È solo una storia di granchi di fiume Si sa: il calore genera abbagli!! Eppure, con approssimata certezza, posso dire che quel giorno, parlamentando con il vuoto della mia mente, ho visto granchi di fiume con maschere antiche sciaguattare nelle acque lesse del Nilo. Di rado capita di essere colpiti dalla forza immaginifica di un luogo. Il sito dove sorgerà il nuovo ospedale di EMERGENCY sulle rive del Nilo Blu nei pressi del villaggio di Soba ha questa proprietà: aprire un varco sull'immaginario. Sarà l'arsura che si vaporizza dal terreno, sarà la distesa di sabbia punteggiata da immensi manghi verdissimi, le spruzzate di palme, sarà l'epifania del fiume che d'improvviso compare come una visione, saranno tutte queste cose messe insieme, ma è difficile dimenticare la prima sensazione alla vista di questa terra. Questa è una terra dove s'incontrano i millenari ricordi che evoca il Nilo ma anche la ctona cultura tribale delle terre africane. Così hanno iniziato a rincorrersi immagini e ricordi provocati e stimolati da questa terra. Miti, immagini, storie, maschere….La mente si fissa sull'immagine della maschera, non delle maschere della tradizione africana, ma della "maschera neutra" quella che nel teatro rappresenta l'essenza dell'essere umano nella sua totale radicalità, di volto senza identità ma con tutte le identità racchiuse. La maschera neutra, quasi una risposta subliminale alla visione di questo luogo. «La maschera neutra obbliga a un percorso attraverso l'insieme delle condizioni di produzione del senso perché, proprio in virtù della sua neutralità, induce un movimento di riduzione continua del senso. (…) Come ogni neutralità radicale, toglie alla sistematicità categoriale del segno gli appigli cui agganciare i propri valori» 1 La maschera in cui si "rappresenta" l'edificio neutralizza ogni distinzione di razza di etnia di differenza riportando l'ospedale al suo significato originale di luogo di cura, ovvero del prendersi cura non solo del corpo giacchè «L’Ospedale (…) è allora il luogo dove si cerca di costruire, praticandolo, un pezzetto di diritti di tutti, per tutti, che dovrà inserirsi nel grande puzzle dei diritti umani: il diritto a restare vivi e ad essere curati per continuare ad esserlo. (…) Un ospedale (…) è anche un luogo dove si può dare un senso alla parola "pubblico", cioè di tutti. Senza discriminazione di etnia e di sesso, di religione e di politica.». 2 È questo il vero volto dell'ospedale di cui la maschera neutra rappresenta soltanto un interfaccia un'evocazione di senso. «La vera essenza dell’uomo si presenta nel suo volto» 3, perché «il volto mi parla e così mi invita ad una relazione»4. «Il volto è, in un certo senso, il luogo della verità. (…) Il volto, sorta di modello arcaico di qualunque macchina della verità, è tale perché il suo spazio è quello dell'enunciazione piuttosto che dell'enunciato.» 5 1 F. Marsciani, Esercizi di semiotica generativa, Progetto Leonardo, Bologna,1999,pg123 Strada G., “La scommessa di Emergency nell'inferno del Darfur, l'Unità, 29 Luglio 2004. 3 E . Lévinas; Totalità e infinito, Jaca Book, Milano, 2000, pg.299 4 E . Lévinas; Totalità e infinito, Jaca Book, Milano, 2000, pg.203 5 F. Marsciani, Esercizi di semiotica generativa, Progetto Leonardo, Bologna,1999,pg123 2 L’evocare un volto attraverso la maschera neutra significa mettere in relazione l’osservatore oltre che con una dimensione dell’inconscio anche con una dimensione del suo essere “soggetto sociale” capace di “comprendere” e di “appartenere”; è un invito a ritrovare la propria dimensione sociale. L’evocazione di un volto attraverso la maschera neutra potrà porre l’osservatore in uno stato d’animo “accogliente”, pronto a superare le opacità di un’esistenza non del tutto determinata. Il volto recupera un’umanità che la “modernità liquida” evocata da Bauman pare aver disperso in un ricerca dell’individualità, del profitto e spinta da un ossessivo tecnologismo ad un appiattimento delle differenze. Purtroppo questo modello sociale pare affermarsi inesorabilmente anche in quest'angolo di Africa e proprio a questo modello sociale vogliamo porre resistenza. Per Lévinas (dissertando sulla dimensione etica del volto) il volto si presenta nella «resistenza etica che paralizza il mio potere e si erge dura ed assoluta dal fondo degli occhi senza difesa nella sua nudità e nella sua miseria. La comprensione di questa miseria e di questa fame instaura proprio la prossimità dell’Altro.» 6 Il volto di cui parla Lévinas e che noi "rappresentiamo" attraverso la maschera neutra non è necessariamente una rappresentazione del reale. «Il volto non è l’assemblaggio di un naso, di una fronte, degli occhi,ecc…; certo è tutto questo, ma prende il significato di un volto attraverso la dimensione nuova che apre nella percezione di un essere» 7. È proprio questo il significato che viene evocato dalla maschera neutra senza esprimere il significato ma soltanto evocandolo, mettendo in risonanza le corde più profonde del nostro essere. La dimensione etica del volto si colloca nell’ambito di una ricerca di un esistenza orientata alla convivenza pacifica, al corretto e sostenibile utilizzo delle risorse, ad uno sviluppo economico che promuova una più omogenea distribuzione delle opportunità. Il ragionamento sul linguaggio architettonico e quindi sulla "rappresentazione" del progetto ha avuto come baricentro l’ecoide umano, pensato nel tentativo di reinventare una “lingua solidale” empatica, etica nonviolenta. Come la fisiognomica cerca degli indizi per conoscere la natura nel suo profondo, così noi abbiamo creato degli indizi che servano a ricollocarci nella natura umana in un rapporto di biunivoca utilità. Non vi è la pretesa di svelare il segreto nascosto nell’indizio ma di rendere l’indizio portatore di curiosità inconscia, di renderlo attivo. È quello che Eco definisce come “deriva dei significanti ” 8. Nel vedere un edificio, un dettaglio, oppure un oggetto e quindi la nostra maschera neutra che possano vagamente ricordare un volto, un uomo, un animale, l’obiettivo non è tanto rendere intelligibili questi elementi antropomorfi o zoomorfi, quanto far percepire all’osservatore un senso di familiarità. Non rendere, quindi, riconoscibile una forma ma creare sistemi relazionali inconsci. A tal proposito G. Durnand ci fa notare come: «[…]spontaneamente il bambino riconosce nella finestre gli occhi della casa. […] È l’antropomorfismo microcosmico che indica la cantina ventrale come la cervicale soffitta. La disposizione stessa dei vani dell’appartamento o della capanna: angolo dove si dorme, vano dove si prepara il pasto, sala da pranzo,camera da letto[…], tutti questi elementi organici richiamano equivalenti anatomici piuttosto che fantasie architettoniche. La casa intera è più di un <luogo ove vivere >, è un vivente »9 Siamo convinti che attraverso questa semplice operazione logica si possano attivare delle relazioni inconsce in grado di soddisfare il bisogno relazionale con l’oggetto simbolico. Si tratta di collocare nella forma un punto di ancoramento, che induca ad un senso di familiarità, un “[...] punto a partire dal quale il «tutto» appare costruito ed il quale perciò è anche il rappresentante della localizzazione del «tutto» nel suo ambiente.”10 Non è importante che in una qualunque forma si 6 E . Lévinas; Totalità e infinito, Jaca Book, Milano, 2000, pg.205 E . Lévinas; Difficile Liberté, Albin Michel, Paris 1983, pg.21/22 8 U. Eco; Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino,1997,pg 232 9 G.Durand; Le strutture antropologiche dell’immaginario, Dedalo, Bari, 1996,pg244 10 W. Metzger; I fondamenti della psicologia della Gestalt, Giunti,1971,pg219 7 legga un volto o un animale come punto di ancoramento («[...] le immagini della realtà possono essere valide anche se sono assai discoste da ogni somiglianza “realistica ”» 11), ma è bensì importante che in questa forma la totalità dei segni e degli indizi risultino familiari all’osservatore. Percepire un punto d’ancoramento e a questo serve la maschera neutra significa legare “[...] le immagini essenziali e organizzarle in un sistema di relazioni, dove la coerenza interna vale più del rapporto con la realtà oggettiva.”12 Si potrebbe parlare di simbolo “ritrovato” «[…]come luogo di un’infinità di interpretazioni, dove mettere in deriva i significanti, separati dal loro significato normale» 13. Perché suggerisce il saggio Ogotemméli «(…)La disposizione degli oggetti serve per nascondere il simbolismo a coloro che vorrebbero comprenderlo» 14 tamassociati, 2005 11 R. Arnheim; Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano, 1971,pgXXI L. Rodler; Il corpo specchio dell’anima, Bruno Mondadori, Miano, 2000,pg27 13 U. Eco; Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, Torino,1997,pg 232 14 M. Griaule, Dio dell'acqua, Bollati Boringhieri, Torino,2002,pg142 12