CONTRATTI#COMMERCIO#INTERNET#TUTELA FOCUS NORME E TRIBUTI Mercoledì 10 Giugno 2015 www.ilsole24ore.com/focus I focus del Sole 24 ORE Il Sole 24 ORE, Milano, Sett. n. 22. In vendita abbinata obbligatoria con Il Sole 24 ORE a € 2,00* (I focus del Sole 24 ORE € 0,50 + Il Sole 24 ORE € 1,50) E-commerce, tutte le regole LA GUIDA Un’occasione da non perdere per trovare nuovi clienti di Giorgio Costa I n un momento di crisi dei consumi per le imprese le vendite online sono un’opportunità. Tuttavia, al di là delle questioni organizzative e di tecnica informatica, non sono poche le norme da rispettare per avviare e gestire un sito in regola con le regole stabilite per l'esercizio dell'attività di impresa. Nelle pagine che seguono il lettore troverà una sintesi degli obblighi in materia societaria (a partire dall’iscrizione al Registro imprese o alla modifica del codice attività per quelle già in essere che avviano l’attività online), delle regole a tutela del consumatore, alla stipula del contratto di acquisto attraverso il cosiddetto point and click, della distinzione tra acquirente consumatori e acquirente “professionale”. Non si trascura poi il tema della firma elettronica così come quello dei pagamenti senza “giro” di moneta contante che hanno avuto grande sviluppo proprio grazie all’e-commerce. Molta attenzione, infine, viene dedicata al tema del recesso (che può avvenire entro due settimane per i beni mobili e 30 giorni per i prodotti finanziari) e al trattamento fiscale delle operazioni online specie alla luce della recente introduzione dei Moss. ADEMPIMENTI La corretta gestione delle vendite online Iscrizione al Registro imprese per avviare l’attività Tutte le informazioni obbligatorie nel web Come sottoscrivere un contratto a regola d’arte © RIPRODUZIONE RISERVATA DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Napoletano ALL’INTERNO CAPOREDATTORE Jean Marie Del Bo COORDINAMENTO Giorgio Costa INSERTO A CURA DI Luigi Illiano e Silvia Marzialetti * In Umbria € 0,50 + il prezzo de Il Sole 24 Ore Chiuso in redazione il 6 Giugno 2015 IL BUSINESS AVVIO DEL SITO I CONTENUTI RECESSO Dal settore turistico oltre il 40% dei ricavi e-comerce Va aggiunto il codice dell’attività se l’impresa è attiva Online le informazioni su prezzi, tariffe e costi di spedizione Entro 15 giorni si può restituire il bene acquistato Biagio Simonetta u pagina 2 Lorenzo Del Federico u pagina 4 Finocchiaro e Ratti u pagina 6 Finocchiaro e Candini u pagina 9 TUTELA CONTROVERSIE FISCO FISCO Ricorso individuale o class action per far valere i diritti Dal giudice di pace per i beni mobili fino a 5mila euro Software e musica, si applica l’aliquota del Paese di chi compra Imprese, niente Iva se il committente non risiede in Italia Gambino e Provenzano u pagina 10 Candini e Finocchiaro u pagina 11 Renato Portale u pagina 12 Benedetto Santacroce u pagina 13 2 I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole Il quadro TRA BUSINESS E DIRITTO Con un negozio in rete mercato senza confini Può convivere la presenza sui grandi marketplace e su un sito atonomo Biagio Simonetta pI numeri sono enormi, anche se non troppo precisi: fra i 12 e i 24 milioni in tutto il mondo. Tanti sarebbero i negozi virtuali reperibili in rete. Eppure solo 650mila di questi possono contare su un profitto pari o superiore a mille dollari annui. Segno evidente che fare e-commerce piace, ha il gusto dell’opportunità vera. Ma allo stesso tempo è un’operazione complicata, fatta di regole e saperi. L’insuccesso, insomma, è dietro l’angolo. Non basta un sito web con un carrellino della spesa per vendere online. Serve un insieme di fattori: professionalità, puntualità, competitività ed engagement su tutti. Il mercato italiano Secondo un recente studio condotto da Politecnico di Milano e Netcomm, nel 2014 il commercio elettronico in Italia ha fatto registrare un +17% rispetto all’anno precedente, per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro (6 miliardi il valore dei prodotti, 7,3 quello dei servizi). Un risultato in netta controtendenza rispetto al calo del 2,6% della spesa per consumi finali delle famiglie registrato dall’Istat. Interessanti anche i numeri relativi al mercato da mobile: con 2,6 miliardi di euro (1,4 generati da tablet, 1,2 da smartphone), il settore ha fatto registrare nel 2014 un incoraggiante +20% rispetto all’anno precedente. Inoltre, sono circa 16 milioni gli italiani che si sono riscoperti web shopper nel secondo trimestre del 2014. Ognuno di loro ha fatto almeno un acquisto online. I settori Sempre nel 2014, in Italia i servizi hanno avuto la meglio sui prodotti, grazie al turismo (viaggi e hotel) che ha generato il 40% del fatturato totale del commercio virtuale. Un segnale molto interessante su quali siano le abitudini dei web shopper italiani. Sul podio, poi, l’abbigliamento (14%) e gli oggetti hi-tech (informatica e elettronica, 12%). Discreti anche i numeri delle polizze assicurative sottoscritte online (9%). Il resto è un insieme di settori che sta cercando di emergere. I passaggi chiave Cosa fare e come fare La decisione di aprire le porte del web per chi ha un negozio fisico, o di partire proprio dalla Rete per i nuovi e-buyer, è ormai sempre più frequente. Per chi non ha un negozio va detto che le operazioni burocratiche sono del tutto simili a quelle dell’apertura di un punto fisico. Serve una partita Iva e la messa in regola al registro delle imprese. C’è bisogno inoltre del permesso del Comune di residenza. E anche una volta aperto il “negozio”, la parte burocratica e fiscale sarà quella tradizionale. Le scelte più difficili sono quelle relative al settore merceologico e alla piattaforma di vendita. Sul settore da scegliere, un’analisi di mercato è un’ottima idea dalla quale partire. Quello relativo alla piattaforma, invece, è uno degli interrogativi più ricorrenti. Il dilemma è spesso tra fare un sito con una piattaforma ad hoc oppure affidare le proprie sorti ai grandi marketplace come Amazon o eBay. Per chi si affaccia per la prima volta all’e-commerce, è bene tenere in considerazione che i primi 20 player del mercato virtuale italiano (Amazon, eBay, Expedia, Groupon eccetera), generano da soli il 54% delle vendite. Per questo la strada della partnership con una big sembra la più semplice: dà immediatezza del business e visibilità. Il sito di proprietà, invece, è il percorso più tortuoso, ma forse anche quello più intrigante. Perché una partnership prevede royalty per gli store sui quali ti appoggi, mentre sul sito di proprietà l’incasso è effettivo. Ma attenzione, serviranno sin da subito alcune caratteristiche che possono determinare il successo: buona descrizione del prodotto, ottimizzazione Seo per farti trovare dai motori di ricerca, prezzo competitivo, buone foto di presentazione, sistema di pagamento veloce (come PayPal), servizio di spedizione rapido, sistema di comunicazione possibilmente in real time. Se poi programmatore e web designer ai quali è stato affidato il sito sono in gamba, sarà un vantaggio non da poco. La soluzione più interessante rimane quella della doppia strada: sito di proprietà e partnership con i marketplace più diffusi. L’operazione è possibile e in rete una maggiore presenza può fare la differenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA NUOVA ATTIVITÀ IMPLEMENTAZIONE SITO POINT AND CLICK Per l’avvio di un’attività di commercio on line del tutto nuova, da parte di un nuovo operatore, si rende necessaria - oltre alla presentazione della Scia - entro 30 giorni dall’inizio, tramite la “comunicazione unica”, da presentare al Registro delle imprese: l’iscrizione al Registro imprese della Cciaa e contestualmente alla gestione Inps; l’attribuzione della partita Iva, compilando il modello AA9/11 per le persone fisiche o AA7/10 per gli altri soggetti. È poi previsto l’obbligo di comunicare all’agenzia delle Entrate l’indirizzo del sito web, i dati identificativi dell’Internet service provider, l’indirizzo e-mail, il numero di telefono e di fax. Qualora si intenda effettuare l’attività in ambito Ue, è necessaria anche l’iscrizione nel Vies Se l’impresa è già operativa, e ha semplicemente provveduto ad implementare un sito web, occorre: aggiungere il relativo codice attività “47.91.10 commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via Internet” all’attuale partita Iva, come attività secondaria; comunicare alla Cciaa lo svolgimento dell’ulteriore attività di vendita al dettaglio per corrispondenza. In caso di omessa variazione del codice presso la Cciaa in base all’articolo 2630 Codice civile, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria (da 103 a 1.032 euro). Nel caso in cui la denuncia, la comunicazione o il deposito al registro imprese siano effettuati nei 30 giorni successivi alla scadenza dei termini, la sanzione è ridotta ad un terzo Quando per il contratto on line non è richiesta dalla legge la forma scritta esso viene di frequente concluso con il cosiddetto point and click, cioè cliccando con il mouse (o altro puntatore) su di un “tasto virtuale” presente sullo schermo del computer. Si tratta di tecnica applicata nelle vendite on line da parecchi decenni, da quando la disponibilità di un mouse è diventata comune e che più di recente si è evoluta con l’impiego dei touch screen dei tablet e degli smartphone, nel cosiddetto mobile commerce. Al consumatore deve esser reso esplicito nella maniera più chiara che sta passando dalle informazioni su un prodotto all’acqusito del prodotto stesso Le regole. Tra convenzioni internazionali, direttive e Codice civile Norme Ue a tutela dei consumatori La privacy «frena» la profilazione di Giusella Finocchiaro I l commercio elettronico è un fenomeno ampiamente regolato dal diritto vigente, con norme antiche, come il Codice civile, e recenti, come quelle sull’autenticazione biometrica, che in alcuni casi si sovrappongono e si intersecano, delineando uno scenario di una certa complessità. È fondamentale, per dare certezza giuridica ai rapporti economici, che il quadro giuridico, anche a livello internazionale, sia il più chiaro possibile, e provvedere a rimuovere ogni ostacolo al commercio, anche e soprattutto on line. I primi passi Il commercio online ha mosso i primi passi negli anni ’90. All’inizio Internet è stata progettata per esigen- ze militari ed è stata successivamente utilizzata anche nell’ambito della comunità accademica. Oggi, invece la rete può essere vista anche come un grande mercato globale, senza frontiere, nel quale si possono scambiare, per esempio, beni e servizi fra fornitori cinesi e consumatori italiani o fra avvocati statunitensi e società europee. L’e-commerce, a sua volta, può essere descritto in maniera sintetica come un insieme di contratti. BUSINESS TO BUSINESS Nei contratti B2B è essenziale la scelta del foro competente oppure di un sistema di soluzione delle controversie Ma un mercato senza frontiere solleva alcuni problemi giuridici, innanzitutto quelli la determinazione della legge applicabile e del foro competente a giudicare della controversia. Certo non è solo un problema dei contratti conclusi su Internet ma anzi, più in generale, dei contratti nell’epoca della globalizzazione. Le tipologie di contratto Si possono prospettare alcune soluzioni, ma occorre premettere una distinzione: fra i contratti business to business (B2B) e i contratti business to consumer (B2C). Altre classificazioni si possono aggiungere (P2P, B2A eccetera) ma la distinzione citata è le più rilevante sotto il profilo giuridico. I primi, cioè i contratti business to business I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole +17% 3 L’andamento In Italia la crescita dei volumi è continuata anche nel 2014 Le vendite online hanno toccato quota 13,3 miliardi di cui 6 da beni di consumo e 7,3 da servizi Il nuovo regime Iva Imposta dovuta in Italia sul commercio elettronico Prestatore CONTENUTI DEL SITO DIRITTO DI RECESSO GIUDICE COMPETENTE Il sito deve fornite le informazioni che permettano di identificarne correttamente il titolare con nome, sede e partita Iva. È inoltre obbligatorio indicare un indirizzo di posta elettronica e gli estremi che permettono di contattare il titolare del sito Internet con facilità. Devono poi essere riportati in modo chiaro ed inequivocabile i prezzi e le tariffe dei servizi o dei beni offerti, specificando se gli importi indicati siano comprensivi o meno di imposte e costi aggiuntivi. Per i siti Internet dei professionisti, devono inoltre essere presenti le indicazioni relative all’Ordine di appartenenza e il titolo professionale. Tutte le informazioni devono essere costantemente aggiornate Secondo il Codice del consumo (Dlgs 206/2005), il consumatore ha il diritto di recedere entro il termine ordinario di 14 giorni che decorrono dalla conclusione del contratto (nel caso di contratti di servizi), oppure dal giorno in cui il consumatore riceve i beni. Tuttavia, se il venditore non fornisce al consumatore le informazioni sul diritto di recesso, il termine per il valido esercizio del diritto stesso è prorogato a dodici mesi decorrenti dalla fine del periodo di recesso iniziale.L’esercizio del diritto di recesso può avvenire sia utilizzando il modulo predisposto dal legislatore e allegato al Codice del consumo oppure attraverso una qualsiasi dichiarazione scritta della decisione di recedere dal contratto Sesussistelagiurisdizionedelgiudice italiano,lacompetenzaspetteràal giudicedipaceperlecauserelativea benimobilidivalorenonsuperiorea 5milaeurooppurealTribunale ordinarionellealtreipotesi.Ilgiudice competentevienestabilitoanormadel codicediproceduracivile,secondoil qualeilforoèindividuatonelluogodi residenzaodidomiciliodelconvenuto (perlesocietàoccorrefareriferimento allasede,aunostabilimentooalluogo incuièpresenteunrappresentante autorizzatoastareingiudizio)o,in alternativa,nelluogoincuièsortao deveeseguirsil’obbligazionecontesa. Laregolanonvalenelrapportotra venditoriprofessionalieconsumatori perchéladomandaandràproposta davantialgiudicedelluogodi residenzaodomiciliodelconsumatore IT Committente Italiano soggetto passivo Italiano - non soggetto passivo (privato) Iva Regola Luogo di stabilimento del Sì committente - articolo 44 direttiva Iva e articolo 7-ter lettera a) decreto Iva Sì Ue - soggetto passivo No Ue - non soggetto passivo No Extra Ue soggetto passivo No Extra Ue - non soggetto passivo No Italiano soggetto passivo Sì Italiano - non soggetto passivo Sì Ue - Extra Ue soggetto passivo No UE sono i contratti fra imprese o fra imprese e professionisti; i secondi, i contratti conclusi fra imprese e consumatori, cioè con persone fisiche che concludono i contratti per esigenze personali o familiari. Nei contratti B2B è essenziale prevedere una clausola che determini la legge applicabile e il foro competente, o un arbitrato, o ancora una modalità alternativa di risoluzione delle controversie. In assenza, si potranno applicare le convenzioni internazionali: ad esempio, se di contratto di vendita si tratta, la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni. Se, invece, uno dei contraenti è un consumatore, allora gode di una forte tutela dettata dalle norme di fonte europea. Un importante passo avanti nel commercio elettronico internazionale è stato costituito dalla approvazione, avvenuta nel 2005, della Convenzione delle Nazioni unite sull’uso delle comunicazioni elettroniche nei contratti internazionali (United nations conven- tion on the use of electronic communications in international contracts), in breve Electronic communications convention. La Convenzione Uncitral La Convenzione è stata promossa dall’Uncitral (United nations commission on international trade law) proprio oggi a Bologna giuristi ed esperti internazionali si incontrano nell’ambito di un workshop della commissione delle Nazioni Unite sul diritto del commercio internazionale su “Open Issues on Electronic Commerce: the Digital Identity” a cui parteciperanno anche Alibaba, Google e l’American Bar Association, in cui si discuterà delle questioni aperte in materia di commercio elettronico - e ha svolto un ruolo fondamentale per il commercio elettronico, non soltanto perché ha intrapreso il percorso di armonizzazione del diritto anche in questo settore, ma soprattutto per il fatto che è stata una fra le prime istituzioni internazionali a riflettere su questi temi. La Electronic communications convention ha lo scopo di facilitare l’uso delle comunicazioni elettroniche nel commercio internazionale e di assicurare che i contratti conclusi e le dichiarazioni effettuate con mezzi elettronici siano validi come quelli basati su carta. Se al contratto di commercio elettronico è applicabile la legge italiana, esso sarà in ogni caso disciplinato dal Codice civile e, se contratto B2C, anche il Codice del consumo. Si applicheranno anche le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale sul valore giuridico del documento informatico e delle firme informatiche. Ad esempio, per determinare il valore della cosiddetta firma grafometrica o del click nell’approvazione delle clausole vessatorie. Non si possono dimenticare, poi, le norme sulla privacy dettate dal Codice per la protezione dei dati personali, che impongono, ad esempio, l’informativa, la raccolta del consenso, una particolare disciplina sull’utilizzo dei cookie e sulla profilazione per finalità di marketing. © RIPRODUZIONE RISERVATA UE Ue - Extra Ue non No soggetto passivo EXTRA UE Italiano soggetto passivo Sì Italiano - non soggetto passivo Sì Ue - Extra Ue soggetto passivo No Ue – Extra Ue non soggetto passivo No Luogo di stabilimento del committente - articolo 58 direttiva Iva e articolo 7sexies lettera f) decreto Iva Imposta locale assolta dal committente con inversione contabile - articolo 44 direttiva Iva e articolo 7-ter comma 1, lettera a) Imposta del Paese Ue del committente dovuta dal prestatore italiano attraverso il Moss ovvero con identificazione nello Stato del cliente articolo 58 direttiva Iva e “a contrario” articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva Fuori campo Iva - Luogo di stabilimento del committente -articolo 44 direttiva Iva e articolo 7-ter comma 1, lettera a) decreto Iva Luogo di stabilimento del committente - articolo 58 direttiva Iva e “a contrario” articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva Luogo di stabilimento del committente - articolo 44 direttiva Iva e articolo 7-ter comma 1, lettera a) decreto Iva. Iva dovuta dal committente in Italia con inversione contabile Luogo di stabilimento del committente – Iva italiana dovuta dal prestatore nel suo Paese attraverso il Moss ovvero con identificazione in Italia (articolo 58 direttiva Iva e articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva Luogo di stabilimento del committente - articolo 44 direttiva Iva e “a contrario” articolo 7-ter, comma 1 lettera a) decreto Iva Luogo di stabilimento del committente - articolo 58 direttiva Iva e “a contrario” articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva Luogo di stabilimento del committente - articolo 44 direttiva Iva e articolo 7ter comma 1, lettera a) decreto Iva. Iva dovuta dal committente in Italia con inversione contabile Luogo di stabilimento del committente - Iva dovuta dal prestatore attraverso il Moss (in Italia o altro Paese Ue) o con rappresentante fiscale in Italia articolo 58 direttiva Iva e articolo 7sexies lettera f) decreto Iva Luogo di stabilimento del committente - articolo 44 direttiva Iva e articolo 7-ter comma 1, lettera a) decreto Iva Luogo di domicilio del committente articolo 58 direttiva Iva e “a contrario” articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva 4 I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole L’inizio attività ADEMPIMENTI E INCENTIVI Iscrizione al Registro imprese per avviare il commercio online Se l’azienda è già operativa sufficiente aggiungere il codice attività PAGINA A CURA DI Lorenzo Del Federico pIl commercio elettronico, quale attività rivolta all’effettuazione di transazioni commerciali di beni o servizi attraverso l’utilizzo di tecnologie informatiche, comporta diversi adempimenti, gravanti sull’operatore commerciale, ai fini contabili e fiscali. Tuttavia, in linea di massima, gli adempimenti contabili sono quelli ordinari e consueti, mentre gli adempimenti fiscali risultano alquanto specifici. Si tratta, comunque, di adempimenti indifferenti rispetto alla veste giuridica prescelta, sia essa quella dell’impresa individuale, della società di persone o della società di capitali. Per l’avvio di un’attività di commercio online, da parte di un nuovo operatore, si rende necessario, entro 30 giorni dall’inizio, tramite modello di “comunicazione unica”, da presentare al Registro delle imprese: 1 effettuare l’iscrizione al Registro imprese della Cciaa e, contestualmente, alla gestione Inps; 1 richiedere l’attribuzione della partita Iva, compilando il modello AA9/11 per le persone fisiche o AA7/10 per gli altri soggetti (provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate A/E 29/12/2009). È poi previsto l’obbligo di comunicare all’agenzia delle Entrate l’indirizzo del sito web, i dati identificativi dell’Internet service provider, l’indirizzo e-mail, il numero di telefono e di fax. Qualora si intenda effettuare l’attività in ambito Ue, è necessaria anche l’iscrizione nel Vies. Infine, occorre effettuare la presentazione della Scia allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) del Comune nel quale si intende avviare l’attività (Dpr 160/2010). Se l’impresa era già operativa, e ha semplicemente provveduto aimplementare un sito web, occorre: 1 aggiungere il relativo codice attività “47.91.10 commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via Internet” all’attuale partita Iva, come attività secondaria; 1 comunicare alla Cciaa lo svolgimento dell’ulteriore attività di vendita al dettaglio per corrispondenza. Il mancato adempimento degli obblighi sopra indicati espone all’applicazione di sanzioni e precisamente: 1 mancata variazione Iva: si appli- ca una sanzione da 516 a 2.064 euro (articolo 5, comma 6 Dlgs 471/1997). La sanzione è ridotta ad un quinto del minimo nel caso in cui l’obbligato provveda alla regolarizzazione della dichiarazione presentata nel termine di 30 giorni dall’invito dell’ufficio; 1 omessa variazione Camera di commercio: in base all’articolo 2630 Codice civile, in caso di omesso o tardivo deposito delle denunce, domande e depositi destinati al Registro delle imprese è applicata una sanzione amministrativa pecuniaria (da 103 a 1.032 euro). Nel caso in cui la denuncia, la comunicazione o il deposito al registro imprese siano effettuati nei 30 giorni successivi alla scadenza dei termini, la sanzione è ridotta ad un terzo. Anche con riferimento alla fatturazione, occorre distinguere tra commercio elettronico diretto (download di contenuti grafici o audiovisivi) e indiretto (commercio telematico di beni materiali). Nel primo caso, ai fini Iva, le operazioni sono convenzionalmente sempre riconducibili all’ambito delle prestazioni di servizi. Pertanto, ex articolo 6 del Dpr 633/1972 il momento rilevante si realizza con il pagamento della transazione. A queste transazioni si applica sempre l’aliquota ordinaria del 22 per cento. Inoltre, ex articolo 17 comma 2 del Dpr 633/1972, il committente Cosa serve Gli adempimenti 8 Nuova attività: entro 30 giorni, tramite comunicazione unica al Registro delle imprese, iscrizione al Registro Cciaa e alla gestione Inps; attribuzione della partita Iva 8 Attività commerciale preesistente con successiva attivazione di un sito: inserimento del codice attività “47.91.10” nella partita Iva; comunicazione alla Camera di commercio della nuova attività di vendita al dettaglio per corrispondenza 8 In ogni caso: comunicazione all’agenzia delle Entrate dell’indirizzo del sito web, dei dati Isp, del recapito e-mail, del numero di telefono e di fax; iscrizione nel Vies; presentazione della Scia allo Sportello unico per le attività produttive del comune nel quale si avvia l’attività 8 Commercio elettronico diretto (on line): il committente italiano, soggetto Iva, emette autofattura. 8 Commercio elettronico indiretto (offline): operazioni assoggettate al regime previsto per le vendite per corrispondenza con esonero fatturazione e certificazione; obbligo annotazione registro dei corrispettivi italiano è tenuto ad emettere autofattura, da registrare nei registri Iva acquisti e vendite, anche nel caso in cui il soggetto estero abbia nominato in Italia un proprio rappresentante fiscale o si sia qui identificato direttamente. Nel secondo caso, le operazioni sono assoggettate al regime previsto per le vendite per corrispondenza con conseguente esonero dall’obbligo di fatturazione e certificazione. Nel caso di cessioni effettuate in Italia non è obbligatoria l’emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale, né della fattura, salva l’eventuale richiesta dell’acquirente. Resta invece l’obbligo di annotazione sul registro dei corrispettivi. Ormai da tempo l’Unione europea ha maturato una piena consapevolezza dell’importanza del fenomeno, promuovendo l’evoluzione e l’armonizzazione del regime Iva del commercio elettronico. In tale contesto i soggetti passivi che effettuano i servizi elettronici o i servizi di telecomunicazione e tele - radiodiffusione (Tte) a favore di consumatori finali europei (B2C), possono assolvere gli obblighi in materia di Iva attraverso il portale telematico denominato “Mini one Stop Shop” o “Mini sportello unico”, cosiddetto Moss (regolamento Ue 967/2012, provvedimento agenzia Entrate 30 settembre 2014, protocollo 122854). © RIPRODUZIONE RISERVATA Agevolazioni. Limite a 50mila euro l’anno Credito d’imposta del 40% per l’infrastruttura pL’esperienza insegna che nel settore del commercio elettronico si assiste molto spesso alla creazione di nuove imprese. L’unica agevolazione specifica per l’ecommerce attualmente in vigore è prevista dall’articolo 3 della legge 116/2014, che prevede lo stanziamento di un credito d’imposta pari al 40% delle spese sostenute nella realizzazione e l’ampliamento di «infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico» dalle imprese manifatturiere di prodotti agricoli, ittici e d’acquacoltura, con un limite di 50mila euro annui per impresa. Le agevolazioni sotto descritte sono applicabili anche alle attività di commercio elettronico, purché siano rispettati tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti. Al riguardo è opportuno segnalare che in Italia, il regime fiscale e societario delle start up è particolarmente favorevole nel caso di attività cosiddette innovative, ossia di società di capitali, anche in forma cooperativa, di diritto italiano o di società europea residente in Italia, che ha quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non siano quotate su un mercato regolamentato o su un sistema AD AMPIO RAGGIO Possibile anche accedere alle contribuzioni per le start up innovative e per l’assunzione di ricercatori e tecnici qualificati multilaterale di negoziazione. Le agevolazioni previste per le start up innovative sono di tipo societario, finanziario e fiscale (circolare agenzia Entrate 16/ E/2014). Con riferimento a tale ultimo aspetto, il regime di favore, disposto dal Dl 179/2012 e dettagliato nel Dm 30 gennaio 2014, prevede specifiche deduzioni e detrazioni. I soggetti beneficiari sono i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) ed i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (Ires) che hanno effettuato, anche indirettamente attraverso l’aiuto di un Oicv o di una società di capitali che investe prevalentemente in start up innovative, un investimento agevolato nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2012. È previsto l’eso- nero dal pagamento dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria al momento dell’iscrizione della start up innovativa e dell’incubatore certificato nella sezione speciale del registro delle imprese. La start up innovativa e l’incubatore certificato sono altresì esenti dal pagamento del diritto annuale in favore delle Cciaa per cinque anni. Per gli anni dal 2013 al 2016, per i soggetti passivi Irpef, è prevista la possibilità di detrarre all’imposta lorda un importo pari al 19% della somma investita nel capitale sociale di una o più start up innovative (nel limite massimo di 500mila euro per ogni periodo d’imposta). Negli stessi periodi d’imposta non concorre alla formazione del reddito dei soggetti passivi Ires – differenti dalle imprese start up innovative – il 20% della somma investita nel capita- le sociale di una o più start up innovative (l’investimento massimo deducibile non può eccedere la somma di 1.800.000 euro in ciascun periodo d’imposta). Inoltre, ex articolo 26 del citato Dl, tali attività sono esonerate dall’applicazione della normativa relativa alle società non operative. Infine, ex articolo 27bis del medesimo Dl, è prevista l’erogazione di un contributo fruibile sotto forma di credito di imposta (35% del costo aziendale con tetto a 200mila euro annui) in favore delle imprese che effettuano nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato, in possesso di dottorato di ricerca universitario o in possesso di laurea magistrale a carattere tecnico o scientifico, impiegato in attività di ricerca e sviluppo. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole 5 La vendita a distanza IL CONTRATTO Informazioni dettagliate per garantire il consumatore Nei rapporti B2C vessatoria qualsiasi clausola che comporta oneri sbilanciati Giusella Finocchiaro Matilde Ratti pIn generale al commercio elettronico è applicabile la disciplina sui contratti. Infatti, vendendo e acquistando prodotti online si concludono contratti al pari di quanto può accadere in un negozio o nell’ambito di una trattativa tra imprese. Pertanto, se il diritto applicabile all’accordo concluso online è quello italiano, le norme da tenere in considerazione sono innanzitutto quelle del Codice civile. La tutela del consumatore Se colui che acquista tramite l’ausilio di un sito Internet è un consumatore, si applicano le regole più specifiche contenute nel Codice del consumo, previsto dal Dlgs 206/2005. In forza di tale normativa, il consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività professionale. Ad esempio, l’avvocato che acquista un computer per lo studio legale è qualificabile come professionista, mentre sarà un consumatore qualora acquisti un computer destinato alla famiglia. Quanto ai contratti conclusi dal consumatore tramite l’utilizzo di un sito Internet, il Codice del consumo prevede una tutela particolare che si articola su tre fondamentali direttrici: gli obblighi informativi rafforzati, la tutela sostanziale costituita dalla disciplina sulle clausole vessatorie e sul recesso e la tutela processuale. Obblighi informativi rafforzati Il Codice del consumo dedica un’intera sezione ai contratti a distanza, ossia a quei contratti che sono conclusi senza la presenza simultanea delle parti, come avviene per i contratti conclusi online. In particolare, sono previsti alcuni oneri aggiuntivi in capo al professionista a tutela della parte debole del contratto, il consumatore. Il professionista è tenuto ad adempiere agli obblighi informativi precontrattuali, fornendo al consumatore informazioni più dettagliate di quanto non sia richiesto per i contratti business to business. Anche in relazione alle clausole vessatorie la disciplina prevista dal Codice del consumo si differenzia da quella per i contratti conclusi tra professionisti. Il Codice civile, che si applica per la contrattazione business to business, prevede un numero chiuso di clausole che possono considerarsi vessatorie. A titolo esemplificativo, sono vessatorie le clausole che stabiliscono la facoltà di recedere dal contratto a favore di colui che le ha predisposte. Contratti B2B Nei contratti business to business, le clausole vessatorie sono efficaci solo se specificamente approvate per iscritto. Per i contratti conclusi con il consumatore è invece prevista una tutela più intensa. In base all’articolo 33 del Codice del consumo, le clausole vessatorie sono quelle previsioni contrattuali che determinano un significativo squilibrio di diritti e di obblighi a carico del consumatore. Non è pertanto necessario che la clausola rientri in una delle categorie prestabilite dal Codice civile. Può essere vessatoria qualsiasi clausola che imponga uno svantaggio o comporti uno squilibrio contrattuale a carico del consumatore. Sotto il profilo della validità, LA PAROLA CHIAVE Contratti a distanza La conclusione di un contratto a distanza, come da direttiva Ue 97/7/CE, può avvenire attraverso qualunque mezzo utile (per telefono, posta elettronica, catalogo, eccetera) senza la presenza fisica e simultanea delle parti del contratto. La direttiva non si applica ai contratti: relativi ai servizi finanziari; conclusi tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati; conclusi con gli operatori delle telecomunicazioni impiegando telefoni pubblici; relativi a beni immobili, ad eccezione della locazione; conclusi con vendita all’asta. Il professionista deve fornire informazioni chiare e comprensibili al consumatore, entro un termine sufficiente prima della stipula del contratto ed è tenuto a rispettare i principi di lealtà in materia di transazioni commerciali e di protezione delle persone incapaci di manifestare il loro consenso poi, il Codice del consumo prevede che le clausole vessatorie siano radicalmente nulle (anche nel contratto concluso on line), salvo che il professionista provi che sono state oggetto di una specifica trattativa intercorsa con il consumatore. Inoltre, il Codice del consumo prevede che talune clausole vessatorie siano nulle anche nel caso in cui sia provata l’avvenuta trattativa con il consumatore. Si tratta, ad esempio, delle clausole volte ad escludere la responsabilità del professionista nel caso in cui una sua omissione causi la morte del consumatore o, ancora, delle previsioni che comportino l’adesione del consumatore a condizioni contrattuali che egli non ha avuto la possibilità di conoscere. Con riguardo al recesso è prevista a tutela del consumatore una più favorevole disciplina, poiché il consumatore dispone di quattordici giorni per recedere dal contratto concluso on line. La tutela processuale Sotto il profilo della tutela processuale, il Codice del consumo stabilisce che il foro competente a dirimere le controversie che sorgono in relazione a contratti on line conclusi con il consumatore è quello della sua residenza o domicilio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Conclusione dell’accordo. Deve essere chiaro che si è passati dalle semplici informazioni all’acquisto del bene Il click obbliga al pagamento Francesco Delfini pQuando per il contratto online non è richiesta dalla legge la forma scritta esso viene di frequente concluso con il cosiddetto point and click, cioè cliccando con il mouse (o altro puntatore) su di un “tasto virtuale” presente sullo schermo del computer. Si tratta di tecnica applicata nelle vendite on line da parecchi decenni, da quando la disponibilità di un mouse è diventata comune e che più di recente si è evoluta con l’impiego dei touch screen dei tablet e degli smartphone, nel cosiddetto mobile commerce . Il pregiudizio giuridico che la volontà di vincolarsi contrattualmente dovesse esprimersi con un testo, o con la firma di un testo, ha portato in passato a dubbi sull’idoneità di tale tecnica a concludere validamente il contratto on line. Il commercio elettronico non ne ha tuttavia sofferto, sia perché la rilevanza economica delle singole vendite non ha incoraggiato un contenzioso, sia perché la cautela dei venditori, attenti a non spedire merce ad indirizzi diversi da quelli del titolare della carta di credito utilizzata per il pagamento, ha comunque garantito che all’eventuale contestazione della validità del contratto il venditore potesse opporre l’arricchimento comunque conseguito dal cliente, che aveva ricevuto il bene pagato con l’utilizzo della propria carta di credito. Sotto il profilo giuridico, comunque, la validità del contratto concluso cliccando con il mouse su di un tasto virtuale presente sullo schermo del computer poteva giustificarsi già con le regole generali del Codice civile, e così con il principio - ricavabile dal quarto comma dell’articolo 1326 secondo cui «Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa» - che consente al venditore di prescrivere modalità e forme procedimentali per la conclusione del contratto. Oggi il nuovo articolo 51, comma 2 del Codice del consumo, introdotto dal Dlgs 21/2014 in attuazione dell’articolo 8, comma 2, della direttiva 2011/83/Ue, riconosce espressamente la validità del contratto concluso con il point and click ma prevede anche che il professionista debba garantire la consapevolezza, in capo al consumatore e al momento di inoltrare l’ordine, che l’ordine stesso implica l’obbligo di pagare e impone che «se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formula- zione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista». Se tali prescrizioni non sono rispettate, e dunque se il consuma- I focus del Sole 24 ORE Settimanale - Reg. Tribunale di Milano n. 170 del 07-06-2013 DIRETTORE RESPONSABILE Roberto Napoletano PROPRIETARIO ED EDITORE Il Sole 24 Ore S.p.A. SEDE LEGALE, REDAZIONE E DIREZIONE Via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano STAMPATORE Il Sole 24 ORE S.p.A., via Busto Arsizio 36, 20151 Milano e Via Tiburtina Valeria, Km 68,700, Carsoli 67061 (AQ) Stampa quotidiana S.r.l., via Galileo Galilei 280/A, località Fossatone, 40059 Medicina (BO) L'Unione Editoriale S.p.A., via Omodeo s/n, 09030 Elmas (CA) tore non è messo nella condizione ci comprendere che da una fase informativa sul bene o servizio offerti sta passando alla conclusione del contratto, la norma prevede che il consumatore non sia vincolato dal contratto o dall’ordine. Tale più recente tutela del consumatore completa quella già prevista dall’articolo 12 Dlgs 70/2003 sul commercio elettronico, che impone al predisponente il sito internet di fornire informazioni sui «mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore», così implicitamente imponendo al professionista di predisporre idonei strumenti di revisione dell’ordine prima dell’invio e di correzione di eventuali errori nella manifestazione della volontà. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole Il sito GLI OBBLIGHI Indicazioni certe sul prezzo e sulla durata dell’accordo I professionisti devono indicare i dati relativi all’Ordine di appartenenza PAGINA A CURA DI Giusella Finocchiaro Matilde Ratti pL’utilizzo del sito Internet co- me vetrina per gli imprenditori e per i professionisti è ormai pratica diffusa. Ma meno noto è che il sito Internet deve contenere una serie di informazioni, obbligatorie per legge. La normativa applicabile alle attività economiche svolte online è di fonte europea. Si tratta del Dlgs 70/2003 che ha dato attuazione alla direttiva europea 2000/31/CE sul commercio elettronico. La norma è applicabile sia ai contratti business to business, sia a quelli conclusi con il consumatore. La disciplina generale In particolare, l’articolo 7 del decreto prevede che il prestatore del servizio (società o persona fisica) debba fornire un elenco di informazioni generali al destina- tario. Fatti salvi gli obblighi informativi previsti per alcuni specifici beni e servizi, nonché gli obblighi imposti dalla normativa in materia di privacy (in Italia costituita dal Codice per la protezione dei dati personali, il Dlgs 196/2003), devono essere fornite le informazioni che permettano di identificare correttamente il titolare del sito Internet, quali il nome, la sede e la partita Iva. È inoltre obbligatorio indicare un indirizzo di posta elettronica e gli estremi che permettono di contattare il titolare del sito Internet con facilità. Devono poi essere riportati in modo chiaro ed inequivocabile i prezzi e le tariffe dei servizi o dei beni offerti, specificando se gli importi indicati siano comprensivi o meno di imposte e costi aggiuntivi. Per i siti Internet dei professionisti, devono inoltre essere presenti le indicazioni relative all’Ordine di appartenenza e il titolo professionale. Tutte le informazioni devono essere costantemente aggiornate e fornite in mo- I DATI ESSENZIALI Devono essere chiari il titolare dello spazio web, la sede e la partita Iva insieme con le coordinate per i contatti Le informazioni Principali informazionisul sito Internet per i contratti business to consumer, fatte salve le previsioni in materia di privacy 1. Caratteristiche principali dei beni o servizi 2. Identità del professionista 3. Indirizzo geografico e i contatti del professionista 4. Prezzo totale dei beni o dei servizi comprensivo delle imposte 5. Modalità di pagamento, consegna e esecuzione 6. Trattamento dei reclami 7. Esistenza o meno del diritto di recesso e le condizioni di esercizio 8. Eventuali informazioni sul costo della restituzione in caso di recesso 9. Esistenza della garanzia legale di conformità per i beni 10. Durata del contratto do facilmente accessibile sulla pagina Internet. Informazioni ai consumatori Qualora ci si rivolga ai consumatori, occorre aggiungere ulteriori informazioni. La disciplina applicabile al commercio elettronico è quella prevista dal Codice del consumo, il Dlgs 206/2005. Gli accordi conclusi online rien- trano tra i cosiddetti contratti a distanza, quei contratti conclusi senza la simultanea presenza delle parti. Dunque, il consumatore deve ricevere sul sito Internet in maniera chiara e comprensibile le informazioni relative all’identità del professionista, all’indirizzo geografico di questi, al prodotto offerto, al prezzo richiesto, alle modalità di paga- mento e di consegna. Se esistono spese aggiuntive per la spedizione o la consegna delle merci e il professionista omette di menzionarle, il consumatore non è tenuto sostenerle. La stessa regola vale anche per gli eventuali costi di restituzione del bene acquistato. Il consumatore deve inoltre essere informato delle modalità con cui è possibile esercitare il diritto di recesso dal contratto, ove previsto. Il Codice del consumo prevede che tutte le informazioni debbano essere visionabili dal consumatore prima del perfezionamento del contratto. Ovviamente, tutte le indicazioni presenti sul sito Internet sono vincolanti per il professionista, in quanto, al momento della conclusione dell’accordo online, divengono a tutti gli effetti parte integrante del contratto. Infine, ad ulteriore tutela del consumatore, il Codice del consumo prevede che l’onere della prova circa l’avvenuto adempimento degli obblighi di informazione precontrattuale incomba sul professionista. Sarà questi, in sede di contenzioso, a dover dimostrare di aver fornito al consumatore tutte le informazioni previste per la contrattazione online. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marketing. Va indicato nell’oggetto se si tratta di proposte di sconti o concorsi a premi L’e-mail o l’sms devono essere «trasparenti» pL’utilizzo di e-mail, sms, newsgroup, chat e altri mezzi elettronici per raggiungere clienti e comunicare a fini commerciali è un fenomeno rilevante dal punto di vista legale sotto più profili. In linea generale, fatti salvi gli obblighi deontologici, alle comunicazioni commerciali inviate nell’ambito di un’attività economica svolta online, sono applicabili alcune disposizioni contenute nel Dlgs 70/2003. Le comunicazioni commerciali devono contenere, sin dal primo invio, alcune informazioni obbligatorie. Deve essere direttamente individuabile la personaolasocietàpercontodellaquale la comunicazione è effettuata e deve immediatamente potersi evincere che si tratta di comunicazione commerciale. Poi deve essere indicato se la comunicazione costituisce un gioco, un concorso o un’offerta promozionale. Ad esempio, nell’oggetto della email o nelle prime righe di un sms può essere indicato che si tratta di propo- ste di sconti o di concorso a premi. citatadalclienteèacaricodelprestatore del servizio. Difesa della privacy Le comunicazioni non sollecitate Nel caso in cui la comunicazione commerciale trasmessa via posta elettronica non sia stata richiesta dal destinatario, si applicano alcune disposizioni a tutela della privacy del ricevente. Il messaggio, oltre ad essere identificabile come comunicazione commerciale in modo chiaro e inequivocabile, deve contenere l’indicazione che il destinatario potrà opporsi a ricevere tali comunicazioni in futuro. In caso di contraddittorio, la prova che la comunicazione commerciale era stata solle- LO SBARRAMENTO La telefonata ai fini di vendita o per ricerche di mercato è consentita solo nei confronti di chi non è iscritto al Registro pubblico delle opposizioni La protezione dei dati personali Ferma restando l’applicazione delle norme esaminate, va ricordato che l’invio di comunicazioni commerciali via e-mail o sms costituisce un trattamento di dati personali ai sensi della normativa sulla privacy. Numero telefonico o indirizzo e-mail del destinatario rientrano nell’ampia definizione di dato personale fornita dal Codice sulla protezionedeidatipersonali.Secondo il Codice, l’invio di messaggi di posta elettronica, mms, sms o di messaggi di tipo automatizzato per vendita diretta o comunicazione commerciale è consentito solo con il consenso del destinatario. Ma se questi è già cliente e ha fornito il suo indirizzo di posta elettronica, il titolare del sito Internet può inviare e-mail per la vendita di prodotti o servizi analoghi a quelli già acquistati. È in ogni caso obbligatorio informare 01 TUTELADATIPERSONALI Occorre ricordare che l’invio di comunicazioni commerciali attraverso e-mail o sms costituisce un trattamento di dati personali ai sensi della normativa in materia di privacy . Il numero telefonico o l’indirizzo e-mail del destinatario rientrano nella definizione fornita dal Codice in materia di protezione dei dati personali. 02 CONTATTINONRICHIESTI Nel caso di comunicazioni commerciali non richieste dal destinatario si applicano le tutele sulla privacy del ricevente. In caso di contraddittorio, la prova che la comunicazione era stata sollecitata dal cliente è a carico di chi presta il servizio. adeguatamente il cliente, e questi può sempre opporsi all’utilizzo del suo indirizzo e-mail. Le telefonate a fini commerciali Qualora le comunicazioni commerciali siano effettuate tramite l’ausilio di telefonate,ilregimeprevistodallanormativa privacy è quello dell’opt out. Con il Dpr 178/2010 è stato istituito il Registro pubblico delle opposizioni con il quale gli abbonati agli elenchi telefonici possono esercitare il diritto di opt out. La comunicazione telefonica ai fini commerciali, promozionali o per il compimento di ricerche di mercato è consentita solo nei confronti di chinonrisultiiscrittoalRegistro.Incaso di violazione del diritto di opporsi alla ricezione di chiamate telefoniche a fini commerciali o promozionali, il Codice di protezione dei dati personali prevede una sanzione che va da 10mila a 120mila euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole 7 Firma «virtuale» TUTELA DELLE PARTI La sigla digitale dei contratti ha il valore di forma scritta Le sottoscrizioni hanno diverso peso a seconda del livello di identificazione dell’acquirente Giusella Finocchiaro Matilde Ratti pIn relazione alla forma del contratto, negli ordinamenti giuridici occidentali vige sin dal Medioevo il principio della libertà delle forme. Il Codice civile ha fatto proprio questo principio consentendo alle parti di scegliere di concludere i loro accordi nella forma che ritengono più opportuna. Di conseguenza un contratto può essere concluso sia in forma scritta sia in forma orale. Naturalmente, questo principio è applicabile anche ai contratti conclusi in rete, nell’ambito del commercio elettronico. Il contratto Codice civile Il Codice civile impone l’obbligo della forma scritta soltanto per alcuni particolari contratti. È il caso, ad esempio, delle donazioni. La forma scritta può essere richiesta affinché il contratto sia valido e vincolante PAROLA CHIAVE a Firma elettronica La firma digitale - equivalente elettronico della tradizionale firma autografa su carta - è associata stabilmente al documento elettronico sul quale è apposta e ne attesta con certezza integrità, autenticità, non ripudiabilità. Il documento così sottoscritto assume piena efficacia probatoria.La firma digitale consente di scambiare in rete documenti con piena validità legale. Possono dotarsi di firma digitale tutte le persone fisiche: cittadini, amministratori e dipendenti di società e pubbliche amministrazioni. Per dotarsi di firma digitale è necessario rivolgersi ai certificatori accreditati autorizzati da Agenzia per l’Italia digitale (AgID) che garantiscono l’identità dei soggetti che utilizzano la firma digitale. tra le parti (e in questo caso si parla di forma scritta ad substantiam). Ad esempio, l’articolo 1350 del Codice civile richiede la forma scritta pena la nullità del contratto per gli accordi aventi ad oggetto beni immobili. Com’è noto, il contratto di compravendita di un appartamento deve essere stipulato per atto scritto. In altri casi la forma scritta è richiesta per dare prova dell’avvenuta conclusione del contratto (si parla di forma scritta ad probationem). È così, ad esempio, per i contratti assicurativi. Talvolta poi sono i contraenti che hanno interesse a concludere il contratto in forma scritta, poiché la prova in giudizio delle condizioni contrattuali e della data di conclusione del contratto è certamente più agevole potendo disporre di un documento sottoscritto dalle parti. In tutti i casi in cui la forma scritta è richiesta o preferibile, si pone dunque il problema dell’idoneità dei contratti conclusi online ad integrare il requisito della forma scritta. garantire, rispetto alla firma elettronica semplice, un più elevato livello di sicurezza sull’identità del firmatario. La firma qualificata, poi, è un particolare tipo di firma elettronica avanzata, mentre la firma digitale è una firma basata su una tecnologica specifica (la crittografia a chiavi asimmetriche). Nel caso della vendita di un prodotto online tramite un sito Internet, il contratto avrà forma scritta se l’utente che ha effettuato l’acquisto è stato identificato tramite l’apposizione di una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. Ma vi è una differenza tra queste tre firme, poiché la firma elettronica avanzata non può essere utilizzata in relazione a una particolare categoria di atti. Infatti, in base al Codice dell’amministrazione digitale, gli atti per cui è richiesta la forma scritta a pena di nullità che hanno ad oggetto beni immobili possono essere validamente firmati solo con firma elettronica qualificata o con firma digitale. In sintesi 01 OBBLIGO FORMA SCRITTA Il Codice civile impone l’obbligo della forma scritta soltanto per alcuni particolari contratti. È il caso, ad esempio, delle donazioni. La forma scritta può essere richiesta affinché il contratto sia valido e vincolante tra le parti. E’ richiesta forma scritta, pena la nullità, per accordi aventi a oggetto beni immobili. 02 FIRMA SEMPLICE Il documento informatico al quale è apposta la firma elettronica semplice è liberamente valutabile dal giudice: potrà stabilire se il documento sottoscritto in tal modo integri o meno il requisito della forma scritta. 03 LA GARANZIA Per essere certi che il documento informatico integri il requisito della forma scritta, è necessario utilizzare una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. In tal caso il Codice dell’amministrazione digitale assicura piena equivalenza con la forma scritta cartacea. 04 VENDITA ONLINE Nel caso della vendita di un prodotto online tramite sito Internet, il contratto avrà forma scritta ai sensi di legge se l’utente che avrà effettuato l’acquisto è stato identificato tramite l’apposizione di una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. 05 BENI IMMOBILI Gli atti per cui è richiesta la forma scritta. pena la nullità, che hanno a oggetto beni immobili possono essere validamente sottoscritti solo con firma elettronica qualificata o digitale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le firme elettroniche Il Dlgs 82/2005, il Codice dell’amministrazione digitale, ha disciplinato il valore giuridico del documento informatico e delle firme elettroniche. In particolare, il decretoha previsto quattro tipi di firme elettroniche, che si differenziano per caratteristiche tecniche e sicurezza, e che diversamente integrano il requisito della forma scritta. Le firme riconosciute nel nostro ordinamento sono ad oggi la firma elettronica semplice, la firma elettronica avanzata, la firma elettronica qualificata e la firma digitale. La firma elettronica semplice può essere ad esempio una password. Il documento informatico a cui è apposta una firma elettronica semplice è liberamente valutabile dal giudice. Egli potrà dunque stabilire in giudizio se il documento elettronico sottoscritto con firma elettronica semplice integri o meno il requisito della forma scritta. Per essere certi che il documento informatico integri il requisito della forma scritta, è invece necessario adoperare una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. Per queste firme, il Codice dell’amministrazione digitale assicura infatti piena equivalenza con la forma scritta cartacea. Pertanto, un contratto bancario ben potrà essere validamente concluso con l’apposizione di una di queste tre firme. Ad esempio, con la cosiddetta firma grafometrica. La firma elettronica avanzata è definita dal Codice dell’amministrazione digitale come un processo complesso di identificazione del firmatario che deve anche Gli obblighi del venditore. I rimedi del Codice del consumo Se il bene ha vizi o difetti opera la garanzia di conformità Giusella Finocchiaro Annarita Ricci pLe garanzie sono i rimedi previ- sti dalla legge a favore del contraente per i vizi, cioè per i difetti materiali o funzionali, del bene consegnato o del servizio reso. Le garanzie sono disciplinate dal Codice civile e dal Codice del consumo, qualora il contraente sia un consumatore (vedi sopra). Nel commercio elettronico, dove la maggiore parte dei contratti è costituita da contratti di vendita, le garanzie hanno ad oggetto i vizi della cosa venduta. Ma, ovviamente, qualora di vendita non si tratti, opereranno le garanzie dettate per quello specifico tipo contrattuale o per un contratto ad esso assimilabile. Ad esempio, nel caso di licenza di software, le garanzie dettate dal codice civile per il contratto di locazione. Beni di consumo Nella vendita dei beni di consumo, che costituisce il caso più frequente nel commercio elettronico, alla garanzia legale, prevista appunto dal Codice del consumo, si può aggiungere una garanzia convenzionale prestata dal fornitore. Ma la portata della garanzia legale non può essere esclusa né diminuita. Gli articoli 129 e seguenti del Codice del consumo dettano il contenuto della garanzia legale di conformità. Il venditore ha obbligo di consegnare beni conformi al contratto di vendita: si presumono tali i beni idonei all’uso cui servono abitualmente beni dello stesso tipo; i beni che sono conformi alla descrizione fatta dal venditore; i beni che presentano le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi; i beni che sono idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e dichiarato al venditore. Il difetto derivante dall’imperfetta installazione del bene è equiparato al difetto di conformità, quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o comunque sotto la sua responsabilità. Il venditore è responsabile per qualsiasi difetto di conformità che si manifesti entro due anni dalla consegna del bene e che gli venga denunciato dal consumatore entro il termine (di decadenza) di due mesi dalla scoperta. Non sussistono vincoli di forma per la denuncia del difetto di conformità. La garanzia legale è oggetto di uno specifico diritto del consumatore: conseguentemente, è nulla un’eventuale pattuizione contrattuale per escludere o limitare detta garanzia. I rimedi Se c’è un difetto di conformità, il consumatore ha diritto a sua scelta alla riparazione del bene o alla sua sostituzione, sempre che il rimedio richiesto non sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro. Il venditore deve provvedere entro un congruo termine dalla richiesta e senza arrecare eccessivi inconvenienti al consumatore. Il consumatore, può chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ma solo se siano impossibili o eccessivamente onerose la riparazione e la sostituzione, se il venditore non abbia provveduto ad esse entro un congruo termine, o se l’avvenuto intervento ripristinatorio sia stato fonte di notevoli inconvenienti per il consumatore. © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole Il pagamento EFFICACIA E LIMITI La moneta elettronica consente di perfezionare l’operazione Le regole fissate dall’Unione europea non si applicano a valute come bitcoin o linden dollar PAGINA A CURA DI Fabio Bravo pI pagamenti elettronici non sono un fenomeno recente, ma solo con lo sviluppo dell’e-commerce e con il processo di integrazione tra tecnologie diverse (Internet, cards, mobile) hanno assunto un’importanza decisiva per la realizzazione del mercato unico. La Ue è intervenuta più volte per disciplinare gli e-payments, creando l’area unica dei pagamenti in euro (Sepa) e armonizzando le norme sui servizi di pagamento e sulla moneta elettronica, rispettivamente con la direttiva 2007/64/Ce (Payment service directive) e 2009/110/Ce (E-money directive). A queste s’è data attuazione con i Dlgs 11/2010 e 45/2012, con novellazione del Testo unico bancario (Tub) e ingresso di nuovi intermediari sul mercato: gli Imel (Istituti di moneta elettronica) e gli Istituti di pagamento. A tali norme si aggiungono quelle dettate in materia di privacy e tutela dei consumatori nei contratti a distanza, nonchè quelle, di portata più generale, sul diritto delle obbligazioni. L’efficacia solutoria Al riguardo una prima questione che si poneèquellarelativaall’efficaciasolutoria connessa al loro utilizzo. Aderendo ad un’interpretazione evolutiva dell’articolo 1277 del Codice civile, è da preferire la tesi che ravvisa nell’utilizzo dei servizi di pagamento, inclusa la moneta elettronica, un’ipotesi di esatto adempimento dell’obbligazione pecuniaria ex articolo 1218 del Codice civile, rispetto al rilievo che il legislatore, nel riferirsi alla «moneta avente corso legale nello Stato», non ha inteso fare riferimento solamente al trasferimento del solo denaro contante, ma anche alla moneta scritturale, con cui viene assicurata al debitore la disponibilità delle somme di denaro dedotte nell’obbligazione pecuniaria (il cui valore complessivo è calcolato, sulla base del principio nominalistico, per un importo corrispondente a quello risultante dal titolo, secondo i valori monetari stabiliti dallo Stato con l’emissione della carta moneta, che assume il valore di monetary unit). Questa ultima interpretazione è oggi confermata dall’evoluzione dell’ordinamento giuridico (esempio divieto di utilizzo del contante per pagamenti di importo superiore a 999,99 euro, contemplato dalla normativa antiriciclaggio; pagamenti elettronici per la Pa ex articolo 5 del Cad). La necessità che il debitore utilizzi solo i servizi di pagamento acconsentitidalcreditore,èdaricondurrenonal consenso richiesto per la datio in solutum (1197 del Codice civile), ma, nell’ambito del dovere di buona fede, nell’adempimento dell’obbligazione (articolo 1375 del Codice civile), a cui fa ora da contraltare l’ obbligo per il fornitore di beni e servizi (ex articolo 15 del Dl 179/2012, convertito dalla legge 221/2012) di accettare anche pagamenti con carte di debito. Si tratta, in realtà, di un onere a cui il creditore è tenuto per evitare gli effetti della mora (articolo 1207 del Codice civile) e della liberazione del debitore (articolo 1210 del Codice civile). Il punto MARKA 01 MONETA ELETTRONICA La moneta elettronica (articolo 1, comma 2, h-ter, del Testo unico bancario) è il valore monetario memorizzato elettronicamente (inclusa la memorizzazione magnetica), rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente, emesso per effettuare operazioni di pagamento (ai sensi del Dlgs 11/2010), accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente 02 NEUTRALITÀ L’attuale definizione di moneta elettronica è tecnicamente neutra. Non richiede che la memorizzazione del valore monetario avvenga necessariamente su un dispositivo. Possono aversi soluzioni diverse (esempio carte “prepagate”, moneta elettronica online) Criptovalute e monete virtuali Il discorso muta con riguardo alle criptovalute (bitcoin) e alle monete virtuali, del tutto estranee al concetto di moneta avente corso legale nello Stato, previsto dall’articolo 1277 del Codice civile. Ove offerte per l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria, troverebbe applicazione l’articolo 1197 del Codice civile in tema di datio in solutum. L’effetto solutorio per esatto adempimento potrebbe semmai aversi solo nel caso in cui l’oggetto della prestazione voluta dalle parti non sia il pagamento di un’obbligazione pecuniaria, ma direttamente la cessione di un dato quantitativo di criptomoneta o di moneta virtuale. Una più articolata e organica disciplina è stata introdotta con il Dlgs 11/2010, applicabile ai servizi di pagamento, inclusa la moneta elettronica, prestati in euro o nella valuta ufficiale di uno Stato membro non appartenente all’area euro, o di uno Stato appartenente allo Spazio economico europeo. Non si applica dunque ai servizi di pagamento basati su strumenti alternativi alle valute ufficiali (esempio bitcoin, linden dollar). La disciplina, che va integrata con le norme sulla moneta elettronica ora inserite nel Tub, si sofferma specificamente, tra l’altro, sui diritti e obblighi delle parti (prestatore e utilizzatore del servizio di pagamento), di notevole rilevanza da un punto di vista privatistico, anche per ciò che attiene alla contestazione delle operazioni non autorizzate o eccedenti quelle autorizzate, alla ripartizione dei rischi e delle perdite, agli adempimenti da porre in essere, alla ripartizione dell’onere della prova, al regime del rimborso e ai termini di decadenza entro cui richiederlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 03 EMITTENTI La moneta elettronica può essere emessa da banche, Imel, Bce, banche centrali comunitarie, Stato italiano e altri Stati membri, Pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, nonchè Poste italiane 04 ASSENZA DI INTERESSI La ricezione di fondi per l’emissione della moneta elettronica non costituisce raccolta di risparmio e non comporta la produzione di interessi o di altri benefici commisurati alla giacenza della moneta elettronica presso l’emittente 05 RIMBORSO Il detentore conserva in ogni momento il diritto al rimborso delle somme memorizzate, al valore nominale e al netto dei pagamenti effettuati e delle spese, secondo le modalità e le condizioni indicate nel contratto di emissione. Il diritto al rimborso è esercitabile a richiesta e si estingue per prescrizione ordinaria (decennale) La tutela. Sarà il prestatore a dover dimostrare la regolarità della procedura seguita Rimborsati i pagamenti non autorizzati pI diritti e gli obblighi posti a cari- co del prestatore e dell’utilizzatore sono riconducibili a principi di rilevanza generale: sicurezza, gestione del rischio, consenso e vicinanza della prova. Quanto al primo, il Dlgs 11/2010 richiede che il prestatore si conformi ad elevati standard di sicurezza nella consegna e gestione dello strumento, da specificare nel contratto con l’utilizzatore, affinchè questi possa attenervisi; preveda accorgimenti tecnici che consentano l’utilizzo dello strumento da parte del solo utilizzatore (esempio mediante dispositivi personalizzati); assuma i rischi connessi alla consegna e alla spedizione; assicuri all’utilizzatore gli strumenti per eseguire la comunicazione di smarrimento, furto, appropriazione indebita o uso non autorizzato dello strumento di pagamento, prevista all’articolo 7; impedisca che lo strumento di pagamento possa essere utilizzato successivamente alla predetta comunicazione (articolo 8). L’utilizzatore, invece, è tenuto a usare lo strumento in conformità ai termini esplicitati nel contratto, regolanti l’emissione e l’uso; adottare le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l’utilizzo dello strumento; effettuare la citata comunicazione senza indugio, con le modalità previste nel contratto, ove si verifichino i predetti eventi pregiudizievoli (articolo 7). Al principio di sicurezza si ricollega quello di gestione del rischio, volto a stimolare i comportamenti più efficienti. Così, in caso di smarrimento, sottrazione e indebito utilizzo dello strumento di pagamento, le perdite saranno sopportate per intero dal prestatore, solo se successive alla comunicazione. Se precedenti ad essa, graveranno sull’utilizzatore nei limiti della soglia contrattualmente prevista (non superiore a 150 euro) e sul prestatore per l’eccedenza. Risponderà tuttavia per l’intero: il prestatore che non abbia reso disponibili all’utilizzatore adeguati strumenti per effettuare tale comunicazione, ovvero l’utilizzatore che non abbia adempiuto con dolo o colpa grave agli obblighi richiesti dall’articolo 7 (di utilizzare lo strumento in conformità con le prescrizioni contrattuali, di comunicare senza indugio gli avvenimenti pregiudizievoli e di adottare misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati). Altro principio cardine è quello del consenso, richiesto per poter considerare autorizzata un’operazione. Va prestato nella forma e con le procedure dedotte nel contratto e, ove non diversamente concordato, deve precedere l’esecuzione dell’operazione di pagamento. Finché non sia stato trasmesso al beneficiario l’ordine di pagamento, ne è ammessa la revoca (articoli 5 e 17). L’utilizzatore ha diritto al rimborso immediato in caso di operazioni non autorizzate (incluso quelle revocate) o eseguite in modo inesatto (articoli 9 e 11). Quanto al regime probatorio, ove l’utilizzatore neghi di aver autorizzato l’operazione di pagamento, o sostenga chenonsiastatacorrettamenteeseguita, spetterà al prestatore provare che l’operazioneèstataautenticata,correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o altri inconvenienti, ma l’utilizzo dello strumentodipagamentoregistratodalprestatore non è sufficiente a dimostrare che l’operazione sia stata autorizzata dall’utilizzatore, nè che questi abbia agito fraudolentemente o con colpa grave in violazione degli obblighi, anche di sicurezza, su di lui gravanti. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole 9 Il recesso REGOLE E PROCEDURE Entro due settimane si può cambiare idea sull’acquisto Consentita la restituzione della merce senza dover dare alcuna spiegazione PAGINA A CURA DI Giusella Finocchiaro Alessandro Candini pIn generale, nel diritto dei con- tratti, il diritto di recesso consiste nella facoltà riconosciuta ad una delle parti contraenti di sciogliere unilateralmente il contratto. Nonostante nel linguaggio comune spesso si utilizzino quasi come sinonimi, il recesso si distingue dalla risoluzione e dalla rescissione che sono disciplinati da norme specifiche. Nel commercio elettronico si prevede un particolare diritto di recesso a tutela del consumatore. Secondo il Codice del consumo (Dlgs 206/2005), il consumatore ha il diritto di recedere entro il termine ordinario di 14 giorni che decorrono dalla conclusione del contratto (nel caso di contratti di servizi), oppure dal giorno in cui il consumatore riceve i beni. Tuttavia, se il professionista non fornisce al consumatore le informa- zioni sul diritto di recesso, il termine per il valido esercizio del diritto stesso è prorogato a dodici mesi decorrenti dalla fine del periodo di recesso iniziale. L’esercizio del diritto di recesso può avvenire, senza particolari formalità, utilizzando il modulo predisposto dal legislatore e allegato al Codice del consumo oppure, in modo più immediato, attraverso una qualsiasi dichiarazione scritta della decisione di recedere dal contratto. In ogni caso, tenuto conto del fatto che la prova dell’avvenuta ricezione da parte del professionista grava sul consumatore, è preferibile che il recesso sia trasmesso a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, posta elettronica certificata o altri mezzi idonei a dimostrare l’avvenuto invio. Obblighi del professionista Il professionista deve rimborsare tutti i pagamenti ricevuti dal consumatore eventualmente comprensivi delle spese di consegna, senza indebito ritardo e comunque entro 14 giorni dalla data in cui è informato della decisione del consumatore di recedere dal contratto. Con riguardo ai contratti di vendita, il professionista può trattenere il rimborso finché non abbia ricevuto la merce oppure finché il consumatore non abbia dimostrato di aver rispedito i beni, a seconda di quale situazione si verifichi per prima. Obblighi del consumatore Il consumatore che esercita il diritto di recesso è tenuto a restituire i beni o a consegnarli al professionista entro 14 giorni dalla data in cui ha comunicato al professionista la sua decisione di recedere dal contratto senza dover dare alcuna spiegazione in ordine ai motivi sottesi all’esercizio del diritto di recesso. Il costo diretto della restituzione dei beni è posto dalla legge a carico del consumatore, salvi diversi accordi tra le parti. Una diversa disciplina è riservata, tuttavia, nel caso di contratti aventi ad oggetto beni che, per loro natura, non possono essere normalmente restituiti a mezzo posta (ad esempio gli acquisti di elettrodomestici di medie o grandi dimensioni). Se la consegna di tali beni era avvenuta presso il domicilio del consumatore il professionista dovrà ritirare i beni a sue spese. Possibilità di aprire la merce Una questione a cui viene posta grande attenzione dagli operatori commerciali è quella della possibilità, per il consumatore, di visionare la merce consegnata. Deve ritenersi lecito che il consumatore apra il plico o la custodia del bene acquistato usando la merce per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni. Per contro, l’utilizzo della merce per finalità diverse comporta la responsabilità del consumatore per ATTENTI A... Alimentari non restituibili È bene prestare particolare attenzione negli acquisti on line, anche se il diritto di recesso è certamente una tutela per i consumatori che possono avvalersi di un meccanismo congegnato per rendere più sicuri gli spazi di manovra all’interno di una compravendita a distanza che, di fatto, si svolge in un ambiente virtuale. Ma il diritto di recesso non si applica ai contratti riguardanti generi alimentari, beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati, prodotti audiovisivi o software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna, giornali, periodici e riviste (ad eccezione dei contratti di abbonamento), oppure ai contratti di servizi di alloggio per fini non residenziali, di trasporto, di ristorazione e relativi al tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzioni specifici. Recesso escluso anche per alcune ipotesi residuali indicate all’articolo 59 del Codice del consumo. l’eventuale diminuzione di valore arrecata alla cosa. I contratti accessori Se il consumatore esercita diritto di recesso da un contratto a distanza sono risolti di diritto anche i contratti accessori senza costi per il consumatore stesso. Se ha acquistato un bene facendo ricorso ad un finanziamento, l’esercizio del diritto di recesso per il bene acquistato determina il recesso anche dal contratto di finanziamento collegato. Questa regola non si applica nei casi di prestazione di servizi o di fornitura di beni come acqua, gas, energia elettrica, etc., limitatamente ai consumi effettuati. Diritto di recesso Il diritto di recesso non si applica ai contratti riguardanti generi alimentari, beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati, prodotti audiovisivi o software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna, giornali, periodici e riviste (ad eccezione dei contratti di abbonamento), oppure ai contratti di servizi di alloggio per fini non residenziali, di trasporto, di ristorazione e relativi al tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzioni specifici. Recesso escluso anche per alcune ipotesi residuali indicate all’articolo 59 del Codice del consumo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Prodotti finanziari. Se il consumatore ha comunque usufruito del servizio deve versare il corrispettivo concordato Assicurazioni online, 30 giorni per disdire pNella commercializzazione a di- stanza di servizi finanziari ai consumatori è riconosciuto il diritto di recedere entro 14 giorni senza penali e senza indicare il motivo. Tale termine è esteso a 30 giorni per i contratti a distanza aventi per oggetto le assicurazioni sulla vita e le operazioni aventi ad oggetto schemi pensionistici individuali. Il termine decorre dalla data di conclusione del contratto oppure dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari relative al servizio e al fornitore previste dagli articoli 67 quater e seguenti del Codice del consumo. Durante la pendenza del termine entro cui il consumatore può esercitare il diritto di recesso l’efficacia del contratto è sospesa e pertanto il fornitore del servizio deve astenersi dall’effettuare la prestazione dedotta in contratto. È previsto, tuttavia, che il consumatore possa richiedere di usufruire del servizio anche prima del decorso del termine di sospensione previsto. In questo caso, ove il recesso sia comunque esercitato, il consumatore è tenuto a corrispondere soltanto l’importo del servizio finanziario effettivamente prestato dal fornitore conformemente al contratto a distanza, purché sia stata data idonea informazione dell’entità del corrispettivo da versare. Tale corrispettivo non può eccedere un importo proporzionato all’importanza del servizio già fornito PENALITÀ Il fornitore che ostacola l’uscita dal contratto o non rimborsa le somme è punito con sanzione da 5mila a 50mila euro in rapporto a tutte le prestazioni previste dal contratto a distanza e in ogni caso non può essere di entità tale da costituire una penale “mascherata”. L’onere della prova, sia in ordine alla richiesta di inizio di esecuzione sia in relazione all’adempimento degli oneri informativi, è a carico del fornitore. Anche per i contratti finanziari è previsto in capo al fornitore l’obbligo di rimborsare al consumatore, entro trenta giorni, tutti gli importi eventualmente incassati in conformità del contratto a distanza, ad eccezione dell’importo proporzionato al servizio prestato come sopra precisato. L’efficacia del recesso nei contratti di finanziamento resta in ogni caso subordinata alla restituzione da parte del consumatore dei beni o degli importi ricevuti dal fornitore entro 30 giorni. Salvo che il fatto costituisca reato, il fornitore del servizio finanziario In sintesi 01 IL TERMINE Il termine decorre dalla data di conclusione del contratto oppure dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari relative al servizio e al fornitore previste dagli articoli 67 quater e seguenti del Codice del consumo 02 L’EFFICACIA Va chiarito che l’efficacia del recesso nei contratti di finanziamento resta in ogni caso subordinata alla restituzione da parte del consumatore dei beni o degli importi ricevuti dal fornitore entro 30 giorni che ostacola l’esercizio del diritto di recesso oppure che non rimborsa le somme da questi pagate è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria, per ciascuna violazione, da euro 5mila a 50mila euro. Si tratta di importi che, nei casi di particolare gravità, possono essere raddoppiati. È inoltre disposta la sanzione della nullità nel caso in cui il fornitore violi gli obblighi di informativa precontrattuale in modo da alterare significativamente la rappresentazione delle relative caratteristiche. La nullità del contratto è comminata dal legislatore anche nel caso in cui il fornitore ostacoli l’esercizio del diritto di recesso da parte del contraente oppure non rimborsi nei termini previsti le somme da questi pagate. Tale previsione è da ricondurre alle ipotesi di nullità di protezione, potendo essere fatta valere solo dalla parte debole del rapporto. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 10 E-commerce, tutte le regole La protezione LE CONTROVERSIE Ricorso collettivo o individuale: la scelta spetta a chi acquista La via amministrativa non preclude la successiva possibilità di adire la giustizia ordinaria PAGINA A CURA DI Alberto Gambino Martina Provenzano pPer tutelarsi il consumatore può scegliere se adire le vie legali in modo collettivo, per mezzo delle associazioni dei consumatori e degli utenti, oppure individualmente. Egli, inoltre, ha la possibilità di optare per la tutela amministrativa, giurisdizionale o extragiudiziale. Il sistema messo in campo è, dunque, un sistema flessibile, che consente al consumatore di scegliere il IL GIUDIZIO Lacompetenzaaintervenire neiconfrontidiunprofessionista perpratichescorrette spettaall’autorità perlaconcorrenza tipo di tutela che ritiene più opportuno; inoltre, il previo esperimento della tutela amministrativa, non preclude quella giurisdizionale, essendo possibile proporre un’azione risarcitoria o restitutoria autonoma dalla pretesa eventualmente avanzata in via amministrativa. I nuovi diritti dei consumatori L’innovazione tecnologica ha comportato l’affermazione di nuovi prodotti e servizi sul mercato e ha contribuito all’incremento delle potenzialità degli strumenti informatici come mezzi di contrattazio- ne: da qui il commercio elettronico che, per sua natura, rientra tra le tecniche di negoziazione a distanza. Il coordinamento delle norme La rapida diffusione del fenomeno, ha imposto al legislatore di occuparsi del consumatore, parte debole nella contrattazione per via telematica, specie quando vittima di pratiche commerciali scorrette e ingannevoli, ossia contenenti informazioni non rispondenti al vero, o aggressive, cioè limitative della libertà di scelta commerciale e, in ogni caso, contrarie alla diligenza professionale e idonee a falsare il comportamento economico del consumatore medio. A tal fine è stato ritenuto necessario un coordinamento tra la disciplina del commercio elettronico (Dlgs 70/2003, attuativo della direttiva 2000/31/Ce) e quella contenuta all’interno del Codice del consumo, recentemente modificato dal Dlgs 21 del 21 febbraio 2014 (in attuazione della direttiva 2011/83/Ue). Lo spartiacque normativo In relazione alla disciplina della tutela in via amministrativa, dopo il Dlgs 21/2014 si registra un’importante novità riguardante anche il commercio elettronico e concernente la competenza a sanzionare le pratiche commerciali scorrette del professionista. Il legislatore della riforma, infatti, superando i conflitti insorti tra le diverse Autorità, che peraltro hanno determinato l’apertura di una procedura d’infrazione a carico dell’Italia, ha previsto che la competenza esclusiva ad intervenire nei confronti dei professionisti che pongono in essere pratiche commerciali scorrette spetti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, anche nei settori regolati. Dalla lettura dei lavori preparatori al Dlgs 21/2014, si evince che uno degli intenti del legislatore sia stato La storia A partire dal 1990 l’Unione Europea ha emanato una serie di direttive volte alla disciplina di determinati settori economici, con finalità pro concorrenziali e istitutive di Autorità dotate di specifici poteri di intervento a tutela del consumatore. Successivamente il recepimento della direttiva 2005/29/Ce in materia di pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, ha portato alla completa armonizzazione della disciplina e ha colmato le lacune degli ordinamenti settoriali, ma ha lasciato decidere agli Stati membri a quale Autorità attribuire la competenza all’esercizio del potere sanzionatorio. Ammessa, in un primo momento, la complementarietà degli interventi delle diverse Autorità, il susseguirsi di conflitti di competenza ha indotto il Consiglio di Stato a pronunciarsi in favore della preminenza della normativa di settore, sostanzialmente revocando la competenza dell’Agcm all’esercizio dei poteri sanzionatori nei settori regolati. Tuttavia questa soluzione non ha soddisfatto la Commissione europea, che ha aperto una procedura di infrazione a carico dell’Italia (attualmente nella fase di messa in mora) per censurare, sotto il profilo del rispetto dell’ordinamento Ue, l’interpretazione del giudice amministrativo. Pertanto, con l’obiettivo di superare la procedura di infrazione 2013/2169 e di conformarsi all’interpretazione autentica della direttiva 2005/29/Ce fornita dalla Commissione europea, il legislatore ha novellato il Codice del consumo, introducendo il comma 1-bis all’articolo 27, attributivo della competenza esclusiva, a intervenire nei casi di pratiche commerciali scorrette all’Agcm quello di modificare il Codice del consumo per conformarlo all’interpretazione autentica della direttiva 2005/29/Ce, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, fornita dalla Commissione europea, la quale (riferimento Com (2013)0139) aveva stabilito che tale direttiva dovesse trovare immediata applicazione, allorchè la legge di settore fosse lacunosa e insufficiente a tutelare il consumatore. Ora, il nuovo comma 1-bis dell’articolo 27 del Codice del consumo, affermando il criterio della competenza esclusiva dell’Agcm all’esercizio dei poteri sanzionatori, ha regolato i conflitti di competenza che potrebbero insorgere tra le varie autorità amministrative nazionali, purtuttavia precludendo alle altre autorità di regolazione, di sanzionare le condotte illegittime e che integrano anche una pratica commerciale scorretta. Al fine di rendere il disposto del nuovo comma 1-bis dell’articolo 27 conforme al contenuto del menzionato provvedimento della Commissione europea, occorre sostenere che la norma debba essere interpretata nel senso che la competenza a reprimere le condotte illegittime spetti pur sempre alle Autorità di regolazione, mentre una competenza esclusiva dell’Agcm si registrerebbe nel caso in cui la disciplina di settore sia lacunosa e, così, di detrimento alla tutela del consumatore. D’altro canto, conferme a tale orientamento potrebbero provenire dai protocolli di intesa con i quali le Autorità coinvolte sono chiamate a stabilire gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze, secondo quanto disposto dallo stesso comma 1-bis, articolo 27 del Codice del consumo. IN VETRINA CONTROLLI FISCALI TUTTO IN UNA GUIDA La rivista del Sistema Frizzera24 dedicata all’aggiornamento professionale in materia di accertamento tributario e della difesa del contribuente. Ogni mese la rivista fornisce un’ampia e autorevole rassegna di questioni e casi concreti.Disponibile a partire da 119 euro PLUS PLUS 24 FISCO RIVOLUZIONE A 360 GRADI È l’innovativo sistema integrato di informazione professionale del Gruppo 24 Ore, che rivoluziona il modo di lavorare dei commercialisti. 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Sebbene il Consiglio di Stato abbia deciso che siano le norme dell’ordinamento di settore a trovare applicazione nel contrasto delle pratiche commerciali scorrette, ha stabilito altresì che, quando la disciplina settoriale appaia lacunosa o non offra un’adeguata tutela al consumatore, si faccia ricorso all’ordinamento generale. Pertanto, secondo quanto affermato in sentenza, nel caso in cui fosse chiamato a pronunciarsi, il giudice dovrà accertare prima l’esistenza di specifiche norme, verificando se esistano disposizioni più tutelanti di quelle attuative della direttiva 2005/29/Ce, da porsi come speciali a quest’ultima e, solamente in caso di esito negativo, dovrà attribuire la competenza esclusiva all’Agcm. © RIPRODUZIONE RISERVATA QUOTIDIANO DEL FISCO SEMPRE AGGIORNATO È la porta d’accesso a tutta l’informazione tributaria del Gruppo 24 Ore. Il servizio è riservato in esclusiva agli abbonati a Business Class Commercialisti. www.quotidianofisco.ilsole24ore. com I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole 11 La protezione LE CONTROVERSIE Per i beni mobili entro i 5mila euro la competenza è del giudice di pace La domanda andrà proposta davanti al magistrato del luogo di residenza del consumatore PAGINA A CURA DI Alessandro Candini Giusella Finocchiaro pL’aumento esponenziale delle contrattazioni per via telematica ha moltiplicato le problematiche connesse all’acquisto online di beni e di servizi quali, ad esempio, la determinazione della giurisdizione e della competenza territoriale in caso di controversie. L’individuazione della giurisdizione applicabile alle controversie sui beni acquistati (di norma attinenti a profili di adempimento o inadempimento) si presenta particolarmente agevole quando entrambe le parti sono domiciliate, residenti o con una sede in Italia. In tali casi, infatti, spetterà al giudice civile dirimere l’eventuale controversia tra esse sorta. Qualora la vertenza abbia ad oggetto questioni concernenti la protezio- ne dei dati personali le parti possono adire, oltre all’autorità giudiziaria ordinaria, anche l’Autorità garante per la protezione dei dati personali con sede a Roma. Nel caso di contratti di vendita di beni mobili o servizi conclusi online nei quali una parte sia domiciliata o residente in uno Stato membro Ue, troverà applicazione il Regolamento Ce 1215/2012 entrato in vigore il 10 gennaio 2015 (in sostituzione del precedente Regolamento Ce 44/2001). In forza di tale regolamento: 1) nei contratti business to business è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha il domicilio oppure il luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione; 2) nei contratti business to consumer il consumatore può, a sua scelta, radicare l’eventuale giudizio nel luogo in cui è domiciliato il venditore o nel luogo in cui è domiciliato il consumatore stesso. Qualora un soggetto italiano abbia acquistato (o venduto) beni mobili o servizi online da un soggetto non residente né domiciliato in uno Stato membro Ue si applicheranno le convenzioni internazionali. Competenza Qualora sussista la giurisdizione del giudice italiano, la competen- za spetterà al giudice di pace per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a 5mila euro oppure al Tribunale ordinario nelle altre ipotesi. Il giudice competente viene stabilito a norma del codice di procedura civile, secondo il quale il foro è individuato nel luogo di residenza o di domicilio del convenuto (in caso di società occorre fare riferimento alla sede, ad uno stabilimento o al luogo in cui è presente un rappresentante autorizzato a stare in giudizio), oppure, in alternativa, nel luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio. Foro del consumatore La regola poc’anzi descritta non opera nei rapporti tra professionisti e consumatori, in relazione ai quali si applica il cosiddetto foro del consumatore: la domanda andrà proposta davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore. Tutele e class action Le più comuni controversie originate dall’acquisto di beni o servizi nell’ambito del commercio elettronico attengono per lo più alla mancanza di qualità del bene o all’assenza di conformità del ATTENTI A... I confini della giurisdizione Non è sempre così semplice individuare con chiarezza i confini della giurisdizione e della competenza territoriale in caso di liti a seguito di contrattazioni telematiche. Nel caso di contratti di vendita di beni mobili o servizi conclusi on line nei quali una parte sia domiciliata o residente in uno Stato membro Ue, troverà applicazione il Regolamento Ce 1215/2012 che prevede: 1) nei contratti business to business è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha il domicilio oppure il luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione; 2) nei contratti business to consumer il consumatore può, a sua scelta, radicare l’eventuale giudizio nel luogo in cui è domiciliato il venditore o nel luogo in cui è domiciliato il consumatore stesso. Qualora un soggetto italiano abbia acquistato (o venduto) beni mobili o servizi on line da un soggetto non residente né domiciliato in uno Stato membro Ue si applicheranno le convenzioni internazionali. servizio acquistato rispetto a quanto reclamizzato o dedotto in contratto. Sul punto può evidenziarsi che l’acquirente consumatore è tutelato da una normativa assai stringente e ricca di disposizioni protettive del contraente debole. Il legislatore ha imposto al professionista rilevanti obblighi informativi e ha adottato misure volte a garantire l’equilibrio del rapporto. In tale contesto di protezione del consumatore si inserisce la previsione del diritto di recesso dal contratto e della garanzia di conformità del prodotto che non deve essere inferiore a 2 anni. Esistono poi specifiche norme tese a neutralizzare le clausole vessatorie in danno del consumatore e a prevenirne l’utilizzo. Si pensi, ancora, all’intervento dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato nei casi di pratiche commerciali scorrette in danno dei consumatori oppure alla possibilità di radicare una class action per diritti omogenei dei consumatori e degli utenti, avente per oggetto l’accertamento della responsabilità del professionista e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni conseguenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nuovi strumenti. L’Italia dovrà recepire il provvedimento entro il 9 luglio Direttiva Adr, la Ue «spinge» lo stragiudiziale pDall’esperienza maturata nelle aule dei Tribunali si è diffusa l’abitudine a prevenire l’insorgere di controversie attraverso rimedi alternativi di risoluzione delle stesse, soprattutto in un settore, quello del commercio elettronico, in cui sono molteplici i fattori che inducono a preferire il ricorso a strumenti alternativi. Tra tali fattori vi è senza dubbio il valore economico generalmente ridotto dei contratti conclusi online unito alla percezione dell’inadeguatezza del processo come strumento di tutela di questi diritti. Non a caso i volumi delle liti registrate a livello giurisprudenziale nella materia del commercio elettronico si attesta ancora su numeri assai inferiori all’effettiva mole di controversie sorte tra le parti nello specifico settore. Una delle più significative norme in tema di commercio elettronico che si inserisce nel quadro della cosiddetta “Alternative dispute resolution” (Adr) è l’articolo 19 del Codice del commercio elettronico (Dlgs 70/2003) in tema di “Composizione delle controversie”, il quale riconosce alle parti la possibilità di adire organi di composizione extragiudiziale che operano anche per via telematica. La direttiva Adr Nella consapevolezza dell’importanza strategica degli Adr quale modalità alternativa di risoluzione delle controversie (nell’ottica di sgravare il contenzioso di Tribunali già ingolfati risparmiando costi e tempi per gli utenti), si inserisce la Direttiva Adr 2013 novembre Ue, che l’Italia dovrà recepire entro il 9 luglio 2015. La Commissione europea ha individua- to in tale direttiva, assieme a quella sul commercio elettronico, una delle principali leve volte a stimolare la crescita dello sviluppo economico e la progressione verso il mercato unico degli Stati membri. La direttiva Adr si applica ai procedimenti di risoluzione extragiudiziale delle liti (nazionali e transfrontaliere) relative ad obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra consumatori residenti nell’Unione europea e professionisti in essa stabiliti, mediante il ricorso ad un organismo Adr, con finalità di agevolare un amichevole componimento della lite. Arbitrato e clausola risolutiva LE OPZIONI Le parti sono libere di prevedere nei propri contratti rimedi negoziali attraverso clausole compromissorie o risolutive In alternativa a strumenti giudiziali di risoluzione delle controversie le parti restano sempre libere di prevedere nei propri contratti rimedi negoziali, inserendo clausole compromissorie (con le quali si conviene che in caso di controversia la lite sarà rimessa ad uno o più arbitri), oppure Composizione amichevole 01 CODICE COMMERCIO ONLINE L’articolo 19 del Codice del commercio elettronico in tema di composizione delle controversie riconosce alle parti la possibilità di adire organi di composizione extragiudiziale che operano anche per via telematica. E’ una delle più significative norme sul commercio elettronico, si inserisce nel quadro della cosiddetta “Alternative dispute resolution” (Adr). 02 L’APPLICAZIONE La direttiva Adr si applica ai procedimenti di risoluzione extragiudiziale delle liti (nazionali e non) relative a obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra consumatori residenti nella Ue e professionisti in essa operanti. una clausola risolutiva espressa (in forza della quale ove una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite nel contratto, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende avvalersi della clausola). Con il ricorso alla clausola risolutiva espressa, il contratto si risolve di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi di tale clausola, senza dover ricorrere al giudice per ottenere una sentenza di accertamento giudiziale dell’inadempimento di controparte. Occorre ricordare che nei contratti business to business conclusi attraverso condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti, la previsione di clausole compromissorie (o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria) comporta la specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’articolo 1341 del Codice civile. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 12 E-commerce, tutte le regole La fiscalità LA RIFORMA COMUNITARIA L’Iva in base a chi acquista Dal 1° gennaio operative le nuove regole Ue per i servizi o i beni a privati PAGINA A CURA DI Renato Portale Giuseppe Romano pDal 1° gennaio sono entrate in vi- gore le nuove regole Iva per il commercio elettronico. Una vera rivoluzione per le imprese che erogano servizi digitali (ad esempio, registrazione di domini, web hosting, gestione da remoto di software e attrezzature) o comunque immateriali (fornitura di servizi di formazione a distanza, vendita in download di file audio, video, e-book, immagini, testi, app per tablet e smartphone, software, giochi) le quali, per le vendite a privati, dovranno applicare l’Iva del Paese di domicilio o residenza del consumatore. Il recepimento delle norme comunitarie è avvenuto soltanto con il Dlgs 42/2015, ma gli operatori hanno dovuto applicare le nuove norme già dal 1° gennaio 2015. Non è ancora chiaro l’effetto sul gettito erariale, poiché sono diventate imponibili ad Iva le vendite a consumatori nazionali effettuate da fornitori residenti in altri Stati Ue, che prima scontavano l’imposta nel Paese del prestatore, ma l’Iva non si applica più sui servizi resi da soggetti italiani a privati consumatori residenti all’estero. La semplificazione Contemporaneamente è entrata in vigore un’importante semplificazione per cui i soggetti passivi che optano per il mini sportello unico - regime Moss (si veda l’altro articolo) - i quali non sono tenuti a identificarsi in ciascuno Stato membro di consumo per assolvere gli obblighi di dichiarazione e versamento dell’Iva, ma si registrano nel loro Paese ove effettuano un’unica dichiarazione ed unico versamento per l’imposta dovuta in tutti gli Stati membri ove non sono stabiliti. Nulla è cambiato, invece, per le vendite di questi servizi a soggetti passivi d’imposta (rapporti B2B) che restano soggette nel Paese ove è stabilito il committente, ma con regime dell’inversione contabile se il fornitore è un soggetto passivo stabilito in altro Stato Ue o un soggetto non Ue. Sono interessati alle nuove norme sia i commercianti nazionali di questi servizi, che hanno modificato le regole di applicazione sulle vendite inter- nazionali, sia i privati consumatori che pagano i servizi acquistati sul web all’aliquota del 22% vigente in Italia, anche se la società fornitrice è stabilita in Lussemburgo ove l’aliquota ordinaria è del 17% (15% fino al 31 dicembre 2014). Per garantire l’esatta applicazione dell’imposta tutti coloro che forniscono i servizi elettronici devono determinare lo “status “ e il domicilio del destinatario del servizio. Inoltre devono conoscere l’aliquota Iva applicata in ogni Stato Ue (vedi tabella). Con la tassazione dei servizi on-line nel Paese del destinatario si eviteranno, inoltre, fenomeni di concorrenza sleale, che potevano verificarsi a causa della mancata armonizzazione delle aliquote Iva. Infatti fino al 31 dicembre 2014 l’aliquota Iva applicabile era quella vigente nel Paese del prestatore e, pertanto, le aziende con sede a Malta (aliquota del 18%) o in Lussemburgo (aliquota del 15%) avevano un notevole vantaggio rispetto a quelle con sede in altri Stati con aliquote più elevate. Servizi tramite intermediario Infine, occorre ricordare che la maggior parte dei servizi digitali sono resi al consumatore finale attraverso un intermediario, che può essere un negozio di applicazioni o un altro luogo virtuale simile. Il numero delle parti interessate nella distribuzione di questi servizi può variare e quindi di questo va tenuto conto in ordine al luogo di tassazione del servizio. Ad esempio, quando acquistiamo una App intervengono: i creatori dell’applicazione, il negozio di applicazioni e i consumatori che pagano il prezzo finale; quando scarichiamo una suoneria sul cellulare è possibile che il proprietario del contenuto abbia concluso un accordo di licenza con un aggregatore di suonerie che, a sua volta, conclude un accordo con i gestori di servizi di telecomunicazione mobile, i quali vendono le suonerie ai propri clienti. Per evitare applicazioni distorte della norma il Regolamento (Ue) 82/2011, come modificato dal 1° gennaio 2015 dal Regolamento 1042/2013, ha definito quale soggetto della catena deve essere considerato il prestatore del servizio nei confronti del consumatore finale, introducendo un’importante presunzione (semplice): il soggetto passivo che interviene nella prestazione si presume che agisca sempre in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi (“intermediario opaco” o “commissionario”). Tale presunzione non opera se il prestatore sia esplicitamente designato da chi gestisce il mezzo elettronico (“store”) quale prestatore diretto del servizio. © RIPRODUZIONE RISERVATA La comparazione Stato membro Obbligo di emettere fattura per operazioni 2C Aliquota Iva ridotta Aliquota Iva ordinaria 20% per altri servizi (19% nei Germania Grecia Irlanda Italia Lettonia Lituania Lussemburgo Malta Paesi Bassi Polonia 10% per servizi resi da broadcasting — — — — — — — - 10% per il broadcasting televisivo - 5,5% per e-books e audiolibri - 2,1% per i quotidiani in formato elettronico — — — 4% per e-books — — 3% per e-books — — 8% (sui canoni radio e Tv) Portogallo — Rep. Ceca Regno Unito Romania Slovacchia Slovenia Spagna Svezia Ungheria — — — — — — — — Austria Belgio Bulgaria Croazia Cipro Danimarca Estonia Finlandia Francia Comuni di Jungholz e Mittelberg) No 21% 20% 25% 19% 25% 20% 24% No No* Sì** Sì Sì No No 20% per altri servizi No** 19% 23% (16% in casi particolari) 23% 22% per altri servizi 21% 21% 17% per altri servizi 18% 21% 23% per altri servizi 23% (22% a Maidera e 18% nelle No No** No No* No* Si*** No No No No* Isole Azzorre) 21% 20% 24% 20% 22% 21% 25% 27% No No No Sì** No Sì Sì No Sì * Fattura emessa se richiesta dal cliente - ** Fattura emessa in casi particolari e/o emissione di un documento alternativo - *** Ammessi documenti alternativi alla fattura Sportello unico. Imposta pagata dal prestatore dove è, rispettando le aliquote di ciascun Paese Il Moss anticipa il sistema definitivo pDal 1° ottobre 2014 è stato istituito in tutti i 28 Paesi Ue uno sportello unico - Moss (mini sportello unico) - attraverso il quale l’Iva viene pagata dal prestatore nel Paese ove lo stesso è stabilito relativamente a tutte le vendite effettuate a privati nei diversi Stati Ue, rispettando l’aliquota e le regole vigenti in tale Stato di consumo, con un’apposita dichiarazione trimestrale (ad esempio, un fornitore lussemburghese se vende in Italia applica il 22% mentre un fornitore italiano se vende in Lussemburgo applica il 15%, se vende in Germania il 19%, e vende in Ungheria il 27%, e così via). Viene così anticipato il sistema definitivo dell’Iva con assolvimento dell’imposta nel Paese del fornitore ma con le aliquote previste nel Paese del cliente privato consumatore. L’operatore unitario, pertanto, non è più obbligato a identificarsi in ciascun Stato membro in cui effettua le operazioni potendo emettere le fatture (e adempiere agli obblighi di pagamento della imposta di competenza dello Stato di destinazione ) nello Stato membro ove esso è identificato. In pratica, l’operatore che utilizza il MoSS deve conoscere le regole contabili e, più in generale, le norme applicative dell’Iva in vigore nello Stato membro di consumo, anche se, formalmente, l’operazione viene effettuata (e l’imposta viene corrisposta) nello Stato membro di identificazione. sostenuti nell’intero commercio; 5) conservano i documenti di tutte le vendite nella Ue per dieci anni e sono soggetti a controllo sia del Centro di Venezia che dell’Amministrazione fiscale del Paese di consumo. Le regole I fornitori italiani che optano per il Moss rispettano le regole seguenti: 1) presentano, per via telematica al Centro operativo di Venezia una dichiarazione di identificazione ai fini Iva nel territorio dell’Ue, e comunicano, con lo stesso mezzo informatico, ogni dichiarazione di variazione dati o di cessazione dell’attività; 2) presentano allo stesso Centro per ciascun trimestre solare una dichiarazione riepilogativa delle vendite a privati residenti in altri stati Ue – diversi dall’Italia – entro il 20 del mese successivo a ciascun trimestre e contemporaneamente versano l’imposta dovuta per tutti i Paesi Ue di vendita, escluso l’Italia; 3) non operano alcuna detrazione dell’imposta pagata in altri stati Ue nè possono effettuare la “compensazione” in Italia con altri tributi; 4) le vendite effettuate in Italia seguono le normali regole interne e dalla propria posizione Iva possono detrarrel’imposta assolta in Italia per costi Documenti a disposizione I documenti di vendita per le cessioni a privati consumatori residenti nella Ue e tutti gli altri atti concernenti tali operazioni, devono essere conservati per 10 anni a partire dalla fine dell’anno in cui l’operazione è stata effettuata, indipendentemente dal fatto che il soggetto passivo continui o meno ad avvalersi del regime. Su richiesta, la documentazione deve essere messa a disposizione, per via elettronica, dello Stato membro di identificazione o dello Stato membro di consumo. Lo Stato membro darà informazioni su come farlo al momento della richiesta della documentazione. Nel caso in cui la documentazione non venga messa a disposizione entro un mese dal ricevimento di un sollecito dello Stato membro di identificazione, tale inadempimento è considerato un’inosservanza persistente delle norme relative al regime, comportante l’esclusione dal regime stesso. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole 13 La fiscalità BENI E SERVIZI Scambi tra imprese fuori campo Iva se il committente non risiede in Italia Ai fini impositivi si tiene conto del luogo di stabilimento del committente avvenga la consegna. Dalle informazioni ottenute si potrà inquadrare correttamente la tipologia di transazione posta in essere ed individuare la disciplina fiscale applicabile: per i beni materiali occorre distinguere le cessioni che avvengono all’interno della Ue, da quelle extraUe; per i beni virtuali occorre individuare la corretta applicazione delle norme contenute negli articoli 7 e seguenti del decreto Iva. PAGINA A CURA DI Distinzione tra beni e servizi Simona Ficola Benedetto Santacroce Poiché grazie al commercio elettronico, la consegna fisica del bene non è sempre necessaria in quanto i giornali, i software, la musica e i video ad esempio, che un tempo erano forniti solamente dai negozi, possono essere forniti ora in via elettronica, la distinzione fra beni e servizi assume una prospettiva differente. Infatti, nel commercio elettronico diretto, ovvero nelle operazioni di commercio elettronico che avvengono completamente online, dall’ordine sino all’ottenimento del bene, l’operazione di cessione di beni si qualifica ai fini Iva come prestazione di servizio, determinando una serie di conseguenze sia riguardo al momento di effettuazione dell’operazione, che riguardo all’applicazione delle norme sulla territorialità dell’imposta. Tuttavia, data questa assunzione, se nelle transazioni di commercio elettronico non è difficile determinare il presupposto oggettivo del tribu- pLe operazioni di commercio elet- tronico hanno inizio con la scelta, da parte del cliente, dei beni, ovvero dei servizi offerti nel “sito/vetrina” del fornitore. Effettuata la scelta, il cliente invia l’ordine al fornitore e, contestualmente, provvede al pagamento direttamente online alla banca del venditore. Una volta ricevuto l’ordine e il pagamento, il venditore provvede a spedire al cliente attraverso i mezzi tradizionali, posta o corriere espresso, ovvero attraverso i mezzi elettronici, il bene o il servizio ordinato. Dal sito tramite cui il cliente procede all’acquisto del bene virtuale, si deve essere in grado, attraverso una serie di domande e di test, di identificare, sotto il profilo fiscale e commerciale, il potenziale cliente. Importante è l’individuazione del luogo in cui il cliente vuole effettuare la transazione e, per i beni materiali, il luogo in cui vuole che to – cessione di beni o prestazione di servizi – non è altrettanto semplice individuare il cosiddetto presupposto territoriale. Con riferimento alle prestazioni di servizi realizzate fra soggetti passivi di imposta, il presupposto territoriale ha come riferimento il luogo di stabilimento del committente (e non più il luogo di stabilimento del prestatore, come era previsto in precedenza come regola generale, seppur seguita da una serie di deroghe che da regola generale era divenuta una “regola residuale”). Rapporti B2B Nei rapporti Business to business (B2B) la prima conseguenza di una simile impostazione è che ogni volta che il committente di un certo servizio non è residente in Italia, la prestazione risulta fuori campo Iva, senza che assuma rilevanza il luogo di utilizzo della prestazione. Ciò in quanto il presupposto territoriale è legato esclusivamente all’elemento soggettivo della nazionalità del committente. Al contrario, qualora il committente del servizio sia un soggetto Iva nazionale, il servizio stesso si considera territorialmente rilevante in Italia e deve essere assoggettato ad Iva. Pertanto, nel caso di un operatore nazionale che richiede, ad esempio, la creazione di un sito web ad un soggetto comunitario, identificato ai fini Iva in un altro Stato membro, l’operazio- Vademecum 01 LACESSIONEDEIBENI Nelcommercioelettronicodiretto, l’operazionedicessionedibenisi qualificaafiniIvacomeprestazionedi servizio 02 L’ELEMENTOTERRITORIALE Nelleprestazionidiservizirealizzate frasoggettipassividiimposta,il presuppostoterritorialehacome riferimentoilluogodistabilimentodel committente 03 RAPPORTIB2B NeirapportiB2B,lognivoltacheil committentediunserviziononè residenteinItalia,laprestazione risultafuoricampoIva,senzache assumarilevanzailluogodiutilizzo dellaprestazione.Alcontrario,seil committentedelservizioèun soggettoIvanazionale,ilservizio stessosiconsideraterritorialmente rilevanteinItaliaedeveessere assoggettatoadIva 04 RAPPORTIB2C Neirapportiintrattenuticoniprivati, nonsiconsideranoeffettuatenel territoriodelloStatoleprestazionidi serviziperviaelettronica,quandorese acommittentinonsoggettipassivi Iva,domiciliatieresidentifuoridella Comunità ne si considera effettuata nel territorio dello Stato e l’acquirente nazionale riceve dal prestatore comunitario una fattura senza Iva. Successivamente, in applicazione del meccanismo del cosiddetto reverse charge, il committente nazionale deve applicare l’Iva italiana, utilizzando l’aliquota ordinaria del 22 per cento, integrando la fattura ricevuta e liquidando la relativa imposta. Detta fattura deve essere registrata sia nel registro degli acquisti, che nel registro delle fatture emesse, mentre non è più obbligatorio presentare il modello Intrastat (Intra2) per i servizi ricevuti. Rapporti con i privati Quanto, invece, ai rapporti intrattenuti con i privati, l’articolo 7-septies del decreto Iva prevede che non si considerano effettuate nel territorio dello Stato le prestazioni di servizi per via elettronica, quando rese a committenti non soggetti passivi Iva, domiciliati e residenti fuori della Comunità. Resta quindi confermato il principio guida del luogo del prestatore, derogato in caso di destinatario extracomunitario. Sono, pertanto, territorialmente rilevanti in Italia i servizi resi da soggetto Ue o extraUe a committente nazionale, nel caso del B2B, ovvero i servizi resi a committente Ue o extraUe da un soggetto italiano, nel B2C. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fornitori di servizi extraUe. La transazione costituisce in ogni caso una prestazione di elaborazione dati Niente aliquota ridotta al consumatore pUn regime particolare è pre- visto per i soggetti extracomunitari, non stabili nella Ue, che prestano servizi mediante mezzi elettronici a consumatori finali residenti o domiciliati all’interno della Comunità (operazione B2c). Queste operazioni, infatti, devono essere assoggettate ad imposta all’interno della Ue. A tal fine l’operatore extracomunitario deve assumere una sua posizione Iva in uno Stato membro per poter assoggettare ad Iva la transazione (cosiddetta regola del One shop stop – Sportello unico). In linea di massima, la posizione Iva viene richiesta nel Paese in cui si realizza la prima operazione B2C tassabile (cosiddetto Stato membro di identificazione). L’operatore non residente, quindi, ha solo una amministrazione fiscale cui far riferimento, cui presentare le proprie dichia- razioni e versare le imposte. Nel momento in cui i prestatori extracomunitari pongono in essere transazioni con committenti privati residenti nel territorio dell’Unione, devono emettere fatture soggette ad Iva con aliquota prevista dallo Stato membro in cui ha sede il consumatore. L’aliquota applicata deve essere, indipendentemente dalla natura e dallo scopo delle operazioni realizzate, sempre e comunque quella ordinaria. Come conseguenza di ciò, alle transazioni online non può essere applicata LE ESENZIONI Non esistono obblighi di fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione annuale l’aliquota ridotta, diversamente da quanto accade per le operazioni di commercio tradizionale. Tale discriminazione è giustificata dal fatto che essa deriva dalla natura giuridica della transazione che costituisce, indipendentemente dall’oggetto, una prestazione di servizio di elaborazione dati. Nella pratica, quindi, se il prestatore è un soggetto americano identificatosi in Germania, lo stesso emetterà: fatture con Iva italiana (22%) se effettua una transazione con un committente italiano; fatture con Iva tedesca (19%), se la transazione è effettuata con un operatore residente in Germania. Successivamente, questa imposta deve essere versata direttamente nello Stato di identificazione (la Germania, nel caso di specie). Ai fornitori non comunitari si applicano gli obblighi amministrativi previsti per gli operatori comunitari, con alcune semplificazioni. I soggetti extracomunitari, ad esempio, sono dispensati dagli obblighi di fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione annuale. La liquidazione dell’imposta avviene trimestralmente e l’operatore deve distinguere per ciascuno Stato membro l’ammontare delle operazioni e l’imposta applicata. Inoltre, l’imposta è assolta contestualmente alla dichiarazione inerente, che deve essere presentata nel termine tassativo del giorno 20 del mese successivo al trimestre di riferimento, presso lo Stato di identificazione, indipendentemente dal fatto che siano state effettuate o meno transazioni online tassabili nel periodo di riferimento. I versamenti dovranno essere effettuati in euro, a meno che lo Stato di identificazione, non avendo ancora adottato l’euro, pretenda un’altra valuta. In questo caso, gli operatori che hanno effettuato nel periodo di riferimento delle transazioni in euro, provvederanno ad effettuare il cambio, con riferimento all’ultimo giorno del trimestre dichiarato. Con questo meccanismo è stata creata una vera e propria stanza di compensazione tra gli Stati membri dell’Unione, quale inizio di una vera e propria cooperazione fra gli Stati, peraltro integrata dal 1° gennaio 2015, anche con le operazioni B2C effettuate in modalità esclusivamente elettronica relative ai servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione e ai servizi forniti per via elettronica. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 14 E-commerce, tutte le regole La fiscalità GLI INCANTI Nessuna autorizzazione per le aste «elettroniche» Il banditore è tenuto a identificare l’identità dei soggetti in campo forma di “commercio” viene comunemente definita come C2C (Consumer to consumer). Sempre più spesso, infatti, privati cittadini si organizzano per vendere online oggetti nuovi o usati, utilizzando portali di e-commerce e siti creati specificamente per questa attività. Si pensi ad esempio alle aste online che avvengono in rete, in cui i consumatori propongono offerte e cercano prodotti. PAGINA A CURA DI Tipologie di asta Simona Ficola Benedetto Santacroce In relazione al maggiore o minore coinvolgimento del soggetto che esercita l’attività di vendita all’asta (cosiddetto banditore d’asta), si avranno aste condotte direttamente dal banditore d’asta in cui è possibile acquistare beni di proprietà di quest’ultimo, aste condotte direttamente dal banditore d’asta in cui è possibile acquistare beni di proprietà di venditori terzi, o ancora aste in cui il banditore d’asta svolge unicamente il compito di mettere a disposizioneilsitoelasuastrutturaperla vendita all’asta, senza essere direttamente coinvolto nella procedura di aggiudicazione. Possono partecipare a queste aste sia soggetti business, che privati consumatori. Le modalità di fissazione del prezzo di vendita sono differenti: nella cosiddetta asta inglese, ad esempio, detta anche asta al rialzo, la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendodalprezzominimoindicatodalvenditore e nell’ambito dei limiti tempora- pLo strumento Internet è un siste- ma che oggi interessa un numero illimitato di soggetti, non solo aziende, ma anche le istituzioni pubbliche e finanziarie e non da ultimo i consumatori. L’espansione del sistema ha contribuito in modo sostanziale a modificare l’economia globale, favorendo lo sviluppo di questa nuova forma di commercio, definita “commercio elettronico”. Termini come commercio B2B (Business to business), o B2C (Business to consumer), sono ormai entrati nel linguaggio comune. Con queste definizioni si individuano due fra le varie forme di commercio elettronico che si distinguono in base alla categoria di soggetti che partecipano alle transazioni. Tuttavia, costituiscono ugualmente forme di commercio elettronico, quegli scambi effettuati occasionalmente tra privati, tant’è che tale li dell’offerta; nella cosiddetta asta olandese, invece, detta anche asta al ribasso, la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendo dal prezzo massimo indicato dal venditore e nell’ambito dei limiti temporali dell’offerta (peraltro, per le vendite effettuate tramiteilcommercioelettronico,ilministero dello Sviluppo Economico ha espressamente escluso il divieto di vendita sottocosto). Ancora: nell’asta segreta al prezzo massimo, ogni interessato al bene offre, per iscritto, un prezzo massimo. In questo caso le offerte vengono raccolte, nei limiti temporali fissati, e rese pubbliche contemporaneamente con l’aggiudicazione all’offerta più elevata. Nell’asta con riserva, la vendita viene aggiudicata solo se le offerte abbiano raggiunto e/o superato il prezzo minimo stabilito, che non viene comunicato durante la gara. Requisiti di qualificazione Per quanto riguarda gli eventuali requisiti di qualificazione soggettiva necessari per l’esercizio dell’attività di banditore d’asta online, si rende necessario distinguere le ipotesi in cui il banditore conduca direttamente la vendita di beni propri, o di beni altrui, da quella in cui questo soggetto mette unicamente a disposizione il sito web per lo svolgimento delle aste, senza prendere parte ad alcuna delle operazioni medesime. Nei primi due casi è necessario il possesso di una licenza (rilasciata dal Sotto la lente 01 IL RUOLO DEL BANDITORE Si avranno aste condotte direttamente dal banditore d’asta, in cui è possibile acquistare beni di proprietà di quest’ultimo; aste condotte direttamente dal banditore d’asta, in cui è possibile acquistare beni di proprietà di venditori terzi, o ancora aste in cui il banditore d’asta svolge unicamente il compito di mettere a disposizione il sito e la sua struttura per la vendita all’asta 02 FISSAZIONE DEL PREZZO Le modalità di fissazione del prezzo di vendita sono differenti: nell’asta inglese la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendo dal prezzo minimo indicato dal venditore e nell’ambito dei limiti temporali dell’offerta; nella cosiddetta asta olandese, la vendita è aggiudicata al miglior offerente, partendo dal prezzo massimo indicato dal venditore e nell’ambito dei limiti temporali dell’offerta. Nell’asta segreta al prezzo massimo, ogni interessato al bene offre, per iscritto, un prezzo massimo. In quella con riserva, la vendita viene aggiudicata solo se le offerte abbiano raggiunto e/o superato il prezzo minimo stabilito, che non viene comunicato durante la gara Comune, o dal questore, a seconda dell’attività) valida non solo per i soggetti che si offrono quali intermediari, rispetto ad affari altrui, ma anche per i soggetti che, attraverso tale forma di organizzazione dell’attività, intendono vendere anche beni propri. Nell’ipotesiincuiilbanditored’astasilimiti a mettere a disposizione il servizio di contatto, o lo strumento tecnologico, senza intervenire direttamente nella gara, si avrebbe attività di mediazione. Per l’attività di commercio elettronico, tuttavia, vige il principio di assenza di autorizzazione preventiva per l’esercizio dell’attività, in quanto considerata genericamente come «attività di un prestatore di un servizio della società dell’informazione». Ilbanditored’astaètenutoadidentificare con certezza l’identità dei soggetti che intendono partecipare alle aste online e che richiedono l’iscrizione (o registrazione) al sito, attraverso il quale tale vendita è effettuata. Ai fini della partecipazione, tali soggetti dovranno indicare tutti i dati anagrafici e potranno essere identificati attraverso l’impiego della firma digitale oppure, in mancanza di questa, mediante la comunicazione della richiesta di iscrizione, anche se, nell’ambito della procedura d’asta, è ammessa la possibilità che il partecipante, una volta identificato con certezza da parte del banditore d’asta, utilizzi uno pseudonimo o una password. © RIPRODUZIONE RISERVATA Vendite occasionali. La tassazione è legata alla sistematicità delle cessioni «Redditi d’impresa» solo se l’attività è abituale pLe attività occasionali di vendi- ta online da parte dei soggetti privati consumatori, possono avere ad oggetto beni personali o familiari usati, o beni nuovi acquistati e non utilizzati. Sotto un profilo prettamente fiscale, le suddette cessioni si qualificherebbero come attività prive di utilità economica, incapaci di generare redditi o comunque plusvalenze tassabili in capo al soggetto venditore. Tuttavia, il dato fondamentale da prendere in considerazione non è tanto l’oggetto della cessione, o le modalità con cui le cessioni sono realizzate (aste o vendite online), quando la sistematicità con cui l’attività viene svolta o, più in particolare, se la stessa viene svolta o meno in via occasionale. Nel primo caso, infatti, gli adempimenti formali in capo al venditore sono estremamente ridotti. Anzitutto, non è necessario essere titolare di partita Iva per poter ven- dere occasionalmente, né sul web né tramite i tradizionali canali di vendita, ma sarà necessario unicamente documentare la cessione con l’emissione di una ricevuta. L’insieme delle ricevute che certificano le cessioni costituiscono, al termine del periodo di imposta, “redditi diversi” in capo al venditore. Questi redditi sono soggetti a tassazione e devono essere dichiarati nel quadro RL del modello Unico di dichiarazione dei redditi. Tuttavia, il confine tra attività economiche e attività prive di tale carattere è piuttosto mobile ed è lungi dal poter essere ricondotto all’interno di una distinzione rigida e durevole nel tempo. Pertanto, sebbene non sussista un limite quantitativo al superamento del quale lo svolgimento di un’attività occasionale diviene attività imprenditoriale, si è in presenza di un’attività imprenditoriale quando la stessa si qualifica come attività economica, svolta in maniera abituale, organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. Ad esempio, acquisire o produrre, a vario titolo, oggetti con il fine di rivenderli, rientra nel concetto di attività economica. In questo caso, i redditi conseguiti dall’attività costituiscono in capo al venditore “redditi d’impresa”, per i quali si rende necessario aprire una partita Iva e procedere a tutti gli adempimenti contabili e fiscali richiesti dalla normativa vigente per lo svolgimento di qualsiasi attività di natura imprenditoriale, a prescindere dal fatto che si tratti di attività di commercio elettronico. Ciò che, sotto un profilo fiscale, risulta peculiare per le attività di commercio elettronico è, anzitutto, l’individuazione dei soggetti che operano online. Occorre, infatti, verificare se solamente il venditore è un soggetto passivo di imposta Nel dettaglio Cosa si intende per attività imprenditoriale Si è in presenza di un’attività imprenditoriale quando la stessa si qualifica come attività economica, svolta in maniera abituale, organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. Acquisire o produrre oggetti con il fine di rivenderli, rientra nel concetto di attività economica. In questo caso, i redditi conseguiti dall’attività costituiscono in capo al venditore “redditi d’impresa”, per i quali si rende necessario aprire una partita Iva e procedere a tutti gli adempimenti contabili e fiscali richiesti per lo svolgimento di qualsiasi attività di natura imprenditoriale (opera nell’esercizio di arti e professioni o nell’esercizio di impresa), o se lo è anche l’acquirente: nel primo caso, la transazione si qualifica come operazione di B2C, mentre nel secondo caso costituisce un’operazione di B2B. Inoltre, è necessario poter stabilire se i soggetti che realizzano l’operazione sono residenti nel territorio dello Stato e, qualora non lo fossero, occorrerebbe individuare l’esistenza o meno di una stabile organizzazione. Una volta verificati questi elementi, il soggetto venditore, esercente attività economica, è tenuto ad emettere una fattura per l’operazione di cessione, applicando o meno l’imposta sul valore aggiunto a seconda delle regole proprie che tengono conto dei presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale per l’applicazione del tributo alla specifica operazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA I focus del Sole 24 Ore Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22 E-commerce, tutte le regole 15 I quesiti LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI PAGINA A CURA DI Giusella Finocchiaro, Alessandro Candini e Matilde Ratti GARANZIE 01 MERCE FALLATA RIPARATA O SOSTITUITA A settembre ho acquistato online un maglione. Indossandolo per la prima volta in ottobre, ho rilevato una vistosa scucitura. Posso rivolgermi al venditore e vantare qualche pretesa, nonostante sia passato un mese di tempo dall’acquisto? Sì, può rivolgersi al venditore e vantare delle pretese, dal momento che opera la garanzia legale di conformità. Può quindi richiedere al venditore la riparazione del bene, oppure può esigerne la sostituzione. 02 BENI VENDUTI ONLINE SEMPRE IN GARANZIA Dopo l’acquisto di merce online, ho scoperto che non sussiste alcuna garanzia per gli eventuali vizi. Posso comunque agire nei confronti del venditore? *Offerta valida in Italia dal 6/5/2015 al 20/6/2015 Sì, considerato che è nullo e conseguentemente improduttivo di effetti, il patto che esclude o limita il contenuto della garanzia legale di conformità. CONSUMATORE INFORMATO 01 NOTIZIE IMPOSTE DAL CODICE CONSUMO Ho un sito Internet per la vendita di prodotti ai consumatori. Ci sono delle prescrizioni specifiche che devo rispettare? Si, è obbligatorio fornire al consumatore tutte le informazioni previste dal Codice del consumo in maniera chiara e prima della conclusione del contratto. 02 LE SPESE DI CONSEGNA DEVONO ESSERE NOTE È possibile porre a carico del consumatore le spese di consegna di merci vendute online? Ai sensi del Codice del consumo, le spese di consegna dei beni venduti tramite sito Internet possono essere poste a carico del consumatore. È tuttavia necessario che le spese a carico siano menzionate tra le informazioni che il professionista fornisce al consumatore prima di concludere l’acquisto poichè, in caso contrario, il consumatore non è tenuto a sostenerle. PRIVACY 01 MAIL PUBBLICITARIE SOLO CON IL CONSENSO Lenormeconsentonodiinviareaipropri clientimessaggidipostaelettronicaper finalitàcommerciali? Se il cliente ha fornito il suo indirizzo di posta elettronica rilasciando il proprio consenso, il titolare del sito Internet può inviare e-mail per la vendita di prodotti o servizi analoghi a quelli già acquistati. Il cliente può comunque sempre opporsi. 02 RECESSO 01 RIPENSAMENTO ENTRO 14 GIORNI Hoacquistatounosmartphonesu Internetedesideroesercitareildirittodi recesso.Masonotrascorsi12giornidalla consegnadellamerceenelcontrattodi acquistoeraconcessounperiododi tempodisoli10giorni... L’articolo 52 del Codice del consumo riconosce al consumatore il diritto di recedere da un contratto nei 14 giorni dal giorno in cui «acquisisce il possesso fisico» del bene. Si tratta di una norma imperativa. REGISTRO OPPOSIZIONI, REGOLE DA RISPETTARE Comefareperevitarecheilmionumerodi telefonosiaoggettodichiamate indesiderateperfinicommercialio promozionali? Esiste un registro pubblico delle opposizioni, in cui gli abbonati ai servizi di telefonia possono iscriversi per rendere noto la propria volontà di non essere contattati per fini commerciali, promozionali o per ricerche di mercato. In caso di violazione, può essere comminata una sanzione pecuniaria compresa tra i 10mila e i 20mila euro. 02 LA CONFEZIONE PUÒ ESSERE APERTA Vorreirecederedauncontrattoconcuiho compratounelettrodomesticorisultato diversodalleaspettative.Mailvenditore sirifiutaeccependochelariconsegna dellamercedeveavvenirenella «confezioneoriginaleeintegra». No, il consumatore può aprire il plico e visionare la merce. La condotta del venditore potrebbe essere considerata «pratica commerciale scorretta» e sanzionata dall’Antitrust. PROCEDURE ONLINE 01 ACQUISTI SU INTERNET CON UGUALI TUTELE Il consumatore che acquista un prodotto online è meno tutelato rispetto a chi acquista secondo le modalità tradizionali? No. Il consumatore in questo caso gode di una forte tutela giuridica, che spazia dal diritto di recesso, alla garanzia di conformità del bene, al contratto; dalla protezione dei propri dati personali, alla previsione del foro del consumatore. 02 DA ESPLICITARE L’ORDINE CON OBBLIGO DI PAGARE Navigando su un sito ho inserito alcuni prodotti nel “carrello” e quindi ho cliccato sul pulsante “acquista” per visualizzare il dettaglio finale con i relativi costi. Intendevo rinunciare all’acquisto, ma il venditore ha preteso il pagamento. La pretesa non è legittima, poiché il venditore deve comunicare in modo chiaro che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di acquistare riportando la dicitura «ordine con obbligo di pagare», o una formulazione corrispondente. INEDICOLA La Guida descrive in modo analitico tutte le tipologie di assunzioni agevolate introdotte dalla Legge di Stabilità e dal Jobs act con il contratto a tutele crescenti, evidenziandone gli aspetti operativi e interpretativi più importanti e presentando in pratiche tabelle il costo del lavoro di ogni singola agevolazione, in modo da valutare immediatamente quale sia quella più conveniente. IN EDICOLA CON IL SOLE 24 ORE A € 9,90 IN PIÙ * OPPURE DISPONIBILE IN FORMATO PDF SU WWW.SHOPPING24.IT IN EDICOLA Per i professionisti del Diritto il Codice di procedura penale, aggiornato con tutte le novità: misure cautelari, revisione della difesa d’ufficio, attuazione della direttiva sul diritto all’informazione nei procedimenti penali. Tutte le modifiche sono evidenziate in grassetto per agevolarne l’individuazione. 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