La corretta gestione delle vendite online

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CONTRATTI#COMMERCIO#INTERNET#TUTELA
FOCUS
NORME
E TRIBUTI
Mercoledì 10 Giugno 2015
www.ilsole24ore.com/focus
I focus del Sole 24 ORE
Il Sole 24 ORE, Milano, Sett. n. 22.
In vendita abbinata obbligatoria con
Il Sole 24 ORE a € 2,00* (I focus del Sole
24 ORE € 0,50 + Il Sole 24 ORE € 1,50)
E-commerce,
tutte le regole
LA GUIDA
Un’occasione
da non perdere
per trovare
nuovi clienti
di Giorgio Costa
I
n un momento di crisi dei
consumi per le imprese le
vendite online sono
un’opportunità. Tuttavia, al di là
delle questioni organizzative e di
tecnica informatica, non sono
poche le norme da rispettare per
avviare e gestire un sito in regola
con le regole stabilite per
l'esercizio dell'attività di impresa.
Nelle pagine che seguono il
lettore troverà una sintesi degli
obblighi in materia societaria (a
partire dall’iscrizione al Registro
imprese o alla modifica del codice
attività per quelle già in essere
che avviano l’attività online),
delle regole a tutela del
consumatore, alla stipula del
contratto di acquisto attraverso il
cosiddetto point and click, della
distinzione tra acquirente
consumatori e acquirente
“professionale”. Non si trascura
poi il tema della firma elettronica
così come quello dei pagamenti
senza “giro” di moneta contante
che hanno avuto grande sviluppo
proprio grazie all’e-commerce.
Molta attenzione, infine, viene
dedicata al tema del recesso
(che può avvenire entro due
settimane per i beni mobili e 30
giorni per i prodotti finanziari) e
al trattamento fiscale delle
operazioni online specie alla
luce della recente introduzione
dei Moss.
ADEMPIMENTI
La corretta gestione
delle vendite online
Iscrizione al Registro imprese
per avviare l’attività
Tutte le informazioni
obbligatorie nel web
Come sottoscrivere
un contratto a regola d’arte
© RIPRODUZIONE RISERVATA
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberto Napoletano
ALL’INTERNO
CAPOREDATTORE
Jean Marie Del Bo
COORDINAMENTO
Giorgio Costa
INSERTO A CURA DI
Luigi Illiano e Silvia Marzialetti
* In Umbria € 0,50 + il prezzo de Il Sole 24 Ore
Chiuso in redazione il 6 Giugno 2015
IL BUSINESS
AVVIO DEL SITO
I CONTENUTI
RECESSO
Dal settore turistico
oltre il 40%
dei ricavi e-comerce
Va aggiunto il codice
dell’attività
se l’impresa è attiva
Online le informazioni
su prezzi, tariffe
e costi di spedizione
Entro 15 giorni
si può restituire
il bene acquistato
Biagio Simonetta u pagina 2
Lorenzo Del Federico u pagina 4
Finocchiaro e Ratti u pagina 6
Finocchiaro e Candini u pagina 9
TUTELA
CONTROVERSIE
FISCO
FISCO
Ricorso individuale
o class action
per far valere i diritti
Dal giudice di pace
per i beni mobili
fino a 5mila euro
Software e musica,
si applica l’aliquota
del Paese di chi compra
Imprese, niente Iva
se il committente
non risiede in Italia
Gambino e Provenzano u pagina 10
Candini e Finocchiaro u pagina 11
Renato Portale u pagina 12
Benedetto Santacroce u pagina 13
2
I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
Il quadro
TRA BUSINESS E DIRITTO
Con un negozio
in rete mercato
senza confini
Può convivere
la presenza
sui grandi
marketplace
e su un sito atonomo
Biagio Simonetta
pI numeri sono enormi, anche
se non troppo precisi: fra i 12 e i 24
milioni in tutto il mondo. Tanti
sarebbero i negozi virtuali reperibili in rete. Eppure solo 650mila
di questi possono contare su un
profitto pari o superiore a mille
dollari annui. Segno evidente
che fare e-commerce piace, ha il
gusto dell’opportunità vera. Ma
allo stesso tempo è un’operazione complicata, fatta di regole e
saperi. L’insuccesso, insomma, è
dietro l’angolo. Non basta un sito
web con un carrellino della spesa
per vendere online. Serve un insieme di fattori: professionalità,
puntualità, competitività ed engagement su tutti.
Il mercato italiano
Secondo un recente studio condotto da Politecnico di Milano e
Netcomm, nel 2014 il commercio
elettronico in Italia ha fatto registrare un +17% rispetto all’anno
precedente, per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro (6
miliardi il valore dei prodotti, 7,3
quello dei servizi). Un risultato in
netta controtendenza rispetto al
calo del 2,6% della spesa per consumi finali delle famiglie registrato dall’Istat. Interessanti anche i
numeri relativi al mercato da mobile: con 2,6 miliardi di euro (1,4
generati da tablet, 1,2 da smartphone), il settore ha fatto registrare nel 2014 un incoraggiante
+20% rispetto all’anno precedente. Inoltre, sono circa 16 milioni gli
italiani che si sono riscoperti web
shopper nel secondo trimestre
del 2014. Ognuno di loro ha fatto
almeno un acquisto online.
I settori
Sempre nel 2014, in Italia i servizi
hanno avuto la meglio sui prodotti, grazie al turismo (viaggi e hotel) che ha generato il 40% del fatturato totale del commercio virtuale. Un segnale molto interessante su quali siano le abitudini
dei web shopper italiani. Sul podio, poi, l’abbigliamento (14%) e
gli oggetti hi-tech (informatica e
elettronica, 12%). Discreti anche i
numeri delle polizze assicurative
sottoscritte online (9%). Il resto è
un insieme di settori che sta cercando di emergere.
I passaggi chiave
Cosa fare e come fare
La decisione di aprire le porte del
web per chi ha un negozio fisico, o
di partire proprio dalla Rete per i
nuovi e-buyer, è ormai sempre
più frequente. Per chi non ha un
negozio va detto che le operazioni
burocratiche sono del tutto simili
a quelle dell’apertura di un punto
fisico. Serve una partita Iva e la
messa in regola al registro delle
imprese. C’è bisogno inoltre del
permesso del Comune di residenza. E anche una volta aperto il “negozio”, la parte burocratica e fiscale sarà quella tradizionale.
Le scelte più difficili sono quelle relative al settore merceologico e alla piattaforma di vendita.
Sul settore da scegliere, un’analisi
di mercato è un’ottima idea dalla
quale partire. Quello relativo alla
piattaforma, invece, è uno degli
interrogativi più ricorrenti. Il dilemma è spesso tra fare un sito
con una piattaforma ad hoc oppure affidare le proprie sorti ai grandi marketplace come Amazon o
eBay. Per chi si affaccia per la prima volta all’e-commerce, è bene
tenere in considerazione che i primi 20 player del mercato virtuale
italiano (Amazon, eBay, Expedia,
Groupon eccetera), generano da
soli il 54% delle vendite. Per questo la strada della partnership con
una big sembra la più semplice: dà
immediatezza del business e visibilità. Il sito di proprietà, invece, è
il percorso più tortuoso, ma forse
anche quello più intrigante. Perché una partnership prevede royalty per gli store sui quali ti appoggi, mentre sul sito di proprietà
l’incasso è effettivo. Ma attenzione, serviranno sin da subito alcune caratteristiche che possono
determinare il successo: buona
descrizione del prodotto, ottimizzazione Seo per farti trovare
dai motori di ricerca, prezzo competitivo, buone foto di presentazione, sistema di pagamento veloce (come PayPal), servizio di spedizione rapido, sistema di comunicazione possibilmente in real
time. Se poi programmatore e
web designer ai quali è stato affidato il sito sono in gamba, sarà un
vantaggio non da poco.
La soluzione più interessante
rimane quella della doppia strada: sito di proprietà e partnership
con i marketplace più diffusi.
L’operazione è possibile e in rete
una maggiore presenza può fare
la differenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
NUOVA ATTIVITÀ
IMPLEMENTAZIONE SITO
POINT AND CLICK
Per l’avvio di un’attività di
commercio on line del tutto nuova, da
parte di un nuovo operatore, si rende
necessaria - oltre alla presentazione
della Scia - entro 30 giorni dall’inizio,
tramite la “comunicazione unica”, da
presentare al Registro delle imprese:
l’iscrizione al Registro imprese della
Cciaa e contestualmente alla
gestione Inps; l’attribuzione della
partita Iva, compilando il modello
AA9/11 per le persone fisiche o
AA7/10 per gli altri soggetti. È poi
previsto l’obbligo di comunicare
all’agenzia delle Entrate l’indirizzo
del sito web, i dati identificativi
dell’Internet service provider,
l’indirizzo e-mail, il numero di
telefono e di fax. Qualora si intenda
effettuare l’attività in ambito Ue, è
necessaria anche l’iscrizione nel Vies
Se l’impresa è già operativa, e ha
semplicemente provveduto ad
implementare un sito web, occorre:
aggiungere il relativo codice attività
“47.91.10 commercio al dettaglio di
qualsiasi tipo di prodotto effettuato
via Internet” all’attuale partita Iva,
come attività secondaria; comunicare
alla Cciaa lo svolgimento dell’ulteriore
attività di vendita al dettaglio per
corrispondenza.
In caso di omessa variazione del
codice presso la Cciaa in base
all’articolo 2630 Codice civile, si
applica una sanzione amministrativa
pecuniaria (da 103 a 1.032 euro). Nel
caso in cui la denuncia, la
comunicazione o il deposito al registro
imprese siano effettuati nei 30 giorni
successivi alla scadenza dei termini, la
sanzione è ridotta ad un terzo
Quando per il contratto on line non
è richiesta dalla legge la forma
scritta esso viene di frequente
concluso con il cosiddetto point
and click, cioè cliccando con il
mouse (o altro puntatore) su di un
“tasto virtuale” presente sullo
schermo del computer. Si tratta di
tecnica applicata nelle vendite on
line da parecchi decenni, da
quando la disponibilità di un
mouse è diventata comune e che
più di recente si è evoluta con
l’impiego dei touch screen dei
tablet e degli smartphone, nel
cosiddetto mobile commerce. Al
consumatore deve esser reso
esplicito nella maniera più chiara
che sta passando dalle
informazioni su un prodotto
all’acqusito del prodotto stesso
Le regole. Tra convenzioni internazionali, direttive e Codice civile
Norme Ue a tutela dei consumatori
La privacy «frena» la profilazione
di Giusella Finocchiaro
I
l commercio elettronico è un fenomeno ampiamente regolato
dal diritto vigente, con norme antiche, come il Codice civile, e recenti,
come quelle sull’autenticazione
biometrica, che in alcuni casi si sovrappongono e si intersecano, delineando uno scenario di una certa
complessità. È fondamentale, per
dare certezza giuridica ai rapporti
economici, che il quadro giuridico,
anche a livello internazionale, sia il
più chiaro possibile, e provvedere a
rimuovere ogni ostacolo al commercio, anche e soprattutto on line.
I primi passi
Il commercio online ha mosso i primi passi negli anni ’90. All’inizio Internet è stata progettata per esigen-
ze militari ed è stata successivamente utilizzata anche nell’ambito della
comunità accademica. Oggi, invece
la rete può essere vista anche come
un grande mercato globale, senza
frontiere, nel quale si possono scambiare, per esempio, beni e servizi fra
fornitori cinesi e consumatori italiani o fra avvocati statunitensi e società europee. L’e-commerce, a sua volta, può essere descritto in maniera
sintetica come un insieme di contratti.
BUSINESS TO BUSINESS
Nei contratti B2B
è essenziale la scelta
del foro competente
oppure di un sistema
di soluzione delle controversie
Ma un mercato senza frontiere
solleva alcuni problemi giuridici,
innanzitutto quelli la determinazione della legge applicabile e del
foro competente a giudicare della
controversia. Certo non è solo un
problema dei contratti conclusi
su Internet ma anzi, più in generale, dei contratti nell’epoca della
globalizzazione.
Le tipologie di contratto
Si possono prospettare alcune soluzioni, ma occorre premettere
una distinzione: fra i contratti business to business (B2B) e i contratti
business to consumer (B2C). Altre
classificazioni si possono aggiungere (P2P, B2A eccetera) ma la distinzione citata è le più rilevante
sotto il profilo giuridico. I primi,
cioè i contratti business to business
I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
+17%
3
L’andamento
In Italia la crescita dei volumi è continuata anche nel 2014
Le vendite online hanno toccato quota 13,3 miliardi
di cui 6 da beni di consumo e 7,3 da servizi
Il nuovo regime Iva
Imposta dovuta in Italia sul commercio elettronico
Prestatore
CONTENUTI DEL SITO
DIRITTO DI RECESSO
GIUDICE COMPETENTE
Il sito deve fornite le informazioni
che permettano di identificarne
correttamente il titolare con nome,
sede e partita Iva. È inoltre
obbligatorio indicare un indirizzo
di posta elettronica e gli estremi
che permettono di contattare il
titolare del sito Internet con
facilità. Devono poi essere riportati
in modo chiaro ed inequivocabile i
prezzi e le tariffe dei servizi o dei
beni offerti, specificando se gli
importi indicati siano comprensivi
o meno di imposte e costi
aggiuntivi. Per i siti Internet dei
professionisti, devono inoltre
essere presenti le indicazioni
relative all’Ordine di appartenenza
e il titolo professionale. Tutte le
informazioni devono essere
costantemente aggiornate
Secondo il Codice del consumo
(Dlgs 206/2005), il consumatore
ha il diritto di recedere entro il
termine ordinario di 14 giorni che
decorrono dalla conclusione del
contratto (nel caso di contratti di
servizi), oppure dal giorno in cui il
consumatore riceve i beni. Tuttavia,
se il venditore non fornisce al
consumatore le informazioni sul
diritto di recesso, il termine per il
valido esercizio del diritto stesso è
prorogato a dodici mesi decorrenti
dalla fine del periodo di recesso
iniziale.L’esercizio del diritto di
recesso può avvenire sia
utilizzando il modulo predisposto
dal legislatore e allegato al Codice
del consumo oppure attraverso una
qualsiasi dichiarazione scritta della
decisione di recedere dal contratto
Sesussistelagiurisdizionedelgiudice
italiano,lacompetenzaspetteràal
giudicedipaceperlecauserelativea
benimobilidivalorenonsuperiorea
5milaeurooppurealTribunale
ordinarionellealtreipotesi.Ilgiudice
competentevienestabilitoanormadel
codicediproceduracivile,secondoil
qualeilforoèindividuatonelluogodi
residenzaodidomiciliodelconvenuto
(perlesocietàoccorrefareriferimento
allasede,aunostabilimentooalluogo
incuièpresenteunrappresentante
autorizzatoastareingiudizio)o,in
alternativa,nelluogoincuièsortao
deveeseguirsil’obbligazionecontesa.
Laregolanonvalenelrapportotra
venditoriprofessionalieconsumatori
perchéladomandaandràproposta
davantialgiudicedelluogodi
residenzaodomiciliodelconsumatore
IT
Committente
Italiano soggetto
passivo
Italiano - non
soggetto
passivo
(privato)
Iva Regola
Luogo di stabilimento del
Sì committente - articolo 44 direttiva Iva
e articolo 7-ter lettera a) decreto Iva
Sì
Ue - soggetto
passivo
No
Ue - non
soggetto
passivo
No
Extra Ue soggetto
passivo
No
Extra Ue - non
soggetto
passivo
No
Italiano soggetto
passivo
Sì
Italiano - non
soggetto
passivo
Sì
Ue - Extra Ue
soggetto
passivo
No
UE
sono i contratti fra imprese o fra imprese e professionisti; i secondi, i
contratti conclusi fra imprese e
consumatori, cioè con persone fisiche che concludono i contratti per
esigenze personali o familiari.
Nei contratti B2B è essenziale
prevedere una clausola che determini la legge applicabile e il foro
competente, o un arbitrato, o ancora una modalità alternativa di risoluzione delle controversie. In assenza, si potranno applicare le convenzioni internazionali: ad esempio, se di contratto di vendita si
tratta, la Convenzione di Vienna
sulla vendita internazionale di beni.
Se, invece, uno dei contraenti è
un consumatore, allora gode di una
forte tutela dettata dalle norme di
fonte europea.
Un importante passo avanti nel
commercio elettronico internazionale è stato costituito dalla approvazione, avvenuta nel 2005, della Convenzione delle Nazioni unite sull’uso delle comunicazioni
elettroniche nei contratti internazionali (United nations conven-
tion on the use of electronic communications in international contracts), in breve Electronic communications convention.
La Convenzione Uncitral
La Convenzione è stata promossa
dall’Uncitral (United nations commission on international trade law) proprio oggi a Bologna giuristi ed
esperti internazionali si incontrano
nell’ambito di un workshop della
commissione delle Nazioni Unite
sul diritto del commercio internazionale su “Open Issues on Electronic Commerce: the Digital Identity”
a cui parteciperanno anche Alibaba,
Google e l’American Bar Association, in cui si discuterà delle questioni aperte in materia di commercio
elettronico - e ha svolto un ruolo fondamentale per il commercio elettronico, non soltanto perché ha intrapreso il percorso di armonizzazione
del diritto anche in questo settore,
ma soprattutto per il fatto che è stata
una fra le prime istituzioni internazionali a riflettere su questi temi.
La Electronic communications
convention ha lo scopo di facilitare
l’uso delle comunicazioni elettroniche nel commercio internazionale e
di assicurare che i contratti conclusi
e le dichiarazioni effettuate con
mezzi elettronici siano validi come
quelli basati su carta. Se al contratto
di commercio elettronico è applicabile la legge italiana, esso sarà in
ogni caso disciplinato dal Codice civile e, se contratto B2C, anche il Codice del consumo.
Si applicheranno anche le disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale sul valore giuridico
del documento informatico e delle
firme informatiche. Ad esempio, per
determinare il valore della cosiddetta firma grafometrica o del click nell’approvazione delle clausole vessatorie. Non si possono dimenticare,
poi, le norme sulla privacy dettate
dal Codice per la protezione dei dati
personali, che impongono, ad esempio, l’informativa, la raccolta del
consenso, una particolare disciplina
sull’utilizzo dei cookie e sulla profilazione per finalità di marketing.
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UE
Ue - Extra Ue non
No
soggetto
passivo
EXTRA
UE
Italiano soggetto
passivo
Sì
Italiano - non
soggetto
passivo
Sì
Ue - Extra Ue
soggetto
passivo
No
Ue – Extra Ue
non soggetto
passivo
No
Luogo di stabilimento del committente
- articolo 58 direttiva Iva e articolo 7sexies lettera f) decreto Iva
Imposta locale assolta dal committente
con inversione contabile - articolo 44
direttiva Iva e articolo 7-ter comma 1,
lettera a)
Imposta del Paese Ue del committente
dovuta dal prestatore italiano
attraverso il Moss ovvero con
identificazione nello Stato del cliente articolo 58 direttiva Iva e “a contrario”
articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva
Fuori campo Iva - Luogo di stabilimento
del committente -articolo 44 direttiva
Iva e articolo 7-ter comma 1, lettera a)
decreto Iva
Luogo di stabilimento del
committente - articolo 58 direttiva
Iva e “a contrario” articolo 7-sexies
lettera f) decreto Iva
Luogo di stabilimento del
committente - articolo 44 direttiva Iva
e articolo 7-ter comma 1, lettera a)
decreto Iva.
Iva dovuta dal committente in Italia
con inversione contabile
Luogo di stabilimento del
committente – Iva italiana dovuta dal
prestatore nel suo Paese attraverso il
Moss ovvero con identificazione in
Italia (articolo 58 direttiva Iva e
articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva
Luogo di stabilimento del
committente - articolo 44 direttiva Iva
e “a contrario” articolo 7-ter, comma 1
lettera a) decreto Iva
Luogo di stabilimento del committente
- articolo 58 direttiva Iva e “a
contrario” articolo 7-sexies lettera f)
decreto Iva
Luogo di stabilimento del committente
- articolo 44 direttiva Iva e articolo 7ter comma 1, lettera a) decreto Iva.
Iva dovuta dal committente in Italia
con inversione contabile
Luogo di stabilimento del committente
- Iva dovuta dal prestatore attraverso il
Moss (in Italia o altro Paese Ue) o con
rappresentante fiscale in Italia articolo 58 direttiva Iva e articolo 7sexies lettera f) decreto Iva
Luogo di stabilimento del
committente - articolo 44 direttiva Iva
e articolo 7-ter comma 1, lettera a)
decreto Iva
Luogo di domicilio del committente articolo 58 direttiva Iva e “a contrario”
articolo 7-sexies lettera f) decreto Iva
4
I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
L’inizio attività
ADEMPIMENTI E INCENTIVI
Iscrizione al Registro imprese
per avviare il commercio online
Se l’azienda
è già operativa
sufficiente
aggiungere
il codice attività
PAGINA A CURA DI
Lorenzo Del Federico
pIl commercio elettronico, quale
attività rivolta all’effettuazione di
transazioni commerciali di beni o
servizi attraverso l’utilizzo di tecnologie informatiche, comporta diversi adempimenti, gravanti sull’operatore commerciale, ai fini contabili
e fiscali. Tuttavia, in linea di massima, gli adempimenti contabili sono
quelli ordinari e consueti, mentre gli
adempimenti fiscali risultano alquanto specifici. Si tratta, comunque, di adempimenti indifferenti rispetto alla veste giuridica prescelta,
sia essa quella dell’impresa individuale, della società di persone o della società di capitali.
Per l’avvio di un’attività di commercio online, da parte di un nuovo operatore, si rende necessario,
entro 30 giorni dall’inizio, tramite
modello di “comunicazione unica”, da presentare al Registro delle
imprese:
1 effettuare l’iscrizione al Registro
imprese della Cciaa e, contestualmente, alla gestione Inps;
1 richiedere l’attribuzione della
partita Iva, compilando il modello
AA9/11 per le persone fisiche o
AA7/10 per gli altri soggetti (provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate A/E 29/12/2009).
È poi previsto l’obbligo di comunicare all’agenzia delle Entrate l’indirizzo del sito web, i dati identificativi dell’Internet service provider,
l’indirizzo e-mail, il numero di telefono e di fax. Qualora si intenda effettuare l’attività in ambito Ue, è necessaria anche l’iscrizione nel Vies.
Infine, occorre effettuare la presentazione della Scia allo Sportello unico per le attività produttive (Suap)
del Comune nel quale si intende avviare l’attività (Dpr 160/2010).
Se l’impresa era già operativa, e ha
semplicemente provveduto aimplementare un sito web, occorre:
1 aggiungere il relativo codice attività “47.91.10 commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via Internet” all’attuale partita Iva, come attività secondaria;
1 comunicare alla Cciaa lo svolgimento dell’ulteriore attività di vendita al dettaglio per corrispondenza.
Il mancato adempimento degli
obblighi sopra indicati espone all’applicazione di sanzioni e precisamente:
1 mancata variazione Iva: si appli-
ca una sanzione da 516 a 2.064 euro
(articolo 5, comma 6 Dlgs
471/1997). La sanzione è ridotta ad
un quinto del minimo nel caso in
cui l’obbligato provveda alla regolarizzazione della dichiarazione
presentata nel termine di 30 giorni
dall’invito dell’ufficio;
1 omessa variazione Camera di
commercio: in base all’articolo 2630
Codice civile, in caso di omesso o
tardivo deposito delle denunce, domande e depositi destinati al Registro delle imprese è applicata una
sanzione amministrativa pecuniaria (da 103 a 1.032 euro). Nel caso in
cui la denuncia, la comunicazione o
il deposito al registro imprese siano
effettuati nei 30 giorni successivi alla scadenza dei termini, la sanzione
è ridotta ad un terzo.
Anche con riferimento alla fatturazione, occorre distinguere tra
commercio elettronico diretto
(download di contenuti grafici o
audiovisivi) e indiretto (commercio telematico di beni materiali).
Nel primo caso, ai fini Iva, le operazioni sono convenzionalmente
sempre riconducibili all’ambito
delle prestazioni di servizi. Pertanto, ex articolo 6 del Dpr 633/1972 il
momento rilevante si realizza con
il pagamento della transazione. A
queste transazioni si applica sempre l’aliquota ordinaria del 22 per
cento. Inoltre, ex articolo 17 comma
2 del Dpr 633/1972, il committente
Cosa serve
Gli adempimenti
8 Nuova attività: entro 30 giorni,
tramite comunicazione unica
al Registro delle imprese,
iscrizione al Registro Cciaa e alla
gestione Inps; attribuzione della
partita Iva
8 Attività commerciale preesistente
con successiva attivazione di un
sito: inserimento del codice
attività “47.91.10” nella partita
Iva; comunicazione alla Camera
di commercio della nuova attività
di vendita al dettaglio per
corrispondenza
8 In ogni caso: comunicazione
all’agenzia delle Entrate
dell’indirizzo del sito web, dei
dati Isp, del recapito e-mail, del
numero di telefono e di fax;
iscrizione nel Vies; presentazione
della Scia allo Sportello unico per
le attività produttive del comune
nel quale si avvia l’attività
8 Commercio elettronico diretto
(on line): il committente italiano,
soggetto Iva, emette autofattura.
8 Commercio elettronico indiretto
(offline): operazioni assoggettate
al regime previsto per le vendite
per corrispondenza con esonero
fatturazione e certificazione;
obbligo annotazione registro dei
corrispettivi
italiano è tenuto ad emettere autofattura, da registrare nei registri Iva
acquisti e vendite, anche nel caso in
cui il soggetto estero abbia nominato in Italia un proprio rappresentante fiscale o si sia qui identificato
direttamente. Nel secondo caso, le
operazioni sono assoggettate al regime previsto per le vendite per
corrispondenza con conseguente
esonero dall’obbligo di fatturazione e certificazione.
Nel caso di cessioni effettuate in
Italia non è obbligatoria l’emissione
dello scontrino o della ricevuta fiscale, né della fattura, salva l’eventuale richiesta dell’acquirente. Resta invece l’obbligo di annotazione
sul registro dei corrispettivi.
Ormai da tempo l’Unione europea ha maturato una piena consapevolezza dell’importanza del fenomeno, promuovendo l’evoluzione e
l’armonizzazione del regime Iva del
commercio elettronico. In tale contesto i soggetti passivi che effettuano i servizi elettronici o i servizi di
telecomunicazione e tele - radiodiffusione (Tte) a favore di consumatori finali europei (B2C), possono
assolvere gli obblighi in materia di
Iva attraverso il portale telematico
denominato “Mini one Stop Shop” o
“Mini sportello unico”, cosiddetto
Moss (regolamento Ue 967/2012,
provvedimento agenzia Entrate 30
settembre 2014, protocollo 122854).
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Agevolazioni. Limite a 50mila euro l’anno
Credito d’imposta del 40% per l’infrastruttura
pL’esperienza insegna che nel
settore del commercio elettronico si assiste molto spesso alla creazione di nuove imprese. L’unica
agevolazione specifica per l’ecommerce attualmente in vigore
è prevista dall’articolo 3 della legge 116/2014, che prevede lo stanziamento di un credito d’imposta
pari al 40% delle spese sostenute
nella realizzazione e l’ampliamento di «infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico» dalle imprese manifatturiere
di prodotti agricoli, ittici e d’acquacoltura, con un limite di
50mila euro annui per impresa.
Le agevolazioni sotto descritte sono applicabili anche alle attività di commercio elettronico,
purché siano rispettati tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti. Al riguardo è opportuno
segnalare che in Italia, il regime
fiscale e societario delle start up
è particolarmente favorevole
nel caso di attività cosiddette innovative, ossia di società di capitali, anche in forma cooperativa, di diritto italiano o di società
europea residente in Italia, che
ha quale oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la
produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale
non siano quotate su un mercato
regolamentato o su un sistema
AD AMPIO RAGGIO
Possibile anche accedere
alle contribuzioni
per le start up innovative
e per l’assunzione
di ricercatori e tecnici qualificati
multilaterale di negoziazione.
Le agevolazioni previste per le
start up innovative sono di tipo
societario, finanziario e fiscale
(circolare agenzia Entrate 16/
E/2014). Con riferimento a tale
ultimo aspetto, il regime di favore, disposto dal Dl 179/2012 e dettagliato nel Dm 30 gennaio 2014,
prevede specifiche deduzioni e
detrazioni.
I soggetti beneficiari sono i
soggetti passivi dell’imposta sul
reddito delle persone fisiche (Irpef) ed i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone
giuridiche (Ires) che hanno effettuato, anche indirettamente attraverso l’aiuto di un Oicv o di
una società di capitali che investe
prevalentemente in start up innovative, un investimento agevolato nei tre periodi d’imposta
successivi a quello in corso al 31
dicembre 2012. È previsto l’eso-
nero dal pagamento dell’imposta
di bollo e dei diritti di segreteria
al momento dell’iscrizione della
start up innovativa e dell’incubatore certificato nella sezione speciale del registro delle imprese.
La start up innovativa e l’incubatore certificato sono altresì esenti dal pagamento del diritto annuale in favore delle Cciaa per
cinque anni.
Per gli anni dal 2013 al 2016, per
i soggetti passivi Irpef, è prevista
la possibilità di detrarre all’imposta lorda un importo pari al
19% della somma investita nel capitale sociale di una o più start up
innovative (nel limite massimo
di 500mila euro per ogni periodo
d’imposta). Negli stessi periodi
d’imposta non concorre alla formazione del reddito dei soggetti
passivi Ires – differenti dalle imprese start up innovative – il 20%
della somma investita nel capita-
le sociale di una o più start up innovative (l’investimento massimo deducibile non può eccedere
la somma di 1.800.000 euro in ciascun periodo d’imposta). Inoltre,
ex articolo 26 del citato Dl, tali attività sono esonerate dall’applicazione della normativa relativa
alle società non operative.
Infine, ex articolo 27bis del
medesimo Dl, è prevista l’erogazione di un contributo fruibile
sotto forma di credito di imposta (35% del costo aziendale con
tetto a 200mila euro annui) in favore delle imprese che effettuano nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato, in possesso
di dottorato di ricerca universitario o in possesso di laurea magistrale a carattere tecnico o
scientifico, impiegato in attività
di ricerca e sviluppo.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
5
La vendita a distanza
IL CONTRATTO
Informazioni dettagliate
per garantire il consumatore
Nei rapporti B2C
vessatoria
qualsiasi clausola
che comporta
oneri sbilanciati
Giusella Finocchiaro
Matilde Ratti
pIn
generale al commercio
elettronico è applicabile la disciplina sui contratti. Infatti, vendendo e acquistando prodotti
online si concludono contratti al
pari di quanto può accadere in un
negozio o nell’ambito di una trattativa tra imprese. Pertanto, se il
diritto applicabile all’accordo
concluso online è quello italiano,
le norme da tenere in considerazione sono innanzitutto quelle
del Codice civile.
La tutela del consumatore
Se colui che acquista tramite l’ausilio di un sito Internet è un consumatore, si applicano le regole più
specifiche contenute nel Codice
del consumo, previsto dal Dlgs
206/2005. In forza di tale normativa, il consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei
alla sua attività professionale. Ad
esempio, l’avvocato che acquista
un computer per lo studio legale è
qualificabile come professionista, mentre sarà un consumatore
qualora acquisti un computer destinato alla famiglia.
Quanto ai contratti conclusi
dal consumatore tramite l’utilizzo di un sito Internet, il Codice
del consumo prevede una tutela
particolare che si articola su tre
fondamentali direttrici: gli obblighi informativi rafforzati, la
tutela sostanziale costituita dalla
disciplina sulle clausole vessatorie e sul recesso e la tutela processuale.
Obblighi informativi rafforzati
Il Codice del consumo dedica
un’intera sezione ai contratti a distanza, ossia a quei contratti che
sono conclusi senza la presenza
simultanea delle parti, come avviene per i contratti conclusi online. In particolare, sono previsti alcuni oneri aggiuntivi in capo al
professionista a tutela della parte
debole del contratto, il consumatore. Il professionista è tenuto ad
adempiere agli obblighi informativi precontrattuali, fornendo al
consumatore informazioni più
dettagliate di quanto non sia richiesto per i contratti business to
business.
Anche in relazione alle clausole
vessatorie la disciplina prevista
dal Codice del consumo si differenzia da quella per i contratti
conclusi tra professionisti. Il Codice civile, che si applica per la
contrattazione business to business, prevede un numero chiuso
di clausole che possono considerarsi vessatorie. A titolo esemplificativo, sono vessatorie le clausole che stabiliscono la facoltà di
recedere dal contratto a favore di
colui che le ha predisposte.
Contratti B2B
Nei contratti business to business, le clausole vessatorie sono
efficaci solo se specificamente
approvate per iscritto. Per i contratti conclusi con il consumatore
è invece prevista una tutela più intensa. In base all’articolo 33 del
Codice del consumo, le clausole
vessatorie sono quelle previsioni
contrattuali che determinano un
significativo squilibrio di diritti e
di obblighi a carico del consumatore. Non è pertanto necessario
che la clausola rientri in una delle
categorie prestabilite dal Codice
civile. Può essere vessatoria qualsiasi clausola che imponga uno
svantaggio o comporti uno squilibrio contrattuale a carico del consumatore.
Sotto il profilo della validità,
LA PAROLA
CHIAVE
Contratti
a distanza
La conclusione di un contratto a
distanza, come da direttiva Ue
97/7/CE, può avvenire attraverso
qualunque mezzo utile (per telefono,
posta elettronica, catalogo,
eccetera) senza la presenza fisica e
simultanea delle parti del contratto.
La direttiva non si applica ai
contratti: relativi ai servizi finanziari;
conclusi tramite distributori
automatici o locali commerciali
automatizzati; conclusi con gli
operatori delle telecomunicazioni
impiegando telefoni pubblici;
relativi a beni immobili, ad
eccezione della locazione; conclusi
con vendita all’asta.
Il professionista deve fornire
informazioni chiare e comprensibili
al consumatore, entro un termine
sufficiente prima della stipula del
contratto ed è tenuto a rispettare i
principi di lealtà in materia di
transazioni commerciali e di
protezione delle persone incapaci di
manifestare il loro consenso
poi, il Codice del consumo prevede che le clausole vessatorie siano
radicalmente nulle (anche nel
contratto concluso on line), salvo
che il professionista provi che sono state oggetto di una specifica
trattativa intercorsa con il consumatore. Inoltre, il Codice del consumo prevede che talune clausole
vessatorie siano nulle anche nel
caso in cui sia provata l’avvenuta
trattativa con il consumatore. Si
tratta, ad esempio, delle clausole
volte ad escludere la responsabilità del professionista nel caso in cui
una sua omissione causi la morte
del consumatore o, ancora, delle
previsioni che comportino l’adesione del consumatore a condizioni contrattuali che egli non ha avuto la possibilità di conoscere.
Con riguardo al recesso è prevista a tutela del consumatore una
più favorevole disciplina, poiché
il consumatore dispone di quattordici giorni per recedere dal
contratto concluso on line.
La tutela processuale
Sotto il profilo della tutela processuale, il Codice del consumo stabilisce che il foro competente a dirimere le controversie che sorgono
in relazione a contratti on line conclusi con il consumatore è quello
della sua residenza o domicilio.
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Conclusione dell’accordo. Deve essere chiaro che si è passati dalle semplici informazioni all’acquisto del bene
Il click obbliga al pagamento
Francesco Delfini
pQuando per il contratto online
non è richiesta dalla legge la forma
scritta esso viene di frequente
concluso con il cosiddetto point
and click, cioè cliccando con il
mouse (o altro puntatore) su di un
“tasto virtuale” presente sullo
schermo del computer. Si tratta di
tecnica applicata nelle vendite on
line da parecchi decenni, da quando la disponibilità di un mouse è
diventata comune e che più di recente si è evoluta con l’impiego
dei touch screen dei tablet e degli
smartphone, nel cosiddetto mobile commerce .
Il pregiudizio giuridico che la volontà di vincolarsi contrattualmente dovesse esprimersi con un testo,
o con la firma di un testo, ha portato
in passato a dubbi sull’idoneità di
tale tecnica a concludere validamente il contratto on line.
Il commercio elettronico non ne
ha tuttavia sofferto, sia perché la rilevanza economica delle singole
vendite non ha incoraggiato un
contenzioso, sia perché la cautela
dei venditori, attenti a non spedire
merce ad indirizzi diversi da quelli
del titolare della carta di credito utilizzata per il pagamento, ha comunque garantito che all’eventuale
contestazione della validità del
contratto il venditore potesse opporre l’arricchimento comunque
conseguito dal cliente, che aveva ricevuto il bene pagato con l’utilizzo
della propria carta di credito.
Sotto il profilo giuridico, comunque, la validità del contratto concluso cliccando con il mouse su di
un tasto virtuale presente sullo
schermo del computer poteva giustificarsi già con le regole generali
del Codice civile, e così con il principio - ricavabile dal quarto comma
dell’articolo 1326 secondo cui
«Qualora il proponente richieda
per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa» - che
consente al venditore di prescrivere modalità e forme procedimentali per la conclusione del contratto.
Oggi il nuovo articolo 51, comma
2 del Codice del consumo, introdotto dal Dlgs 21/2014 in attuazione
dell’articolo 8, comma 2, della direttiva 2011/83/Ue, riconosce espressamente la validità del contratto
concluso con il point and click ma
prevede anche che il professionista
debba garantire la consapevolezza,
in capo al consumatore e al momento di inoltrare l’ordine, che l’ordine stesso implica l’obbligo di pagare e impone che «se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il
pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con
obbligo di pagare” o una formula-
zione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il
professionista».
Se tali prescrizioni non sono rispettate, e dunque se il consuma-
I focus del Sole 24 ORE
Settimanale - Reg. Tribunale
di Milano n. 170 del 07-06-2013
DIRETTORE RESPONSABILE
Roberto Napoletano
PROPRIETARIO ED EDITORE
Il Sole 24 Ore S.p.A.
SEDE LEGALE, REDAZIONE E DIREZIONE
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20151 Milano e Via Tiburtina Valeria,
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Stampa quotidiana S.r.l., via Galileo Galilei
280/A, località Fossatone, 40059 Medicina (BO)
L'Unione Editoriale S.p.A., via Omodeo s/n,
09030 Elmas (CA)
tore non è messo nella condizione
ci comprendere che da una fase informativa sul bene o servizio offerti sta passando alla conclusione del contratto, la norma prevede
che il consumatore non sia vincolato dal contratto o dall’ordine.
Tale più recente tutela del consumatore completa quella già prevista dall’articolo 12 Dlgs 70/2003
sul commercio elettronico, che
impone al predisponente il sito internet di fornire informazioni sui
«mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare
l’ordine al prestatore», così implicitamente imponendo al professionista di predisporre idonei
strumenti di revisione dell’ordine
prima dell’invio e di correzione di
eventuali errori nella manifestazione della volontà.
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6
I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
Il sito
GLI OBBLIGHI
Indicazioni certe sul prezzo
e sulla durata dell’accordo
I professionisti
devono indicare
i dati relativi
all’Ordine
di appartenenza
PAGINA A CURA DI
Giusella Finocchiaro
Matilde Ratti
pL’utilizzo del sito Internet co-
me vetrina per gli imprenditori e
per i professionisti è ormai pratica diffusa. Ma meno noto è che il
sito Internet deve contenere una
serie di informazioni, obbligatorie per legge.
La normativa applicabile alle attività economiche svolte online è di
fonte europea. Si tratta del Dlgs
70/2003 che ha dato attuazione alla
direttiva europea 2000/31/CE sul
commercio elettronico. La norma è
applicabile sia ai contratti business
to business, sia a quelli conclusi con
il consumatore.
La disciplina generale
In particolare, l’articolo 7 del decreto prevede che il prestatore
del servizio (società o persona fisica) debba fornire un elenco di
informazioni generali al destina-
tario. Fatti salvi gli obblighi informativi previsti per alcuni specifici beni e servizi, nonché gli obblighi imposti dalla normativa in materia di privacy (in Italia costituita
dal Codice per la protezione dei
dati personali, il Dlgs 196/2003),
devono essere fornite le informazioni che permettano di identificare correttamente il titolare del
sito Internet, quali il nome, la sede
e la partita Iva. È inoltre obbligatorio indicare un indirizzo di posta elettronica e gli estremi che
permettono di contattare il titolare del sito Internet con facilità.
Devono poi essere riportati in
modo chiaro ed inequivocabile i
prezzi e le tariffe dei servizi o dei
beni offerti, specificando se gli
importi indicati siano comprensivi o meno di imposte e costi aggiuntivi. Per i siti Internet dei professionisti, devono inoltre essere
presenti le indicazioni relative all’Ordine di appartenenza e il titolo professionale. Tutte le informazioni devono essere costantemente aggiornate e fornite in mo-
I DATI ESSENZIALI
Devono essere chiari
il titolare dello spazio web,
la sede e la partita Iva
insieme con le coordinate
per i contatti
Le informazioni
Principali informazionisul sito Internet
per i contratti business to consumer, fatte
salve le previsioni in materia di privacy
1. Caratteristiche principali dei beni o
servizi
2. Identità del professionista
3. Indirizzo geografico e i contatti del
professionista
4. Prezzo totale dei beni o dei servizi
comprensivo delle imposte
5. Modalità di pagamento, consegna e
esecuzione
6. Trattamento dei reclami
7. Esistenza o meno del diritto di
recesso e le condizioni di esercizio
8. Eventuali informazioni sul costo
della restituzione in caso di recesso
9. Esistenza della garanzia legale di
conformità per i beni
10. Durata del contratto
do facilmente accessibile sulla
pagina Internet.
Informazioni ai consumatori
Qualora ci si rivolga ai consumatori, occorre aggiungere ulteriori informazioni. La disciplina applicabile al commercio elettronico è quella prevista dal Codice
del consumo, il Dlgs 206/2005.
Gli accordi conclusi online rien-
trano tra i cosiddetti contratti a
distanza, quei contratti conclusi
senza la simultanea presenza
delle parti. Dunque, il consumatore deve ricevere sul sito Internet in maniera chiara e comprensibile le informazioni relative all’identità del professionista, all’indirizzo geografico di questi,
al prodotto offerto, al prezzo richiesto, alle modalità di paga-
mento e di consegna. Se esistono
spese aggiuntive per la spedizione o la consegna delle merci e il
professionista omette di menzionarle, il consumatore non è tenuto sostenerle. La stessa regola
vale anche per gli eventuali costi
di restituzione del bene acquistato. Il consumatore deve inoltre
essere informato delle modalità
con cui è possibile esercitare il
diritto di recesso dal contratto,
ove previsto.
Il Codice del consumo prevede
che tutte le informazioni debbano essere visionabili dal consumatore prima del perfezionamento del contratto. Ovviamente, tutte le indicazioni presenti
sul sito Internet sono vincolanti
per il professionista, in quanto, al
momento della conclusione dell’accordo online, divengono a
tutti gli effetti parte integrante
del contratto.
Infine, ad ulteriore tutela del
consumatore, il Codice del consumo prevede che l’onere della
prova circa l’avvenuto adempimento degli obblighi di informazione precontrattuale incomba
sul professionista.
Sarà questi, in sede di contenzioso, a dover dimostrare di aver
fornito al consumatore tutte le
informazioni previste per la contrattazione online.
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Marketing. Va indicato nell’oggetto se si tratta di proposte di sconti o concorsi a premi
L’e-mail o l’sms devono essere «trasparenti»
pL’utilizzo
di e-mail, sms, newsgroup, chat e altri mezzi elettronici
per raggiungere clienti e comunicare a
fini commerciali è un fenomeno rilevante dal punto di vista legale sotto più
profili. In linea generale, fatti salvi gli
obblighi deontologici, alle comunicazioni commerciali inviate nell’ambito
di un’attività economica svolta online,
sono applicabili alcune disposizioni
contenute nel Dlgs 70/2003.
Le comunicazioni commerciali devono contenere, sin dal primo invio, alcune informazioni obbligatorie. Deve
essere direttamente individuabile la
personaolasocietàpercontodellaquale la comunicazione è effettuata e deve
immediatamente potersi evincere che
si tratta di comunicazione commerciale. Poi deve essere indicato se la comunicazione costituisce un gioco, un concorso o un’offerta promozionale.
Ad esempio, nell’oggetto della email o nelle prime righe di un sms può
essere indicato che si tratta di propo-
ste di sconti o di concorso a premi.
citatadalclienteèacaricodelprestatore del servizio.
Difesa della privacy
Le comunicazioni non sollecitate
Nel caso in cui la comunicazione commerciale trasmessa via posta elettronica non sia stata richiesta dal destinatario, si applicano alcune disposizioni
a tutela della privacy del ricevente. Il
messaggio, oltre ad essere identificabile come comunicazione commerciale in modo chiaro e inequivocabile,
deve contenere l’indicazione che il destinatario potrà opporsi a ricevere tali
comunicazioni in futuro. In caso di
contraddittorio, la prova che la comunicazione commerciale era stata solle-
LO SBARRAMENTO
La telefonata ai fini di vendita
o per ricerche di mercato
è consentita solo nei confronti
di chi non è iscritto al Registro
pubblico delle opposizioni
La protezione dei dati personali
Ferma restando l’applicazione delle
norme esaminate, va ricordato che
l’invio di comunicazioni commerciali
via e-mail o sms costituisce un trattamento di dati personali ai sensi della
normativa sulla privacy. Numero telefonico o indirizzo e-mail del destinatario rientrano nell’ampia definizione di
dato personale fornita dal Codice sulla
protezionedeidatipersonali.Secondo
il Codice, l’invio di messaggi di posta
elettronica, mms, sms o di messaggi di
tipo automatizzato per vendita diretta
o comunicazione commerciale è consentito solo con il consenso del destinatario. Ma se questi è già cliente e ha
fornito il suo indirizzo di posta elettronica, il titolare del sito Internet può inviare e-mail per la vendita di prodotti o
servizi analoghi a quelli già acquistati.
È in ogni caso obbligatorio informare
01 TUTELADATIPERSONALI
Occorre ricordare che l’invio di
comunicazioni commerciali
attraverso e-mail o sms costituisce
un trattamento di dati personali ai
sensi della normativa in materia di
privacy . Il numero telefonico o
l’indirizzo e-mail del destinatario
rientrano nella definizione fornita
dal Codice in materia di protezione
dei dati personali.
02 CONTATTINONRICHIESTI
Nel caso di comunicazioni
commerciali non richieste dal
destinatario si applicano le tutele
sulla privacy del ricevente. In caso
di contraddittorio, la prova che la
comunicazione era stata
sollecitata dal cliente è a carico di
chi presta il servizio.
adeguatamente il cliente, e questi può
sempre opporsi all’utilizzo del suo indirizzo e-mail.
Le telefonate a fini commerciali
Qualora le comunicazioni commerciali siano effettuate tramite l’ausilio di
telefonate,ilregimeprevistodallanormativa privacy è quello dell’opt out.
Con il Dpr 178/2010 è stato istituito il
Registro pubblico delle opposizioni
con il quale gli abbonati agli elenchi telefonici possono esercitare il diritto di
opt out. La comunicazione telefonica
ai fini commerciali, promozionali o
per il compimento di ricerche di mercato è consentita solo nei confronti di
chinonrisultiiscrittoalRegistro.Incaso di violazione del diritto di opporsi
alla ricezione di chiamate telefoniche
a fini commerciali o promozionali, il
Codice di protezione dei dati personali prevede una sanzione che va da
10mila a 120mila euro.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
7
Firma «virtuale»
TUTELA DELLE PARTI
La sigla digitale dei contratti
ha il valore di forma scritta
Le sottoscrizioni
hanno diverso peso
a seconda del livello
di identificazione
dell’acquirente
Giusella Finocchiaro
Matilde Ratti
pIn relazione alla forma del contratto, negli ordinamenti giuridici
occidentali vige sin dal Medioevo il
principio della libertà delle forme. Il
Codice civile ha fatto proprio questo
principio consentendo alle parti di
scegliere di concludere i loro accordi nella forma che ritengono più opportuna. Di conseguenza un contratto può essere concluso sia in forma scritta sia in forma orale. Naturalmente, questo principio è
applicabile anche ai contratti conclusi in rete, nell’ambito del commercio elettronico.
Il contratto Codice civile
Il Codice civile impone l’obbligo
della forma scritta soltanto per alcuni particolari contratti. È il caso, ad
esempio, delle donazioni. La forma
scritta può essere richiesta affinché
il contratto sia valido e vincolante
PAROLA
CHIAVE
a
Firma
elettronica
La firma digitale - equivalente
elettronico della tradizionale firma
autografa su carta - è associata
stabilmente al documento
elettronico sul quale è apposta e ne
attesta con certezza integrità,
autenticità, non ripudiabilità. Il
documento così sottoscritto assume
piena efficacia probatoria.La firma
digitale consente di scambiare in
rete documenti con piena validità
legale. Possono dotarsi di firma
digitale tutte le persone fisiche:
cittadini, amministratori e
dipendenti di società e pubbliche
amministrazioni. Per dotarsi di
firma digitale è necessario
rivolgersi ai certificatori accreditati
autorizzati da Agenzia per l’Italia
digitale (AgID) che garantiscono
l’identità dei soggetti che utilizzano
la firma digitale.
tra le parti (e in questo caso si parla di
forma scritta ad substantiam). Ad
esempio, l’articolo 1350 del Codice
civile richiede la forma scritta pena
la nullità del contratto per gli accordi aventi ad oggetto beni immobili.
Com’è noto, il contratto di compravendita di un appartamento deve essere stipulato per atto scritto. In altri
casi la forma scritta è richiesta per
dare prova dell’avvenuta conclusione del contratto (si parla di forma
scritta ad probationem). È così, ad
esempio, per i contratti assicurativi.
Talvolta poi sono i contraenti che
hanno interesse a concludere il contratto in forma scritta, poiché la prova in giudizio delle condizioni contrattuali e della data di conclusione
del contratto è certamente più agevole potendo disporre di un documento sottoscritto dalle parti. In tutti i casi in cui la forma scritta è richiesta o preferibile, si pone dunque il
problema dell’idoneità dei contratti
conclusi online ad integrare il requisito della forma scritta.
garantire, rispetto alla firma elettronica semplice, un più elevato livello
di sicurezza sull’identità del firmatario. La firma qualificata, poi, è un
particolare tipo di firma elettronica
avanzata, mentre la firma digitale è
una firma basata su una tecnologica
specifica (la crittografia a chiavi
asimmetriche).
Nel caso della vendita di un prodotto online tramite un sito Internet, il contratto avrà forma scritta se
l’utente che ha effettuato l’acquisto
è stato identificato tramite l’apposizione di una firma elettronica avanzata, qualificata o digitale. Ma vi è
una differenza tra queste tre firme,
poiché la firma elettronica avanzata
non può essere utilizzata in relazione a una particolare categoria di atti.
Infatti, in base al Codice dell’amministrazione digitale, gli atti per cui è
richiesta la forma scritta a pena di
nullità che hanno ad oggetto beni
immobili possono essere validamente firmati solo con firma elettronica qualificata o con firma digitale.
In sintesi
01 OBBLIGO FORMA SCRITTA
Il Codice civile impone l’obbligo
della forma scritta soltanto per
alcuni particolari contratti. È il caso,
ad esempio, delle donazioni. La
forma scritta può essere richiesta
affinché il contratto sia valido e
vincolante tra le parti. E’ richiesta
forma scritta, pena la nullità, per
accordi aventi a oggetto beni
immobili.
02 FIRMA SEMPLICE
Il documento informatico al quale è
apposta la firma elettronica
semplice è liberamente valutabile
dal giudice: potrà stabilire se il
documento sottoscritto in tal modo
integri o meno il requisito della
forma scritta.
03 LA GARANZIA
Per essere certi che il documento
informatico integri il requisito della
forma scritta, è necessario utilizzare
una firma elettronica avanzata,
qualificata o digitale. In tal caso il
Codice dell’amministrazione
digitale assicura piena equivalenza
con la forma scritta cartacea.
04 VENDITA ONLINE
Nel caso della vendita di un prodotto
online tramite sito Internet, il
contratto avrà forma scritta ai sensi
di legge se l’utente che avrà
effettuato l’acquisto è stato
identificato tramite l’apposizione di
una firma elettronica avanzata,
qualificata o digitale.
05 BENI IMMOBILI
Gli atti per cui è richiesta la forma
scritta. pena la nullità, che hanno a
oggetto beni immobili possono
essere validamente sottoscritti solo
con firma elettronica qualificata o
digitale.
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Le firme elettroniche
Il Dlgs 82/2005, il Codice dell’amministrazione digitale, ha disciplinato
il valore giuridico del documento
informatico e delle firme elettroniche. In particolare, il decretoha previsto quattro tipi di firme elettroniche, che si differenziano per caratteristiche tecniche e sicurezza, e
che diversamente integrano il requisito della forma scritta. Le firme
riconosciute nel nostro ordinamento sono ad oggi la firma elettronica
semplice, la firma elettronica avanzata, la firma elettronica qualificata
e la firma digitale. La firma elettronica semplice può essere ad esempio una password. Il documento informatico a cui è apposta una firma
elettronica semplice è liberamente
valutabile dal giudice. Egli potrà
dunque stabilire in giudizio se il documento elettronico sottoscritto
con firma elettronica semplice integri o meno il requisito della forma
scritta.
Per essere certi che il documento
informatico integri il requisito della
forma scritta, è invece necessario
adoperare una firma elettronica
avanzata, qualificata o digitale. Per
queste firme, il Codice dell’amministrazione digitale assicura infatti
piena equivalenza con la forma
scritta cartacea. Pertanto, un contratto bancario ben potrà essere validamente concluso con l’apposizione di una di queste tre firme. Ad
esempio, con la cosiddetta firma
grafometrica. La firma elettronica
avanzata è definita dal Codice dell’amministrazione digitale come un
processo complesso di identificazione del firmatario che deve anche
Gli obblighi del venditore. I rimedi del Codice del consumo
Se il bene ha vizi o difetti
opera la garanzia di conformità
Giusella Finocchiaro
Annarita Ricci
pLe garanzie sono i rimedi previ-
sti dalla legge a favore del contraente per i vizi, cioè per i difetti materiali o funzionali, del bene consegnato o del servizio reso. Le garanzie sono disciplinate dal Codice
civile e dal Codice del consumo,
qualora il contraente sia un consumatore (vedi sopra).
Nel commercio elettronico, dove la maggiore parte dei contratti è
costituita da contratti di vendita, le
garanzie hanno ad oggetto i vizi
della cosa venduta. Ma, ovviamente, qualora di vendita non si tratti,
opereranno le garanzie dettate per
quello specifico tipo contrattuale o
per un contratto ad esso assimilabile. Ad esempio, nel caso di licenza di software, le garanzie dettate
dal codice civile per il contratto di
locazione.
Beni di consumo
Nella vendita dei beni di consumo,
che costituisce il caso più frequente
nel commercio elettronico, alla garanzia legale, prevista appunto dal
Codice del consumo, si può aggiungere una garanzia convenzionale
prestata dal fornitore. Ma la portata
della garanzia legale non può essere esclusa né diminuita.
Gli articoli 129 e seguenti del Codice del consumo dettano il contenuto della garanzia legale di conformità. Il venditore ha obbligo di
consegnare beni conformi al contratto di vendita: si presumono tali i
beni idonei all’uso cui servono abitualmente beni dello stesso tipo; i
beni che sono conformi alla descrizione fatta dal venditore; i beni che
presentano le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi; i beni che sono idonei all’uso particolare voluto
dal consumatore e dichiarato al
venditore. Il difetto derivante dall’imperfetta installazione del bene
è equiparato al difetto di conformità, quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è
stata effettuata dal venditore o comunque sotto la sua responsabilità.
Il venditore è responsabile per
qualsiasi difetto di conformità che
si manifesti entro due anni dalla
consegna del bene e che gli venga
denunciato dal consumatore entro
il termine (di decadenza) di due
mesi dalla scoperta. Non sussistono vincoli di forma per la denuncia
del difetto di conformità. La garanzia legale è oggetto di uno specifico
diritto del consumatore: conseguentemente, è nulla un’eventuale
pattuizione contrattuale per escludere o limitare detta garanzia.
I rimedi
Se c’è un difetto di conformità, il
consumatore ha diritto a sua scelta
alla riparazione del bene o alla sua
sostituzione, sempre che il rimedio
richiesto non sia oggettivamente
impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro. Il venditore
deve provvedere entro un congruo
termine dalla richiesta e senza arrecare eccessivi inconvenienti al
consumatore. Il consumatore, può
chiedere la riduzione del prezzo o
la risoluzione del contratto, ma solo se siano impossibili o eccessivamente onerose la riparazione e la
sostituzione, se il venditore non abbia provveduto ad esse entro un
congruo termine, o se l’avvenuto
intervento ripristinatorio sia stato
fonte di notevoli inconvenienti per
il consumatore.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
Il pagamento
EFFICACIA E LIMITI
La moneta elettronica consente
di perfezionare l’operazione
Le regole fissate
dall’Unione europea
non si applicano
a valute come bitcoin
o linden dollar
PAGINA A CURA DI
Fabio Bravo
pI pagamenti elettronici non sono
un fenomeno recente, ma solo con lo
sviluppo dell’e-commerce e con il processo di integrazione tra tecnologie
diverse (Internet, cards, mobile) hanno assunto un’importanza decisiva
per la realizzazione del mercato unico.
La Ue è intervenuta più volte per
disciplinare gli e-payments, creando
l’area unica dei pagamenti in euro
(Sepa) e armonizzando le norme sui
servizi di pagamento e sulla moneta
elettronica, rispettivamente con la
direttiva 2007/64/Ce (Payment service directive) e 2009/110/Ce (E-money directive). A queste s’è data attuazione con i Dlgs 11/2010 e 45/2012,
con novellazione del Testo unico
bancario (Tub) e ingresso di nuovi
intermediari sul mercato: gli Imel
(Istituti di moneta elettronica) e gli
Istituti di pagamento.
A tali norme si aggiungono quelle
dettate in materia di privacy e tutela
dei consumatori nei contratti a distanza, nonchè quelle, di portata più generale, sul diritto delle obbligazioni.
L’efficacia solutoria
Al riguardo una prima questione che si
poneèquellarelativaall’efficaciasolutoria connessa al loro utilizzo.
Aderendo ad un’interpretazione
evolutiva dell’articolo 1277 del Codice
civile, è da preferire la tesi che ravvisa
nell’utilizzo dei servizi di pagamento,
inclusa la moneta elettronica, un’ipotesi di esatto adempimento dell’obbligazione pecuniaria ex articolo 1218 del
Codice civile, rispetto al rilievo che il
legislatore, nel riferirsi alla «moneta
avente corso legale nello Stato», non
ha inteso fare riferimento solamente
al trasferimento del solo denaro contante, ma anche alla moneta scritturale, con cui viene assicurata al debitore
la disponibilità delle somme di denaro
dedotte nell’obbligazione pecuniaria
(il cui valore complessivo è calcolato,
sulla base del principio nominalistico,
per un importo corrispondente a quello risultante dal titolo, secondo i valori
monetari stabiliti dallo Stato con
l’emissione della carta moneta, che assume il valore di monetary unit).
Questa ultima interpretazione è
oggi confermata dall’evoluzione dell’ordinamento giuridico (esempio
divieto di utilizzo del contante per
pagamenti di importo superiore a
999,99 euro, contemplato dalla normativa antiriciclaggio; pagamenti
elettronici per la Pa ex articolo 5 del
Cad).
La necessità che il debitore utilizzi
solo i servizi di pagamento acconsentitidalcreditore,èdaricondurrenonal
consenso richiesto per la datio in solutum (1197 del Codice civile), ma, nell’ambito del dovere di buona fede, nell’adempimento dell’obbligazione (articolo 1375 del Codice civile), a cui fa
ora da contraltare l’ obbligo per il fornitore di beni e servizi (ex articolo 15
del Dl 179/2012, convertito dalla legge
221/2012) di accettare anche pagamenti con carte di debito.
Si tratta, in realtà, di un onere a cui il
creditore è tenuto per evitare gli effetti
della mora (articolo 1207 del Codice civile) e della liberazione del debitore
(articolo 1210 del Codice civile).
Il punto
MARKA
01 MONETA ELETTRONICA
La moneta elettronica (articolo 1,
comma 2, h-ter, del Testo unico
bancario) è il valore monetario
memorizzato elettronicamente
(inclusa la memorizzazione
magnetica), rappresentato da un
credito nei confronti dell’emittente,
emesso per effettuare operazioni di
pagamento (ai sensi del Dlgs
11/2010), accettato da persone
fisiche e giuridiche diverse
dall’emittente
02 NEUTRALITÀ
L’attuale definizione di moneta
elettronica è tecnicamente neutra.
Non richiede che la memorizzazione
del valore monetario avvenga
necessariamente su un dispositivo.
Possono aversi soluzioni diverse
(esempio carte “prepagate”, moneta
elettronica online)
Criptovalute e monete virtuali
Il discorso muta con riguardo alle criptovalute (bitcoin) e alle monete virtuali, del tutto estranee al concetto di
moneta avente corso legale nello Stato, previsto dall’articolo 1277 del Codice civile. Ove offerte per l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria,
troverebbe applicazione l’articolo
1197 del Codice civile in tema di datio in
solutum. L’effetto solutorio per esatto
adempimento potrebbe semmai aversi solo nel caso in cui l’oggetto della
prestazione voluta dalle parti non sia il
pagamento di un’obbligazione pecuniaria, ma direttamente la cessione di
un dato quantitativo di criptomoneta
o di moneta virtuale.
Una più articolata e organica disciplina è stata introdotta con il Dlgs
11/2010, applicabile ai servizi di pagamento, inclusa la moneta elettronica,
prestati in euro o nella valuta ufficiale
di uno Stato membro non appartenente all’area euro, o di uno Stato appartenente allo Spazio economico europeo.
Non si applica dunque ai servizi di pagamento basati su strumenti alternativi alle valute ufficiali (esempio bitcoin, linden dollar).
La disciplina, che va integrata con le
norme sulla moneta elettronica ora inserite nel Tub, si sofferma specificamente, tra l’altro, sui diritti e obblighi
delle parti (prestatore e utilizzatore
del servizio di pagamento), di notevole rilevanza da un punto di vista privatistico, anche per ciò che attiene alla
contestazione delle operazioni non
autorizzate o eccedenti quelle autorizzate, alla ripartizione dei rischi e
delle perdite, agli adempimenti da
porre in essere, alla ripartizione dell’onere della prova, al regime del rimborso e ai termini di decadenza entro
cui richiederlo.
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03 EMITTENTI
La moneta elettronica può essere
emessa da banche, Imel, Bce, banche
centrali comunitarie, Stato italiano e
altri Stati membri, Pubbliche
amministrazioni statali, regionali e
locali, nonchè Poste italiane
04 ASSENZA DI INTERESSI
La ricezione di fondi per l’emissione
della moneta elettronica non
costituisce raccolta di risparmio e
non comporta la produzione di
interessi o di altri benefici
commisurati alla giacenza della
moneta elettronica presso l’emittente
05 RIMBORSO
Il detentore conserva in ogni
momento il diritto al rimborso delle
somme memorizzate, al valore
nominale e al netto dei pagamenti
effettuati e delle spese, secondo le
modalità e le condizioni indicate nel
contratto di emissione. Il diritto al
rimborso è esercitabile a richiesta e si
estingue per prescrizione ordinaria
(decennale)
La tutela. Sarà il prestatore a dover dimostrare la regolarità della procedura seguita
Rimborsati i pagamenti non autorizzati
pI diritti e gli obblighi posti a cari-
co del prestatore e dell’utilizzatore
sono riconducibili a principi di rilevanza generale: sicurezza, gestione
del rischio, consenso e vicinanza
della prova.
Quanto al primo, il Dlgs 11/2010 richiede che il prestatore si conformi ad
elevati standard di sicurezza nella
consegna e gestione dello strumento,
da specificare nel contratto con l’utilizzatore, affinchè questi possa attenervisi; preveda accorgimenti tecnici
che consentano l’utilizzo dello strumento da parte del solo utilizzatore
(esempio mediante dispositivi personalizzati); assuma i rischi connessi alla consegna e alla spedizione; assicuri
all’utilizzatore gli strumenti per eseguire la comunicazione di smarrimento, furto, appropriazione indebita
o uso non autorizzato dello strumento
di pagamento, prevista all’articolo 7;
impedisca che lo strumento di pagamento possa essere utilizzato successivamente alla predetta comunicazione (articolo 8).
L’utilizzatore, invece, è tenuto a
usare lo strumento in conformità ai
termini esplicitati nel contratto, regolanti l’emissione e l’uso; adottare
le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati
che consentono l’utilizzo dello strumento; effettuare la citata comunicazione senza indugio, con le modalità previste nel contratto, ove si verifichino i predetti eventi pregiudizievoli (articolo 7).
Al principio di sicurezza si ricollega
quello di gestione del rischio, volto a
stimolare i comportamenti più efficienti. Così, in caso di smarrimento,
sottrazione e indebito utilizzo dello
strumento di pagamento, le perdite
saranno sopportate per intero dal prestatore, solo se successive alla comunicazione. Se precedenti ad essa, graveranno sull’utilizzatore nei limiti
della soglia contrattualmente prevista (non superiore a 150 euro) e sul prestatore per l’eccedenza. Risponderà
tuttavia per l’intero: il prestatore che
non abbia reso disponibili all’utilizzatore adeguati strumenti per effettuare
tale comunicazione, ovvero l’utilizzatore che non abbia adempiuto con dolo o colpa grave agli obblighi richiesti
dall’articolo 7 (di utilizzare lo strumento in conformità con le prescrizioni contrattuali, di comunicare senza indugio gli avvenimenti pregiudizievoli e di adottare misure idonee a
garantire la sicurezza dei dispositivi
personalizzati).
Altro principio cardine è quello del
consenso, richiesto per poter considerare autorizzata un’operazione. Va
prestato nella forma e con le procedure dedotte nel contratto e, ove non diversamente concordato, deve precedere l’esecuzione dell’operazione di
pagamento. Finché non sia stato trasmesso al beneficiario l’ordine di pagamento, ne è ammessa la revoca (articoli 5 e 17). L’utilizzatore ha diritto al
rimborso immediato in caso di operazioni non autorizzate (incluso quelle
revocate) o eseguite in modo inesatto
(articoli 9 e 11).
Quanto al regime probatorio, ove
l’utilizzatore neghi di aver autorizzato
l’operazione di pagamento, o sostenga
chenonsiastatacorrettamenteeseguita, spetterà al prestatore provare che
l’operazioneèstataautenticata,correttamente registrata e contabilizzata e
che non ha subito le conseguenze del
malfunzionamento delle procedure
necessarie per la sua esecuzione o altri
inconvenienti, ma l’utilizzo dello strumentodipagamentoregistratodalprestatore non è sufficiente a dimostrare
che l’operazione sia stata autorizzata
dall’utilizzatore, nè che questi abbia
agito fraudolentemente o con colpa
grave in violazione degli obblighi, anche di sicurezza, su di lui gravanti.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole
9
Il recesso
REGOLE E PROCEDURE
Entro due settimane si può
cambiare idea sull’acquisto
Consentita
la restituzione
della merce
senza dover dare
alcuna spiegazione
PAGINA A CURA DI
Giusella Finocchiaro
Alessandro Candini
pIn generale, nel diritto dei con-
tratti, il diritto di recesso consiste nella facoltà riconosciuta ad una delle
parti contraenti di sciogliere unilateralmente il contratto.
Nonostante nel linguaggio comune spesso si utilizzino quasi come sinonimi, il recesso si distingue dalla risoluzione e dalla rescissione che sono disciplinati da norme specifiche.
Nel commercio elettronico si
prevede un particolare diritto di recesso a tutela del consumatore.
Secondo il Codice del consumo
(Dlgs 206/2005), il consumatore ha
il diritto di recedere entro il termine
ordinario di 14 giorni che decorrono
dalla conclusione del contratto (nel
caso di contratti di servizi), oppure
dal giorno in cui il consumatore riceve i beni.
Tuttavia, se il professionista non
fornisce al consumatore le informa-
zioni sul diritto di recesso, il termine
per il valido esercizio del diritto
stesso è prorogato a dodici mesi decorrenti dalla fine del periodo di recesso iniziale.
L’esercizio del diritto di recesso
può avvenire, senza particolari formalità, utilizzando il modulo predisposto dal legislatore e allegato al Codice del consumo oppure, in modo
più immediato, attraverso una qualsiasi dichiarazione scritta della decisione di recedere dal contratto. In
ogni caso, tenuto conto del fatto che la
prova dell’avvenuta ricezione da parte del professionista grava sul consumatore, è preferibile che il recesso sia
trasmesso a mezzo raccomandata
con ricevuta di ritorno, posta elettronica certificata o altri mezzi idonei a
dimostrare l’avvenuto invio.
Obblighi del professionista
Il professionista deve rimborsare tutti i pagamenti ricevuti dal consumatore eventualmente comprensivi
delle spese di consegna, senza indebito ritardo e comunque entro 14 giorni
dalla data in cui è informato della decisione del consumatore di recedere
dal contratto.
Con riguardo ai contratti di vendita, il professionista può trattenere il
rimborso finché non abbia ricevuto la
merce oppure finché il consumatore
non abbia dimostrato di aver rispedito i beni, a seconda di quale situazione
si verifichi per prima.
Obblighi del consumatore
Il consumatore che esercita il diritto
di recesso è tenuto a restituire i beni o
a consegnarli al professionista entro
14 giorni dalla data in cui ha comunicato al professionista la sua decisione
di recedere dal contratto senza dover
dare alcuna spiegazione in ordine ai
motivi sottesi all’esercizio del diritto
di recesso. Il costo diretto della restituzione dei beni è posto dalla legge a
carico del consumatore, salvi diversi
accordi tra le parti.
Una diversa disciplina è riservata,
tuttavia, nel caso di contratti aventi
ad oggetto beni che, per loro natura,
non possono essere normalmente restituiti a mezzo posta (ad esempio gli
acquisti di elettrodomestici di medie
o grandi dimensioni). Se la consegna
di tali beni era avvenuta presso il domicilio del consumatore il professionista dovrà ritirare i beni a sue spese.
Possibilità di aprire la merce
Una questione a cui viene posta
grande attenzione dagli operatori
commerciali è quella della possibilità, per il consumatore, di visionare
la merce consegnata. Deve ritenersi
lecito che il consumatore apra il plico o la custodia del bene acquistato
usando la merce per stabilire la natura, le caratteristiche e il funzionamento dei beni.
Per contro, l’utilizzo della merce
per finalità diverse comporta la responsabilità del consumatore per
ATTENTI A...
Alimentari non restituibili
È bene prestare particolare
attenzione negli acquisti on line,
anche se il diritto di recesso è
certamente una tutela per i
consumatori che possono
avvalersi di un meccanismo
congegnato per rendere più sicuri
gli spazi di manovra all’interno di
una compravendita a distanza che,
di fatto, si svolge in un ambiente
virtuale. Ma il diritto di recesso
non si applica ai contratti
riguardanti generi alimentari, beni
confezionati su misura o
chiaramente personalizzati,
prodotti audiovisivi o software
informatici sigillati che sono stati
aperti dopo la consegna, giornali,
periodici e riviste (ad eccezione
dei contratti di abbonamento),
oppure ai contratti di servizi di
alloggio per fini non residenziali,
di trasporto, di ristorazione e
relativi al tempo libero qualora il
contratto preveda una data o un
periodo di esecuzioni specifici.
Recesso escluso anche per alcune
ipotesi residuali indicate
all’articolo 59 del Codice del
consumo.
l’eventuale diminuzione di valore arrecata alla cosa.
I contratti accessori
Se il consumatore esercita diritto di
recesso da un contratto a distanza sono risolti di diritto anche i contratti
accessori senza costi per il consumatore stesso. Se ha acquistato un bene
facendo ricorso ad un finanziamento,
l’esercizio del diritto di recesso per il
bene acquistato determina il recesso
anche dal contratto di finanziamento
collegato. Questa regola non si applica nei casi di prestazione di servizi o
di fornitura di beni come acqua, gas,
energia elettrica, etc., limitatamente
ai consumi effettuati.
Diritto di recesso
Il diritto di recesso non si applica ai
contratti riguardanti generi alimentari, beni confezionati su misura o
chiaramente personalizzati, prodotti
audiovisivi o software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la
consegna, giornali, periodici e riviste
(ad eccezione dei contratti di abbonamento), oppure ai contratti di servizi di alloggio per fini non residenziali, di trasporto, di ristorazione e relativi al tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo
di esecuzioni specifici. Recesso
escluso anche per alcune ipotesi residuali indicate all’articolo 59 del Codice del consumo.
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Prodotti finanziari. Se il consumatore ha comunque usufruito del servizio deve versare il corrispettivo concordato
Assicurazioni online, 30 giorni per disdire
pNella commercializzazione a di-
stanza di servizi finanziari ai consumatori è riconosciuto il diritto di recedere entro 14 giorni senza penali e
senza indicare il motivo. Tale termine è esteso a 30 giorni per i contratti a
distanza aventi per oggetto le assicurazioni sulla vita e le operazioni
aventi ad oggetto schemi pensionistici individuali.
Il termine decorre dalla data di
conclusione del contratto oppure
dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari relative al
servizio e al fornitore previste dagli
articoli 67 quater e seguenti del Codice del consumo.
Durante la pendenza del termine
entro cui il consumatore può esercitare il diritto di recesso l’efficacia del
contratto è sospesa e pertanto il fornitore del servizio deve astenersi dall’effettuare la prestazione dedotta in
contratto.
È previsto, tuttavia, che il consumatore possa richiedere di usufruire
del servizio anche prima del decorso
del termine di sospensione previsto.
In questo caso, ove il recesso sia
comunque esercitato, il consumatore è tenuto a corrispondere soltanto
l’importo del servizio finanziario effettivamente prestato dal fornitore
conformemente al contratto a distanza, purché sia stata data idonea
informazione dell’entità del corrispettivo da versare.
Tale corrispettivo non può eccedere un importo proporzionato all’importanza del servizio già fornito
PENALITÀ
Il fornitore che ostacola
l’uscita dal contratto
o non rimborsa le somme
è punito con sanzione
da 5mila a 50mila euro
in rapporto a tutte le prestazioni previste dal contratto a distanza e in ogni
caso non può essere di entità tale da
costituire una penale “mascherata”.
L’onere della prova, sia in ordine
alla richiesta di inizio di esecuzione
sia in relazione all’adempimento degli oneri informativi, è a carico del
fornitore.
Anche per i contratti finanziari è
previsto in capo al fornitore l’obbligo
di rimborsare al consumatore, entro
trenta giorni, tutti gli importi eventualmente incassati in conformità
del contratto a distanza, ad eccezione
dell’importo proporzionato al servizio prestato come sopra precisato.
L’efficacia del recesso nei contratti di finanziamento resta in ogni caso
subordinata alla restituzione da parte del consumatore dei beni o degli
importi ricevuti dal fornitore entro
30 giorni.
Salvo che il fatto costituisca reato,
il fornitore del servizio finanziario
In sintesi
01 IL TERMINE
Il termine decorre dalla data di
conclusione del contratto
oppure dalla data in cui il
consumatore riceve le
condizioni contrattuali e le
informazioni preliminari
relative al servizio e al fornitore
previste dagli articoli 67 quater
e seguenti del Codice del
consumo
02 L’EFFICACIA
Va chiarito che l’efficacia del
recesso nei contratti di
finanziamento resta in ogni
caso subordinata alla
restituzione da parte del
consumatore dei beni o degli
importi ricevuti dal fornitore
entro 30 giorni
che ostacola l’esercizio del diritto di
recesso oppure che non rimborsa le
somme da questi pagate è punito con
la sanzione amministrativa pecuniaria, per ciascuna violazione, da euro
5mila a 50mila euro. Si tratta di importi che, nei casi di particolare gravità,
possono essere raddoppiati. È inoltre disposta la sanzione della nullità
nel caso in cui il fornitore violi gli obblighi di informativa precontrattuale
in modo da alterare significativamente la rappresentazione delle relative caratteristiche.
La nullità del contratto è comminata dal legislatore anche nel caso in
cui il fornitore ostacoli l’esercizio del
diritto di recesso da parte del contraente oppure non rimborsi nei termini
previsti le somme da questi pagate.
Tale previsione è da ricondurre alle
ipotesi di nullità di protezione, potendo essere fatta valere solo dalla
parte debole del rapporto.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
10 E-commerce, tutte le regole
La protezione
LE CONTROVERSIE
Ricorso collettivo o individuale:
la scelta spetta a chi acquista
La via amministrativa
non preclude
la successiva
possibilità di adire
la giustizia ordinaria
PAGINA A CURA DI
Alberto Gambino
Martina Provenzano
pPer
tutelarsi il consumatore
può scegliere se adire le vie legali in
modo collettivo, per mezzo delle
associazioni dei consumatori e degli utenti, oppure individualmente.
Egli, inoltre, ha la possibilità di optare per la tutela amministrativa,
giurisdizionale o extragiudiziale.
Il sistema messo in campo è, dunque, un sistema flessibile, che consente al consumatore di scegliere il
IL GIUDIZIO
Lacompetenzaaintervenire
neiconfrontidiunprofessionista
perpratichescorrette
spettaall’autorità
perlaconcorrenza
tipo di tutela che ritiene più opportuno; inoltre, il previo esperimento
della tutela amministrativa, non
preclude quella giurisdizionale, essendo possibile proporre un’azione risarcitoria o restitutoria autonoma dalla pretesa eventualmente
avanzata in via amministrativa.
I nuovi diritti dei consumatori
L’innovazione tecnologica ha comportato l’affermazione di nuovi
prodotti e servizi sul mercato e ha
contribuito all’incremento delle
potenzialità degli strumenti informatici come mezzi di contrattazio-
ne: da qui il commercio elettronico
che, per sua natura, rientra tra le tecniche di negoziazione a distanza.
Il coordinamento delle norme
La rapida diffusione del fenomeno,
ha imposto al legislatore di occuparsi del consumatore, parte debole nella contrattazione per via telematica, specie quando vittima di
pratiche commerciali scorrette e
ingannevoli, ossia contenenti informazioni non rispondenti al vero, o aggressive, cioè limitative della libertà di scelta commerciale e, in
ogni caso, contrarie alla diligenza
professionale e idonee a falsare il
comportamento economico del
consumatore medio.
A tal fine è stato ritenuto necessario un coordinamento tra la disciplina del commercio elettronico
(Dlgs 70/2003, attuativo della direttiva 2000/31/Ce) e quella contenuta all’interno del Codice del consumo, recentemente modificato dal
Dlgs 21 del 21 febbraio 2014 (in attuazione della direttiva 2011/83/Ue).
Lo spartiacque normativo
In relazione alla disciplina della tutela in via amministrativa, dopo il
Dlgs 21/2014 si registra un’importante novità riguardante anche il
commercio elettronico e concernente la competenza a sanzionare
le pratiche commerciali scorrette
del professionista.
Il legislatore della riforma, infatti, superando i conflitti insorti tra le
diverse Autorità, che peraltro hanno determinato l’apertura di una
procedura d’infrazione a carico
dell’Italia, ha previsto che la competenza esclusiva ad intervenire
nei confronti dei professionisti che
pongono in essere pratiche commerciali scorrette spetti all’Autorità garante della concorrenza e del
mercato, anche nei settori regolati.
Dalla lettura dei lavori preparatori
al Dlgs 21/2014, si evince che uno degli intenti del legislatore sia stato
La storia
A partire dal 1990 l’Unione Europea
ha emanato una serie di direttive
volte alla disciplina di determinati
settori economici, con finalità pro
concorrenziali e istitutive di Autorità
dotate di specifici poteri di
intervento a tutela del consumatore.
Successivamente il recepimento
della direttiva 2005/29/Ce in
materia di pratiche commerciali
sleali tra imprese e consumatori, ha
portato alla completa
armonizzazione della disciplina e ha
colmato le lacune degli ordinamenti
settoriali, ma ha lasciato decidere
agli Stati membri a quale Autorità
attribuire la competenza all’esercizio
del potere sanzionatorio. Ammessa,
in un primo momento, la
complementarietà degli interventi
delle diverse Autorità, il susseguirsi
di conflitti di competenza ha indotto
il Consiglio di Stato a pronunciarsi in
favore della preminenza della
normativa di settore,
sostanzialmente revocando la
competenza dell’Agcm all’esercizio
dei poteri sanzionatori nei settori
regolati. Tuttavia questa soluzione
non ha soddisfatto la Commissione
europea, che ha aperto una
procedura di infrazione a carico
dell’Italia (attualmente nella fase di
messa in mora) per censurare, sotto
il profilo del rispetto
dell’ordinamento Ue,
l’interpretazione del giudice
amministrativo. Pertanto, con
l’obiettivo di superare la procedura
di infrazione 2013/2169 e di
conformarsi all’interpretazione
autentica della direttiva 2005/29/Ce
fornita dalla Commissione europea,
il legislatore ha novellato il Codice
del consumo, introducendo il comma
1-bis all’articolo 27, attributivo della
competenza esclusiva, a intervenire
nei casi di pratiche commerciali
scorrette all’Agcm
quello di modificare il Codice del
consumo per conformarlo all’interpretazione autentica della direttiva 2005/29/Ce, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese
e consumatori, fornita dalla Commissione europea, la quale (riferimento Com (2013)0139) aveva stabilito che tale direttiva dovesse trovare immediata applicazione, allorchè la legge di settore fosse
lacunosa e insufficiente a tutelare il
consumatore.
Ora, il nuovo comma 1-bis dell’articolo 27 del Codice del consumo, affermando il criterio della
competenza esclusiva dell’Agcm
all’esercizio dei poteri sanzionatori, ha regolato i conflitti di competenza che potrebbero insorgere tra
le varie autorità amministrative nazionali, purtuttavia precludendo
alle altre autorità di regolazione, di
sanzionare le condotte illegittime e
che integrano anche una pratica
commerciale scorretta.
Al fine di rendere il disposto del
nuovo comma 1-bis dell’articolo 27
conforme al contenuto del menzionato provvedimento della Commissione europea, occorre sostenere che la norma debba essere interpretata nel senso che la competenza a reprimere le condotte
illegittime spetti pur sempre alle
Autorità di regolazione, mentre
una competenza esclusiva dell’Agcm si registrerebbe nel caso in
cui la disciplina di settore sia lacunosa e, così, di detrimento alla tutela del consumatore.
D’altro canto, conferme a tale
orientamento potrebbero provenire dai protocolli di intesa con i
quali le Autorità coinvolte sono
chiamate a stabilire gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze,
secondo quanto disposto dallo
stesso comma 1-bis, articolo 27 del
Codice del consumo.
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Consiglio di Stato. Agcm in campo se non esistono norme ordinarie più tutelanti di quelle della direttiva 2005/29
Antitrust
decide
per le Tlc
pCon la sentenza del Consiglio di
Stato 1104 del 5 marzo 2015, sembra
sia stato recepito quanto disposto
dal Codice del consumo, nell’interpretazione conforme al contenuto
della Commissione europea (provvedimento 0139/2013.)
Modificando il proprio orientamento, i giudici della VI sezione, infatti, hanno dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di
interesse, il ricorso proposto da Telecom Italia spa, con riferimento all’eccezione di incompetenza del-
l’Agcm nell’esercizio del potere
sanzionatorio (relativo, nel caso di
specie, a reprimere pratiche commerciali scorrette nel settore delle
reti e dei servizi di comunicazione
elettronica).
Sebbene il Consiglio di Stato abbia deciso che siano le norme dell’ordinamento di settore a trovare
applicazione nel contrasto delle
pratiche commerciali scorrette, ha
stabilito altresì che, quando la disciplina settoriale appaia lacunosa
o non offra un’adeguata tutela al
consumatore, si faccia ricorso all’ordinamento generale.
Pertanto, secondo quanto affermato in sentenza, nel caso in cui fosse chiamato a pronunciarsi, il giudice dovrà accertare prima l’esistenza di specifiche norme, verificando
se esistano disposizioni più tutelanti di quelle attuative della direttiva
2005/29/Ce, da porsi come speciali
a quest’ultima e, solamente in caso
di esito negativo, dovrà attribuire la
competenza esclusiva all’Agcm.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole 11
La protezione
LE CONTROVERSIE
Per i beni mobili entro i 5mila euro
la competenza è del giudice di pace
La domanda
andrà proposta
davanti al magistrato
del luogo di residenza
del consumatore
PAGINA A CURA DI
Alessandro Candini
Giusella Finocchiaro
pL’aumento esponenziale delle
contrattazioni per via telematica
ha moltiplicato le problematiche
connesse all’acquisto online di
beni e di servizi quali, ad esempio,
la determinazione della giurisdizione e della competenza territoriale in caso di controversie.
L’individuazione della giurisdizione applicabile alle controversie sui beni acquistati (di norma
attinenti a profili di adempimento
o inadempimento) si presenta
particolarmente agevole quando
entrambe le parti sono domiciliate, residenti o con una sede in Italia. In tali casi, infatti, spetterà al
giudice civile dirimere l’eventuale controversia tra esse sorta. Qualora la vertenza abbia ad oggetto
questioni concernenti la protezio-
ne dei dati personali le parti possono adire, oltre all’autorità giudiziaria ordinaria, anche l’Autorità
garante per la protezione dei dati
personali con sede a Roma.
Nel caso di contratti di vendita
di beni mobili o servizi conclusi
online nei quali una parte sia domiciliata o residente in uno Stato
membro Ue, troverà applicazione
il Regolamento Ce 1215/2012 entrato in vigore il 10 gennaio 2015
(in sostituzione del precedente
Regolamento Ce 44/2001). In forza di tale regolamento: 1) nei contratti business to business è competente il giudice del luogo in cui
il convenuto ha il domicilio oppure il luogo in cui deve essere eseguita l'obbligazione; 2) nei contratti business to consumer il consumatore può, a sua scelta, radicare l’eventuale giudizio nel luogo
in cui è domiciliato il venditore o
nel luogo in cui è domiciliato il
consumatore stesso. Qualora un
soggetto italiano abbia acquistato
(o venduto) beni mobili o servizi
online da un soggetto non residente né domiciliato in uno Stato
membro Ue si applicheranno le
convenzioni internazionali.
Competenza
Qualora sussista la giurisdizione
del giudice italiano, la competen-
za spetterà al giudice di pace per
le cause relative a beni mobili di
valore non superiore a 5mila euro
oppure al Tribunale ordinario
nelle altre ipotesi.
Il giudice competente viene
stabilito a norma del codice di
procedura civile, secondo il quale
il foro è individuato nel luogo di
residenza o di domicilio del convenuto (in caso di società occorre
fare riferimento alla sede, ad uno
stabilimento o al luogo in cui è
presente un rappresentante autorizzato a stare in giudizio), oppure, in alternativa, nel luogo in cui è
sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta in giudizio.
Foro del consumatore
La regola poc’anzi descritta non
opera nei rapporti tra professionisti e consumatori, in relazione
ai quali si applica il cosiddetto foro del consumatore: la domanda
andrà proposta davanti al giudice
del luogo di residenza o domicilio
del consumatore.
Tutele e class action
Le più comuni controversie originate dall’acquisto di beni o servizi nell’ambito del commercio
elettronico attengono per lo più
alla mancanza di qualità del bene
o all’assenza di conformità del
ATTENTI A...
I confini della giurisdizione
Non è sempre così semplice
individuare con chiarezza i confini
della giurisdizione e della
competenza territoriale in caso di liti a
seguito di contrattazioni telematiche.
Nel caso di contratti di vendita di beni
mobili o servizi conclusi on line nei
quali una parte sia domiciliata o
residente in uno Stato membro Ue,
troverà applicazione il Regolamento
Ce 1215/2012 che prevede:
1) nei contratti business to business è
competente il giudice del luogo in cui
il convenuto ha il domicilio oppure il
luogo in cui deve essere eseguita
l’obbligazione;
2) nei contratti business to consumer il
consumatore può, a sua scelta,
radicare l’eventuale giudizio nel
luogo in cui è domiciliato il venditore
o nel luogo in cui è domiciliato il
consumatore stesso. Qualora un
soggetto italiano abbia acquistato (o
venduto) beni mobili o servizi on line
da un soggetto non residente né
domiciliato in uno Stato membro Ue
si applicheranno le convenzioni
internazionali.
servizio acquistato rispetto a
quanto reclamizzato o dedotto in
contratto.
Sul punto può evidenziarsi che
l’acquirente consumatore è tutelato da una normativa assai stringente e ricca di disposizioni protettive del contraente debole. Il
legislatore ha imposto al professionista rilevanti obblighi informativi e ha adottato misure volte a
garantire l’equilibrio del rapporto. In tale contesto di protezione
del consumatore si inserisce la
previsione del diritto di recesso
dal contratto e della garanzia di
conformità del prodotto che non
deve essere inferiore a 2 anni.
Esistono poi specifiche norme
tese a neutralizzare le clausole
vessatorie in danno del consumatore e a prevenirne l’utilizzo.
Si pensi, ancora, all’intervento
dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato nei casi di
pratiche commerciali scorrette
in danno dei consumatori oppure
alla possibilità di radicare una
class action per diritti omogenei
dei consumatori e degli utenti,
avente per oggetto l’accertamento della responsabilità del professionista e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni conseguenti.
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Nuovi strumenti. L’Italia dovrà recepire il provvedimento entro il 9 luglio
Direttiva Adr, la Ue «spinge» lo stragiudiziale
pDall’esperienza maturata nelle
aule dei Tribunali si è diffusa l’abitudine a prevenire l’insorgere di
controversie attraverso rimedi alternativi di risoluzione delle stesse,
soprattutto in un settore, quello del
commercio elettronico, in cui sono
molteplici i fattori che inducono a
preferire il ricorso a strumenti alternativi.
Tra tali fattori vi è senza dubbio il
valore economico generalmente ridotto dei contratti conclusi online
unito alla percezione dell’inadeguatezza del processo come strumento
di tutela di questi diritti. Non a caso i
volumi delle liti registrate a livello
giurisprudenziale nella materia del
commercio elettronico si attesta ancora su numeri assai inferiori all’effettiva mole di controversie sorte tra
le parti nello specifico settore.
Una delle più significative norme
in tema di commercio elettronico che
si inserisce nel quadro della cosiddetta “Alternative dispute resolution”
(Adr) è l’articolo 19 del Codice del
commercio elettronico (Dlgs
70/2003) in tema di “Composizione
delle controversie”, il quale riconosce alle parti la possibilità di adire organi di composizione extragiudiziale
che operano anche per via telematica.
La direttiva Adr
Nella consapevolezza dell’importanza strategica degli Adr quale modalità alternativa di risoluzione delle
controversie (nell’ottica di sgravare
il contenzioso di Tribunali già ingolfati risparmiando costi e tempi per gli
utenti), si inserisce la Direttiva Adr
2013 novembre Ue, che l’Italia dovrà
recepire entro il 9 luglio 2015. La
Commissione europea ha individua-
to in tale direttiva, assieme a quella
sul commercio elettronico, una delle
principali leve volte a stimolare la
crescita dello sviluppo economico e
la progressione verso il mercato unico degli Stati membri.
La direttiva Adr si applica ai procedimenti di risoluzione extragiudiziale delle liti (nazionali e transfrontaliere) relative ad obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra consumatori
residenti nell’Unione europea e professionisti in essa stabiliti, mediante
il ricorso ad un organismo Adr, con finalità di agevolare un amichevole
componimento della lite.
Arbitrato e clausola risolutiva
LE OPZIONI
Le parti sono libere di prevedere
nei propri contratti
rimedi negoziali
attraverso clausole
compromissorie o risolutive
In alternativa a strumenti giudiziali
di risoluzione delle controversie le
parti restano sempre libere di prevedere nei propri contratti rimedi negoziali, inserendo clausole compromissorie (con le quali si conviene che
in caso di controversia la lite sarà rimessa ad uno o più arbitri), oppure
Composizione amichevole
01 CODICE COMMERCIO ONLINE
L’articolo 19 del Codice del
commercio elettronico in tema di
composizione delle controversie
riconosce alle parti la possibilità di
adire organi di composizione
extragiudiziale che operano anche
per via telematica. E’ una delle più
significative norme sul commercio
elettronico, si inserisce nel quadro
della cosiddetta “Alternative
dispute resolution” (Adr).
02 L’APPLICAZIONE
La direttiva Adr si applica ai
procedimenti di risoluzione
extragiudiziale delle liti (nazionali
e non) relative a obbligazioni
contrattuali derivanti da contratti
di vendita o di servizi tra
consumatori residenti nella Ue e
professionisti in essa operanti.
una clausola risolutiva espressa (in
forza della quale ove una determinata obbligazione non sia adempiuta
secondo le modalità stabilite nel contratto, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende avvalersi
della clausola). Con il ricorso alla
clausola risolutiva espressa, il contratto si risolve di diritto quando la
parte interessata dichiara all’altra
che intende valersi di tale clausola,
senza dover ricorrere al giudice per
ottenere una sentenza di accertamento giudiziale dell’inadempimento di controparte.
Occorre ricordare che nei contratti business to business conclusi attraverso condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti, la previsione di clausole compromissorie (o deroghe alla
competenza dell’autorità giudiziaria) comporta la specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’articolo 1341 del Codice civile.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
12 E-commerce, tutte le regole
La fiscalità
LA RIFORMA COMUNITARIA
L’Iva in base
a chi acquista
Dal 1° gennaio
operative
le nuove regole Ue
per i servizi
o i beni a privati
PAGINA A CURA DI
Renato Portale
Giuseppe Romano
pDal 1° gennaio sono entrate in vi-
gore le nuove regole Iva per il commercio elettronico. Una vera rivoluzione per le imprese che erogano servizi digitali (ad esempio, registrazione di domini, web hosting, gestione
da remoto di software e attrezzature) o comunque immateriali (fornitura di servizi di formazione a distanza, vendita in download di file audio,
video, e-book, immagini, testi, app
per tablet e smartphone, software,
giochi) le quali, per le vendite a privati, dovranno applicare l’Iva del Paese
di domicilio o residenza del consumatore. Il recepimento delle norme
comunitarie è avvenuto soltanto con
il Dlgs 42/2015, ma gli operatori hanno dovuto applicare le nuove norme
già dal 1° gennaio 2015.
Non è ancora chiaro l’effetto sul
gettito erariale, poiché sono diventate imponibili ad Iva le vendite a consumatori nazionali effettuate da fornitori residenti in altri Stati Ue, che
prima scontavano l’imposta nel Paese del prestatore, ma l’Iva non si applica più sui servizi resi da soggetti
italiani a privati consumatori residenti all’estero.
La semplificazione
Contemporaneamente è entrata in vigore un’importante semplificazione
per cui i soggetti passivi che optano
per il mini sportello unico - regime
Moss (si veda l’altro articolo) - i quali
non sono tenuti a identificarsi in ciascuno Stato membro di consumo per
assolvere gli obblighi di dichiarazione e versamento dell’Iva, ma si registrano nel loro Paese ove effettuano
un’unica dichiarazione ed unico versamento per l’imposta dovuta in tutti
gli Stati membri ove non sono stabiliti.
Nulla è cambiato, invece, per le
vendite di questi servizi a soggetti
passivi d’imposta (rapporti B2B) che
restano soggette nel Paese ove è stabilito il committente, ma con regime
dell’inversione contabile se il fornitore è un soggetto passivo stabilito in altro Stato Ue o un soggetto non Ue.
Sono interessati alle nuove norme
sia i commercianti nazionali di questi
servizi, che hanno modificato le regole di applicazione sulle vendite inter-
nazionali, sia i privati consumatori
che pagano i servizi acquistati sul
web all’aliquota del 22% vigente in
Italia, anche se la società fornitrice è
stabilita in Lussemburgo ove l’aliquota ordinaria è del 17% (15% fino al 31 dicembre 2014).
Per garantire l’esatta applicazione
dell’imposta tutti coloro che forniscono i servizi elettronici devono determinare lo “status “ e il domicilio del
destinatario del servizio. Inoltre devono conoscere l’aliquota Iva applicata in ogni Stato Ue (vedi tabella).
Con la tassazione dei servizi on-line
nel Paese del destinatario si eviteranno, inoltre, fenomeni di concorrenza
sleale, che potevano verificarsi a causa della mancata armonizzazione
delle aliquote Iva. Infatti fino al 31 dicembre 2014 l’aliquota Iva applicabile
era quella vigente nel Paese del prestatore e, pertanto, le aziende con sede a Malta (aliquota del 18%) o in Lussemburgo (aliquota del 15%) avevano
un notevole vantaggio rispetto a
quelle con sede in altri Stati con aliquote più elevate.
Servizi tramite intermediario
Infine, occorre ricordare che la maggior parte dei servizi digitali sono resi
al consumatore finale attraverso un
intermediario, che può essere un negozio di applicazioni o un altro luogo
virtuale simile. Il numero delle parti
interessate nella distribuzione di questi servizi può variare e quindi di questo va tenuto conto in ordine al luogo
di tassazione del servizio. Ad esempio, quando acquistiamo una App intervengono: i creatori dell’applicazione, il negozio di applicazioni e i
consumatori che pagano il prezzo finale; quando scarichiamo una suoneria sul cellulare è possibile che il proprietario del contenuto abbia concluso un accordo di licenza con un aggregatore di suonerie che, a sua volta,
conclude un accordo con i gestori di
servizi di telecomunicazione mobile,
i quali vendono le suonerie ai propri
clienti. Per evitare applicazioni distorte della norma il Regolamento
(Ue) 82/2011, come modificato dal 1°
gennaio 2015 dal Regolamento
1042/2013, ha definito quale soggetto
della catena deve essere considerato
il prestatore del servizio nei confronti
del consumatore finale, introducendo un’importante presunzione (semplice): il soggetto passivo che interviene nella prestazione si presume
che agisca sempre in nome proprio
ma per conto del prestatore di tali servizi (“intermediario opaco” o “commissionario”). Tale presunzione non
opera se il prestatore sia esplicitamente designato da chi gestisce il
mezzo elettronico (“store”) quale
prestatore diretto del servizio.
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La comparazione
Stato membro
Obbligo di emettere
fattura per operazioni 2C
Aliquota Iva ridotta
Aliquota Iva ordinaria
20% per altri servizi (19% nei
Germania
Grecia
Irlanda
Italia
Lettonia
Lituania
Lussemburgo
Malta
Paesi Bassi
Polonia
10% per servizi resi
da broadcasting
—
—
—
—
—
—
—
- 10% per il broadcasting televisivo
- 5,5% per e-books e audiolibri
- 2,1% per i quotidiani in formato
elettronico
—
—
—
4% per e-books
—
—
3% per e-books
—
—
8% (sui canoni radio e Tv)
Portogallo
—
Rep. Ceca
Regno Unito
Romania
Slovacchia
Slovenia
Spagna
Svezia
Ungheria
—
—
—
—
—
—
—
—
Austria
Belgio
Bulgaria
Croazia
Cipro
Danimarca
Estonia
Finlandia
Francia
Comuni di Jungholz e Mittelberg)
No
21%
20%
25%
19%
25%
20%
24%
No
No*
Sì**
Sì
Sì
No
No
20% per altri servizi
No**
19%
23% (16% in casi particolari)
23%
22% per altri servizi
21%
21%
17% per altri servizi
18%
21%
23% per altri servizi
23% (22% a Maidera e 18% nelle
No
No**
No
No*
No*
Si***
No
No
No
No*
Isole Azzorre)
21%
20%
24%
20%
22%
21%
25%
27%
No
No
No
Sì**
No
Sì
Sì
No
Sì
* Fattura emessa se richiesta dal cliente - ** Fattura emessa in casi particolari e/o emissione di un documento alternativo - *** Ammessi
documenti alternativi alla fattura
Sportello unico. Imposta pagata dal prestatore dove è, rispettando le aliquote di ciascun Paese
Il Moss anticipa il sistema definitivo
pDal 1° ottobre 2014 è stato istituito
in tutti i 28 Paesi Ue uno sportello unico - Moss (mini sportello unico) - attraverso il quale l’Iva viene pagata dal
prestatore nel Paese ove lo stesso è
stabilito relativamente a tutte le vendite effettuate a privati nei diversi Stati Ue, rispettando l’aliquota e le regole
vigenti in tale Stato di consumo, con
un’apposita dichiarazione trimestrale (ad esempio, un fornitore lussemburghese se vende in Italia applica il
22% mentre un fornitore italiano se
vende in Lussemburgo applica il 15%,
se vende in Germania il 19%, e vende
in Ungheria il 27%, e così via).
Viene così anticipato il sistema definitivo dell’Iva con assolvimento dell’imposta nel Paese del fornitore ma
con le aliquote previste nel Paese del
cliente privato consumatore.
L’operatore unitario, pertanto, non
è più obbligato a identificarsi in ciascun Stato membro in cui effettua le
operazioni potendo emettere le fatture (e adempiere agli obblighi di pagamento della imposta di competenza
dello Stato di destinazione ) nello Stato membro ove esso è identificato.
In pratica, l’operatore che utilizza il MoSS deve conoscere le regole
contabili e, più in generale, le norme
applicative dell’Iva in vigore nello
Stato membro di consumo, anche
se, formalmente, l’operazione viene
effettuata (e l’imposta viene corrisposta) nello Stato membro di identificazione.
sostenuti nell’intero commercio;
5) conservano i documenti di tutte le
vendite nella Ue per dieci anni e sono
soggetti a controllo sia del Centro di
Venezia che dell’Amministrazione fiscale del Paese di consumo.
Le regole
I fornitori italiani che optano per il
Moss rispettano le regole seguenti:
1) presentano, per via telematica al
Centro operativo di Venezia una dichiarazione di identificazione ai fini
Iva nel territorio dell’Ue, e comunicano, con lo stesso mezzo informatico,
ogni dichiarazione di variazione dati
o di cessazione dell’attività;
2) presentano allo stesso Centro per
ciascun trimestre solare una dichiarazione riepilogativa delle vendite a privati residenti in altri stati Ue – diversi
dall’Italia – entro il 20 del mese successivo a ciascun trimestre e contemporaneamente versano l’imposta dovuta per tutti i Paesi Ue di vendita, escluso l’Italia;
3) non operano alcuna detrazione dell’imposta pagata in altri stati Ue nè
possono effettuare la “compensazione” in Italia con altri tributi;
4) le vendite effettuate in Italia seguono le normali regole interne e dalla
propria posizione Iva possono detrarrel’imposta assolta in Italia per costi
Documenti a disposizione
I documenti di vendita per le cessioni
a privati consumatori residenti nella
Ue e tutti gli altri atti concernenti tali
operazioni, devono essere conservati
per 10 anni a partire dalla fine dell’anno in cui l’operazione è stata effettuata, indipendentemente dal fatto che il
soggetto passivo continui o meno ad
avvalersi del regime.
Su richiesta, la documentazione
deve essere messa a disposizione, per
via elettronica, dello Stato membro di
identificazione o dello Stato membro
di consumo. Lo Stato membro darà informazioni su come farlo al momento
della richiesta della documentazione.
Nel caso in cui la documentazione
non venga messa a disposizione entro
un mese dal ricevimento di un sollecito dello Stato membro di identificazione, tale inadempimento è considerato un’inosservanza persistente delle norme relative al regime, comportante l’esclusione dal regime stesso.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole 13
La fiscalità
BENI E SERVIZI
Scambi tra imprese fuori campo Iva
se il committente non risiede in Italia
Ai fini impositivi
si tiene conto
del luogo
di stabilimento
del committente
avvenga la consegna. Dalle informazioni ottenute si potrà inquadrare correttamente la tipologia di transazione
posta in essere ed individuare la disciplina fiscale applicabile: per i beni materiali occorre distinguere le cessioni
che avvengono all’interno della Ue, da
quelle extraUe; per i beni virtuali occorre individuare la corretta applicazione delle norme contenute negli articoli 7 e seguenti del decreto Iva.
PAGINA A CURA DI
Distinzione tra beni e servizi
Simona Ficola
Benedetto Santacroce
Poiché grazie al commercio elettronico, la consegna fisica del bene non è
sempre necessaria in quanto i giornali, i software, la musica e i video ad
esempio, che un tempo erano forniti
solamente dai negozi, possono essere
forniti ora in via elettronica, la distinzione fra beni e servizi assume una
prospettiva differente. Infatti, nel
commercio elettronico diretto, ovvero nelle operazioni di commercio
elettronico che avvengono completamente online, dall’ordine sino all’ottenimento del bene, l’operazione di cessione di beni si qualifica ai fini Iva come prestazione di servizio, determinando una serie di conseguenze sia
riguardo al momento di effettuazione
dell’operazione, che riguardo all’applicazione delle norme sulla territorialità dell’imposta.
Tuttavia, data questa assunzione,
se nelle transazioni di commercio
elettronico non è difficile determinare il presupposto oggettivo del tribu-
pLe operazioni di commercio elet-
tronico hanno inizio con la scelta, da
parte del cliente, dei beni, ovvero dei
servizi offerti nel “sito/vetrina” del
fornitore. Effettuata la scelta, il cliente
invia l’ordine al fornitore e, contestualmente, provvede al pagamento
direttamente online alla banca del
venditore. Una volta ricevuto l’ordine
e il pagamento, il venditore provvede
a spedire al cliente attraverso i mezzi
tradizionali, posta o corriere espresso, ovvero attraverso i mezzi elettronici, il bene o il servizio ordinato.
Dal sito tramite cui il cliente procede all’acquisto del bene virtuale, si deve essere in grado, attraverso una serie di domande e di test, di identificare,
sotto il profilo fiscale e commerciale,
il potenziale cliente. Importante è l’individuazione del luogo in cui il cliente
vuole effettuare la transazione e, per i
beni materiali, il luogo in cui vuole che
to – cessione di beni o prestazione di
servizi – non è altrettanto semplice
individuare il cosiddetto presupposto territoriale.
Con riferimento alle prestazioni di
servizi realizzate fra soggetti passivi
di imposta, il presupposto territoriale ha come riferimento il luogo di stabilimento del committente (e non
più il luogo di stabilimento del prestatore, come era previsto in precedenza come regola generale, seppur
seguita da una serie di deroghe che da
regola generale era divenuta una “regola residuale”).
Rapporti B2B
Nei rapporti Business to business
(B2B) la prima conseguenza di una simile impostazione è che ogni volta
che il committente di un certo servizio non è residente in Italia, la prestazione risulta fuori campo Iva, senza
che assuma rilevanza il luogo di utilizzo della prestazione. Ciò in quanto il
presupposto territoriale è legato
esclusivamente all’elemento soggettivo della nazionalità del committente. Al contrario, qualora il committente del servizio sia un soggetto Iva nazionale, il servizio stesso si considera
territorialmente rilevante in Italia e
deve essere assoggettato ad Iva.
Pertanto, nel caso di un operatore
nazionale che richiede, ad esempio, la
creazione di un sito web ad un soggetto comunitario, identificato ai fini Iva
in un altro Stato membro, l’operazio-
Vademecum
01 LACESSIONEDEIBENI
Nelcommercioelettronicodiretto,
l’operazionedicessionedibenisi
qualificaafiniIvacomeprestazionedi
servizio
02 L’ELEMENTOTERRITORIALE
Nelleprestazionidiservizirealizzate
frasoggettipassividiimposta,il
presuppostoterritorialehacome
riferimentoilluogodistabilimentodel
committente
03 RAPPORTIB2B
NeirapportiB2B,lognivoltacheil
committentediunserviziononè
residenteinItalia,laprestazione
risultafuoricampoIva,senzache
assumarilevanzailluogodiutilizzo
dellaprestazione.Alcontrario,seil
committentedelservizioèun
soggettoIvanazionale,ilservizio
stessosiconsideraterritorialmente
rilevanteinItaliaedeveessere
assoggettatoadIva
04 RAPPORTIB2C
Neirapportiintrattenuticoniprivati,
nonsiconsideranoeffettuatenel
territoriodelloStatoleprestazionidi
serviziperviaelettronica,quandorese
acommittentinonsoggettipassivi
Iva,domiciliatieresidentifuoridella
Comunità
ne si considera effettuata nel territorio dello Stato e l’acquirente nazionale
riceve dal prestatore comunitario una
fattura senza Iva.
Successivamente, in applicazione
del meccanismo del cosiddetto reverse charge, il committente nazionale deve applicare l’Iva italiana, utilizzando l’aliquota ordinaria del 22
per cento, integrando la fattura ricevuta e liquidando la relativa imposta.
Detta fattura deve essere registrata
sia nel registro degli acquisti, che nel
registro delle fatture emesse, mentre
non è più obbligatorio presentare il
modello Intrastat (Intra2) per i servizi ricevuti.
Rapporti con i privati
Quanto, invece, ai rapporti intrattenuti con i privati, l’articolo 7-septies
del decreto Iva prevede che non si
considerano effettuate nel territorio
dello Stato le prestazioni di servizi per
via elettronica, quando rese a committenti non soggetti passivi Iva, domiciliati e residenti fuori della Comunità. Resta quindi confermato il principio guida del luogo del prestatore,
derogato in caso di destinatario extracomunitario.
Sono, pertanto, territorialmente rilevanti in Italia i servizi resi da soggetto Ue o extraUe a committente nazionale, nel caso del B2B, ovvero i servizi
resi a committente Ue o extraUe da un
soggetto italiano, nel B2C.
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Fornitori di servizi extraUe. La transazione costituisce in ogni caso una prestazione di elaborazione dati
Niente aliquota ridotta al consumatore
pUn regime particolare è pre-
visto per i soggetti extracomunitari, non stabili nella Ue, che prestano servizi mediante mezzi
elettronici a consumatori finali
residenti o domiciliati all’interno
della Comunità (operazione
B2c). Queste operazioni, infatti,
devono essere assoggettate ad
imposta all’interno della Ue. A tal
fine l’operatore extracomunitario deve assumere una sua posizione Iva in uno Stato membro
per poter assoggettare ad Iva la
transazione (cosiddetta regola
del One shop stop – Sportello unico). In linea di massima, la posizione Iva viene richiesta nel Paese in cui si realizza la prima operazione B2C tassabile (cosiddetto
Stato membro di identificazione). L’operatore non residente,
quindi, ha solo una amministrazione fiscale cui far riferimento,
cui presentare le proprie dichia-
razioni e versare le imposte. Nel
momento in cui i prestatori extracomunitari pongono in essere
transazioni con committenti privati residenti nel territorio dell’Unione, devono emettere fatture soggette ad Iva con aliquota
prevista dallo Stato membro in
cui ha sede il consumatore.
L’aliquota applicata deve essere, indipendentemente dalla natura e dallo scopo delle operazioni realizzate, sempre e comunque quella ordinaria. Come conseguenza di ciò, alle transazioni
online non può essere applicata
LE ESENZIONI
Non esistono
obblighi di fatturazione,
registrazione,
liquidazione
e dichiarazione annuale
l’aliquota ridotta, diversamente
da quanto accade per le operazioni di commercio tradizionale.
Tale discriminazione è giustificata dal fatto che essa deriva dalla natura giuridica della transazione che costituisce, indipendentemente dall’oggetto, una
prestazione di servizio di elaborazione dati.
Nella pratica, quindi, se il prestatore è un soggetto americano
identificatosi in Germania, lo
stesso emetterà: fatture con Iva
italiana (22%) se effettua una
transazione con un committente
italiano; fatture con Iva tedesca
(19%), se la transazione è effettuata con un operatore residente
in Germania. Successivamente,
questa imposta deve essere versata direttamente nello Stato di
identificazione (la Germania, nel
caso di specie).
Ai fornitori non comunitari si
applicano gli obblighi amministrativi previsti per gli operatori
comunitari, con alcune semplificazioni. I soggetti extracomunitari, ad esempio, sono dispensati
dagli obblighi di fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione annuale. La liquidazione dell’imposta avviene trimestralmente e l’operatore deve
distinguere per ciascuno Stato
membro l’ammontare delle operazioni e l’imposta applicata.
Inoltre, l’imposta è assolta contestualmente alla dichiarazione
inerente, che deve essere presentata nel termine tassativo del
giorno 20 del mese successivo al
trimestre di riferimento, presso
lo Stato di identificazione, indipendentemente dal fatto che siano state effettuate o meno transazioni online tassabili nel periodo
di riferimento.
I versamenti dovranno essere
effettuati in euro, a meno che lo
Stato di identificazione, non
avendo ancora adottato l’euro,
pretenda un’altra valuta. In questo caso, gli operatori che hanno
effettuato nel periodo di riferimento delle transazioni in euro,
provvederanno ad effettuare il
cambio, con riferimento all’ultimo giorno del trimestre dichiarato.
Con questo meccanismo è stata creata una vera e propria stanza di compensazione tra gli Stati
membri dell’Unione, quale inizio di una vera e propria cooperazione fra gli Stati, peraltro integrata dal 1° gennaio 2015, anche
con le operazioni B2C effettuate
in modalità esclusivamente elettronica relative ai servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione e ai servizi forniti per via
elettronica.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
14 E-commerce, tutte le regole
La fiscalità
GLI INCANTI
Nessuna autorizzazione
per le aste «elettroniche»
Il banditore
è tenuto
a identificare
l’identità
dei soggetti in campo
forma di “commercio” viene comunemente definita come C2C (Consumer
to consumer). Sempre più spesso, infatti, privati cittadini si organizzano
per vendere online oggetti nuovi o
usati, utilizzando portali di e-commerce e siti creati specificamente per
questa attività. Si pensi ad esempio alle
aste online che avvengono in rete, in
cui i consumatori propongono offerte
e cercano prodotti.
PAGINA A CURA DI
Tipologie di asta
Simona Ficola
Benedetto Santacroce
In relazione al maggiore o minore
coinvolgimento del soggetto che esercita l’attività di vendita all’asta (cosiddetto banditore d’asta), si avranno aste
condotte direttamente dal banditore
d’asta in cui è possibile acquistare beni
di proprietà di quest’ultimo, aste condotte direttamente dal banditore
d’asta in cui è possibile acquistare beni
di proprietà di venditori terzi, o ancora
aste in cui il banditore d’asta svolge
unicamente il compito di mettere a disposizioneilsitoelasuastrutturaperla
vendita all’asta, senza essere direttamente coinvolto nella procedura di aggiudicazione. Possono partecipare a
queste aste sia soggetti business, che
privati consumatori.
Le modalità di fissazione del prezzo
di vendita sono differenti: nella cosiddetta asta inglese, ad esempio, detta
anche asta al rialzo, la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendodalprezzominimoindicatodalvenditore e nell’ambito dei limiti tempora-
pLo strumento Internet è un siste-
ma che oggi interessa un numero illimitato di soggetti, non solo aziende,
ma anche le istituzioni pubbliche e finanziarie e non da ultimo i consumatori. L’espansione del sistema ha contribuito in modo sostanziale a modificare l’economia globale, favorendo lo
sviluppo di questa nuova forma di
commercio, definita “commercio
elettronico”.
Termini come commercio B2B
(Business to business), o B2C (Business to consumer), sono ormai entrati
nel linguaggio comune. Con queste
definizioni si individuano due fra le
varie forme di commercio elettronico
che si distinguono in base alla categoria di soggetti che partecipano alle
transazioni. Tuttavia, costituiscono
ugualmente forme di commercio elettronico, quegli scambi effettuati occasionalmente tra privati, tant’è che tale
li dell’offerta; nella cosiddetta asta
olandese, invece, detta anche asta al ribasso, la vendita viene aggiudicata al
miglior offerente, partendo dal prezzo
massimo indicato dal venditore e nell’ambito dei limiti temporali dell’offerta (peraltro, per le vendite effettuate
tramiteilcommercioelettronico,ilministero dello Sviluppo Economico ha
espressamente escluso il divieto di
vendita sottocosto). Ancora: nell’asta
segreta al prezzo massimo, ogni interessato al bene offre, per iscritto, un
prezzo massimo. In questo caso le offerte vengono raccolte, nei limiti temporali fissati, e rese pubbliche contemporaneamente con l’aggiudicazione
all’offerta più elevata. Nell’asta con riserva, la vendita viene aggiudicata solo
se le offerte abbiano raggiunto e/o superato il prezzo minimo stabilito, che
non viene comunicato durante la gara.
Requisiti di qualificazione
Per quanto riguarda gli eventuali requisiti di qualificazione soggettiva necessari per l’esercizio dell’attività di
banditore d’asta online, si rende necessario distinguere le ipotesi in cui il banditore conduca direttamente la vendita di beni propri, o di beni altrui, da
quella in cui questo soggetto mette
unicamente a disposizione il sito web
per lo svolgimento delle aste, senza
prendere parte ad alcuna delle operazioni medesime.
Nei primi due casi è necessario il
possesso di una licenza (rilasciata dal
Sotto la lente
01 IL RUOLO DEL BANDITORE
Si avranno aste condotte
direttamente dal banditore d’asta,
in cui è possibile acquistare beni di
proprietà di quest’ultimo; aste
condotte direttamente dal banditore
d’asta, in cui è possibile acquistare
beni di proprietà di venditori terzi, o
ancora aste in cui il banditore d’asta
svolge unicamente il compito di
mettere a disposizione il sito e la sua
struttura per la vendita all’asta
02 FISSAZIONE DEL PREZZO
Le modalità di fissazione del prezzo
di vendita sono differenti: nell’asta
inglese la vendita viene aggiudicata
al miglior offerente, partendo dal
prezzo minimo indicato dal
venditore e nell’ambito dei limiti
temporali dell’offerta; nella
cosiddetta asta olandese, la vendita
è aggiudicata al miglior offerente,
partendo dal prezzo massimo
indicato dal venditore e nell’ambito
dei limiti temporali dell’offerta.
Nell’asta segreta al prezzo massimo,
ogni interessato al bene offre, per
iscritto, un prezzo massimo. In
quella con riserva, la vendita viene
aggiudicata solo se le offerte
abbiano raggiunto e/o superato il
prezzo minimo stabilito, che non
viene comunicato durante la gara
Comune, o dal questore, a seconda dell’attività) valida non solo per i soggetti
che si offrono quali intermediari, rispetto ad affari altrui, ma anche per i
soggetti che, attraverso tale forma di
organizzazione dell’attività, intendono vendere anche beni propri. Nell’ipotesiincuiilbanditored’astasilimiti a mettere a disposizione il servizio di
contatto, o lo strumento tecnologico,
senza intervenire direttamente nella
gara, si avrebbe attività di mediazione.
Per l’attività di commercio elettronico, tuttavia, vige il principio di assenza di autorizzazione preventiva per
l’esercizio dell’attività, in quanto considerata genericamente come «attività di un prestatore di un servizio della
società dell’informazione».
Ilbanditored’astaètenutoadidentificare con certezza l’identità dei soggetti che intendono partecipare alle
aste online e che richiedono l’iscrizione (o registrazione) al sito, attraverso il
quale tale vendita è effettuata.
Ai fini della partecipazione, tali soggetti dovranno indicare tutti i dati anagrafici e potranno essere identificati
attraverso l’impiego della firma digitale oppure, in mancanza di questa, mediante la comunicazione della richiesta di iscrizione, anche se, nell’ambito
della procedura d’asta, è ammessa la
possibilità che il partecipante, una volta identificato con certezza da parte
del banditore d’asta, utilizzi uno pseudonimo o una password.
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Vendite occasionali. La tassazione è legata alla sistematicità delle cessioni
«Redditi d’impresa» solo se l’attività è abituale
pLe attività occasionali di vendi-
ta online da parte dei soggetti privati consumatori, possono avere ad
oggetto beni personali o familiari
usati, o beni nuovi acquistati e non
utilizzati. Sotto un profilo prettamente fiscale, le suddette cessioni
si qualificherebbero come attività
prive di utilità economica, incapaci
di generare redditi o comunque
plusvalenze tassabili in capo al soggetto venditore. Tuttavia, il dato
fondamentale da prendere in considerazione non è tanto l’oggetto
della cessione, o le modalità con cui
le cessioni sono realizzate (aste o
vendite online), quando la sistematicità con cui l’attività viene svolta
o, più in particolare, se la stessa viene svolta o meno in via occasionale.
Nel primo caso, infatti, gli adempimenti formali in capo al venditore sono estremamente ridotti. Anzitutto, non è necessario essere titolare di partita Iva per poter ven-
dere occasionalmente, né sul web
né tramite i tradizionali canali di
vendita, ma sarà necessario unicamente documentare la cessione
con l’emissione di una ricevuta.
L’insieme delle ricevute che certificano le cessioni costituiscono, al
termine del periodo di imposta,
“redditi diversi” in capo al venditore. Questi redditi sono soggetti a
tassazione e devono essere dichiarati nel quadro RL del modello Unico di dichiarazione dei redditi.
Tuttavia, il confine tra attività
economiche e attività prive di tale
carattere è piuttosto mobile ed è
lungi dal poter essere ricondotto all’interno di una distinzione rigida e
durevole nel tempo. Pertanto, sebbene non sussista un limite quantitativo al superamento del quale lo
svolgimento di un’attività occasionale diviene attività imprenditoriale, si è in presenza di un’attività imprenditoriale quando la stessa si
qualifica come attività economica,
svolta in maniera abituale, organizzata al fine della produzione o dello
scambio di beni o servizi. Ad esempio, acquisire o produrre, a vario titolo, oggetti con il fine di rivenderli,
rientra nel concetto di attività economica. In questo caso, i redditi conseguiti dall’attività costituiscono in
capo al venditore “redditi d’impresa”, per i quali si rende necessario
aprire una partita Iva e procedere a
tutti gli adempimenti contabili e fiscali richiesti dalla normativa vigente per lo svolgimento di qualsiasi attività di natura imprenditoriale,
a prescindere dal fatto che si tratti di
attività di commercio elettronico.
Ciò che, sotto un profilo fiscale,
risulta peculiare per le attività di
commercio elettronico è, anzitutto, l’individuazione dei soggetti che
operano online. Occorre, infatti,
verificare se solamente il venditore
è un soggetto passivo di imposta
Nel dettaglio
Cosa si intende per attività
imprenditoriale
Si è in presenza di un’attività
imprenditoriale quando la stessa
si qualifica come attività
economica, svolta in maniera
abituale, organizzata al fine della
produzione o dello scambio di
beni o servizi. Acquisire o
produrre oggetti con il fine di
rivenderli, rientra nel concetto di
attività economica. In questo
caso, i redditi conseguiti
dall’attività costituiscono in capo
al venditore “redditi d’impresa”,
per i quali si rende necessario
aprire una partita Iva e procedere
a tutti gli adempimenti contabili e
fiscali richiesti per lo svolgimento
di qualsiasi attività di natura
imprenditoriale
(opera nell’esercizio di arti e professioni o nell’esercizio di impresa), o se lo è anche l’acquirente: nel
primo caso, la transazione si qualifica come operazione di B2C, mentre nel secondo caso costituisce
un’operazione di B2B. Inoltre, è necessario poter stabilire se i soggetti
che realizzano l’operazione sono
residenti nel territorio dello Stato e,
qualora non lo fossero, occorrerebbe individuare l’esistenza o meno
di una stabile organizzazione.
Una volta verificati questi elementi, il soggetto venditore, esercente attività economica, è tenuto
ad emettere una fattura per l’operazione di cessione, applicando o meno l’imposta sul valore aggiunto a
seconda delle regole proprie che
tengono conto dei presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale per
l’applicazione del tributo alla specifica operazione.
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
E-commerce, tutte le regole 15
I quesiti
LE RISPOSTE DEGLI ESPERTI
PAGINA A CURA DI Giusella Finocchiaro, Alessandro Candini e Matilde Ratti
GARANZIE
01
MERCE FALLATA
RIPARATA O SOSTITUITA
A settembre ho acquistato online un
maglione. Indossandolo per la prima
volta in ottobre, ho rilevato una
vistosa scucitura. Posso rivolgermi al
venditore e vantare qualche pretesa,
nonostante sia passato un mese di
tempo dall’acquisto?
Sì, può rivolgersi al venditore e
vantare delle pretese, dal
momento che opera la garanzia
legale di conformità. Può quindi
richiedere al venditore la
riparazione del bene, oppure può
esigerne la sostituzione.
02
BENI VENDUTI ONLINE
SEMPRE IN GARANZIA
Dopo l’acquisto di merce online, ho
scoperto che non sussiste alcuna
garanzia per gli eventuali vizi. Posso
comunque agire nei confronti del
venditore?
*Offerta valida in Italia dal 6/5/2015 al 20/6/2015
Sì, considerato che è nullo e
conseguentemente improduttivo
di effetti, il patto che esclude o
limita il contenuto della garanzia
legale di conformità.
CONSUMATORE
INFORMATO
01
NOTIZIE IMPOSTE
DAL CODICE CONSUMO
Ho un sito Internet per la vendita di
prodotti ai consumatori. Ci sono delle
prescrizioni specifiche che devo
rispettare?
Si, è obbligatorio fornire al
consumatore tutte le informazioni
previste dal Codice del consumo
in maniera chiara e prima della
conclusione del contratto.
02
LE SPESE DI CONSEGNA
DEVONO ESSERE NOTE
È possibile porre a carico del
consumatore le spese di consegna di
merci vendute online?
Ai sensi del Codice del consumo,
le spese di consegna dei beni
venduti tramite sito Internet
possono essere poste a carico del
consumatore. È tuttavia
necessario che le spese a carico
siano menzionate tra le
informazioni che il professionista
fornisce al consumatore prima di
concludere l’acquisto poichè, in
caso contrario, il consumatore
non è tenuto a sostenerle.
PRIVACY
01
MAIL PUBBLICITARIE
SOLO CON IL CONSENSO
Lenormeconsentonodiinviareaipropri
clientimessaggidipostaelettronicaper
finalitàcommerciali?
Se il cliente ha fornito il suo indirizzo
di posta elettronica rilasciando il
proprio consenso, il titolare del sito
Internet può inviare e-mail per la
vendita di prodotti o servizi analoghi
a quelli già acquistati. Il cliente può
comunque sempre opporsi.
02
RECESSO
01
RIPENSAMENTO
ENTRO 14 GIORNI
Hoacquistatounosmartphonesu
Internetedesideroesercitareildirittodi
recesso.Masonotrascorsi12giornidalla
consegnadellamerceenelcontrattodi
acquistoeraconcessounperiododi
tempodisoli10giorni...
L’articolo 52 del Codice del consumo
riconosce al consumatore il diritto di
recedere da un contratto nei 14 giorni
dal giorno in cui «acquisisce il
possesso fisico» del bene. Si tratta di
una norma imperativa.
REGISTRO OPPOSIZIONI,
REGOLE DA RISPETTARE
Comefareperevitarecheilmionumerodi
telefonosiaoggettodichiamate
indesiderateperfinicommercialio
promozionali?
Esiste un registro pubblico delle
opposizioni, in cui gli abbonati ai
servizi di telefonia possono iscriversi
per rendere noto la propria volontà di
non essere contattati per fini
commerciali, promozionali o per
ricerche di mercato. In caso di
violazione, può essere comminata
una sanzione pecuniaria compresa
tra i 10mila e i 20mila euro.
02
LA CONFEZIONE
PUÒ ESSERE APERTA
Vorreirecederedauncontrattoconcuiho
compratounelettrodomesticorisultato
diversodalleaspettative.Mailvenditore
sirifiutaeccependochelariconsegna
dellamercedeveavvenirenella
«confezioneoriginaleeintegra».
No, il consumatore può aprire il plico
e visionare la merce. La condotta del
venditore potrebbe essere
considerata «pratica commerciale
scorretta» e sanzionata
dall’Antitrust.
PROCEDURE
ONLINE
01
ACQUISTI SU INTERNET
CON UGUALI TUTELE
Il consumatore che acquista un prodotto
online è meno tutelato rispetto a chi
acquista secondo le modalità
tradizionali?
No. Il consumatore in questo caso
gode di una forte tutela giuridica, che
spazia dal diritto di recesso, alla
garanzia di conformità del bene, al
contratto; dalla protezione dei propri
dati personali, alla previsione del
foro del consumatore.
02
DA ESPLICITARE L’ORDINE
CON OBBLIGO DI PAGARE
Navigando su un sito ho inserito alcuni
prodotti nel “carrello” e quindi ho cliccato
sul pulsante “acquista” per visualizzare il
dettaglio finale con i relativi costi.
Intendevo rinunciare all’acquisto, ma il
venditore ha preteso il pagamento.
La pretesa non è legittima, poiché il
venditore deve comunicare in modo
chiaro che l’inoltro dell’ordine
implica l’obbligo di acquistare
riportando la dicitura «ordine con
obbligo di pagare», o una
formulazione corrispondente.
INEDICOLA
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Legge di Stabilità e dal Jobs act con il contratto a tutele crescenti, evidenziandone gli aspetti
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I focus del Sole 24 Ore
Mercoledì 10 Giugno 2015 - N. 22
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