DSC e famiglia - WebDiocesi

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DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E FAMIGLIA
spunti di riflessione
La relazione cercherà di sviluppare i seguenti tre argomenti
-
La Dottrina Sociale della Chiesa (DSC)
-
La famiglia nella DSC
-
La famiglia come soggetto sociale.
LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
-
Cos'è?
-
Quali sono i contenuti che la caratterizzano?
-
Quale valenza ha per la nostra vita di uomini e donne impegnati nella realtà quotidiana?
Dall’Enciclica Deus caritas est di Papa Benedetto XVI, Introduzione
All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro
con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la
direzione decisiva.
Questo è il punto originante la posizione del cristiano nella storia, quindi ciò su cui trova
origine la sua premura per tutto quanto riguarda il tempo e la società in cui vive; premura che
non scaturisce né da potere di dominio, né da un pensiero filosofico. Al contrario, la posizione
del cristiano è generata da una visione strutturalmente diversa della persona, così come è stata
inaugurata dalla incarnazione, morte e resurrezione di Cristo.
In forza dell’avvenimento di Cristo, vivo e presente nella sua Chiesa oggi, diventa possibile la
costruzione di un tessuto sociale nuovo, l’annuncio che è possibile l’instaurarsi di rapporti tra
le persone segnato dalla presenza del Salvatore: si tratterà il più delle volte di timidi tentativi,
magari imperfetti e fragili, ma certamente realtà in l’uomo potrà vedere rispettata la propria
umanità e potrà farsene promotrice.
Una premessa prima di analizzare più in dettaglio che cosa la DSC dice della famiglia.
1
DEFINIZIONE di DSC
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 5. “Questa (la Chiesa) , infatti, ha la sua parola da
dire di fronte a determinate situazioni umane, individuali e comunitarie, nazionali e
internazionali, per le quali formula una vera dottrina, un corpus, che le permette di
analizzare le realtà sociali, di pronunciarsi su di esse e di indicare orientamenti per la giusta
soluzione dei problemi che ne derivano.”
Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 54 “…… la dottrina sociale ha di per sé il valore
di uno strumento di evangelizzazione: in quanto tale, annuncia Dio ed il mistero di salvezza
in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l’uomo a se stesso. In questa luce,
e solo in questa luce, si occupa del resto: dei diritti umani di ciascuno e, in particolare, del
«proletariato», della famiglia e dell’educazione, dei doveri dello Stato, dell’ordinamento
della società nazionale e internazionale, della vita economica, della cultura, della guerra e
della pace, del rispetto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte.”
In sostanza:
L’espressione Dottrina Sociale della Chiesa indica un complesso di insegnamenti, che hanno
lo scopo di identificare criteri di giudizio e principi d’azione che permettano un giusto
affronto della realtà nella sua dimensione sociale e di identificare delle soluzioni ai problemi
che in essa si pongono.
Cosa non è la DSC
1. un progetto politico sulla società
2. la legittimazione di un potere politico
3. l’indicazione di una preferenza partitica
Cos’è la DSC
1. un insieme di orientamenti di natura sociale generati dall’esperienza concreta della
fede
2. un’estensione della teologia morale
3. il modo di porsi, non opzionale, dei cristiani di fronte alle questioni relative alla
società.
2
Di nuovo Benedetto XVI nella Deus caritas est, 27: “…la dottrina sociale della Chiesa è
diventata un’indicazione fondamentale che propone orientamenti validi ben al di là dei
confini di essa: questi orientamenti – di fronte al progredire dello sviluppo – devono essere
affrontati nel dialogo con tutti coloro che si preoccupano seriamente dell’uomo e del suo
mondo”.
E al capitolo 28: “La dottrina sociale della Chiesa argomenta a partire dalla ragione e dal
diritto naturale, cioè a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano”.
I documenti sociali della Chiesa che formano la struttura portante dei principi e del metodo
della DSC.

Rerum novarum di Leone XIII (1891) dà l’avvio

Quadragesimo anno di Pio XI (1931) critica gli errori dei sistemi sociali del tempo

Radiomessaggi di PioXII di Pentecoste (1941) sul diritto al lavoro; di Natale (1942) sui
diritti dell’uomo, di Natale (1944) sulla democrazia

Mater et Magistra di Giovanni XXIII (1961) sui problemi internazionali e le nuove
questioni legate allo sviluppo dei popoli emergenti

Pacem in terris di Giovanni XXIII (1963) enuncia il concetto di segno dei tempi

Gaudium et spes costituzione conciliare su cultura politica ed economia (personafamiglia-stato)

Populorum progressio di Paolo VI (1967) rapporto tra giustizia e sviluppo, pace e libertà

Octogesima adveniens di Paolo VI (1971) sulle nuove forme di oppressione

Evangelii nunziandi di Paolo VI (1975) ancora sui diritti dell’uomo

Laborem exercens di Giovanni Paolo II (1981) dove l’uomo viene messo al centro del
lavoro

Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II (1988) riprende il tema dello sviluppo

Centesimus annus di Giovanni Paolo II (1991) dopo la caduta del muro di Berlino

Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) sui fondamenti sociali del cattolicesimo.
Cui vanno aggiunti altri documenti di non minore importanza per le indicazioni che offrono
sul fronte dell’azione sociale

Familiaris consortio di Giovanni Paolo II (1981) sui compiti della famiglia cristiana

Christifideles laici di Giovanni Paolo II (1989) sul ruolo dei laici nella Chiesa e nella
società
3

Nota dottrinale circa le questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici
nella vita politica (2002) a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede

Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa (2004) a cura del Pontificio Consiglio
Iustitia et Pax.
I principi si cui si basa la DSC sono:
1. Il principio personalista,
2. Il principio di solidarietà,
3. Il principio di sussidiarietà,
4. Il principio di bene comune.
Il principio personalista
La persona è soggetto, fondamento e fine della vita sociale in tutte le sue espressioni. La sua
dignità è da considerarsi il principio primo cui sono legati tutti gli altri e da cui dipende
l’azione sociale.
Così si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Dio ha creato l’uomo ragionevole
conferendogli la dignità di una persona dotata dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti
…. L’uomo è dotato di ragione, e in questo è simile a Dio, creato libero nel suo arbitrio e
potere” (n. 1730).
Dalla Pacem in terris: “ Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai
mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto
riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali
necessari; e ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza,
di vecchiaia, di disoccupazione e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per
circostanze indipendenti dalla sua volontà” (n. 6)
Dalla Gaudium et spes: “Inoltre tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di
omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola
l’integrità della persona umana ….. tutte queste cose, e altre simili, sono certamente
vergognose (n. 27).
Il principio di solidarietà
Il termine deriva da quello latino “solidum” (intero, comune, tutto). Il suo utilizzo fu
originalmente di carattere giuridico.
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Per la Chiesa ogni realtà sociale forma un tutto unico, i cui membri sono gli uomini che ne
fanno parte e che, in forza della comune origine, sono responsabili gli uni degli altri e tenuti
all’aiuto reciproco. Un tutto vive nelle sue parti, le parti vivono nel tutto e del tutto.
Esiste un rapporto di reciprocità tra il singolo e il tutto (corrispondenza biunivoca). La
solidarietà non è l’elemosina né la giustizia distributiva o il dare a chi ha meno, ma è
dimensione costitutiva dell’uomo.
Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis. “Si tratta, innanzitutto, dell’interdipendenza,
sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue
componenti economica, culturale, politica e religiosa, e assunta come categoria morale.
Quando l’interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta, come
atteggiamento morale e sociale, come «virtù», è la solidarietà. Questa, dunque, non è un
sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone,
vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il
bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente
responsabili di tutti” (n.38).
Il principio di sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà costituisce un’esplicitazione del precedente principio di
solidarietà, infatti esso afferma che gli Stati ed i Governi sono funzionali alla persona ed alle
aggregazioni sociali ed ad essi offrono un aiuto. Tale aiuto, poi, deve essere dato non
minacciando l’autonomia, non comprimendo la libera iniziativa, non sostituendosi ai singoli
ed ai gruppi, ma al contrario incrementando ed incoraggiando la loro azione e capacità di auto
affermazione.
La definizione classica è contenuta nella Quadragesimo anno n. 80. “Non è lecito togliere
agli individui ciò che essi possono compiere con l’industria propria per affidarlo alla
comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quella che dalle minori
e inferiori società si può fare, perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società
stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già
distruggerle o assorbirle” (80).
Dice Giovanni Paolo II nella Familiaris consortio: “Certamente la famiglia e la società hanno
una funzione complementare nella difesa e nella promozione del bene di tutti gli uomini e di
ogni uomo. Ma la società, e più specificatamente lo stato, devono riconoscere che la famiglia
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è una società che gode di un diritto proprio e primordiale, e quindi nelle loro relazioni con la
famiglia sono gravemente obbligati ad attenersi al principio di sussidiarietà” (n.45).
Il principio di bene comune
Comprende l’insieme delle condizioni che favoriscono il pieno sviluppo della persona e dei
gruppi intermedi e chiede uno sforzo altrettanto comune. E’ un concetto antichissimo: Già
Platone, Aristotele e Seneca ne parlarono. L’idea è quella del corpo e delle membra: tutti
necessitano dello sforzo di tutti.
La definizione che ha fatto storia appartiene alla Gaudium et Spes: Il bene comune si concreta
nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani,
nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più pieno e più rapido della loro
perfezione” (n. 74).
La Chiesa non accetta né la concezione liberale né quella marxista del bene comune: la prima
infatti è eccessivamente individualistica, la seconda eccessivamente collettivistica. Il
problema essenziale diventa l’equilibrio tra la persona e la comunità.
LA FAMIGLIA NELLA DOTTRINA SOCIALE
La famiglia è uno dei temi centrali della DSC: in essa trovano terreno di verifica e di sviluppo
i quattro principi elencati sopra, anzi si può dire che nella famiglia tali principi trovano il
primo ambito di completa attuazione.
La famiglia è importante per l’uomo.
Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, 39. “La prima e fondamentale struttura a favore
dell’«ecologia umana» è la famiglia, in seno alla quale l’uomo riceve le prime e determinanti
nozioni intorno alla verità ed al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e,
quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona. Si intende qui la famiglia fondata
sul matrimonio, in cui il dono reciproco di sé da parte dell’uomo e della donna crea un
ambiente di vita nel quale il bambino può nascere e sviluppare le sue potenzialità, diventare
consapevole della sua dignità e prepararsi ad affrontare il suo unico ed irripetibile destino”.
La famiglia è importante per la società.
Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, 40: “Culla della vita e dell'amore, nella quale
l'uomo «nasce» e «cresce», la famiglia è la cellula fondamentale della società. A questa
comunità è da riservarsi una privilegiata sollecitudine, soprattutto ogniqualvolta l'egoismo
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umano, le campagne antinataliste, le politiche totalitarie, ma anche le situazioni di povertà e
di miseria fisica, culturale e morale, nonché la mentalità edonistica e consumistica fanno
disseccare le sorgenti della vita, mentre le ideologie e i diversi sistemi, insieme a forme di
disinteresse e di disamore, attentano alla funzione educativa propria della famiglia.”
Vastissima è l’azione magisteriale della Chiesa nell’ambito della famiglia, come bene
espresso nell’esortazione apostolica Familiaris consortio. La famiglia fondata sul Sacramento
del matrimonio, con la sua caratteristica di indissolubilità, di stabilità, di totalità, di
oggettività, di ordine. Luogo in cui fare esperienza dell’amore, dell’accoglienza, del soccorso,
della vita in tutte le sue esplicitazioni, luogo quindi di educazione al senso della vita, ambito
privilegiato in cui annunciare Cristo.
Dal complesso delle note dottrinali sulla famiglia si ricavano tre attributi che la connotano in
riferimento alla società.
La famiglia è
-
Società originaria
-
Società primordiale
-
Società prestatuale.
La famiglia è società originaria, ossia non è derivata ontologicamente e finalisticamente dalla
società civile in genere, né dallo Stato o da altre forme di società. Tutte queste forme la
presuppongono e senza di essa non esisterebbero, in quanto prive dei loro soggetti.
La famiglia è primordiale in quanto sta all’origine della specie umana e in quanto il singolo
individuo entra nella società civile e politica e partecipa alla sua vita nella misura in cui è
sostenuto dalla mediazione familiare.
La famiglia è prestatuale perché viene prima dello Stato, in quanto la sfera della sua socialità
precede la costituzione della socialità politica.
Il magistero della Chiesa ha sempre preso fermamente le difese della famiglia contro ogni
tentazione di invasioni di campo da parte dello Stato. Questi, sulla base del principio di
sussidiarietà richiamato, deve riconoscere, tutelare e promuovere l’autonomia d’esistenza e di
azione della famiglia, i suoi diritti e i suoi doveri. Non deve assorbirla o sostituirsi ad essa.
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Papa Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, 49: “Per superare la mentalità
individualista, oggi diffusa, si richiede un concreto impegno di solidarietà e di carità, il quale
inizia all’interno della famiglia col mutuo sostegno degli sposi e, poi, con la cura che le
generazioni si prendono l’una dell’altra. In tal modo la famiglia si qualifica come comunità
di lavoro e di solidarietà. Accade, però, che quando la famiglia decide di corrispondere
pienamente alla propria vocazione, si può trovare priva dell’appoggio necessario da parte
dello Stato e non dispone di risorse sufficienti. é urgente promuovere non solo politiche per la
famiglia, ma anche politiche sociali, che abbiano come principale obiettivo la famiglia stessa,
aiutandola, mediante l’assegnazione di adeguate risorse e di efficienti strumenti di sostegno,
sia nell’educazione dei figli sia nella cura degli anziani, evitando il loro allontanamento dal
nucleo familiare e rinsaldando i rapporti tra le generazioni.”
LA FAMIGLIA SOGGETTO SOCIALE
Giovanni Paolo II, nell’illustrare le caratteristiche della famiglia, arriva ad attribuirle una certa
sovranità. Non nel senso di società perfetta, o che possiede tutti i mezzi per svolgere la
propria funzione, o che non necessità di alcun legame con altre forme di società quasi fosse
depositaria di un’autonomia illimitata.
Essa è sovrana perché, disponendo di una propria esistenza, di una propria finalità etica, ed
essendo composta da persone dotate di libertà, ha il diritto ad una piena libertà d’azione sia al
proprio interno, nei confronti dei propri componenti senza intromissione di alcuno, sia al
proprio esterno, con cui interagire da sola o associata, organizzandosi in associazioni e
cooperative.
Ci concentriamo su tre fattori essenziali che connotano in modo chiaro la famiglia nella
visione della DSC:
-
La famiglia è soggetto giuridico
-
La famiglia ha rilevanza economica
-
La famiglia ha rilevanza civile e politica.
La famiglia è soggetto giuridico, è quindi sede di diritti e doveri.
Rispetto agli ordinamenti giuridici, specie in presenza di regimi totalitari, la Chiesa ha sempre
riaffermato con forza l’autonomia giuridica della famiglia e la sua anteriorità rispetto agli
ordinamenti statali. Essendo luogo di aggregazione di persone relazionate tra loro da vincoli
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di coniugalità e parentela è ente autonomo, con una propria vita, una propria autorità al pari
della comunità politica è soggetto di diritti e di doveri.
Afferma Giovanni Paolo II nella Lettera alle Famiglie: “I diritti della famiglia non sono
semplicemente la somma matematica di quelli della persona, essendo la famiglia qualcosa di
più della somma dei suoi membri presi singolarmente. Essa è comunità di genitori e di figli; a
volte comunità di diverse generazioni. Per questo la sua soggettività, che si costituisce sulla
base del disegno di Dio, fonda ed esige diritti propri e specifici”.
La Familiaris consortio (n. 46) riporta un elenco dei diritti della famiglia così come sono stati
espressi dai pontefici. Essi sono i diritti:

di esistere e di progredire come famiglia, cioè il diritto di ogni uomo, specialmente
anche se povero, a fondare una famiglia e ad avere i mezzi adeguati per sostenerla;

di esercitare la propria responsabilità nell'ambito della trasmissione della vita e di
educare i figli;

dell'intimità della vita coniugale e familiare;

della stabilità del vincolo e dell'istituto matrimoniale;

di credere e di professare la propria fede, e di diffonderla;

di educare i figli secondo le proprie tradizioni e valori religiosi e culturali, con gli
strumenti, i mezzi e le istituzioni necessarie;

di ottenere la sicurezza fisica, sociale, politica, economica, specialmente dei poveri e
degli infermi;

il diritto all'abitazione adatta a condurre convenientemente la vita familiare;

di espressione e di rappresentanza davanti alle pubbliche autorità economiche, sociali
e culturali e a quelle inferiori, sia direttamente sia attraverso associazioni

di creare associazioni con altre famiglie e istituzioni, per svolgere in modo adatto e
sollecito il proprio compito;

di proteggere i minorenni mediante adeguate istituzioni e legislazioni da medicinali
dannosi, dalla pornografia, dall'alcoolismo, ecc.;

di un onesto svago che favorisca anche i valori della famiglia;

il diritto degli anziani ad una vita degna e ad una morte dignitosa;

il diritto di emigrare come famiglie per cercare una vita migliore.
Per quanto concerne il diritto-dovere dei genitori all’educazione dei figli, va detto che esso è
essenziale, perché connesso con la trasmissione della vita; è originale e primario rispetto al
compito educativo di altri, per l’unicità del rapporto d’amore che sussiste tra genitori e figli; è
insostituibile e inalienabile, cioè non può essere totalmente delegato né usurpato da altri.
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Come primi responsabili dell’educazione dei figli, i genitori hanno il diritto di scegliere
luoghi e strumenti formativi rispondenti alle proprie convinzioni morali e religiose. Pertanto,
hanno anche il diritto di fondare delle istituzioni preposte all’educazione dei figli. Per parte
loro, le autorità pubbliche hanno il dovere di garantire tali diritti e, quindi, favorire il loro
sviluppo all’interno del tessuto sociale, come una struttura pienamente pubblica. In tal senso,
lo Stato non può limitarsi a tollerare tale istituzioni; e là dove dovesse frapporre degli ostacoli
a tale valorizzazione va apertamente condannato: lo Stato che rivendica il monopolio
scolastico oltrepassa i suoi diritti e offende la giustizia.
La famiglia ha rilevanza economica
L’osservazione attenta della famiglia come istituzione civile mostra quanto essa svolga un
ruolo di primo piano anche in termini economici: essa è infatti un’importante unità di
produzione, di acquisto, di consumo, di risparmio, di investimenti. Deve produrre beni e
servizi per la propria sussistenza, compatibilmente alle proprie possibilità; deve organizzare il
proprio tempo alternando lavoro e tempo libero dei propri membri; deve preoccuparsi della
formazione dei propri figli, seppure in collaborazione con le altre componenti della società e
con lo Stato; deve pensare a spendere ed investire le proprie risorse, pagare le tasse; deve
pensare a come risparmiare per raggiungere i propri obiettivi futuri.
La famiglia, con la sua opera educativa, è estremamente preziosa per l’economia in genere e
per il mercato in particolare. Essa è soggetto della formazione del capitale umano, quello su
cui si basa lo sviluppo futuro della società.
Giovanni Paolo II nella Laborem Exercens (n.10): “Il lavoro è il fondamento su cui si forma
la vita familiare, la quale è un diritto naturale ed una vocazione dell’uomo. Questi due cerchi
di valori – uno congiunto al lavoro, l’altro conseguente al carattere familiare della vita
umana – devono unirsi tra sé correttamente, e correttamente permearsi. Il lavoro è, in un
certo modo, la condizione per rendere possibile la fondazione di una famiglia, poiché questa
esige i mezzi di sussistenza, che in via normale l’uomo acquista mediante il lavoro. Lavoro e
laboriosità condizionano anche tutto il processo di educazione nella famiglia, proprio per la
ragione che ognuno «diventa uomo», fra l’altro, mediante il lavoro, e quel diventare uomo
esprime appunto lo scopo principale di tutto il processo educativo. Evidentemente qui entrano
in gioco, in un certo senso, due aspetti del lavoro: quello che consente la vita ed il
mantenimento della famiglia, e quello mediante il quale si realizzano gli scopi della famiglia
stessa, soprattutto l’educazione.”
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La famiglia ha rilevanza civile e politica
La rilevanza civile della famiglia discende come conseguenza diretta da quanto affermato fino
a qui: è evidente quanto la famiglia costituisca la cellula ed il fattore costitutivo la società
civile, pertanto ad essa compete un ruolo specifico anche nei confronti della politica, ad essa
compete una vera e propria soggettività politica.
La Familiaris consortio (n. 44) esprime molto chiaramente questa posizione. “Il compito
sociale della famiglia non può certo fermarsi all'opera procreativa ed educativa, anche se
trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di espressione. Le famiglie, sia singole che
associate, possono e devono pertanto dedicarsi a molteplici opere di servizio sociale,
specialmente a vantaggio dei poveri, e comunque di tutte quelle persone e situazioni che
l'organizzazione previdenziale ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a
raggiungere. Il contributo sociale della famiglia ha una sua originalità, che domanda di
essere meglio conosciuta e più decisamente favorita, soprattutto man mano che i figli
crescono, coinvolgendo di fatto il più possibile tutti i membri “.
E più avanti: “Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di
intervento politico: le famiglie, cioè, devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le
istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i
diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di
essere «protagoniste» della cosiddetta «politica familiare» ed assumersi la responsabilità di
trasformare la società: diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali, che si
sono limitate ad osservare con indifferenza.”
Pertanto le famiglie non possono sentirsi solo oggetto delle politiche familiari: devono essere
anche, e soprattutto, soggetti di esse, diventandone promotrici.
Nella DSC si promuove una concezione di politica che non è compressa né si esaurisce nei
partiti, né nell’attività dei governi e nei parlamenti. La famiglia deve svolgere il proprio ruolo
di indirizzo sulla politica, attraverso le proprie associazioni familiari, che vanno potenziate e
moltiplicate a vantaggio di tutte le famiglie e, di conseguenza della società civile, della
comunità politica, dell’economia, proteggendo i propri interessi sia a livello locale, che
nazionale ed internazionale.
La famiglia deve quindi promuove e sostenere iniziative a favore della persona, vivendo e
diffondendo la cultura del rispetto della dignità umana, creando opere educative, caritative ed
11
assistenziali, ma anche promuovendo un’azione politica volta a difendere se stessa dagli
attacchi della mentalità laicista e relativista.
Un esempio interessante di come la famiglia possa darsi degli strumenti di difesa nei confronti
degli attacchi che subisce è dato oggi dal Forum delle Associazioni Familiari, che ha
recentemente emesso un documento contenente una serie di questioni e di richieste sulla quali
si chiede un immediato intervento delle forze politiche. Famiglia 6 priorità era il titolo del
documento. Alcuni spunti da quel documento.
VITA
-
non consentire modifiche alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita
-
tutelare la maternità, quindi disincentivare il ricorso all’aborto
-
riformare i consultori familiari
-
non permettere l’introduzione dell’eutanasia.
SOGGETTO SOCIALE
-
riconoscere la famiglia come soggetto sociale che precede e fonda il vivere civile
-
contrastare ogni tentativo di equiparare il matrimonio ad altre forme di unione (PACS)
-
riconoscimento dell’associazionismo familiare
EDUCAZIONE
-
considerare l’educazione come un fattore centrale e decisivo per il futuro dei giovani
-
difendere il ruolo educativo della famiglia
-
introdurre la piena parità tra scuole statali e non
LAVORO
-
creare le condizioni perchè possano conciliarsi tempo del lavoro e tempo dedicato alla
vita familiare
-
migliorare l’utilizzo dei congedi parentali
-
riconoscere il lavoro familiare
FISCALITÀ
-
ridurre il carico fiscale di chi ha figli a carico
12
-
introdurre l’equità orizzontale: a parità di reddito, chi ha più figli paga meno tasse di
chi non ne ha
-
definire il reddito imponibile in base al numero di componenti il nucleo familiare
WELFARE
-
considerare la famiglia soggetto delle politiche di welfare
-
consentire l’assistenza dei componenti deboli all’interno della famiglia
-
favorire i nuclei familiari con problemi di esclusione sociale, con problemi di lavoro,
immigrazione, separazione o divorzio.
CONCLUSIONI
Oggi assistiamo ad un rinnovato e vigoroso attacco alla famiglia e, di conseguenza, alla
persona umana. Tutta la produzione dottrinale della Chiesa, attraverso il corpus della DSC,
come pure il magistero dei pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sono quanto mai
chiari nel definire le linee di orientamento da seguire per difendere l’uomo: dobbiamo
anzitutto essere convinti del fatto che l’attacco che la mentalità relativista sta compiendo non
è tanto e solamente nei confronti dei credenti, ma degli uomini tutti, della stessa umanità.
Quando la Chiesa pretende il rispetto della vita, della famiglia, la libertà d’educazione non lo
fa per sé, ma per l’uomo tutto. La Chiesa non difende privilegi o interessi ma obbedisce alla
propria missione che è quella di annunciare e comunicare la salvezza realizzata in Gesù
Cristo, che egli chiama “Regno di Dio” , ciò la comunione con Dio e tra gli uomini.
Papa Benedetto XVI esprime mirabilmente questa posizione nella sua enciclica Deus caritas
est al paragrafo 30: “ ... noi tutti siamo mossi dalla medesima motivazione fondamentale e
abbiamo davanti agli occhi il medesimo scopo: un vero umanesimo, che riconosce nell’uomo
l’immagine di Dio e vuole aiutarlo a realizzare una vita conforme a questa dignità.”
Si tratta quindi di assumersi, ognuno negli ambiti e nei luoghi che sono propri, le
responsabilità che competono, facendo riferimento al magistero della Chiesa, attingendo al
patrimonio dei documenti della DSC ed al magistero pontificio.
Demandare ad altri la politica, sperando che così potranno essere meglio difesi gli interessi
della famiglia, è illusorio: le famiglie devono organizzarsi per fare sentire la propria voce,
devono esercitare il diritto democratico del voto confrontando i programmi dei partiti con i
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principi della DSC. Ma soprattutto devono prendere coscienza del ruolo decisivo che
ricoprono nei confronti del futuro dell’umanità.
Giancarlo Staccia
Seminario Vescovile
Reggio Emilia, 8 maggio 2006
ALTRI DOCUMENTI SULLA FAMIGLIA
Pontificio Consiglio per la Famiglia: Famiglia, matrimonio e unioni di fatto (2000)
Pontificio Consiglio per la famiglia: Direttorio di pastorale familiare (1993)
Giovanni Paolo II: Lettera alle famiglie (1994).
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