ipnosi neoeriksoniana - loredana otranto psicologa

IPNOSI NEOERIKSONIANA.
Trattamento con psicoterapia ipnotica in casi di violenza: confronto tra approcci
ipnotici differenti. “Il terapeuta ha l’obiettivo primario di modificare il comportamento,
le risorse sensoriali e lo stato di coscienza del paziente e, subordinatamente, di
allargare e diversificare il complesso di esperienze con modi nuovi e positivi di pensare
sentire e agire” Giampiero Mosconi.
L’ipnosi ha avuto, dai tempi antichi ai giorni nostri, un’evoluzione storica e clinica molto
articolata e complessa. Infatti, come teorizzato dal Prof. Mosconi et al. (2001) nel terzo
manifesto teorico didattico dell’AMISI (associazione medica Italiana per lo studio
dell’ipnosi) dopo il primo dei grandi periodi storici dell’ipnosi, che ha avuto
necessariamente un inizio incerto e confuso con i tentativi di Mesmer e Puysegur di
varcare la soglia della scientificità, in pratica rimasti tali, una seconda fase si è aperta
gradualmente con Pierre Janet, Bernheim, Charcot e Freud. Essi intravidero le
possibilità del fenomeno, su un piano clinico e sperimentale, ne ampliarono anche il
concetto sino a renderlo inizialmente concreto e realizzabile, ma l‘ipnosi preericksoniana poco si prestava ad un vero lavoro psicoterapeutico, perché
ancora avvolta dalla misteriosità, dalla suggestionabilità e soprattutto dallo
squilibrio terapeuta-paziente, laddove le tecniche di suggestione diretta imponevano
al paziente una posizione tipicamente passiva e condiscendente.
La psicoterapia ericksoniana grazie a M. Erickson è stata dunque, pioniera di un nuovo
modo di concepire ed utilizzare l’ipnosi. Modalità che si è rivelata estremamente utile
nel lavorare con donne vittime di violenza. L’assunto, ad esempio, per cui l’individuo è
unico, come unico è l’approccio per curare il paziente ha favorito quella creazione
del rapporto necessaria per proseguire nel percorso terapeutico. Si parla inoltre di
inconscio come magazzino di risorse, una fonte inesauribile di risorse che se scoperte e
sfruttate possono ricomporre grandi fratture dell’anima. Ciò che di rivoluzionario se pur
presente, nella prassi della psicoterapia ipnotica neo-ericksoniana da tempo, è stato il
principio dell’utilizzazione per stimolare il cambiamento. La persona può imparare
nuove abilità o orientare la propria attenzione verso nuovi modi di vedere le cose o
di pensarvi per risolvere problemi e conseguentemente i sintomi correlati. Come
compreso, Erickson ha un approccio naturalistico e positivo; naturalistico perché si
regge sulla premessa che la situazione del paziente va accettata così com’è; positivo
perché sottolinea gli aspetti funzionali del soggetto e ritiene che le risorse necessarie al
cambiamento siano insite nella storia esperienziale della persona. Sarà la trance
ipnotica ad agire su tali risorse, estraendole dall’inconscio e restituendole al loro pieno
potenziale (Mosconi, 2007).
C’è poi da fare un’ulteriore differenza tra neoericksoniano ed ericksoniano. Il prefisso
neo sottolinea semplicemente l’evoluzione della tecnica Ericksoniana per farla
risuonare in linea con i nostri tempi. Pur partendo dalla stessa matrice teorica i
neo ericksoniani limano alcuni effetti scenici del dr. Erickson ritenendoli non necessari
per il fine terapeutico privilegiando di fatto un procedimento di carattere totalmente
indiretto, di modificazione dello stato di coscienza di tipo comunicativo che è indirizzato
al trattamento dei disturbi emotivi e della personalità che viene rafforzata con il
richiamo alle risorse ed alla potenzialità conservate nell’inconscio (Mosconi et al. 2001).
La metodica psicoterapeutica neoericksoniana, dunque, privilegia il rapporto e l’aspetto
comunicativo basandosi sullo studio dell’aspetto relazionale per la migliore
comprensione dei dinamismi psichici costituiscono gli elementi fondamentali per il
cambiamento e la cura del paziente. Perché privilegiare questo tipo di approccio nel
trattamento di casi di violenza? La rimozione diretta del sintomo, come da vecchia
scuola ipnotica potrebbe causare “effetti collaterali” peggiori dell’antidoto, come
destrutturazione di personalità, dissociazioni, fenomeni depressivi o bipolari e agire sul
sistema nervoso. Come asserisce Pavlov (tratto da rivista di psicologia scientifica
2004) «La normale attività nervosa consiste nel funzionamento dei due processi
di inibizione e di eccitazione, che si trovano in rapporti complessi tra di loro, e […] tipi
estremi, incapaci di equilibrare questi fondamentali processi nervosi, cederanno
naturalmente con maggiore facilità sotto i colpi della vita in confronto agli altri tipi di
attività nervosa». Questo pensiero ben si adatta ad un approccio sintomatico di
tipo diretto. Inoltre Pavlov dice: “Nello studio dei malati la mia attenzione fu attirata da
un sintomo, che nella clinica non ha, purtroppo, nessuna denominazione speciale.
Questo sintomo consiste nel fatto che l’ammalato non risponde alle domande postegli
e non entra quindi in un contatto con voi, mentre talvolta quando ripetete queste
domande a voce bassa ed in un ambiente tranquillo, potete ottenere la risposta
corrispondente. È indubbio che questo sintomo presenta una piena analogia con la fase
paradossale dello stato ipnotico, quando l’animale reagisce agli stimoli deboli e non
risponde a quelli forti”. Il neoercksoniano sfrutta tutte le risorse e le potenzialità del
paziente seguendo e rispettando i suoi tempi. Lascia che egli risponda agli stimoli
deboli. Il paziente grazie al terapeuta neoercksoniano può sentirsi protetto, supportato,
adeguatamente stimolato e perfettamente calato in quel clima terapeutico necessario
per il superamento del trauma emotivo. Ritengo, inoltre che donne con tipologie di
traumi legati alla violenza sia fisica che psicologica, necessitino di una delicatezza
particolare, delicatezza assicurata da questo tipo di approccio.
Dott.ssa Loredana Otranto