Corso di Corporate governance Lezioni di etica di impresa anno accademico 2007-2008 prof. Michele Aramini Premessa Il nostro tema fa parte della più grande questione della relazione tra etica ed economia. Sono disponibili due approcci. Uno di carattere teorico, diciamo di riflessione e di confronto tra due razionalità, quella etica e quella economica; e un secondo di carattere pratico, potremmo dire di etica dal basso, nel quale si analizza il posto tenuto dall’etica nell’attività delle aziende. Il primo approccio è quanto mai problematico e presenta diverse posizioni e sottoposizioni: si va dall’affermazione del primato dell’etica e alla sua completa esclusione dall’attività economica. In questo filone si collocano le domande circa l’esistenza della razionalità etica, l’oggettività dell’etica, come pure la questione di quale delle diverse teorie etiche debba essere utilizzata (utilitarismo o deontologia) Sempre in questo filone si inserisce la questione del rispetto dei diritti umani, la questione decisiva del confronto tra due razionalità: etica ed economica. A questi temi infine si devono aggiungere gli apporti del pensiero religioso e il rapporto tra etica aziendale e legislazione. Sempre in questo ambito va affrontata la questione se e come considerare l’azienda in quanto soggetto morale.L’approccio che parte dal basso sembra più facile, ma anche in esso rileveremo delle criticità. Infatti le aziende che si rifanno alla prospettiva etica, lo fanno per convinzione o per interesse? In altre parole si tratta di vera intenzione etica (assoluta) oppure di adattamento al mercato (strategica)? Solo nel primo caso avremmo comportamenti etici, mentre nel secondo caso avremmo comportamenti di facciata, con la continua tentazione di aggirarli, quando si rivelassero meno convenienti. Anche la partenza dal basso può privilegiare punti di partenza diversi. Si può iniziare infatti dall’evoluzione del marketing, ma anche dal punto di vista della globalizzazione con la sua richiesta di trasparenza per gli investitori, oppure dal punto di vista della valutazione e dell’incremento del valore delle aziende. Iniziamo il nostro percorso con l’ analisi di ciò che avviene nella realtà, privilegiando il punto di vista del marketing, che è quello storicamente originario. Mentre lasciamo a un secondo momento un assaggio della questione teorica. Prima parte Il rapporto Etica e impresa come etica dal basso Una citazione per inquadrare il problema: "Singolare paradosso. Da almeno una decina di anni viene perentoriamente affermato, da coloro che si intendono di questa materia, che la missione finanziaria di un'impresa consiste nel creare valore per gli azionisti (stockholders). [ ... ] Si è operata col tempo una distorsione del significato stesso dell'espressione «creare valore per gli azionisti». Una ventina di anni fa essa poteva significare distribuire buoni dividendi, meglio se superiori al tasso di interesse corrente rispetto al capitale investito in azioni; dividendi derivati dall'aver conseguito elevati profitti producendo e vendendo beni o servizi. In seguito l'identica espressione è venuta a significare principalmente «far salire il valore delle azioni in borsa». Ora, in borsa, il valore delle azioni si può far salire in diversi modi. Ad esempio, facendo credere che si sono conseguiti, o si stanno per realizzare elevati profitti, anche se ciò è lontano dal vero. Oppure licenziando un tot di dipendenti, anche quando l'andamento della produzione non lo richiederebbe perché la correlativa riduzione delle spese di personale lascia intendere che vi saranno maggiori ricavi rispetto ai costi. O ancora, facendo correre la voce che si è prossimi alla fusione con un'altra impresa, od alla sua acquisizione, dalla quale avrà origine il gigante industriale dell'anno. Il fatto che tre fusioni e acquisizioni su quattro finiscono in malo modo è un problema che in genere non sembra influire sulla corsa all'acquisto delle azioni che così si scatena, facendo crescere oltremodo - almeno per un certo periodo - il valore delle medesime. [ ... ] Per questo la concezione dell'impresa come entità che prima della creazione di occupazione, di buoni prodotti, di solidi profitti, considera suo scopo primario il perseguire con ogni altro mezzo possibile l'aumento delle azioni in borsa, avrebbe concluso Keynes, si è trasformata in una trappola. Ben vengano, dunque, maggiori controlli sulle imprese, sulle azioni dei loro amministratori e dirigenti, sulle modalità che seguono per redigere i bilanci, al fine di ridurre il rischio che si verifichino altri casi Parmalat (o Cirio, per non risalire fino al tracollo dei gruppo Ferruzzi Montedison, tredici anni fa). Ma essi non porteranno a cambiamenti significativi nel comportamento degli uni e degli altri ove non ci si renda conto che alle radici dei casi in questione v'è, al fianco di altri fattori, una concezione profondamente distorta dell'impresa contemporanea. Essa è stata alimentata da uno stuolo innumerevole di studiosi e di commentatori economici, di centri di ricerca e di istituzioni internazionali. I quali, dopotutto, non hanno fatto altro che dare espressione squisitamente teorica al fatto rudemente concreto che per il mondo si aggira una massa di capitali in cerca frenetica di una ulteriore valorizzazione di se stessa. Bisognerebbe quindi trovare il modo di regolarne la circolazione per far sì che l'attività produttiva riprenda il sopravvento sul turbine speculativo. Se ciò accadesse allora una diversa concezione dell'impresa, forse, seguirebbe." (Gallino, 2003) Capitolo I - La Corporate Social Responsibility (CSR). Evoluzione ed ampliamento delle responsabilità nel marketing Sommario: 0. Uno sguardo panoramico. 1. L'orientamento al marketing: customer satisfaction. 2. L'orientamento al consumatore: marketing relazionale. 3. L’orientamento socio-comunitario: il marketing sociale. 4. L’attualità: il cause related marketing. 5. La valorizzazione delle risorse umane dell’azienda 0. uno sguardo panoramico II concetto di responsabilità sociale dell'impresa con il nome di Corporate Social Responsibility nasce negli anni '50 e viene contraddistinto dall'acronimo CSR1. Si fonda sulla concezione che avendo l'impresa un potere forte, tale potere comporti l'assunzione di responsabilità nei confronti della società. Le sfere potenziali di intervento consistono nel contribuire alla crescita economica tramite una buona quantità e varietà dei prodotti; nell'attenzione e riguardo per il proprio personale, per le condizioni lavorative; il miglioramento dell'ambiente sociale, intervenendo ad esempio sulle condizioni di sottosviluppo economico e culturale. Ma tale approccio incontra molte critiche, in quanto presenta un sistema di responsabilità sociale solo "di facciata", che non va ad incidere sulle interne politiche gestionali ed amministrative dell'impresa. Inoltre non viene percepito come un'occasione per interiorizzare dei principi valoriali e per modificare il proprio modo di essere, ma come un'obbligazione, assumendo quindi una valenza negativa. La comprensione dell'importanza di attuare un cambiamento "interiore" e non solo di immagine esterna dell'impresa porta alla nascita negli anni '70 del secondo filone di studio denominato Corporate Social Responsiveness, brevemente indicato con CSR2, che sta ad indicare una sensibilità e una rispondenza maggiore del soggetto economico al sociale. Si sviluppano infatti, in questo periodo, gli strumenti operativi e i processi interni per attuare tale responsabilità, comprendenti le tecniche di auditing sociale, modelli di relazione con gli stakeholder, bilanci sociali e codici di condotta. Ma proprio l'attenzione su tali strumenti porta alla critica anche di questo filone, ritenuto appunto troppo attento ai meccanismi e alle tecniche di realizzazione delle responsabilità e ancora poco concentrato sulla percezione dell'importanza di fondare tale attività sui valori che avrebbero dovuto permeare il clima aziendale. . I Bisognerà dunque attendere la seconda metà degli anni ottanta per arrivare al terzo filone di studi denominato Business Ethics o Etica d'impresa, che consiste in un'assunzione di consapevolezza della propria responsabilità sociale nel "cuore" dell'attività imprenditoriale e non semplicemente alla periferia delle sue decisioni ed operazioni. In sostanza, l'impresa interpreta profondamente le aspettative eticosociali provenienti dall'ambiente esterno e attua norme di condotta per far fronte a tali richieste, oltre che diffondere la cultura sociale a tutti i livelli dell'organizzazione. Si viene a creare perciò un coinvolgimento etico che l'impresa attua sulle proprie dimensioni aziendali e che porterà ad una ulteriore specificazione della responsabilità, individuata con l'acronimo CSR3, comprendente dunque la Business Ethics, la CSR1 e la CSR2. Tale concetto però, non costituisce una semplice somma di quelli precedentemente esposti, poiché oltre a racchiuderli, li inserisce in una dimensione più ampia e completa. Nel corso degli anni diversi studiosi hanno analizzato l'attenzione al sociale dell'impresa e soprattutto l'appropriatezza di un suo interessamento al riguardo. Mentre da una parte Milton Friedman, uno degli autori più contrari all'impegno sociale dell'azienda, sostiene che il compito dell'impresa è strettamente economico e tendente al profitto, d'accordo con altri autori che ritengono l'interessamento al sociale un campo non di competenza aziendale, tra gli studiosi più orientali verso l'assunzione della responsabilità sociale d'impresa, citiamo Carroll. L'autore ritiene, infatti, che "[...] una performance migliore si possa conseguire attuando con successo una strategia in cui competenze e risorse aziendali si raccordino con le opportunità offerte dall'ambiente al punto di creare un vantaggio competitivo" (Meznar - Chrisman - Carroll, 1993:31) Tra i contributi più interessanti apportati da questo autore si cita la famosa "'Pyramid of Corporate Social Responsibility'' (Carroll, 1991:39), all'interno della quale Carroll inserisce quattro differenti livelli di responsabilità aziendale, affermando quindi che l'impresa si trova ad operare assolvendo, allo stesso tempo, responsabilità economiche, giuridiche, etiche e umanitarie (o filantropiche). Tale classificazione distingue la responsabilità etica da quella filantropica, stabilendo che mentre la prima rappresenta una parte integrante delle responsabilità aziendali relative a finalità sociali da soddisfare, la seconda risponde invece ad una libera scelta di chi governa l'impresa. Per affermarsi nei mercati di oggi, in modo particolare in quelli globali e ipercompetitivi, le imprese hanno bisogno di orientare le proprie strategie di governance e le politiche di brand verso nuove frontiere, costruendo nuovi e forti legami con il proprio ambiente di riferimento, offrendo nuove risposte ad una domanda attenta ai valori e relazionandosi maggiormente con il mondo del sociale. La riflessione a livello mondiale sulle azioni da intraprendere nella direzione di uno sviluppo sostenibile, impone a ciascuna azienda una presa di coscienza del proprio ruolo in tale contesto. Si tratta di un nuovo ruolo che vede ampliate le proprie responsabilità, non solo nei confronti della tutela dei lavoratori, della salvaguardia dell'ambiente, del rispetto verso il consumatore, ma anche verso la comunità nel senso più ampio del termine. Riassumendo: La responsabilità sociale delle imprese (in inglese "Corporate Social Responsibility") fa parte, da ormai qualche anno, delle preoccupazioni delle aziende, che hanno devoluto al suo sviluppo contributi crescenti in termini di risorse umane e finanziare. E l'attenzione per una maggiore "responsabilità sociale" tocca oggi ogni impresa, al di là della sua dimensione e dal suo settore di attività. Che cos'è? Rispondiamo con la definizione del Libro verde della Commissione Europea: La responsabilità sociale delle imprese, anche comunemente definita Cittadinanza Sociale d'Impresa, è l'integrazione volontaria delle pro-blematiche sociali ed ecologiche nelle azioni commerciali delle imprese e nei loro rapporti con le parti interessate, i cosiddetti stakeholders (dipendenti, clienti, investitori, fornitori, la comunità in cui l'azienda opera, il governo, e i media). (Commissione Europea, 2001) Un'impresa si dice socialmente responsabile quando il suo comportamento è volto al soddisfacimento delle legittime attese di tutti i suoi stakeholders e considera l'impatto sociale ed ambientale, oltre che economico delle proprie attività. In particolare un'azienda socialmente responsabile: • investe nel reclutamento, nella formazione e nella gestione delle risorse umane nel rispetto dei principi della parità di trattamento e delle pari opportunità; • limita il più possibile l'impatto delle proprie attività sull'ambiente e investe in tecnologie e processi produttivi ecosostenibili; • garantisce l'integrazione e il rispetto delle problematiche sociali e ambientali anche nella scelta dei partner sociali e dei fornitori; • investe le proprie risorse per il miglioramento e la salvaguardia della comunità in cui opera. Una maggiore consapevolezza etica del proprio operare, infatti, assume un'importanza fondamentale all'interno del core business aziendale, diventando una vera e propria risorsa immateriale, che non contrappone l'interesse produttivo e commerciale all'interesse collettivo, ma al contrario ne permette una collaborazione. Lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza nella comunità e l'impegno sociale diventano allora componenti essenziali della business excellence di un'azienda, dando luogo ai famosi intangible assets, ovvero tutti i vantaggi immateriali: fidelizzazione dei clienti, fedeltà dei dipendenti, apprezzamento da parte della comunità, degli azionisti, dei media e dell'opinione pubblica. La responsabilità sociale, interagendo con tutti gli ambiti della governance aziendale, con la produzione, le risorse umane, il marketing, le politiche e le strategie aziendali, produce alla lunga un cambiamento culturale del modo di fare l'impresa, che "[...] non vuol dire rinunciare al profitto per fare buone azioni, quanto piuttosto fare profitto, magari farne anche di più, ma in modo corretto, producendo benessere sociale e non danni alla collettività, equilibrio ed equità e non sfruttamento, qualità della vita e non inquinamento e malattie, diffusione di cultura e di ricchezza e non distruzione rapace di risorse umane ed ambientali." (Catastini, 2002:14) Questa è la Corporate Social Responsibility, la responsabilità sociale d'impresa, un impegno per tante aziende lungimiranti che attuano lo sviluppo sostenibile, scommettendo cioè sul futuro del nostro pianeta e sulle generazioni del futuro. ***** Presentiamo ora in modo sintetico l’evoluzione della Corporate Social Responsibility (CSR). Questo breve percorso ci consente di percepire i guadagni concettuali realizzati e di apprezzare meglio il ruolo dell’etica nell’impresa. 1. L'orientamento al marketing: customer satisfaction Agli inizi degli anni cinquanta, con lo sviluppo economico e un più diffuso benessere sociale, comincia un processo di progressiva emancipazione del consumatore, che consapevole del proprio potere d'acquisto, richiede prodotti che soddisfino le proprie esigenze di differenziazione. La domanda, divenuta più esigente e meno standardizzabile, confrontandosi con una più aggressiva concorrenza, fa assumere al marketing una funzione di mediazione tra le esigenze della produzione e i bisogni dei consumatori. Il marketing si fa più autonomo dalla produzione, che a sua volta si adatta maggiormente ai diversi interessi in gioco. Il marketing deve ora concentrarsi sul prodotto, che così comunicherà la propria differenziazione e variabilità della domanda. Mentre si riscontra una saturazione della domanda per i beni più tradizionali, si verifica la nascita di nuovi tipi di domanda, la crescita di nuovi mercati e l'esigenza di nuove opportunità da sfruttare per le imprese. Queste si trovano a confrontarsi con un ambiente dinamico, turbolento, ma anche ricco di occasioni di sviluppo e di successo purché si disponga degli strumenti adeguati per coglierle e sfruttarle. E in questo periodo che la dimensione operativa del marketing viene identificata negli strumenti del marketing mix, concetto che descrive la presenza dei distinti fattori di marketing e la necessità di gestirli in modo integrato e collegato con la funzione produttiva. Si diffonde il concetto di marketing management, specifica struttura direzionale a cui il marketing, sistema formalizzato utilizzante strumenti specifici di analisi, previsione, pianificazione e controllo, fa riferimento nell'ambito dell'organizzazione, diventando esso stesso parte della più generale attività di pianificazione dell'impresa. Ma nonostante l'affermazione dell'importanza della customer satisfaction, il consumatore continua ad essere visto più come "territorio da conquistare", che come soggetto attivo e coattivo con cui interagire. In altre parole l'impresa mira alla sollecitazione ed al convincimento, più o meno occulto, all'acquisto, facendo leva sul proprio potere condizionante e sulle proprie strategie di comunicazione. Nell'orientamento alla produzione infatti, la ricerca della soddisfazione degli interessi "egoistici" aziendali, individuabili nella massimizzazione del profitto e dell'efficienza, comporta l'assunzione della sola "responsabilità economica" da una parte dell'impresa verso i propri azionisti/proprietari. L'acquisizione poi, di tecniche di vendita manipolatorie nell'orientamento alle vendite porta, tutt'al più, al rispetto dei limiti di vincoli di legge, assumendo così una "responsabilità sociale" (Giarretta, 2000:114). Il mutamento di visione che si ha con l'affermarsi dell'orientamento al marketing, se mostra consistenti segnali di cambiamento di punto di vista della relazione con il cliente, rimane però incompiuto, non mostrando ancora un reale interesse alle "vere" esigenze del consumatore. Qualsiasi tipo di approccio etico a questo tipo di orientamento è prevalentemente caratterizzato da considerazioni di carattere utilitaristico da parte dell'impresa, che assume ancora solo responsabilità di carattere economico. La svolta etica dell'agire aziendale si verificherà solo con "l'orientamento al consumatore", determinatosi in conseguenza di particolari condizioni ambientali già precedentemente analizzate, alle quali la funzione marketing cercherà di rispondere modificando le strategie aziendali. 2. L'orientamento al consumatore: marketing relazionale. Questo orientamento segna l'imbocco di un percorso etico nella gestione dell'impresa, alla ricerca di comportamenti "giusti" nei confronti dei clienti/consumatori. Si comincia ad avvertire la necessità di portare nella realtà delle imprese una serie di "metavalori" (Coda, 1985:30), la cui interiorizzazione è una sorta di precondizione per l'affermarsi di valori d'impresa funzionali al suo successo duraturo. Sebbene i valori non possano essere interpretati in assoluto, ma assumano significati diversi in base alle circostanze e all'ambiente, per garantire l'etica nel business, va evidenziato, che esiste "[•••] un insieme di valori caratterizzati da una certa universalità." (D'Egidio, 1993:47) che sono responsabilità, integrità, onestà, lealtà, fiducia, impegno e che devono essere interiorizzati dalle imprese per affrontare i nuovi consumatori. I due aspetti etici di trovano sempre mescolati, infatti l'apprendimento di tali elementi non è regolato solo da valu-tazioni etiche, ma anche da giudizi di convenienza economica e di validità strategica dell'agire aziendale. Nel nuovo scenario di mercato il cliente richiede maggiore relazionalità da parte delle imprese, il nuovo vantaggio competitivo delle imprese non si gioca più solo sulla capacità di attirare i consumatori, venendo incontro alle loro diverse esigenze, ma anche sulla necessità di relazionarsi con gli stessi dal punto di vista etico, nel rispetto quindi dei loro diritti alla salute, all'informazione, alla scelta, all'ascolto e alla qualità della promessa. Alla base di tale relazione con il consumatore vi è l'assunzione della "fìdelizzazione della clientela" come obiettivo fondamentale per l'impresa, da non sottovalutare, in quanto patrimonio prezioso vantaggio strategico nei confronti della concorrenza. Il tema della relazione infatti si risolve in quello della fedeltà che è un aspetto fondante della relazione privata. Il cliente premia con la fedeltà l'azienda leale e premurosa. Questo nuovo marketing è il "marketing relazionale" o "marketing interattivo" che consente alla domanda e all'offerta di interagire tra loro, fornendo un prodotto adeguato alle differenziate esigenze di consumo e cercando il coinvolgimento attivo del consumatore. Si conclude definitivamente in questa fase il passaggio dalla produzione di massa-consumatore passivo e massificato alla produzione flessibile-personalità interattiva del consumatore. L'impresa assume un'ulteriore responsabilità, oltre a quelle individuate nei precedenti orientamenti, la cosiddetta "responsabilità di mercato" (Giaretta, 2000:144), iniziando così il processo di allargamento delle responsabilità di marketing. La cultura d'impresa, riconoscendo l'impatto sociale delle attività d'azienda, e come esse incidano sui valori della persona, riscopre l'etica e i principi che ne sono alla base. In particolare comprende "[...] che la crescita economica debba accompagnarsi alla crescita dell'uomo e che il consumo è un fenomeno culturale, sociale ed economico che riguarda il dominio sui beni da parte della persona. In questo contesto il marketing scopre il suo ruolo etico [...]" (Collesei, 2000:24) e le sue responsabilità nei confronti del cliente, della società e dell'ambiente. 3. L’orientamento socio-comunitario: il marketing sociale Intorno agli anni settanta inizia a diffondersi l’esigenza di un acquisto dei consumatori che privilegi l’impegno sociale ed ambientale da parte delle imprese. La seconda tappa evolutiva del percorso etico del marketing consiste nell'orientamento socio-comunitario", secondo il quale gli obiettivi di profitto delle imprese devono coniugarsi sia con le esigenze immediate del singolo consumatore e sia con quelle di lungo termine dell'insieme dei consumatori e della società. Uno dei primi studiosi ad interessarsi di questo nuovo orientamento del marketing è Kotler che, analizzando i cambiamenti sociali del contesto esterno aziendale, quali i movimenti consumeristi e ambientalisti, tipici degli anni sessanta e settanta, ritiene indispensabile proporre un nuovo concetto di "marketing sociale". Nello studio di tale marketing dell'impresa, analizzata dal punto di vista delle sue responsabilità sociali, si afferma che "Il compito di un'impresa è quello di determinare i bisogni, i desideri e gli interessi del mercato obiettivo e di procedere al loro soddisfacimento più efficacemente ed efficientemente dei concorrenti, secondo modalità che preservino o rafforzino il benessere del consumatore e della società." (Kotler, 1991:43) II concetto di marketing sociale richiama il management delle imprese a definire le proprie politiche di marketing bilanciando tre concetti fondamentali: il profitto dell'impresa, il soddisfacimento dei desideri del consumatore e l'interesse della società. Il soddisfacimento dei desideri dell'acquirente deve integrarsi alla difesa della salute del singolo consumatore e alla tutela dell'intera collettività. Adottando tale orientamento si acquisisce poi un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza, della quale bisogna tenere considerazione, trasformandosi così da imprese marketing oriented a imprese "competition oriented" (Pellicelli, 1999:15). Kotler introduce una importante distinzione tra marketing sociale, inteso come campagne sociali di modificazione dei comportamenti collettivi, e societal marketing, inteso come rafforzamento del benessere del consumatore e della società, nel soddisfacimento dei bisogni e dei desideri. L'impresa moderna non può vedere più in termini antagonistici le rivendicazioni dei consumatori e degli utenti, ma al contrario considerare la soddisfazione di questi ultimi come un motivo di stimolo all’innovazione, teso al dialogo profondo con i suoi interlocutori. Il cittadino deve essere informato e partecipe. Il sistema dell'informazione al consumo dovrebbe orientarsi verso una soddisfazione del consumatore, non solo come cliente e quindi come destinatario finale, bensì come cittadino, come soggetto con cui interagire in modo paritario lungo tutto il processo produttivo e distributivo, incluso l'ambiente istituzionale e normativo in cui questo processo avviene, dando vita al concetto che Ghidini ha denominato "citizen satisfaction" (Ghidini, 1997:209). Negli ultimi anni si intensificano le accuse ad una produzione industriale che inquini e produca rifiuti, procurando il degrado ambientale; che stimola consumi non solo eccessivi, ma anche dannosi; che sfrutta le risorse naturali del sistema esterno, procurando il deterioramento della qualità della vita all'interno della comunità. L'impresa reagisce, quindi, a questa possibile "caduta di immagine" adottando un orientamento sociale nel marketing, assumendo quindi una serie di iniziative volte a superare i vari pregiudizi dei cittadini nei suoi confronti. Vi è infine un'ulteriore considerazione da fare per quanto riguarda i nuovi interessi del mercato. Di fronte all'importanza che riveste l'ambiente nelle preoccupazioni dei consumatori e che da luogo alla nascita, insieme ai movimenti consumeristi, anche di quelli ambientalisti, nasce, all'interno degli studi di marketing sociale, il "marketing ecologico", o marketing verde" o meglio ancora il "marketing per lo sviluppo sostenibile" (Pini, 1996:402). L'orientamento ecologico del marketing da parte di un'impresa si basa su una sua forte scelta etica, quella di contribuire appunto al benessere della società anche attraverso la tutela dell'ambiente. Possiamo affermare che tramite questo orientamento sociale, si aggiunge alle responsabilità aziendali, individuate nei precedenti orientamenti di evoluzione del marketing (responsabilità economiche e legali, responsabilità di mercato), la "responsabilità sociale" che vede l’impresa attenta non più solo agli azionisti/proprietari, ai clienti/consumatori e ai concorrenti, ma anche alla "comunità locale". L'impresa assume dunque tutte le possibili responsabilità derivanti dalle conseguenze del proprio agire sia sul benessere di lungo termine dell'insieme dei consumatori (marketing sociale) e sia, in tale ambito, sull'equilibrio dell'ambiente (marketing ecologico). 4. L’attualità: il cause related marketing L'ultimo passaggio nell'evoluzione degli orientamenti dell'impresa verso l'assunzione di profili di condotta etica è costituito dall’orientamento comunitario", in cui l'indirizzo del marketing diviene quello di farsi carico, oltre che delle responsabilità aziendali connesse alle proprie attività anche di un impegno spontaneo verso i temi sociali (responsabilità comunitarie). Mentre le responsabilità di mercato e sociali, viste nei precedenti orientamenti, sono delle "scelte obbligate" da percorrere per cogliere la sfida competitiva di imprese sempre più in sintonia con l'evoluzione ambientale, questa nuova responsabilità comunitaria, che si sta sviluppando soprattutto negli ultimi anni, risulta essere una scelta "opzionale" delle imprese, che oltre a svolgere gli obblighi connessi alla normale attività aziendale, decidono di ricercare "cause buone" da sostenere per il benessere della società. Si tratta dell'attivazione del cause related marketing ovvero "marketing a supporto delle iniziative di elevato interesse sociale", tramite il quale le imprese attuano una partnership con le organizzazioni non profit, oggi all'apice della loro importanza, per sostenere una causa sociale. Il rafforzamento della dimensione etica e della sensibilità sociale che si avverte attualmente nei più svariati settori della comunità comporta l'esigenza di un medesimo rafforzamento della funzione marketing che deve registrare ogni nuovo bisogno sociale, "anticipandolo". 5. La valorizzazione delle risorse umane dell’azienda Si diffonde anche il concetto di "qualità totale" dell'agire aziendale che vede nella soddisfazione del cliente e nello sviluppo e motivazione delle risorse umane, all'interno di una prospettiva di lungo periodo un nuovo comportamento delle imprese, più consapevoli del loro rapporto con la società. L'azienda si relaziona in modo diverso rispetto all'esterno rispetto alle proprie strutture e nel modo di gestire le persone che ne fanno parte, valorizzandone la centralità. Nella centralità dell'uomo, come lavoratore, come cliente e come cittadino, l'impresa riconosce la via per la creazione del valore. La cultura aziendale non si basa allora più sui valori di natura prevalentemente economica, ma si basa anche su valori come la fiducia reciproca la trasparenza nei comportamenti, il rispetto e la solidarietà. Il nuovo marketing è un marketing progettuale, tramite il quale l’impresa percepisce i desideri ed i bisogni degli individui, fornisce una serie di stimoli e occasioni e permette così di esprimere, nell'atto di acquisto, obiettivi e valori. In tale contesto, dunque, rientra la considerazione che farsi carico dei problemi quotidiani delle persone e rendersi responsabili per elevare la loro qualità della vita significa individuare una visione nuova del ruolo dell'impresa che "[...] da operatore commerciale si trasforma in 'operatore culturale' o in 'stimolatore esistenziale' [...] (Morace, 2000:356) La crescente attenzione all'etica rende sempre più attuabili le strategie d'impresa che si radicano nella partecipazione sociale e civile e quindi nella condivisione dei mondi comportamentali e valoriali dei consumatori, portando ad un consumo non più passivo, ma al contrario consistente in una ricerca di qualcosa di più profondo nell'atto d'acquisto. Porre l'attenzione ad un prodotto legato ad una causa sociale significa perciò essere attratti "[...] da un pacchetto che non è più soltanto un prodotto, ma una sorta di 'prodotto più causa sociale'." (Fumagalli, 1999:179) nel cui acquisto il consumatore si fa indirettamente donatore, percependo lo stesso atto d'acquisto come coerente col proprio sistema valoriale. Conclusioni L'evoluzione del marketing e della sua funzione di tramite tra l'azienda e i diversi stakeholders, che si è cercato di sintetizzare nel modo più lineare e sequenziale possibile, è stata ritenuta necessaria alla contestualizzazione delle nuove strategie aziendali orientale al sociale che negli ultimi anni sono divenute un interessante strumento comunicativo delle aziende. Di fronte ad un'esigenza di modernizzazione della relazione azienda-cliente, il marketing ha saputo codificare i cambiamenti in atto ed ampliare le proprie funzionalità al riguardo. È dunque apprezzabile e condivisibile l'utilizzo di un marketing progettuale, capace di cogliere l'orientamento al sociale e alla comunità che ormai il consumatore richiede espressamente, rimanendo però sempre attenti a possibili utilizzi strumentali e opportunistici che tali strategie possono comportare. SCHEDA RIASSUNTIVA SULLA CSR: 1. VANTAGGI ESTERNI ED INTERNI La RSI esprime la presa di coscienza, da parte delle imprese, che un comportamento socialmente responsabile è la premessa per un successo commerciale durevole. In particolare alcuni benefici riguardano: • Tecnologie più efficienti ed innovative consentono all'azienda di ridurre i costi di produzione; • Investimenti nella formazione del personale consentono all'azienda di avvalersi di personale costantemente qualificato e competente e di valorizzare e motivare le persone con un impatto positivo sulla produttività complessiva; • L'attenzione agli impatti non solo economici, ma anche ambientali e sociali del proprio comportamento si traduce in una maggiore capacità di attrarre capitali d'investimento ed ha effetti importanti sull'immagine e la reputazione delle imprese; • Un dialogo costruttivo e interattivo con tutte le parti interessate accresce la capacità dell'impresa di apprendere e innovarsi anche nel confronto con l’esterno e di acquisire un vantaggio competitivo nei riguardi delle altre imprese concorrenti. 2. VANTAGGI ESTERNI 1) Rapporti con gli Azionisti: fiducia nell'investimento, maggiore valore degli assetts e orgoglio per il contributo dato ad una realtà economica dai riflessi sociali positivi. 2) Rapporti con i Clienti: riduzione dei reclami e dei contenziosi riduzione delle spese legali, fiducia e fidelizzazione. 3) Rapporti con i Fornitori: trasparenza delle transazioni nella catena di fornitura e semplificazione nel trattamento delle non conformità comakership più facilmente realizzabile, riduzione dei costi di accettazione fino alla introduzione del free pass, autorevolezza e credibilità. 4) Rapporti con le Banche: le condizioni di finanziamento per aziende ad elevata reputazione risultano più vantaggiose specie da parte dl istituti di credito svizzeri, inglesi e statunitensi. 5) Rapporti con le Compagnie di Assicurazione: i premi si riducono (la stima è del 20%) per effetto del minor rischio ambientale e sociale. 6) Rapporti con i concorrenti: lealtà nella competizione e riduzione dei contenziosi. Prestigio nella presenza sul mercato e autorevolezza nelle partnership. 7) Rapporti con le Istituzioni: riduzione dei contenziosi e miglioramento dei rapporti con il fisco, gli enti di previdenza e assistenza, gli enti di tutela della sicurezza e dell'ambiente, con le rappresentanze sindacali, con le organizzazioni non governative, con le autorità religiose, politiche e amministrative 8) Immagine aziendale e posizione nel mercato avvantaggiate da un contatto con il pubblico improntato alla trasmissione di messaggi positivi. 9) Gestione del rischio per danni provocati dalla diffusione di notizie di abusi o sfruttamento sui lavoratori ad opera della stessa organizzazione o dei suoi fornitori. 3. VANTAGGI INTERNI 1) Miglioramento delle relazioni industriali e quindi del clima sindacale improntato alla correttezza dei rapporti, alla chiarezza dei ruoli, alla collaborazione e alla condivisione delle responsabilità del business tra management e dipendenti. 2) Corretta e trasparente politica di selezione e assunzione del personale basata sulle effettive capacità con inserimento nell'organizzazione solo di elementi in grado di dare un effettivo contributo operativo. 3) Gestione delle carriere basata sul merito e sulle effettive prestazioni e potenzialità, con conseguenze positive sulla efficienza aziendale. 4) Motivazione e fidelizzazione del personale basata sul clima di trasparenza e collaborazione, sull'orgoglio di appartenenza ad una organizzazione orientata verso obiettivi etici, sul miglioramento continuo degli standard di lavoro, sulla chiara struttura organizzativa e di responsabilità. 5) Rapporti di collaborazione tra il personale basati sulla possibi-lità di comunicare direttamente o attraverso adeguati rappresentanti, sull'assenza di tensioni, invidie e gelosie, maldicenze e pettegolezzi, divergenze tra interessi personali e aziendali, situazioni di rischio operativo e possibili danni alla salute, casi di sfruttamento del lavoro minorile, lavoro forzato, lavoro nero, di abuso e discriminazione. 6) Ritorni economici immediati legati ai risparmi di risorse ambientali e sociali: gli investimenti rientrano in 2/3 anni, poi è tutto profitto.