Loreta Risio
Bioetica
Storia problemi scenari
Copyright © MMIX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 a/b
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–2851–3
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 2009
Ai miei genitori
La felicità
è un’attività conforme a virtù
Aristotele, Etica nicomachea,
Libro X, 7
Indice
Introduzione .................................................................11
1. Dal Giuramento di Ippocrate alla bioetica ............17
1.1 L’etica medica secondo il paradigma ippocratico ...... 17
1.2 La persona, la dignità umana e la medicina................ 23
1.3 Diritti umani in bioetica ............................................. 25
2. La nascita della bioetica ..........................................31
2.1 Il filone bioecologista ................................................. 32
2.2 Il filone biomedico ..................................................... 34
2.3 Ambiti di competenza e definizione ........................... 35
3. Modelli etici in bioetica ............................................41
3.1 Il principlismo ............................................................ 41
3.2 Cognitivismo e non cognitivismo ............................... 44
3.3 Laici vs cattolici: il caso italiano ................................ 55
4. Etica della sperimentazione clinica ........................61
4.1 Metodo sperimentale e sperimentazione clinica ......... 61
4.2 Scienza ed etica: valore e validità scientifico ............. 63
4.3 La ricerca sull’uomo ................................................... 67
4.4 Il consenso informato ................................................. 71
5. Quando comincia la vita? ........................................73
5.1 La questione dell’aborto: diritti a confronto ............... 73
5.2 La legalizzazione dell’interruzione di gravidanza ...... 78
5.3 La regolamentazione della fecondazione assistita ...... 83
5.4 Gli interventi sulla vita nascente ................................ 85
9
10
Indice
6. Medicina dei trapianti e definizione di morte .......91
6.1 La storia dei trapianti e la medicina di rianimazione.. 91
6.2 La definizione di morte cerebrale ............................... 93
6.3 Il dibattito sulla definizione di morte ......................... 94
6.4 Etica e donazione...................................................... 102
7. Bioetica, eutanasia e dignità della morte .............105
7.1 Le dichiarazioni anticipate di volontà ...................... 109
7.2 Il dibattito sull’eutanasia .......................................... 110
7.3 La legalizzazione dell’eutanasia ............................... 121
7.4 La dignità del morire ................................................ 125
8. Bioetica nella vita quotidiana ................................131
8.1 Stile di vita e prevenzione ........................................ 131
8.2 L’alimentazione ........................................................ 133
8.3 La sessualità ............................................................. 135
8.4 Conoscere se stessi ................................................... 139
Indice dei nomi ...........................................................141
Bibliografia .................................................................143
Introduzione
Grazie alla tecnica, alla scienza e alla medicina l’uomo possiede oggi una capacità di intervenire sulla salute, sulla vita e
sulla morte che non ha eguali nella storia. Senza dubbio ciò
rappresenta un grande beneficio, ma anche un potenziale rischio: nel momento in cui l’uomo diventa l’oggetto stesso sul
quale viene impiegato il potere conferito dalla tecnica, egli può
essere reificato e strumentalizzato. Nella sperimentazione su esseri umani, ad esempio, l’uomo non è solo il beneficiario
dell’impiego delle conoscenze scientifiche e delle potenzialità
tecniche ma diviene lo strumento attraverso il quale le conoscenze si acquisiscono. Se la ricerca scientifica dimentica la sua
ragion d’essere, ovvero la promozione del benessere di ogni
singolo individuo, tanto la dignità dell’uomo quanto la sua integrità possono essere sacrificate in nome della scienza.
L’uomo è per natura un essere degno di estremo rispetto che
non può essere mai ridotto a mero strumento; argomenta a tal
proposito Immanuel Kant: «gli esseri razionali sono chiamati
persone, perché la loro natura li designa, già essa, fini in sé,
cioè come qualcosa che non può venire adoperato esclusivamente quale mezzo: e, pertanto, tale natura pone un limite
all’arbitrio (ed è oggetto di rispetto)»1. Il riconoscimento della
dignità umana ne impone un rispetto assoluto e ne esclude qualsiasi strumentalizzazione: «agisci in modo da considerare
l’umanità, sia nella tua persona, sia nella persona di ogni altro,
sempre anche al tempo stesso come scopo, e mai come semplice
mezzo»2.
1
I. Kant, Grundlegung zur Metaphysik der Sitten, 1785, traduzione e cura di V.
Mathieu, Fondazione della metafisica dei costumi, Rusconi, Milano 1994, p. 143, corsivo dell’Autore.
2
Ivi, p. 143-145, corsivo dell’Autore.
11
12
Introduzione
Il valore, e quindi la dignità, e il rispetto dovuto a ciascun
individuo non si misura su caratteristiche contingenti: condizioni sociali, economiche, di salute ecc. E le più controverse problematiche della bioetica nascono proprio dal disconoscimento
del valore di ogni vita umana, o addirittura dal disconoscimento
dello statuto di essere umano, ovvero di persona, operato a carico di soggetti particolarmente deboli, quali embrioni o malati in
fase terminale.
Ma in gioco non vi è solo la dignità umana e l’integrità personale di alcuni: oggi l’uomo può mettere a repentaglio
l’umanità stessa: vale a dire sia la sopravvivenza della specie
quanto l’essenza dell’uomo. A mo’ di un apprendista stregone,
l’uomo desidera prendere in mano il destino della specie e guidare l’evoluzione: egli impiega il suo potenziale tecnico e le sue
conoscenze sulla propria natura e identità genetica, senza tuttavia essere in grado di controllare gli effetti del suo agire né poter tornare indietro nel momento in cui si trovasse di fronte a
situazioni non desiderate.
La bioetica si propone il compito di vigilare sull’impiego
della tecnica, a tal scopo contribuisce all’elaborazione di norme
etiche ma anche giuridiche che indichino dei confini netti per
l’impiego della tecnica sull’uomo, e regolino con rigore la ricerca su soggetti umani. Ne può conseguire talvolta una limitazione della libertà della scienza e dell’autodeterminazione dei
singoli, e un rallentamento dello sviluppo delle scienze; ciò appare ingiustificato se non visto alla luce del bene che così viene
tutelato: la vita, l’integrità e la dignità dell’essere umano, in
quanto individuo e in quanto umanità presente e futura. Del resto, come sostiene Hans Jonas, «la società sarebbe di fatto messa in pericolo dall’erosione di quei valori morali la cui eventuale perdita, a causa di una pratica troppo sconsiderata del progresso scientifico, renderebbe i suoi risultati più abbaglianti non
degni di essere posseduti»3.
3
H. Jonas, Technik, Medizin und Ethik. Zur Praxis des Prinzips Verantwortung, Insel Verlag, Frankfurt am Main 1985, trad. it. di P. Becchi, A. Benussi, Tecnica medicina
ed etica. Prassi del principio responsabilità, introduzione e cura di P. Becchi, Einaudi,
Torino 1997, p. 108.
Introduzione
13
Ma quali sono i criteri per discernere ciò che è lecito fare da
ciò che non lo è in situazioni inedite? Ebbene, l’elemento ineludibile per formulare un giudizio sull’uso della tecnica e dei saperi scientifici ci viene fornito dalla natura umana. Come sa
bene la medicina, l’organismo umano possiede un funzionamento normale ovvero nella norma, in riferimento al quale si
giudica dello stato di salute o di malattia in cui versa
l’individuo. Sotto il profilo etico, il normale funzionamento
dell’organismo umano come anche l’emergere di una malattia
offre delle indicazioni per dirigere la condotta. Se di per sé
mangiare due fette di un dolce non è un gesto particolarmente
rilevante dal punto di vista etico, lo diventa se a farlo è una persona affetta da una grave forma di diabete, che in questa maniera espone la sua vita ad un serio pericolo. Allo stesso modo la
persona sana deve scegliere uno stile di vita che favorisca la
conservazione dell’equilibrio del suo organismo.
Poiché l’uomo non è solo un corpo, ma possiede anche una
dimensione intellettuale ed emotiva, ed una spirituale, il riferimento alla salute, come del resto alla natura umana ed ai suoi
risvolti etici, è più complesso. Non a caso l’Organizzazione
Mondiale della Sanità definisce la salute come «uno stato di
completo benessere fisico psichico e sociale e non semplice assenza di malattie». Si tratta forse di una definizione per certi
versi poco realistica ovvero utopica, secondo la quale, a volerla
prendere alla lettera, nessuno è in buona salute: chi può dire di
trovarsi in un completo stato di benessere sotto tutti i punti di
vista? Forse sarebbe più opportuno parlare di uno stato di equilibrio complessivo della persona. Tuttavia, questa definizione
coglie un aspetto molto importante: la pluridimensionalità della
salute che riflette la natura composita dell’uomo.
Ebbene, tale natura fornisce le indicazioni per conservare
quell’equilibrio nel quale consiste la salute. Dal punto di vista
dell’etica, la natura umana è normativa, ovvero offre le norme e
i criteri per giudicare della bontà di un’azione. Indubbiamente
l’uomo può decidere di rifiutare la sua natura, mancando la propria realizzazione, non può in ogni caso decidere liberamente
della sua essenza, vale a dire darsene una a piacimento. Qui non
14
Introduzione
si parla della mera struttura biologica dell’organismo umano ma
di un’elaborazione che è allo stesso tempo filosofica, psicologica ed etica, che mira ad individuare le strutture caratteristiche
non solo fisiche ma anche psichiche, emotive e spirituali
dell’essere umano. Si tratta quindi di un’elaborazione culturale
che in quanto tale risente delle epoche e che può essere discussa, corretta e modificata nel corso del tempo, ma non negata.
Del resto, riconoscere i caratteri peculiari della natura umana,
quindi le sue esigenze, è uno dei compiti propri della riflessione
etica, poiché è funzionale alla ricerca della felicità che, come
insegna Aristotele, consiste nella realizzazione di se stessi nelle
proprie peculiarità come esseri umani e particolarità come individui4.
Questa ricerca consta di due parti: nella prima (capp. 1-3)
viene realizzata una ricostruzione della storia e della disciplina
bioetica mostrandone le fonti recenti e remote, gli autori e gli
argomenti di maggior rilievo, nonché i modelli etici presenti nel
dibattito. Le molteplici posizioni bioetiche sono oggetto di riflessione non solo etica ma metaetica, numerosi autori cioè si
sono posti il problema di ricondurre le posizioni dei partecipanti
al dibattito ad un numero ristretto di modelli etici. Secondo alcuni esistono solo due paradigmi contrapposti, chiaramente evidenti: si ha una bioetica laica contrapposta ad una bioetica cattolica. Secondo altri, è possibile trovare delle strategie per classificare le posizioni in bioetica ma le differenze tra di esse sono
tali da non permettere l’individuazione di due soli paradigmi.
Il testo presenta entrambe le ricostruzioni della disciplina,
ma chi scrive predilige la seconda che mostra la coesistenza della molteplicità delle visioni etiche e non le riduce e costringe a
due soli modelli: si tratterebbe infatti di una forzatura tale da
falsare talvolta la rappresentazione e smarrire la ricchezza e
l’originalità delle posizioni e delle argomentazioni addotte. Il
modello dei due paradigmi distinti e contrapposti – laici vs cattolici – è altresì funzionale per una lettura della bioetica come
4
Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea.
Introduzione
15
terreno di confronto o di scontro tra due Weltanschauungen ed è
molto efficace nella trasposizione giornalistica del dibattito sulle differenti questioni nel nostro paese, ma non corrisponde al
reale stato della disciplina.
Questa scelta sul piano metaetico influenza la seconda parte
dell’opera nella quale si attua una disanima delle tematiche di
bioetica, mostrando gli aspetti di rilevanza etica delle differenti
pratiche mediche, nonché i risvolti giuridici, filosofici e psicologici. Il lettore attento noterà che, nel riportare le argomentazioni a favore o contro la liceità delle differenti pratiche, si è
scelto di non identificare immediatamente una posizione etica
con uno schieramento: avremmo potuto parlare, per esempio, di
un fronte laico che sostiene la liceità dell’eutanasia e un fronte
cattolico contrario (cap. 5). Ma ciò sarebbe stato riduttivo e forviante: più che una netta contrapposizione tra i partecipanti al
dibattito si ha una pluralità di visioni. Vi sono autori laici, è il
caso di Hans Jonas, che condannano la pratica eutanasica per
motivazioni filosofiche e non religiose, mentre vi sono autori
cattolici che sostengono la liceità dell’eutanasia con argomentazioni religiose, si pensi ad Hans Küng, o in nome del rispetto
del pluralismo, come fa Tristam Engelhardt. Vedremo come
studiosi molto lontani per formazione cultura e idee possano
convergere su alcuni punti e divergere su altri: Hans Jonas e Peter Singer, ad esempio, concordano nel criticare la definizione
di morte cerebrale ma hanno giudizi quanto mai differenti sul
trattamento dovuto ai pazienti definitivamente privi di coscienza e sul trapianto degli organi (cap. 6).
L’opera ha infine lo scopo di offrire al lettore le informazioni necessarie per comprendere le problematiche attuali della
bioetica, ed orientarsi nella complessità delle questioni dovuta
al carattere interdisciplinare delle stesse. Accanto a conoscenze
essenziali di medicina e scienza il lettore, che vuole confrontarsi
consapevolmente con i problemi della bioetica, deve disporre di
un minimo di competenze filosofiche, giuridiche ecc. che questo testo propone con chiarezza e semplicità.
16
Introduzione
Desidero ringraziare quanti in varia misura hanno sostenuto
e contribuito alla realizzazione di questo lavoro. Riconosco un
particolare debito di gratitudine per il Professor Mario Fulcheri
che mi ha offerto l’opportunità di una fruttuosa collaborazione e
di crescita professionale. Mia è la responsabilità delle argomentazioni proposte e delle tesi sostenute.
1. Dal Giuramento di Ippocrate
alla bioetica
La bioetica nasce come disciplina autonoma solo negli ultimi trenta anni del XX secolo sotto l’impulso dello sviluppo
scientifico e tecnologico e in particolare sotto l’inedita minaccia
che un uso irresponsabile delle più recenti conquiste tecniche
rappresenta per l’ecosistema, per la sopravvivenza dell’umanità
e la dignità umana.
Sebbene la disciplina sia estremamente recente le sue origini,
ovvero le sue fonti sono rinvenibili nella plurimillenaria storia
della cultura occidentale: il primo contributo di rilievo alla riflessione etica sulla professione medica, che rappresenta ancora
un punto di riferimento, è l’etica ippocratica. In secondo luogo,
la cultura cristiana ha elaborato una serie di concetti e principi
etici che pervadono profondamente la modalità con cui l’uomo
moderno pensa a se stesso e al ruolo dell’arte medica. Il terzo
momento che ha contribuito a fornire le basi teoriche della bioetica è la nascita della deontologia moderna. Oggi si assiste ad
un’accesa discussione che investe la fondazione e la legittimità
stessa della disciplina e comporterà una profonda revisione e
rielaborazione dei sui concetti fondamentali.
1.1 L’etica medica secondo il paradigma ippocratico
Ippocrate di Kos, vissuto in Grecia tra il V e IV sec a. C., è
considerato il fondatore della medicina moderna, poiché sostiene l’origine del tutto naturale della malattia, escludendone una
17
18
Dal Giuramento di Ippocrate alla bioetica
provenienza divina, e per primo impiega il metodo induttivo per
individuare la diagnosi e la terapia di un male. Egli intuisce che
l’attenta osservazione dei sintomi, la capacità di interrogare il
paziente e la lunga esperienza del medico sono fondamentali
per praticare con successo la medicina.
Ippocrate sottopone al Giuramento i suoi discepoli che si apprestano a esercitare la professione medica. Il Giuramento è il
testo più noto all’interno del Corpus ippocratico ed è una delle
più belle pagine di bioetica ante litteram ovvero di deontologia
professionale che sia mai stata scritta, e infatti a distanza di secoli conserva ancora in buona parte il suo valore.
Giuramento di Ippocrate
Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e
per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto
scritto. Terrò chi mi ha insegnato quest’arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei
miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considerò i suoi
figli come fratelli, e insegnerò loro quest’arte se vorranno apprenderla,
senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti
e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del
mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il
giuramento medico e nessun altro. Sceglierò il regime per il bene dei
malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar
danno e offesa. Non somministrerò a nessuno, neppure se richiesto,
alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un’iniziativa del genere; e
neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l’aborto.
Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure
chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di
questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi
che schiavi. Tutto ciò ch’io vedrò e ascolterò nell’esercizio della mia
professione, o anche al di fuori della professione nei miei contatti con
gli uomini, e che non dev’essere riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò,
possa io godere dei frutti della vita e dell’arte, stimato in perpetuo da
tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il
contrario.
Capitolo I
19
I principi etici che guidano l’opera del medico ippocratico
presenti nel Giuramento sono essenzialmente quattro. In primo
luogo il precetto che con una terminologia attuale possiamo definire principio di beneficialità e di non maleficienza: il medico
è chiamato a curare il paziente e lenire la sua sofferenza, astenendosi dall’arrecargli dei danni. Ciò comporta anche il divieto
di causare volontariamente la morte o l’interruzione di una gravidanza, anche qualora è la persona interessata a farne richiesta.
Il secondo dei principi rinvenibili nell’etica ippocratica è il
cosiddetto paternalismo. Il medico è ritenuto il solo a sapere cosa sia meglio per il suo paziente, così spetta a lui solo farsi carico secondo scienza e coscienza delle decisioni circa la terapia
da seguire. Il medico ippocratico, inoltre, si astiene dal mettere
al corrente il malato circa la reale prognosi quando questa sia
certamente infausta, nella convinzione che il paziente non voglia sapere o non possa sopportare l’idea della propria morte. In
ciò il medico assomiglia ad un padre che protegge i suoi bambini dalla responsabilità della scelte e da una dolorosa verità.
Ippocrate ha compreso l’importanza del segreto professionale: il rispetto del medico nei confronti del paziente, funzionale
all’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra i due, è alla base di
un’efficace alleanza terapeutica contro la malattia. Buona parte
del potenziale terapeutico della medicina ippocratica risiede
proprio nelle aspettative di guarigione che il malato ripone nel
suo medico e nella convinzione che questi sarà in grado di restituirgli la salute. Indubbiamente l’effetto placebo, ovvero la guarigione spontanea favorita da un atteggiamento fiducioso del
paziente, offre risultati ben superiori a quelli che si sarebbero
potuti raggiungere con le limitate risorse e conoscenze di cui si
disponeva all’epoca.
Infine, il medico ippocratico è consapevole della duplice matrice della sua professione: non si può essere un buon medico
senza possedere adeguate competenze professionali che vanno
poi coniugate con la consapevolezza della dimensione etica della medicina. Le caratteristiche della figura del medico ippocratico sono le conoscenze e le capacità strettamente scientifiche
ma anche lo spessore umano ed etico della persona.
20
Dal Giuramento di Ippocrate alla bioetica
In sintesi, possiamo affermare che i quattro principi fondamentali dell’etica ippocratica sono:
− principio di beneficialità e non maleficienza;
− paternalismo;
− rispetto del segreto professionale;
− competenza professionale ed impegno etico.
Nel suo nucleo fondamentale l’etica di Ippocrate conserva il
suo valore, tanto che resta il punto di riferimento del giuramento prestato oggi dal medico neolaureato. Tuttavia si è sentita
l’esigenza di modificarne il testo in virtù delle prerogative riconosciute al paziente nel corso del Novecento. La versione attuale del giuramento recita come segue1:
Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e
dell’impegno che assumo, giuro:
− di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di
comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
− di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale,
ogni mio atto professionale;
− di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;
− di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la
morte di una persona;
− di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;
− di promuovere l’alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla
fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione
dei principi a cui si ispira l’arte medica;
− di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze;
− di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della
medicina;
1
A cura della Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri.
Capitolo I
21
− di affidare la mia reputazione professionale esclusivamente alla
mia competenza e alle mie doti morali;
− di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e
−
−
−
−
−
comportamento che possano ledere il decoro e la dignità della professione;
di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni;
di rispettare e facilitare il diritto alla libera scelta del medico;
di prestare assistenza d’urgenza a chi ne abbisogni e di mettermi,
in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’autorità competente;
di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su
tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche
che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.
Accanto al dovere di fare il bene e di non nuocere al paziente, dove l’insegnamento ippocratico è rimasto sostanzialmente
inalterato, si è affermato il principio di autonomia del paziente
che ha sostituito, almeno in teoria, il paternalismo medico. Emerge chiaramente come il paziente, dopo aver ricevuto tutte le
informazioni e i consigli di cui ha bisogno, sia chiamato ad assumersi in prima persona la responsabilità delle decisioni circa
la propria salute. Questa evoluzione della coscienza e dell’etica
medica è stato in parte il naturale approdo di una nuova sensibilità etica, ma in parte anche il frutto di un intenso ripensamento
del rapporto medico-paziente innescato da episodi che, come
vedremo, hanno segnato la storia del Novecento.
Il principio di autonomia è oggi riconosciuto come elemento
fondamentale nel rapporto tra medico e paziente, ciononostante,
se portato alle sue estreme conseguenze, esso può rappresentare
un fattore di crisi per l’etica ippocratica. Fino a che punto la volontà autonoma del paziente deve guidare la mano del medico?
Ovvero, può un medico togliere la vita al suo paziente se è questi a farne richiesta? In altre parole, il principio ippocratico della
non maleficienza entra in contrasto con l’autodeterminazione
del paziente che desideri morire con l’aiuto del medico.
22
Dal Giuramento di Ippocrate alla bioetica
Si tratta di un problema quanto mai aperto nella riflessione
bioetica: il paradigma etico ippocratico basato sul precetto di
fare il bene – che si traduce nell’atteggiamento paternalistico –
e sul divieto di nuocere, rischia di venire spazzato via
dall’assolutizzazione della libertà del paziente. Il che può essere
evitato solo riuscendo a trovare una fondazione solida a quello
che è il pilastro portante dell’etica ippocratica, il nemine ledere.
Per evitare tale deriva – la contrapposizione netta di diritti e
prerogative di medico e paziente – la volontà del malato deve
incontrare quella del medico in un rapporto di amicizia che leghi i due protagonisti dell’alleanza terapeutica in una comunione di intenti2.
Se da una parte l’etica ippocratica è considerata inattuale
perché non riconosce l’autonomia del paziente, dall’altra è in
grado di insegnare un valore che la medicina moderna ha perduto: una componente imprescindibile del profilo del buon medico,
accanto alle competenze strettamente scientifiche, è la dimensione umana ed etica che deve guidare la sua condotta3. L’oblio
della componente umanitaria della professione medica è dipeso
dalla continua specializzazione e parcellizzazione della medicina in forza della quale al letto del paziente si avvicina un numero sempre maggiore di medici senza che nessuno di essi instauri
con lui un solido rapporto personale basato sulla fiducia4.
2
In questa direzione si muove tra gli altri la proposta del filosofo spagnolo Pedro
Líam Entralgo, El médico ey el enfermo, Guadarrama, Madrid 1969, traduzione e introduzione a cura di A. Savignano, Il Medico e il Malato, Apèiron, Bologna 1999.
3
Non a caso, sull’esempio dell’etica ippocratica, Karl Jaspers, medico filosofo del
secolo scorso, individua i due pilastri costitutivi della professione medica nelle competenza specifiche e nello spessore etico e umano della persona del medico: «da un lato la
conoscenza scientifica e l’abilità tecnica, dall’altro l’ethos umanitario. Il medico non
dimentica mai la dignità del malato e la sua autonomia decisionale, né il valore insostituibile di ogni singolo uomo», K. Jaspers, Der Arzt in technischer Zeitalter, Piper, Monaco 1986, trad. it. di M. Nobile, Il medico nell’età della tecnica, introduzione di U.
Galimberti, Raffaello Cortina, Milano 1991, p. 2. Ma, nota il filosofo, «L’ideale umanitario che, accanto alla scienza, rappresenta il secondo pilastro della moderna condizione
di medico, viene oggi sacrificato in misura crescente». Ivi, p. 23.
4
A tal proposito Jaspers scrive: «tra medico e malato si inseriscono cliniche, mutue,
laboratori di ricerca. Sorge un mondo che rende possibile una pratica medica immensamente accresciuta nella sua efficacia, ma contrastante poi con la stessa condizione del
medico. I medici divengono funzioni: medico generico, medico specialista, medico o-