Zygmunt
Bauman
Ruolo del consumo nelle trasformazioni passate e nelle
dinamiche attuale del modo umano di essere-nel-mondo
Per tutta la storia umana le attività di consumo o legate ai consumi hanno fornito
una costante disponibilità di «materia prima» da cui plasmare la varietà di forme
di vita e di schemi delle relazioni tra gli uomini.
Col passare dal consumo al consumismo,
come afferma C. Campbell,
il consumo è diventato fattore centrale trasformandosi
come «scopo stesso dell’esistenza» (C. Campbell, 2004, 27).
La «dipendenza da negozio» inizia sin da piccoli.
Nella società dei consumatori ognuno deve, dovrebbe, è tenuto ad essere
consumatore per vocazione.
Il consumo è visto e considerato come vocazione, unico diritto universale
dell’uomo e, al tempo stesso, un dovere universale che non conosce eccezioni.
Consumo si sostituisce al lavoro, alla produzione
Riutilizzo di bisogni, aspirazioni, desideri …
Consumismo = la forza che alimenta e fa funzionare la società,
Consumismo = attributo della società
Le domande per comprendere al meglio il fenomeno:
Che cosa vogliamo, desideriamo, agogniamo?
Come si modifica la sostanza del nostro volere, desiderare,
agognare?
Società solido-moderna dei produttori
L’appropriazione e il possesso dei beni – sicurezza, stabilità.
Futuro sicuro, stabile, quindi, i beni non erano destinati al
consumo immediato… si pensava dovessero essere protetti dal
deterioramento e conservati.
Al contrario …
Consumismo
associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni ma
alla costante crescita della quantità e dell’intensità dei desideri.
Rapido utilizzo, rapida sostituzione degli oggetti
Parole chiave della società dei consumi
Instabilità
insaziabilità
scartare
sostituire
ricambio
fretta
Dal fare le cose, appropriarsene e accumularle al … disfarsene
Come? Con un altro giro di acquisti!
Immediata eliminazione degli oggetti (a volte ancor prima di essere goduti)
Contesto liquido-moderno - S. Bertman «cultura dell’adesso», «cultura
frettolosa» (S. Bertman, 1998).
Il tempo non è lineare ma «puntinista» (M. Maffesoli, 2003, 13),
«punteggiato» (N. Aubert, 2003, 187, 193)– abbondanza di rotture e
discontinuità – mancanza di coerenza e coesione.
Le grandi aziende dei «beni durevoli» hanno effettuato un grande
«lavoro di pulizia»
Cultura dell’eccesso e dello spreco
Economia consumistica
i prodotti prima arrivano poi vanno in cerca di applicazioni
Crescita esponenziale – eccesso di informazioni (industria
della comunicazione, inserzioni pubblicitarie, ecc.) per catturare
l’attenzione e generare bisogni
«Il risultato è che raccogliere
frammenti di rumore e convertirli in
messaggi dotati di senso si trasforma
in un processo sostanzialmente casuale»
G. Simmel – tendenza ad essere «blasé»
«Al blasé tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco,
incapace di suscitare preferenze. […] Le cose galleggiano con lo
stesso peso specifico nell’inarrestabile corrente del denaro»
(G. Simmel, 1995, 43)
Attutimento della sensibilità rispetto alle differenze
(significato e valore)
Malinconia dell’Homo eligens
La confusione che deriva dallo scontro fatale tra l’obbligo e la
necessità di scegliere (l’assuefazione alla scelta) e l’incapacità
di compiere una scelta
«Puntinizzazione» del tempo e assenza di
criteri affidabili per separare il messaggio dal rumore
Società dei consumi
la sola a promettere la felicità istantanea e perpetua
l’unica che si astiene dal giustificare e legittimare ogni forma di
infelicità
Tuttavia la tesi secondo cui la crescita dei consumi e del reddito è la
strada maestra per raggiungere la felicità non è ancora dimostrata
Malcontento, insicurezza
Tanto che R. Layard sostiene che
il consumo è una «ruota edonistica»,
non una macchina brevettata per produrre felicità,
ma chi entra nella ruota non è detto che ottenga la soddisfazione
totale (R. Layard, 2005).
La capacità dei consumi di aumentare la felicità è limitata e non si
estende al campo dei bisogni dell’esistenza, di autorealizzazione ecc.
La promessa di soddisfazione
genera seduzione,
quindi … corsa al consumo!
La non soddisfazione genera infelicità.
Il metodo consiste quindi nel soddisfare ogni
bisogno/desiderio/carenza in modo tale che essi possano dar luogo
ad altri bisogni/desideri/carenze.
Rottamazione delle offerte di consumo, di illusioni
Società dei consumatori perfettamente funzionante si basa
sull’ipocrisia – ogni promessa è ingannevole, esagerata
Economia dell’illusione – Irrazionalità, emozioni consumistiche
Economia, società, cultura del consumo
Sistema capace di autoequilibrarsi T. Parsons
Assorbire il dissenso per riprodursi rafforzarsi ed espandersi
«Tacita tacitazione»
T. Mathiesen: assorbimento del dissenso per soffocarlo sin dalla
nascita , viene integrato nell’ordine, fatto proprio (T. Mathiesen, 2004, 15).
Deregolamentazione deproceduralizzazione del
comportamento umano - Individualizzazione
La selezione dei servizi in vendita sul mercato riguarda il
singolo consumatore, un compito che deve affrontare e
risolvere individualmente con l’aiuto di abilità e modelli di
azione acquisiti individualmente
Società del lavoro – habitat naturale = fabbrica, luogo di lavoro
Società dei consumi – habitat naturali =
centri commerciali (luoghi in cui si acquistano i prodotti) e
strade (luoghi in cui i prodotti vengono ostentati
pubblicamente. A chi li porta/indossa si conferisce valore di
mercato)
La società dei consumatori indica un complesso peculiare di
condizioni di vita in cui esiste una elevata probabilità che la
maggioranza delle persone accetti la cultura consumistica e
obbedisca ai suoi precetti.
Nella società dei consumatori il vero titolare del potere
sovrano è il mercato dei beni di consumo.
È una società che si rivolge alle persone in quanto
consumatori promuovendo incoraggiando e imponendo la
scelta di uno stile di vita e di una strategia di vita improntati
al consumismo.
L’adattamento alla cultura e la rigida osservanza dei precetti
consumistici è l’unica scelta e condizione di appartenenza.
Il processo di identificazione
avviene con l’aiuto dei «segni di appartenenza»
visibili che generalmente si possono ottenere nei negozi.
«Essere un passo più avanti»:
è la promessa, è la prospettiva di avere un alto valore nel mercato e
domanda abbondante che si traducono in certezza di
riconoscimento, approvazione e inclusione.
Ricordiamo che il tempo è puntinista … i messaggi valgono ora,
per i prossimi mesi e non oltre …tutto è a tempo determinato, si
emancipa il presente dalle distrazioni del passato e del futuro.
M. Kundera nel saggio La lentezza rivela lo stretto legame tra
velocità e oblio (il grado di velocità è direttamente proporzionale
all’intensità dell’oblio). Per occupare la scena bisogna cacciare via gli
altri e chi è in scena ci rimane per poco tempo
(M. Kundera, 1995, 45-96).
Look
Siamo liberi di scegliere, l’importante è scegliere … ciò
che acquistiamo è espressione di nostre decisioni,
rappresenta l’esercizio del nostro giudizio e gusto, ma
la scelta è tra un ventaglio di offerte sempre limitate
e non abbiamo il controllo su ciò che è disponibile
alla nostra scelta! (E. Seiter, 1993, 3)
Il consumo è un investimento in qualsiasi cosa contribuisca al «valore
sociale» e all’autostima dell’individuo.
Qualsiasi «inabilità sociale» conduce all’esclusione ed essa è l’esito di
colpe individuali.
Consumare significa investire
nella propria appartenenza alla società,
quindi «vendibilità»
si innalza lo status dei consumatori a quello di
merci vendibili
relazioni = rapporti contrattuali.
Chi fa parte della società dei consumi è a sua volta prodotto di consumo
- preoccupazione: essere e restare un prodotto vendibile
L’attrattiva dei beni di consumo
(oggetto del desiderio che attiva l’azione del
consumatore)
viene valutata in base all’efficacia nel far salire il
prezzo di mercato del consumatore.
Farsi e non soltanto divenire
«prodotto vendibile» è la sfida e il compito.
Società dei produttori assumeva il ruolo di «Prometeo collettivo» responsabilità per la qualità del prodotto.
Società dei consumatori «esternalizza»,
«sussidiarizza» agli individui il ruolo di Prometeo e
la responsabilità della sua prestazione.
Mentre prima l’autorità e i privilegi erano dovuti al possesso esclusivo e gelosamente
custodito della «società umana», ora vengono trasferiti ai prodotti dell’uomo, tracce
materiali della ragione, dell’inventiva e dell’abilità umane.
La società, quindi, si nasconde dietro ai suoi artifici.
La vergogna prometeica - sentimento che riguarda uomini e donne
«intimiditi dalla superiorità e dalla supremazia dei loro prodotti».
Il corpo è qualcosa che deve essere superato, perché «nudo», «grezzo» – esso offende lo
sguardo, è motivo di vergogna (Anders riprende Nietzsche). Oggi quel corpo, scrive G.
Anders, non è un «corpo svestito, ma un corpo su cui non si è fatto alcun lavoro» un corpo
«ridotto a cosa» (G. Anders, 2003)
Vivere nella società dei consumatori è un compito scoraggiante,
una lotta ardua e senza fine.
La paura di non riuscire ad adeguarsi
è stata scalzata dal senso di inadeguatezza
e i mercati sono ben lieti di approfittare di questa paura e le
aziende che sfornano i beni di consumo fanno a gara per
accaparrarsi il posto di guida e ausilio affidabile.
Decisione del cliente si presenta come opportunità.
Spesso il passaggio alla società dei consumatori è presentato come
momento di emancipazione degli individui, come trionfo del
diritto individuale all’autoaffermazione - sovranità indivisibile
del soggetto privo di vincoli (libera scelta).
 Effettiva conquista e colonizzazione dell’esistenza da parte del
mercato, dei beni di consumo (le leggi del mercato sono precetti
di vita);
 sia gli oggetti, sia i clienti sono merci (templi del consumo);
 per far parte della società dei consumatori, uomini e donne devono
soddisfare i requisiti di idoneità definiti dagli standard di mercato
(rendersi sempre disponibili sul mercato, cercare di raggiungere un
«valore di mercato» più alto possibile perché in concorrenza con gli
altri)
Il consumo è il meccanismo principale della
«mercificazione» dei consumatori
Si è «consumatori de iure» – «fondamento non legale della legge», cioè
precede la legge che definisce diritti e obblighi del cittadino.
Lavoro propedeutico dei mercati ha fatto sì che i legislatori danno per
scontato che chi è sottoposto alle leggi è già un consumatore (inclinazione
umana congenita cui la legge deve avere rispetto).
D. T. Cook - «Rivoluzione copernicana» compiuta dai mercati
sui bambini - Percorso di vita di ciascun consumatore.
Capacità di superare la prova per diventare
consumatori de facto.
Coloro che non la superano sono «consumatori difettosi»
ed etichettati come «sottoclasse».
Il mercato dei beni di consumo è un mercato strano: non
ha agenzie legislative o esecutive, né tanto meno
tribunali…
Di conseguenza è più sovrano dei sovrani politici
le sentenze sono informali, tacite e quasi mai scritte. Se
viene emesso lo «sfratto» dal mercato, «non esiste
alternativa»
Non è lo Stato che viene meno ma la sua sovranità
ha ceduto al potere impersonale dei mercati molte delle
proprie funzioni.
Risultato: graduale separazione tra il potere di agire
(in mano ai mercati) e la politica (pur rimanendo
dominio dello Stato si vede progressivamente privare
della libertà di manovra e del potere di definire le
regole).
Lo Stato diviene l’esecutore della sovranità del
mercato.
Il segreto di ogni sistema sociale: far sì che gli individui desiderino fare ciò che
occorre affinché il sistema sia in grado di riprodurre se stesso.
Ciò può essere fatto apertamente, come accadeva nella fase solida della
modernità, oppure indirettamente, imponendo e inculcando modelli di
comportamento, come accade nella fase liquida della modernità, nella società dei
consumatori.
Nella fase solida della modernità - svalutazione presente in favore del futuro –
era mezzo per un fine – precetto del rinvio e rinuncia alla gratificazione – in favore
della totalità (società, Stato, nazione,…) confidando che a tempo debito avrebbe
riservato a tutti una vita migliore. Gioie e soddisfazioni del sovraindividuale erano
poste al di sopra di effimeri entusiasmi individuali
Nel contesto liquido-moderno c’è rinuncia di ciò.
Freud – in nessun luogo e in nessuna circostanza la richiesta di rinunciare
all’istinto sarà mai accettata. Serve coercizione, forza coercitiva.
La massa non accetta di anteporre gli interessi sovraindividuali alle inclinazioni e
agli impulsi individuali, di preferire effetti a lungo termine piuttosto che la
soddisfazione immediata – quindi coercizione che assicuri la supremazia del
«principio di realtà» sul «principio di piacere».
N. Elias ha spiegato la nascita dell’io moderno sulla base dei vincoli posti
dall’esterno. Il processo di formazione della nazione – tra i poteri panoptici
che sovrastavano il singolo e la capacità di quest’ultimo di adattarsi alle
necessità definite da quei poteri. Paradossalmente, quindi, la libertà di
scelta doveva essere messa al servizio della soppressione delle scelte
ritenute dannose per la totalità. Stile panoptico per mantenere l’ordine
sociale (disciplina, punisci e governa).
Alcuni studiosi sociali definiscono questo come un processo di
decivilizzazione – si mette in campo un metodo alternaivo (meno costoso,
laborioso) per manipolare i comportamenti e sostenere il sistema di
dominio.
Questo nuovo modo, attuato nella società dei consumatori, non genera , o
quasi, dissenso, resistenza o ribellione – l’espediente è rappresentare il
nuovo obbligo (di scegliere) è libertà di scelta.
La contrapposizione tra il principio di «realtà» e quello di «piacere» (fino a
qualche tempo fa ritenuta insuperabile) è stata cancellata: arrendersi al
principio di realtà significa adempiere all’obbligo di ricercare il piacere e la
felicità (esercizio di libertà e di auto-affermazione).
Nella maggior parte dei casi la «totalità» cui gli individui devono fedeltà e
obbedienza non entra più nella loro vita sotto forma di diniego
dell’autonomia individuale o di sacrificio obbligatorio. Essa si presenta
nella forma delle feste divertenti, gradevoli e gradite. Una festosa baldoria
avidamente ricercata ed estremamente godibile.
Lo sciame
tende a sostituire il gruppo.
I membri si mettono insieme,
si disperdono e si radunano nuovamente,
da un’occasione all’altra, hanno obiettivi
mutevoli e mobili.
Direzione momentanea di volo dettata da obiettivi mobili.
Lo sciame non è una squadra, ignora qualsiasi divisione del lavoro, è unito da una
«solidarietà meccanica» che si manifesta replicando schemi di condotta simili e
muovendosi in direzione analoga.
In uno sciame non ci sono specialisti. Ogni unità è un tuttofare e ha bisogno del
set completo di strumenti e abilità necessarie per svolgere tutto il compito.
Lo scambio, la collaborazione, la complementarità non esistono, esistono
solamente la prossimità fisica e un coordinamento di massima per il movimento.
Il vantaggio di volare in sciame sta nella sicurezza del numero: nella convinzione
di aver scelto bene perché è uno sciame imponente a seguirla.
Autorassicurazione e senso di sicurezza.
Quelli che non sono nello sciame sono smarriti, perse o si sono dati per vinti. Essi
stanno in solitudine ma è improbabile che riescano a perseguire gli obiettivi.
La società dei consumatori tende a frammentare i gruppi
o a renderli fragili e fissipari e favorisca la formazione
degli sciami. Il consumo è un’attività solitaria anche
quando capita di farlo in compagnia.
Nelle attività di consumo non nascono legami durevoli …
Il fast food serve per proteggere la solitudine dei
consumatori isolati.
La partecipazione attiva al mercato dei beni di consumo
è la principale virtù che ci si attende dai consumatori.
Come fare? Avere un conto in banca attivo e carte di
credito nel portafogli …
Sforzi per rendere i membri della società degni di credito
e disponibili ad usare il credito loro offerto.
La speranza è che la vita basata sul prestito duri
abbastanza a lungo da trasformarsi in abitudine.
Sindrome culturale consumistica – rovesciamento dei
valori – novità e transitorietà.
Virtù del rinvio e opportunità e desiderabilità di
ritardare la soddisfazione.
Sindrome consumistica fatta di velocità, eccesso e scarto.
L’arte consumistica sta nel sapersi rallegrare quando ci si
libera dalle cose che hanno terminato il loro tempo di
vita.
Siamo liberi.
Sta a ciascuno decidere che cosa fare e se non si raggiunge la
felicità sperata la colpa è solo del singolo.
La gioia dell’emancipazione è strettamente intrecciata
all’orrore della sconfitta.
La libertà è destinata a far sì che i rischi non detti
dell’avventura invadano lo spazio lasciato vuoto dalla
certezza della noia.
L’avventura che promette sensazioni tonificanti perché nuove
preannuncia anche l’umiliazione dell’insuccesso e la perdita
di autostima dovuta alla sconfitta.
Nel momento in cui, però, la dimensione dei rischi diviene
evidente, la noia viene dimenticata e i disagi minimizzati.
La libertà è
emancipazione
dagli obblighi e
dalla routine
Nascono
altre necessità.
La libertà si afferma e si trasforma
in un’altra routine quotidiana, in
un nuovo orrore (quello della
responsabilità), fa sparire il ricordo
di quelle passate
Necessità della «società»
Studi di filosofi che si sono interessati del tema sin dall’inizio della
trasformazione moderna
TESI A.
Primo fra tutti T. Hobbes (che riprende Durkheim)
Coercizione sociale e vincoli imposti alla libertà degli individui –
necessari
La fine della coercizione sociale imposta dall’autorità avrebbe reso
schiavi gli individui degli stimoli malsani dei loro stessi istinti
(antisociali).
Freud – senza coercizione il comportamento individuale sarebbe
condotto nel deserto dell’asocialità.
Necessità della «società»
Studi di filosofi che si sono interessati del tema sin dall’inizio della
trasformazione moderna
TESI B.
Si pensava alla sfida etica che gli uomini devono fronteggiare.
(Vivere con l’Altro).
E. Levinas - la funzione principale della regolamentazione
normativa (causa fondamentale della sua inevitabilità) è fare della
responsabilità verso l’Altro, sostanzialmente incondizionata e
illimitata, qualcosa di condizionato (rispetto alle circostanze) e di
limitato (a un gruppo selezionato, facile da gestire ).
K. Løgstrup – sottolinea il primato dell’etica sulle realtà della vita in
società. la società è un’organizzazione che, riducendo l’infinita
varietà di opzioni, rende udibile la domanda etica.
L’avvento del consumismo ha indebolito la credibilità e il potere
persuasivo di entrambe le posizioni.
In un contesto deregolamentato e privatizzato che si concentra sugli
interessi e sugli obiettivi dei consumatori, le responsabilità delle
scelte, delle azioni che seguono le scelte e delle conseguenze di tali
azioni gravano completamente sulle spalle dei soggetti individuali.
Si presume che oggi sia il «principio di realtà» a trovarsi sul banco
degli imputati.
I fatti sociali sono sempre più morbidi e flessibili- contribuisce a
emancipare la ricerca di piacere dalle restrizioni del passato e ad
aprirla allo sfruttamento commerciale.
Le guerre per il riconoscimento sono brevi e di circostanza poiché il loro
esito vittorioso è, nella maggioranza dei casi, scontato.
Tutto è in mano ai consumatori, ma di fronte a compiti immani gli attori si
trovano in stato di incertezza continuo e insanabile e pervengono spesso ad
una penosa auto-disapprovazione.
Non c’è molta differenza con la prima fase della modernità – ora come
allora gli attori sono spinti e indotti con lusinghe a riporre fiducia in
autorità affidabili. La responsabilità, però, che prima si orientava alla vita
con l’Altro, ora si trasferisce nell’ambito della realizzazione di sé e della
previsione dei rischi. L’Altro scompare.
Scelte responsabili – mosse che servono agli interessi dell’io e ne
soddisfano i desideri.
Non più la responsabilità per il benessere e la dignità umana dell’Altro, ma
responsabilità per se stessi, verso se stessi.
Stato di emergenza.
1° servizio
N. Aubert – nelle società attuali lo stato e l’atmosfera di «emergenza»
servono a soddisfare numerosi bisogni esistenziali. La strategia di coltivare
un senso di urgenza offre un sollievo illusorio, ma comunque molto
efficace, agli individui e alle istituzioni.
Una illusione è costituita dalla condensazione temporanea dell’energia,
altrimenti diffusa, generata dal sistema di allerta. Nel momento più alto di
autocombustione dell’energia, l’accumulazione del potere per agire allevia i
tormenti dell’inadeguatezza. Ci si focalizza sul presente, si percepisce di
avere abbastanza forze e si ha l’illusione di aver conquistato il tempo.
A. Ehrenberg – oggi la sofferenza umana è generata da un’indigestione di
possibilità più che da un’abbondanza di divieti (come avveniva in passato)
e l’opposizione tra possibile e impossibile è subentrata all’antinomia tra ciò
che è permesso e ciò che è vietato. Inadeguatezza sostituisce l’orrore della
colpa.
Nessun altro gesto può alleviare più efficacemente
(sia pure per poco) il senso di inadeguatezza
quanto lo sforzo che si fa in uno stato di emergenza.
Stato di emergenza.
2° servizio
Versione aggiornata della «caccia alla lepre» di B. Pascal.
Un’urgenza dietro l’altra che offre prove di autoaffermazione.
Si pensa a breve termine a cose da fare immediatamente o nel
futuro prossimo (N. Aubert, 2003, 107-108).
Tanto più intensa è l’azione, tanto più affidabile è il suo
potere terapeutico.
Stato di emergenza.
3° servizio
Un servizio utile alle aziende che fanno funzionare
l’economia consumistica che lottano per la
sopravvivenza in condizioni di concorrenza all’ultimo
sangue.
Ricetta manageriale: «Dichiara lo stato di emergenza e
continua a comandare». Per persuadere chi viene gestito
ad accettare anche cambiamenti drammatici.
La vita di consumo è una vita di apprendimento rapido, ma
anche una vita di oblio rapido.
Dimenticare, rimuovere e rimanere in movimento.
M. Weber – rinvio della gratificazione --- le regola: rimanere
insoddisfatti, o meglio, la soddisfazione dev’essere
momentanea, i bisogni non devono avere fine.
La principale preoccupazione dell’Homo consumens sono le
merci con le quali gli è possibile essere qualcun altro.
La principale preoccupazione della società dei consumi non è
tanto quella di creare nuovi bisogni, ma sminuire e svalutare i
bisogni di ieri .
Espansione della chirurgia estetica. Normale strumento di
rifacimento perpetuo del proprio io visibile. Un look nuovo e
migliorato.
Ogni momento ha la fastidiosa tendenza a trasformarsi in passato…e
la capacità di disabilitare, cancellare il passato è il senso più
profondo della cultura del consumismo.
Il mondo è un immenso contenitore di pezzi di ricambio, un
magazzino dove troviamo quel nuovo e migliorato che può renderci
nuovi e migliorati.
Abituare tutti sin da piccoli alla logica del mercato e del consumo
(es. stratagemma per la vendita della Barbie nuova con uno sconto
effettuato solamente se si avesse riportato indietro quella vecchia,
ormai «esaurita», 1996).
«Rinascere» significa che le precedenti nascite sono state annullate.
L’impresa di privare il passato del potere di restringere le successive
scelte sottrae all’eternità la sua attrazione. Essa non è più un valore e
neppure un desiderio.
T. H. Eriksen «tirannia del momento»: fretta che dà valore alla
tirannia dell’istante e disabilita il passato e il futuro (T. H. Eriksen ,
2001, pp. 2-3).
Siamo di fronte ad un paradosso: tanto più grande e capiente è
l’istante, tanto più esso di riduce, si abbrevia; al dilatarsi del suo
contenuto potenziale si restringe invece la sua dimensione.
Una volta sottoposta al trattamento della «puntinizzazione»,
l’esperienza del tempo viene troncata su entrambi i versanti.
Fragilità dei legami umani.
La fragilità riduce i rischi, ma la fragilità e la temporaneità sono
anch’essi fonte di rischi – ansia. La crescente fragilità è, allo stesso
tempo, esperienza di felicità, ma anche di maledizione.
M. Castells e S. Lash – legami virtuali come situazioni di tranquillità,
per diminuire il rischio della solitudine del consumatore e una
spinta verso la libertà.
Ma se la si guarda dal punto di vista della parte mancante, la rete
appare, più che costituita da legami sociali affidabili, come una duna
di sabbie mobili.
Meccanismo di sicurezza che c’è sin dal primo momento che si
decide di collegarsi, che garantisce la possibilità di scollegarsi
immediatamente nel momento in cui si vuole.
I ponti che collegano col passato e col futuro sono invalicabili.
Paradossalmente in un’epoca della facili e rapidi connessioni e della
promessa di rimanere in contatto costantemente, esiste il desiderio
di sospendere la comunicazione tra l’esperienza di quel momento e
tutto ciò che la precede o la segue.
Ogni istante è modellato sullo schema con cui si usa la carta di
credito, atto spersonalizzato: in mancanza di un rapporto faccia a
faccia, è più facile ignorare il prezzo che si dovrà pagare per il
momento piacevole, o comunque evitare di pensare prima di tutto
ad esso.
E. Tarkowska – «uomini sincronici» che vivono solamente nel
presente, assenza di legami con gli altri - «cultura presentista» velocità e efficacia (E. Tarkowska , 2005, pp. 45-65)
Secondo J. Dean …
Le odierne tecnologie della comunicazione sono
«profondamente depoliticizzanti», «la comunicazione
funziona in modo feticistico, come disconoscimento di una
esautorazione o castrazione politica di fondo», «il feticcio
tecnologico è ‘politico’», ci solleva dai sensi di colpa e ci
permette di essere convinti di essere cittadini informati e
impegnati. Nessuno si assume la responsabilità politica, è la
tecnologia che lo fa per noi, ci fa credere che viviamo in un
ordine sociale democratico (J. Dean, 2005, 51-73).
Il potente flusso di informazione è un insanabile collettore
che ne intercetta i contenuti e li canalizza altrove, verso laghi
artificiali straordinariamente vasti, ma putridi e stagnanti.
L’autodefinizione dell’individuo liquido-moderno sta nell’impulso alla
scelta e nel tentativo di rendere tale scelta pubblicamente visibile.
Le identità, nella società dei consumi, sono progetti: compiti da assumere e
svolgere con impegno fino a completamento infinitamente remoto.
Due espedienti svolgono un ruolo fondamentale nell’alleviare le pene della
costruzione e scomposizione dell’identità:
1. «comunità di guardaroba» (dove si lascia il soprabito, la giacca per
assistere ad uno spettacolo teatrale). È una comunità fantasma,
illusoria, da carnevale. Una comunità cui ci si sente uniti
semplicemente stando là dove stanno gli altri o perché si esibiscono
distintivi o altri segni di stili o gusti in comune; una comunità a tempo
determinato in cui si è liberi di uscire quando si vuole. Esperienza
momentanea di comunità.
2. I biglietti per gli spettacoli e i segni d’identità mostrati in pubblico
sono tutti in vendita. Questo presuppone abilità nello shopping di
beni che permettono di migliorare l’identità. Perché accontentarsi
dell’identità raggiunta se è possibile giocare con altre delizie mai
assaggiate prima?
Il sogno di ogni consumatore è di rendere l’incertezza
meno scoraggiante e la felicità più profonda senza dover
compiere sforzi, sacrifici, utilizzando semplicemente la
possibilità di cambio dell’io
Vittime collaterali del consumismo.
Perché collaterali?
- Conseguenze impreviste delle azioni umane
- volontà di scusare gli atti che hanno provocato i danni perché
privi di intenzionalità.
Dunque le perdite sono collaterali perché sono state l’effetto
del modo in cui gli atti sono stati pianificati e realizzati, poiché
pianificatori ed esecutori non si sono preoccupati
dell’eventualità che i danni si estendessero all’area degli effetti
secondarie delle conseguenze impreviste
Materializzazione dei rapporti. La ricerca di piacere dipende si
articola in base all’offerta delle merci.
L’espressione danni collaterali non è affatto confinata nell’area
politica.
Interessi economici di mercificazione complessiva e completa della
vita umana.
I danni collaterali del consumismo si distribuiscono su tutto lo
spettro delle società sviluppate, ma c’è una categoria che può essere
considerata la vittima collettiva dei molteplici danni collaterali:
la sottoclasse, la classe inferiore:
un aggregato di persone senza un ruolo, che non danno alcun
contributo utile alla vita degli altri e non hanno possibilità di
riscatto.
Se si viene collocati nella sottoclasse è perché si è considerati totalmente
inutili, un disturbo, qualcosa di cui gli altri farebbero a meno.
Il loro più grande insuccesso è relativo all’attività di consumo: sono
consumatori falliti.
In quanto inutili, vengono percepiti soprattutto per i pericoli che
preannunciano e rappresentano.
È un campo da gioco segnato da «utilità» e «pericoli» e le minacce
consentono ai terrori diffusi di concentrarsi su un bersaglio rassicurante.
Questa è l’importantissima utilità che l’inutilità della sottoclasse riveste per
una società in cui nessuna attività economica o professione può esser più
certa della propria utilità a lungo termine, e dunque del suo valore di
mercato. È importante anche il servizio che la pericolosità della sottoclasse
rende ad una società sconvolta da troppe ansie per poter affermare che cosa
ci sia da temere e che cosa si possa fare per attenuare tale timore.
I poveri non sono necessari al mercato, sono inutili,
indesiderati, abbandonati.
Isolamento fisico e abbandonati dalla comunità umana.
Sono considerati negligenti, consapevoli e privi di
principi morali. Sono esclusi dall’attenzione pubblica.
In mancanza di autorità, si tende a cercare orientamento
negli esempi personali che vengono celebrati.
I ricchi manager, i proprietari dei casinò e si eliminano i
giocatori sfortunati, difettosi, quelli incapaci o pigri.
È un crimine individuale.
Il termine sottoclasse è stato coniato e impiegato per la prima volta
da G. Myrdal nel 1963
per segnalare i pericoli della deindustrializzazione che rischiava di
rendere una parte crescente della popolazione stabilmente
disoccupata e non occupabile (per mancanza di un lavoro da offrire a
tutti coloro che ne avevano bisogno).
Fallimento della società nel tentativo di garantire le condizioni per
vivere il tipo di vita raccomandato e ispirato dall’etica del lavoro (G.
Myrdal, 1959).
L’ipotesi dell’autore non riscosse molta attenzione pubblica ma anni
più tardi il termine sottoclasse tornò alla ribalta ma con un
significato diverso: vasto gruppo di persone socialmente estranee e
ostili. I «difficili», gli «estranei», gli «ostili» … irraggiungibili.
Ma … essere parte della sottoclasse è questione di scelta.
Gli appartiene chi non ha fatto, chi è stato pigro…
Lo status di appartenenza alla sottoclasse è il frutto di
una scelta.
All’esclusione non c’è scampo …
per i poveri della società dei consumatori non adottare il
modello di vita consumistico significa disonore ed
esclusione, mentre adottarlo comporta l’ulteriore
aggravamento di quell’esclusione che impedisce di
esservi ammessi…
In un paese di persone che scelgono in modo libero, scegliere di
non fare ciò che si deve per raggiungere certi obiettivi viene
interpretato come l’equivalente di una scelta in favore di un
comportamento asociale.
Precipitare nella sottoclasse è un esercizio di libertà. In una
società di liberi consumatori, tenere a freno la propria libertà è
intollerabile, ma lo è altrettanto astenersi dal negare o limitare
la libertà di coloro che userebbero la propria libertà per negare
o limitare le libertà altrui chiedendo l’elemosina,
importunando o minacciando il prossimo, …
La decisione di separare il problema della sottoclasse
dalla questione della povertà ha come effetto evidente di
negare a chi era etichettato come membro della
sottoclasse il diritto di sporgere denuncia e di chiedere i
danni per il malfunzionamento della società. e in questo
caso l’onere sarebbe stato tutto a carico dei querelati che
se ne sarebbero dovuti fare carico.
L’anormalità della sottoclasse normalizza l’esistenza
della povertà. È la sottoclasse a porsi fuori dalla società,
ma solo una parte dei membri è ufficialmente povera.
Uno Stato è «sociale» quando promuove il principio
dell’assicurazione collettiva contro le disgrazie individuali e le loro
conseguenze.
Ordine dell’eguaglianza, comunità sentita e vissuta.
È il principio che eleva i membri allo status di cittadini e li rende
compartecipi del sistema. L’applicazione di tale principio è in grado
di proteggere tutti dalla piega della povertà.
Si genera solidarietà e la società viene vissuta come un bene comune.
Il sentimento di appartenenza si traduce in fiducia nei benefici della
solidarietà umana e nelle istituzioni.
Lo stato sociale nella società dei consumatori non è né inteso, né
praticato. Il suo scopo è quello di difendere la società dai «danni
collaterali», di evitare le «vittime collaterali» del consumismo.
In Gran Bretagna: l’attacco neoliberale allo Stato sociale è stato venduto alla
popolazione attraverso degli slogan di M. Thatcher.
Modernizzazione delle istituzioni sociali – deregolamentazione e privatizzazione
economia.
Scomposizione e disgregazione dei legami sociali e della coesione collettiva –
pensiero unico consumistico.
M. Thatcher – «la società non esiste, esistono solo individui e famiglie».
Trionfo del consumismo sfrenato, individuale e individualizzante sull’economia
morale e sulla solidarietà sociale.
Gli individui si ritirano in massa dalla politica – «attivismo dei consumatori» non
schierato e ruvidamente apolitico.
L’attivismo dei consumatori è il sintomo del crescente disincanto nei confronti
della politica.
N. Lawson: «in mancanza di altro su cui fare affidamento,
è probabile che le persone perdano la stessa nozione di
collettività, e con essa ogni idea di società democratica,
per ripiegare sul mercato come arbitro (e, vorrei
aggiungere, sulle proprie capacità e attività in quanto
consumatori)».
(N. Lawson, 2000, 18)
T. DeLuca – L’apatia politica «è uno stato mentale o un destino
politico prodotto da forze, strutture, istituzioni o manipolazioni
elitarie su cui si ha scarso controllo e forse anche poca conoscenza».
I «volti» dell’apatia politica.
L’autore fa riferimento al «secondo volto», laddove il «primo volto»
è, secondo altri autori, espressione dell’accontentarsi dello stato
delle cose esistente o dell’esercizio del diritto alla libera scelta
(fenomeno positivo per la democrazia).
Dunque, per decodificare adeguatamente le realtà sociali, è
necessario andare oltre il «secondo volto», recuperare il senso
autentico della democrazia. Oggi si è prima consumatori e molto
dopo (e se mai) cittadini. Per diventare consumatori occorre un
livello costante di vigilanza e di sforzo che difficilmente lascia il
tempo per dedicarsi alle attività richieste alla cittadinanza.
2004 – F. Remunda e V. Klusák
(studenti della Scuola di cinematografia di Praga)
hanno prodotto e diretto Il sogno ceco, un’opera cinematografica, un
esperimento sociale.
G. Anders: «non è del tutto escluso che noi, che fabbrichiamo questi
prodotti, siamo sul punto di edificare un mondo con cui non siamo
capaci di mantenerci al passo e, per «afferrare» il quale, si pongono
esigenze assolutamente esorbitanti dalle capacità della nostra
fantasia, delle nostre emozioni e della nostra responsabilità»
(G. Anders, 2003, 50-51)