Corso di Corporate governance

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Corso di Corporate governance
Lezioni di etica di impresa
anno accademico 2007-2008
prof. Michele Aramini
Premessa
Il nostro tema fa parte della più grande questione della relazione tra etica ed
economia.
Sono disponibili due approcci.
Uno di carattere teorico, diciamo di riflessione e di confronto tra due razionalità,
quella etica e quella economica; e un secondo di carattere pratico, potremmo dire di
etica dal basso, nel quale si analizza il posto tenuto dall’etica nell’attività delle aziende.
Il primo approccio è quanto mai problematico e presenta diverse posizioni e
sottoposizioni: si va dall’affermazione del primato dell’etica e alla sua completa
esclusione dall’attività economica. In questo filone si collocano le domande circa
l’esistenza della razionalità etica, l’oggettività dell’etica, come pure la questione di
quale delle diverse teorie etiche debba essere utilizzata (utilitarismo o deontologia)
Sempre in questo filone si inserisce la questione del rispetto dei diritti umani, la
questione decisiva del confronto tra due razionalità: etica ed economica. A questi
temi infine si devono aggiungere gli apporti del pensiero religioso e il rapporto tra
etica aziendale e legislazione.
Sempre in questo ambito va affrontata la questione se e come considerare l’azienda in
quanto soggetto morale.L’approccio che parte dal basso sembra più facile, ma anche
in esso rileveremo delle criticità. Infatti le aziende che si rifanno alla prospettiva etica,
lo fanno per convinzione o per interesse? In altre parole si tratta di vera intenzione
etica (assoluta) oppure di adattamento al mercato (strategica)? Solo nel primo caso
avremmo comportamenti etici, mentre nel secondo caso avremmo comportamenti di
facciata, con la continua tentazione di aggirarli, quando si rivelassero meno convenienti.
Anche la partenza dal basso può privilegiare punti di partenza diversi. Si può
iniziare infatti dall’evoluzione del marketing, ma anche dal punto di vista della
globalizzazione con la sua richiesta di trasparenza per gli investitori, oppure dal punto
di vista della valutazione e dell’incremento del valore delle aziende.
Iniziamo il nostro percorso con l’ analisi di ciò che avviene nella realtà,
privilegiando il punto di vista del marketing, che è quello storicamente originario.
Mentre lasciamo a un secondo momento un assaggio della questione teorica.
Prima parte
Il rapporto Etica e impresa come etica dal basso
Una citazione per inquadrare il problema:
"Singolare paradosso. Da almeno una decina di anni viene perentoriamente affermato,
da coloro che si intendono di questa materia, che la missione finanziaria di un'impresa
consiste nel creare valore per gli azionisti (stockholders). [ ... ] Si è operata col tempo
una distorsione del significato stesso dell'espressione «creare valore per gli azionisti».
Una ventina di anni fa essa poteva significare distribuire buoni dividendi, meglio se
superiori al tasso di interesse corrente rispetto al capitale investito in azioni; dividendi
derivati dall'aver conseguito elevati profitti producendo e vendendo beni o servizi. In
seguito l'identica espressione è venuta a significare principalmente «far salire il valore
delle azioni in borsa». Ora, in borsa, il valore delle azioni si può far salire in diversi
modi. Ad esempio, facendo credere che si sono conseguiti, o si stanno per realizzare
elevati profitti, anche se ciò è lontano dal vero. Oppure licenziando un tot di dipendenti,
anche quando l'andamento della produzione non lo richiederebbe perché la correlativa
riduzione delle spese di personale lascia intendere che vi saranno maggiori ricavi
rispetto ai costi. O ancora, facendo correre la voce che si è prossimi alla fusione con
un'altra impresa, od alla sua acquisizione, dalla quale avrà origine il gigante industriale
dell'anno. Il fatto che tre fusioni e acquisizioni su quattro finiscono in malo modo è un
problema che in genere non sembra influire sulla corsa all'acquisto delle azioni che così
si scatena, facendo crescere oltremodo - almeno per un certo periodo - il valore delle
medesime. [ ... ] Per questo la concezione dell'impresa come entità che prima della
creazione di occupazione, di buoni prodotti, di solidi profitti, considera suo scopo
primario il perseguire con ogni altro mezzo possibile l'aumento delle azioni in borsa,
avrebbe concluso Keynes, si è trasformata in una trappola. Ben vengano, dunque,
maggiori controlli sulle imprese, sulle azioni dei loro amministratori e dirigenti, sulle
modalità che seguono per redigere i bilanci, al fine di ridurre il rischio che si verifichino
altri casi Parmalat (o Cirio, per non risalire fino al tracollo dei gruppo Ferruzzi
Montedison, tredici anni fa). Ma essi non porteranno a cambiamenti significativi nel
comportamento degli uni e degli altri ove non ci si renda conto che alle radici dei casi in
questione v'è, al fianco di altri fattori, una concezione profondamente distorta
dell'impresa contemporanea. Essa è stata alimentata da uno stuolo innumerevole di
studiosi e di commentatori economici, di centri di ricerca e di istituzioni internazionali. I
quali, dopotutto, non hanno fatto altro che dare espressione squisitamente teorica al
fatto rudemente concreto che per il mondo si aggira una massa di capitali in cerca
frenetica di una ulteriore valorizzazione di se stessa. Bisognerebbe quindi trovare il
modo di regolarne la circolazione per far sì che l'attività produttiva riprenda il
sopravvento sul turbine speculativo. Se ciò accadesse allora una diversa concezione
dell'impresa, forse, seguirebbe."
(Gallino, 2003)
Capitolo I - La Corporate Social Responsibility (CSR). Evoluzione ed ampliamento
delle responsabilità nel marketing
Sommario: 0. Uno sguardo panoramico. 1. L'orientamento al marketing: customer
satisfaction. 2. L'orientamento al consumatore: marketing relazionale. 3. L’orientamento
socio-comunitario: il marketing sociale. 4. L’attualità: il cause related marketing. 5. La
valorizzazione delle risorse umane dell’azienda
0. uno sguardo panoramico
II concetto di responsabilità sociale dell'impresa con il nome di Corporate Social
Responsibility nasce negli anni '50 e viene contraddistinto dall'acronimo CSR1.
Si fonda sulla concezione che avendo l'impresa un potere forte, tale potere comporti
l'assunzione di responsabilità nei confronti della società. Le sfere potenziali di
intervento consistono nel contribuire alla crescita economica tramite una buona quantità
e varietà dei prodotti; nell'attenzione e riguardo per il proprio personale, per le
condizioni lavorative; il miglioramento dell'ambiente sociale, intervenendo ad esempio
sulle condizioni di sottosviluppo economico e culturale.
Ma tale approccio incontra molte critiche, in quanto presenta un sistema di
responsabilità sociale solo "di facciata", che non va ad incidere sulle interne politiche
gestionali ed amministrative dell'impresa. Inoltre non viene percepito come
un'occasione per interiorizzare dei principi valoriali e per modificare il proprio modo di
essere, ma come un'obbligazione, assumendo quindi una valenza negativa.
La comprensione dell'importanza di attuare un cambiamento "interiore" e non solo di
immagine esterna dell'impresa porta alla nascita negli anni '70 del secondo filone di
studio denominato Corporate Social Responsiveness, brevemente indicato con
CSR2, che sta ad indicare una sensibilità e una rispondenza maggiore del soggetto
economico al sociale. Si sviluppano infatti, in questo periodo, gli strumenti operativi e i
processi interni per attuare tale responsabilità, comprendenti le tecniche di auditing
sociale, modelli di relazione con gli stakeholder, bilanci sociali e codici di condotta.
Ma proprio l'attenzione su tali strumenti porta alla critica anche di questo filone,
ritenuto appunto troppo attento ai meccanismi e alle tecniche di realizzazione delle
responsabilità e ancora poco concentrato sulla percezione dell'importanza di fondare
tale attività sui valori che avrebbero dovuto permeare il clima aziendale.
.
I
Bisognerà dunque attendere la seconda metà degli anni ottanta per arrivare al terzo
filone di studi denominato Business Ethics o Etica d'impresa, che consiste in
un'assunzione di consapevolezza della propria responsabilità sociale nel "cuore"
dell'attività imprenditoriale e non semplicemente alla periferia delle sue decisioni ed
operazioni. In sostanza, l'impresa interpreta profondamente le aspettative eticosociali provenienti dall'ambiente esterno e attua norme di condotta per far fronte a
tali richieste, oltre che diffondere la cultura sociale a tutti i livelli
dell'organizzazione. Si viene a creare perciò un coinvolgimento etico che l'impresa
attua sulle proprie dimensioni aziendali e che porterà ad una ulteriore specificazione
della responsabilità, individuata con l'acronimo CSR3, comprendente dunque la
Business Ethics, la CSR1 e la CSR2. Tale concetto però, non costituisce una semplice
somma di quelli precedentemente esposti, poiché oltre a racchiuderli, li inserisce in una
dimensione più ampia e completa.
Nel corso degli anni diversi studiosi hanno analizzato l'attenzione al sociale dell'impresa
e soprattutto l'appropriatezza di un suo interessamento al riguardo.
Mentre da una parte Milton Friedman, uno degli autori più contrari all'impegno sociale
dell'azienda, sostiene che il compito dell'impresa è strettamente economico e tendente al
profitto, d'accordo con altri autori che ritengono l'interessamento al sociale un campo
non di competenza aziendale, tra gli studiosi più orientali verso l'assunzione della
responsabilità sociale d'impresa, citiamo Carroll.
L'autore ritiene, infatti, che
"[...] una performance migliore si possa conseguire attuando con successo una
strategia in cui competenze e risorse aziendali si raccordino con le opportunità
offerte dall'ambiente al punto di creare un vantaggio competitivo"
(Meznar - Chrisman - Carroll, 1993:31)
Tra i contributi più interessanti apportati da questo autore si cita la famosa "'Pyramid of
Corporate Social Responsibility'' (Carroll, 1991:39), all'interno della quale Carroll
inserisce quattro differenti livelli di responsabilità aziendale, affermando quindi che
l'impresa si trova ad operare assolvendo, allo stesso tempo, responsabilità economiche,
giuridiche, etiche e umanitarie (o filantropiche).
Tale classificazione distingue la responsabilità etica da quella filantropica, stabilendo
che mentre la prima rappresenta una parte integrante delle responsabilità aziendali
relative a finalità sociali da soddisfare, la seconda risponde invece ad una libera scelta di
chi governa l'impresa.
Per affermarsi nei mercati di oggi, in modo particolare in quelli globali e
ipercompetitivi, le imprese hanno bisogno di orientare le proprie strategie di governance
e le politiche di brand verso nuove frontiere, costruendo nuovi e forti legami con il
proprio ambiente di riferimento, offrendo nuove risposte ad una domanda attenta ai
valori e relazionandosi maggiormente con il mondo del sociale.
La riflessione a livello mondiale sulle azioni da intraprendere nella direzione di uno
sviluppo sostenibile, impone a ciascuna azienda una presa di coscienza del proprio ruolo
in tale contesto.
Si tratta di un nuovo ruolo che vede ampliate le proprie responsabilità, non solo nei
confronti della tutela dei lavoratori, della salvaguardia dell'ambiente, del rispetto verso
il consumatore, ma anche verso la comunità nel senso più ampio del termine.
Riassumendo:
La responsabilità sociale delle imprese (in inglese "Corporate Social Responsibility") fa
parte, da ormai qualche anno, delle preoccupazioni delle aziende, che hanno devoluto al
suo sviluppo contributi crescenti in termini di risorse umane e finanziare. E l'attenzione
per una maggiore "responsabilità sociale" tocca oggi ogni impresa, al di là della sua
dimensione e dal suo settore di attività.
Che cos'è? Rispondiamo con la definizione del Libro verde della Commissione
Europea:
La responsabilità sociale delle imprese, anche comunemente definita
Cittadinanza Sociale d'Impresa, è l'integrazione volontaria delle pro-blematiche
sociali ed ecologiche nelle azioni commerciali delle imprese e nei loro rapporti
con le parti interessate, i cosiddetti stakeholders (dipendenti, clienti, investitori,
fornitori, la comunità in cui l'azienda opera, il governo, e i media).
(Commissione Europea, 2001)
Un'impresa si dice socialmente responsabile quando il suo comportamento è volto al
soddisfacimento delle legittime attese di tutti i suoi stakeholders e considera l'impatto
sociale ed ambientale, oltre che economico delle proprie attività. In particolare
un'azienda socialmente responsabile:
• investe nel reclutamento, nella formazione e nella gestione delle risorse umane nel
rispetto dei principi della parità di trattamento e delle pari opportunità;
• limita il più possibile l'impatto delle proprie attività sull'ambiente e investe in
tecnologie e processi produttivi ecosostenibili;
• garantisce l'integrazione e il rispetto delle problematiche sociali e ambientali
anche nella scelta dei partner sociali e dei fornitori;
• investe le proprie risorse per il miglioramento e la salvaguardia della comunità in
cui opera.
Una maggiore consapevolezza etica del proprio operare, infatti, assume un'importanza
fondamentale all'interno del core business aziendale, diventando una vera e propria
risorsa immateriale, che non contrappone l'interesse produttivo e commerciale
all'interesse collettivo, ma al contrario ne permette una collaborazione.
Lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza nella comunità e l'impegno sociale diventano
allora componenti essenziali della business excellence di un'azienda, dando luogo ai
famosi intangible assets, ovvero tutti i vantaggi immateriali: fidelizzazione dei clienti,
fedeltà dei dipendenti, apprezzamento da parte della comunità, degli azionisti, dei media
e dell'opinione pubblica.
La responsabilità sociale, interagendo con tutti gli ambiti della governance aziendale,
con la produzione, le risorse umane, il marketing, le politiche e le strategie aziendali,
produce alla lunga un cambiamento culturale del modo di fare l'impresa, che
"[...] non vuol dire rinunciare al profitto per fare buone azioni, quanto piuttosto
fare profitto, magari farne anche di più, ma in modo corretto, producendo
benessere sociale e non danni alla collettività, equilibrio ed equità e non
sfruttamento, qualità della vita e non inquinamento e malattie, diffusione di
cultura e di ricchezza e non distruzione rapace di risorse umane ed ambientali."
(Catastini, 2002:14)
Questa è la Corporate Social Responsibility, la responsabilità sociale d'impresa, un
impegno per tante aziende lungimiranti che attuano lo sviluppo sostenibile,
scommettendo cioè sul futuro del nostro pianeta e sulle generazioni del futuro.
*****
Presentiamo ora in modo sintetico l’evoluzione della Corporate Social Responsibility
(CSR). Questo breve percorso ci consente di percepire i guadagni concettuali realizzati
e di apprezzare meglio il ruolo dell’etica nell’impresa.
1. L'orientamento al marketing: customer satisfaction
Agli inizi degli anni cinquanta, con lo sviluppo economico e un più diffuso benessere
sociale, comincia un processo di progressiva emancipazione del consumatore, che
consapevole del proprio potere d'acquisto, richiede prodotti che soddisfino le proprie
esigenze di differenziazione.
La domanda, divenuta più esigente e meno standardizzabile, confrontandosi con una
più aggressiva concorrenza, fa assumere al marketing una funzione di mediazione tra le
esigenze della produzione e i bisogni dei consumatori. Il marketing si fa più
autonomo dalla produzione, che a sua volta si adatta maggiormente ai diversi interessi
in gioco.
Il marketing deve ora concentrarsi sul prodotto, che così comunicherà la propria
differenziazione e variabilità della domanda.
Mentre si riscontra una saturazione della domanda per i beni più tradizionali, si verifica
la nascita di nuovi tipi di domanda, la crescita di nuovi mercati e l'esigenza di nuove
opportunità da sfruttare per le imprese. Queste si trovano a confrontarsi con un ambiente
dinamico, turbolento, ma anche ricco di occasioni di sviluppo e di successo purché si
disponga degli strumenti adeguati per coglierle e sfruttarle.
E in questo periodo che la dimensione operativa del marketing viene identificata negli
strumenti del marketing mix, concetto che descrive la presenza dei distinti fattori di
marketing e la necessità di gestirli in modo integrato e collegato con la funzione
produttiva.
Si diffonde il concetto di marketing management, specifica struttura direzionale a cui
il marketing, sistema formalizzato utilizzante strumenti specifici di analisi, previsione,
pianificazione e controllo, fa riferimento nell'ambito dell'organizzazione, diventando
esso stesso parte della più generale attività di pianificazione dell'impresa.
Ma nonostante l'affermazione dell'importanza della customer satisfaction, il
consumatore continua ad essere visto più come "territorio da conquistare", che
come soggetto attivo e coattivo con cui interagire. In altre parole l'impresa mira alla
sollecitazione ed al convincimento, più o meno occulto, all'acquisto, facendo leva sul
proprio potere condizionante e sulle proprie strategie di comunicazione.
Nell'orientamento alla produzione infatti, la ricerca della soddisfazione degli interessi
"egoistici" aziendali, individuabili nella massimizzazione del profitto e dell'efficienza,
comporta l'assunzione della sola "responsabilità economica" da una parte dell'impresa
verso i propri azionisti/proprietari. L'acquisizione poi, di tecniche di vendita
manipolatorie nell'orientamento alle vendite porta, tutt'al più, al rispetto dei limiti di
vincoli di legge, assumendo così una "responsabilità sociale" (Giarretta, 2000:114).
Il mutamento di visione che si ha con l'affermarsi dell'orientamento al marketing, se
mostra consistenti segnali di cambiamento di punto di vista della relazione con il
cliente, rimane però incompiuto, non mostrando ancora un reale interesse alle "vere"
esigenze del consumatore. Qualsiasi tipo di approccio etico a questo tipo di
orientamento è prevalentemente caratterizzato da considerazioni di carattere
utilitaristico da parte dell'impresa, che assume ancora solo responsabilità di carattere
economico.
La svolta etica dell'agire aziendale si verificherà solo con "l'orientamento al
consumatore", determinatosi in conseguenza di particolari condizioni ambientali già
precedentemente analizzate, alle quali la funzione marketing cercherà di rispondere
modificando le strategie aziendali.
2. L'orientamento al consumatore: marketing relazionale.
Questo orientamento segna l'imbocco di un percorso etico nella gestione dell'impresa,
alla ricerca di comportamenti "giusti" nei confronti dei clienti/consumatori.
Si comincia ad avvertire la necessità di portare nella realtà delle imprese una serie
di "metavalori" (Coda, 1985:30), la cui interiorizzazione è una sorta di precondizione
per l'affermarsi di valori d'impresa funzionali al suo successo duraturo.
Sebbene i valori non possano essere interpretati in assoluto, ma assumano significati
diversi in base alle circostanze e all'ambiente, per garantire l'etica nel business, va
evidenziato, che esiste
"[•••] un insieme di valori caratterizzati da una certa universalità."
(D'Egidio, 1993:47)
che sono responsabilità, integrità, onestà, lealtà, fiducia, impegno e che devono
essere interiorizzati dalle imprese per affrontare i nuovi consumatori.
I due aspetti etici di trovano sempre mescolati, infatti l'apprendimento di tali elementi
non è regolato solo da valu-tazioni etiche, ma anche da giudizi di convenienza
economica e di validità strategica dell'agire aziendale.
Nel nuovo scenario di mercato il cliente richiede maggiore relazionalità da parte delle
imprese, il nuovo vantaggio competitivo delle imprese non si gioca più solo sulla
capacità di attirare i consumatori, venendo incontro alle loro diverse esigenze, ma anche
sulla necessità di relazionarsi con gli stessi dal punto di vista etico, nel rispetto
quindi dei loro diritti alla salute, all'informazione, alla scelta, all'ascolto e alla
qualità della promessa.
Alla base di tale relazione con il consumatore vi è l'assunzione della "fìdelizzazione
della clientela" come obiettivo fondamentale per l'impresa, da non sottovalutare, in
quanto patrimonio prezioso vantaggio strategico nei confronti della concorrenza. Il tema
della relazione infatti si risolve in quello della fedeltà che è un aspetto fondante della
relazione privata. Il cliente premia con la fedeltà l'azienda leale e premurosa.
Questo nuovo marketing è il "marketing relazionale" o "marketing interattivo" che
consente alla domanda e all'offerta di interagire tra loro, fornendo un prodotto adeguato
alle differenziate esigenze di consumo e cercando il coinvolgimento attivo del
consumatore. Si conclude definitivamente in questa fase il passaggio dalla produzione
di massa-consumatore passivo e massificato alla produzione flessibile-personalità
interattiva del consumatore.
L'impresa assume un'ulteriore responsabilità, oltre a quelle individuate nei
precedenti orientamenti, la cosiddetta "responsabilità di mercato" (Giaretta,
2000:144), iniziando così il processo di allargamento delle responsabilità di marketing.
La cultura d'impresa, riconoscendo l'impatto sociale delle attività d'azienda, e come esse
incidano sui valori della persona, riscopre l'etica e i principi che ne sono alla base. In
particolare comprende
"[...] che la crescita economica debba accompagnarsi alla crescita dell'uomo e
che il consumo è un fenomeno culturale, sociale ed economico che riguarda il
dominio sui beni da parte della persona. In questo contesto il marketing scopre il
suo ruolo etico [...]"
(Collesei, 2000:24)
e le sue responsabilità nei confronti del cliente, della società e dell'ambiente.
3. L’orientamento socio-comunitario: il marketing sociale
Intorno agli anni settanta inizia a diffondersi l’esigenza di un acquisto dei consumatori
che privilegi l’impegno sociale ed ambientale da parte delle imprese.
La seconda tappa evolutiva del percorso etico del marketing consiste nell'orientamento
socio-comunitario", secondo il quale gli obiettivi di profitto delle imprese devono
coniugarsi sia con le esigenze immediate del singolo consumatore e sia con quelle di
lungo termine dell'insieme dei consumatori e della società.
Uno dei primi studiosi ad interessarsi di questo nuovo orientamento del marketing è
Kotler che, analizzando i cambiamenti sociali del contesto esterno aziendale, quali i
movimenti consumeristi e ambientalisti, tipici degli anni sessanta e settanta, ritiene
indispensabile proporre un nuovo concetto di "marketing sociale".
Nello studio di tale marketing dell'impresa, analizzata dal punto di vista delle sue
responsabilità sociali, si afferma che
"Il compito di un'impresa è quello di determinare i bisogni, i desideri e gli
interessi del mercato obiettivo e di procedere al loro soddisfacimento più
efficacemente ed efficientemente dei concorrenti, secondo modalità che
preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della società."
(Kotler, 1991:43)
II concetto di marketing sociale richiama il management delle imprese a definire le
proprie politiche di marketing bilanciando tre concetti fondamentali: il profitto
dell'impresa, il soddisfacimento dei desideri del consumatore e l'interesse della società.
Il soddisfacimento dei desideri dell'acquirente deve integrarsi alla difesa della
salute del singolo consumatore e alla tutela dell'intera collettività. Adottando tale
orientamento si acquisisce poi un vantaggio competitivo nei confronti della
concorrenza, della quale bisogna tenere considerazione, trasformandosi così da
imprese marketing oriented a imprese "competition oriented" (Pellicelli, 1999:15).
Kotler introduce una importante distinzione tra marketing sociale, inteso come
campagne sociali di modificazione dei comportamenti collettivi, e societal marketing,
inteso come rafforzamento del benessere del consumatore e della società, nel
soddisfacimento dei bisogni e dei desideri.
L'impresa moderna non può vedere più in termini antagonistici le rivendicazioni
dei consumatori e degli utenti, ma al contrario considerare la soddisfazione di
questi ultimi come un motivo di stimolo all’innovazione, teso al dialogo profondo
con i suoi interlocutori. Il cittadino deve essere informato e partecipe.
Il sistema dell'informazione al consumo dovrebbe orientarsi verso una soddisfazione del
consumatore, non solo come cliente e quindi come destinatario finale, bensì come
cittadino, come soggetto con cui interagire in modo paritario lungo tutto il processo
produttivo e distributivo, incluso l'ambiente istituzionale e normativo in cui questo
processo avviene, dando vita al concetto che Ghidini ha denominato "citizen
satisfaction" (Ghidini, 1997:209).
Negli ultimi anni si intensificano le accuse ad una produzione industriale che inquini e
produca rifiuti, procurando il degrado ambientale; che stimola consumi non solo
eccessivi, ma anche dannosi; che sfrutta le risorse naturali del sistema esterno,
procurando il deterioramento della qualità della vita all'interno della comunità.
L'impresa reagisce, quindi, a questa possibile "caduta di immagine" adottando un
orientamento sociale nel marketing, assumendo quindi una serie di iniziative volte a
superare i vari pregiudizi dei cittadini nei suoi confronti.
Vi è infine un'ulteriore considerazione da fare per quanto riguarda i nuovi interessi del
mercato. Di fronte all'importanza che riveste l'ambiente nelle preoccupazioni dei
consumatori e che da luogo alla nascita, insieme ai movimenti consumeristi, anche di
quelli ambientalisti, nasce, all'interno degli studi di marketing sociale, il "marketing
ecologico", o marketing verde" o meglio ancora il "marketing per lo sviluppo
sostenibile" (Pini, 1996:402). L'orientamento ecologico del marketing da parte di
un'impresa si basa su una sua forte scelta etica, quella di contribuire appunto al
benessere della società anche attraverso la tutela dell'ambiente.
Possiamo affermare che tramite questo orientamento sociale, si aggiunge alle
responsabilità aziendali, individuate nei precedenti orientamenti di evoluzione del
marketing (responsabilità economiche e legali, responsabilità di mercato), la
"responsabilità sociale" che vede l’impresa attenta non più solo agli
azionisti/proprietari, ai clienti/consumatori e ai concorrenti, ma anche alla "comunità
locale".
L'impresa assume dunque tutte le possibili responsabilità derivanti dalle conseguenze
del proprio agire sia sul benessere di lungo termine dell'insieme dei consumatori
(marketing sociale) e sia, in tale ambito, sull'equilibrio dell'ambiente (marketing
ecologico).
4. L’attualità: il cause related marketing
L'ultimo passaggio nell'evoluzione degli orientamenti dell'impresa verso l'assunzione
di profili di condotta etica è costituito dall’orientamento comunitario", in cui
l'indirizzo del marketing diviene quello di farsi carico, oltre che delle responsabilità
aziendali connesse alle proprie attività anche di un impegno spontaneo verso i temi
sociali (responsabilità comunitarie).
Mentre le responsabilità di mercato e sociali, viste nei precedenti orientamenti, sono
delle "scelte obbligate" da percorrere per cogliere la sfida competitiva di imprese
sempre più in sintonia con l'evoluzione ambientale, questa nuova responsabilità
comunitaria, che si sta sviluppando soprattutto negli ultimi anni, risulta essere una
scelta "opzionale" delle imprese, che oltre a svolgere gli obblighi connessi alla
normale attività aziendale, decidono di ricercare "cause buone" da sostenere per il
benessere della società.
Si tratta dell'attivazione del cause related marketing ovvero "marketing a supporto
delle iniziative di elevato interesse sociale", tramite il quale le imprese attuano una
partnership con le organizzazioni non profit, oggi all'apice della loro importanza, per
sostenere una causa sociale.
Il rafforzamento della dimensione etica e della sensibilità sociale che si avverte
attualmente nei più svariati settori della comunità comporta l'esigenza di un medesimo
rafforzamento della funzione marketing che deve registrare ogni nuovo bisogno
sociale, "anticipandolo".
5. La valorizzazione delle risorse umane dell’azienda
Si diffonde anche il concetto di "qualità totale" dell'agire aziendale che vede nella
soddisfazione del cliente e nello sviluppo e motivazione delle risorse umane,
all'interno di una prospettiva di lungo periodo un nuovo comportamento delle imprese,
più consapevoli del loro rapporto con la società.
L'azienda si relaziona in modo diverso rispetto all'esterno rispetto alle proprie strutture e
nel modo di gestire le persone che ne fanno parte, valorizzandone la centralità.
Nella centralità dell'uomo, come lavoratore, come cliente e come cittadino,
l'impresa riconosce la via per la creazione del valore. La cultura aziendale non si
basa allora più sui valori di natura prevalentemente economica, ma si basa anche su
valori come la fiducia reciproca la trasparenza nei comportamenti, il rispetto e la
solidarietà.
Il nuovo marketing è un marketing progettuale, tramite il quale l’impresa percepisce i
desideri ed i bisogni degli individui, fornisce una serie di stimoli e occasioni e permette
così di esprimere, nell'atto di acquisto, obiettivi e valori.
In tale contesto, dunque, rientra la considerazione che farsi carico dei problemi
quotidiani delle persone e rendersi responsabili per elevare la loro qualità della vita
significa individuare una visione nuova del ruolo dell'impresa che
"[...] da operatore commerciale si trasforma in 'operatore culturale' o in
'stimolatore esistenziale' [...]
(Morace, 2000:356)
La crescente attenzione all'etica rende sempre più attuabili le strategie d'impresa che si
radicano nella partecipazione sociale e civile e quindi nella condivisione dei mondi
comportamentali e valoriali dei consumatori, portando ad un consumo non più passivo,
ma al contrario consistente in una ricerca di qualcosa di più profondo nell'atto
d'acquisto.
Porre l'attenzione ad un prodotto legato ad una causa sociale significa perciò essere
attratti
"[...] da un pacchetto che non è più soltanto un prodotto, ma una sorta di
'prodotto più causa sociale'."
(Fumagalli, 1999:179)
nel cui acquisto il consumatore si fa indirettamente donatore, percependo lo stesso atto
d'acquisto come coerente col proprio sistema valoriale.
Conclusioni
L'evoluzione del marketing e della sua funzione di tramite tra l'azienda e i diversi
stakeholders, che si è cercato di sintetizzare nel modo più lineare e sequenziale
possibile, è stata ritenuta necessaria alla contestualizzazione delle nuove strategie
aziendali orientale al sociale che negli ultimi anni sono divenute un interessante
strumento comunicativo delle aziende.
Di fronte ad un'esigenza di modernizzazione della relazione azienda-cliente, il
marketing ha saputo codificare i cambiamenti in atto ed ampliare le proprie funzionalità
al riguardo.
È dunque apprezzabile e condivisibile l'utilizzo di un marketing progettuale, capace di
cogliere l'orientamento al sociale e alla comunità che ormai il consumatore richiede
espressamente, rimanendo però sempre attenti a possibili utilizzi strumentali e
opportunistici che tali strategie possono comportare.
SCHEDA RIASSUNTIVA SULLA CSR:
1. VANTAGGI ESTERNI ED INTERNI
La RSI esprime la presa di coscienza, da parte delle imprese, che un comportamento
socialmente responsabile è la premessa per un successo commerciale durevole. In
particolare alcuni benefici riguardano:
• Tecnologie più efficienti ed innovative consentono all'azienda di ridurre i costi di
produzione;
• Investimenti nella formazione del personale consentono all'azienda di avvalersi di
personale costantemente qualificato e competente e di valorizzare e motivare le persone
con un impatto positivo sulla produttività complessiva;
• L'attenzione agli impatti non solo economici, ma anche ambientali e sociali del proprio
comportamento si traduce in una maggiore capacità di attrarre capitali d'investimento ed
ha effetti importanti sull'immagine e la reputazione delle imprese;
• Un dialogo costruttivo e interattivo con tutte le parti interessate accresce la capacità
dell'impresa di apprendere e innovarsi anche nel confronto con l’esterno e di acquisire
un vantaggio competitivo nei riguardi delle altre imprese concorrenti.
2. VANTAGGI ESTERNI
1) Rapporti con gli Azionisti: fiducia nell'investimento, maggiore valore degli assetts e
orgoglio per il contributo dato ad una realtà economica dai riflessi sociali positivi.
2) Rapporti con i Clienti: riduzione dei reclami e dei contenziosi riduzione delle spese
legali, fiducia e fidelizzazione.
3) Rapporti con i Fornitori: trasparenza delle transazioni nella catena di fornitura e
semplificazione nel trattamento delle non conformità comakership più facilmente
realizzabile, riduzione dei costi di accettazione fino alla introduzione del free pass,
autorevolezza e credibilità.
4) Rapporti con le Banche: le condizioni di finanziamento per aziende ad elevata
reputazione risultano più vantaggiose specie da parte dl istituti di credito svizzeri,
inglesi e statunitensi.
5) Rapporti con le Compagnie di Assicurazione: i premi si riducono (la stima è del
20%) per effetto del minor rischio ambientale e sociale.
6) Rapporti con i concorrenti: lealtà nella competizione e riduzione dei contenziosi.
Prestigio nella presenza sul mercato e autorevolezza nelle partnership.
7) Rapporti con le Istituzioni: riduzione dei contenziosi e miglioramento dei rapporti
con il fisco, gli enti di previdenza e assistenza, gli enti di tutela della sicurezza e
dell'ambiente, con le rappresentanze sindacali, con le organizzazioni non governative,
con le autorità religiose, politiche e amministrative
8) Immagine aziendale e posizione nel mercato avvantaggiate da un contatto con il
pubblico improntato alla trasmissione di messaggi positivi.
9) Gestione del rischio per danni provocati dalla diffusione di notizie di abusi o
sfruttamento sui lavoratori ad opera della stessa organizzazione o dei suoi fornitori.
3. VANTAGGI INTERNI
1) Miglioramento delle relazioni industriali e quindi del clima sindacale improntato alla
correttezza dei rapporti, alla chiarezza dei ruoli, alla collaborazione e alla condivisione
delle responsabilità del business tra management e dipendenti.
2) Corretta e trasparente politica di selezione e assunzione del personale basata sulle
effettive capacità con inserimento nell'organizzazione solo di elementi in grado di dare
un effettivo contributo operativo.
3) Gestione delle carriere basata sul merito e sulle effettive prestazioni e potenzialità,
con conseguenze positive sulla efficienza aziendale.
4) Motivazione e fidelizzazione del personale basata sul clima di trasparenza e
collaborazione, sull'orgoglio di appartenenza ad una organizzazione orientata verso
obiettivi etici, sul miglioramento continuo degli standard di lavoro, sulla chiara struttura
organizzativa e di responsabilità.
5) Rapporti di collaborazione tra il personale basati sulla possibi-lità di comunicare
direttamente o attraverso adeguati rappresentanti, sull'assenza di tensioni, invidie e
gelosie, maldicenze e pettegolezzi, divergenze tra interessi personali e aziendali,
situazioni di rischio operativo e possibili danni alla salute, casi di sfruttamento del
lavoro minorile, lavoro forzato, lavoro nero, di abuso e discriminazione.
6) Ritorni economici immediati legati ai risparmi di risorse ambientali e sociali: gli
investimenti rientrano in 2/3 anni, poi è tutto profitto.
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