Schopenhauer
1. Le vicende biografiche e le opere [vedi libro]
2. Radici culturali del sistema [vedi libro]
3. Il mondo della rappresentazione come <<velo di Maya>>
• Fenomeno: parvenza, illusione, sogno, "velo di Maya". È una rappresentazione (1) che esiste solo
dentro la coscienza.
• Noumeno: realtà che si "nasconde" dietro l'ingannevole trama del fenomeno e che il filosofo ha il
compito di "scoprire".
(1) la rappresentazione ha due aspetti essenziali: il soggetto rappresentante e l'oggetto rappresentato; essi
esistono solo all'interno della rappresentazione e non può esserci soggetto senza oggetto.
Anche per S. il nostro sistema nervoso e cerebrale è corredato da delle forme a priori che sono: spazio,
tempo e causalità (le altre categorie kantiane le esclude perchè sono riconducibili a quest'ultima).
La causalità si manifesta come necessità fisica, logica, matematica e morale, ovvero come principio del:
-divenire, -conoscere, -essere, -agire.
Forme a priori = vetri sfaccettati attraverso cui vediamo la realtà. Quindi la rappresntazione è ingannevole e
la vita è un “sogno”. Al di là del “sogno” esiste però la realtà vera sulla quale l'uomo si interroga, in quanto
l'uomo è un'animale metafisico portato a stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sull'essenza ultima
della vita.
4. La scoperta della via d'accesso alla cosa in sé
Se fossimo solo conoscenza e rappresentazione non potremmo mai uscire dal mondo fenomenico; ma
essendo anche corpo non ci limitiammo a <<vederci>> dal di fuori bensì ci <<viviamo>> anche dal di dentro.
Ripiegandoci su noi stessi ci rendiamo conto che noi siamo vita e volontà di vivere e il nostro corpo è la
manifestazione esteriore delle nostre brame interiori. La volontà di vivere non è solo la radice noumenica
dell'uomo, ma anche l'essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in sé dell'universo. Questa volontà di
vivere pervade l'intero universo in modi più o meno consapevoli.
5.Caratteri e manifestazioni della <<volontà di vivere>>
La volontà si sottrae alle forme proprie del fenomeno (spazio, tempo e causalità) perchè è inconscia e
quindi non si identifica con il termine di “volontà cosciente”, ma più con il concetto di energia o impulso
(motivo per cui S. la attribuisce anche a piante e mondo inorganico).
In secondo luogo, essendo al di fuori dello spazio e del tempo, la volontà è unica; infatti essa non è qui più
di quanto non sia là, più oggi di quanto non sia stata ieri o sarà domani.
Infine essendo oltre la forma del tempo la volontà è anche eterna e indistruttibile.
Essendo al di là della categoria di causa (<<principio di ragione>>), al volontà è quindi una forza cieca e
libera, un'esergia incausata, senza un perchè o uno scopo. Infatti noi possiamo trovare la ragione di una
manifestazione fenomenica della volontà ma non della volontà stessa, perchè ogni motivazione o scopo
della volontà cade entro l'orizzonte del vivere e del volere stesso.
Milioni di esseri non vivono che per vivere e continuare a vivere. Questa crudele verità gli uomini hano
tentata di nasconderla postulando un Dio che possa dare un senso alla vita, ma per S. Dio non può esistere
e l'unico assoluto è la volontà stessa.
La volontà di vivere si manifesta nel mondo fenomenico attraverso due fasi:
• la volontà si “oggettiva” in un sistema di forme immutabili, aspaziali e atemporali che chiama
platonicamente idee e che considera gli archetipi del mondo.
• La volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale. Il mondo delle realtà naturali si struttura
a propria volta attraverso una serie di gradi ascendenti dell'oggettivazione della volontà. Questa
sorta di piramide culmina nell'uomo nel quale la volontà diventa pienamente consapevole, ma anche
insicura, perchè la ragione, come guida alla vita, è meno efficace dell'istinto e fa si che l'uomo risulti
un <<animale malaticcio>>.
6. Il pessimismo
Dolore, piacere e noia
L'essere, essendo la manifestazione di una volontà infinita implica che la vita sia dolore per essenza. Infatti
volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di
qualcosa → dolore
Il piacere è cessazione del dolore e di conseguenza è solo una funzione derivata dal dolore. L'unico modo
per far cessare il dolore è arrestare lo stato di tensione del desiderio.
Accanto al dolore (realtà durevole) e al piacere (momentaneo) c'è la noia, la quale subentra quando vien
meno l'aculeo del desiderio, oppure il pungolo delle preoccupazioni. Di conseguenza la vita umana è come
un pendolo che oscilla incessantemente fra il dolore e la noia, passando attraverso l'intervallo fugace del
piacere.
La sofferenza universale
Poichè la volontà di vivere si manifesta in tutte le cose come desiderio inappagato (Sehsucht) . L'uomo è
destinato a soffrire di più degli altri esseri perchè ha maggiore consapevolezza; allo stesso modo il genio
avendo maggiore sensibilità rispetto agli uomini comuni è votato a maggiore sofferenza. <<più intelligenza
avrai, più soffrirai>>.
Il male non è solo nel mondo ma nel principio stesso da cui dipende → come prova: lotta crudele di tutte le
cose.
L'individuo appare soltanto uno strumento per la specie, fuori dalla quale non ha valore.
L'illusione dell'amore
L'amore è uno dei più forti stimoli all'esistenza. Il fine dell'amore è il proseguimento della vita della specie.
(esempio mantide femmina). Per questo motivo che l'amore procreativo viene considerato una “vergogna”:
obbliga altre creature alla sofferenza. L'unico amore che può essere elogiato è quello della pietà.
8. Le vie di liberazione dal dolore
L'esistenza, in virtù del dolore che la costituisce, risulta tal cosa che si impara poco per volta a non volerla.
Nonstante ciò S. rifiuta il suicidio perchè:
1. il suicidio è un forte atto di affermazione della volontà, in quanto il suicida vuole la vita ma è
malcontento delle sue comndizioni. Quindi piuttosto che rinunciare alla volontà rinuncia alla vita.
2. Il suicidio sopprime unicamente l'individuo, ossia una manifestazione fenomenica della volontà di
vivere, lasciando intatta la cosa in sé.
Di conseguenza la vera risposta al dolore non consiste nell'eliminazione della vita ma nella liberazione della
stessa volontà di vivere.
Com'è possibile per l'uomo spezzare le catene della volontà se quest'ultima costituisce la sua essenza?
L'arte
L'arte intesa come contemplazione disinteressata delle idee, permette all'uomo, osservandola, di
contemplare la vita stessa, elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo.
Le varie arti corrispondono ai gradi di manifestazione della realtà: architettura → […] → pittura e poesia. La
tragedia è l'autorappresentazione del dramma della vita.
La musica non riproduce mimicamente le idee come le altre arti, ma si pone come immediata rivelazione
della volontà a sé stessa. È capace di metterci in contatto con le radici stesse della vita e dell'essere.
L'arte però non è una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto alla vita stessa.
L'etica della pietà
La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo.. l'etica non sgorga da un imperativo
categorico dettato dalla ragione ma da un sentimento di pietà attraverso cui avvertiamo come nostre le
sofferenze degli altri. Tramite la pietà sperimentiamo l'unità metafisica di tutti gli esseri.
La morale si concretizza in due virtù cardinali: la giustizia e la carità. La giustizia che è un primo freno
all'egoismo, ha un carattere negativo, perchè consiste nel non fare il male e nell'essere disposti a
riconoscere agli altri ciò che siamo disposti a riconoscere a noi stessi. La carità si manifesta incece con la
volontà positiva e attiva di fare del bene al prossima. È vero amore disinteressato. Rimane comunque
attaccata alla vita.
L'ascesi
Con l'ascesi l'individuo si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere.
Il primo passo è la castità. Poi vengono la rinuncia ai piaceri, umiltà, digiuno, povertà e sacrificio ecc. che
servono per sciogliere la volontà di vivere dalle proprie catene.
La soppressione della volontà di vivere è l'unico vero atto di libertà che sia possibile all'uomo. Infatti
l'individuo, come fenomeno, è un anello della catena causale ed è necessariamente determinato dal suo
carattere. Ma quando egli riconosce la volontà come cosa in sé, si sottrae alla determinazione dei motivi che
agiscono su di lui come fenomeno. In altre parole, la coscienza del dolore come essenza del mondo non è
un motivo, ma un “quietivo” del volere, capace di vincere il carattere stesso dell'individuo e le sue tendenze
naturali. Quando succede ciò l'uomo diviene libero, si rigenera ed entra in quello stato che i cristiani
chiamano grazia ma che per S. e i buddhisti è il nirvana. Il nirvana è l'esperienza del nulla, un nulla che non
è il niente ma che è un nulla relativo al mondo, cioè una negazione del mondo stesso.