Università degli Studi di Roma Tor Vergata Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria dei Modelli e dei Sistemi A.A. 2008-2009 Attività Formativa Variabili Azione-Angolo, Teoria perturbativa ed il problema della precessione di Mercurio Studenti Luca Dominedò Marco Senatore Docente Prof. Vieri Mastropietro Indice 1 Introduzione 1 1.1 Equazioni del moto di Hamilton . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1.1 1 Trasformazioni di Legendre ed equazioni del moto di Hamilton . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1.1.2 Trasformazioni canoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.1.3 Funzioni generatirci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 2 Sistemi Integrabili e Variabili azione-angolo 10 2.1 Sistemi Integrabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 2.2 Le Variabili azione-angolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.2.1 Sistemi ad un grado di libertà . . . . . . . . . . . . . . . 13 2.2.2 Sistemi a più gradi di libertà . . . . . . . . . . . . . . . . 15 3 Il Problema di Keplero 17 3.1 Il problema dei due corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 3.1.1 Anomalia vera ed anomalia eccentrica . . . . . . . . . . . 22 3.1.2 La anomalia media e l’equazione di Keplero . . . . . . . 25 3.2 Le variabili azione-angolo per il problema di Keplero . . . . . . 26 4 Teoria perturbativa 32 5 La Precessione di Mercurio 40 i INDICE Bibliografia ii 48 Capitolo 1 Introduzione 1.1 Equazioni del moto di Hamilton In questo capitolo daremo un breve cenno del formalismo Hamiltoniano, concentrandoci in particolar modo sul concetto di trasformazioni canoniche. 1.1.1 Trasformazioni di Legendre ed equazioni del moto di Hamilton Ricordiamo che ad un sistema con n gradi di libertà corrispondono n equazioni di Lagrange d dt ∂L ∂ q˙i − ∂L =0 ∂qi Si tratta di n equazioni del secondo ordine; il sistema è completamente determinato solo se ad ogni istante sono assegnati gli n valori iniziali delle qi e gli n valori iniziali delle q˙i . In questo senso le qi e le q˙i formano un sistema completo di 2n variabili indipendenti necessario per descrivere il moto. Si può considerare la formulazione Lagrangiana come la descrizione della mec- 1 2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE canica in termini di coordinate e velocità generalizzate con il tempo come parametro. Ora si vuole stabilire una formulazione in cui le variabili indipendenti sono le coordinate generalizzate ed i momenti generalizzati pi = ∂L(q,q̇,t) . ∂ q˙i Per passare da (q, q̇, t) a (q, p, t) si utilizzano le trasformazioni di Legendre. Le trasformazioni di Legendre Segue ora una breve trattazione su tali trasformazioni. Si consideri una funzione f (x, y). Il differenziale è df = udx + vdy con u = ∂f , ∂x v= ∂f ∂y Si vuole passare dalle variabili (x, y) a (u, y) in modo da esprimere le quantità differenziali in funzione di du e dy. Sia g(u, y) = f − ux. Il differenziale di g è: dg = df − udx − xdu = vdy − xdu. Le quantità x e v sono esprimibili in funzione di u e y nel modo seguente: ∂g ev= x = − ∂u ∂g . ∂y Torniamo al passaggio da (q, q̇, t) a (q, p, t). Al posto della Lagrangiana si ha a che fare con: H(p, q, t) = X i q˙i pi − L(q, q̇, t); la funzione H(p, q, t) è detta Hamiltoniana. (1.1) 3 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Scrivo il differenziale di H: X ∂H dH = i ∂qi dqi + X ∂H i ∂pi dpi + ∂H dt ∂t (1.2) Dalla differenziazione della (1.1) si ha anche: dH = X q˙i dpi + i X i pi dq˙i − X ∂L i ∂ q˙i dq˙i − X ∂L i ∂qi nella quale si elidono i termini in dq̇i , poiché ṗ = eguagliando la (1.2) con la la (1.3) si ha: dH = X i q˙i dp − X i ṗi dqi − dqi − d dt ∂L ∂ q̇ ∂L dt, ∂t = (1.3) ∂L ; ∂q quindi X ∂H X ∂H ∂L ∂H dt = dq + dp + dt ∂t ∂q ∂p ∂t i i i i Affinchè questa uguaglianza sia soddisfatta, devono valere le seguenti relazioni: q˙ = ∂H i ∂pi (1.4) ṗi = − ∂H ∂qi ∂L = − ∂H ∂t ∂t Le prime due relazioni prendono il nome di equazioni canoniche di Hamil- ton. Si tratta di un sistema di 2n equazioni che sostituiscono quelle di Lagrange. In linea di principio per risovere un problema meccanico con la formulazione hamiltoniana si scrive la lagrangiana come L(q, q̇, t); si scrivono i momenti p ed infine si costruisce l’hamiltoniana e si risolvono le equazioni canoniche. 4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 1.1.2 Trasformazioni canoniche Siano Γp,q lo spazio delle fasi di (p, q) e ΓP,Q lo spazio delle fasi di (P, Q). Definizione 1.1.1 (Trasformazione canonica) Sia Ψ una trasformazione Ψ : (p, q, t) ∈ Γp,q × R → (P, Q, t) ∈ ΓP,Q × R data da Q = Q(p, q, t) P = P (p, q, t) (1.5) differenziabile e localmente invertibile. Queste due condizioni sono garantite assumendo che la matrice Jacobiana J[(P, Q)/(p, q)] = ∂P1 ∂p1 ... .. . ∂P1 ∂pn ∂P1 ∂q1 .. . ... .. . ∂P1 ∂qn .. . ∂Pn ∂p1 ... ∂Pn ∂pn ∂Pn ∂q1 ... ∂Pn ∂qn ∂Q1 ∂p1 ... ∂Q1 ∂pn ∂Q1 ∂q1 ... ∂Q1 ∂qn ∂Qn ∂p1 ... ∂Qn ∂pn ∂Qn ∂q1 ... .. . .. . .. . .. . ∂Qn ∂qn . abbia detrminante non nullo ∀(p, q, t) ∈ Γp,q × R. Una tale trasformazione è detta canonica se qualunque sia l’Hamiltoniana regolare H(p, q, t)esiste una Hamiltoniana regolare H ′ (P, Q, t) tale che tutte le traiettorie t → (p(t), q(t))in Γp,q soluzioni del sistema Hamiltoniano (1.4) sono trasformate dalla Ψ nelle traiettorie t → (P (t), Q(t)) in ΓP,Q soluzioni del sistema Hamiltoniano corrispondente all’ Hamiltoniana H ′ : Q̇ = ∂H ′ h ∂Ph P˙ = − ∂H ′ h ∂Qh (1.6) 5 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Tra le trasformazioni canoniche ve ne sono alcune particolarmente importanti caratterizzate dalla seguente Definizione 1.1.2 (Trasformazione completamente canonica) Sia Φ : (p, q) ∈ Γp,q → (P (p, q), Q(p, q)) ∈ ΓP,Q una trasformazione localmente invertibile sullo spazio delle fasi e indipendente dal tempo. Una tale trasformazione è detta completamete canonica se è canonica ed inoltre H ′(P, Q, t) = H(Φ−1 (P, Q), t) Definizione 1.1.3 (Parentesi di Poisson) Siano F e G due funzioni differenziabili su Γp,q , a valori reali. Si definisce parentesi di Poisson tra F e G, e si indica con [F, G], la quantità [F, G]p,q n X ∂F ∂G ∂F ∂G − ] = [ ∂qh ∂ph ∂ph ∂qh h=1 (1.7) Teorema 1.1.4 Condizione necessaria e sufficiente affinchè Φ sia completamente canonica è che ∀(i, k) = 1, . . . , n [Qi , Qk ]p,q = 0, [Pi , Pk ]p,q = 0, [Qi , Pk ]p,q = δi,k (1.8) Osservazione 1.1.5 Si possono riscrivere le equazioni del moto del sistema Hamiltoniano con la notazione di Poisson: [qi , H] = q˙i = ∂H ∂pi [pi , H] = p˙h = − ∂H ∂qh (1.9) (1.10) 6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE 1.1.3 Funzioni generatirci Se le Qh e le Ph che definiscono una trasformazione canonica devono essere coordinate canoniche, allora esse devono soddisfare un principio modificato di Hamilton del tipo δ Z t2 ( t1 X h Ph Q̇h − H ′ (Q, P, t))dt = 0 (1.11) Allo stesso tempo, le vecchie coordinate soddisfano un principio analogo Z t2 X δ ( ph q˙h − H(q, p, t))dt = 0 (1.12) t1 h Il verificarsi simultaneo della (1.11) e della (1.12) non significa che gli integrandi debbano essere uguali, bensı̀ essi possono differire al più di una derivata totale, rispetto al tempo, di una funzione arbitraria F . L’intergrale tra i due punti estremi di questa differenza è allora Z t2 dF dt = F (2) − F (1) t1 dt e la variazione di tale integrale è automaticamente nulla qualunque sia la funzione F , poichè la variazione si annulla nei punti estremi. La funzione arbitraria F è chiamata funzione generatrice della trasformazione poichè, nota F , le equazioni di trasformazione (1.5) risultano completamente determinate. Per ragioni ovvie, si può scrivere la funzione generatrice come funzione delle sole variabili indipendenti in una delle seguenti forme F1 (q, Q, t) F2 (q, P, t) F3 (p, Q, t) F4 (p, P, t) (1.13) Nel caso in cui la prima forma F1 sia possibile, allora gli integrali della (1.11) e della (1.12) sono legati dalla seguente relazione X h ph q˙h − H = X h Ph Q̇h − H ′ − dF1 (q, Q, t) dt (1.14) 7 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Sviluppando la derivata totale di F rispetto al tempo, si ha X ∂F1 ∂F1 dF1 (q, Q, t) X ∂F1 Q̇h + = q˙h + dt ∂qh ∂Qh ∂t h h Da cui segue che X h (ph − X ∂F1 ∂F1 ∂F1 )q˙h − H = (ph + )Q̇h − H ′ + ∂qh ∂Qh ∂t h Poichè le vecchie e le nuove coordinate, qh e Qh , sono considerate qui come variabili indipendenti, la relazione (1.14) sussiste solo se i coefficienti delle q̇h e dotQh sono separatamente uguali a zero ph = ∂F1 ∂qh ∂F1 Ph = − ∂Q h H′ = H + (1.15) ∂F1 ∂t Le n equazioni della prima espressione della (1.15) costituiscono n relazioni tra le ph , qh , Qh e t. Risolvendo queste equazioni rispetto alle n variabili Qh in funzione delle ph , qh e t, si ottiene la prima metà delle equazione di trasformazione (1.5). Una volta stabilite le relazioni tra ogni Qh e le (ph , qh ), la seconda espressione della (1.15) che esprimono le Ph in funzione di (ph , qh ) permettono di ricavare l’ altra metà dalle (1.5). Per effettuare tutte queste operazioni è necessario che: 2 ∂ F1 (q, Q, t) det 6= 0 h, k = 1, . . . , n ∂qk ∂Qh (1.16) Infine con l’ultima della (1.15), si trova la nuova Hamiltoniana H ′. Passiamo ad una funzione generatrice del tipo F2 (q, P, t): il passaggio dalle variabili indipendenti q e Q alle variabili q e P può essere effettuato tramite 8 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE una trasformazione di Legendre, poichè per la seconda equazione della (1.15) ∂F1 . si ha Ph = − ∂Q h Da qui si osserva che F2 (q, P, t) = F1 (q, Q, t) + X Ph Qh (1.17) h L’equazione (1.14) diventa P ph q˙h − H = h Q̇h Ph − H ′ + P = − h Qh P˙h − H ′ + dF2 (q,P,t) dt P h d (F2 (q, P, t) dt − P h Qh Ph ) Ripetendo il procedimento fatto per F1 , ossia derivando F2 e raccogliendo i coefficienti di q˙h e di P˙h , si ottengono le equazioni di trasformazione ph = Qh = ∂F2 ∂qh ∂F2 ∂Ph H′ = H + (1.18) ∂F2 ∂t Per trovare le equazioni della trasformazione canonica è necessario che F2 soddisfi la condizione: 2 ∂ F2 (q, P, t) det 6= 0 ∂qk ∂Ph h, k = 1, . . . , n (1.19) Anche il terzo tipo di funzione generatrice F3 (p, Q, t) può essere collegato con F1 mediante una trasformazione di Legendre, visto che F3 (Q, p, t) = F1 (q, Q, t) − X ∂F1 ∂qh qh ph = ph ; (1.20) h L’equazione (1.14) assume ora la forma: − X h p˙h qh − H = X h Ph Q̇h − H ′ + d (F3 (p, Q, t) dt (1.21) 9 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Con il solito procedimento si ottiene 3 qh = − ∂F ∂ph ∂F3 Ph = − ∂Q h H′ = H + (1.22) ∂F3 ∂t Per trovare le equazioni della trasformazione canonica è necessario che F3 soddisfi la condizione: 2 ∂ F3 (p, Q, t) 6= 0 det ∂pk ∂Qh h, k = 1, . . . , n (1.23) Infine se si prendono le p e le P come variabili indipendenti, la corrispondente funzione generatrice F4 può essere collegata ad F1 mediante una doppia trasformazione di Legendre. F4 (p, P, t) = F1 (q, Q, t) + X h Ph Qh − X qh ph (1.24) h e l’equazione (1.14) si riduce a − X h p˙h qh − H = − X h d Qh P˙h − H ′ + (F4 (p, P, t) dt (1.25) L’ultimo gruppo di equazioni di trasformazione è quindi 4 qh = − ∂F ∂ph ∂F4 Qh = − ∂P h H′ = H + (1.26) ∂F4 ∂t Per trovare le equazioni della trasformazione canonica è necessario che F4 soddisfi la condizione: 2 ∂ F4 (p, P, t) 6= 0 det ∂pk ∂Ph h, k = 1, . . . , n (1.27) Capitolo 2 Sistemi Integrabili e Variabili azione-angolo 2.1 Sistemi Integrabili Un problema classico della teoria dei sistemi di equazioni differenziali è la riducubilità della sua risoluzione a quadrature: si chiede di scrivere la soluzione delle equazioni in una forma che richieda un numero finito di operazioni algebriche, inclusa l’ inversione di funzioni, ed il calcolo di integrali di funzioni note, quadrature secondo un linguaggio un po’ arcaico. E’ noto che per un sistema di equazioni differenziali del primo ordine che vive in Rd , se si conoscono d − 1 integrali primi indipendenti, è possibile in linea di principio ridurre la soluzione del sistema a quadrature. Quindi la riduzione a quadrature del sistema Hamiltoniano, che è definito in R2n , richiederebbe a priori 2n − 1 integrali primi indipendenti. Una delle principali peculiarità dei sistemi Hamiltoniani è che la conoscenza di soli n integrali primi è sufficiente per la sua riduzione a quadrature, risultato fornito dal teorema di Liouville. 10 CAPITOLO 2. SISTEMI INTEGRABILI E VARIABILI AZIONE-ANGOLO11 Quindi se supponiamo di avere una Hamiltoniana in cui tutte le coordinate generalizzate sono cicliche, dalle equazioni (1.4) risulta che gli n impulsi generalizzati sono costanti e quindi identificabili con gli n integrali primi indipendenti grazie ai quali possiamo ridurre la soluzione del sistema alle quadrature. Questo vuol dire che dato un sistema Hamiltoniano ci chiediamo come trovare una trasformazione canonica tramite la quale la nuova Hamiltoniana sia funzione solo dei nuovi momenti mentre le nuove coordinate sono tutte cicliche. Comunque gli n integrali primi non devono essere necessariamente i momenti; tuttavia essi non possono essere scelti completamente ad arbitrio: gli impulsi generalizzati soddisfano la condizione di involuttività: [pi , pk ] = 0, ∀(i, k) = 1, . . . , n. Tale condizione è invariante per trasformazioni canoniche e quindi è una condizione necessaria sulla scelta degli n integrali primi. Diamo la seguente: Definizione 2.1.1 Diremo che le n funzioni f1 , . . . , fn formano un sistema in involuzione se esse sono indipendenti, ossia ∂(f1 , . . . , fn ) =n rank ∂(q1 , . . . , qn , p1 , . . . , pn ) e la parentesi di Poisson tra due qualunque di esse si annulla, ossia [fi , fk ] = 0, ∀(i, k) = 1, . . . , n. Supponiamo di conoscere n funzioni f1 (q, p), . . . , fn (q, p) che formino un sistema in involuzione; possiamo costruire una trasformazione canonica per cui queste funzioni siano i nuovi momenti? Ovvero: possiamo trovare altre n funzioni α1 (q, p), . . . , αn (q, p) che unite alle f definiscano una trasformazione canonica? La risposta è nella: CAPITOLO 2. SISTEMI INTEGRABILI E VARIABILI AZIONE-ANGOLO12 Proposizione 2.1.2 Sia f1 (q, p), . . . , fn (q, p) un sistema in involuzione. Allora esiste una trasformazione canonica a nuove variabili α, f α = α(q, p) f = f (q, p). Sotto l’ipotesi: ∂(f1 , . . . , fn ) 6= 0 (2.1) det ∂(p1 , . . . , pn ) la trasformazione canonica si costruisce tramite la funzione generatrice Z X S(f, q) = pj (f, q)dqj (2.2) j dove le p1 (f, q), . . . , pn (f, q) sono ottenute per inversione delle f1 (q, p), . . . , fn (q, p) rispetto alle p. Veniamo ora al teorema di Liouville sui sistemi integrabili; prima però diamo la seguente definizione: Definizione 2.1.3 Una funzione f (q, p, t) è un integrale primo se verifica df ∂f = [f, H] + = 0, dt ∂t (2.3) o, limitando l’attenzione a funzioni che non dipendono esplicitamente dal tempo, [f, H] = 0. (2.4) Teorema 2.1.4 Supponiamo che un sistema canonico ad n gradi di libertà con Hamiltoniana H(q, p) ammetta n integrali primi f1 (q, p), . . . , fn (q, p) che formino un sistema in involuzione. Allora si può costruire per quadrature la funzione generatrice S(f, q) di una trasformazione canonica (f, α) = C (q, p) tale che l’Hamiltoniana trasformata dipenda solo dai nuovi momenti f1 , . . . , fn e le soluzioni delle equazioni di Hamilton si scrivono: f (t) = f 0 j j α (t) = α0 + t ∂H | 0 0 , j = 1, . . . , n, j j ∂fj f1 ,...,fn con αj0 , fj0 determinati dai dati iniziali. (2.5) CAPITOLO 2. SISTEMI INTEGRABILI E VARIABILI AZIONE-ANGOLO13 2.2 Le Variabili azione-angolo Il teorema di Liouville ci mette a disposizione un metodo efficace di integrazione, ma la forma della soluzione che se ne ricava non dà molte informazioni sugli aspetti qualitativi della dinamica. In particolare, non è immediatamente evidente l’esistenza di comportamenti periodici, che si rivelano solo quando si scrivono in modo esplicito le soluzioni. 2.2.1 Sistemi ad un grado di libertà Nel caso di un sistema conservativo ad un grado di libertà con Hamiltoniana H(q, p) le orbite sul piano di fase (q, p) sono le curve definite implicitamente dallequazione H(q, p) = E. Sia ora (q̄, p̄) un punto di minimo per H. Allora esiste un intervallo aperto E tale che per E ∈ E l’equazione H(q, p) = E determina una curva chiusa γE intorno al punto (q̄, p̄); al variare di E si ha una famiglia continua di curve chiuse. Si consideri ora un valore fissato di E; la curva γE corrispondente è topologicamente simile ad una circonferenza, e può dunque descriversi con una coordinata ϕ ∈ T; con questa coordinata diventa agevole tener conto della periodicità della soluzione che descrive la curva γE . E’ naturale chiedersi anche se esista una coordinata canonica A coniugata a ϕ che parametrizza le curve γE . Una coordinata A siffatta deve essere costante su ciascuna delle curve γE , e quindi deve essere una costante del moto per H. Non si perde di generalità se si suppone che sia dA dp 6= 0, sicchè esiste anche la funzione generatrice S(A, q) di una trasformazione canonica che introduce A come coordinata, ed è Z S(A, q) = p(A, q)dq. (2.6) CAPITOLO 2. SISTEMI INTEGRABILI E VARIABILI AZIONE-ANGOLO14 Se la ϕ è la coordinata coniugata a A, deve valere l’uguaglianza I I pdq = Adϕ; γE γE in virtù della proprietà delle trasformazioni canoniche di conservare l’integrale della forma differenziale pdq su una curva chiusa. Poichè però A è costante su γE , e tenuto conto della periodicità di ϕ, l’ integrale a destra vale 2πA, e dunque deve essere 1 A= 2π I pdq. (2.7) γE La quantità A cosı̀ introdotta è detta azione; è immediato osservare che essa rappresenta l’area racchiusa dalla curva γE , divisa per 2π. Al variare di E, la (2.7) definisce A come funzione di E; poiché sia E che A parametrizzano la stessa famiglia di curve, questa funzione deve essere invertibile, almeno localmente, sicché possiamo scrivere l’Hamiltoniana H come funzione di A. Inoltre A è una costante del moto per E, come abbiamo già osservato. Possiamo dunque applicare il teorema di Liouville, e la funzione generatrice (2.6) ci consnte di calcolare langolo ϕ coniugato ad A. Per l’Hamiltoniana trasformata H(A) le equazioni del moto sono Ȧ = 0, ϕ̇ = ω(A), dove ω(A) = è dH . dA (2.8) La soluzione corrispondente alle condizioni iniziali A(0), ϕ(0), A(t) = A(0), ϕ(t) = ω(A(0))t + ϕ(0) Dal momento che ϕ è un angolo, l’orbita è periodica di periodo T = (2.9) 2π . ω(A(0)) E’ utile anche osservare che se la funzione A(E) è nota, il periodo è T = 2π dA . dE (2.10) CAPITOLO 2. SISTEMI INTEGRABILI E VARIABILI AZIONE-ANGOLO15 2.2.2 Sistemi a più gradi di libertà L’introduzione di variabili azione-angolo per sistemi a più gradi di libertà è tecnicamente più complessa. Nel caso di un grado di libertà è relativamente semplice individuare delle curve chiuse, o cicli, che rappresentano un moto strettamente periodico, e quindi calcolare l’azione come un integrale sul ciclo. Nel caso di più gradi di libertà non è evidente a priori che debbano esistere dei cicli sui quali calcolare le azioni. In certi casi, e tra questi quello classico del moto centrale, la costruzione dei cicli non è difficile. Procediamo, come nel paragrafo 2.1, supponendo di aver costruito un sistema completo di funzioni in involuzione, che denoteremo ancora con f1 (q, p), . . . , fn (q, p). La domanda che ci poniamo è se si possa costruire un secondo sistema completo di funzioni in involuzione A1 (q, p), . . . , An (q, p) che abbiano la proprietà di essere in involuzione anche con le f , senza esserne indipendenti, e che le variabili ϕ1 , . . . , ϕn ad esse coniugate costruite col metodo di Liouville (proposizione 2.1.2), siano angoli, ossia ϕ ∈ Tn . La proposizione che segue afferma che la risposta è positiva. Proposizione 2.2.1 Sia f1 (q, p), . . . , fn (q, p) un sistema completo di funzioni in involuzione in un dominio aperto D dello spazio delle fasi, e supponiamo che la superficie di livello definita implictamente da f1 (q, p) = . . . = fn (q, p) = 0 contenga una componente connessa e compatta M0 . Allora: (i)M0 è una varietà differenziabile diffeomorfa ad un toro di dimensione n; (ii) in un intorno aperto U(M0 ) ⊂ D si possono introdurre variabili azioneangolo A ∈ G ⊂ Rn e ϕ ∈ Tn , dove G è un aperto, mediante una trasformazione canonica C : Tn × G −→ U(M0 ) (q, p) 7−→ (ϕ, A) = C (q, p) tale che A1 , . . . , An dipendono solo da f1 , . . . , fn . CAPITOLO 2. SISTEMI INTEGRABILI E VARIABILI AZIONE-ANGOLO16 Definizione 2.2.2 Le n variabili I X n 1 Aj = pk (q, f )dqj 2π γj j = 1, . . . , n (2.11) k=1 ,dove la curva chiusa γj è la proiezione della traiettoria sul piano (pj , qj ), sono dette variabili d’azione. A questo punto, stabilita l’esistenza delle variabili azione-angolo, possiamo procedere all’enunciato del teorema sui sistemi integrabili Teorema 2.2.3 Supponiamo che l’Hamiltoniana H(q, p) sullo spazio delle fasi ammetta un sistema di integrali in involuzione f1 , . . . , fn . Assegnato c = (c1 , . . . , cn ) ∈ Rn in modo che la varietà determinata dalle equazioni f1 (q, p) = c1 , . . . , fn (q, p) = cn contenga una componente connessa e compatta Mc . Allora in un intorno di Mc si possono introdurre delle variabili canoniche d’azioneangolo (ϕ, A) tali che L’Hamiltoniana trasformata dipende solo da A1 , . . . , An e le equazioni del moto sono date da: A (t) = A0 j j ϕ (t) = ϕ0 + ω (A0 , . . . , A0 )t, j j j 1 n dove ϕ0j e A0j sono i dati iniziali, e ωj = moto. ∂H ∂AJ j = 1, . . . , n, sono le frequenze proprie del Capitolo 3 Il Problema di Keplero Il sistema meccanico integrabile più noto è costituito da due masse puntiformi m1 , m2 interagenti tramite una forza conservativa con potenziale V dipendente solamente dalla distanza tra i due punti: V (~r1 , ~r2 ) = V (|~r1 − ~r2 |). Risolveremo questo sistema nel caso del potenziale Kepleriano: V (|~r1 − ~r2 |) = − k |~r1 − ~r2 | dove k è una costante. 3.1 Il problema dei due corpi E’ noto che il moto di due masse puntiformi m1 , m2 sottoposte all’azione di una k forza conservativa centrale con potenziale V (|~r1 − ~r2 |) = − |~r1 −~ è equivalente r2 | al moto di una singola particella di massa m: m= m1 m2 , m1 + m2 17 (3.1) 18 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO che si muove su un piano sotto l’azione di una forza conservativa centrale agente su m, da un punto 0 nel piano, con la stessa energia potenziale V . Tale moto è descritto dalla Lagrangiana: L (r, ϑ, ṙ, ϑ̇) = m 2 (ṙ + r 2 ϑ̇2 ) − V (r), 2 (3.2) dove ~r = ~r1 − ~r2 e ϑ sono le coordinate polari rispetto al punto 0. Il moto del sistema meccanico descritto dalla (3.2) ammette due integrali primi: M = mr 2 ϑ̇ (3.3) E = m2 (ṙ 2 + r 2 ϑ̇2 ) + V (r) = mṙ2 + M 2 − k 2 2mr 2 r dove M è il momento angolare del corpo con massa m, mentre E è la sua energia. La prima equazione delle (3.3) è la legge di conservazione del momento angolare, che per il moto piano di una particella in un campo centrale, ammette un’interpretazione geometrica semplice. L’espressione 21 r 2 dϑ rappresenta l’area del settore formato da due raggi vettori infinitamente vicini e da un elemento d’arco della traiettoria. Indicando questa superficie con df , il momento angolare della particella assume la forma M = 2mf˙, dove la derivata f˙ è detta velocità areolare. La conservazione del momento angolare implica dunque la costanza della velocità areolare: in uguali intervalli di tempo il raggio vettore della particella in moto descrive aree uguali; questa è la seconda legge di Keplero. Dalla seconda equazione delle (3.3) si ottiene: r dr 2 k M2 ṙ = = [E + ] − 2 2 , dt m r mr (3.4) 19 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO quindi, separando le variabili ed integrando: Z dr q t= + costante. 2 k M2 [E + ] − m r m2 r 2 (3.5) Questa equazione determina in modo implicito la distanza r come funzione del tempo. Guardando la seconda equazione delle (3.3) vediamo che la parte radiale del moto si può considerare come il moto di una particella con energia E in un campo con energia potenziale efficace Vef f = k M2 − . 2 2mr r (3.6) E’ immediato verificare che in corripondenza di r = M2 , mk Vef f ha un minimo, mk 2 che indicheremo con Emin , di valore Emin = − 2M 2 ; quindi se consideriamo valori di E nell’ intervallo Emin ≤ E < 0, per il teorema dei moti periodici avremo moti finiti e periodici, con periodo: Z r+ (M,E) dr q T =2 2 r− (M,E) [E + kr ] − m M2 m2 r 2 , dove r+ (M, E), r− (M, E) sono le soluzioni dell’equazione E = E’ facile verificare che r− e r+ soddisfano le seguenti relazioni: r +r = −k − + E r r = − M2 − + (3.7) M2 2mr 2 − kr . (3.8) 2Em Per completare la soluzione del problema dobbiamo determinare la relazione tra r e ϑ; scrivendo la prima delle (3.3) nella forma: dϑ = M dt, mr 2 ponendovi dt dalla (3.4) e integrando, otteniamo: Z Mdr q ϑ= + ϑ0 , 2 k M2 2 mr [E + r ] − m2 r2 m (3.9) CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 20 che è la relazione cercata. Abbiamo visto che la parte radiale del moto è periodica e limitata in una regione compresa tra r− ed r+ ; non è detto però che anche il moto complessivo sia periodico e compia un’orbita chiusa. Nell’intervallo di tempo in cui r varia da r+ a r− e di nuovo a r+ , il raggio vettore ruota di un angolo ∆ϑ che, conformemente alla (3.9), è Z r+ (M,E) Mdr q ∆ϑ = . 2 k M2 r− (M,E) mr 2 [E + ] − m r m2 r 2 (3.10) Perché la traiettoria sia chiusa è necessario che questo angolo sia una frazione , dove m ed n sono numeri interi. razionale di 2π, sia cioè uguale a ∆ϑ = 2π m n Nel problema di Keplero sia m che n sono pari ad 1 quindi il moto è periodico e compie un’orbita chiusa, in particolare un’ellisse. Infatti, definendo: q e= 1+ p = M2 2EM 2 mk 2 (3.11) km e risolvendo l’integrale (3.9) si trova: 1 p cos(ϑ − ϑ0 ) = ( − 1) e r =⇒ r= p . 1 + e cos(ϑ − ϑ0 ) (3.12) Questa è proprio l’equazione di un’ellisse descritta in coordinate polari r e ϑ con l’origine presa in un fuoco, che ha semiasse maggiore a dato dall’ espres√ + e semiasse minore b dato dall’espressione b = r− r+ ; p è il sione a = r− +r 2 parametro dell’ellisse, e è l’eccentricità e ϑ0 è l’argomento del pericentro; dalla prima equazione delle (3.11) si verifica facilmente che 0 ≤ e < 1, visto che stiamo considerando valori di E nell’ intervallo Emin ≤ E < 0. Dall’ espressione di a e la prima equazione delle (3.8), si trova la relazione tra il semiasse maggiore e l’energia E che ci tornerà utile in seguito: a=− k . 2E (3.13) CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 21 Quando i due corpi in questione sono il Sole e un pianeta del sistema solare è lecito assumere la massa del Sole infinita; ciò comporta che la massa ridotta m coincide con quella del pianeta. Si può quindi affermare che il pianeta descrive un’orbita ellittica, data dall’equazione (3.12), che ha il Sole come fuoco delle coordinate polari r e ϑ (prima legge di Keplero); in questo caso ϑ0 è l’argomento del perielio (si veda la figura 3.1, ricordando di porre l’origine delle coordinate in S). Figura 3.1: CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 3.1.1 22 Anomalia vera ed anomalia eccentrica Introduciamo ora un angolo molto usato in meccanica celeste: l’anomalia vera ψ(t) definita come segue: ψ(t) = ϑ(t) − ϑ0 ; (3.14) quindi l’anomalia vera ψ è l’angolo misurato rispetto al perielio, come mostrato nella figura 3.2. L’equazione dell’ellisse nelle coordinate r e ψ è ovviamente: Figura 3.2: r= p . 1 + e cos ψ (3.15) CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 23 Detto a il semiasse maggiore dell’ellisse, si può facilmente trovare la sua relazione con p osservando dalla figura 3.2 che preso ψ = 0 vale: a − ae = p 1+e =⇒ p = a(1 − e2 ) (3.16) Utilizzando la (3.16) possiamo riscrivere la (3.15) come segue: r= a(1 − e2 ) 1 + e cos ψ (3.17) A volte è comodo introdurre un altro angolo ξ, detto anomalia eccentrica, nel modo illustrato in figura 3.3. Si consideri la circonferenza di raggio a il cui centro coincide col centro dell’ellisse; detta P la posizione del pianeta, si conduca la perpendicolare da P all’asse maggiore dell’ellisse, e siano Q il piede della perpendicolare e P ′ il punto di intersezione della perpendicolare con la circonferenza tale che P è interno al segmento QP ′ . L’anomalia eccentrica ξ è \′. definita come langolo ξ = QOP Ricaviamo la relazione che fornisce la parametrizzazione dell’ellisse tramite ξ; dalla figura 3.3 si osserva che valgono: |OS| + |SQ| = |OQ| |OS| = ae |OQ| = a cos ξ |SQ| = r cos ψ dalle quali si ottiene: |SQ| = a cos ξ − ae = r cos ψ. (3.18) A questo punto, sostituendo il valore di r dato dalla (3.17) nella (3.18) e con un rapido calcolo, risulta: cos ψ = cos ξ − e 1 − e cos ξ (3.19) CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 24 Figura 3.3: Quindi inserendo (3.19) in (3.18) si trova la relazione tra r e ξ: r = a(1 − e cos ξ). (3.20) Troviamo infine la relazione tra l’anomalia vera ψ e l’anomalia eccentrica ξ; sostituendo in r = p a p 1+e cos ψ = (1 − e2 ) si trova: la relazione r = a(1 − e cos ξ) e ricordando che 1 − e2 = (1 + e cos ψ)(1 − e cos ξ) (3.21) CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 3.1.2 25 La anomalia media e l’equazione di Keplero Continuiamo definendo un’altra anomalia; l’anomalia media l è definita come l’angolo tra il perielio ed il raggio vettore r(t), descritto in un tempo t dal raggio vettore stesso con velocità angolare ω costante: l = ωt = 2πt T (3.22) dove T è il periodo orbitale del pianeta. In accordo con la seconda legge di Keplero la velocità areolare è costante e quindi l’area indicata con A nella figura 3.4è: A= πabt T Ma quest’area è anche: A = ab (areaSP ′X) = b (areaOP ′ X − areaP ′ SX) a b = 2a [ξa2 − a2 e sin ξ] = 12 ab [ξ − e sin ξ] (3.23) (3.24) Dopo aver eguagliato le espressioni per A date dalla (3.23) e dalla (3.24), si ricordi la (3.22), cosı̀ da ricavare: l = ξ − e sin ξ. (3.25) La (3.25) è chiamata equazione di Keplero, la quale fornisce la relazione tra l’anomalia eccentrica ξ e l’anomalia media l. CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 26 Figura 3.4: 3.2 Le variabili azione-angolo per il problema di Keplero L’ Hamiltoniana per un punto in un campo di forze centrali si scrive, facendo uso di coordinate polari, H(r, ϑ, pr , pϑ ) = 1 2 p2ϑ (p + ) + V (r), 2m r r 2 (3.26) dove m è la massa del punto, r, ϑ sono coordinate polari rispetto al centro delle forze, pr , pϑ , e V (r) è l’energia potenziale. Nel caso Kepleriano si dovrà porre, in particolare V (r) = − k r (3.27) 27 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO dove k è una costante. L’Hamiltoniana (3.26) ammette due integrali primi in involuzione tra loro M =p ϑ 2 E = pr + 2m M2 2mr 2 − (3.28) k r Per costruire le variabili azione, utilizzando le indicazioni del capitolo precedente, dobbiamo scrivere i momenti pr e pϑ in funzione degli integrali primi E ed M: pϑ = M q p = 2mE + r 2mk r − M2 r2 Il calcolo di Aϑ è banale, essendo ϑ ciclica: I Z 2π 1 1 pϑ dϑ = M pϑ dϑ = Aϑ = 2π γϑ 2π 0 (3.29) (3.30) Per quanto riguarda il calcolo di Ar specifichiamo che ci poniamo nel caso in 2 mk cui Emin < E < 0, con Emin = − 2M 2 , per il quale abbiamo orbite chiuse di forma ellittica: 1 Ar = 2π 1 pr dr = 2π γr I I r 2mk M 2 − 2 dr 2mE + r r γr (3.31) Per calcolare Ar parametrizziamo l’ellisse con due angoli opportuni: a tal fine ben si prestano l’anomalia vera ψ oppure l’anomalia eccentrica ξ introdotte nel paragrafo precedente. Innanzitutto ricordiamo le relazioni tra le costanti E, M e gli elementi orbitali a, e: k a=− , 2E e= r 1+ 2EM 2 mk 2 (3.32) La parametrizzazione del ciclo γr mediante l’anomalia eccentrica ξ è espressa dalle relazioni: r = a(1 − e cos ξ) ⇒ dr = ae sin ξdξ q pr = mk e sin ξ a (1−e cos ξ) (3.33) 28 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO La prima relazione altro non è che l’ equazione dell’ ellisse nelle variabili r ed ξ, già dedotta nel paragrafo precedente, equazione (3.20); la seconda si ricava sostituendo nell’espressione di pr data dalla seconda delle (3.29), i valori k e M 2 = mka(1 − e2 ) ottenuti dalle (3.32), cosı̀ da ottenere: E = − 2a p2r i mka h r 2 2 = − 2 ( − 1) − e . r a (3.34) e sostituendo in quest’ultima espressione il valore di r dato dalla prima delle (3.33). La parametrizzazione di γr mediante l’anomalia vera ψ è invece espressa dalle relazioni r = a(1−e2 ) ⇒ dr = 1+e cos(ψ) p = eM sin ψ r a(1−e2 ) (1+e cos(ψ))2 · e sin ψdψ (3.35) a(1−e2 ) La prima di queste relazioni altro non è che l’ equazione dell’ ellisse in coordinate polari, con l’ angolo ψ misurato a partire dal perielio, già dedotta nel paragrafo precedente, equazione (3.17); la seconda si ottiene per semplice sostituzione della prima di queste relazioni nella (3.34), in analogia a quanto fatto sopra. Tornando ora al calcolo di Ar notiamo dalla seconda delle (3.29) che: pr = − M2 mk 2mk + + 2 , apr rpr r pr quindi: 1 Ar = 2π I (− γr mk 2mk M2 + + 2 )dr apr rpr r pr Per integrare i primi due termini si fa uso dell’ anomalia eccentrica ξ, mediante le (3.33); per il terzo termine si ricorre invece all anomalia vera ψ, tramite le (3.35). Si ottiene: √ R 2π Ar = − mka 0 (1 − e cos ξ)dξ + √ p m = mka − M = k − 2E −M √ 2 mka 2π R 2π 0 dξ − M 2π R 2π 0 dψ 29 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO Quindi abbiamo trovato l’espressione delle variabili azione in funzione degli integrali primi: Aϑ = M p m −M Ar = k − 2E (3.36) Da queste equazioni si ricava l’espressione dell’Hamiltoniana nelle variabili azione: H′ = − mk 2 2(Aϑ + Ar )2 (3.37) Dall’ equazione (2.2) possiamo scrivere la funzione generatrice della trasformazione completamente canonica che va da (r, ϑ, pr , pϑ ) a (ϕr , ϕϑ , Ar , Aϑ ): Z S(r, ϑ, Ar , Aϑ ) = (pr (r, ϑ, Ar , Aϑ )dr + pϑ (r, ϑ, Ar , Aϑ )dϑ) Questa è una funzione generatrice del secondo tipo di cui abbiamo parlato nel primo capitolo, quindi possiamo trovare le variabili angolo (ϕr , ϕϑ ) grazie alle equazioni di trasformazione (1.22): ϕ = ∂S r ∂Ar ϕ = ∂S ϑ ∂Aϑ Ora, invertendo le equazioni (3.36) per scrivere gli integrali primi E, M in funzione delle variabili azione e sostituendo le espressioni ottenute nelle equazioni (3.29), otteniamo: q p (r, ϑ, A , A ) = − m2 k2 + r r ϑ (Ar +Aϑ )2 p (r, ϑ, A , A ) = A ϑ r ϑ 2mk r − A2ϑ r2 ϑ Possiamo quindi calcolare le variabili angolo ϕr , ϕϑ . R ∂pr (r,ϑ,Ar ,Aϑ ) R ∂pϑ (r,ϑ,Ar ,Aϑ ) ∂S = dr + dr ϕr = ∂A ∂A ∂Ar r r R 2 k2 dr = (Am 3 pr r +Aϑ ) Usando le equazioni (3.33) otteniamo: Z ϕr = (1 − e cos ξ)dξ = ξ − e sin ξ (3.38) 30 CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO Passando a ϕϑ si ha: ϕϑ = = ∂S ∂Aϑ = R m2 k 2 (Ar +Aϑ )3 R ∂pr (r,ϑ,Ar ,Aϑ ) dr ∂Aϑ dr pr − R Aϑ dr r 2 pr + + R R ∂pϑ (r,ϑ,Ar ,Aϑ ) dr ∂Aϑ (3.39) dϑ. Il primo integrale dà nuovamente ϕr , mentre per il secondo si usano le (3.35), ottenendo: ϕϑ = ϕr + ψ + ϑ Quindi, ricordando la definizione dell’anomalia vera data dalla (3.14), risulta: ϕϑ = ϕr + ϑ0 (3.40) Tornando alla nuova Hamiltoniana funzione delle variabili azione data da (3.37) si nota che le frequenze proprie del moto sono uguli, infatti: ϕ˙r = = ∂H ∂Ar = ϕ˙ϑ = ∂H ∂Aϑ mk 2 (Aϑ +Ar )3 Questo vuol dire che il sistema è completamente degenere e quindi può essere utile introdurre delle nuove variabili angolo che indichiamo con l e g definite cosı̀: l = ϕ = ξ − e sin ξ r g = ϕ −ϕ = ϑ ϑ r 0 (3.41) Quindi notiamo che g è l’argomento del perielio, mentre l è l’anomalia media in quanto la prima delle (3.41) coincide con la (3.25). Indichiamo con L e G le variabili azione coniugate rispettivamente a l e g, ottenute con la trasformazione completamente canonica con funzione generatrice: F (ϕr , ϕϑ , L, G) = ϕr L + (ϕϑ − ϕr )G E’ facile verificare che: L = A + A = √mka r ϕ √ G = A = mka(1 − e2 ) 12 = L√1 − e2 . ϑ (3.42) CAPITOLO 3. IL PROBLEMA DI KEPLERO 31 Nelle nuove azioni l’Hamiltoniana assume la forma: mk 2 H(L, G, l, g) = − 2 2L (3.43) Capitolo 4 Teoria perturbativa Solo una piccolo minoranza dei sistemi Hamiltoniani è integrabile, e tali sistemi non sono in generale i sistemi Hamiltoniani associati ai più interessanti sistemi meccanici. Uno dei più famosi problemi non integrabili è il problema dei tre corpi. Mentre, come abbiamo visto il problema dei due corpi corrisponde ad un sistema integrabile, l’aggiunta di un terzo corpo rende la soluzione del moto molto difficile. D’altra parte, la rilevanza del problema di n corpi per lo studio del sistema planetario è evidente. Per tale motivo sono stati elaborati metodi di soluzione approssimata di problemi di questo tipo, basati sul fatto che, in opportune circostanze, ci si può ricondurre ad una piccola perturbazione di un problema integrabile. In generale, quindi, ci proponiamo di esaminare il comportamento di un sistema Hamiltoniano ad n gradi di libertà la cui Hamiltoniana H̄ε (p, q) si possa scrivere come H ε (p, q) = H0 (p, q) + εH1 (p, q) (4.1) con H0 Hamiltoniana di un sistema canonicamente integrabile, H1 una funzione regolare ed ε un parametro piccoloda individuarsi, in questo caso nel rapporto mG . mS Le considerazioni che svolgeremo nel seguito saranno valide per 32 33 CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA ε sufficientemente piccolo. Ricordiamo che per un sistema integrabile è possibile trovare una trasfomazione canonicamente integrabile Ψ0 : (p, q) ∈ Γp,q → (A, ϕ) ∈ I × Tn con ϕ) ∈ Tn tale che H0 (A, ϕ) = h(A). Nelle variabili A, ϕ l’Hamiltoniana H̄ε (p, q) è trasformata in Hε (A, ϕ) = h(A) + εf (A, ϕ) (4.2) dove f (A, ϕ) è una funzione periodica, di periodo 2π degli angoli ϕ. In corrispondenza, il sistema Hamiltoninano diviene ∂f Ȧ = −ε ∂ϕ ∂f ϕ̇ = ω(A) + ε ∂A con ω(A) = (4.3) ∂h ∂A Vogliamo confrontare le soluzioni del sistema 4.3 con quelle del sistema imperturbato corrispondente ad ε = 0 che sono: A = A(0) ϕ = ϕ(0) + ω(A(0) )(t − t0 ) (4.4) dove A(0) e ϕ(0) sono dati iniziali assegnati, espressi in termini delle variabili azione-angolo. Posto T l’ intervallo temporale entro il qualle si vogliono delle stime attendibili della soluzione approssimata, se T è molto piccolo rispetto ad ε−1 , l’errore che si commette trascurando la perturbazione εf rispetto all’ Hamiltoniana imperturbata è anch’esso piccolo. D’altra parte, in molti casi si è interessati a comportamenti del sistema per tempi lunghi, cioè almeno dell’ordine di ε−1 . Questo è ad esempio il caso del sistema planetario, per il quale sono interessanti informazioni su tempi molto lunghi. In questi casi non è accettabile trascurare la perturbazione in quanto le previsioni cosı̀ ottenute sono largamente inattendibili. L’idea del metodo delle perturbazioni è trasformare il sistema Hamiltoniano 34 CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA 4.3 con Hamiltoniana della forma (4.2) , con nuove funzioni h′ ed f ′ e con il parametro ε sostituito da εm con m ≥ 2. Per fissare le idee, consideriamo il caso m = 2. Vogliamo determinare una trasformazione canonica Ψ in modo che in termini delle nuove variabili (A′ , ϕ′ ), l’Hamiltoniana divenga H ′ ε (A′ , ϕ′ ) = hε (A′ ) + ε2 f ′ (A′ , ϕ′ ) (4.5) ed il sistema Hamiltoniano si scriva ′ ∂f Ȧ′ = −ε2 ∂ϕ ′ ′ ∂f ϕ̇′ = ωε′ (A′ ) + ε2 ∂A ′ con ωε′ (A′ ) = (4.6) ∂hε (A′ ) ∂A′ Le soluzioni del sistema 4.6 in cui si trascurano i termini di ordine ε2 sono allora A′ (t) = A′(0) ϕ′ (t) = ϕ′(0) + ω ′ (A′(0) )(t − t0 ) (4.7) dove A′(0) e ϕ′(0) sono dati iniziali, espressi in termini delle nuove variabili azione-angolo. Se si trascura il termine di ordine ε2 nel sistema 4.6 si ottengono informazioni attendibili per tempi piccoli rispetto ad ε2 , con un evidente miglioramento rispetto al sistema 4.3. Vogliamo fornire un metodo per determinare la trasformazione canonica Φ dipendente da ε in modo che l’Hamiltoniana trasformata sia della forma 4.5. Per fare ciò usiamo il metodo della funzione generatrice. Cerchiamo quindi una funzione delle vecchie coordinate e dei nuovi impulsi, Sε (A′ , ϕ) = A′ ϕ + Φε (A′ , ϕ) con Φ0 (A′ , ϕ) (4.8) Le variabili A′ e ϕ dipendono da ε, ma, per brevità, lasceremo tale dipendenza sottointesa. CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA 35 Le relazioni tra vecchie e nuove variabili sono date da A = A′ + ϕ′ = ϕ + ∂Φε (A′ ,ϕ) ∂ϕ ∂Φε (A′ ,ϕ) ∂A′ (4.9) Perchè la nuova Hamiltoniana Hε′ sia della forma 4.5 deve valere Hε (A′ + ∂Φε (A′ , ϕ) , ϕ) = hε (A′ ) + o(ε2 ) ∂ϕ (4.10) Riassumendo, si tratta di di determinare Φε , hε e l’errore o(ε2 ) in modo da rendere soddisfatta la (4.10). Si possono cercare sotto forma di serie di potenze in ε: Φε = Φ0 + εΦ1 + . . . (4.11) hε = h0 + εh1 + . . . In realtà non vi è bisogno di pensare ad una serie infinita in quanto solo i primi termini saranno realmente rilevanti. Per ipotesi abbiamo Φ0 = 0. Espandendo il membro sinistro della (4.10) in potenze di ε, si ha ′ ∂Φε (A′ , ϕ) ′ ′ ∂Φ1 (A , ϕ) ′ ′ , ϕ) = h(A ) + ε ω(A ) + f (A , ϕ) + o(ε2 ) Hε (A + ∂ϕ ∂ϕ (4.12) La relazione (4.10) può scriversi allora: ′ ′ ′ ′ ′ ′ ∂Φ1 (A , ϕ) + f (A , ϕ) − h1 (A ) + o(ε2 ) = 0 (4.13) h(A ) − h0 (A ) + ε ω(A ) ∂ϕ Dovendo tale relazione essere valida nel limite ε → 0, si ottiene h0 (A′ ) = h(A′ ) (4.14) Dividendo per ε, nel limite ε → 0 si ha anche ω(A′ ) ∂Φ1 (A′ , ϕ) + f (A′ , ϕ) = h1 (A′ ) ∂ϕ (4.15) La (4.14) determina h0 . Mostriamo che la (4.15) determina h1 e Φ1 Data una funzione g su Tn , useremo la notazione Z 1 dϕg(ϕ) g= (2π)n Tn (4.16) 36 CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA Per indicarne la media sul toro Tn . Poichè evidentemente Z ∂Φ1 (A′ ) ∂Φ1 (A′ , ϕ) 1 dϕ = =0 ∂ϕ (2π)n Tn ∂ϕ (4.17) Mediando la (4.15) sul toro Tn si ottiene 1 h1 (A ) = f (A ) = (2π)n ′ ′ Z dϕf (A′ , ϕ) (4.18) Tn e pertanto h1 è determinata come media di f sul toro Tn . Sostituendo tale espressionein 4.15 si pttiene allora ω(A′ ) ∂Φ1 (A′ , ϕ) = −[f (A′ , ϕ) − f(A′ )] ∂ϕ (4.19) Ogni soluzione Φ1 regolare di (4.19) definita ameno di una funzione arbitraria di A′ , fornisce per ε sufficientemente piccolo la funzione generatrice Sε (A′ , ϕ) = A′ ϕ + εΨ1 (A′ , ϕ) di una trasformazione canonica Φ della forma ′ (A ,ϕ) A′ = A − ε ∂Φ1∂ϕ (4.20) ′ (A ,ϕ) ϕ′ = ϕ + ε ∂Φ1∂A ′ che può riscriversi A′ = A − ϕ′ = ϕ + ∂Φε (A,ϕ) + o(ε2 ) ∂ϕ ∂Φε (A,ϕ) + o(ε2 ) ∂A′ (4.21) e che trasforma l’Hamiltoniana in H ′ (A′ , ϕ′ ) = h(A′ ) + εh1 (A′ ) + o(ε2 ) (4.22) 2 Infatti la condizione di non singolarità della matrice DA,ϕ Sε è verificata dal momento in cui, per ε sufficientemente piccolo, Sε differisce di poco dalla funzione generatrice dell’identità. L’argomento precedente può essere reso più accurato considerando potenze più elevate di ε. Ad esempio, continuando fino al secondo ordine si otterrebbe la condizione h + ε(ω · ∂Φ1 ) ∂ϕ +ε ω· 2 ∂Φ2 ∂ϕ = h0 + εh1 + ε2 h2 + o(ε3 ) + ∂f ∂A · ∂Φ1 ∂ϕ + ∂ω ∂A · ∂Φ1 ∂ϕ 2 + o(ε3 ) 37 CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA Pertanto, accanto alle (4.14) e (4.15) si avrebbe un ulteriore condizione h2 (A′ ) = ω · ∂Φ2 (A′ , ϕ) + N2 (A′ , ϕ) ∂ϕ con ∂ω ∂f ∂Φ1 · + · N2 = ′ ∂A ∂ϕ ∂A′ ∂Φ1 ∂ϕ 2 (4.23) (4.24) Continuando fino all’ordine εm , si avrebbe allo stesso modo hl (A′ ) = ω · ∂Φl (A′ , ϕ) + Nl (A′ , ϕ) ∂ϕ l = 1, . . . , m (4.25) dove Nl (A′ , ϕ) è un polinomio nelle variabili Φi (A′ , ϕ) ∂ϕ i = 1, . . . , l − 1 (4.26) con coefficienti proporzionali ad f , h e alle loro derivate fino all’ordine l. L’espressione di hl si ottinene immediatamente mediando la relazione (4.25) sul toro Tn . Si ha hl (A′ ) = Nl (A′ ) (4.27) Conseguentemente la (4.25) diventa ω(A′) · h i ∂Φl (A′ , ϕ) = − Nl (A′ , ϕ) − Nl (A′ , ϕ) ∂ϕ (4.28) che è analoga alla (4.19) con Nl in luogo di f . In tutti questi casi ci siamo ricondotti alla risoluzione di un’equazione della forma ω(A′) · ∂Ψ(A′ , ϕ) = g(A′ , ϕ) ∂ϕ (4.29) con g soddisfacente la condizione g = 0. La soluzione di tale equazione può essere determinata in termini di serie di Fourier. Risolveremo a titolo di esempio la (4.29) nel caso l = 1 in corrispondenza del quale si ha g = −[f − f¯]. Una classe di g spesso rilevante per le applicazioni 38 CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA è quella definita dall’assunzione che g sia un polinomio trigonometrico e cioè che esista un N > 0 tale che g possa scriversi X g(A′, ϕ) = ĝk (A′ )eik·ϕ (4.30) k ∈ Zn |k| ≤ N con fk (A′ ) funzioni regolari di A′ a valori complessi ∀ |k| ≤ N. Si assuma inoltre che per gli stessi |k| ≤ N valga la condizione |ω(A′) · k|−1 ≤ C, ∀A′ ∈ I (4.31) per un’opportuna costante C > 0 e k 6= 0 Poichè Ψ è una funzione regolare su Tn , essa ammette uno sviluppo in serie di Fourier della forma: Ψ(A′ , ϕ) = X Ψ̂k (A′ )eik·ϕ k∈Zn dove Ψ̂k sono i coefficienti di Fourier di Ψ, dati da: Z 1 ′ dϕψ(A′ , ϕ)e−ik·ϕ ψ̂k (A , ϕ) = (2π)n Tn (4.32) La derivata di ψ rispetto a ϕ è anch’essa espressa come una serie di Fourier, e cioè X ∂ψ ′ ik ψ̂k (A′ )eik·ϕ (A , ϕ) = ∂ϕ k∈Zn (4.33) Sostituendo la (4.32) e (4.33) nella (4.19) si ottiene allora i[ω(A′ ) · k]ψ̂k (A′ ) + ĝk = 0, k 6= 0 (4.34) Per k = 0 deve valere la condizione di compatibilità ĝ = 0 in quanto k · ω = 0 per k = 0. Questa condizione è identicamente verificata in quanto ĝ0 = g = 0 per ipotesi. Nel caso g = −[f − f], l’ipotesi g = 0 è soddisfatta; ricordiamo infatti la presenza del termine f è dovuta alla scelta di h1 , scelta 39 CAPITOLO 4. TEORIA PERTURBATIVA che pertanto rende soddisfatta la condizione di compatibilità. Per k 6= 0, grazie alla condizione (4.31), l’equazione (4.34) può essere risolta e fornisce ψ̂k (A′ ) = − ĝk (A′ ) iω(A′ ) · k (4.35) In particolare, per |k| > N risulta quindi ψ̂k (A′ ) = 0 e pertanto anche ψ è un polinomio trigonometrico. La condizione (4.31) assicura poi che la precedente espressione sia ben definita. Il coefficiente di Fourier ψ̂0 non è determinato dall’equazione, in accordo con il fatto che la ψ è definita a meno di una funzione arbitraria di A′ . In definitiva, nel caso g = −[f − f ] con f polinomio di Fourier di grado N, le precedenti relazioni forniscono l’espressione di Φ1 a meno di una funzione arbitraria di A′ . Per fissare univocamente la funzione generatrice, scegliamo (0) il coefficiente di Fourier Φ1 corrispondente a k = 0, Φ̂1 = 0. In conclusione otteniamo Φ1 (A′ , ϕ) = X k ∈ Zn − fˆk (A′ ) ik·ϕ e iω(A′ ) · k (4.36) |k| ≤ N L’espressione (4.36) rappresenta una funzione ben definita delle variabili A′ e ϕ per (A′ , ϕ) ∈ I × Tn . La funzione Sε (A′ , ϕ) = A′ · ϕ + εΦ1 (A′ , ϕ) rappresenta la funzione generatrice della trasformazione canonica. (4.37) Capitolo 5 La Precessione di Mercurio In questo capitolo mostreremo un esempio pratico di applicazione della teoria delle perturbazioni esposta nel capitolo precedente; tratteremo il problema dei tre corpi in una forma molto semplificata. Nel capitolo 3, risolvendo il problema dei due corpi, avevamo osservato come un pianeta orbitante intorno al Sole descrive un’ellisse fissa nel piano; questo comportava che l’argomento del perielio del pianeta non cambiasse. L’introduzione di un terzo corpo perturba il sistema, rendendolo non integrabile. Nel nostro caso i tre corpi sono: il Sole, Mercurio e Giove. Ripercorrendo i passi concettuali della teoria delle perturbazioni consideriamo il sistema Sole-Mercurio come il sistema integrabile, mentre l’effetto di Giove su Mercurio rappresenta la perturbazione; l’obiettivo finale è calcolare la precessione del perielio di Mercurio sotto l’influenza di Giove. Per affrontare tale problema, assumeremo le seguenti ipotesi semplificatrici: • Mercurio non influenza il moto del sistema Sole-Giove; • I tre corpi si trovano su un piano fisso; 40 41 CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO • Giove si muove su una circonferenza (la sua eccentricità è nulla). Fissato un sistema di riferimento inerziale, indichiamo con ~rG e ~r rispettvamente i vettori Sole-Giove e Sole-Mercurio. Denotiamo con k la costante gravitazionale e con MS , MG e MM le masse del Sole, Giove e Mercurio. Con queste ipotesi l’accelerazione del Sole vale: ~aS = kMG ~rG |~rG |3 (5.1) dove ~rG è il vettore congiungente il Sole a Giove. L’accelerazione inerziale di Mercurio è data da ~a = ~aM + ~aS dove ~aM è l’accelerazione di Mercurio nel sistema di riferimento eliocentrico con ~aM = ~r¨. Quindi le equazioni del moto di ~r, posto ε = MG MS ≃ 10−3 , sono −~ rG M(~r¨ + ~aS ) = −kMS MM |~r~r|3 − kMG MM |~r~r−~ rG | 3 oppure −~ rG ~r¨ = −kMS |~r~r|3 − εkMS |~r~r−~ − εkMS |~r~rGG|3 rG | 3 (5.2) Ponendo K = kMS , l’ultima espressione rappresenta l’equazione di Hamilton per l’Hamiltoniana H(~p, ~r, T, β) = K εK ~rG · ~r p~2 − − + εK + ω(T )T 2 |~r| |~r − ~rG (β)| |~rG (β)|3 (5.3) dove ω(T ) rappresenta la velocità angolare media di Giove e ~rG (β) è la funzione che esprime la posizione di Giove in termini della sua anomalia media β, in modo che, in termini del tempo t, la posizione attuale di Giove, per qualche β0 è data da ~rG (t) = ~rG (β) = ~rG (β0 + ω(T )t) (5.4) La prima parte nell’applicazione della teoria delle perturbazioni è scrivere l’Hamiltoniana (5.3) in termini delle variabili azione-angolo. Per ε = 0 il sistema (5.3) è integrabile ed ha tre gradi di libertà (due per 42 CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO Mercurio e uno per Giove). Chiamiamo L, G, l, g le coordinate azione-angolo del problema dei due corpi (dato dal sistema Sole-Mercurio) trovate nel capitolo 3 e date dalle equazioni (3.41) e (3.42). Le variabili T, β sono le variabili azione-angolo di Giove. Indichiamo con H0 (L, T ) l’Hamiltoniana libera del sistema imperturbato, la cui espressione è H0 (L, T ) = − K2 + ω(T )T 2L2 (5.5) Di conseguenza l’Hamiltoniana perturbata (5.3) si riscrive: Hε (L, G, T, l, g, β) = H0 (L, T )−ε K 2 (rG + r 2 − 2rrG cos(ψ + g − β)) 1 2 +ε 2 rG Kr , cos(ψ + g − β) (5.6) dove ψ è l’anomalia vera di Mercurio. Tramite le relazioni trovate nel capitolo 3, è facile scrivere l’anomalia eccentrica ξ e l’anomalia vera ψ di Mercurio come serie di potenze dell’eccentricità e con coefficienti funzioni dell’anomalia media l: ξ = l − e sin l + e2 c2 (l) + e3 c3 (l) + e4 c4 (l) + . . . ψ = l − 2e sin l + e2 b2 (l) + e3 b3 (l) + e4 b4 (l) + . . . (5.7) L’ espressione (5.6) può essere scritta in termini dei polinomi di Legendre utilizzando la seguente formula: 1 1 (1+x2 −2xz) 2 = P∞ n=0 (x) n n Pn (z) dove d 2 n Pn (z) = (2n n!) dz n [(z − 1) ] CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO 43 da cui si ha P0 (z) = 1, P1 (z) = z, P2 (z) = 12 [3z 2 − 1]. Nel nostro caso x = r rG e z = cos(ψ + g − β). In questo modo la (5.3) diventa: ∞ K K X r n Hε (L, G, T, l, g, β) = H0 (L, T ) − ε + ε ( ) Pn (cos(ψ + g − β)) (5.8) rG rG n=2 rG Trascuriamo i termini della serie con n ≥ 3 per semplficare i conti, ottenendo: Hε (L, G, T, l, g, β) = H0 (L, T ) − ε K K r 1 − ε ( )2 (3 cos2 (ψ + g − β) − 1) rG rG rG 2 Per un’ulteriore semplificazione da cui in avanti trascuriamo anche il termine −ε rKG in quanto, essendo una costante che non dipende dalle variabili azione, non dà alcun contributo nel calcolo delle frequenze proprie del moto. Riscriviamo allora l’ Hamiltoniana: Hε (L, G, T, l, g, β) = H0 (L, T ) − ε K r 21 ( ) (3 cos2 (ψ + g − β) − 1) rG rG 2 (5.9) L’Hamiltoniana (5.9) è della forma di quella introdotta nel capitolo 4 con l’espressione (4.2); chiaramente la funzione f , periodica nelle variabili angolo, nel nostro caso è: f (L, G, T, l, g, β) = − K r 21 ( ) (3 cos2 (ψ + g − β) − 1) rG rG 2 (5.10) Ancora, però, non possiamo applicare la teoria delle perturbazioni perché l’Hamiltoniana del sistema integrabile H0 (L, T ) non dipende dalla variabile azione G; ciò comporta che ωG = ∂H0 (L,T ) ∂G = 0 e quindi non è soddisfatta la condizione (4.31), necessaria per poter utilizzare le formule ricavate nel capitolo 4. Per ovviare a questo problema possiamo provare a riscrivere Hε (L, G, T, l, g, β) in una nuova forma del tipo: Hε (L, G, T, l, g, β) = h(L, G, T ) + εṼ (L, G, T, l, g, β), (5.11) CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO 44 in modo tale che h dipenda da tutte le variabili azione e Ṽ sia una funzione periodica nelle variabili angolo; cerchiamo h e Ṽ che soddisfino tali caratteristiche. Iniziamo col calcolare la media di f (L, G, T, l, g, β) sul toro tridimensionale definito dagli angoli l, g, β dopo aver sostituito in (5.10) la (3.20): ZZZ 1 dldgdβ K a 2 (1−e cos ξ)2 (3 cos2 (ψ+g−β)−1) (5.12) π0 (L, G) = − ( ) rG rG 2 (2π)2 T3 Dalla seconda delle (5.7) si nota che ψ ≃ l; con il seguente cambio di variabili: β′ = l + g − β l′ = l g′ = g la (5.12) diventa: K a π0 (L, G) = − ( )2 rG rG Z 2π 0 dl (1 − e cos ξ) 2π 2 Z 0 2π 1 dβ (3 cos2 β − 1) , 2 2π che per via della (3.25) equivale a: Z Z 2π K a 2 2π 1 dβ 3 dξ π0 (L, G) = − ( ) (1 − e cos ξ) (3 cos2 β − 1) . rG rG 2π 0 2 2π 0 Con un rapido calcolo si ottiene π0 (L, G) = − 3e2 K a 21 ( ) (1 + ). rG rG 4 2 (5.13) A questo punto ricordiamo che il semiasse maggiore a e l’eccentricità e di Mercurio, sono legati ad L e G dalle relazioni: q 2 e= 1− G L2 a= L2 , K che ci permettono di scrivere la (5.13) cosı̀: 5 L4 3 G2 L2 π0 (L, G) = − 3 + 3 8 rG K 8 rG K (5.14) 45 CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO Se definiamo h e Ṽ come segue: h(L, G, T ) = H0 (L, T ) + επ0 (L, G) (5.15) Ṽ (L, G, T, l, g, β) = f (L, G, T, l, g, β) − π0 (L, G) (5.16) riusciamo a scrivere un’Hamiltoniana della forma (5.11) equivalente a (5.9) in maniera da poter finalmente applicare la teoria delle perturbazioni. Cerchiamo una trasformazione canonica Ψ : (L, G, T, l, g, β) → (L′ , G′ , T ′ , l′ , g ′, β ′ ) tale che la (5.11) divenga: Hε′ (L′ , G′ , T ′, l′ , g ′, β ′) = hε (L′ , G′ , T ′ ) + ε2 V˜ ′ (L′ , G′ , T ′ , l′ , g ′ , β ′), (5.17) con hε (L′ , G′ , T ′) = h0 (L′ , G′ , T ′) + εh1 (L′ , G′ , T ′ ). Dalla (4.37) sappiamo che Ψ ha una funzione generatrice della forma: Sε (L′ , G′ , T ′ , l, g, β) = L′ l + G′ g + T ′ β + εΦ1 (L′ , G′ , T ′ , l, g, β). Dalle (4.14) e (4.18) si determinano h0 (L′ , G′ , T ′ ) e h1 (L′ , G′ , T ′ ): h0 (L′ , G′ , T ′ ) = h(L′ , G′, T ′ ) = H0 (L′ , T ′ ) + επ0 (L′ , G′ ); h1 (L′ , G′ , T ′) = Ṽ (L′ , G′ , T ′) = 0. (5.18) (5.19) Si osserva che h1 = 0 perchè per costruzione Ṽ è a media nulla. Prima di procedere con il calcolo della precessione del perielio di Mercurio dobbiamo verificare l’effettiva possibilità di trovare la trasformazione Ψ. Notiamo che Ṽ è una funzione periodica delle variabili angolo del sistema, quindi riscrivibile come serie di Fourier; per semplificare i calcoli ci piacerebbe che fosse un polinomio trigonometrico di un certo ordine N. Se sostituiamo le (5.7) nell’espressione di Ṽ e trascuriamo gli ordini maggiori o uguali ad e5 ≃ 10−3 = ε (essendo l’eccentricità di Mercurio pari a e ≃ 0.206) 46 CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO allora Ṽ può essere considerato un polinomio trigonometrico di ordine N = 4: Ṽˆν (a, e)ei(lν1 +gν2 +βν3 ) X Ṽ (L, G, T, l, g, β) = (5.20) ν ∈ Z3 0 < |ν| ≤ 4 Dobbiamo verificare che sia soddisfatta la (4.31); quindi, denotando con: ωL′ = ∂hε ′ ′ ′ (L , G , T ) ∂L′ ω G′ = ∂hε ′ ′ ′ (L , G , T ) ∂G′ ωT ′ = ∂hε ′ ′ ′ (L , G , T ), ∂T ′ dobbiamo verificare che valga: ωL′ ν1 + ωG′ ν2 + ωT ′ ν3 6= 0 (5.21) ossia (ωL − ε Kr1 3 52 L′3 + ε Kr1 3 34 G′2 L′ )ν1 + (ε Kr1 3 43 G′ L′2 )ν2 + (ωT ′ )ν3 6= 0 G G con la condizione che è verificata poiché G ν 6= 0, ωT ′ ωL con (5.22) |ν1 |, |ν2 |, |ν3| ≤ 4 ≃ 49. Tramite la (4.36) troviamo Φ1 : ′ ′ X ′ Φ1 (L , G , T , l, g, β) = ν ∈ Z3 Ṽˆν (L′ , G′ , T ′ ) i(lν1 +gν2 +βν3 ) − e iω(A′ ) · ν (5.23) 0 < |ν| ≤ 4 dove: Ṽˆν (L′ , G′ , T ′ ) = 1 (2π)3 ZZZ Ṽ (L′ , G′ , T ′ , l, g, β)e−i(lν1+gν2 +βν3 ) dldgdβ. (5.24) T3 Questo conclude la determinazione della trasformazione canonica Ψ. Ora possiamo finalmente determinare la precessione del perielio di Mercurio; in precedenza abbiamo già mostrato che: ġ ′ = ωG′ = ε 1 3 ′ ′2 GL . 3 KrG 4 (5.25) 47 CAPITOLO 5. LA PRECESSIONE DI MERCURIO Avendo trovato l’espressione di Φ1 possiamo scrivere l’equazione di trasformazione tra g e g ′: g′ = ∂Φ1 ∂Sε (L′ , G′ , T ′ , l, g, β) = g+ε ′ (L′ , G′ , T ′, l, g, β) ′ ∂G ∂G =⇒ g ′−g = o(ε) (5.26) Quindi, fino all’ordine o(ε2 ) la velocità angolare della precessione di Mercurio vale: ġ = ωprecessione = ε 1 3 ′ ′2 arcsec G L = 154.67 3 KrG 4 century (5.27) Bibliografia [1] G.Gallavotti, The Elements of Mechanics [2] G.Gallavotti, Quasi-integrable Mechanical Systems [3] R. Esposito, Meccanica Razionale [4] H. Goldstein, Meccanica Classica [5] L. Landau, Meccanica [6] R. Rosso, Appunti di Teoria di Sistemi Dinamici [7] L. Galgani,A. Carati, Dispense di Meccanica Razionale II [8] A. Giorgilli, Appunti del Corso di Meccanica Celeste [9] M. Valtonen, H. KarttunenThe Three-Body Problem 48