IL CORPO NERO – seconda parte LA LEZIONE SISTEMI DI UNITÀ DI MISURA OTTOCENTESCHI Il sistema metrico decimale fu ufficializzato nel 1875 con la Convenzione del Metro del 1875. Nella seconda metà dell’Ottocento si sviluppò indipendentemente da questo il sistema CGS, principalmente grazie all’attività dell’Associazione britannica per l’avanzamento della scienza (British Association for the Advancement of Science). fig.1 Riunione dell’Associazione inglese: British Association for the advancement of science La tripartizione delle unità meccaniche (centimetro, per la lunghezza; grammo, per la massa; secondo, per il tempo) relegava le unità elettriche e magnetiche in secondo piano. Queste ultime, dal punto di vista teorico, erano ricondotte alle unità meccaniche, imponendo ad esempio come unitaria la costante presente nella forza di Coulomb (CGS elettrostatico) o la costante nell’espressione dell’interazione magnetica (CGS elettromagnetico). Nel 1862 l’Associazione dava mandato a un Comitato di fissare un’unità pratica di resistenza. L’anno successivo James Clerk Maxwell e Fleeming Jenkin nel “Report of the Committee appointed by the British Association on Standards of Electrical Resistence” presentavano, in Sulle relazioni elementari tra le misure elettriche, un’approfondita relazione sui sistemi CGS es e CGSem, lasciando aperta la possibilità di impiegare il metro al posto del centimetro. Nel decennio successivo il Comitato introduceva un sistema pratico di unità elettriche con la terna costituita da: secondo, ohm e volt. La scelta era motivata dalla possibilità di costruire un sistema completo in cui le altre unità elettriche erano multipli e sottomultipli decimali del sistema Gauss-Weber elettromagnetico. Nel 1873, per un solo voto di scarto, la maggioranza dell’Associazione approvò il centimetro e il grammo come unità fondamentali meccaniche basandosi su considerazioni pratiche (la densità dell’acqua in tal modo era unitaria). Nello stesso anno, Maxwell, nel suo Treatise on Electricity and Magnetism, propose come standard universale di distanza la lunghezza d’onda di una particolare linea spettrale del sodio; come universale unità di tempo, il periodo corrispondente all’unità di lunghezza, e, come ultimo campione, la massa di una singola molecola di riferimento. Secondo questa impostazione il valore della velocità della luce nel vuoto era uguale a uno, essendo i valori di λ maxwell e Tmaxwell per definizione unitari. Nella storia delle unità di misura si sarebbero sempre intrecciati i due aspetti: generali per i teorici, pratici per le Associazioni che si occupavano dei pesi e delle misure. La scelta della British Associaton di ricondurre le grandezze elettriche a quelle meccaniche affiancandole con unità pratiche, venne, sempre nel 1873, in qualche modo messa in discussione, costituendo un nuovo Comitato con il compito di approfondire l’argomento. fig.2 Schema relativo alle linee di forza e alle superfici equipotenziali contenuto nel manuale di Maxwell del 1873 ; fig.3 Pagine dell’articolo sul sistema di unità proposto da Stoney nel 1881 All’interno di esso, George Johnstone Stoney, fisico irlandese, avanzò, senza successo, la proposta non tanto di sostituire le grandezze meccaniche, quanto di osservare la Natura per individuare in essa delle costanti universali capaci di fondare le nuove unità di misura naturali per la lunghezza, la massa e il tempo. La sua ricerca sull’elettrolisi lo condusse all’atomo di carica che nel 1891 chiamò 'elettrone'. Il suo sistema, presentato già nel 1874 e pubblicato nel 1881 sul Philosophical Magazine era fondato su valori unitari delle costanti universali: velocità della luce nel vuoto, costante di gravitazione universale, carica naturale. Il sistema metrico proposto da Stoney non ebbe particolare rilievo nell’Ottocento, mentre la ricerca di campioni di unità continuava a rappresentare il principale riferimento per la realizzazione degli Istituti metrici nazionali. fig.4 Esempi di sistemi di unità teorici nei quali le costanti fondamentali sono state poste uguali a 1 PLANCK 1899 Negli ultimi anni dell’Ottocento Max Planck, fisico teorico dell’Università di Berlino, aveva intrapreso un percorso in cui l’irreversibilità di alcuni processi doveva essere ricondotta alla dinamica e all’elettromagnetismo. Si avvicinò così al problema del corpo nero, al tempo stesso ideale termodinamico e manufatto dell’Istituto metrologico di Berlino, che nella sua ristretta cerchia di esperti annoverava sia sperimentali interessati alla realizzazione di uno standard fotometrico, sia teorici che ricercavano le leggi generali della radiazione termica. La presa d’atto dell’impossibilità di arrivare a una funzione con caratteristiche termodinamiche senza ricorrere a un’ipotesi come quella di Boltzmann del caos molecolare, portò Planck, nella quinta memoria Sui processi irreversibili di radiazione, a circoscrivere il suo progetto e a dimostrare tramite i principi della termodinamica la legge di distribuzione di Wien che nel 1899 era stata verificata sperimentalmente da Friedrich Paschen a Hannover e da Ferdinand Kurlbaum al Physikalisch-Technische Reichsanstalt (PTR) nel quartiere occidentale di Berlino: Charlottenburg. La legge di Wien doveva essere ricondotta a un’espressione per l’entropia di un oscillatore hertziano delle pareti della cavità in equilibrio con la radiazione di corpo nero. fig.5 Misure di Paschen sulla costante della legge di spostamento del 1899 fig.6 Schema dell’apparato di misura per la radiazione di corpo nero Le misure di Paschen e Kurlbaum avevano convinto definitivamente Planck della validità dell’equazione: J= c1λ-5 e -c2/λT, inoltre esse permettevano una valutazione delle due costanti universali, indipendenti dal tipo di sostanza, c1 e c2. La funzione di distribuzione che non dipendeva dal tipo di sostanza utilizzata, ma solo dalla lunghezza d’onda e dalla temperatura assoluta era un esempio troppo allettante di un sistema ideale che aveva un corrispettivo sperimentale non più legato alle sole estrapolazioni delle curve di emissione della radiazione di solidi anneriti. Le due costanti assolute del corpo nero (c 1 e c2 o in modo equivalente: la costante della legge di spostamento di Wien e quella di Stefan-Boltzmann) dovevano essere messe in relazione con i principi della termodinamica (l’invarianza dell’energia U e la massimizzazione dell’entropia S). Per un oscillatore, S venne considerata da Planck come una funzione del rapporto energia/frequenza, dipendente da due costanti a e b, secondo l’equazione: S= (aν)-1U log [(bν) U]. -1 In questo modo il teorico era in grado di arrivare a un’equazione analoga a quella di Wien che integrata e confrontate con le misure sperimentali di Hannover e Berlino lo conduceva ai valori per le sue costanti universali: a= 0,4818 10 -10 sec °C, b= 6,885 10-27 cm2 g/ sec. La validità di questi risultati erano garantiti secondo l’autore dall’universalità dei principi termodinamici. Le due nuove costanti di natura (nel senso di Stoney) potevano affiancare la velocità della luce nel vuoto c e la costante di gravitazione universale f per formare un vero sistema naturale di unità di misura indipendente da ogni accidentalità e convenienza tipiche dei sistemi pratici. All’unità planckiana di distanza, espressa secondo l’equazione: lunghezza unitaria = (bf/c 3)1/2, corrispondeva nel sistema CGS il valore 4,13 10-33 cm; l’unità di massa, definita dall’equazione (bc/f)1/2, era uguale nel sistema CGS a 5,56 10-5 g; l’unità di tempo, espressa secondo l’equazione: (bf/c5)1/2, corrispondeva a 1,38 10-43 sec; l’unità planckiana di temperatura soddisfaceva le uguaglianze: a(c 5/bf)1/2 = 3,5 1032°C. La tripartizione tipica dei sistemi precedenti cessava inserendo una quarta costante assoluta. Il riconoscimento della termodinamica come scienza indipendente dalla meccanica, non sarà in seguito accettato da molti altri teorici. fig.7 Esempio di corpo nero realizzato nel laboratorio di ottica dell’Istituto metrologico di Berlino fig.8 Pagina del lavoro di Planck sui processi irreversibili in cui compaiono le costanti di natura a e b 1900 Sul finire del secolo Planck aveva avvalorato la legge di distribuzione spettrale dell’irradiamento proposta da Wien che aveva come corollario la legge dello spostamento ed era compatibile con quella di Boltzmann. L’illusione di Planck di aver contribuito all’affermazione dell’espressione generale del corpo nero fu di breve durata sotto l’azione congiunta degli sperimentali che iniziavano, indagando in modo sistematico lo spettro nella regione dell’infrarosso estremo, a mostrare deviazioni delle misure dall’espressione di Wien e dei teorici, come Thiesen, che sollevavano dubbi sulla unicità della funzione discussa da Planck. Lummer e Pringsheim nel febbraio del 1900 riportarono alcuni dati non facilmente conciliabili con la legge di Wien-Planck e Thiesen approfondì alcune considerazioni generali sulla funzione f(λ,T). Planck nel mese di marzo difese la sua derivazione, contrapponendo alle misure di Berlino quelle di Paschen, approfondendo alcuni aspetti dell’irreversibilità, generalizzando la sua entropia a un insieme di oscillatori in equilibrio con la radiazione. fig.9 Particolare del confronto tra dati e alcune delle equazioni proposte per la distribuzione spettrale dell’energia proposto da Lummer e Pringsheim Über die Strahlung des schwarzen Körpers für lange Wellen.- Verh. Dt. Phys. Ges., 2, 163-180 (1900); fig.10 Le curve di corpo nero e l’allontanamento dall’espressione di Wien secondo i fisici del PTR Nell’estate del 1900 al crescere delle misure nell’infrarosso, le proposte sulla legge di distribuzione spettrale si moltiplicarono. Lord Rayleigh in una breve nota, di giugno, a partire dal principio di equipartizione dell’energia e dell’analogia della radiazione nera con un insieme di oscillazioni acustiche, otteneva: J= c1 θλ-4e-c2/λθ. Un’espressione che sostituiva il termine λ-5 dell’espressione di Wien con θλ-4, il prodotto della temperatura assoluta per la lunghezza d’onda elevata alla quarta potenza. Otto Lummer, affiancato da Jahnke, nel mese successivo, modificò l’equazione del fisico inglese introducendo un altro parametro per cercare di far corrispondere i nuovi dati sperimentali che si allontanavano ormai sistematicamente dall’equazione di Wien. Il punto della situazione fu riassunto in un Congresso internazionale estivo tenutosi a Parigi. Diversi fisici collegati all’Istituto metrologico di Berlino intervennero sulle leggi teoriche della radiazione di corpo nero. Lummer affrontò una lunghissima esposizione storica sulle equazioni spettrali alternative. Wilhelm Wien aprì le relazioni discutendo delle leggi della radiazione termica. Heinrich Rubens parlò degli ultimi risultati sulla radiazione infrarossa. Nel mese di settembre Lummer era pronto al confronto tra le diverse formule alternative, proponendo come migliore approssimazione analitica l’espressione spettrale per la radiazione di corpo nero: c 1θ5-μλ-μec2μ/λθ . fig.11 La tecnica dei raggi restanti di Rubens che permetteva di arrivare a selezionare radiazione nell’infrarosso Rubens, in autunno, grazie alla tecnica delle riflessioni multiple (raggi restanti), riuscì a selezionare radiazione infrarossa mai raggiunta prima, sottoponendo a nuovi test le equazioni alternative. La domenica del 7 ottobre 1900, Rubens e la moglie si recarono in visita ai coniugi Planck. Secondo diversi storici, Max Planck risolse nella stessa giornata, dopo che gli ospiti lo avevano lasciato, il fit dei dati, arrivando a una nuova espressione spettrale che era approssimabile a quella di Wien nelle regioni diverse dall’infrarosso, mentre in altri intervalli si avvicinava a quella di Lord Rayleigh. Nella funzione spettrale: E=C λ-5(ec/λT-1)-1comparivano ancora due costanti universali. Il termine della quinta potenza della lunghezza d’onda non era però moltiplicato solo per una funzione esponenziale, ma per un’espressione con un valore correttivo uguale a uno, l’equazione si riduceva a quella di Wien. La distribuzione di Planck fu presentata il 19 ottobre 1900 in un incontro della Società fisica tedesca, nella stessa giornata in cui Rubens discusse le sue nuove misure nell’infrarosso. Nel breve intervento il teorico affrontò il legame tra energia ed entropia che l’oscillatore doveva avere per dimostrare la nuova legge di distribuzione. La prima giustificazione teorica elaborata dovette attendere due mesi. Il sistematico esame delle ultime formule spettrali (Wien, Thiesen, Rayleigh, Lummer e Planck) venne nel frattempo portato avanti nel laboratorio di ottica dell’Istituto metrologico da Rubens e Kurlbaum. I due autori, nelle conclusioni seppure non definitive, diedero una preferenza per la proposta di Planck che oltretutto ipotizzava solo due costanti da determinare sperimentalmente a differenza dei tre parametri di Lummer. Nell’articolo, Sulla radiazione termica di grande lunghezza d’onda emessa da corpi neri a differenti temperature, affermavano: ”Un’occhiata a queste curve è sufficiente a provare che nessuna delle formule di Wien, Thiesen e Rayleigh, è capace di descrivere i risultati delle osservazioni entro i limiti degli errori sperimentali. D’altra parte le deviazioni delle nostre figure dalle formule di Lummer e Jahnke sono molto leggere. Queste deviazioni diventano grandi quanto gli errori di osservazione solo nel caso di basse temperature. […] Per temperature di corpo nero tra 0 °C e 1500 °C la coincidenza è perfetta. Noi abbiamo già richiamato l’attenzione sul fatto che la formula di Planck descrive i nostri esperimenti per tutte le temperature.” H. Rubens, F. Kurlbaum, On the heat-radiation of long wave-length emitted by black bodies at different temperatures, 1901, pp. 346-347. fig.12 Confronto tra le espressioni teoriche (Wien, Thiesen, Lummer e Planck) e le misure sperimentali della radiazione di corpi solidi realizzato da Rubens e Kurlbaum Nel dicembre 1900 la rivoluzione metrologica fu completata. Al posto delle costanti a e b servite per la legge di Wien, Planck introdusse la costante k nell’equazione dell’entropia bolzmanniana: S=k log R0. Fu la prima volta. Le complessioni R0 erano invece calcolate con un metodo combinatorio in cui compariva la seconda costante h, che rappresentava il rapporto tra l’elemento di energia ε e la frequenza. La nuova espressione per l’entropia del risonatore: S=k[(1+U/ε)log(1+U/ε)- U/ε log(U/ε)], conduceva verso la nuova funzione spettrale che, confrontata con le misure sperimentali, permetteva di valutare: h=6,55 10-27 erg s, k= 1,346 10-16 erg/gradi. Le due nuove costanti erano infine messe in relazione al quanto elementare di elettricità e al numero oggi detto di Avogadro. I risultati ottenuti: e=4,69 10-10 unità elettrostatiche, N=6,175 1023, sono incredibilmente vicini a quelli oggi accettati. La rivoluzione quantistica era per ora solo potenziale, mentre due delle più importanti microscopiche avevano ricevuto il loro battesimo. Iniziava il duro lavoro di Planck e di altri teorici per dare un’interpretazione fisica delle nuove costanti. fig.13 Confronto tra le espressioni teoriche (Wien, Thiesen, Lummer e Planck) e le misure sperimentali della radiazione di corpi neri realizzato da Rubens e Kurlbaum LE COSTANTI DI NATURA Il legame tra le costanti a e b, del lavoro di Planck del 1899, Über irreversible Strahlungvorgänge. 5. Mitteilung, Akademie der Wissenschaft, in cui aveva dimostrato la legge di distribuzione di Wien e quelle del 1900 in cui aveva introdotto le nuove costanti h e k fu affrontata dal fisico teorico di Berlino nel maggio 1901 nell’articolo: M. Planck, Über irreversible Strahlungsvorgänge. A partire dalla definizione di entropia del risonatore necessaria per arrivare alla legge di distribuzione del corpo nero: S=k[(1+U/ε)log(1+U/ε)- U/ε log(U/ε)], Planck considerava il caso di U/ε piccolo rispetto a 1, in tal modo l’entropia si approssimava a: S=-kU/ε log(U/ε), che confrontata con l’espressione S=- U/aν log(U/bν)], necessaria per arrivare alla distribuzione di Wien, e con l’elemento di energia ε=hν, portava immediatamente alle uguaglianze: h=b e k=b/a. Le misure sperimentali del 1899 tradotte secondo le precedenti espressioni davano allora per le costanti di natura: h=6,885 10-27 erg sec, k= 1,429 10-15 erg/gradi. Non lontanissimi dai valori del 1900: h=6,55 10-27 erg sec, k= 1,346 10-15 erg/gradi. La formula di Wien era un’approssimazione di quella di Planck e in quest’ottica il termine presente all’esponente delle due equazioni non era altro che il rapporto hc/k con c velocità della luce nel vuoto che già nel 1899 grazie a Paschen era conosciuto con precisione. Il profondo legame tra la prima derivazione e la seconda venne ribadito da Planck nella prima edizione delle sue Lezioni della teoria del calore del 1906 fig.14 Il legame tra le costanti di natura a e b e le nuove h e k discusso da Planck nel 1901 fig.15 Pagina delle lezioni di Planck del 1906 in cui compaiono le unità di lunghezza, massa, tempo e temperatura come funzioni delle quattro costanti di natura In esse, riprendendo quasi letteralmente il discorso delle costanti di natura del 1899, sostituiva le costanti a e b con le nuove h e k, affermando: “Con l’aiuto delle due costanti h e k che compaiono nella universale legge della radiazione viene data la possibilità di stabilire delle nuove unità di lunghezza, massa, tempo e temperatura, le quali, indipendenti da riferimenti di particolari corpi e sostanze, mantengono necessariamente il loro significato in tutti i tempi e per tutte le culture perfino extraterrestri o extraumane e che, quindi, possono essere descritte come unità di misura naturali. […] Tutti i sistemi di unità che sono stati finora impiegati, compreso il cosiddetto sistema assoluto C.G.S., devono la loro origine alla coincidenza di circostanze accidentali, in quanto la scelta delle unità che sta alla base di ogni sistema è stata fatta, non secondo punti di vista generali che avrebbero dovuto necessariamente mantenere la loro validità in ogni luogo e in ogni tempo, ma essenzialmente con riferimento alle particolari esigenze della nostra civiltà terrestre. Così, ad esempio, le unità di lunghezza e di tempo sono state ricavate dalle attuali dimensioni e dal movimento del nostro pianeta, e le unità di massa e di temperatura dalla densità e dai più importanti punti fissi dell’acqua […]. Sarebbe non meno arbitrario se, diciamo, la lunghezza d’onda invariabile della luce del sodio fosse presa come unità di lunghezza. Di nuovo, la particolare scelta del sodio tra i tanti elementi chimici, potrebbe essere giustificata solo, forse, dalla sua abbondanza sulla Terra, o dalla sua doppia linea che è nella gamma del visibile, ma non è certamente l’unica nel suo genere. Quindi non è escluso che, in un altro momento, in condizioni esterne mutate, tutti i sistemi di unità che sono stati finora adottati potrebbero perdere, in parte o totalmente, il loro significato originale naturale. […] I mezzi per la determinazione delle quattro unità di lunghezza, massa, tempo e temperatura, sono dati dalle due costanti h e k menzionate, nonché dall’intensità della velocità della propagazione della luce nel vuoto, c, e dalla costante di gravitazione f […]. Queste grandezze manterranno il loro significato naturale fino a quando resteranno valide la legge di gravitazione universale, la propagazione della luce nel vuoto e i due principi della teoria del calore e, anche se misurate da intelligenze diverse e con metodi differenti, risulteranno sempre le stesse.[…] Se noi scegliessimo le unità di natura nel nuovo sistema di unità di misura in modo che le costanti valgano uno, noi otterremo come unità di lunghezza la quantità: (fh/c3)1/2=4,03 10-33 centimetri, come unità di massa: (ch/f)1/2=5,42 10-5 grammi, come unità di tempo: (fh/c5)1/2=1,34 10-43 secondi, come unità di temperatura: k-1(c5h/f)1/2=3,63 1032 gradi.” M. Planck, Vorlesungen über die Theorie der Wärmestrhlung, 1906, pp. 163-164 EPILOGO 1: LA SCALA DI PLANCK I valori estremi nel sistema CGS delle unità naturali scoraggiarono qualsiasi tentativo di prenderle in considerazione per eventuali applicazioni pratiche. Assumere k=h=c=G=1 (rispetto ai simboli utilizzati da Planck d’ora in avanti G indicherà la costante di gravitazione universale al posto della f di inizi Novecento) comportava valori estremamente grandi per il centimetro, il grammo e il secondo, piccolo per il kelvin. La rivitalizzazione di tre delle unità di natura di Planck avvenne nel 1932 quando Matvei Petrovich Bronstein, un precursore della gravità quantistica, elaborando idee di altri fisici teorici russi, diede un’immagine dello sviluppo delle teorie fisiche basate sul quanto di azione di Planck h, sul reciproco della velocità della luce nel vuoto 1/c e sulla costante di gravitazione universale G. Secondo questo schema la fisica più semplice considera nulle (trascurabili) tutte e tre le costanti. Se invece si considera una sola costante diversa da zero si hanno: la meccanica newtoniana dei pianeti (G), la relatività ristretta (1/c), la teoria dei quanti (h). Con due costanti si hanno: la relatività generale (1/c, G), la meccanica quantistica relativistica (h, 1/c), la possibile gravità quantistica (h, G). Solo quando sarà raggiunto il vertice più lontano del cubo il percorso teorico sarà completato. fig.16 Il cubo di Bornstein Sempre nell’ambito della gravità quantistica dagli anni Cinquanta O. Klein e J. Wheeler considerarono la scala di lunghezza di Planck (modificata con il termine h/2π al posto della costante di Planck) rispettivamente come limite di applicabilità della teoria quantistica relativistica e della teoria della relatività generale. Successivamente la lunghezza di Planck e il tempo di Planck (che si ottiene moltiplicando la prima per la velocità della luce) sono stati spesso citati nelle discussioni cosmologiche. fig.17 Confronto tra le unità di lunghezza di tempo e massa nei sistemi di Planck e Stoney, aggiornati con i valori attuali delle costanti “Tutti questi studi -scrive a esempio J. Barrow in Le origini dell’Universo- sono condotti partendo dall’ipotesi che la teoria einsteiniana della gravitazione descriva l’espansione dell’universo come un tutto. La teoria di Einstein ha superato con sorprendente successo tutte le verifiche di carattere osservativo a cui è stata sottoposta, ma vi è da attendersi che essa non regga quando si risale all’inizio dell’espansione.” Pag. 90 “Quando risaliamo indietro nel tempo, le dimensioni dell’universo visibile sono, in ogni istante del passato, sempre più piccole, perché la grandezza dell’universo visibile nella sua età T è uguale alla velocità della luce moltiplicata per T. Il tempo di Planck (10-43 secondi) è significativo, perché, quando raggiungiamo questo tempo estremamente remoto, la grandezza dell’universo visibile diventa più piccola della sua lunghezza d’onda quantistica è quindi circonfusa dall’indeterminazione quantistica. Quando questa sovrasta tutto, non conosciamo la posizione di nessuna cosa, e non possiamo neppure determinare la geometria dello spazio. A questo punto la teoria einsteiniana della gravitazione crolla.” Pag. 92 fig.18 La scala di Planck di lunghezza confrontata con quella di una cellula e con quella dell’universo visibile Questa situazione ha indotto i cosmologici a tentare di elaborare teorie della gravitazione, nelle quali sono pienamente inclusi gli aspetti quantistici. Sempre nell’ambito astrofisico gli studi dei buchi neri, un’altra entità ideale, utilizzano le costanti di natura planckiana (h=k=c=G=1) per semplificare l’espressione dell’entropia. fig.19 L’era primordiale di Planck e l’espansione dell’universo Come spiega Roger Penrose in La Strada che porta alla realtà: “Queste unità sono lontane da quelle pratiche per l’uso quotidiano, come si può vedere quando tentiamo di esprimere le nostre unità convenzionali in termini delle unità di Planck: grammo = 4,7 104, metro = 6,3 1034, secondo= 1,9 1043, kelvin= 4 10-33.” fig.20 Rappresentazione di un buco nero EPILOGO 2: LE NUOVE DEFINIZIONI DEL SI Per la maggior parte dei teorici il numero minimo di costanti fondamentali unitarie necessarie per descrivere l’intera realtà fisica è generalmente considerato uguale a tre. La costante di Boltzmann, collegata alla temperatura assoluta, non fa parte di questo insieme. Il nostro sistema di unità di misura pratico è invece ridondante. Esso presenta tre unità meccaniche (metro, kilogrammo, secondo), una elettrica (ampere), una termica (kelvin), una fotometrica (candela) e l’ultima a cavallo tra macroscopico e microscopico (mole). Le sette grandezze fondamentali si allontaneranno da ogni riferimento ottocentesco quando nel 2018 saranno fissati i valori della costante di Planck h, della costante di Boltzmann k, del numero di Avogadro N A e della carica elementare e. Si avranno così nuove definizioni di massa, temperatura, mole e di intensità di corrente. Le quattro costanti fondamentali affiancheranno la velocità della luce nel vuoto c, già presente nella definizione di lunghezza unitaria, la frequenza Δν dell’atomo di cesio, l’efficienza luminosa di riferimento di una particolare luce monocromatica che corrisponde al massimo della nostra visione (vedi Lezione: La Fotometria). Del sistema naturale di Planck solo G non comparirà tra le costanti fondamentali e la ragione è molto semplice, a dispetto della sua importanza teorica, la sua misura è ancora oggi troppo difficile rispetto alle altre costanti, non a caso essa è legata alla forza meno intensa, (vedi Lezione: La costante di gravitazione). Se a ciò si aggiunge che la carica elementare e il numero di Avogadro furono storicamente esplicitate da Planck nello stesso articolo considerato come iniziatore della rivoluzione quantistica, si può senz’altro affermare, parafrasando Sommerfeld, che la metrologia moderna è un prodotto del 20° secolo. Essa vide la luce il 14 dicembre 1900, quando Max Planck presentò al Deutsche Physikalische Gesellschaft un metodo per derivare la legge di radiazione di un corpo nero, scoperta da lui poco tempo prima, sulla base di due nuove costanti di natura. fig.21 Confronto tra vecchio e nuovo SI