Introduction II (lato B) e introduction III

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Indice
Struttura dello Yoga
Terapia Yoga per Bambini Mentalmente Handicappati
Kirtan e Canto
Destinazione India: Esperienze e Impressioni
Terapia Yogica delle Malattie Comuni:
Il Sistema Cardiovascolare
Ajapa Dharana - Terza Tecnica

Struttura dello Yoga
Intervento di Swami Niranjanananda Saraswati al meeting di Aix-lesBains del 24 - 27 Aprile 1997.
Se siamo impegnati nei principi e nella visione dello yoga, allora dovremmo anche essere coscienti che ci sono tre cose che riguardano lo
yoga: una è la scienza yogica, una è la filosofia yogica, e una è lo stile
di vita yogico. Queste tre cose combinate formano la struttura dello
yoga. La pratica dello yoga, da sola, è incompleta se non viene capita
come sistema di pensiero, e la filosofia yoga è incompleta se non viene capita come sistema di vita. Così dobbiamo guardare allo yoga da
queste tre differenti prospettive, e cercare di applicare i concetti, le
tecniche e i principi attinti da queste tre differenti aree dello yoga,
nella nostra vita.
Ho sempre pensato che non sia importante conoscere moltissime
cose, se non siamo capaci di metterle in pratica nel modo adeguato.
Penso che sia meglio conoscere poche cose e metterle in pratica nella
maniera giusta nella nostra vita.
Quando parliamo di yoga, parliamo di pratica dello yoga. Affronterò quest’argomento per primo; poi affronterò l’argomento della filosofia yogica e infine, affronterò l’argomento dello stile di vita yogico.
La pratica dello yoga per le persone che sono coinvolte nel mondo
e hanno obblighi e responsabilità verso la loro famiglia e verso la società dovrebbe essere limitata a tecniche che possono essere eseguite e
praticate nel più breve tempo possibile iniziando dalle posizioni per
liberare il corpo da contrazioni e tensioni e per muovere l’energia nel
corpo.
Posso suggerire alcune posizioni come la pratica di tadasana, la posizione dell’albero. Questa è una pratica nella quale esercitate una
trazione su tutte le differenti giunture del corpo e un’estensione ed
espansione dei muscoli. Di mattina questa è un’ottima pratica da fare
perché aiuta a liberare le giunture da blocchi e tensioni che si sono
accumulati e che danno un senso di indolenzimento e rigidità.
La seconda pratica è tiryaka tadasana, la posizione dell’albero che
oscilla. Negli effetti della pratica c’è l’estensione di un lato e la contrazione dell’altro e viceversa. Questo aiuta a migliorare i movimenti e
la circolazione delle parti laterali del corpo e aiuta anche ad utilizzare i
muscoli poco usati dei fianchi.
La terza è kati chakrasana, o la posizione della stoffa strizzata. Sapete che quando la stoffa è bagnata, la prendete e la strizzate, allo
stesso modo anche il corpo viene strizzato. Immaginate il corpo come
se fosse una spugna, e voi avete molto da strizzare fuori. In questa
posizione dovete assicurarvi che la colonna vertebrale sia ruotata nel
modo giusto. Anch’essa libera i blocchi dai differenti plessi del corpo
rendendolo mobile.
La quarta pratica è quella di Surya Namaskara, o saluto al sole.
Questa è una pratica di dodici posizioni nelle quali il corpo viene principalmente piegato avanti e indietro. Questi due movimenti, avanti e
indietro, sono i movimenti principali di questa pratica. Quindi segue la
posizione sul capo (sirshasana).
Raccomando la pratica di queste posizioni come quelle ideali per
mantenersi in salute; possono essere eseguite ogni mattina per liberare
i blocchi, rilassare le tensioni e le rigidità e migliorare il flusso di energia. Non prenderanno molto tempo. Dopo segue la pratica di pranayama.
Il programma che sto esponendo è per quelle persone che si affrettano dal lavoro a casa e non hanno tempo di tirare il respiro per riposare e rilassarsi. Tuttavia ciò non significa che tirare il respiro non sia
necessario. Invece sì, è molto necessario. Si deve tirare il respiro, si
deve imparare a sedersi e osservare. Sedetevi in silenzio. Cos’è il silenzio per voi? La vostra testa sta ancora facendo tic tac, i vostri pensieri scorrono ancora, non siete in silenzio. L’orologio nella testa sta
ancora andando, vi manca la capacità di stare in silenzio, di stare quieti. Imparare a stare in silenzio o quieti è una condizione che si acquisisce con lo yoga.
Quando siamo di corsa, allora vi sono delle altre pratiche di respirazione che si possono eseguire e che sono molto semplici. Una di
queste è conosciuta come bhramari pranayama o la tecnica di respirazione del ronzio dell’ape. Dovete chiudere le orecchie con il dito indice in modo che i rumori esterni non vi giungano. Una parola di avver-
timento: se avete le unghie lunghe non mettetele dentro le orecchie,
ma chiudete queste ultime con i polpastrelli. Quindi fate una profonda
respirazione ed espirando producete il suono “mmm”, come l’ultima
parte del mantra Om, a una velocità e frequenza costante.
Muovete il suono a una velocità uniforme, e mentre praticate questo pranayama con gli occhi chiusi, concentrate l’attenzione al centro
della testa tracciando una linea immaginaria che attraversa la testa nel
centro, o pensando al centro come al posto dove le due dita potrebbero
normalmente incontrarsi se la testa fosse vuota. Non cercate di vedere
se la testa è vuota o no, non vi consiglierei ciò. Solamente trovate la
fonte, il centro. Dopo che avete espirato completamente producendo il
suono del ronzio, ancora inspirate profondamente e lentamente - non
un respiro forzato ma lento, gentile e profondo - e nuovamente espirate producendo il ronzio. Praticate per cinque cicli.
Questa pratica di respirazione del ronzio dell’ape, bhramari pranayama, ha un effetto molto calmante sui nervi, specialmente per quelle
persone che sono in uno stato di eccitazione fisica e mentale. Abbiamo
anche osservato che questa pratica stimola le onde cerebrali alfa. Avvertirete questo ancora più intensamente quando tornate a casa dal
lavoro. Dopo tre o quattro cicli di questa pratica, sentirete uno stato di
profondo rilassamento, consapevolezza e attenzione poiché le vibrazioni del suono che producete in questa pratica, e la concentrazione
nel centro della testa, dove il suono viene avvertito, aiutano a tranquillizzare e a rilassare gli stati di agitazione del cervello inducendo le
onde cerebrali alfa e rilassando l’agitazione nervosa. Abbiamo anche
visto che questa è una tecnica molto efficace per abbassare
l’ipertensione.
Questa pratica, combinata con la respirazione psichica a narici alternate, completa in poco tempo la pratica del pranayama, così potete
ricevere il pieno beneficio delle posizioni yoga e delle tecniche di respirazione praticando cinque posizioni e queste due tecniche di respirazione.
Cos’è la respirazione psichica a narici alternate? Sedetevi semplicemente in modo tranquillo e chiudete gli occhi. Immaginate di inspirare attraverso una narice e di espirare attraverso l’altra. Immaginate
di inspirare attraverso la narice sinistra, di espirare attraverso la narice
destra, quindi sempre attraverso la destra inspirate e poi attraverso la
sinistra espirate. Mentre praticate questo divenite anche consapevoli
della temperatura dell’aria mentre passa attraverso le narici. Quando
inspirate c’è una sensazione di fresco all’interno delle narici e quando
espirate c’è una sensazione di calore all’interno della narici. Divenite
consapevoli del cambiamento di temperatura mentre inspirate ed espirate Continuate con la pratica di immaginare il flusso del respiro che
attraversa una narice ed esce dall’altra narice. Questo è conosciuto
come la respirazione psichica a narici alternate. Potete eseguirla per
due minuti, tre minuti, quattro minuti, cinque minuti, dieci minuti; per
tutto il tempo che vi è comodo e confortevole. Troverete che anche
questa pratica induce uno stato di profondo rilassamento fisiologico e
psicologico. E se potete fare queste posizioni e queste tecniche di respirazione di mattina appena alzati, avrete una gran quantità di energia, vitalità e dinamismo per tutto il giorno.
La sera, quando tornate a casa, invece di andare subito al bar o al
frigorifero a prendere un bicchiere e versarvi del vino, praticate semplicemente un breve yoga nidra - il rilassamento yogico o sonno psichico per dieci o quindici minuti, mezz’ora, secondo il tempo che avete a disposizione, e nella pratica di yoga nidra iniziate ad osservare i
pensieri che fluiscono naturalmente nella mente. Combinate la pratica
di yoga nidra con antar mouna (il silenzio interiore) osservando il
flusso dei pensieri naturali che entrano nella mente. Non identificatevi
con i pensieri, non cercate di pensare o di produrre dei pensieri; semplicemente divenite consapevoli di ciò che arriva naturalmente, senza
sforzo. Questi pensieri possono riguardare il lavoro, la famiglia, la
festa a cui dovete andare in serata, possono riguardare certi problemi o
difficoltà che potete incontrare nella vita. Osservateli e in mezz’ora
completate la pratica. Così abbiamo integrato asana, pranayama e pratyahara nella routine giornaliera.
Un’altra cosa che può essere integrata è il concetto di karma yoga
nell’attività di ogni giorno, di ogni momento. Qualsiasi cosa facciate,
fatela con consapevolezza; qualsiasi sia il lavoro in cui siete impegnati, non lasciate che sia un’attività inconscia, al contrario trasformatela
in un’attività consapevole. Se state scrivendo, siate consapevoli del
processo della scrittura, la mano che scrive, che cosa è stato scritto. Se
state guidando estendete l’attenzione e la consapevolezza alla guida:
divenite la macchina, divenite la strada, divenite il semaforo, e divenite voi stessi - il corpo. Non lasciate che le cose accadano come attività
meccaniche; ma portate il concetto di consapevolezza in ogni attività.
Questo è il primo gradino del karma yoga - l’estensione della consapevolezza a ogni attività con cui avete a che fare - e questa è la forma
più semplice di karma yoga.
Col passare del tempo, man mano che progredite nelle vostre pratiche yogiche, potete integrare molte altre tecniche di yoga. Potete riservare del tempo per kundalini yoga, potete riservare del tempo per la
meditazione, potete partecipare a seminari e corsi, e imparare queste
tecniche in modo approfondito. Questa è una vostra scelta. In questo
modo, gradualmente, aggiungete una pratica alla volta nella vostra
routine giornaliera. Troverete che lo yoga diventa un procedimento
che non richiede sforzo man mano che diviene parte della vostra routine quotidiana. Non è necessario andare a un seminario per risvegliare la vostra kundalini, per risvegliare i chakra, per risvegliare il prana,
perché sarete capaci di farlo solamente mentre siete lì. Una volta tornati a casa ricadrete nei vecchi schemi. Così, secondo me, è necessario
aggiungere un po’ di yoga e consapevolezza negli schemi normali
della nostra vita quotidiana, in casa, nella società. Questo è il modo in
cui dobbiamo intendere il concetto di pratica yoga.
Quindi veniamo al prossimo argomento che è la filosofia yoga. Cosa è la filosofia yoga? La parola filosofia significa amore della conoscenza; ma in sanscrito la parola filosofia si dice “darshan”. Darshan
significa realizzare, vedere; in italiano usiamo la parola filosofia yoga,
in sanscrito usiamo la parola yoga darshan che significa realizzare lo
yoga. Come realizziamo lo yoga? Non voglio entrare in dettagli complicati, vi darò semplicemente un’indicazione. Paramahamsaji una
volta ha affermato che l’essere umano è la combinazione delle qualità
della testa, del cuore e delle mani - intelletto, emozione e azione. Queste sono tre cose importanti. Se rimuovete l’azione dalla vostra vita, la
vostra vita non ha più senso; se rimuovete il sentimento dalla vostra
vita, la vostra vita non ha più significato; se rimuovete l’intelligenza o
l’intelletto dalla vostra vita, allora la vostra vita non ha più significato.
Così se l’individuo è la combinazione delle qualità della testa, del
cuore e delle mani, è necessario che queste tre aree siano bilanciate ed
armonizzate. Questo è l’inizio della filosofia yoga.
La filosofia yoga non inizia con idee altisonanti di manifestazione
della coscienza divina nel corpo umano. No! La filosofia yoga inizia
con l’identificazione di quelle qualità che sono inerenti alla nostra
vita, che possono essere unificate e che possono essere armonizzate: le
qualità della testa, del cuore e delle mani. Nel momento in cui siamo
capaci, attraverso il processo di osservazione, di conoscere le qualità
della mente, le reazioni, le azioni e le espressioni della mente – ovvero
la natura mentale; quando siamo capaci, attraverso l’osservazione, di
conoscere le espressioni della natura emozionale; quando siamo capaci, attraverso l’osservazione, di conoscere come interagiamo con le
altre persone e con il nostro ambiente; quando siamo capaci di mettere
assieme queste tre differenti aree, allora la filosofia yoga è vissuta
nella vita.
L’osservazione della mente avviene attraverso la meditazione, e
della meditazione si fa esperienza in tre differenti forme. Nel primo
stadio della meditazione - che è l’inizio di pratyahara - dobbiamo divenire consapevoli di tre cose. Quando vi ho chiesto di chiudere gli
occhi e di meditare, su cosa vi siete concentrati? Vi siete concentrati
sulle impressioni e le immagini che vi è stato detto di osservare. Lasciatemi definire ciò in dettaglio perché è importante. La meditazione
riflette i differenti stati della mente. Nello stato di pratyahara - il quinto stadio del raja yoga - tre cose sono coinvolte nel processo di meditazione: l’osservatore, che sono io; l’oggetto dell’osservazione, della
meditazione; il processo di meditazione. Sono seduto; sono concentrato sul mio simbolo; dirigo la mia attenzione a concentrarmi, a rimanere fermo e stabile sul simbolo. Così ci sono io come corpo, il flusso
della coscienza verso l’oggetto o il simbolo, e il simbolo, queste sono
le tre cose: l’osservatore, il processo dell’osservazione e ciò che è osservato. Così deve iniziare la meditazione.
Se la meditazione non è così, c’è il pericolo di cadere nell’inerzia.
L’inerzia non è il sonno, l’inerzia è la perdita di direzione, di chiarezza, di consapevolezza, di concentrazione. Immaginate una persona che
cammina come uno zombie, non sa cosa succede, non sa dov’è. Questo è quello che intendiamo per inerzia. Nel pratyahara s’insegna, pri-
ma di tutto, che dovete divenire consapevoli del corpo, della posizione, di come siete seduti; e che dovete divenire consapevoli di disagi e
tensioni. Dovete anche analizzare e osservare se c’è qualche rigidità
nel corpo, quindi sciogliere queste rigidità ed essere totalmente comodi; divenire consapevoli del corpo dalla sommità del capo alle punte
degli alluci, e cercare di avere la visione di tutto il corpo in un unico
sguardo, in un unico pensiero.
Quindi la pratica prosegue oltre: dopo essere divenuti consapevoli
dell’osservatore - di colui che medita - c’è la consapevolezza del processo della meditazione. Iniziamo a osservare qual è il movimento del
respiro, l’attività spontanea che procede nel corpo, che diviene lo
strumento - il mezzo - attraverso cui raggiungiamo il punto di concentrazione. Poi si aggiunge l’oggetto della meditazione, che può essere
un simbolo, un mantra, un’immagine o un’idea; e bisogna cercare di
identificarsi con quell’immagine, con quell’idea, con quel simbolo.
Oltre lo stadio di pratyahara, la forma della meditazione cambia, e
in dharana - che è il gradino successivo della meditazione - ci spostiamo entro la coscienza dell’oggetto della meditazione, e il processo
della meditazione e colui che medita si dissolvono. Può essere spiegato nella seguente maniera: avete lì il bersaglio e una pistola o un arco e
una freccia in mano; puntate e prendete la mira, e il bersaglio è
l’oggetto a cui dovete prestare attenzione; il vostro corpo è colui che
medita, che osserva l’oggetto; ma per raggiungere l’oggetto, per colpire il centro del bersaglio, dovete premere il grilletto della pistola o
scoccare la freccia. Così la pistola, o l’arco e la freccia, diventano il
processo attraverso cui raggiungete e colpite il centro del bersaglio.
Dal momento in cui premete il grilletto o scoccate la freccia, è la freccia o il proiettile che deve trovare il segno, non voi; la cosa importante
è la freccia o il proiettile e il bersaglio. Dopo il lancio potete persino
voler dare un’occhiata da un’altra parte, non vi preoccupate più di
osservare il bersaglio. È la freccia, o il proiettile che avete diretto, che
deve trovare il segno. Così il processo di meditazione e l’oggetto della
meditazione divengono importanti nello stato di dharana o concentrazione profonda. Quando questa concentrazione profonda o dharana si
trasforma in meditazione, vuol dire che la freccia o il proiettile ha colpito il centro del bersaglio e il processo è divenuto una cosa sola con
l’oggetto della meditazione. Così ci siete voi, la freccia o il proiettile,
il bersaglio. Questo è il primo gradino. In questo primo gradino dovete
allinearvi con il bersaglio, dovete essere consapevoli e attenti e scoccare. Dopo che abbiamo scoccato la freccia o esploso il proiettile, il
gradino successivo è dharana. Potete andare a fare una passeggiata e
lasciare che la freccia o il proiettile colpisca il bersaglio. Una volta
che la freccia o il proiettile ha colpito il bersaglio, quello è dhyana o il
conseguimento dell’oggetto della meditazione.
La meditazione permette al praticante di comprendere le facoltà
della testa - l’intelletto. Così la meditazione è il processo attraverso il
quale diveniamo consapevoli dell’aspetto della testa. Le qualità del
cuore vengono risvegliate combinando i risultati della meditazione
con il karma yoga. Ciò di cui fate esperienza dentro lo esprimerete
esteriormente, e il sentimento associato a quest’espressione deve essere un sentimento incondizionato, non per qualche ragione personale,
egoistica o per guadagno, ma come parte del vostro dare aiuto e appoggio alle persone che vi stanno attorno. I sentimenti e le emozioni
fluiranno, si farà esperienza di unicità, le qualità del cuore si risveglieranno, e questo alla fine diverrà un’azione di cui voi sarete parte integrante.
Così, in breve, quest’unione tra le facoltà della testa, del cuore e
delle mani è il fine della filosofia yoga. Io non so a cosa sia simile la
coscienza divina e non voglio saperlo. Sono molto sincero e franco.
Non aspiro mai a conoscere Dio o la natura divina, e sono abbastanza
certo che se vedessi Dio in qualche forma non mi piacerebbe perché
per me l’espressione della divinità è nella vita. La freschezza dell’aria,
il tepore del sole, il profumo di un fiore, il sapore dell’acqua sono Dio
o la natura divina. È il sentimento che esprime espansione, felicità,
contentezza, unità, perfezione, che è la manifestazione della coscienza
suprema o coscienza superiore nella vita; questo è ciò che lo yoga
chiama Sé Superiore. Così dobbiamo comprendere la filosofia yoga a
partire da questa prospettiva pratica, e non come un soggetto mistico.
La terza cosa è lo stile di vita dello yoga. Lo stile di vita dello yoga
è basato sulle fondamenta della consapevolezza. Che cosa facciamo
quando ci alziamo al mattino? Guardiamo le notizie, leggiamo i giornali, e immediatamente iniziamo a partecipare attivamente a qualun-
que cosa stia accadendo intorno a noi. Pensate quando dormite di notte, e mentre dormite la vostra mente diviene tranquilla, passiva, e diviene come un lago immobile dove non c’è agitazione o movimento
sulla superficie dell’acqua. Ma non appena vi svegliate al mattino, che
genere di impressioni date a quella natura immobile in voi stessi? Le
impressioni che leggete, che vedete o che ascoltate. Si crea una raffigurazione e un’immagine distorta della realtà nella vostra mente.
Dunque, come parte dello stile di vita yogico, lo yoga dice di dare a
voi stessi e alla vostra mente il tempo per divenire di nuovo pienamente attenti e consapevoli, e per spostarvi gradualmente dallo stato di
sonno allo stato di veglia. Ci vogliono circa due ore.
In India dico alle persone di non ascoltare le notizie, di non leggere
i giornali per almeno due ore. Non pensate a nessuno scandalo e a
nessun problema; non pensate a nessuna difficoltà, perché sono queste
impressioni che creano immagini o impronte sulla mente immobile e,
per il resto del giorno, la vostra mente viene disturbata e agitata. Così,
al mattino, gli yogi hanno detto di usare almeno due ore per praticare
qualche cosa che sia utile a voi stessi, che vi permetta di crescere, che
vi permetta di trovare il vostro equilibrio. Sia che pratichiate yoga o
semplicemente sediate vicino alla finestra e osserviate la natura e il
paesaggio; divenite una cosa sola con il paesaggio e andate a passeggiare, non parlate con nessuno, state in silenzio, e parlate solo quando
necessario. Gradualmente la vostra mente inizierà ad adattarsi a ciò
che succede all’esterno e allora avrete una maggiore partecipazione
nel mondo.
La sera, quando andate a letto, guardate gli eventi della giornata
come un film che vi mostra come avete interagito, quali sono state le
vostre risposte, cosa avete detto e cosa avete fatto, e divenite consapevoli di ogni momento che avete passato, da quando vi siete svegliati
fino al momento in cui siete andati a letto. Guardate l’intero trascorrere della giornata in forma di scene, come una pellicola o un film, e
cercate di trovare e scoprire dove avete sbagliato e come potete migliorare nella comunicazione, nel rapporto e nel comportamento con la
gente. Guardate se avete reagito in qualche maniera e se quell’azione
era giustificata. Se vi eravate trovati precedentemente in una situazione simile, come avete risposto? Nella stessa maniera di prima o avete
acquisito il controllo delle vostre reazioni? In questo modo iniziate a
vivere uno stile di vita yogico. Perciò dico che le fondamenta di uno
stile di vita yogico sono basate sulla consapevolezza.
Così, queste tre cose - la filosofia yoga, lo stile di vita yogico e la
pratica yoga - devono essere combinate se volete vedere un voi stesso
nuovo emergere dalle ceneri di quello vecchio. E c’è un segreto che
mi piacerebbe dirvi: se combinate queste tre cose, la vostra kundalini
si sveglierà senza praticare kundalini yoga; e i vostri chakra si risveglieranno senza praticare kriya yoga. È il concetto della mente sopra la
materia e il concetto dell’energia sopra la mente e la materia. Se siete
capaci di gestire le energie che si manifestano in modo naturale e
spontaneo, quell’armonia influenzerà e cambierà la mente e il corpo,
imparando a vivere con semplicità e apertura mentale. Queste sono le
due gambe dello yoga e io sono sicuro che nel vostro procedimento
personale, sarete capaci di integrare questi principi e ottenere il massimo dei benefici.
Hari Om Tat Sat
Terapia Yoga per Bambini
Mentalmente Handicappati
Tratto da: “Yoga”, Munger, India, Agosto,1982, Autori: M.P. Pathar,
Ph. D. & K. L. Bajapai, Kundalini Yoga Research Institute, Luknow.
“Yoga Sadhana”, cioè la pratica dello yoga, è importante per liberare
la mente da varie malattie psicogene e mentali. Essa può anche favorire la riabilitazione delle persone mentalmente handicappate, che sono
un problema scottante per la società moderna. I bambini mentalmente
handicappati possono essere curati ottenendo buoni risultati con
l’aiuto delle tecniche yoga.
Sebbene siano state tentate le più moderne terapie mediche per curare i ritardati mentali, sono stati ottenuti scarsi successi, probabilmente perché l’azione di molte medicine fisicamente attive non è ancora
del tutto chiara e perché non è ancora stato completamente compreso
il ruolo degli agenti neurotrasmettitori dei disordini mentali.
Generalmente, in questi casi, vengono dati ai bambini dei tranquillanti più o meno forti, antidepressivi e anticonvulsivi. È stato osservato che molti di questi farmaci hanno un numero considerevole di effetti collaterali, alcuni dei quali molto dannosi.
In confronto a tali cure, le pratiche yoga sono risultate più benefiche. Per esempio asana specifiche, alcuni shatkarma (pratiche di purificazione) e yoga nidra possono essere utilizzati per migliorare lo sviluppo di persone mentalmente handicappate e non hanno alcun effetto
collaterale. Agiscono immediatamente e possono sostituire efficacemente i tranquillanti. Le stesse pratiche possono anche essere un valido aiuto per i membri della famiglia del soggetto mentalmente handicappato.
In certi casi le pratiche di yoga possono essere iniziate già a cinque
anni sebbene, di solito, sia sufficiente iniziare intorno agli otto anni.
Ai bambini di otto, dieci anni si possono insegnare facilmente delle
asana dinamiche come Surya Namaskara, mentre dai dodici ai venti
anni possono essere insegnate pratiche yoga a cominciare dalle più
facili per arrivare gradualmente a quelle più difficili, sotto la guida di
un esperto.
I famosi psicologi indiani, il dott. S. S. Nathawath, il dott. Singen,
il dott. D. N. Roy e alcuni altri, hanno studiato gli effetti dello yoga
sui pazienti mentalmente ritardati.
In un’indagine fatta nel 1983 fu scoperto che bambini moderatamente ritardati erano migliorati praticando regolarmente per tre mesi
sarvangasana e che le pratiche di kunjal (lavaggio dello stomaco) e di
neti (lavaggio delle cavità nasali) eseguite per quaranta giorni avevano
portato notevoli benefici.
Quando viene eseguita qualsiasi tipo di asana, il corpo diviene flessibile e gli organi vitali funzionano in modo più corretto. Attraverso le
asana la memoria, la concentrazione, l’applicazione allo studio, il desiderio di imparare e il modo di pensare vengono migliorati.
Ogni tipo di asana meditativa provvede a una maggiore circolazione del sangue nelle parti al di sopra della vita; il cervello riceve un
apporto maggiore di sangue che, nel soggetto subnormale, migliora il
quoziente d’intelligenza e l’adattabilità sociale.
Con semplici esercizi di respirazione si può aumentare l’efficienza
del sistema nervoso, riportare la calma mentale e attenuare un comportamento aggressivo.
Kirtan e Canto
Canto
Per praticare kirtan bisogna cantare. Certamente qualche volta possiamo godere di un kirtan particolarmente bello in silenzio o possiamo
trovarci assorbiti in un momento di sottile introspezione come conseguenza del canto di un kirtan; ma per conoscere il kirtan bisogna partecipare.
Il canto in comune abbatte le barriere. Per centinaia di anni in tutte
le culture il canto ha unito gruppi di persone in una comune comprensione sentita come un profondo livello di consapevolezza. Dai nativi
delle Americhe agli aborigeni australiani, dal Tibet a Timbuktu, il
canto è stato parte integrante della società e dell’identità di gruppo.
È interessante notare che solo nella società moderna il canto in comune è stato emarginato e non si può sapere quanto una mancanza di
identificazione con il bene comune della società può essere collegato a
questo solo fatto.
Per l’espressione individuale non c’è niente che eguagli il levarsi
della voce nel canto. Vengono superate le restrizioni della personalità
e l’espressione individuale che può avere difficoltà a emergere in maniera profonda attraverso ogni altro canale, può trovare liberazione nel
canto.
Quando c’è armonia nella musica e nel mantra, ciò riequilibra
l’intero flusso pranico. Quando il flusso pranico è organizzato secondo
una via differente da quella normale, il corpo e la mente iniziano a
muoversi con il ritmo della musica e del mantra. Quando ogni azione
ed emozione sono fuse in una cosa sola, il corpo diviene uno strumento per l’espressione di un’emozione, e la mente diviene uno strumento
per l’espressione di un’azione. È a questo punto che si diventa uno
strumento di musica celestiale. Ciò è possibile solo quando si persegue l’essenza del kirtan nel senso più vero.
Destinazione India: Esperienze e Impressioni
di Amrita.
Partenza: 5 dicembre 1997, destinazione: India, motivo: conclusione
corso istruttori per certificato.
Questo era tutto ciò che sapevo di quel viaggio prima di partire,
quando ho incontrato gli altri compagni di viaggio, mentre ero in volo.
Non mi serviva sapere nient’altro, quando sarei arrivata avrei pensato
a tutto il resto. Sono partita molto determinata e, anche se lasciavo un
po’ il cuore a casa, per nulla avrei rinunciato a quella piccola avventura. Parlo di avventura perché veramente non sapevo cosa sarebbe accaduto quando sarei stata la’ e per il tempo che ci sarei rimasta. Programmare un viaggio per vacanza o turismo è diverso: fai un itinerario, conosci molto bene con chi ti muoverai, leggi delle guide. Questa
volta invece ho deliberatamente evitato di farmi influenzare. Qualcuno
aveva già organizzato il volo, i trasferimenti, la permanenza in ashram. Il 90 % del periodo che avrei trascorso in India era già stato
programmato e per il restante 10% non c’era nulla di cui preoccuparsi
visto che viaggiavamo in gruppo. La cosa che mi faceva più pensare
perciò non era cosa avrei fatto ma come l’avrei vissuta io. Vivere in
ashram per 15 giorni, sostenere un esame per diventare istruttore, e
poi l’India e tutto ciò che rappresenta. Con il presupposto che tutto ciò
che sarebbe avvenuto sarebbe stato comunque una cosa buona, sono
quindi partita.
Ora, se dovessi usare solo un termine per quella che è stata la mia
esperienza in Ashram direi “dinamica”. I ritmi infatti sono molto intensi, dalla mattina quando ti svegli, prestissimo, a quando la sera si
spengono le luci e ti metti a dormire, in entrambi i casi prestissimo
rispetto alle abitudini in Italia. Andare a dormire così presto però è
una necessità poiché per tutto il giorno ti muovi da un posto all’altro
per le lezioni, pasti, satsang, karma yoga. È un luogo che, se frequentato per lunghi periodi ti insegna ad amministrare il tuo tempo in modo razionale, senza sprechi, per farti ottenere il massimo del risultato
ogni volta che ti devi muovere per qualcosa. Vi sono numerose regole
da rispettare, un certo comportamento da mantenere per un fondamentale rispetto del luogo, ma c’è anche una gran libertà: vi sono grandi
spazi dove potersi muovere e volendo ritirarsi per restare un po’ da
soli, e vi sono molti momenti di socializzazione e allegria. Credo che
nessuno che sia stato in ashram per un po’ possa dire di non aver fatto
nuove conoscenze; persone di mezzo mondo sono concentrate in un
perimetro di qualche centinaio di metri e incontrare, parlare, confrontarsi è davvero qualcosa che accade spontaneamente.
I brevi colloqui avuti con gli insegnanti, con le persone incontrate
in cucina durante il karma yoga o durante i kirtan sono stati perciò
momenti per me importanti e significativi, dai quali ho compreso
qualcosa in più sullo yoga e sul perché lo si pratica. Penso che ognuno
abbia i suoi motivi per cui inizia, per i quali si è avvicinato e dal quale
ha ottenuto benefici a diversi livelli. In quei momenti di discussione
mi sono resa conto che in molte di quelle persone c’erano qualità che
avrei desiderato avere anch’io ed ho capito che le avevano ottenute
con costanza e dedizione. Ho compreso l’importanza della pratica
regolare e del mettere realmente in atto ciò avevo imparato seguendo
il corso per istruttori. Queste cose le avevo comprese anche prima del
viaggio, frequentando i seminari, studiando, ma c’era qualcosa che
m’impediva di cogliere il vero senso di ciò che stato facendo. Rimanere invece per un periodo di tempo, anche se limitato, in un luogo dove
ero costantemente immersa e calata nella realtà, nell’atmosfera e nello
spirito che lo Yoga genera, mi ha perciò permesso di capire quel senso, quello scopo che mi era sempre sfuggito.
Le persone che ho incontrato, con cui ho parlato, anche solo guardato ed ascoltato, le piccole esperienze che ho fatto, mi hanno reso
consapevole che effettivamente la pura conoscenza razionale, intellettuale, è solo l’involucro di qualcosa di talmente profondo e sconosciuto che mi sono quasi arrabbiata con me stessa per aver perso tanto
tempo per capirlo. Ho compreso di avere a mia disposizione uno strumento straordinario con il quale conoscermi e migliorarmi, e di non
averlo mai realmente messo in pratica. Prima l’atteggiamento non era
quello di voler veramente ottenere un reale cambiamento personale:
praticavo per il mio benessere, per poter insegnare, per poterne anche
parlare ma non per progredire. Vedere gli effetti su tante persone di-
verse, tutte insieme, ed ammirarle per questo, è stato come annullare
anni di pratiche non finalizzate, eseguite senza la reale consapevolezza
del loro effetto più sottile ed interiore. Ora, a distanza di qualche mese, riesco a capire che la permanenza nell’ashram e tutto ciò che ha
innescato, è stato un fondamentale passo in avanti per comprendere e
riconoscere l’importanza degli insegnamenti che mi erano stati impartiti con tanta cura, e mi ha dato nuove opportunità per crescere e desiderare di saperne di più.
Un importante contributo a questa mia nuova apertura è avvenuto
inoltre seguendo un programma di lezioni il cui scopo era proprio
completare la formazione di noi istruttori prima dell’esame finale.
Personalmente ritengo che sia le parti pratiche che teoriche siano state
molto interessanti e allo stesso tempo piacevoli. Swami Dharrmananda, che curava la parte di asana e pranayama, è stata estremamente
utile per cogliere come un insegnante, nel pieno rispetto della tecnica,
sia in grado di dare una sua personale impostazione e stile alle pratiche. Swami Mukti Murti, l’insegnate di nada yoga, ha fatto comprendere cosa significa cantare con straordinaria grazia e dolcezza, mentre
jigyasu Suryaprem, proponendo diversi temi, ha permesso di fissare e
approfondire diversi argomenti legati alla filosofia.
Queste lezioni erano state elaborate dai nostri insegnanti affinché,
con questo nuovo bagaglio di conoscenze, potessimo affrontare più
serenamente l’esame. La prova consisteva nel pianificare un’ora di
lezione per principianti che comprendesse preparazione, asana, tecniche di pranayama e yoga nidra, dando al tutto un tema o comunque
una finalità. L’esame veniva seguito da due insegnanti che al termine
esponevano le loro opinioni sullo svolgimento di quell’ora di lezione.
Nonostante quest’ultima parte fosse motivo di un po’ di preoccupazione per alcuni di noi, me inclusa, alla fine tutti si sono scoperti contenti e arricchiti di nuovi idee per migliorare e rivedere il proprio modo di insegnare.
La parte di “critica” degli esaminatori è stata davvero utile. Personalmente è stata una lezione molto importante in quanto ho dovuto
domare quell’aspetto dell’orgoglio che vorrebbe che ciò che fai sia
sempre apprezzato ed elogiato. Gli elogi infatti erano solo un breve
momento del feedback, mentre per la maggior parte del tempo la mia
lezione è stata analizzata attentamente mettendo in luce tutto ciò che
doveva essere perfezionato. A distanza di mesi ricordo ancora i diversi
passaggi di quella discussione e, avendo già la possibilità di insegnare,
scopro che mettendo in pratica i loro consigli, le lezioni sono più scorrevoli e sicure.
A tutto questo devo ancora aggiungere alcune parole sul breve
viaggio a Rikhia. Infatti, grazie a Swami Anandananda, abbiamo potuto trascorrere due giorni presso l’Akhara di Swami Satyananda nonostante il suo programma fosse terminato già dieci giorni prima. Il nostro gruppo è stato ricevuto per alcuni minuti, dopodiché abbiamo
fatto un po’ di karma yoga per Shivananda Math. Se Munger è dinamico, dove risiede Paramahamsaji è invece un luogo dove credo si
possa dire che si respira pace. C’è la sensazione reale di essere immersi in un angolo di serenità, dove le persone che vi risiedono lavorano
intensamente ma le cose scorrono in modo fluido e naturale, senza la
minima tensione. Questa breve pausa è perciò stata determinante affinché ci fosse possibile affrontare con maggiore tranquillità il momento dell’esame.
Posso quindi definire la mia breve parentesi in India, e tutto ciò che
è successo, solo in termini entusiastici. L’Ashram, l’Akhara, e l’India
stessa mi sono rimaste nel cuore e davvero spero che in un futuro non
troppo lontano vi sia per me una nuova opportunità.
Desidero concludere dicendo che ritornare in Italia e riprendere le
normali attività e abitudini non hanno scalfito o alleviato l’intensità
della scoperta del “senso” che ho trovato in seguito a questo viaggio.
Le cose che quotidianamente devo fare sono le stesse, ma ora, durante
la mia giornata, sono centrata ad amministrare al meglio il mio tempo
cosicché mi rimanga sempre più spazio da poter dedicare alla pratica e
non dimenticare ciò che in India ho trovato. Sono tornata estremamente determinata a capire cosa accade se si pratica con costanza, e desidero poter verificare in prima persona gli straordinari effetti delle tecniche e cosa cambia in relazione a me stessa e a ciò che mi circonda.
Chissà che scoprirlo non mi riporti in India.
Terapia Yogica delle Malattie Comuni:
il Sistema Cardiovascolare
Tratto da: Swami Karmananda Saraswati, “Yogic Management of
Common Diseases”, Edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Il cuore e il sistema circolatorio
Le malattie cardiache (del cuore) ed anche l’arteriosclerosi (degenerazione dei vasi sanguigni) sono i principali killer nella parte opulenta
della società mondiale attuale. Ogni anno diversi milioni di persone
muoiono per complicazioni di degenerazioni cardiovascolari - includendo ipertensione, insufficienza cardiaca cronica, colpo apoplettico
(incidente cerebro-vascolare) e disturbi renali. Inoltre, molte più persone ancora sperimentano lo spasimo dei dolori al petto conosciuti
come angina pectoris, che indicano sforzo cardiaco nelle attività della
vita quotidiana.
Le cause e gli effetti delle tensioni cardiache sono molte e complesse, coinvolgendo sia il sistema nervoso, attraverso il quale i processi mentali ed emozionali influenzano la funzione cardiaca, che anche i sistemi metabolico, digestivo e riproduttivo, che spesso impegnano eccessivamente il cuore.
Il cuore e il sistema circolatorio - o il cuore del problema
Il cuore è una straordinaria pompa neuromuscolare che è al centro di
tutta l’attività umana. Esso è responsabile della circolazione del sangue in tutto il corpo. Ogni parte del corpo dipende dal cuore, e se
smette di lavorare, l’intero corpo cessa di funzionare in pochi minuti.
Il cuore batte instancabilmente, notte e giorno, dal principio della vita
all’ultimo respiro del morente. Quando il corpo si riposa, batte tranquillamente e lentamente. Quando si fanno degli esercizi, il cuore immediatamente accelera il suo battito per aumentare il volume di sangue che raggiunge i muscoli e le cellule più distanti.
L’energia del cuore dipende dalle fibre delle pareti muscolari. Un
danno a queste fibre produce impressionanti cambiamenti nel modello
e nell’efficienza della circolazione sanguigna. Molti fattori sono responsabili per il mantenimento del volume e della pressione del sangue. Questi includono la condizione delle valvole cardiache,
l’influenza del sistema nervoso nel controllo del diametro interno dei
vasi sanguigni e la quantità di fluido nel flusso sanguigno. Tuttavia, la
condizione primaria del muscolo cardiaco è più importante di tutto.
Il cuore è composto di un tipo di muscolo unico conosciuto come
muscolo cardiaco, che è più duraturo di qualsiasi altro tessuto muscolare del corpo. Esso permette al cuore di continuare la sua funzione
ripetitiva incessantemente, senza esitazioni. Nessun altro organo lavora così a lungo e così intensamente come il cuore.
La circolazione arteriosa
Il sangue circola dal cuore nel corpo attraverso una complessa rete di
condotti conosciuti come arterie, vene e capillari. Le arterie sono i
vasi sanguigni più ampi e più resistenti. Esse distribuiscono sangue
appena ossigenato dal cuore ai più piccoli vasi sanguigni chiamati
capillari. Esse possono indurirsi così che il tessuto elastico delle loro
pareti perde la sua flessibilità. Ciò può restringere le arterie, far salire
la pressione sanguigna e aumentare così il lavoro del cuore. Ciò può
portare anche ad un’insufficiente ossigenazione del cuore stesso e degli altri organi del corpo.
Le camere del cuore
L’interno del cuore è composto di quattro camere. Il sangue contenente un’abbondante quantità di ossigeno arriva dai polmoni per essere
distribuito al corpo. Entra prima nell’atrio sinistro o camera superiore,
e fluisce da questa camera nel più ampio ventricolo sinistro. Questa è
la camera da cui dipende la maggior parte della circolazione sanguigna. Nell’istante in cui il ventricolo sinistro comincia a contrarsi, la
valvola mitralica si chiude di scatto, chiudendo la connessione con
l’atrio sinistro. Quasi nello stesso istante, si apre la valvola aortica,
permettendo al sangue di scorrere veloce attraverso l’aorta alle altre
diramazioni arteriose del corpo.
Le arterie coronarie
Tutte le principali arterie del corpo si diramano dall’aorta. Le prime
due ramificazioni sono conosciute come arterie coronarie, che sono
lunghe circa cm 12,7 e con il diametro di circa cm 0,3. Queste arterie
sono responsabili per l’approvvigionamento del sangue ai lati destro e
sinistro del muscolo cardiaco stesso. Se una di esse dovesse restringersi, l’intero sistema circolatorio potrebbe indebolirsi poiché le fibre
muscolari del cuore stesso sarebbero private dell’ossigeno che le nutre. In una persona sana, in queste arterie, c’è sempre un flusso sanguigno sufficiente a rispondere alle necessità del cuore. Ma talvolta
queste arterie si bloccano parzialmente o totalmente a causa
dell’indurimento delle pareti dei vasi sanguigni, della coagulazione
del sangue nei vasi o di spasmi nervosi che restringono tali vasi. In
questi casi possono verificarsi attacchi o insufficienza cardiaca. La
degenerazione delle pareti dei vasi sanguigni è denominata arteriosclerosi. Essa è collegata a una dieta con grassi animali, al fumo delle sigarette, alla mancanza di esercizio e a un eccessivo stress mentale.
La pratica regolare di yoga può alleviare e prevenire questo disturbo eliminando la tensione inutile dalla nostra vita. Come parte di uno
stile di vita yogico sono necessarie anche abitudini alimentari più sensate.
Il ritorno venoso
L’atrio e il ventricolo destro operano in modo simile all’atrio e al ventricolo sinistro. Essi pompano il sangue privo di ossigeno, e carico di
anidride carbonica, verso i polmoni.
Questo sangue, che ha depositato il suo ossigeno nelle cellule del
corpo, rifluisce verso il lato destro del cuore attraverso la rete di vene,
ed è pompato nei polmoni. Nei polmoni esso rilascia l’anidride carbonica, presa dalle cellule periferiche, che è espulsa dal corpo con
l’espirazione. In cambio è assorbito un certo quantitativo di ossigeno
fresco, e tale sangue rifluisce nuovamente verso il lato sinistro del cuore per essere, ancora una volta, pompato verso le cellule del corpo.
La capacità di lavoro del cuore
La quantità di lavoro svolta dal cuore in un giorno è incredibile. Se la
vita deve continuare, questo processo di circolazione deve andare avanti incessantemente. Il cuore deve pompare e il sangue deve circolare, 24 ore al giorno, 50-80 volte al minuto, dalla nascita alla morte.
Quando il battito cardiaco si ferma, la vita autonomamente cessa.
Ciò equivale a centomila contrazioni al giorno, o 37 milioni di volte in un anno. Nella durata di una vita media di settanta anni, ciò equivale a duemila miliardi e mezzo di battiti. Nessuna macchina fatta
dall’uomo ha tale affidabilità e durata.
Come qualsiasi altra pompa, il cuore è soggetto a consumarsi e lacerarsi, specialmente se è maltrattato e strapazzato. La chiave per una
lunga vita sta nel preservare il cuore da un eccessivo sforzo di qualsiasi genere. Questo deve includere il mantenimento dell’equilibrio mentale ed emotivo, il controllo alimentare, esercizio e sonno adeguato,
cose ottenibili al meglio seguendo uno stile di vita yogico.
Se il cuore è stato danneggiato da una malattia, esso si guarirà mentre lavora. Se le sue valvole si ispessiscono a causa di disturbi come la
febbre reumatica, le pareti muscolari del cuore si ispessiscono nel tentativo di compensare qualsiasi perdita di efficienza. Per lo stress di
esercizi estremi o di febbre, esso continuerà a pompare ad un ritmo di
due o tre volte la sua velocità normale per porre il corpo in condizione
di superare la crisi.
Il “pace-maker”
Il ritmo al quale il cuore batte è regolato dal “pace-maker” o “nodo
seno-atriale”, un piccolo frammento di tessuto nervoso specializzato
fissato vicino al lato superiore destro del cuore. Questo nodo genera
uno spontaneo impulso elettrico ritmico che viene trasmesso attraverso le camere superiori del cuore e quindi verso tutte le fibre muscolari
iniziando così la contrazione cardiaca. In tal modo il battito cardiaco è
controllato dalla produzione di impulsi da parte del pace-maker, che è
a sua volta controllato dai bisogni e dalle richieste sempre mutevoli
dell’organismo.
La sede dell’emozione umana
La funzione del cuore è intimamente connessa con il nostro metabolismo emozionale. I nostri stati emotivi influenzano direttamente il
comportamento del cuore, e il disturbo cardiaco è tanto un disturbo
emotivo quanto fisico. Una mente ansiosa e ipertesa, sempre afflitta da
preoccupazioni o problemi, o una mente turbolenta, che prorompe in
stati abituali di rabbia, passione o pena, causa un’attivazione selvaggia
e incontrollata del sistema nervoso simpatico e fa fluire abbondantemente nella circolazione gli ormoni dello stress, adrenalina e noradrenalina. I muscoli del cuore si sforzano e il battito cardiaco accelera,
obbligandolo a pulsare oltre le sue capacità.
Similmente, le tensioni dei rapporti interpersonali, comprendendo
l’espressione dell’intero spettro delle emozioni umane, degli istinti e
dei desideri che devono essere sperimentati nella nostra evoluzione,
pongono una richiesta costante al cuore e alle ghiandole endocrine.
Quando l’espressione delle passioni o di emozioni turbolente è incontrollata e non governabile, le secrezioni divengono squilibrate e irregolari, e il cuore lavora eccessivamente. L’attivazione simpatica è
anche responsabile nell’indurre le piccole arterie in uno stato di spasmo o contrazione permanente. Di conseguenza il cuore deve pompare
contro una forte pressione di ritorno del sangue nell’albero arterioso e
ne consegue inevitabilmente l’ipertensione (alta pressione sanguigna).
L’ipertensione è un disturbo serio e dannoso, che accelera il danneggiamento dei vasi sanguigni, porta ad insufficienza renale e cardiaca, e pone la costante minaccia di una morte improvvisa per colpo
apoplettico (scoppio di un vaso sanguigno nel cervello).
Fino a poco tempo fa i medici credevano che l’attacco cardiaco (infarto del miocardio) fosse causato da un embolo posizionato in una
delle arterie coronarie. Tuttavia, è ora accettato che in molti casi di
attacco cardiaco probabilmente non vi è alcun embolo di sangue, e che
l’attacco è una crisi funzionale nel sistema nervoso, causata da uno
spasmo delle arterie coronarie, ed è dovuto alla medesima iperattivazione del sistema nervoso simpatico. La stessa situazione si riferisce
all’angina, una forma cronica in via di sviluppo di parziale occlusione
coronarica, dove lo spasmo delle arterie coronarie è un fattore importante.
È ora evidente che in entrambi questi comuni disturbi cardiaci, la
più importante causa scatenante è lo spasmo dell’arteria coronaria,
causata da alti livelli di tensione mentale che agisce attraverso le fibre
nervose autonome presenti nelle arterie stesse. La tensione emotiva è
una delle cause principali di attacco cardiaco. Si è scoperto che molti
pazienti coronarici hanno sofferto una profonda e significativa ferita
emotiva o delusione durante il mese precedente, o persino un anno
prima dell’attacco cardiaco.
Relazione tra le funzioni cardiaca e sessuale
Sia le nostre emozioni che i nostri istinti richiedono uno sfogo, e ciò
normalmente avviene tramite il comportamento sessuale. Il sistema
riproduttivo umano è attivato e controllato dalla pituitaria (ghiandola
principale di controllo).
La ghiandola pituitaria è controllata dall’ipotalamo che rilascia ormoni dal cervello che vengono sintetizzati in risposta ai nostri diversi
stati mentali ed emozionali. Questo significa che la formazione del
seme nel maschio e il ciclo mestruale nella femmina derivano direttamente dal metabolismo emozionale.
Quando certi tipi di emozioni sono accelerate o incontrollate, alti
livelli di ormoni sessuali - testosterone nel maschio ed estrogeno e
progesterone nella femmina - vengono sintetizzati dalle gonadi (testicoli e ovaie) e secreti nel flusso sanguigno. Questi ormoni attivano gli
organi riproduttivi e sessuali, che diventano gli strumenti per
l’espressione e il rilascio emozionale.
Gli uomini hanno molta più probabilità di soffrire di disturbi cardiaci degenerativi e vascolari rispetto alle donne fino all’età della menopausa. I ricercatori ritengono che siano gli alti livelli di ormoni androgeni o maschili a essere responsabili sia dell’aggressività caratteristica della ‘personalità cardiaca’ che dei danni ai vasi del cuore stesso
nel disturbo coronarico.
Recenti ricerche hanno rivelato l’esistenza di specifici recettori androgenici nelle pareti delle camere del cuore e delle grandi arterie, che
si pensano essere l’anello di congiunzione per il danno cardiaco. Ciò
può significare che gli uomini sono più predisposti a certi tipi di disturbo cardiaco rispetto alle donne perché le donne hanno meno androgeni (ormoni maschili). L’estrogeno (ormone femminile) può per-
sino proteggerle da problemi cardiaci e può spiegare la relativa salute
del cuore femminile fino all’età della menopausa.
È stato scoperto che durante gli anni che precedono la menopausa, i
sofferenti di cuore maschi superano le femmine in rapporto di due a
uno, ma entro pochi anni dal completamento della menopausa
l’incidenza dei disturbi cardiaci tra i due sessi è virtualmente identica.
Gli yogi affermano che equilibrando le attività emotive e sessuali il
livello ormonale viene ridotto ed equilibrato e un uomo può salvaguardare la salute del suo cuore. Naturalmente sono molti i fattori che
contano.
Il ruolo della dieta
Ricercatori medici hanno scoperto che il grado di degenerazione cardiaca e arteriosa è strettamente collegato alla quantità di grasso e colesterolo consumato nella dieta. La maggior parte dei medici, al giorno
d’oggi, ritengono che la dieta moderna contenga troppi grassi, troppe
proteine e calorie in eccesso. Si ritiene che una dieta eccessivamente
ricca contribuisca a molte delle malattie dell’uomo moderno che sono
la conseguenza di un abituale sovraccarico degli organi digestivi.
In uno studio americano, ampiamente diffuso, sulle condizioni del
cuore e dei vasi sanguigni di soldati giovani e in forma morti per cause accidentali, i patologi riferirono che i vasi sanguigni di questi giovani uomini tra i venti e i trent’anni, mostravano già i cambiamenti
degenerativi dell’arteriosclerosi. Le pareti dei loro vasi sanguigni furono trovate ricoperte di depositi bianchi di colesterolo untuoso e
grasso conosciuti come placche ateromatose. Quando questo studio fu
pubblicato, causò un diffuso allarme nei circoli medici e portò molti
medici a modificare drasticamente le proprie abitudini dietetiche.
Mentre in precedenza si sapeva molto bene che i vasi sanguigni di un
cinquantacinquenne o sessantenne morto per collasso cardiaco, colpo
apoplettico o infarto, erano in condizioni terribilmente degenerate e
ostruite, questo studio rivelava chiaramente che l’arteriosclerosi è un
processo in via di sviluppo, che forse inizia persino nell’infanzia, e
certamente è ben avanzato intorno ai trent’anni di vita.
Ora è ampiamente accettato che il deposito di colesterolo è una delle
cause fondamentali della degenerazione cardiovascolare e della morte.
Un alto livello di colesterolo nel sangue può essere abbassato adottando
una dieta vegetariana priva di grassi, con poco colesterolo, basata su
cereali integrali, frutta fresca e verdure. La sostituzione dei grassi animali, burro o ghi con oli vegetali insaturi ed una dieta ampiamente vegetariana sono caldamente raccomandati. Tale dieta è abitualmente prescritta ai malati di cuore, e i medici ora accettano che essa aiuta non
solo ad arrestare il deposito di colesterolo, ma persino ad invertire il
terribile processo di degenerazione adiposa delle arterie rimettendo gradualmente in movimento i depositi di colesterolo dalle pareti dei vasi.
Studi più recenti hanno mostrato che anche la meditazione abbassa
efficacemente il livello di colesterolo nel siero, e questo è un motivo
per cui il rilassamento e la meditazione sono ritenuti così necessari,
insieme ai cambiamenti nella dieta, nel programma yoga per chi ha
problemi di cuore. Il siero (fluido sanguigno che rimane dopo
l’estrazione dei globuli rossi) di un individuo che segue una dieta molto grassa e ricca di colesterolo, è spesso torbido e lattiginoso, mentre
quello di un vegetariano è chiaro e trasparente. È facile rendersi conto
del maggior carico sul cuore che deve pompare questo fluido spesso e
torbido, pesantemente gravato da corpuscoli grassi, per tutto il corpo,
giorno dopo giorno, per molti anni.
La personalità cardiaca
I cardiologi riconoscono un particolare tipo di ‘personalità cardiaca’
come maggiormente predisposta a disturbi di cuore.
Il paziente è generalmente un uomo di mezz’età che ha una natura
aggressiva, autoritaria e competitiva. Di solito ha successo nel suo
campo e ha ottenuto buoni risultati nella vita spingendosi al limite
massimo. Stabilisce alti standard personali e si aspetta che gli altri si
adeguino a quei medesimi standard. Egli spesso diventa ‘lavorodipendente’, usando il proprio lavoro come unico mezzo di ‘autoappagamento’, mentre tende a evitare incontri emotivamente dolorosi
e responsabilità nell’ambiente familiare.
Mentre appare un carattere indipendente e con una forte volontà
all’esterno, la sua natura interiore e soggettiva può essere anche
l’opposto. Egli è spesso una persona molto sensibile, percettiva e persino artistica, ma ha soppresso questo lato gentile della sua personali-
tà. Questo contrasto spesso porta a un conflitto interiore che sta alla
base della tensione e dei disturbi cardiaci.
Nella terapia yogica è spesso difficile per la personalità cardiaca rilassarsi e utilizzare lo yoga in modo non competitivo. La sua mente è
così indirizzata verso ogni risultato che inizialmente il rilassamento e
l’atteggiamento di lasciarsi andare, arrendersi e accettare è molto innaturale per lui. Tuttavia, se riuscirà ad apprendere questa lezione, il
progresso è assicurato.
Lo yoga equilibra le emozioni
Poiché le emozioni giocano un ruolo così importante nella genesi dei
disturbi cardiaci non è sufficiente che un malato di cuore adotti soltanto una dieta con pochi grassi per gestire la sua condizione. Secondo la
scienza yogica, il riconoscimento dei modelli e degli effetti degli stati
emotivi sul cuore e sulla mente è assolutamente fondamentale per chi
soffre di tensione cardiaca o per coloro che si stanno riprendendo da
una crisi cardiaca. Ciò si ottiene attraverso le pratiche di rilassamento
yogico, yoga nidra e meditazione (dhyana). La padronanza di una tecnica scientifica di rilassamento come yoga nidra è il primo e più importante passo nella guarigione delle crisi cardiache attraverso lo yoga.
Ciò perché i malati di cuore sono spesso dominati dai loro stati emotivi, anche se in apparenza possono sembrare molto calmi, freddi e
padroni di sé. Le emozioni represse che sono mantenute in profondità
e a cui viene negata l’espressione per molti anni a causa dei sensi di
vergogna, colpa o rifiuto, sono tuttavia registrate come una continua,
eccessiva tensione al cuore, ed è stato scoperto che sono tra le maggiori concause in molti disturbi cardiaci.
Praticando yoga, l’individuo gradualmente si libera da questi complessi, paure e inadeguatezze emotive profonde che sono covate nella
mente subconscia. Spesso sono le impressioni di reminiscenze di esperienze spiacevoli dalla prima infanzia. Queste possono non entrare mai
nella consapevolezza cosciente, tuttavia generano un alto livello di
ansietà fluttuante nella vita quotidiana, deformando rapporti, risposte,
atteggiamenti e decisioni. Questa è una delle cause di base della tensione costante nella vita quotidiana ed anche di una tensione costante
sul cuore. Le pratiche yogiche alleviano il cuore, conducendoci a recuperare le emozioni e il comportamento di un bambino nella vita:
aperto, semplice e spontaneo. Ciò dà un enorme sollievo mentale e
cardiaco al malato di cuore che è spesso profondamente avvinto in
complessi emotivi di paura, autocommiserazione, aggressione, tradimento o rabbia. Quando arriva il rilassamento, emozioni represse vengono liberate ed il paziente gradualmente impara a vivere, pensare e
sentire semplicemente e onestamente, esprimendo i sentimenti apertamente e onestamente. Il disturbo della personalità, dovuto alla repressione, è evitato, e gli scoppi di rabbia, eccitazione o passione non
opprimono più la mente né sovraccaricano il cuore.
Immaginate il profondo rilassamento che il cuore sperimenterebbe
se fosse liberato da ansietà celate e tensioni subconsce. Questo è ciò di
cui il malato di cuore ha bisogno più di tutto e questo è ciò che la meditazione, il rilassamento e altre pratiche yogiche, determinano.
Inadeguatezza delle soluzioni mediche
La scienza medica ha sviluppato farmaci molto potenti per controllare
i sintomi e gli effetti della tensione cardiaca, dell’ipertensione e del
collasso cardiaco. Questi farmaci spesso, nei casi acuti di un attacco
cardiaco o di crisi ipertensiva, salvano la vita. Essi abbassano una
pressione sanguigna pericolosamente alta, stabilizzano un cuore che
sta rapidamente collassando o alleviano il dolore di un eccessivo sforzo cardiaco (angina). Tuttavia non possono mai essere la soluzione
definitiva del problema perché non arrivano alla causa fondamentale
del disturbo cardiaco per correggerla.
Molti pazienti dipendono dai farmaci per un sollievo sintomatico
per anni e persino decenni senza realizzare o venire a patti con la causa di fondo della loro condizione. Essi si stancano e muoiono prima di
capire cosa è fondamentalmente sbagliato nella loro salute mentale e
cardiaca, vivendo ciò che resta della loro vita in un’atmosfera di sofferenza e sconforto crescenti. Quando le emozioni sono conosciute, sperimentate ed espresse coscientemente, con una crescente capacità di
consapevolezza, la tensione cardiaca può essere ridotta alla sua origine. Questo è il motivo per cui è essenziale per i malati di cuore praticare lo yoga sotto una guida attenta, insieme con la propria terapia
medica. Quindi potranno gradualmente riconoscere ed evolvere oltre i
limiti che stanno facendo degenerare il loro cuore e il loro sistema
circolatorio e soffrire la loro mente.
Lo yoga offre la soluzione
Lo yoga offre un metodo provato e sperimentato per alleviare i conflitti emotivi che impongono un’enorme tensione sul cuore umano e
portano a disturbi cardiaci e alle loro complicanze. Lo yoga offre un
modo di vivere per cui il cuore può essere mantenuto in condizioni
ottime sino al termine della vita, ed anche per alleviare la tensione
cardiaca e la malattia.
Per alleviare il cuore dal suo fardello continuo, i conflitti emotivi,
le dipendenze, i bisogni e le richieste devono prima essere conosciuti,
accettati ed espressi. Quindi, alla fine, possono essere trascesi. Il metabolismo emotivo non può semplicemente essere occultato fuori della
nostra esistenza, perché la repressione porta a disturbi mentali e malattie fisiche. Tuttavia, seguendo sistematicamente il percorso dello yoga, le emozioni possono essere conosciute ed espresse in un modo
sano e appagante che non è dannoso per la salute e protegge il cuore
da crisi o cedimenti precoci.
La meditazione è fondamentale per la vita yogica. Essa gradualmente instilla pace, stabilità e crescente consapevolezza nella vita
dell’individuo che è intrappolato negli spasimi di pena, paura, insicurezza e angoscia emotiva che accompagnano il disturbo cardiaco. La
meditazione induce un profondo cambiamento sia nel corpo che nella
mente. La temperatura corporea, il metabolismo e i modelli di secrezione endocrina subiscono un cambiamento profondo e spontaneo, la
mente si rilassa profondamente, e il cuore diviene molto, molto tranquillo. Le emozioni non vengono fatte morire, ma la loro espressione
viene modificata. Gradualmente il cuore si rallegra come sollevato da
un tremendo fardello e si libra verso il cielo, esprimendo emozioni in
modo gioioso e trascendentale, non più limitato dalla personalità istintiva.
Programma yogico per i disturbi circolatori e cardiaci
Un cuore stanco e sovraffaticato ha bisogno di riposo più di ogni altra
cosa poiché il riposo fa si che i livelli di energia vitale, prana, si po-
tenzino e inizino a lavorare per la rigenerazione. Un riposo adeguato
dovrebbe essere accompagnato da asana e pranayama, una breve passeggiata ogni giorno e uno stile di vita moderato.
Le asana sono indispensabili, ma non dovrebbero mai essere praticate superando i propri limiti. Il cuore non deve mai essere sforzato e
al minimo segno di tensione o dolore cardiaco dovrebbe essere attuata
la pratica del rilassamento.
1. Asana: iniziate con pawanmuktasana parti 1 e 2. Queste dovrebbero
essere praticate ogni mattina, dopo un bagno che dovrebbe essere
freddo in estate ma caldo in inverno. Se la seconda parte di pawanmuktasana fosse troppo pesante dovrà essere omessa. Shavasana deve
essere praticata ogni volta che vi sia stanchezza, e non si dovrà mai
avere fretta di finire le pratiche. Lo yoga deve essere fonte di riposo,
sollievo e rilassamento che gradualmente si diffonderanno e trasformeranno l’intera vita. Queste asana dovrebbero essere continuate
giornalmente per almeno due mesi. Successivamente possono essere
introdotte, se possibile, le asana di shakti bandha, e sono raccomandate le seguenti asana principali: vajrasana, shashankasana (rilassandosi
per diversi minuti), sarpasana, yoga mudra, bhunamanasana.
2. Pranayama: il Pranayama è molto importante sia per la terapia iniziale del sofferente di cuore che nel successivo periodo di riabilitazione e ringiovanimento. Il pranayama non deve mai sottoporre a tensione il cuore e i polmoni. Se ciò accade allora il suo scopo è stato vanificato. Esso dovrebbe essere calmante per la mente ansiosa, rilassante
per i nervi eccitati e stabilizzante per cuore e circolazione irregolari.
Le pratiche più importanti sono nadi shodhana e ujjayi pranayama.
Il respiro dovrebbe essere solo lievemente più profondo del normale,
senza ritenzione, né interna né esterna. Il respiro deve essere il più
naturale e silenzioso possibile, e la consapevolezza deve seguire molto
da vicino il flusso del respiro che entra e che esce. Osservare il respiro
è osservare la mente e verrà sperimentato immediatamente un grande
sollievo dalla tensione e dall’ansia. La funzionalità cardiaca e la stabilità mentale migliorano settimana dopo settimana. Il cuore trae enorme
beneficio da un processo di ossigenazione più efficiente ed i tessuti
danneggiati ringiovaniscono rapidamente. Si raccomandano dieci cicli
di nadi shodhana e dieci minuti di ujjayi pranayama.
3. Yoga nidra: il rilassamento deve essere praticato a intervalli regolari durante il programma di asana. Possono essere adottate shavasana,
matsyakridasana o advasana. La pratica completa di yoga nidra dovrebbe essere eseguita una volta al giorno.
4. Meditazione: per chi soffre di cuore, la meditazione dovrebbe essere
appresa non come una disciplina ma come un piacevole passatempo.
Specialmente quando si è costretti a letto nella fase iniziale della guarigione, e successivamente durante la riabilitazione, è più utile come
mezzo per divenire consapevoli delle tensioni fisiche, mentali ed emozionali che hanno creato tale devastazione nel sistema cardiovascolare. Le pratiche più adatte sono ajapa japa, usando il mantra So-ham, e
antar mouna (silenzio interiore). Queste pratiche portano il distacco da
paure, immaginazioni e processi mentali che sono la causa fondamentale dell’agitazione e delle tensioni mentali.
5. Shatkriya: jala neti è una pratica eccellente per i cardiopatici. Può
essere imparato e praticato persino quando si è ancora obbligati a letto, e dovrebbe essere adottato ogni mattina. Kunjal e laghu shankhaprakshalana non dovrebbero essere praticati dai malati di cuore, almeno per molti mesi, poiché impongono uno sforzo al cuore.
6. Karma yoga: il concetto di servizio disinteressato dove si lavora
con ogni attenzione, cura e creatività, ma senza considerazione alcuna
dei guadagni, ricompense o profitti che tale lavoro può dare, può essere adottato con successo durante la guarigione dopo una malattia cardiaca.
7. Cambiamento del modo di vivere: gli attacchi e le tensioni cardiache si hanno più frequentemente in persone con un temperamento
molto rajasico, attivo e competitivo. Gli uomini d’affari che vengono
ossessivamente coinvolti dal loro lavoro sono i principali candidati per
un attacco cardiaco, poiché trascurano di trovare il tempo per il rilas-
samento ed il ringiovanimento cellulare. Essi trascurano di includere
svaghi rilassanti nel loro modo di vivere, diventando dediti totalmente
al lavoro.
Molte persone hanno perso la capacità di rilassarsi veramente e
l’hanno sostituita con il concetto di rilassamento che di solito include
abitudini stimolanti come fumare, bere e attività sociali che eccitano
ed esauriscono il sistema cardiovascolare anziché rilassarlo. Tralasciare il sonno e mangiare eccessivamente spossano ulteriormente il cuore
ed i sistemi circolatorio e nervoso.
Una parte importante del recupero è che l’individuo in terapia sia
isolato completamente dalle preoccupazioni di lavoro e stia preferibilmente in un ambiente naturale e riposante. L’ambiente di un ashram
si dimostra spesso ideale. Questa è spesso la prima vacanza completa
che tali persone si sono permesse in molti, molti anni. Là possono
essere introdotti a qualche nuovo interesse che sia creativo, rilassante
e non competitivo, più in sintonia con i cicli e i processi naturali. Per
esempio, un semplice lavoro manuale come la falegnameria è spesso
una rivelazione ed una grande gioia per un uomo che in precedenza ha
usato le sue mani solo per firmare assegni! Analogamente, il semplice
giardinaggio, dove la risposta all’investimento dipende non dalle condizioni economiche ma dalla benedizione e dall’abbondanza della
terra, può spesso aiutare una persona ansiosa e ambiziosa a rilassarsi
ed accettare un ritmo di vita più in armonia con la natura.
8. Swadhyaya: lo studio delle varie scritture e delle vite di santi che
hanno dedicato la loro vita alla realizzazione e al servizio della verità
suprema, piuttosto che alla realizzazione del possesso materiale ed
emotivo, è spesso una rivelazione per il malato di cuore, proponendo
l’esempio di una dimensione di vita completamente nuova e priva di
stress.
9. Bhakti yoga: l’incanalare l’energia emotiva lontano da oggetti, desideri e attaccamenti personali verso il Sé universale o Dio. Anche i
kirtan, il salmodiare e il cantare sono molto rilassanti e confortanti per
il malato di cuore le cui emozioni sono spesso profondamente intrappolate in una rete di attaccamenti personali. La liberazione del grovi-
glio emotivo personale spesso offre immenso sollievo e spiana la strada a una completa guarigione.
10. Raccomandazioni dietetiche: la dieta deve essere leggera, evitando
carne, eccesso di proteine, latte e latticini, olio e spezie in eccesso. Ciò
dovrebbe essere sostituito da cereali integrali, frutta e verdura fresca.
Questo ridurrà l’obesità che impone una tensione costante ed eccessiva sul cuore. L’orario dei pasti dovrebbe essere regolare, ed evitare di
mangiare tra i pasti deve diventare una regola di vita. Si deve anche
evitare di mangiare eccessivamente, poiché senza dubbio sforza il
cuore. Il pasto serale dovrebbe essere consumato prima delle 19. Queste regole assicurano che gli organi digestivi non siano continuamente
gravati, e si liberi energia dalla digestione verso la guarigione.
È importante che il malato di cuore eviti la costipazione, poiché essa porta ad un blocco pranico nel tratto digestivo. Anche un eccessivo
sforzo nella defecazione è stressante per il cuore e per questo motivo,
a seguito di una crisi cardiaca, è raccomandata solo una dieta leggera e
semi liquida. La dieta può essere gradualmente normalizzata con il
ripristino della funzionalità cardiaca, ma oli, grassi e latticini dovrebbero essere riassunti con cautela. Il fumo dovrebbe essere abbandonato.
Ajapa Dharana - Terza Tecnica
Tratto da: Swami Niranjanananda Saraswati, “Dharana Darshan”, Edizioni Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India.
Rotazione Attraverso il Passaggio Frontale
con Ujjayi e Khechari
In questa pratica si eseguono, nella stessa sequenza, tutti gli stadi della
prima tecnica di ajapa dharana, la rotazione del passaggio frontale.
Qui, tuttavia, invece della respirazione profonda, si usano ujjayi pranayama e khechari mudra per un ulteriore sviluppo della consapevolezza del passaggio psichico. Ujjayi è conosciuto come il respiro psichico a causa del suo effetto d’introversione della mente e dei sensi.
La combinazione di ujjayi con khechari mudra rende ulteriormente più
profonda e introversa la consapevolezza. Il passaggio frontale, in questa pratica, si estende da manipura ad agya. Questa pratica dovrebbe
essere continuata finché il respiro in ujjayi e il mantra Soham fluiscono insieme attraverso il passaggio frontale come un’unica forza senza
sforzo cosciente.
Tecnica
Stadio uno - preparazione
Sedete in una confortevole asana meditativa. Siate sicuri che la colonna vertebrale sia eretta, le spalle siano indietro e la testa sia sollevata.
Mettete le mani sulle ginocchia in chin o gyana mudra. Gli occhi e le
labbra sono gentilmente, ma stabilmente chiusi. Divenite consapevoli
di tutto il corpo fisico. Muovete la consapevolezza in ogni parte del
corpo per assicurarvi che non vi sia rigidità o tensione in nessuna parte. Il corpo dovrebbe essere comodo e a proprio agio. Quando muovete la consapevolezza attraverso il corpo, sentite la posizione meditativa divenire stabile e ferma. Il corpo è immobile e fermo. Totale consapevolezza dell’immobilità e della fermezza di tutto il corpo.
Stadio due - consapevolezza del respiro
Ora spostate la consapevolezza dall’immobilità del corpo al respiro
naturale e spontaneo. Divenite consapevoli di ogni inspirazione e di
ogni espirazione. Seguite il respiro quando entra e quando lascia il
corpo, senza cambiare in nessun modo il respiro, solamente lasciando
che la consapevolezza si muova con il respiro spontaneo e naturale.
Sentite il respiro divenire stabile e ritmico. Man mano che intensificate la consapevolezza del respiro, esso diverrà sempre più lento e profondo. Permettete al respiro di approfondirsi in ujjayi e fate scivolare
la lingua indietro in khechari mudra. Lasciate fluire la consapevolezza
con ogni respiro. Con ogni respiro la mente e il corpo diventano più
calmi e stabili. C’è solo la consapevolezza del gentile, sottile flusso
del respiro ujjayi.
Ora portate la consapevolezza all’ombelico. Quando inspirate in ujjayi
sentite il respiro e la consapevolezza muoversi dall’ombelico al centro
tra le sopracciglia. Quando espirate in ujjayi sentite il respiro e la consapevolezza muoversi dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. La
consapevolezza dovrebbe muoversi con il respiro in linea retta
dall’ombelico al centro tra le sopracciglia quando inspirate. La consapevolezza dovrebbe muoversi con il respiro, in linea retta, dal centro
tra le sopracciglia all’ombelico quando espirate. Siate consapevoli di
ogni inspirazione e di ogni espirazione. Sentite il movimento divenire
spontaneo e privo di ogni sforzo. Continuate con il respiro in ujjayi e
khechari mudra per il resto della pratica.
Stadio tre - visualizzazione del passaggio frontale
Iniziate a visualizzare il passaggio tra l’ombelico e il centro tra le sopracciglia. Questo passaggio corre in linea retta tra l’ombelico e il
centro tra le sopracciglia. Visualizzate questo passaggio psichico come un lungo, sottile tubo trasparente vuoto all’interno. Vedete questo
tubo chiaramente.
Lasciate che la consapevolezza si muova lungo l’interno del tubo vuoto. Visualizzate ogni parte di questo tubo trasparente mentre muovete
la consapevolezza dall’ombelico al centro tra le sopracciglia e dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Intensificate la consapevolezza del
passaggio frontale che connette l’ombelico al centro tra le sopracciglia. Continuate a ruotare la consapevolezza lungo questo passaggio
finché riuscite a visualizzarlo chiaramente.
Stadio quattro - respirare all’interno del passaggio psichico
Ora divenite consapevoli del respiro in ujjayi che si muove all’interno
di questo passaggio psichico frontale. Quando inspirate sentite il respiro che si muove verso l’alto, all’interno del passaggio frontale,
dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Quando espirate sentite il
respiro che si muove verso il basso, all’interno del passaggio frontale,
dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Siate totalmente consapevoli del respiro che sale e che scende.
Fate esperienza del respiro e della coscienza che si muovono insieme
all’interno del passaggio frontale. La coscienza e il respiro ascendono
lungo il passaggio psichico con l’inspirazione. La coscienza e il respiro discendono lungo il passaggio psichico con l’espirazione. Il respiro
si muove senza sforzo lungo questo passaggio e voi siete consapevoli
di ogni movimento del respiro. Fate esperienza di queste due forze che
salgono e scendono lungo il passaggio psichico frontale.
Stadio cinque - consapevolezza del prana
Intensificate la consapevolezza della coscienza e del respiro che si
muovono insieme entro il passaggio psichico. Siate consapevoli del
movimento fluente del respiro e della coscienza mentre salgono e
scendono con l’inspirazione e l’espirazione. Fate esperienza del costante, ritmico flusso del respiro e della coscienza.
Ora estendete la consapevolezza al prana che fluisce anch’esso
all’interno del passaggio psichico. Il prana fluisce con il respiro e la
coscienza all’interno del passaggio psichico. Quando inspirate, il respiro, il prana e la coscienza fluiscono dall’ombelico al centro tra le
sopracciglia. Quando espirate, il respiro, il prana e la coscienza fluiscono dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Siate consapevoli di
queste tre distinte forze che si muovono all’interno del passaggio psichico frontale.
Fate esperienza del respiro che si muove in forma di aria. Visualizzate
il prana come una corrente di luce bianca che ascende e discende lungo il passaggio psichico. Visualizzate il prana chiaramente. Vedete le
correnti di scintillante luce bianca che si muovono con il respiro in
ujjayi all’interno del passaggio psichico. Mentre inspirate, vedete la
corrente di luce bianca che sale dall’ombelico al centro tra le sopracciglia. Mentre espirate, vedete la corrente di luce bianca che scende
dal centro tra le sopracciglia all’ombelico. Via via che la consapevolezza diviene sempre più concentrata, focalizzata, sentite l’aumento di
prana nel passaggio psichico.
Stadio sei - consapevolezza di Soham
Ora lasciate la consapevolezza del prana e divenite consapevoli solo
del respiro. Ascoltate il leggero, sottile suono del respiro in ujjayi.
Concentratevi completamente sul respiro e sul sottile suono del respiro. Cercate di percepire il suono del mantra Soham nel respiro quando
sale e scende attraverso il passaggio frontale. Quando inspirate sentite
il respiro e il mantra So - o - o - o che salgono dall’ombelico al centro
tra le sopracciglia. Quando espirate sentite il respiro e il mantra Hamm - m - m che scendono dal centro tra le sopracciglia all’ombelico.
La vostra totale consapevolezza è con il respiro in ujjayi e il mantra
del respiro, Soham. Non c’è bisogno di ripetere il mantra, siate solo
consapevoli del suono che già procede nel respiro. Seguite il respiro
quando sale lungo il passaggio psichico con l’inspirazione e sentite So
- o - o - o. Seguite il respiro quando scende lungo il passaggio psichico e sentite Ham - m - m - m. Portate la consapevolezza sempre più
vicino al respiro e al suono del respiro. Non c’è altra consapevolezza
al di fuori del respiro e del mantra Soham nel passaggio psichico.
Come la consapevolezza diviene più concentrata e stabile, inizierete a
percepire i livelli più sottili del respiro e del mantra. Intensificate la
consapevolezza del mantra Soham. Divenite consapevoli della vibrazione che si crea quando il mantra sale con l’inspirazione e scende con
l’espirazione. Non lasciate che la vostra attenzione sia distratta da alcun pensiero o esperienza che può sopraggiungere. Mettete questi pensieri o sensazioni da parte e concentrate tutta l’attenzione sul respiro e
sul mantra. Stabile, continua consapevolezza del respiro e del mantra.
Stadio sette - consapevolezza di Hamso
Nel prossimo stadio della pratica la consapevolezza rimane la stessa,
ma il punto d’inizio di ogni ciclo sarà il centro tra le sopracciglia. Portate la consapevolezza al centro tra le sopracciglia. Quando espirate
muovete la consapevolezza con il respiro dal centro tra le sopracciglia
all’ombelico. Ascoltate il mantra Ham - m- m - m. Quando inspirate
muovete la consapevolezza con il respiro dall’ombelico al centro tra le
sopracciglia. Ascoltate il mantra So - o - o - o. Con questo cambiamento del punto di partenza il mantra ora diviene Hamso invece di
Soham.
Continuate con la pratica, intensificando la vostra consapevolezza del
mantra Hamso. Sentite il respiro in ujjayi che si muove nel passaggio
psichico. Sentite il mantra Ham - m - m - m con l’espirazione e il
mantra So - o - o – o - con l’inspirazione. Sentite le vibrazioni di
Hamso mentre fluisce attraverso il passaggio psichico frontale.
L’unico punto di concentrazione, in questo esatto momento, è il mantra Hamso. Seguite ogni respiro e percepite il mantra in ogni respiro.
Sentite la consapevolezza andare gradualmente più in profondità,
muovendosi verso i livelli più sottili del respiro e del mantra.
Stadio otto - conclusione della pratica
Continuate con la pratica per alcuni momenti ancora. Ora preparatevi
a concludere la pratica. Ritirate la consapevolezza del mantra. Lasciate
khechari mudra e terminate la respirazione in ujjayi. Divenite consapevoli del respiro naturale, il lento ritmico flusso del respiro naturale e
spontaneo. Divenite consapevoli del corpo fisico e della posizione
meditativa in cui siete seduti. Siate consapevoli di tutto il corpo fisico.
Sentite il contatto tra il corpo e il pavimento. Divenite consapevoli di
ciò che vi circonda. Ascoltate i suoni intorno a voi. Gradualmente
rendete la vostra mente completamente estroversa. Ora inspirate profondamente e cantate per tre volte Om. Lentamente muovete il corpo e
aprite gli occhi.
Shivananda Math è un’associazione sociale, d’aiuto e assistenza fondata da Paramahamsa Satyananda a Munger, nel 1984, in memoria del
suo guru, Swami Shivananda Saraswati di Rishikesh. Il fine di
quest’istituzione è agevolare la crescita di quegli strati sociali maggiormente colpiti dalla povertà e dal sottosviluppo, presenti specialmente nelle aree rurali, seguendo i principi di seva (servizio), karuna
(compassione), prem (amore) e sneha (affetto). Allo scopo di provvedere alle necessità dei più disagiati, la popolazione rurale, le attività di
Shivananda Math comprendono:
1. la fornitura gratuita di materiale scolastico e testi per gli studi
superiori agli studenti meno abbienti;
2. l’elargizione di vestiario e alimenti a chi ne ha bisogno nei periodi
di difficoltà o calamità naturali;
3. la costruzione di pozzi e condutture per le necessità idriche sia
d’acqua potabile sia per l’irrigazione dei campi;
4. l’assistenza ai coltivatori nell’aratura e irrigazione dei campi;
5. la costruzione d’abitazioni a basso costo per chi non ha casa;
6. la donazione di bestiame a chi ne ha bisogno;
7. l’apertura di centri di pronto soccorso e distribuzione gratuita di
medicinali;
8. servizio veterinario gratuito.
Altri progetti per lo sviluppo e nello spirito dell’attività di Shivananda
Math sono in via di realizzazione. Fin dall’inizio Shivananda Math ha
ricevuto molti aiuti per la sua attività da sostenitori e devoti di Paramahamsa Satyananda in tutto il mondo L’opera di quest’istituzione è
in continua crescita anche grazie al contributo e alla partecipazione di
tutti coloro che si sentono disposti ad integrare nel loro percorso individuale i sentimenti che ne stanno alla base: seva, karuna, prem e sneha.