Ridurre l’ansia: autoipnosi prima dell’anestesia e dell’intervento chirurgico. Un modello di preparazione per gruppi Pubblicato su Rivista Italiana di IPNOSI E PSICOTERAPIA IPNOTICA anno 35° n. 2 – maggio 2015 . Atti del XVI Congresso Nazionale A.M.I.S.I. L’ansia è un meccanismo naturale e fisiologico che svolge primariamente la funzione protettiva e finalizzata sia all’adattamento che alla sopravvivenza di ciascun individuo. Possiamo definire l’ansia come uno stato di allerta dell’organismo per una minaccia imminente. L’ ansia e lo stress, come anche la paura, fanno parte della vita e sono qualità fondamentali per prepararci ad agire in modo adeguato in situazioni di minaccia o pericolo ma anche a motivarci all’interazione col mondo esterno. Quindi sono stati d’animo che possiamo trasformare e modellare come risorse. Spesso è difficile capire dove sia il limite tra l’ansia “normale” e quella “patologica”. Il limite della patologia si rintraccia nell’influenza che la durata, l’intensità e la gravità hanno sulla qualità della vita degli individui. “I disturbi d’ansia comprendono quei disturbi che condividono caratteristiche di paura e ansia eccessive e i disturbi comportamentali correlati. La paura è la risposta emotiva a una minaccia imminente, reale o percepita, mentre l’ansia è l’anticipazione di una minaccia futura. Naturalmente, questi due stati si sovrappongono, ma sono anche differenti: la paura è più spesso associata a picchi di attivazione autonomica necessaria alla lotta o alla fuga, a pensieri di pericolo immediato e a comportamenti di fuga, mentre l’ansia è più frequentemente associata alla tensione muscolare e alla vigilanza in preparazione al pericolo futuro e a comportamenti prudenti o di evitamento. I disturbi d’ansia sono differenti l’uno dall’altro per la tipologia di oggetti o di situazioni che provocano paura, ansia oppure comportamenti di evitamento, e per l’ideazione cognitiva associata” (American Psychiatric Association, 2014). “Si può differenziare un’ansia di stato da un’ansia di tratto: la prima è l’ansia che si innesca al momento, in presenza dello stimolo senza la presenza di una base personologica ansiosa. L’ansia di tratto presuppone una caratteristica permanente di personalità improntata a reagire sempre in modo ansioso e apprensivo. Lo stato di ansia produce una serie di correlati fisiologici con attivazione del sistema simpatico o parasimpatico (tachicardia, tachipnea, sudorazione, pilo erezione, tremore, alterazione dell’alvo) e anche sintomi come sensazione di svenimento, sensazione di testa vuota, gastralgie, fino a fenomeni di derealizzazione e depersonalizzazione” (Burla F., 2014). Molteplici sono i fattori di rischio che possono favorire l’insorgere del disturbo d’ansia, questi possono essere individuati: nel lavoro, in famiglia, nel contesto ambientale, o anche in una malattia fisica. Una situazione particolare in cui è davvero difficile non provare ansia e spesso paura è quella che si verifica prima di un intervento chirurgico. Ognuno, in misura diversa vive questa esperienza passando attraverso una gamma di pensieri negativi prima dell’intervento chirurgico, in casi più gravi si possono manifestare veri e propri attacchi di panico. “Gli attacchi di panico giocano un ruolo importante all’interno dei disturbi d’ansia come un particolare tipo di risposta alla paura” (American Psychiatric Association, 2014). In questi casi si può manifestare la volontà di rinviare o di andarsene dall’ospedale, oppure può aumentare la richiesta di farmaci sedativi da parte del paziente. Le manifestazioni cliniche di risposta allo stress presente in entrambi i tipi di ansia (di stato e di tratto) che accompagnano gli stati emotivi sono di natura neuro­endocrina. “Prima dell’intervento vero e proprio bisogna affrontare quel momento critico di ‘passaggio’ durante il tragitto dal reparto di degenza alla camera operatoria, dove per prima cosa ci si sottopone all’anestesia. Qui aumentano tutte quelle sgradevoli sensazioni di aspettativa che sono l’ansia, la paura e in alcuni casi anche panico. In queste condizioni già sottoporsi all’anestesia rappresenta un problema causato da tutti quei meccanismi che si manifestano con la vasocostrizione, dovuta all’attivazione psicofisiologica dell’organismo che si evidenzia con un aumento del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa e con un aumento della frequenza respiratoria; ciò può far diventare “un’impresa” trovare la vena per introdurre un ago, attraverso il quale iniettare il sedativo (si usa negli ospedali come preparazione all’anestesia) che come nel mio caso non ha dato l’effetto desiderato. (…) Si è così verificata la situazione “imprevista” e cioè sentivo crescere in me la paura e ho chiesto all’anestesista altro sedativo che mi è stato somministrato, ma la mia coscienza si è iperattivata come effetto paradosso, e si è innestato il circolo vizioso negativo: paura – ansia ­ paura; sentire l’inefficacia del farmaco ha fatto aumentare ancora di più la paura e l’ansia, nonché la percezione uditiva con la quale si sono amplificati tutti quei rumori inquietanti che si possono sentire in una camera operatoria” (Rebuscini S., 2014). L’ipnosi, è in grado di ridurre l’ansia preoperatoria, migliorando anche la ripresa dall’intervento. Considerando le rigorose verifiche cliniche disponibili riferite ai casi in cui l’ipnosi e, anche l’autoipnosi, vengono affiancate alle procedure mediche, si notano alcuni effetti positivi tipici e significativamente maggiori rispetto agli analoghi trattamenti medici con procedura standard che avvengono senza il supporto ipnotico. La misura di tale miglioramento può variare soggettivamente, ma la maggioranza dei pazienti trae vantaggio dall’utilizzo dell’ipnosi, con punte di efficacia assolutamente notevoli. “Schnur, Kafer, Marcus e Montgomery [2008] della Mount Sinai School of Medicine di New York, conducono una meta­analisi su ricerche sistematiche che hanno indagato in termini rigorosi l’effetto di interventi ipnotici sul disagio emotivo [emotional distress] che gli utenti provano in occasione di interventi medici [medical procedures] di vario genere: chirurgici generali, odontoiatrici, radiologici, connessi a prelievi ecc. I soggetti presi in considerazione da questa meta­analisi, cui viene indotto uno stato di trance ipnotica, sono in tutto 2.342, studiati in 26 ricerche diverse, condotte in vari Paesi e pubblicate in lingua inglese tra il 1984 e il 2008. Tutte le 26 ricerche sono dei randomized controller trial e prevedono una comparazione con gruppi di controllo, cui non è stata indotta la trance. I vari tipi di distress, che vengono misurati presso i pazienti in occasione dei vari interventi medici, e che vengono trattati come variabili oggettive per quantificare la differenza tra i gruppi di soggetti assistiti con la trance e i gruppi di controllo assistiti senza trance, comprendono: il dolore e l’ansia sia pre­ che post­ operatoria, il pianto, il nervosismo acuto, la quantità di farmaci richiesti, i disturbi rilevanti dell’umore o del comportamento, la durata della degenza dopo l’intervento, le difficoltà del superare la convalescenza, le difficoltà nel rientrare al lavoro o alle attività quotidiane ecc. Dall’insieme dei risultati ottenuti, si rileva che l’88% dei pazienti ipnotici, con una differenza statisticamente significativa rispetto ai pazienti di controllo (z= 5.58, p<0.0001), evidenziano una riduzione positiva del distress emotivo in occasione degli interventi medici con supporto ipnotico. (…) In generale: molti degli interventi ipnotici risultano essere anche cost­effective, nel senso che rappresentano un risparmio economico significativo sulle spese necessarie per il trattamento medico. Una riduzione del distress si traduce spesso anche in: riduzione della quantità di farmaci impiegati (non solo analgesici e ansiolitici); minore impegno fisico (specie per quanto riguarda il lavoro di minore soddisfazione) che viene richiesto agli operatori, miglioramento delle condizioni fisiche e mentali generali ecc. L’ipnosi si dimostra in grado di svolgere un effetto favorevole anche su alcuni aspetti della cura vera e propria” (Perussia F., 2011). Un fattore di interesse medico “è l’impiego della suggestione come supporto per contrastare tutti gli elementi di disagio o di complicazione che si collegano ad aspetti accessori degli interventi chirurgici (al di fuori della sala operatoria vera e propria). In questi casi si dichiara ormai decisamente che, in misura notevole: ‘L’ipnosi è un mezzo non farmacologico per la gestione di effetti chirurgici collaterali avversi’ [Montgomery et Al, 2002]. Le ricerche che portano chiare evidenze in questo senso sono numerose (…). Thomson, della University of Vermont a Burlington, sintetizza così la questione: ‘La preparazione ipnotica dei pazienti per la chirurgia può esercitare un enorme impatto positivo tanto sul decorso chirurgico quanto sul ricovero. L’ipnosi può essere molto efficace nel migliorare le competenze rispetto a: affrontare la difficoltà, gestire lo stress e l’ansia, ridurre il dolore e sviluppare un senso di auto­controllo nel paziente che viene operato, i pazienti che sono psicologicamente preparati alla chirurgia subiscono degenze ospedaliere più brevi, presentano un dolore post­ operatorio minore, un minore uso di narcotici, una diminuita ansietà, una minore nausea, un più rapido recupero della funzione gastro­intestinale’ [Thomson, 2010]” (Perussia F., 2011). In ipnosi si attiva una speciale consapevolezza, caratterizzata da una particolare recettività alle idee che vengono suggerite. Si accetta un’idea perché quell’idea piace e perché si ritiene che quell’idea possa essere utile per trovare alternative diverse al proprio problema: questo è il motivo per cui una persona si dispone a lasciarsi andare, a rilassarsi, facendosi coinvolgere dalle parole del terapeuta. Gli spunti forniti dal terapeuta vengono attivamente rielaborati dalla persona; sono percorsi liberi, che la persona può seguire o meno, o può inventarne altri creando infinite combinazioni. Lo stesso succede per l’eventuale paesaggio descritto dal terapeuta, tutto intorno può mutare ed è soggettivamente interpretato, gli elementi possono essere ampliati, mutati, oppure eliminati dalla scena. Nello stato ipnotico si vive sempre una grande sensazione di libertà, poiché ci si trova fuori dai propri schemi razionali. “L’ipnosi è un processo che ci consente di percepire pensieri e immagini come realtà. Il risultato finale di questo processo, la vera sostanza dell’ipnosi, è la vostra esperienza di pensieri e immagini, un atto che avviene dentro di voi. Non ci può essere ipnosi a meno che la persona non ipnotizzi se stessa partecipando attivamente e volontariamente al processo. In quel senso, tutta l’ipnosi è autoipnosi” (Soskis D. A., 1987). “Per ottenere l’autoipnosi possiamo usare gli stessi procedimenti adoperati per l’induzione d’ipnosi. Possiamo ricalcare la realtà che ci circonda e poi gradatamente arrivare alla nostra realtà interiore. Partiamo dal reale per arrivare all’immaginifico. E’ un processo di apprendimento e di conoscenza che allarga le nostre potenzialità inespresse. E’ una tela bianca che possiamo riempire di colori, di suoni e di impressioni. Possiamo partire dal canale visivo, facendo delle asserzioni che possiamo verificare in qualunque momento, e poi passare a qualcosa di immaginifico, legato a quello che è già successo oppure che potrà succedere. Possiamo fare la stessa cosa sul canale percettivo sensoriale e poi sull’uditivo. Occupando tutti i canali sensoriali, creiamo una situazione di sovraccarico sensoriale che prende tutto il nostro essere. Possiamo guardarci dal di dentro come fossimo in un film” (Gamberini G., 2002). “Al di la di ogni paradigma teoretico l’ipnosi resta per definizione la risposta ad un certo tipo di procedimento che può essere tanto di natura eterogena che di natura autogena. Quest’ultimo aspetto, che viene definito autoipnosi, forse attira maggiormente la curiosità e l’interesse comuni. (…) Con la pratica dell’autoipnosi si possono raggiungere stati di piacevole rilassamento, o di distacco dalla realtà, o anche un profondo senso di abbandono” (Mosconi G., 1993). Tutti siamo in grado di “autoipnotizzarci”, solo che a volte non ci rendiamo conto di farlo o di saperlo fare. Ogni giorno, entriamo più volte in stato di ipnosi, cioè generiamo la trance spontanea, questo succede ogni volta che si verifica una dissociazione tra la mente cosciente e la mente inconscia. “Per autoipnosi si intende generalmente uno stato di trance o di dissociazione, più o meno profonda, che la persona si suggestiona da sola, consapevolmente e di sua iniziativa. L’autoipnosi è uno stato di trance auto­indotta. L’autoipnosi viene insegnata solo qualche volta, nella pratica dell’incontro ipnotico. Ma quando è possibile condurre un intervento con un certo agio, molti operatori ritengono che meriti sempre dedicare un po’ di tempo per insegnare l’autoipnosi al cliente. Per cui l’aggiunta di un breve training auto­ipnotico è entrata a far parte della procedura standard di molti ipnotisti (…). L’ipnosi e la suggestione hanno sempre avuto molto a che fare con l’autoipnosi e l’autosuggestione. Anche perché, specie alla luce della diffusa convinzione secondo cui ogni ipnosi viene descritta come un’autoipnosi, è in pratica molto difficile distinguere: l’autonoma disposizione di un soggetto a farsi suggestionare da un’altra persona, rispetto alla disposizione ad autosuggestionarsi (anche in seguito alle indicazioni offerte da un altro soggetto) da parte di una persona a se stessa” (Perussia F., 2011). Partendo da una mia esperienza personale prima di affrontare un secondo intervento chirurgico per correzione di alluce valgo: “ho deciso di praticare l’autoipnosi. Per facilitare le varie fasi dell’intervento ho utilizzato l’autoipnosi prima per raggiungere uno stato di rilassamento per ricevere il trattamento anestetico (…) ho poi approfondito la trance e usato la tecnica dissociativa per superare la paura dell’intervento vero e proprio. Il risultato è stato che questo secondo intervento ha avuto una durata inferiore rispetto al primo, di almeno 10 minuti. Il post­operatorio, è stato caratterizzato da una minima tumefazione del piede e una scarsa componente algica, non mi ha dato fastidi o dolori particolari, come invece il precedente. Ho continuato ad utilizzare l’autoipnosi anche come analgesico nei giorni seguenti, quando i farmaci non mi aiutavano. Inoltre, ho ripreso la deambulazione molto prima rispetto al primo intervento. Ho voluto testare su di me la differenza che c’è tra il subire passivamente un intervento chirurgico, ed essere, invece, come nel secondo intervento, parte attiva nell’aiutare me stessa. La conclusione è stata che se l’ipnosi etero indotta produce ottimi risultati dal punto di vista del rilassamento, del contenimento dell’ansia prima dell’anestesia e dell’intervento, come dimostrano molti lavori già pubblicati, altrettanto positivamente può essere utilizzata l’autoipnosi. All’uopo è necessario imparare una tecnica di autoipnosi da utilizzare poi al momento dell’intervento, quando non si è già specialisti della materia” (Rebuscini S. in Abstrat book, 2014). Nella attuale realtà sanitaria, la presenza di personale specializzato nel proporre l’ipnosi come preparazione agli interventi chirurgici è attiva solo in alcuni ospedali. Un’altrettanto valida alternativa è, a mio parere, quella di insegnare ai pazienti l’utilizzo dell’autoipnosi da praticare prima dell’anestesia e dell’intervento chirurgico, in modo che in autonomia possano attingere, ogni volta che lo desiderano, alla risorsa auto ipnotica che diventa comunque un supporto in tutte le fasi che riguardano il ricovero, l’intervento e anche il post operatorio. Avvalendomi della mia esperienza personale sull’utilizzo dell’autoipnosi preoperatoria e considerando l’obiettivo comune a diverse persone su cui lavorare, ho prediletto utilizzare la psicoterapia di gruppo all’interno della quale insegnare l’autoipnosi, tale scelta si è basata proprio sulla specificità dell’obiettivo comune a più persone. Gli interventi chirurgici ai quali dovevano sottoporsi i pazienti erano programmati e quindi non riguardavano situazioni di urgenza o di emergenza. Ho formato gruppi di 4/5 persone per insegnare loro l’autoipnosi come “modo” per controllare e contenere l’ansia prima dell’anestesia e dell’intervento chirurgico. Gli incontri si sono svolti nell’arco di sei sedute, di cui la prima individuale e le successive cinque di gruppo, con cadenza settimanale, della durata di un’ora e mezza. Ogni seduta prevedeva uno spazio iniziale colloquiale dove si discuteva sia dei vari tipi di intervento ai quali dovevano sottoporsi i pazienti sia delle loro esperienze individuali fatte durante la settimana, quando dovevano ripetere l’apprendimento della tecnica di autoipnosi a casa da soli, o anche delle specifiche paure di ognuno. La prima seduta individuale è servita per valutare le motivazioni di ogni singolo individuo, i bisogni, le aspettative, i timori; per instaurare un rapport individuale con ciascun paziente e per valutare che non ci fossero condizioni particolari da far escludere l’utilizzo dell’ipnosi. Durante la prima seduta di gruppo sono state fornite le informazioni riguardanti il procedimento ipnotico, la naturalezza della trance ipnotica vista come richiamo di una condizione fisiologica della mente. Il pensiero di Erickson che “l’ipnosi non esiste. Tutto è ipnosi” ha molto a che vedere con l’idea che l’attività ipnotica è un fenomeno fisiologico, e che quindi possiamo accedere a questa risorsa ogni volta che vogliamo. Inoltre sono state fugate idee riguardanti eventuali pregiudizi sulla materia. Le sedute di gruppo sono state mirate all’apprendimento di una tecnica per arrivare prima ad un buon livello di rilassamento e poi allo sviluppo della capacità di dissociazione. La capacità di sospendere il cosiddetto “esame di realtà”, cioè non analizzare il fatto di trovarsi in determinate situazioni o ambienti, è un elemento molto importante in ipnosi per favorire l’apprendimento del fatto che ci si può trovare contemporaneamente in due realtà diverse, sia sul lettino operatorio che nel posto della fantasia prescelto. Questa capacità è specifica dell’emisfero cerebrale non dominante, quello della mente inconscia: “è la parte conscia che si occupa dell’esame di realtà” (Shone R., 1982). “La fissazione dell’attenzione è utilizzata largamente per l’induzione, tanto nella letteratura attuale che nella storia: è un metodo senza tempo. Erickson, tuttavia, sottolineava che non era necessario fissare l’attenzione su un oggetto esterno standardizzato. Idealmente, l’attenzione andrebbe fissata su un oggetto appartenente all’esperienza interiore dell’individuo. Poiché la trance è un’esperienza diretta verso l’interno, risulta facilitata se l’attenzione viene diretta verso un’esperienza soggettiva interiore” (Simpkins C. A., Simpkins A.,2002). Generalmente, questo processo si definisce “assorbimento”; uno stato di attenzione totale che coinvolge tutte le risorse rappresentazionali del soggetto, rendendolo indifferente, disinteressato agli eventi distraesti. “Il restringimento dell’attenzione consente di eliminare dal campo della coscienza gli elementi della periferia dell’attenzione e quelli distraenti: è un fenomeno del tutto fisiologico che tutti utilizziamo quando siamo fortemente concentrati in qualche attività e non ci accorgiamo di quanto succede intorno a noi” (Facco E., 2014). La focalizzazione su un solo pensiero, una unica idea si definisce “monoideismo plastico”. “In ipnosi una sola idea diviene l’attrice illuminata dal faro, tutto il resto è ovattato e scompare, e quel pensiero, quell’unica idea viene vissuta in modo particolare. Questa focalizzazione su un solo contenuto, prende il nome di monoideismo: in ipnosi quell’idea, diventa realtà. Monoideismo vuol dunque dire la presenza di una sola idea, che diventa realtà ‘psichica’. Il termine ‘plastico’ vuol significare che vi è un adattamento a quella realtà. In altri termini in ipnosi il cervello crea una realtà attorno a un’idea suggerita e la sviluppa nel suo mondo inconscio” (Iorio F., 2009) A tal proposito: “Il monoideismo plastico e la suggestione sono due elementi considerati centrali nella fenomenologia dell’ipnosi. Per monoideismo plastico si intende un’intensa rappresentazione mentale di un’idea, vissuta come se fosse reale e con coinvolgimento psicosomatico; questa vivida attività immaginativa comprende quindi la possibilità di modificare l’attività neurovegetativa, adattando la regolazione dell’organismo al vissuto, come ad esempio un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa durante un’attività fisica immaginata. Rende inoltre possibile modificare la soglia del dolore, la percezione del tempo, rivivere eventi e luoghi appartenenti al passato” (Facco E., 2014). Ho prediletto l’utilizzo di una tecnica naturalistica, come definita da Erickson, cioè non strutturata con l’utilizzo di suggestioni indirette, cioè che non prevedono l’utilizzo di ordini diretti. La più semplice e facile, a mio avviso, consiste nel dirigere l’attenzione verso il proprio interno lasciando che tutto quello che c’è e che si sente intorno perda di interesse; seguire il ritmo del proprio respiro e man mano rallentarlo e approfondirlo come succede quando ci si trova nello stato di dormiveglia. In questa fase è stato suggerito ai pazienti di darsi suggestioni auto indotte finalizzate all’ulteriore rilassamento. La suggestione indotta o anche autoindotta avviene quando ci si dispone volontariamente a raggiungere una meta determinata: “Una suggestione indotta può essere paragonata a una risposta condizionata in cui i collegamenti appresi vengono usati per raggiungere uno scopo” (Simpkins C. A., Simpkins A., 2002). Il passo successivo, dopo il raggiungimento del rilassamento, cioè dell’ assorbimento, è stato quello di fare apprendere o meglio sviluppare la capacità di dissociazione. Sono state suggerite metafore generiche in modo che ognuno immaginasse la propria realtà preferita, per lasciare spazio all’immaginazione e alla creatività individuale: “appena raggiungi il tuo stato di rilassamento desiderato puoi alzare il dito di una mano… e poi ritrovarti nel “tuo posto preferito”, quel meraviglioso posto dove ti senti proprio profondamente a tuo agio… e tutto intorno a te è proprio bello e piacevole come piace a te… i colori sono quelli che più ti piacciono… l’ambiente intorno a te è proprio quello che ti fa sentire bene… e l’odore familiare che ti circonda evoca in te sensazioni conosciute di piacevolezza… e i suoni che ti circondano sono piacevoli come voci suadenti che ti accompagnano… puoi ritrovarti a camminare sul bagnasciuga della tua spiaggia preferita laddove acqua e sabbia si confondono creando un piacevole contatto con i tuoi piedi; oppure può darsi che il tuo posto preferito sia un verde tappeto d’erba dove respirare il profumo della campagna; o forse il tuo posto preferito può essere la tua casa e in particolare la tua stanza prediletta; o potrebbe essere un tranquillo giardino fiorito, etc…” Così ogni partecipante può entrare creativamente nella propria realtà preferita. Capacità immaginativa e creatività, sospensione delle facoltà critiche sono ingredienti indispensabili per le diverse applicazioni dell’ipnosi sia essa etero indotta che autoindotta. Tutti in varie misure e situazioni possono sperimentare la dissociazione nella vita quotidiana, come quando si compiono delle azioni in modo totalmente meccanico o come durante il sogno ad occhi aperti o ancora quando si è così assorti in un compito da non rendersi conto di quanto succede all’esterno. Sembra verificarsi una separazione tra il corpo che compie l’azione e la mente che è da tutt’altra parte. Spesso capita guidando l’automobile su un percorso ben conosciuto, ci si assorbe così tanto in altri pensieri da non ricordare poi le strade che sono state percorse per arrivare a destinazione. “La capacità di fantasticare o dissociarsi dall’ambiente esterno è una funzione fisiologica utilizzata nella vita quotidiana dai bambini e da diverse persone adulte: essa è strettamente connessa con la capacità di concentrarsi in un’attività senza essere disturbati dagli stimoli esterni, quindi espressione della capacità di assorbimento. C’è dunque un trait d’union tra assorbimento e dissociazione, perché il primo implica la riduzione o l’abolizione della percezione di quanto non contemplato nel processo di assorbimento. La dissociazione è un’attività psichica del tutto fisiologica, e, come ogni fenomeno fisiologico, è utile alla salute e alla sopravvivenza, finchè non raggiunga livelli disfunzionali, che la trasformano nel suo contrario, ovvero in un fattore patogeno (…). La dissociazione è un fenomeno comune a tutte le esperienze traumatiche, che consente inizialmente di poter gestire meglio l’emergenza e lo stress, dissociandosi da alcuni suoi elementi perturbanti” (Facco E., 2014). Ai pazienti è stato dato il compito di esercitarsi a casa da soli dopo ogni seduta per prendere sempre più confidenza con il nuovo apprendimento. I pazienti si sono poi sottoposti ai loro relativi interventi chirurgici praticando da soli l’autoipnosi. I risultati sono stati positivi in tutti i casi, ognuno di loro ha poi riferito, in un incontro di follow­up, successivo, di essere stato in grado di contenere l’ansia e di essere riuscito ad entrare nello stato di trance, così come appreso durante gli incontri in gruppo e praticato poi a casa prima dell’intervento. “Con l’ipnosi neoericksoniana, caratterizzata proprio dall’utilizzo della creatività, le applicazioni dell’ipnosi, qui autoipnosi, si possono modellare a piacimento anche su se stessi, quando si conoscono i propri canali preferenziali immaginativi e quando si è in grado di utilizzare la propria tecnica, che può essere di volta in volta personalizzata, per raggiungere lo stato di trance ipnotica desiderato” (Rebuscini S., 2014). In conclusione laddove l’utilizzo dell’ipnosi etero indotta è efficace nel contenere e controllare l’ansia prima degli interventi chirurgici, la stessa validità è data anche dall’autoipnosi. La preparazione effettuata in gruppo crea l’ipotesi che l’interazione e l’apprendimento siano maggiormente positivi perché i partecipanti sono motivati e mossi dallo stesso obiettivo, si crea un’atmosfera di condivisione che aiuta a sentirsi ancor di più a proprio agio durante le sedute proprio perché tutti i pazienti sono accomunati dal medesimo scopo da raggiungere. Il confronto e la condivisione con gli altri delle proprie esperienze e dei propri vissuti, aiuta ad avere un’ottica allargata del proprio specifico problema, rivedendolo sotto una nuova luce, si realizza anche un accrescimento dell’autostima; ciò diventa fonte di arricchimento e crescita personale. Alla luce di quest’esperienza sto attivando la psicoterapia di gruppo, all’interno della quale insegnare l’autoipnosi per altre problematiche specifiche quali possono essere ad esempio la fobia sociale, oppure l’aumento di concentrazione nello studio o nell’allenamento sportivo, il superamento di difficoltà di relazione nella coppia, dove manca il presupposto del “noi” ma si mantiene come modalità comunicativa il proprio Sé potenziando l‘ Io e non il “NOI”. Va aggiunto per dovere di cronaca che questo aggancio di terapia che potremmo definire di sostegno crea le premesse perchè alcuni dei partecipanti ai gruppi, desiderano poi mantenere il rapporto terapeutico e intraprendere un percorso individuale di psicoterapia. Il percorso dall’esperienza personale alla condivisione della tecnica fino al modellamento al gruppo, mi ha portato anche a considerare che il gruppo è tranquillizzante perché serve ad imparare una tecnica ma è anche formativo perché consente una visione di se stessi da una prospettiva diversa e questo determina una funzione terapeutica in quanto opera una dissociazione dal proprio modo di vedere e una volontaria sostituzione e adeguamento al modello generalizzato e quindi più facilmente adattabile alle proprie esigenze. Bibliografia su richiesta Dott.ssa Stefania Rebuscini Studio di Psicologia, Psicoterapia e Ipnosi ­ Roma. Psicologa, Psicoterapeuta, Specialista in Psicoterapia ipnotica, Socio Amisi (Associazione Medica Italiana per lo Studio dell’Ipnosi di Milano). Studio di Psicologia, Psicoterapia e Ipnosi ­ Dr.ssa Stefania Rebuscini Specialista in Psicoterapia Ipnotica Via Ottavio Ragni,12 – 00135 Roma Tel. 06.36381907 – 339.6236847 www.stefaniarebuscini.it – [email protected]