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IL CORPO NERO – seconda parte
LA LEZIONE
SISTEMI DI UNITÀ DI MISURA OTTOCENTESCHI
Il sistema metrico decimale fu ufficializzato nel 1875 con la Convenzione del Metro del
1875. Nella seconda metà dell’Ottocento si sviluppò indipendentemente da questo il
sistema CGS, principalmente grazie all’attività dell’Associazione britannica per
l’avanzamento della scienza (British Association for the Advancement of Science).
fig.1 Riunione dell’Associazione inglese: British Association for the advancement of
science
La tripartizione delle unità meccaniche (centimetro, per la lunghezza; grammo, per la
massa; secondo, per il tempo) relegava le unità elettriche e magnetiche in secondo
piano. Queste ultime, dal punto di vista teorico, erano ricondotte alle unità
meccaniche, imponendo ad esempio come unitaria la costante presente nella forza di
Coulomb (CGS elettrostatico) o la costante nell’espressione dell’interazione magnetica
(CGS elettromagnetico). Nel 1862 l’Associazione dava mandato a un Comitato di
fissare un’unità pratica di resistenza. L’anno successivo James Clerk Maxwell e
Fleeming Jenkin nel “Report of the Committee appointed by the British Association on
Standards of Electrical Resistence” presentavano, in Sulle relazioni elementari tra le
misure elettriche, un’approfondita relazione sui sistemi CGS es e CGSem, lasciando
aperta la possibilità di impiegare il metro al posto del centimetro.
Nel decennio successivo il Comitato introduceva un sistema pratico di unità elettriche
con la terna costituita da: secondo, ohm e volt. La scelta era motivata dalla possibilità
di costruire un sistema completo in cui le altre unità elettriche erano multipli e
sottomultipli decimali del sistema Gauss-Weber elettromagnetico. Nel 1873, per un
solo voto di scarto, la maggioranza dell’Associazione approvò il centimetro e il
grammo come unità fondamentali meccaniche basandosi su considerazioni pratiche (la
densità dell’acqua in tal modo era unitaria). Nello stesso anno, Maxwell, nel suo
Treatise on Electricity and Magnetism, propose come standard universale di distanza
la lunghezza d’onda di una particolare linea spettrale del sodio; come universale unità
di tempo, il periodo corrispondente all’unità di lunghezza, e, come ultimo campione, la
massa di una singola molecola di riferimento. Secondo questa impostazione il valore
della velocità della luce nel vuoto era uguale a uno, essendo i valori di λ maxwell e Tmaxwell
per definizione unitari.
Nella storia delle unità di misura si sarebbero sempre intrecciati i due aspetti: generali
per i teorici, pratici per le Associazioni che si occupavano dei pesi e delle misure. La
scelta della British Associaton di ricondurre le grandezze elettriche a quelle
meccaniche affiancandole con unità pratiche, venne, sempre nel 1873, in qualche
modo messa in discussione, costituendo un nuovo Comitato con il compito di
approfondire l’argomento.
fig.2 Schema relativo alle linee di forza e alle superfici equipotenziali contenuto nel
manuale di Maxwell del 1873 ;
fig.3 Pagine dell’articolo sul sistema di unità proposto da Stoney nel 1881
All’interno di esso, George Johnstone Stoney, fisico irlandese, avanzò, senza successo,
la proposta non tanto di sostituire le grandezze meccaniche, quanto di osservare la
Natura per individuare in essa delle costanti universali capaci di fondare le nuove unità
di misura naturali per la lunghezza, la massa e il tempo. La sua ricerca sull’elettrolisi
lo condusse all’atomo di carica che nel 1891 chiamò 'elettrone'. Il suo sistema,
presentato già nel 1874 e pubblicato nel 1881 sul Philosophical Magazine era fondato
su valori unitari delle costanti universali: velocità della luce nel vuoto, costante di
gravitazione universale, carica naturale. Il sistema metrico proposto da Stoney non
ebbe particolare rilievo nell’Ottocento, mentre la ricerca di campioni di unità
continuava a rappresentare il principale riferimento per la realizzazione degli Istituti
metrici nazionali.
fig.4 Esempi di sistemi di unità teorici nei quali le costanti fondamentali sono state
poste uguali a 1
PLANCK 1899
Negli ultimi anni dell’Ottocento Max Planck, fisico teorico dell’Università di Berlino,
aveva intrapreso un percorso in cui l’irreversibilità di alcuni processi doveva essere
ricondotta alla dinamica e all’elettromagnetismo. Si avvicinò così al problema del
corpo nero, al tempo stesso ideale termodinamico e manufatto dell’Istituto
metrologico di Berlino, che nella sua ristretta cerchia di esperti annoverava sia
sperimentali interessati alla realizzazione di uno standard fotometrico, sia teorici che
ricercavano le leggi generali della radiazione termica. La presa d’atto dell’impossibilità
di arrivare a una funzione con caratteristiche termodinamiche senza ricorrere a
un’ipotesi come quella di Boltzmann del caos molecolare, portò Planck, nella quinta
memoria Sui processi irreversibili di radiazione, a circoscrivere il suo progetto e a
dimostrare tramite i principi della termodinamica la legge di distribuzione di Wien che
nel 1899 era stata verificata sperimentalmente da Friedrich Paschen a Hannover e da
Ferdinand Kurlbaum al Physikalisch-Technische Reichsanstalt (PTR) nel quartiere
occidentale di Berlino: Charlottenburg. La legge di Wien doveva essere ricondotta a
un’espressione per l’entropia di un oscillatore hertziano delle pareti della cavità in
equilibrio con la radiazione di corpo nero.
fig.5 Misure di Paschen sulla costante
della legge di spostamento del 1899
fig.6 Schema dell’apparato di misura per
la radiazione di corpo nero
Le misure di Paschen e Kurlbaum avevano
convinto definitivamente Planck della
validità dell’equazione: J= c1λ-5 e -c2/λT,
inoltre esse permettevano una
valutazione delle due costanti universali, indipendenti dal tipo di sostanza, c1 e c2. La
funzione di distribuzione che non dipendeva dal tipo di sostanza utilizzata, ma solo
dalla lunghezza d’onda e dalla temperatura assoluta era un esempio troppo allettante
di un sistema ideale che aveva un corrispettivo sperimentale non più legato alle sole
estrapolazioni delle curve di emissione della radiazione di solidi anneriti.
Le due costanti assolute del corpo nero (c 1 e c2 o in modo equivalente: la costante
della legge di spostamento di Wien e quella di Stefan-Boltzmann) dovevano essere
messe in relazione con i principi della termodinamica (l’invarianza dell’energia U e la
massimizzazione dell’entropia S). Per un oscillatore, S venne considerata da Planck
come una funzione del rapporto energia/frequenza, dipendente da due costanti a e b,
secondo l’equazione:
S= (aν)-1U log [(bν)
U].
-1
In questo modo il teorico era in grado di arrivare a un’equazione analoga a quella di
Wien che integrata e confrontate con le misure sperimentali di Hannover e Berlino lo
conduceva ai valori per le sue costanti universali: a= 0,4818 10 -10 sec °C, b= 6,885
10-27 cm2 g/ sec. La validità di questi risultati erano garantiti secondo l’autore
dall’universalità dei principi termodinamici. Le due nuove costanti di natura (nel senso
di Stoney) potevano affiancare la velocità della luce nel vuoto c e la costante di
gravitazione universale f per formare un vero sistema naturale di unità di misura
indipendente da ogni accidentalità e convenienza tipiche dei sistemi pratici. All’unità
planckiana di distanza, espressa secondo l’equazione: lunghezza unitaria = (bf/c 3)1/2,
corrispondeva nel sistema CGS il valore 4,13 10-33 cm; l’unità di massa, definita
dall’equazione (bc/f)1/2, era uguale nel sistema CGS a 5,56 10-5 g; l’unità di tempo,
espressa secondo l’equazione: (bf/c5)1/2, corrispondeva a 1,38 10-43 sec; l’unità
planckiana di temperatura soddisfaceva le uguaglianze: a(c 5/bf)1/2 = 3,5 1032°C. La
tripartizione tipica dei sistemi precedenti cessava inserendo una quarta costante
assoluta. Il riconoscimento della termodinamica come scienza indipendente dalla
meccanica, non sarà in seguito accettato da molti altri teorici.
fig.7 Esempio di corpo nero realizzato nel
laboratorio di ottica dell’Istituto
metrologico di Berlino
fig.8 Pagina del lavoro di Planck sui
processi irreversibili in cui compaiono le
costanti di natura a e b
1900
Sul finire del secolo Planck aveva avvalorato la legge di distribuzione spettrale
dell’irradiamento proposta da Wien che aveva come corollario la legge dello
spostamento ed era compatibile con quella di Boltzmann. L’illusione di Planck di aver
contribuito all’affermazione dell’espressione generale del corpo nero fu di breve durata
sotto l’azione congiunta degli sperimentali che iniziavano, indagando in modo
sistematico lo spettro nella regione dell’infrarosso estremo, a mostrare deviazioni delle
misure dall’espressione di Wien e dei teorici, come Thiesen, che sollevavano dubbi
sulla unicità della funzione discussa da Planck. Lummer e Pringsheim nel febbraio del
1900 riportarono alcuni dati non facilmente conciliabili con la legge di Wien-Planck e
Thiesen approfondì alcune considerazioni generali sulla funzione f(λ,T). Planck nel
mese di marzo difese la sua derivazione, contrapponendo alle misure di Berlino quelle
di Paschen, approfondendo alcuni aspetti dell’irreversibilità, generalizzando la sua
entropia a un insieme di oscillatori in equilibrio con la radiazione.
fig.9 Particolare del confronto tra dati e alcune delle equazioni proposte per la
distribuzione spettrale dell’energia proposto da Lummer e Pringsheim Über die
Strahlung des schwarzen Körpers für lange Wellen.- Verh. Dt. Phys. Ges., 2, 163-180
(1900);
fig.10 Le curve di corpo nero e l’allontanamento dall’espressione di Wien secondo i
fisici del PTR
Nell’estate del 1900 al crescere delle misure nell’infrarosso, le proposte sulla legge di
distribuzione spettrale si moltiplicarono. Lord Rayleigh in una breve nota, di giugno, a
partire dal principio di equipartizione dell’energia e dell’analogia della radiazione nera
con un insieme di oscillazioni acustiche, otteneva: J= c1 θλ-4e-c2/λθ. Un’espressione
che sostituiva il termine λ-5 dell’espressione di Wien con θλ-4, il prodotto della
temperatura assoluta per la lunghezza d’onda elevata alla quarta potenza. Otto
Lummer, affiancato da Jahnke, nel mese successivo, modificò l’equazione del fisico
inglese introducendo un altro parametro per cercare di far corrispondere i nuovi dati
sperimentali che si allontanavano ormai sistematicamente dall’equazione di Wien.
Il punto della situazione fu riassunto in un Congresso internazionale estivo tenutosi a
Parigi. Diversi fisici collegati all’Istituto metrologico di Berlino intervennero sulle leggi
teoriche della radiazione di corpo nero. Lummer affrontò una lunghissima esposizione
storica sulle equazioni spettrali alternative. Wilhelm Wien aprì le relazioni discutendo
delle leggi della radiazione termica. Heinrich Rubens parlò degli ultimi risultati sulla
radiazione infrarossa. Nel mese di settembre Lummer era pronto al confronto tra le
diverse formule alternative, proponendo come migliore approssimazione analitica
l’espressione spettrale per la radiazione di corpo nero: c 1θ5-μλ-μec2μ/λθ .
fig.11 La tecnica dei raggi restanti di Rubens che permetteva di arrivare a selezionare
radiazione nell’infrarosso
Rubens, in autunno, grazie alla tecnica delle riflessioni multiple (raggi restanti), riuscì
a selezionare radiazione infrarossa mai raggiunta prima, sottoponendo a nuovi test le
equazioni alternative. La domenica del 7 ottobre 1900, Rubens e la moglie si recarono
in visita ai coniugi Planck. Secondo diversi storici, Max Planck risolse nella stessa
giornata, dopo che gli ospiti lo avevano lasciato, il fit dei dati, arrivando a una nuova
espressione spettrale che era approssimabile a quella di Wien nelle regioni diverse
dall’infrarosso, mentre in altri intervalli si avvicinava a quella di Lord Rayleigh. Nella
funzione spettrale: E=C λ-5(ec/λT-1)-1comparivano ancora due costanti universali. Il
termine della quinta potenza della lunghezza d’onda non era però moltiplicato solo per
una funzione esponenziale, ma per un’espressione con un valore correttivo uguale a
uno, l’equazione si riduceva a quella di Wien.
La distribuzione di Planck fu presentata il 19 ottobre 1900 in un incontro della Società
fisica tedesca, nella stessa giornata in cui Rubens discusse le sue nuove misure
nell’infrarosso. Nel breve intervento il teorico affrontò il legame tra energia ed
entropia che l’oscillatore doveva avere per dimostrare la nuova legge di distribuzione.
La prima giustificazione teorica elaborata dovette attendere due mesi. Il sistematico
esame delle ultime formule spettrali (Wien, Thiesen, Rayleigh, Lummer e Planck)
venne nel frattempo portato avanti nel laboratorio di ottica dell’Istituto metrologico da
Rubens e Kurlbaum. I due autori, nelle conclusioni seppure non definitive, diedero una
preferenza per la proposta di Planck che oltretutto ipotizzava solo due costanti da
determinare sperimentalmente a differenza dei tre parametri di Lummer. Nell’articolo,
Sulla radiazione termica di grande lunghezza d’onda emessa da corpi neri a differenti
temperature, affermavano: ”Un’occhiata a queste curve è sufficiente a provare che
nessuna delle formule di Wien, Thiesen e Rayleigh, è capace di descrivere i risultati
delle osservazioni entro i limiti degli errori sperimentali. D’altra parte le deviazioni
delle nostre figure dalle formule di Lummer e Jahnke sono molto leggere. Queste
deviazioni diventano grandi quanto gli errori di osservazione solo nel caso di basse
temperature. […] Per temperature di corpo nero tra 0 °C e 1500 °C la coincidenza è
perfetta. Noi abbiamo già richiamato l’attenzione sul fatto che la formula di Planck
descrive i nostri esperimenti per tutte le temperature.” H. Rubens, F. Kurlbaum, On
the heat-radiation of long wave-length emitted by black bodies at different
temperatures, 1901, pp. 346-347.
fig.12 Confronto tra le espressioni teoriche (Wien, Thiesen, Lummer e Planck) e le
misure sperimentali della radiazione di corpi solidi realizzato da Rubens e Kurlbaum
Nel dicembre 1900 la rivoluzione metrologica fu completata. Al posto delle costanti a e
b servite per la legge di Wien, Planck introdusse la costante k nell’equazione
dell’entropia bolzmanniana: S=k log R0. Fu la prima volta. Le complessioni R0 erano
invece calcolate con un metodo combinatorio in cui compariva la seconda costante h,
che rappresentava il rapporto tra l’elemento di energia ε e la frequenza. La nuova
espressione per l’entropia del risonatore:
S=k[(1+U/ε)log(1+U/ε)- U/ε log(U/ε)],
conduceva verso la nuova funzione spettrale che, confrontata con le misure
sperimentali, permetteva di valutare:
h=6,55 10-27 erg s, k= 1,346 10-16 erg/gradi.
Le due nuove costanti erano infine messe in relazione al quanto elementare di
elettricità e al numero oggi detto di Avogadro. I risultati ottenuti:
e=4,69 10-10 unità elettrostatiche, N=6,175 1023,
sono incredibilmente vicini a quelli oggi accettati. La rivoluzione quantistica era per
ora solo potenziale, mentre due delle più importanti microscopiche avevano ricevuto il
loro battesimo. Iniziava il duro lavoro di Planck e di altri teorici per dare
un’interpretazione fisica delle nuove costanti.
fig.13 Confronto tra le
espressioni teoriche
(Wien, Thiesen,
Lummer e Planck) e le
misure sperimentali
della radiazione di corpi
neri realizzato da
Rubens e Kurlbaum
LE COSTANTI DI NATURA
Il legame tra le costanti a e b, del lavoro di Planck del 1899, Über irreversible
Strahlungvorgänge. 5. Mitteilung, Akademie der Wissenschaft, in cui aveva dimostrato
la legge di distribuzione di Wien e quelle del 1900 in cui aveva introdotto le nuove
costanti h e k fu affrontata dal fisico teorico di Berlino nel maggio 1901 nell’articolo:
M. Planck, Über irreversible Strahlungsvorgänge. A partire dalla definizione di entropia
del risonatore necessaria per arrivare alla legge di distribuzione del corpo nero:
S=k[(1+U/ε)log(1+U/ε)- U/ε log(U/ε)],
Planck considerava il caso di U/ε piccolo rispetto a 1, in tal modo l’entropia si
approssimava a: S=-kU/ε log(U/ε), che confrontata con l’espressione
S=- U/aν log(U/bν)],
necessaria per arrivare alla distribuzione
di Wien, e con l’elemento di energia ε=hν,
portava immediatamente alle
uguaglianze: h=b e k=b/a.
Le misure sperimentali del 1899 tradotte
secondo le precedenti espressioni davano
allora per le costanti di natura:
h=6,885 10-27 erg sec, k= 1,429 10-15
erg/gradi.
Non lontanissimi dai valori del 1900:
h=6,55 10-27 erg sec, k= 1,346 10-15
erg/gradi. La formula di Wien era
un’approssimazione di quella di Planck e
in quest’ottica il termine presente
all’esponente delle due equazioni non era
altro che il rapporto hc/k con c velocità
della luce nel vuoto che già nel 1899
grazie a Paschen era conosciuto con
precisione. Il profondo legame tra la
prima derivazione e la seconda venne
ribadito da Planck nella prima edizione
delle sue Lezioni della teoria del calore del
1906
fig.14 Il legame tra le costanti di natura a
e b e le nuove h e k discusso da Planck
nel 1901
fig.15 Pagina delle lezioni
di Planck del 1906 in cui
compaiono le unità di
lunghezza, massa, tempo e
temperatura come funzioni
delle quattro costanti di
natura
In esse, riprendendo quasi
letteralmente il discorso
delle costanti di natura del
1899, sostituiva le costanti
a e b con le nuove h e k,
affermando: “Con l’aiuto
delle due costanti h e k che
compaiono nella universale
legge della radiazione viene
data la possibilità di
stabilire delle nuove unità
di lunghezza, massa,
tempo e temperatura, le
quali, indipendenti da
riferimenti di particolari
corpi e sostanze,
mantengono
necessariamente il loro
significato in tutti i tempi e
per tutte le culture perfino
extraterrestri o extraumane
e che, quindi, possono essere descritte come unità di misura naturali. […] Tutti i
sistemi di unità che sono stati finora impiegati, compreso il cosiddetto sistema
assoluto C.G.S., devono la loro origine alla coincidenza di circostanze accidentali, in
quanto la scelta delle unità che sta alla base di ogni sistema è stata fatta, non
secondo punti di vista generali che avrebbero dovuto necessariamente mantenere la
loro validità in ogni luogo e in ogni tempo, ma essenzialmente con riferimento alle
particolari esigenze della nostra civiltà terrestre. Così, ad esempio, le unità di
lunghezza e di tempo sono state ricavate dalle attuali dimensioni e dal movimento del
nostro pianeta, e le unità di massa e di temperatura dalla densità e dai più importanti
punti fissi dell’acqua […]. Sarebbe non meno arbitrario se, diciamo, la lunghezza
d’onda invariabile della luce del sodio fosse presa come unità di lunghezza. Di nuovo,
la particolare scelta del sodio tra i tanti elementi chimici, potrebbe essere giustificata
solo, forse, dalla sua abbondanza sulla Terra, o dalla sua doppia linea che è nella
gamma del visibile, ma non è certamente l’unica nel suo genere. Quindi non è escluso
che, in un altro momento, in condizioni esterne mutate, tutti i sistemi di unità che
sono stati finora adottati potrebbero perdere, in parte o totalmente, il loro significato
originale naturale. […] I mezzi per la determinazione delle quattro unità di lunghezza,
massa, tempo e temperatura, sono dati dalle due costanti h e k menzionate, nonché
dall’intensità della velocità della propagazione della luce nel vuoto, c, e dalla costante
di gravitazione f […]. Queste grandezze manterranno il loro significato naturale fino a
quando resteranno valide la legge di gravitazione universale, la propagazione della
luce nel vuoto e i due principi della teoria del calore e, anche se misurate da
intelligenze diverse e con metodi differenti, risulteranno sempre le stesse.[…] Se noi
scegliessimo le unità di natura nel nuovo sistema di unità di misura in modo che le
costanti valgano uno, noi otterremo come unità di lunghezza la quantità:
(fh/c3)1/2=4,03 10-33 centimetri,
come unità di massa: (ch/f)1/2=5,42 10-5 grammi,
come unità di tempo: (fh/c5)1/2=1,34 10-43 secondi,
come unità di temperatura: k-1(c5h/f)1/2=3,63 1032 gradi.”
M. Planck, Vorlesungen über die Theorie der Wärmestrhlung, 1906, pp. 163-164
EPILOGO 1: LA SCALA DI PLANCK
I valori estremi nel sistema CGS delle unità naturali scoraggiarono qualsiasi tentativo
di prenderle in considerazione per eventuali applicazioni pratiche. Assumere
k=h=c=G=1 (rispetto ai simboli utilizzati da Planck d’ora in avanti G indicherà la
costante di gravitazione universale al posto della f di inizi Novecento) comportava
valori estremamente grandi per il centimetro, il grammo e il secondo, piccolo per il
kelvin. La rivitalizzazione di tre delle unità di natura di Planck avvenne nel 1932
quando Matvei Petrovich Bronstein, un precursore della gravità quantistica,
elaborando idee di altri fisici teorici russi, diede un’immagine dello sviluppo delle teorie
fisiche basate sul quanto di azione di Planck h, sul reciproco della velocità della luce
nel vuoto 1/c e sulla costante di gravitazione universale G. Secondo questo schema la
fisica più semplice considera nulle (trascurabili) tutte e tre le costanti. Se invece si
considera una sola costante diversa da zero si hanno: la meccanica newtoniana dei
pianeti (G), la relatività ristretta (1/c), la teoria dei quanti (h). Con due costanti si
hanno: la relatività generale (1/c, G), la meccanica quantistica relativistica (h, 1/c), la
possibile gravità quantistica (h, G). Solo quando sarà raggiunto il vertice più lontano
del cubo il percorso teorico sarà completato.
fig.16 Il cubo di Bornstein
Sempre nell’ambito della gravità
quantistica dagli anni Cinquanta O.
Klein e J. Wheeler considerarono la
scala di lunghezza di Planck
(modificata con il termine h/2π al
posto della costante di Planck)
rispettivamente come limite di
applicabilità della teoria quantistica
relativistica e della teoria della
relatività generale.
Successivamente la lunghezza di
Planck e il tempo di Planck (che si
ottiene moltiplicando la prima per la velocità della luce) sono stati spesso citati nelle
discussioni cosmologiche.
fig.17 Confronto tra
le unità di lunghezza
di tempo e massa nei
sistemi di Planck e
Stoney, aggiornati
con i valori attuali
delle costanti
“Tutti questi studi -scrive a esempio J. Barrow in Le origini dell’Universo- sono
condotti partendo dall’ipotesi che la teoria einsteiniana della gravitazione descriva
l’espansione dell’universo come un tutto. La teoria di Einstein ha superato con
sorprendente successo tutte le verifiche di carattere osservativo a cui è stata
sottoposta, ma vi è da attendersi che essa non regga quando si risale all’inizio
dell’espansione.” Pag. 90 “Quando risaliamo indietro nel tempo, le dimensioni
dell’universo visibile sono, in ogni istante del passato, sempre più piccole, perché la
grandezza dell’universo visibile nella sua età T è uguale alla velocità della luce
moltiplicata per T. Il tempo di Planck (10-43 secondi) è significativo, perché, quando
raggiungiamo questo tempo estremamente remoto, la grandezza dell’universo visibile
diventa più piccola della sua lunghezza d’onda quantistica è quindi circonfusa
dall’indeterminazione quantistica. Quando questa sovrasta tutto, non conosciamo la
posizione di nessuna cosa, e non possiamo neppure determinare la geometria dello
spazio. A questo punto la teoria einsteiniana della gravitazione crolla.” Pag. 92
fig.18 La scala di Planck di lunghezza
confrontata con quella di una cellula e
con quella dell’universo visibile
Questa situazione ha indotto i
cosmologici a tentare di elaborare
teorie della gravitazione, nelle quali
sono pienamente inclusi gli aspetti
quantistici. Sempre nell’ambito
astrofisico gli studi dei buchi neri,
un’altra entità ideale, utilizzano le
costanti di natura planckiana
(h=k=c=G=1) per semplificare
l’espressione dell’entropia.
fig.19 L’era
primordiale di
Planck e
l’espansione
dell’universo
Come spiega Roger Penrose in La Strada che porta alla realtà: “Queste unità sono
lontane da quelle pratiche per l’uso quotidiano, come si può vedere quando tentiamo
di esprimere le nostre unità convenzionali in termini delle unità di Planck: grammo =
4,7 104, metro = 6,3 1034, secondo= 1,9 1043, kelvin= 4 10-33.”
fig.20
Rappresentazione
di un buco nero
EPILOGO 2: LE NUOVE DEFINIZIONI DEL SI
Per la maggior parte dei teorici il numero minimo di costanti fondamentali unitarie
necessarie per descrivere l’intera realtà fisica è generalmente considerato uguale a
tre. La costante di Boltzmann, collegata alla temperatura assoluta, non fa parte di
questo insieme. Il nostro sistema di unità di misura pratico è invece ridondante. Esso
presenta tre unità meccaniche (metro, kilogrammo, secondo), una elettrica (ampere),
una termica (kelvin), una fotometrica (candela) e l’ultima a cavallo tra macroscopico e
microscopico (mole). Le sette grandezze fondamentali si allontaneranno da ogni
riferimento ottocentesco quando nel 2018 saranno fissati i valori della costante di
Planck h, della costante di Boltzmann k, del numero di Avogadro N A e della carica
elementare e. Si avranno così nuove definizioni di massa, temperatura, mole e di
intensità di corrente. Le quattro costanti fondamentali affiancheranno la velocità della
luce nel vuoto c, già presente nella definizione di lunghezza unitaria, la frequenza Δν
dell’atomo di cesio, l’efficienza luminosa di riferimento di una particolare luce
monocromatica che corrisponde al massimo della nostra visione (vedi Lezione: La
Fotometria).
Del sistema naturale di Planck solo G non comparirà tra le costanti fondamentali e la
ragione è molto semplice, a dispetto della sua importanza teorica, la sua misura è
ancora oggi troppo difficile rispetto alle altre costanti, non a caso essa è legata alla
forza meno intensa, (vedi Lezione: La costante di gravitazione).
Se a ciò si aggiunge che la carica elementare e il numero di Avogadro furono
storicamente esplicitate da Planck nello stesso articolo considerato come iniziatore
della rivoluzione quantistica, si può senz’altro affermare, parafrasando Sommerfeld,
che la metrologia moderna è un prodotto del 20° secolo. Essa vide la luce il 14
dicembre 1900, quando Max Planck presentò al Deutsche Physikalische Gesellschaft
un metodo per derivare la legge di radiazione di un corpo nero, scoperta da lui poco
tempo prima, sulla base di due nuove costanti di natura.
fig.21 Confronto tra vecchio e nuovo SI
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