sistema e quindi un aumento dell’energia interna del gas. Applichiamo il primo principio ad un’espansione libera: In un’espansione libera si ha L = 0 e Q = 0, quindi per il primo principio termodinamico si ha ∆U = 0, ovvero l’energia interna di un gas perfetto che si espande liberamente rimane costante e così pure la sua temperatura. 32 Nella seguente tabella sono riassunte le caratteristiche delle precedenti trasformazioni e i loro trasferimenti di energia ( indichiamo con E int l’energia interna del sistema ): Riportiamo alcuni esercizi: ESERCIZIO N°1 Un gas perfetto subisce una trasformazione adiabatica in cui compie un lavoro L = 20 J. Di quanto è variata la sua energia interna? Svolgimento Essendo una trasformazione adiabatica Q = 0, quindi ∆U = - L cioè ∆U = -20 J, ed è negativa in quanto il sistema ha compiuto lavoro a spese della sua energia interna. 33 ESERCIZIO N°2 In una trasformazione isocora un fluido assorbe una quantità di calore Q = 5 cal. Calcola il lavoro fatto dal sistema e la variazione della sua energia interna. Svolgimento Essendo una trasformazione isocora L = 0, inoltre ∆U = Q cioè ∆U = 5 cal = 20,93 J. RELAZIONE DI MAYER Un’applicazione del primo principio si ha nel calcolare la differenza tra calore specifico a pressione costante e calore specifico a volume costante, la cosiddetta Relazione di Mayer. La quantità di calore necessaria per aumentare la temperatura di un corpo dipende dal fatto che si lasci, o meno, espandere la sostanza mentre la sua temperatura aumenta. Se si lascia espandere, essa compirà lavoro sull’ambiente esterno, e il calore fornito servirà in parte a compiere lavoro, essendo il calore una forma di energia, ed in parte a far aumentare la temperatura della sostanza. Un solido o liquido quando vengono riscaldati aumentano il loro volume, mentre la pressione sulla sostanza di solito si mantiene costante durante il riscaldamento. Per i gas la pressione può essere costante durante il riscaldamento o il raffreddamento (esempio dell’aria riscaldata in una casa) oppure il gas può venire riscaldato in un contenitore chiuso a volume costante (ad esempio nei laboratori). In quest’ultimo caso il gas non compie lavoro e il calore fornito viene utilizzato tutto per aumentare la temperatura, quindi a 34 pressione costante si deve fornire una quantità di calore maggiore che a volume costante per ottenere lo stesso aumento di temperatura. Infatti la capacità termica C v risulta minore di quella a pressione costante C p , se per i gas questa differenza è grande, in generale per i solidi ed i liquidi è tanto piccola da poter essere trascurata. Per lo studio della relazione tra le due capacità termiche supponiamo di fornire calore a un gas a volume costante, nessun lavoro è compiuto dal gas o su di esso, e quindi il calore fornito è uguale all’aumento di energia interna del gas. Chiamando Qv il calore fornito a volume costante si ha Qv Cv T ma per il primo principio della termodinamica Qv U L U perché L0 perciò U Cv T Se invece forniamo calore a pressione costante il gas si espanderà e compirà lavoro sull’ambiente esterno: solo una parte del calore contribuirà all’aumento dell’energia interna del gas. Se chiamiamo Q p il calore fornito a pressione costante si ha Q p C p T Ma dal primo principio della termodinamica Q p U L U pV quindi uguagliando le due relazioni si ha 35 C p T U pV Sostituendo a U il valore trovato in precedenza si ha : C p T C v T pV La pressione, il volume e la temperatura di un gas perfetto sono legati dalla relazione pV nRT Derivando tale relazione e considerando la pressione costante, cioè dp = 0, si ha pdV = nRdT sostituendo questa espressione nell’equazione precedente si ha C p T C v T nRT e semplificando per T si ottiene: C p C v nR cioè C p Cv nR Quindi la differenza tra la capacità termica a pressione costante e quella a volume costante è uguale alla quantità nR. Se poi consideriamo una sola mole di gas, la relazione diventa: C p Cv R Che è indipendente dal tipo di gas considerato. Se invece introduciamo i calori specifici cp e cv, essendo C=Mc, si ha 36 c p cv R M che varia al variare del gas considerato, in quanto la massa molare del gas varia per ogni tipo di gas. 37