Istituto MEME: Scopro le mie emozioni e me ne prendo cura

UNIVERSITE EUROPEENNE JEAN MONNET
ASSOCIATION INTERNATIONALE SANS BUT LUCRATIF
BRUXELLES - BELGIQUE
THESE FINALE EN
“Musicotherapie”
Scopro le mie emozioni e me ne prendo cura
La musica, un linguaggio che arriva al cuore
Relatore: Dott. Roberta Frison
Specializzando: Dott. Barbara Venturi
Matr. 3194
Bruxelles, ottobre 2013
ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
BARBARA VENTURI – SST IN MUSICOTHERAPIE - TERZO ANNO A.A. 2012 – 2013
INDICE DEI CONTENUTI
Premessa
4
PARTE PRIMA
1. La diagnosi clinica
7
1.1. La diagnosi secondo i manuali
7
2. Eziologia
9
2.1. Riflessioni terapeutiche
10
2.2. Altri approcci al problema
12
3. Un ambiente che favorisca la creatività
14
4. Emozioni
15
5. Emozioni e musica
19
5.1. La musica è un linguaggio?
19
5.2. Emozioni e musica tra storia e filosofia
20
5.3. Musica ed emozioni – La psicologia
21
5.4. Breve esame del rapporto tra struttura musicale ed emozioni evocate
23
6. I colori delle emozioni
25
6.1. Il simbolismo dei colori
26
6.2. La musica del colore
30
PARTE SECONDA
7. La Musicoterapia
33
8. Tecniche di intervento utilizzate
37
8.1. Il Songwriting
38
8.2. L'improvvisazione
39
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9. Analisi della situazione di partenza e colloquio con la madre,
le insegnanti e i tecnici dell'ASL
9.1. Breve considerazione: quando le emozioni fanno male
40
41
10. Il progetto
41
11. Obiettivi del progetto
42
12. Il setting
42
13. Raccolta dei dati
43
14. Struttura degli incontri
43
15. Diario di bordo
44
I incontro
44
II incontro
46
III incontro
55
IV incontro
56
V incontro
59
VI incontro
67
VII incontro
68
VIII incontro
74
IX e X incontro
76
CONCLUSIONI
77
BIBLIOGRAFIA
79
SITOGRAFIA
81
DISCOGRAFIA
82
3
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1. PREMESSA
La presente tesi tratta del Mutismo Selettivo, una patologia piuttosto diffusa ma ancora poco
studiata e della possibilità di aiutare i bambini che ne soffrono attraverso l'arte e la musica in
particolare.
Sono entrata in contatto con questa patologia nella scuola primaria dove opero ormai da parecchi
anni come educatrice e dove da novembre 2012 ho seguito Maria, una bambina di 7 anni affetta da
M. S. Lo scopo che mi ero prefissata era quello di poter dare a Maria degli strumenti per
riconoscere le proprie emozioni e per prendersene cura. In effetti mi ero subito resa conto che il
principale problema della bambina era proprio quello di non riuscire a gestire le fortissime emozioni
che la travolgevano paralizzandola a tal punto da impedirle letteralmente di parlare.
La prima parte della tesi è incentrata su una ricerca effettuata sui libri di testo e su vari articoli
pubblicati su Internet per conoscere questa sindrome dal punto di vista psicopedagogico e per
conoscere i vari metodi comportamentali educativi.
Nel quarto capitolo espongo come un ambiente creativo possa essere molto stimolante per i soggetti
che presentano mutismo selettivo, come musica e pittura possano diventare efficaci canali di
comunicazione e di scarico delle tensioni.
Nel sesto e settimo capitolo ho cercato di sviscerare il rapporto tra musica ed emozioni e tra colore
ed emozioni.
Nella seconda parte della tesi ho focalizzato l'attenzione sulle tecniche musico-terapeutiche adottate
e dopo l'esposizione di ciò che è emerso dai colloqui avuti con tutte le figure che si occupano della
bambina, sono passata alla descrizione del progetto che ha coinvolto tutti i bambini della classe
seconda in cui è inserita Maria. Ho poi ritenuto opportuno inserire una descrizione seppur sommaria
di tutti i 10 incontri effettuati in quanto ritengo si siano verificate trasformazioni significative che
non si devono trascurare nell'analisi conclusiva del lavoro svolto.
Ogni tanto ho introdotto alcune mie riflessioni che credo siano di aiuto per poter comprendere i
motivi di alcune delle scelte fatte durate il percorso.
Prima riflessione
L'infanzia è comunemente considerata come il periodo dell'incanto, della dolcezza, dell'innocenza.
In realtà nella complessa realtà attuale, i bambini vivono questa fase della loro esistenza in modi
diversi e talvolta in condizioni inadeguate. I bambini sono inconsapevolmente vittime di una
cultura che non si preoccupa di rispondere ai loro effettivi bisogni e diritti. Si sentono sopraffatti
dalle emozioni che spesso non sanno gestire, controllare e ancor meno superare perché nessuno
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glielo ha insegnato. Non di rado questa variegata vita emotiva rimane confinata dentro il silenzio e
questo fa sì che i sentimenti, quando si avvertono, possono spaventare. E' allora che la vita
emozionale s’impoverisce e la comunicazione diventa difficile.
Credo che affrontare le emozioni e i sentimenti sia di fondamentale importanza perché la vita
emotiva regola e influenza l'intera esistenza.
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PARTE PRIMA
Maria
Maria (ho usato un nome diverso per il rispetto della privacy) è una bambina di sette anni con
diagnosi di Mutismo Selettivo che frequenta la seconda classe della scuola primaria nella quale
lavoro come educatrice occupandomi di bambini diversamente abili.
Maria è una bambina gracile, i suoi lineamenti regolari e la carnagione chiarissima la fanno
sembrare una bambola di porcellana.
Conoscevo Maria solo di vista quando la maestra a fine ottobre mi ha comunicato che sarei stata la
sua educatrice per tre ore alla settimana.
La caratteristica fondamentale del Mutismo Selettivo è la persistente incapacità, nonostante lo
sviluppo del linguaggio sia adeguato all'età, di parlare in situazioni specifiche, come a scuola. I
bambini che presentano questo disturbo normalmente si esprimono ad alta voce solo in ambiente
familiare e, appena escono da casa, si chiudono in un silenzio d'inquietudine.
Verso la fine dello scorso anno scolastico alcune colleghe mi avevano riferito che a volte il viso di
Maria era senza espressione, apparentemente incapace di provare emozioni, così da dare
l'impressione di essere cristallizzato e la sua insegnante mi aveva detto che come molti bambini
selettivamente muti spesso s’isolava e si rinchiudendosi in sé stessa. Io l'avevo già notata con il suo
strano portamento, ricurva in avanti, con il capo abbassato e lo sguardo rivolto verso il pavimento.
Dopo un primo anno scolastico molto difficile, alcune cose sono cambiate, le vacanze estive
sembrano averle giovato, M. è rientrata a scuola con un atteggiamento più positivo che le ha
permesso di riuscire a socializzare con i compagni di classe e la maestra mi riferisce che è un
piacere immenso vederla ridere, scherzare e giocare con loro tutti i giorni. Il rapporto con le figure
adulte della scuola però non è cambiato; durante le ore di lezione sembra sempre indaffarata a
cercare qualcosa sotto il banco o a riordinare o a sfogliare i suoi quaderni, è in continuo movimento,
quasi a voler mostrare di essere partecipe alle attività della classe anziché completamente
paralizzata dalla paura come invece dimostra di essere ogniqualvolta l'insegnante si rivolge a lei
chiedendole qualcosa.
Il nostro incontro
Appena sono entrata in classe ho incrociato il suo sguardo interrogativo, preoccupato e diffidente;
era già stata preparata (e così tutta la classe) al mio arrivo, la maestra aveva detto che sarei stata
presente ad alcune attività tutte le settimane per aiutare chi ne aveva bisogno. Fortunatamente il
primo giorno ha coinciso con un laboratorio di pittura; i bambini erano molto liberi di esprimersi,
chiacchieravano fra loro e esibivano orgogliosi i loro disegni. Io, dopo essermi presentata ed aver
salutato tutti, ho iniziato a girare tra i banchi e a complimentarmi con i bambini per i capolavori che
stavano creando. Questo mio atteggiamento informale e scherzoso insospettiva molto Maria che di
sottecchi mi guardava incuriosita. Dopo circa cinque minuti mi sono avvicinata a lei e guardando il
suo disegno le ho detto: “ma tu sei una pittrice!”. Volutamente non l'ho guardata negli occhi per non
farla sentire sotto pressione. Credo che queste siano state le parole magiche, Maria ha iniziato a
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ridere orgogliosa e ho capito che era fatta, non c'era più tensione, non c'era paura, non c'era ansia
sul suo viso, ed è così che è iniziato il mio rapporto con lei.
Credo che il segreto per aiutarla sia in primo luogo capire che sta soffrendo in silenzio è accettare e
comprendere le sue difficoltà standole accanto e sostenendola in questa dura battaglia.
Capisco immediatamente che la prima cosa che io posso e devo fare è mettere in atto delle strategie
per attenuare il suo livello d'ansia in classe, creare un clima sereno e di fiducia per permetterle di
progredire in modo positivo.
Allora non vedo che una strada e come al solito chiedo aiuto alla musica e al suo meraviglioso
potere.
1 - LA DIAGNOSI CLINICA
Mutismo elettivo e marcata inibizione affettiva con ricadute negative sulle capacità di rispondere
adeguatamente a compiti di tipo cognitivo con risultante funzionamento intellettivo inferiore al
livello di prestazione previsto per l'età.
1.1 - La diagnosi secondo i manuali
I due più importanti manuali, L'americano DSM-IV e l'europeo ICD 10, classificano entrambi il
problema in modo simile, ma lo denominano in maniera leggermente diversa. Il termine attuale di
mutismo selettivo si trova sul DSM-IV, mentre precedentemente si usava il termine mutismo
elettivo, denominazione presente nell'ICD 10.
Il DSM IV1 (Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorders o Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali) redatto dall'American Psychiatric Association, è uno strumento di
classificazione mondiale dei disturbi psichiatrici, il cui fine è permettere un aiuto alla diagnostica e
fare in modo che gli specialisti mondiali abbiano un “linguaggio” comune, allo scopo di
condividere i progressi delle esperienze in materia. La prima versione risale al 1952 (DSM-I). Da
allora vi sono state ulteriori edizioni, l'ultima delle quali è il DSM-IVText Revision o DSM-IV-TR,
attualmente in vigore.
L'ICD102 (International Statistical Classification of Deseases and Related Health Problems, Tenth
Edition, o Classificazione delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali) è la decima
revisione della classificazione ICD, ossia la classificazione internazionale delle malattie e dei
problemi correlati, curata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono classificate oltre 2000
malattie. La traduzione ufficiale in lingua italiana, effettuata a cura dell'ISTAT e dell'Ufficio di
Statistica del Ministero della Salute, è stata pubblicata dall'Organizzazione mondiale della sanità a
Ginevra nel 2000 e a Roma nel 2001.
La descrizione del problema è tuttavia abbastanza simile. Per una diagnosi corretta si deve
verificare che il bambino non abbia disturbi gravi dello sviluppo linguistico che lo ostacolino
nell'espressione verbale in situazioni sociali. Deve conoscere la lingua parlata nel contesto in cui il
disturbo si manifesta. Il disturbo deve durare da almeno un mese, ma, precisa il DSM-IV, questo
1 DSM-IV, Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, nona ristampa, Milano, Masson, 1996.
2 ICD 10, curata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, 1992-1994, 3 volumi, Istituto Poligrafico e Zecca dello
Stato, 2000.
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mese non deve essere il primo mese di scuola, perché il cambiamento di ambiente può provocare un
disturbo transitorio.
L'aspetto fondamentale del problema è che in almeno un contesto il bambino è in grado di parlare,
mentre in altri contesti, dove ci si aspetta che parli, rimane muto3.
Il primo caso di mutismo (s)elettivo venne identificato nel 1877 dal medico tedesco Kussumaul che
utilizzò il termine “aphasia voluntaria” per indicare un tipo di mutismo volontario. Nel 1934 M.
Tramer coniò il termine di “mutismo elettivo” per descrivere la condizione di bambini che scelgono
di parlare solo ad un gruppo ristretto di parenti intimi o di coetanei.
I primi articoli sull'argomento apparvero negli anni '30 su riviste tedesche, mentre dopo la seconda
guerra mondiale e nei primi anni '50 furono pubblicati vari studi su riviste inglesi. Dalla fine degli
anni '50 ai giorni nostri sono stati gli americani ad incentivare la ricerca ed a pubblicare i risultati
delle loro sperimentazioni su riviste specializzate (es. Journal of the American Academy of Child
and Adolescent Psichiatry, ecc.).
Il mutismo (s)elettivo è un po' come una Cenerentola nel campo della psichiatria infantile.
Nonostante la sua scoperta risalga a fine '800, lo studio e la ricerca su questo argomento sono stati
lungamente trascurati, soprattutto per i conflitti teorici che contrapponevano coloro i quali lo
definivano un banale disturbo dovuto all'ansia, a chi invece lo indicava come il risultato di una
molteplicità di fattori di natura nevrotica. In sostanza non considerato abbastanza grave da meritare
maggiori attenzioni, non abbastanza frequente da imporsi come problema, non legato a malattie
cerebrali dimostrate o supposte, ha ricevuto scarso interesse dai ricercatori e dai clinici essendo
considerato come un problema minore.
L'aggettivo “elettivo” viene sempre più sostituito da quello “selettivo”, nonostante il significato sia
molto simile. Eleggere, selezionare significa operare una scelta anche se in questo caso si tratta di
una scelta atipica perché non libera ma condizionata e ciò che la condiziona è l'ansia. E'
fondamentale che lo specialista si accerti che esiste la selettività di questo comportamento e cioè
che almeno in un contesto il bambino parli, perché è proprio questo che discrimina il mutismo da
altre patologie che, in determinate condizioni, potrebbero somigliargli.
Il Mutismo Selettivo è una vera e propria ansia da comunicazione o fobia. E' una paura così forte
che impedisce letteralmente di parlare.
Il grado di ansia del bambino in una data situazione, determina la sua capacità di comunicare in quel
preciso momento. Più sarà rilassato, più riuscirà a comunicare. Meno sarà rilassato e più intuirà
l'aspettativa da parte degli altri che lui parli, più difficile sarà per lui comunicare. I bambini che ne
soffrono sono comunicativi nel privato, muti in pubblico. Un tempo si pensava che la cosa
riguardasse meno di un bambino su mille, mentre oggi si calcola che interessi il 7 per mille dei
bambini.
Il disturbo può insorgere a qualsiasi età, anche fra i bambini che in passato non sembravano avere
questo problema. L'età principale di insorgenza tuttavia è compresa fra i tre e quattro anni. Circa il
30% dei bambini con mutismo (s)elettivo presentano anche problemi nell'acquisizione del
linguaggio, il che evidenzia il problema pur non essendone la causa. Riguarda più le bambine che i
bambini e può avere anche cause genetiche anche se le situazioni ambientali stressanti possono
incrementarlo. Circa il 70% dei bambini con mutismo (s)elettivo hanno un familiare che manifesta
gli stessi sintomi di ansia sociale4.
3 http://www.benessere4u.it/il-mutismo-selettivo-diagnosi-e-terapia/ Grazia Bertelli, dicembre 2012.
4 http://www.benessere4u.it/il-mutismo-selettivo-diagnosi-e-terapia/ Grazia Bertelli, dicembre 2012.
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2 - EZIOLOGIA
Non possiamo essere certi che vi sia una predisposizione genetica al mutismo o alla timidezza ma è
senz'altro vero che l'apprendimento di comportamenti sociali avviene nella famiglia. Vari resoconti
evidenziano, ad esempio, che i genitori stessi del bambino “muto” tendono a reagire col silenzio
quando si trovano di fronte ad estranei o ritengono esageratamente importante non dare confidenza
agli estranei.
Diversi sono gli studiosi che concordano sulla tesi che il MS sia un problema familiare. Il modello
diretto offerto o suggerito in famiglia ed i messaggi indiretti trasmessi da genitori e parenti incidono
sull'instaurarsi o sul mantenersi del mutismo selettivo. Facilmente ci sono regole familiari che
stabiliscono, ad esempio, l'importanza di parlare solo se si ha qualcosa di significativo da
comunicare o di non dire qualcosa che possa infastidire gli altri. In certi casi il mutismo viene
rinforzato da un segreto in famiglia ossia di qualcosa che non va detto ad estranei. Pochi sono i casi
in cui il segreto è legato ad un abuso sessuale.
Generalmente le famiglie di soggetti selettivamente muti presentano al loro interno tensioni, ma e
negli ultimi anni è aumentata la percentuale di genitori separati o divorziati. Il rapporto tra moglie e
marito è spesso insoddisfacente e l'atmosfera che si respira in casa non conduce all'espressione di
sentimenti.
Il MS non è associabile ad una particolare classe sociale. Viene forse riscontrato più facilmente in
gruppi di status socio-economico medio-basso, ma questo potrebbe essere dovuto ad altri fattori
quali l'etnia e l'isolamento sociale. Difatti le famiglie di soggetti selettivamente muti risultano quasi
sempre isolate dalla comunità. In certi casi l'isolamento è puramente geografico in quanto la
famiglia vive in zone remote o comunque lontano da altre case, ma generalmente si deve parlare di
un isolamento sociale fortemente influenzato dall'atteggiamento diffidente che i genitori hanno nei
confronti del mondo esterno alla famiglia. Talvolta si tratta di immigrati che non padroneggiano
ancora la nuova lingua e trovano non poche difficoltà ad inserirsi nel nuovo contesto sociale.
Il Selective Mutism Foundation operante negli Stati Uniti dichiara nella brochure di presentazione
che la causa del mutismo selettivo non è ancora nota, generalmente è frutto dell'interazione di più
elementi. Inoltre è molto difficile distinguere la o le cause a monte dei fattori che ne favoriscono lo
sviluppo, lo consolidano e lo mantengono.
Il MS può essere causato da un trauma ossia da un evento vissuto come traumatico (es: una
malattia, un ricovero ospedaliero, la separazione forzata da un familiare, la morte di una persona
cara, …), da tensioni e/o segreti in famiglia, dall'imitazione di un modello (un genitore o un fratello
maggiore), da difetti di linguaggio e/o da conflitti socio/culturali (come nel caso di immigrati). Il
silenzio può essere usato dai bambini come difesa contro l'ansia, la paura o come arma per punire
qualcuno e/o avere sotto controllo la situazione. Nella maggioranza dei casi si riscontra un rapporto
malsano tra la madre e il figlio selettivamente muto: un rapporto di reciproca dipendenza, definito
da molti”simbiotico”, a causa del quale il bambino non riesce a separasi dalla madre.
Circa il 90% dei bambini con MS analizzati risponde ai criteri diagnostici del DSM-IV della fobia
sociale che è una paura persistente delle situazioni e prestazioni sociali 5. Molti bambini con MS si
sentono osservati in ogni minuto del giorno, per questo sono così impauriti e ansiosi che
letteralmente non riescono a rispondere se si tenta di comunicare con loro.
In uno studio della Segal6 che analizza somiglianze e differenze tra gemelli monozigotici cresciuti
insieme, vengono descritte due gemelle che all'età di quattro anni svilupparono mutismo selettivo.
5 http://www. Selective-mutism.com - Dieci luoghi comuni sul mutismo selettivo. Di C. Stanley, dicembre 2012.
6 Segal N. L., Indivisible by Two: Lives of Extraordinary twins, Cambridge, MA, Harvard University Press.
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In condizioni di stress come per esempio nell'ambiente scolastico, le due bambine comunicavano
solo tra loro. La cosa veramente interessante dello studio effettuato è che il MS ebbe un decorso
diverso nelle due gemelle: una delle due, la più timida soffriva maggiormente dimostrando
maggiori paure e incubi notturni, nonché enuresi notturna.
C'è una tale varietà nel comportamento associato al mutismo selettivo che risulta difficile delineare
delle caratteristiche comuni. Tuttavia vi sono degli elementi che si riscontrano frequentemente nello
studio dei casi ed è opportuno evidenziarli.
Il bambino selettivamente muto generalmente parla a casa con i suoi genitori, o almeno con uno di
essi, ma non parla fuori casa se non in rare occasioni. Nonostante appaia timido e chiuso, dimostra
determinazione e caparbietà. Anche se non parla, solitamente non si isola dal contesto sociale in cui
si trova, ma partecipa facendo cenno col capo, muovendo le spalle, indicando col dito, gesticolando,
scrivendo, ...
Vi sono casi di bambini che evitano il contatto visivo, sono inespressivi e posturalmente tesi e
rigidi, ma generalmente i bambini che rifiutano di parlare si servono di strategie non-verbali, quali
la mimica, la gestualità, i movimenti corporei, il segno grafico la parola scritta, per comunicare i
loro bisogni ed ottenere quel che desiderano. Nella maggioranza dei casi non presentano particolari
difficoltà di apprendimento e gli studi in cui è stato calcolato il quoziente di intelligenza dimostrano
di avere un'intelligenza media. Stranamente molti bambini che non parlano in determinate
situazioni diventano, invece, particolarmente loquaci in altre.
Quando i bambini con Mutismo Selettivo crescono, la loro espressione fissa di e marmo spesso
scompare, ma a differenza degli anni della scuola dell'infanzia e dei primi anni della scuola
primaria, dove solitamente vengono ben accettati dai coetanei, dai nove anni in poi corrono il
rischio di restare socialmente isolati, sia dai propri compagni che dagli altri bambini.
Gli specialisti americani sono stati i primi a mettersi all'opera per studiare e sperimentare strategie
di intervento capaci di affrontare questa sofferenza. In Italia, invece, l'interesse per il mutismo
(s)elettivo è stato sempre scarso, così come la ricerca e la letteratura clinica pressoché inesistenti.
La conclusione di tutti gli studi effettuati è che i bambini selettivamente muti hanno ottime
possibilità di superare il loro disturbo quando c'è una collaborazione tra genitori, insegnanti e
terapisti.
2.1 - Riflessioni terapeutiche
La terapia non dovrà mai essere finalizzata a far parlare il bambino immediatamente, ma dovrà
aiutarlo a progredire attraverso tappe graduali di comunicazione, per ridurre la sua ansia, aumentare
l'autostima e accrescere la fiducia e la comunicazione in situazioni di carattere sociale.
La terapia dovrà focalizzarsi sul bambino nella sua interezza e non solo sul suo mutismo7.
La dottoressa Elisa Shipon-Blum direttrice del Centro per la Ricerca e il Trattamento del Mutismo
Selettivo di Philadelphia e fondatrice e direttrice emerita del Selective Mutism Group-Childhood
Anxiety Network mette al primo posto l'importanza di valutare la capacità di comunicazione del
bambino e per fare questo suggerisce l'utilizzo della Scala di comunicazione SM-SCCS.
La scala di comunicazione riguarda la facilità di comunicare e illustra le differenti fasi attraverso le
quali un bambino con MS passa progressivamente dal mutismo alla parola.
Può accadere che alcuni bambini, soprattutto i più piccoli, saltino delle tappe, ma, nella maggior
parte dei casi, sapere che queste tappe esistono, aiuta le persone che si occupano del bambino a
7 Shipon-Blum E., Comprendere il Mutismo Selettivo, ed. La Meridiana, Bari 2010.
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capire dove si colloca in termini di ansia da comunicazione in relazione al luogo e anche a
pianificare degli efficaci obiettivi d'intervento. In altre parole, il terapeuta, l'insegnante, il genitore
devono sapere come si sente il bambino in ognuno dei luoghi che frequenta e solo così potranno
aiutarlo a progredire da un tappa all'altra.
Selective Mutism Stages of Communication Comfort Scale SM-SCCS8
Livello 0
Assenza di comunicazione (verbale e non verbale) del bambino:
 non reagisce, non prende iniziative;
 resta immobile, senza espressione, irrigidito.
Livello 1
Comunicazione non verbale del Bambino
1A
 risponde indicando con un dito, o annuendo con la testa, con gesti o scrivendo;
1B
 prende l,'iniziativa (attira l'attenzione di un'altra persona puntando, indicando, alzando la
mano, picchiettando sulla spalla di qualcuno, o porgendo una nota scritta, ecc.).
Per passare dal livello 1 al livello 2 è necessario un intermediario (mediatore) verbale.
Livello 2
Comunicazione verbale del bambino
2A
 reagisce producendo dei suoni come mugugni, linguaggio di bambini piccoli, versi di
animali, gemiti, sussurri, parole;
2B
 inizia lo scambio attirando l'attenzione di un'altra persona producendo un suono qualsiasi.
N.B.: L'intermediario verbale (che sia un oggetto o una persona) permette di trasferire la parola del
bambino in un nuovo ambiente. La capacità del bambino di rispondere o di prendere iniziative è
determinata dal suo livello di tranquillità in una data situazione. La comunicazione può quindi
variare secondo le circostanze.
L'intermediario verbale può essere una persona o un oggetto (per esempio una marionetta, un
peluche, ecc.) che può aiutare a trasferire la parola in un certo ambiente o a un determinata persona.
Definizione di alcuni termini associati alla Scala
La desensibilizzazione è una tecnica comportamentale che viene usata allo scopo di aiutare il
bambino a gestire l'ansia. Si stabilisce una lista di situazioni ansiogene classificate secondo livelli di
difficoltà poi vi si espone il bambino in modo progressivo, iniziando dalla situazione meno
ansiogena per aumentare la sua tolleranza e la sua tranquillità fino anche sia in grado di affrontare
prove più dure.
8 Shipon-Blum E., Ibidem, Comprendere il Mutismo Selettivo, ed. La Meridiana, Bari 2010.
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La distrazione viene usata spesso per spezzare la spirale d'ansia di questi bambini, aiutandoli
attraverso giochi e altre pratiche ludiche a distogliere l'attenzione da paure, preoccupazioni e ansie
del momento.
Il rinforzo positivo è utilizzato per premiare il bambino che raggiunge una meta precisa. Spesso
sono tattiche necessarie e utili per il raggiungimento degli obiettivi attraverso una leggera sollecitazione.
Molto importante in questo trattamento è la pianificazione degli obiettivi che con i bambini più
grandicelli (dai 7 anni in su) sono concordati dal terapeuta insieme al bambino e stabiliscono una
sequenza logica delle tappe del trattamento.
E' di fondamentale importanza tenere ben presente che i bambini con Mutismo Selettivo non hanno
né scelto di essere muti, né deciso per un rifiuto a parlare, cercano semplicemente di evitare l'ansia
che provano e per questo motivo hanno individuato un metodo non appropriato per affrontare le
loro difficoltà. Sono incapaci di rispondere in situazione di disagio, rinchiudendosi in sé stessi
completamente, irrigidendosi, girando la testa dall'altra parte per evitare l'interazione oppure
restando seduti con lo sguardo perso nel vuoto. Gli insegnanti, i terapeuti, i membri della famiglia e
gli amici dovrebbero capire che è l'ansietà la causa dell'incapacità a rispondere e non l'opposività
come a volte potrebbe sembrare.
Nessun bambino vorrebbe soffrire di Mutismo Selettivo. Ma mentre il tempo passa e il bambino è
incapace di fare quello che desidera (in questo caso parlare), s'innalza un muro di difesa. Una cosa
così semplice come parlare per lui è impossibile. Le parole escono facilmente a casa, ma restano
bloccate in gola a scuola. Ecco allora che in alcuni bambini possono insorgere l'opposizione e la
sfida e questi comportamenti possono diventare abitudini radicate e utilizzate come reazione
condizionata soprattutto se gli altri continuano a equivocare la loro ansia.
I comportamenti di rigidità che i bambini selettivamente muti mettono in atto hanno origine nel
cervello e nel sistema nervoso. Quando i bambini con questo disturbo si trovano in situazioni che li
spaventano, vale a dire la maggior parte delle situazioni sociali, il sistema nervoso è stimolato e
risponde con tutta una serie di reazioni corporee. Il corpo teso, lo sguardo perso nel vuoto e il viso
inespressivo sono causati da una tensione muscolare. Poiché anche le corde vocali sono dotate di
muscoli collegati allo scheletro, si suppone che questi bambini soffrano di paralisi delle corde
vocali ogni qualvolta siano in preda all'ansia e ciò sarebbe la causa del loro silenzio. Questo
comportamento col passare del tempo diventa automatico e radicato.
L'operatore che sia in contatto con questi bambini deve essere estremamente attento ad ogni minima
esitazione verbale o non verbale in quanto l'esitazione indica un segnale di allerta che il bambino
mette in atto in una situazione particolarmente difficile per lui e proprio in presenza di queste
esitazioni è necessario mettere in atto strategie per alleggerire il loro stato d'animo. Non si sa
precisamente cosa provochi l'esitazione, ma alcune teorie propongono, come spiegazione, un
rallentamento del processo cognitivo.
2.2 - Altri approcci al problema
Un approccio nuovo al problema viene offerto dalla “terapia strategica” che propone a quanti si
trovano a lavorare con bambini aventi questa diagnosi, di evitare:9
 richieste dirette di parlare e comunicare in generale;
 spiegazioni del disagio;
9 http://www. Selective-mutisme.com, Ibidem, dicembre 2012.
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 aumento delle attenzioni;
 creazione del caso.
Il bambino con tale disturbo più riceve attenzione e più si inibisce.
In sostanza questa terapia consiglia di capovolgere completamente le modalità della relazione, da
una percezione in cui l'insegnante insegue l'allievo per farlo parlare' a un'altra in cui deve essere
l'allievo a sentire la necessità di rincorrere l'insegnante per poterle parlare. Nella pratica questo può
essere costruito attraverso la tecnica della frustrazione del sintomo (Haley 1987, 1988).
Terapia di tipo comportamentale, con tecniche tipo lo stimulus fading (traduzione letterale “stimolo
in dissolvenza”).
Recentemente si tende ad integrare i diversi approcci terapeutici e in letteratura sono descritti casi
trattati con successo attraverso un intervento combinato di tipo multimodale attraverso una
combinazione di:








Approccio comportamentale: usando ad esempio rinforzi positivi per la verbalizzazione o
per i tentativi di verbalizzazione. Altra strategia è la desensibilizzazione: il bambino viene
portato a scuola da un genitore quando ancora dentro la scuola sono presenti poche persone,
affinché si eserciti a parlare.
Play therapy: terapisti qualificati usano l'arte della terapia basata sul gioco per far rilassare
ed aprire il bambino.
Terapia Comportamentale-Cognitiva: terapisti qualificati aiutano il bambino a ri-indirizzare
le sue paure ansiose e preoccupazioni in pensieri positivi.
Trattamento farmacologico: nel caso in cui il solo trattamento comportamentale non dia
risultati vengono usati farmaci che portano la diminuzione dell'ansia. La terapia
farmacologica viene adottata per ottenere il “primo passo”.
Autostima: tramite l'elogio del bambino tutte le volte che riesce a portare a termine un
compito e in tutte le attività nelle quali riesce bene.
Socializzare frequentemente: incoraggiare il bambino alla socializzazione senza mai
costringerlo ad esempio favorendo gli incontri con i coetanei compagni di scuola al di fuori
dell'ambiente scolastico.
Coinvolgimento della scuola: insegnanti e personale scolastico devono essere ben informati
sul MS e coinvolti nel piano di trattamento.
Coinvolgimento della famiglia: Molto spesso sono necessari cambiamenti negli stili e nelle
aspettative genitoriali per andare incontro alle necessità iniziali del bambino. E' di cruciale
importanza per il bambino sentirsi accettato e compreso dai propri genitori.
Strategica per la risoluzione del problema è la collaborazione tra insegnanti, terapeuti, specialisti e
genitori.
Non esiste una “cura” universalmente valida ed efficace che garantisca il superamento del mutismo
selettivo, ma ci sono ampie possibilità terapeutico-educative che vanno considerate, selezionate ed
adattate sulla base delle specifiche esigenze del caso.
Collaborare non significa semplicemente scambiarsi informazioni, ma progettare insieme le
modalità pratiche per rompere malsani schemi di comportamento e stimolare in modo graduale
l'espressione orale. La collaborazione effettiva permette di utilizzare al meglio tutte le risorse
13
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disponibili, di evitare la ripetizione di errori e di intervenire su più fronti. Non è facile da realizzare
nel concreto perché richiede molta flessibilità e pazienza, disponibilità a seguire i suggerimenti
altrui ed accantonamento di ogni protagonismo, ma sfocia nell'attuazione di interventi realmente
incisivi e formativi.
3 – UN AMBIENTE CHE FAVORISCA LA CREATIVITA'
I bambini con MS sono ben conosciuti per la loro passione per il disegno e la musica. Il disegno è la
loro occupazione preferita. Poiché sono muti in molte situazione, spesso utilizzano l'espressione
artistica.
Ecco perché è importante incoraggiarli:
 riuscire nell'attività artistica o musicale è un ottimo metodo per accrescere l'autostima: aiuta
il bambino a collocarsi in una situazione di successo personale e a trasmettergli una buona
immagine di sé;
 dedicarsi ad un'attività artistica o suonare uno strumento, dà conforto al bambino e gli
permette di sentirsi più rilassato quando si trova in una situazione stressante;
 quando il bambino disegna o suona uno strumento , si può provare ad iniziare una
conversazione; I bambini sono spesso fieri delle loro prodezze e si può utilizzare questo
momento positivo per parlare e per complimentarsi con loro;
 per il bambino con mutismo il disegno e la musica possono essere dei mezzi per
comunicare;
 si può favorire il disegno e la musica in classe mettendo insieme due bambini, uno con MS e
l'altro appassionato di una delle due attività artistiche. Condividere degli interessi è un
ottimo sistema per aumentare il suo benessere e le sue relazioni con i compagni.
I bambini che soffrono di Mutismo Selettivo sono istintivamente più creativi degli altri, anche nel
loro modo di imparare. I motivi che lo spiegano sono ancora poco chiari, ma tutto porta a credere
che dal momento che non riescono ad esprimersi oralmente, trovano altri metodi d'espressione,
come le arti manuali, la scrittura o la musica.
L'ideale sarebbe creare un ambiente disteso, nel quale il bambino possa imparare e sperimentare
“mettendo le mani in pasta”, piuttosto che utilizzare solo le sue capacità di memoria10.
10 Shipon-Blum E., Comprendere il Mutismo Selettivo, 2010, Ed. La Meridiana, Bari 2010.
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4 – EMOZIONI
... Gli uomini devono sapere che da niente altro se non
dal cervello deriva la gioia, il piacere, il riso,
il divertimento, il dolore, il pianto e la pena. E attraverso
esso noi acquisiamo la conoscenza e le capacità
critiche, e vediamo e udiamo e distinguiamo il giusto
dall'errato... E attraverso il medesimo organo noi
diventiamo pazzi e deliriamo e il terrore ci assale...”
[Ippocrate]
Le emozioni giocano un ruolo molto importante nella capacità dell'uomo di vivere bene, sono cioè
fortemente connesse alla qualità della vita. Una scarsa dimestichezza con il proprio mondo
emozionale implica il vivere al di sotto delle proprie possibilità, con una non adeguata
comprensione del funzionamento di sé stessi, con pochi strumenti utili a gestire le relazioni con gli
altri e a muoversi nel mondo circostante con consapevolezza ed efficacia.
Ogni più piccola parte della vita interiore è permeata di emozioni. Anche se il vissuto soggettivo
delle emozioni può variare molto, ogni percezione del mondo che circostante evoca delle emozioni,
così come ogni pensiero è legato ad esse.
Il livello del pensiero e quello delle emozioni sono strettamente intrecciati, il pensiero è sempre
emozionato, dietro i pensieri ci sono sempre delle emozioni che li organizzano ed il fatto che si
riesca a coglierle più o meno chiaramente è dovuto al fatto che ciò avviene secondo gradi diversi.
Da ciò discende che l'educazione emotiva è fondamentale, perché prendere consapevolezza delle
proprie emozioni ed imparare a gestirle significa utilizzarle come uno strumento prezioso per
comprendere e governare sé stessi. Si può sostanzialmente intendere la crescita personale proprio
come la capacità di integrare pensiero ed emozione11.
(Intelligenza emotiva)
Definizioni di emozione
Le emozioni sono stati affettivi intensi e di breve durata che si manifestano su almeno tre livelli:
1. Modificazioni fisiologiche (periferiche e centrali).
2. Livello fenomenico-esperienziale (stato mentale vissuto dal soggetto).
3. Livello espressivo-comportamentale (comunicazione delle emozioni, p.e. tramite espressioni
facciali).
L'emozione è un insieme complesso di interazioni tra fattori soggettivi ed oggettivi mediati da
sistemi neurali/ormonali che può:
a. attivare adattamenti fisiologici diffusi di fronte a condizioni di eccitamento;
11 Salvemini (a cura di), Educare alle emozioni, Atti del Convegno, Roma 24 novembre, 2004.
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b. suscitare esperienze affettive (senso di eccitazione, piacere e dispiacere);
c. generare processi cognitivi (emergono valutazioni cognitive e processi di etichettamento);
d. condurre a un comportamento che spesso, ma non sempre, è espressivo, diretto ad uno scopo
e adattivo.
In senso letterale l'Oxford English Dictionary definisce emozione “ogni agitazione o turbamento
della mente, sentimento, passione: ogni stato mentale violento o eccitato”12.
Vi sono centinaia di emozioni con tutte le loro mescolanze, variazioni, mutazioni e sfumature. I
ricercatori continuano a discutere su quali possano essere le emozioni primarie dalle quali
deriverebbero tutte le mescolanze (come per i colori) e perfino sull'esistenza di tali emozioni
primarie. Alcuni teorici propongono famiglie emozionali fondamentali.
Ecco i candidati principali e alcuni membri delle loro famiglie13:
 Collera: furia, sdegno, risentimento, ira, esasperazione, indignazione, irritazione, acrimonia,
animosità, fastidio, irritabilità, ostilità, forse al grado estremo, odio e violenza patologici.
 Tristezza: pena, dolore, mancanza d'allegria, cupezza, malinconia, autocommiserazione,
solitudine, abbattimento, disperazione e, in casi patologici, grave depressione.
 Paura: ansia, timore, nervosismo, preoccupazione, apprensione, cautela, esitazione,
tensione, spavento, terrore, come stato psicopatologico, fobia e panico.
 Gioia: felicità, godimento, sollievo, contentezza, beatitudine, diletto, divertimento, fierezza,
piacere sensuale, esaltazione, estasi, gratificazione, soddisfazione, euforia, capriccio e, al
limite estremo, entusiasmo maniacale.
 Amore: accettazione, benevolenza, fiducia, gentilezza, affinità, devozione, adorazione,
infatuazione, agape.
 Sorpresa: shock, stupore, meraviglia, trasecolamento.
 Disgusto: disprezzo, sdegno, aborrimento, avversione, ripugnanza, schifo.
 Vergogna: senso di colpa, imbarazzo, rammarico, rimorso, umiliazione, rimpianto,
mortificazione, contrizione.
A dire il vero questo elenco non risolve ogni problema di classificazione delle emozioni, ad
esempio per quanto riguarda le emozioni miste, ma l'argomento a favore dell'esistenza di un gruppo
di emozioni fondamentale dipende, entro certi limiti, dalla scoperta di Paul Ekman, della University
California di San Francisco, che le espressioni facciali specifiche per quattro di esse (paura, collera,
tristezza, gioia) sono riconosciute in ogni cultura del mondo, compresi i popoli analfabeti che
probabilmente non sono influenzati dal cinema e dalla televisione. Ciò suggerisce l'universalità di
tali emozioni.
Tutte le emozioni, secondo Daniel Goleman, sono, essenzialmente, impulsi ad agire; in altre parole
piani d'azione dei quali ci ha dotato l'evoluzione per gestire in tempo reale le emergenze della vita.
La radice stessa della parola emozione è il verbo latino MOVEO, “muovere”, con l'aggiunta del
prefisso “e” (“movimento da”), per indicare che in ogni emozione è implicita una tendenza ad
agire.
12 Frison R. (a cura di), Le emozioni, dispensa Istituto MEME, Modena A. A. 2012 – 2013.
13 Goleman D., Intelligenza emotiva, BUR Grandi Saggi, Milano 2012.
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Con i nuovi metodi di cui può avvalersi la scienza per scrutare nel corpo e nel cervello, i ricercatori
stanno scoprendo ulteriori dettagli fisiologici sul modo in cui ciascuna emozione prepara il corpo a
un tipo di risposta molto diverso.
Quando siamo in collera, il sangue affluisce alle mani e questo rende più facile afferrare un'arma o
sferrare un pugno all'avversario; la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di ormoni, fra i quali
l'adrenalina, genera un impulso di energia abbastanza forte da permettere un'azione vigorosa.
Se abbiamo paura, il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli delle
gambe, rendendo così più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto,
momentaneamente meno irrorato. Allo stesso tempo il corpo si immobilizza, come congelato, anche
solo per un momento, forse per valutare che non convenga nascondersi. I circuiti centrali cerebrale
preposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l'organismo in
uno stato generale di allerta, preparandolo all'azione e fissando l'attenzione sulla minaccia che
incombe per valutare quale sia la risposta migliore.
Nella felicità, uno dei principali cambiamenti biologici sta nella maggiore attività di un centro
cerebrale che inibisce i sentimenti negativi e aumenta la disponibilità di energia, insieme
all'inibizione dei centri che generano pensieri angosciosi. Tuttavia, a parte uno stato di quiescenza
che consente all'organismo di riprendersi più rapidamente dall'attivazione biologica causata da
emozioni sconvolgenti, non si riscontrano particolari cambiamenti fisiologici. Questa configurazione offre all'organismo un generale riposo, e lo rende non solo disponibile ed entusiasta nei
riguardi di qualunque compito esso debba intraprendere ma anche pronto a battersi per gli obiettivi
più diversi.
L'amore, i sentimenti di tenerezza e la soddisfazione sessuale comportano il risveglio del sistema
parasimpatico; in altre parole, si tratta della mobilitazione opposta a quella che abbiamo visto nella
reazione di “combattimento o fuga” tipica della paura e della collera. La modalità parasimpatica,
che potremmo anche chiamare “risposta di rilassamento” si avvale di un insieme di reazioni che
interessano tutto l'organismo e inducono uno stato generale di calma e soddisfazione tale da
facilitare la cooperazione.
La tristezza ha la funzione fondamentale di farcia adeguare ad una perdita significativa, ad esempio
una grande delusione o alla morte di qualcuno che ci era particolarmente vicino. Essa comporta una
caduta di energia ed entusiasmo verso le attività della vita, in particolare le distrazioni e i piaceri,e,
quando diviene più profonda e si avvicina alla depressione, ha l'effetto di rallentare il metabolismo.
La chiusura in sé stressi che accompagna la tristezza ci da l'opportunità di elaborare il lutto per una
perdita o per una speranza frustrata, di comprendere le conseguenze di tali eventi nella nostra vita e,
quando le energie ritornano, di essere pronti per nuovi progetti. Può darsi che un tempo questa
caduta di energia servisse a tenere i primi esseri umani vicini ai loro rifugi, e quindi al sicuro,
quando erano tristi e perciò più vulnerabili.
Queste inclinazioni biologiche a un certo tipo di azione vengono poi ulteriormente plasmate
dall'esperienza personale e dalla cultura. Queste emozioni si andarono forgiando durante
l'evoluzione quando gli esseri umani dovevano affrontare una realtà molto dura, quando i predatori
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potevano colpire in ogni momento, pochi bambini sopravvivevano all'infanzia e pochi uomini
superavano i trent'anni. Oggi la situazione è ben diversa e come dice Paul Ekman14: “La collera è
l'emozione più pericolosa; alcuni dei principali problemi che stanno distruggendo la società odierna
implicano una completa perdita di controllo su questa emozione. Mobilitandoci al combattimento,
al giorno d'oggi la collera è l'emozione con minor valore adattativo. Nella preistoria, se un uomo era
colpito da una collera improvvisa e per un istante voleva uccidere qualcuno non poteva farlo tanto
facilmente, ma oggi sì”15.
Piuttosto che considerare le emozioni come processi che turbano il “vissuto normale”, oggi si parla
di competenza emotiva fondata su:
 Consapevolezza dei propri stati emotivi: capacità di individuare una o più emozioni,
etichettandole correttamente.
 Abilità di individuare le emozioni altrui: sulla base di indizi espressivi e delle circostanze
(norme sociale); decodifica delle espressioni facciali, voce e postura.
 Abilità di padroneggiare i termini e le espressioni relative alle emozioni: lessico attivo e
passivo; comprensione e descrizione analitica delle emozioni proprie e altrui.
 Capacità do coinvolgimento empatico: l'empatia cioè la capacità di immedesimarsi nelle
esperienze emotive altrui, non è una competenza innata, ma si sviluppa con l'età e dipende,
quindi, dalle esperienze affettive vissute.
 Abilità di rendersi conto che i propri stati emotivi interni non corrispondono
necessariamente ad espressioni esterne: capacità di monitorare e controllare il proprio
comportamento ed internalizzare il pensiero.
 Consapevolezza delle regole culturali di manifestazione delle emozioni: non galateo, ma
codice di sentimenti socialmente adeguati.
 Capacità di utilizzare specifiche informazioni per inferire stati emotivi altrui, anche quando
dissonanti con il contesto.
 Abilità di capire che il proprio comportamento emotivo può avere effetto sugli altri
(selezione del personale, colloquio).
 Capacità di fronteggiare in modo adattivo emozioni pericolose o disturbanti: abilità di
coping o fronteggiamento.
 Autoefficacia emotiva: accertare le proprie esperienze emotive; accettazione del sé 16.
Le abilità emozionali comprendono quindi l'autoconsapevolezza; identificare, esprimere e
controllare i sentimenti; frenare gli impulsi e rimandare le gratificazioni; controllare la tensione e
l'ansia. Un'abilità fondamentale, nel trattenere gli impulsi, sta nel conoscere la differenza tra
sentimenti ed azioni, e nell'apprendere a migliorare le proprie decisioni emozionali, innanzitutto
frenando l'impulso ad agire e poi identificando (prima di agire) le azioni alternative e le relative
conseguenze. Molte competenze sono interpersonali: decifrare i segnali sociali ed emozionali,
14 Ekman P., Davidson R., Foundamental Questions About Emotions, Oxford University Press, New York 1994.
15 Goleman D., Intelligenza emotiva, 2012, BUR Grandi Saggi, Milano 2012.
16 Frison R. (a cura di), Le emozioni, dispensa Istituto MEME, Modena A.A. 2012-2013.
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ascoltare, essere in grado di resistere alle influenze negative, mettersi dal punto di vita dell'altro e
capire quale comportamento sia accettabile in una situazione.
La competenza emozionale esercita un ruolo che può rivelarsi decisivo nel determinare fino a che
punto un certo bambino o adolescente è indifeso dinanzi alle avversità o trova un nucleo di
resistenza per sopravvivere ad esse.
5 – EMOZIONI E MUSICA
Che ci sia qualche relazione tra la musica e il mondo delle emozioni è cosa risaputa fin dalla più
remota antichità. Tutt'altro discorso definire in termini più precisi in cosa consista questa relazione,
come si configuri, le motivazioni profonde di questo rapporto. Nella storia del pensiero musicale il
rapporto musica-sentimento si collega a molti altri problemi e primo fra tutti alla questione della
natura linguistica della musica e quindi in definitiva al vecchio problema della semanticità della
musica. Si è in presenza dunque di un nodo di problemi che hanno tormentato filosofi, critici e
pensatori da vari secoli senza che si sia mai data una soluzione soddisfacente. Ovviamente, una
soluzione non c'è, ma piuttosto ci sono tante diverse impostazioni e diversi sguardi sul problema,
ognuno dei quali porta una sua luce sulla questione, rappresenta un'interpretazione che svela un
aspetto, una parte della verità17.
5.1 - La musica è linguaggio?
Hanno una voce, i colori, un sono, come tutte le cose. […]
L'azzurro, per esempio, con quella zeta in mezzo è il colore dello zucchero, delle
zebre e delle zanzare. I vasi, i viali e le volpi sono viola
e giallo è il colore acuto di uno strillo. […] Però non è solo
una questione di assonanza. Ci sono colori che per me significano qualcosa per
l'idea che contengono. Per il rumore dell'idea che
contengono. Il verde, per esempio, con quella erre raschiante, che gratta in mezzo e
prude e scortica la pelle, è i colore di una cosa che brucia, come il sole.
[C. Lucarelli, Almost blue, 1997]
Vi è una sorta di prossimità tra musica e linguaggio messa in evidenza dal continuo discutere da
oltre due secoli da una parte sul se e sul come la musica possa essere considerata un linguaggio e
dall'altra dai continui tentativi di separarla e distinguerla dal linguaggio. Evidentemente deve esserci
un qualche legame con il linguaggio se si pensa al fatto che la musica nella sua storia secolare è
17 http://users.unimi.it/ Musica e affetti. Enrico Fubini, marzo 2012.
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quasi sempre stata associata al linguaggio e la strada che nel mondo occidentale l'ha portata ad
un'esistenza autonoma è stata lunga e tormentata. Strano a dirsi ma forse senza l'invenzione del
melodramma non sarebbe neppure nata la musica strumentale pura. Infatti quest'ultima nasce solo
dalla consapevolezza che la musica da sola, i suoni senza l'ausilio della parola hanno una loro
autonoma portata espressiva e affettiva. Da questa convinzione è nata l'idea che la musica potesse e
anzi dovesse unirsi alla parola: si trattava infatti o di un completamento o di un'integrazione tra due
ordini altrimenti carenti di espressività e che potevano quindi trovare la loro pienezza espressiva
solo dalla loro unione, o dall'avvicinamento tra due linguaggi diversi e autosufficienti che tuttavia
potevano trovare un punto d'incontro nella loro comune capacità di esprimere gli affetti e le
emozioni da cui ne sarebbe derivato un potenziamento.
La musica dunque è strettamente legata al linguaggio e anzi rappresenta forse una parte dello stesso
linguaggio. Non tutto nel linguaggio è ordine e sintassi, non tutto è calcolo e riflessione; una parte
del linguaggio è suono, è musica, è immagine del sentimento allo stato puro18.
5.2 – Emozioni e musica tra storia e filosofia
La musica ha un contenuto, sebbene sia musicale, in quanto
scintilla del fuoco divino non inferiore alla bellezza di
ogni altra arte. Ma solo negando inesorabilmente alla musica
ogni altro “contenuto”, se ne salva il contenuto
spirituale. Infatti non con il rincorrere a un sentimento indefinito
 in cui, nel migliore dei casi, consiste il contenuto si può attribuirle un significato spirituale, ma riconoscendo
la bella e ben definita forma sonora come creazione dello spirito, compiuta su un materiale atto a
essere spiritualizzato.
[Eduard Hanslick]
Quando si esamina il problema della relazione tra la musica e le emozioni da un punto di vista
storico, si resta inevitabilmente colpiti dal fatto che l'estetica musicale sembra avere oscillato, fin
dall'antichità, fra le concezioni che privilegiano l'autonomia della musica nelle sue soluzioni
formali, e concezioni che invece considerano quest'arte inscindibilmente legata alle dinamiche
emotive. Il più delle volte, una di queste due concezioni sembra dominare. Vi è una sorta di
alternanza nel corso della storia della musica e delle teorie musicali. Talvolta esse coesistono in uno
stesso periodo storico.
E' innegabile che quella del rapporto musica-emozioni è un'annosa questione che ha affascinato e
allo stesso tempo impegnato filosofi quasi dall'inizio della filosofia stessa. Una questione che ci
18 http://users.unimi.it/ Musica e affetti., Enrico Fubini, marzo 2012.
20
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interpella ancora oggi. Si può senz'altro affermare che la musica, e segnatamente il rapporto musicaemozioni, è la forma d'arte che ha più stimolato il dibattito analitico se teniamo conto della quantità
ed estrema varietà dei contributi ad essa dedicati19.
Un punto va chiarito: non è messa in discussione l'idea che tra la musica e le emozioni vi sia una
qualche speciale relazione, dato pressoché inamovibile, ma ancora una volta tutte le complessità
sono legate alla difficoltà di stabilire in che termini è possibile giustificare questa relazione, in che
senso essa possa sussistere, quali le motivazioni profonde.
L'attenzione, nell'attuale dibattito, è diretta in particolar modo alla musica assoluta, cioè alla musica
strumentale senza testo, titolo o programma. E' rispetto ad essa infatti, che è certamente più
problematico giustificare l'idea che vi sia una relazione con le emozioni, visto che, diversamente
dalle arti a vario titolo rappresentative (pittura figurativa, teatro, letteratura, ecc.) la musica pura non
è un'arte contenutistica che intrattiene legami evidenti con il nostro mondo rappresentativo.
Le concezioni dominanti nel dibattito analitico sono due. In un primo momento ha riscosso
consenso l'idea di chi, in antitesi con le affermazioni scettiche di Hanslick20, ritiene che è
certamente sensato parlare della musica in termini espressivi, perché essa possiede le emozioni e le
possiede come proprietà percettive della sua struttura. In aperta polemica con tale posizione, si è
successivamente affermata l'idea di quanti ritengono che le proprietà emotive stiano alla musica
piuttosto che come proprietà percettive, come proprietà disposizionali. Secondo tale idea, la musica
è cioè espressiva delle stesse emozioni che essa normalmente desta o suscita nell'ascoltatore. Peter
Kivy21, che è uno dei più illustri e attivi rappresentati del dibattito, mette in evidenza come l'antica
diatriba concernente il problema del rapporto della musica con le emozioni oggi sfoci in uno
scontro tra queste due posizioni, rispettivamente ribattezzate come cognitivismo ed emotivismo.
Anche Derek Matravers22, si riferisce
alla stessa diatriba caratterizzandola nei termini
dell'opposizione tra sostenitori del requisito dell'esternalità (Externality requirement) e teorici della
teoria eccitazionistica (Arousal Theory). Kivy era estremo sostenitore della tesi cognitivista e
Matravers il più estremo sostenitore di un teoria eccitazionistica. Molto più sfumate le tesi di altri
autori, tra i quali alcuni pur muovendo dal presupposto cognitivista, non negano il potere che la
musica ha di suscitare emozioni in chi ascolta23.
5.3 – Musica ed emozioni - la psicologia
Tutto il linguaggio passionale diventa automaticamente melodioso
con una melodia molto più bella del mero accento;
perfino il discorso di un uomo in un accesso d'ira
diventa un canto, una canzone.
[Thomasd Carlyle, citato in Jespersen, Language, 1922]
19
20
21
22
23
Lentini D. (a cura di), Espressività ed emozione nell'esperienza musicale,Tesi di Dottorato-Palermo.
Hanslik E., Il bello musicale (1854), a cura di L. Distaso, Aesthetica Ed., Palermo 2001.
Kivy P.,“Feeling the musical emotions”, British Journal of Aesthetics, 39, 1999.
Matravers D., “Art and the Feeling Emotions”, British Journal of Aesthetics, 31, 1991.
Lentini D. (a cura di), Espressività ed emozione nell'esperienza musicale,Tesi di Dottorato-Palermo.
21
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Come si evince dai capitoli precedenti, le emozioni si formano attraverso il vissuto psicologico di
ognuno di noi, perciò sono uniche, ma paradossalmente uguali per tutti. Sono «sentite» in modo
soggettivo, ma dichiarate attraverso le stesse manifestazioni fisiche: espressioni del volto, rossore,
sudorazione, batticuore, coinvolgimento del sistema nervoso.
Potrebbe sembrare scontato dire che la musica suscita emozioni, che l’ascolto di una melodia attiva
in noi stati d’animo «particolari», che cantando, suonando o componendo possiamo manifestare e
comunicare anche i nostri sentimenti. Nessuno può dirsi totalmente indifferente ad almeno qualche
tipo di musica. Pratiche musicali ed esperienze emotive sembrano quindi un binomio inscindibile.
Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza della musica, diventa allora necessario, sul
piano della ricerca psicologica, domandarsi come la musica riesca a influire sulle persone.
Secondo John A. Sloboda, psicologo cognitivista della musica, se una persona è coinvolta dalla
musica che ascolta, se si commuove, se prova un’emozione, deve essere passata attraverso quella
fase cognitiva che implica la formazione di una rappresentazione interna astratta o simbolica di
quella musica. L'autore sostiene che il motivo per cui la maggior parte di noi prende parte ad attività
musicali, componendo, eseguendo o semplicemente ascoltando, è dato dal fatto che la musica è
capace di suscitare in noi stessi delle emozioni profonde e significative. Tali emozioni possono
andare ad un “puro” godimento estetico per un costrutto sonoro, alla gioia o alla disperazione, che
la musica a volte evoca o sostiene, al semplice sollievo dalla monotonia, dalla ansia, dalla
depressione, che le esperienze musicali quotidiane possono favorire. Sloboda sostiene che se i
fattori emotivi sono fondamentali per l'esistenza della musica; diventa allora fondamentale chiedersi
sul piano della ricerca psicologica, come la musica riesce ad influire sulle persone. Una persona può
capire la musica che ode senza esserne commossa, ma se ne è commossa, deve allora essere passata
attraverso quella fase cognitiva che implica la formazione di una rappresentazione interna24.
La natura di tale rappresentazione interna, le emozioni che l’ascolto musicale consente di provare,
sono tra i temi più complicati dello studio della psicologia perché rievocano stati d’animo ed
esperienze che hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo della personalità di ogni essere
umano e perciò non si prestano alla rigidità di teorie precise, ma dipendono dalla soggettività
dell’ascoltatore.
Sono diversi gli aspetti della musica che ci portano a «sentire» un’emozione. Tra i fattori che
giocano un ruolo significativo, la struttura del brano musicale occupa un posto di rilievo, esiste
infatti una relazione tra l’intensità e la qualità delle emozioni provate e la struttura del brano. Questa
relazione permette di spiegare come un pezzo che all’inizio dà una sensazione di calma, divenga in
seguito gioioso per concludersi poi magari con un tono malinconico. Anche il tempo sembra avere
un ruolo privilegiato. Non a caso alcune delle indicazioni usate dai compositori per segnalare a che
tempo una determinata opera musicale debba essere eseguita, hanno una connotazione emotiva:
allegro, vivace, lento, ecc. Fin dall’antichità veniva dato grande risalto al modo (Per modo si
intende l’insieme ordinato di intervalli musicali che definisce i rapporti gerarchici tra i vari gradi
della scala corrispondente. Nella musica occidentale si distinguono il modo maggiore e quello
minore.) in cui la musica doveva essere suonata. I greci utilizzavano infatti diversi modi e ognuno
prendeva il nome e una connotazione ben definita da un popolo che poteva rappresentarlo: lidio,
dorico, frigio ecc.
24 Sloboda J.A., La mente musicale, 1988, Il Mulino, Bologna 1988.
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Altri elementi che contribuiscono al manifestarsi dell’emozione sono: il timbro degli strumenti:
acuto, medio, grave. Il ritmo: non a caso musiche troppo dissonanti o con ritmi irregolari, come è
spesso il caso di certa musica contemporanea, hanno una connotazione acusticamente sgradevole.
Il piano temporale che rende la musica imprevedibile, in quanto non vi è modo di sapere, a un dato
istante, quello che accadrà l’istante successivo. La curiosità, il desiderio di scoprire ciò che non si
conosce, ci portano ad avere delle attese e quindi a generare delle emozioni25.
5.4 - Breve esame del rapporto tra struttura musicale e emozioni evocate
ESPRESSIONE DI FELICITA'
metro rapido
moderate variazioni di durata
livello sonoro medio- alto
tendenza ad inasprire i contrasti tra note lunghe e brevi come in un modello punteggiato
articolazione prevalentemente staccata
attacchi rapidi
timbro brillante
vibrato leggero o assente
intonazione lievemente crescente
Analogamente si può procedere per la tristezza, la rabbia, la paura o timore, la tenerezza. Secondo
quanto indicato dagli studi che per primo Juslin26, ha effettuato in questo campo disponendo di un
modello sperimentale che consisteva nell'esagerazione di alcuni parametri espressivi con la finalità
di ottenere una corrispondente risposta emotiva, e nel verificare successivamente la sintonizzazione
tra le intenzioni dell'esecutore e le risposte degli ascoltatori (tra parentesi si tratta di un ulteriore
contributo che ancora una volta segnala la “criticità” della dicotomia improvvisativo/recettivo).
ESPRESSIONE DI TRISTEZZA:
metro lento
variazioni di durata relativamente ampie
livello sonoro basso
tendenza ad attenuare i contrasti tra note lunghe e note brevi
articolazione legata
attacchi morbidi
vibrato lento e ampio
rallentando finale
timbrica morbida
intonazione a volte lievemente calante
25 http://www.euterpevenezia.it/attivita/rivista/cosedimusica.pdf, Cecilia Dolcetti, Marzo 2013.
26 Juslin P., Sloboda J., Music and emotion: theory and research, Oxford University Press, Oxford 2001.
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ESPRESSIONE DI RABBIA
metro rapido
livello sonoro alto
contrasti relativamente aspri tra note lunghe e corte
assenza di rallentando finale
articolazione per lo più non legata
attacchi molto secchi
timbro brusco
note distorte
ESPRESSIONE DI PAURA E TIMORE
ampie varianti di metro
ampie varianti di durata delle note
livello sonoro tendente al basso, ma con notevoli variazioni dinamiche
articolazione prevalentemente staccata
vibrato rapido e irregolare
pause tra le frasi
spettro sonoro morbido
ESPRESSIONE DI TENEREZZA
metro lento
variazioni di durata relativamente ampie
livello sonoro da basso a medio
tendenza a contrasti relativamente morbidi tra note lunghe e brevi
articolazione legata
attacchi morbidi
timbro morbido
vibrato intenso27
Finora si è cercato di analizzare le emozioni legate alla musica, indipendentemente dal vissuto
dell’ascoltatore e dalla sua storia personale, ma le emozioni musicali, come accennato all’inizio,
sono influenzate anche e soprattutto dalle nostre esperienze, dagli stati d’animo legati a determinati
momenti della nostra vita. Una certa musica ci può ricordare una circostanza importante, come
l’incontro o la perdita di una persona cara. Un’altra musica può essere legata a un evento
significativo o essere stata, per un certo periodo, la nostra musica preferita, la «canzone del cuore»,
e riascoltarla ci fa riaffiorare ricordi ed emozioni di quel momento. Altre volte l’associazione
musica-emozione può essere dettata da un film, da una pièce teatrale che ci ha particolarmente
colpito. Alcune musiche sono legate a ideali e utilizzate affinché si crei un legame emozionale forte
tra chi ascolta e l’ideale stesso che si vuole mettere in risalto: l’inno nazionale fa suscitare l’amor
patrio, la musica di Wagner, durante la seconda guerra mondiale, era utilizzata dal regime nazista
per incutere terrore. I tipici canti partigiani infondevano ardore e infervoravano gli animi nelle
imprese più disperate. I canti degli alpini ci danno la misura della loro fatica, della lotta per la
27 Clarkson G., Ho sognato di essere normale, postfazione di P.L. Postacchini, Cittadella Editrice, Assisi 2006.
24
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sopravvivenza. I canti degli agricoltori, delle mondine davano sostegno e continuità al lavoro. Il
tango argentino insieme all’ardore e alla passionalità trasmette melanconia. Il canto materno, le
ninnananne, le filastrocche danno tranquillità e sicurezza al bambino. La musica sacra induce al
raccoglimento e al misticismo. Questi e molti altri sono esempi del ruolo e dell’influenza che la
musica ha sulle nostre emozioni e potremmo chiederci anche il perché di tale impatto reattivo. La
psicologia non ha ancora una risposta ben chiara a questa domanda. Sul piano teorico potremmo
dire che la grande forza emozionale della musica sta nella sua quasi totale assenza di significato
denotativo. In altre parole, non vi è alcuna relazione tra un brano musicale e una realtà non
musicale. La musica, in questo senso, può essere rappresentata come «un contenitore» aperto alle
nostre emozioni. Chi ascolta ha la possibilità di «riempire» questo contenitore-musica con le sue
emozioni del momento.
«Mi mancano le parole», usiamo dire quando proviamo un’emozione profonda, quasi a dimostrare
che gli stati d’animo più intensi, le sensazioni più viscerali, le percepiamo ascoltando e non
parlando. La musica, qualunque essa sia, sa suscitare e comunicare le nostre emozioni quando
raggiunge il cuore, e non è traducibile con le parole. Per questo aspetto, in qualche modo, può
essere paragonata a quella «comunicazione privilegiata», anch’essa non verbale, a quello stato di
«beatitudine assoluta» dove le sensazioni si esprimevano attraverso un linguaggio gestuale dettato
esclusivamente dalle emozioni provocate dal suono della voce materna .
Anche da un punto di vista fisico l'esperienza musicale è molto stimolante. La musica è fatta di
vibrazioni. Intuitivamente, dunque, sembrerebbe che l'esperienza musicale si realizzi
esclusivamente attraverso il nostro apparato uditivo. Se però facciamo attenzione ed esercitiamo la
nostra percezione del corpo, scopriremo che noi non ascoltiamo la musica solamente attraverso
l'udito, ma la viviamo anche attraverso il nostro corpo: sotto forma di vibrazioni, che fanno
risuonare le nostre cavità naturali, e sotto forma di tensioni muscolari, che la musica stessa produce
in noi. Se a questo punto riflettiamo sul fatto che anche le emozioni sono qualcosa che viviamo
attraverso il corpo, attraverso le tensioni muscolari e le sensazioni viscerali che sono la base
fisiologica del nostro sentire le emozioni, allora troviamo un punto d'incontro tra musica ed
emozioni proprio nel nostro corpo28.
L'ascolto, ad esempio, consente di esercitarsi a cogliere le emozioni che un brano musicale può
suscitare. Ciò naturalmente è consentito dalla capacità (che non possiamo dare per scontata, ma che
può anche essere affinata) di lasciarsi andare, di entrare in sintonia con le emozioni che vengono
proposte. Facilmente cogliamo qui un riferimento all'empatia, cioè all'attitudine di saper entrare in
risonanza con l'esperienza degli altri, una competenza in grado di produrre vicinanza e
soddisfazione nelle relazioni interpersonali, e può essere sviluppata o affinata con questo tipo di
esperienza.
6 – I COLORI E LE EMOZIONI
Dai primi del '900, la pittura non descrive più la realtà visibile, i paesaggi della natura, ma vuole
rendere visibili i “moti dell'anima”. Paul Klee dipinge “paesaggi interiori”, Kandinskij 29 vuole
comunicare emozioni, sentimenti, idee, egli invita a “lasciarsi prendere dallo sguardo infantile, dalla
capacità che ha il bambino di meravigliarsi e di stupirsi di fronte al 'coro' dei colori. Nella sua
autobiografia l'artista russo, ripensando all'acquisto della sua prima cassetta di colori, con i faticosi
28 Salvbemini (a cura di), Educare alle emozioni, Atti del Convegno, Roma 24 novembre, 2004.
29 Kandinskj W., Lo spirituale dell'arte, SE, Milano 1989.
25
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risparmi di ragazzino tredicenne, racconta l'esperienza vitale del colore che esce dal tubetto. I colori
vengono descritti come esseri straordinari, esultanti, carichi di forza, “vivi in sé e per sé, sempre
pronti a nuove combinazioni, a mescolarsi fra loro e a creare serie infinite di mondi nuovi”. Non
solo, ma il colore è per l'artista come persona viva: “I tubetti sono come esseri umani, di grande
ricchezza interiore, ma dall'aspetto dimesso, che improvvisamente, in caso di necessità, rivelano e
attivano le loro forze segrete”. Prendiamo, per esempio, il colore rosso. Per Kandinskij il rosso è un
colore eccitante, vitale, vivace, irrequieto: comunica sempre grande energia.
In verità la connessione tra colore e vita psichica era intuizione antica. La tipologia ippocratica
associava ai quattro colori di base (nero, bianco, rosso e giallo) altrettanti modelli di
comportamento e modalità di funzionamento dell'organismo. Analogamente faceva la tipologia
cinese, associando i suoi cinque colori base (bianco, nero, verde, rosso, giallo) a elementi del
macrocosmo e del microcosmo, a stili di vita, a stati d'animo e a forme di malattia. Tipologie
posteriori abbinarono un altro quaternario cromatico di base (rosso, blu, giallo e verde) a modelli di
esistenza e di evoluzione psichica: Luscher delinea in effetti un tipo rosso, un tipo blu, un tipo verde
e un tipo giallo. La diversa combinazione all'interno di una stessa persona, di questi quattro modelli
darebbe origine alla singolare e irripetibile fisionomia e soggettività di ciascuno: esattamente come
dalla combinazione dei quattro colori fondamentali è possibile trarre l'infinita gamma delle
colorazioni esistenti (e chiunque sa quanto sia difficile e spesso impossibile trovare due colori
esattamente uguali).
Jung vede espresse in questo quaternario cromatico le quattro funzioni psichiche (pensiero,
sentimento, sensazione ed intuizione) e ritiene che sia quindi un simbolo della totalità psichica.
Anche l'alchimia riteneva che l'insieme dei colori (che a volte erano tre, altre volte quattro e altre
ancora sette) compendiasse l'intero processo di trasmutazione e fosse quindi immagine dell'uomo
totale, della persona giunta alla sua piena integrazione. Questi accenni consentono di dire che
l'esperienza cromatica è esperienza psichica centrale. La comparsa del colore nella realtà psichica
segna figurativamente l'emergere da una realtà spenta e offuscata, fatta di reazioni elementari
(bianco o nero) e di visioni anaffettive a una realtà colorata emotivamente, variegata di sfumature
affettive e ricca di coinvolgimenti personali forti. Il vissuto cromatico riveste un'importanza non
trascurabile nell'ambito dell'esperienza individuale e collettiva e occuparsi della visione cromatica,
della capacità di percepire i colori, delle modalità di impiego del colore significa perciò occuparsi
della natura e dell'evoluzione stessa dell'uomo30.
6.1 – Il simbolismo dei colori31
NERO
La notte e il caos. Il nero è il colore delle tenebre primordiali è il colore del vuoto che precede la
creazione, dello stato psichico che precede la coscienza.
Il nero, come la negazione di gesti e colori, è un niente espressivo della massima potenza.
E' il colore della prima materia, oggetto di trasmutazione alchemica e di trasformazione psichica (il
primo stadio trasmutativo del composto alchemico viene definito “nigredo”).
Nero-caos e prima materia sono simboli dell'inconscio da cui nasce il conscio. Il nero sta
all'inconscio come il bianco sta al conscio.
Nero, tenebre e notte sono simboli di mancanza di coscienza.
30 Widmann C., Il simbolismo dei colori, 2009 ed. Scientifiche Ma.Gi. Srl, Roma 2009.
31 Ibidem.
26
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Henry Matisse scrisse che esso non è solo un colore ma è una forza. In quanto tale potenzia l'effetto
dei colori vicini. Corrisponde al lato oscuro della forza.
Il nero conferisce solennità, maestosità e autorità.
E' il colore del male per convenzione e per caratteristica intrinseca.
E' il colore della morte, della malinconia e della melanconia.
ROSSO
Nell'abisso delle tenebre è custodito il segreto vitale e questo viene reso come un nucleo rosso
nell'abisso del nero, un cuore di fuoco custodito nel punto più occulto del buio.
Il binomio rosso-amore è uno dei più saldi nella psicologia del colore.
E' il colore della vita che si manifesta.
Nel simbolismo alchemico la rubedo è lo stadio più evoluto di trasformazione della “prima materia”
e corrisponde a completezza e totalità.
Lo spirito, il fuoco e il rosso come energie trasmutative. E' il colore ideale dell'allarme, dell'azione e
dell'attività.
Rosso – sangue – vita.
Il rosso è il colore degli istinti aggressivi: nella forma socializzata del coraggio, della competizione,
dell'agonismo e nelle forme cruente dell'ira, della guerra e della distruzione.
BLU
Si colloca al polo opposto rispetto al rosso. Ha un effetto fisiologico sedativo, determina cioè un
rallentamento delle funzioni vegetative.
Ha il significato fondamentale della quiete e dell'appagamento.
Il blu come cielo divino, come legame tra terrestre e celeste. Il colore dell'infinito e dell'eternità. E'
il colore della sapienza. E' il colore del pensiero riflessivo, della riflessione introspettiva e del
pensiero meditativo. Il blu è il colore dell'acqua, del femminile e dei sentimenti affettuosi. E' il
colore della quiete fisica e della serenità emotiva. E' la rotondità, la pienezza, è colore morbido e di
tenerezza. Contiene, avvolge e ricopre. E' il colore dell'armonia e dell'unione col tutto.
27
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Scrive Kandinskij: “Quanto più il blu è profondo,
tanto più richiama l’uomo verso l’infinito, suscita in
lui la nostalgia della purezza ed infine del
soprasensibile. Esso è il colore del cielo, come ce lo
immaginiamo quando sentiamo il suono della
parola «cielo»”.
“Blue de ciel”, 1940, olio su tela, 73x100 cm,
Parigi Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.
GIALLO
E' il colore più prossimo alla luce: quella degli astri e del sole in primo luogo, è simbolo di
intelligenza, intuizione e comprensione. Come la luce, il giallo è irraggiamento, espansione e fuga.
E' quindi un colore che sfugge e che respinge lo sguardo, che non penetra e non viene assorbito, che
non invita a entrare, che non inclina all'approfondimento. E' un colore leggero in senso sia fisico
che psichico. Esasperandosi diventa inquieto e febbrile. Il giallo conferisce concretezza alla
conoscenza. Se nel bianco si purificano i difetti, nel giallo si purificano le virtù. Giallo – oro –
divino. Simbolo di perfezione, colore che conferisce qualità, pregio e preziosità. Come colore della
maturità.
Quando il giallo si fa pastoso e cupo, diventa simbolo delle componenti operative e pratiche della
psiche diventa il colore dello zolfo che per gli alchimisti è nel corpo quello che è il sole
nell'universo.
VERDE
Dal punto di vita simbolico la dimensione verde, vegetativa corrisponde al fondamento biologico
della psiche; è il basamento solido, lo zoccolo materiale su cui si identifica l'identità personale.
Trasmette un senso di stabilità, solidità, perseveranza e costanza.
E' ciò che continua sempre a vivere. E' il colore della primavera e della ricrescita vegetativa, è il
colore giovanile e dell'immaturità, individua un'evoluzione in essere ma non ancora terminata.
28
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E' legato al tema della rinascita primaverile e ai significati di rigenerazione e speranza nella
continuità della vita.
E' il colore dell'immortalità e dell'attaccamento alla vita. Simbolo di guarigione, di salute e di
longevità. Il verde è colore statico, equilibrato e bilanciato, è fermo e stabile ma non passivo. E' il
colore frenato di chi si tiene le cose dentro.
VIOLA
L'alchimia conosce due vie: quella della mano destra (attiva, estroversiva, maschile e violenta) e
quella della mano sinistra (passiva, introversiva, femminile, intuitiva). Nel linguaggio dei colori
potremmo definire la prima come la via del colore rosso, la seconda come la via del colore blu.
Entrambe mirano alla ricomposizione dell'unità, ovvero all'integrazione degli opposti e delle
ambivalenze entro una dimensione di totalità e di integrazione. Tendono entrambe alla realizzazione
dell'individuo nel suo significato etimologico non diviso, unito. La via rossa vuole raggiungere
l'identificazione tramite la lotta e la conquista. La via blu vuole ottenere l'identificazione con la
dedizione. Entrambi, rosso e blu, vogliono l'identificazione, l'unità. Questa premessa ci fa cogliere il
significato simbolico del colore viola, che percettivamente nasce dalla fusione fra rosso e blu. Il
violetto è il colore della temperanza, composto da una ugual proporzione di rosso e di azzurro, di
lucidità e di azione riflessa, di equilibrio fra la terra e il cielo, i sensi e lo spirito, la passione e
l'intelligenza, l'amore e la saggezza.
MARRONE
Nel bruno il nero soffoca simbolicamente il rosso. E' un colore così cupo da essere strettamente
associato al nero, ma nello stesso tempo si manifesta apparentato con il rosso; per questi aspetti si
presta ad esprimere l'ombra del rosso. Esso esprime il lato inferiore dell'amore e corrisponde alle
forme egoistiche di esso.
Il marrone è il colore della terra, è il colore del lato passivo. E' il colore della materia, il legno come
prima materia, il corpo come materia dell'individualità. E' il colore della regressione e delle
esperienze fisiche, è il colore del calore animale e del calore umano.
GRIGIO
Il grigio è il colore dell'argento, metallo nobile e elemento complementare all'oro. E' associato allo
specchio cioè alla conoscenza e alla luna.
Non è facile parlar del grigio in termini assertivi; è più facile dire ciò che esso non è. Il grigio,
difatti, si distingue per le negazioni: non è luce e non è tenebra, né oggetto né soggetto, né interno
né esterno, né tensione né sblocco; per molti non è nemmeno un colore.
“ Il grigio è niente di ogni cosa e questa è la sua caratteristica” scrive Lucher, e insiste. “la sua
particolarità è la neutralità più completa. Il grigio non è stimolante, né calmante; non trasmette né
sedazione, né tensione; il grigio non rappresenta fondamentalmente nessun settore della vita.
BIANCO
L'assoluto e il divino. E' il colore opposto al nero ed esattamente come il nero è un colore assoluto.
Non tollera alcuna impurità, pena il suo decadere nel grigio. E' il colore della totalità, il cromatismo
che assomma in sé tutti gli altri. E' il colore tipico delle divinità assolute. Il bianco è simbolo del Sé
come “uomo totale”, l'individuo realizzato nella sua totalità. Il bianco è il colore di chi ha realizzato
la perfezione.
29
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Se il nero è il colore notturno e di tenebra, il bianco è colore diurno e di luce e l'altro dalle tenebre.
La luce è il simbolo della coscienza, l'esperienza della consapevolezza viene universalmente vissuta
come l'illuminazione.
Nel processo alchemico dopo che gli elementi della materia prima si sono disciolti in uno scuro e
maleodorante amalgama, dopo che il composto è stato manipolato, trattato e raffinato, si chiarisce
progressivamente fino a sbiancarsi del tutto. La nigredo trapassa nell'albedo. Dal punto di vista
psichico, il carico opprimente del caos, cecità, incoscienza e depressione che ammorba la nigredo si
dissolve nella luminosità, trasparenza, esultanza e chiarezza dell'albedo.
6.2 – La musica del colore
Il termine “sinestesia” significa “percezione simultanea” e descrive un approccio alla creazione
artistica volto a superare le barriere che normalmente confinano la nostra percezione sensoriale: si
sforza, cioè, di dare suono ai colori e sensazioni tattili alla musica, alla luce, agli odori.
Alla base di quest’approccio c’è la convinzione che la percezione artistica ha innanzitutto una
dimensione psichica e che la nostra capacità intellettiva di rielaborazione degli stimoli sensoriali è
la fonte di quelle emozioni peculiari che le opere d'arte sanno suscitare. Partendo da questo punto di
vista non è difficile immaginare che un colore o una forma possano avere un suono o, al contrario,
che una musica sappia evocare immagini meravigliose o... spaventose32.
Nell'ambito delle arti figurative, questo concetto è stato ampiamente teorizzato agli inizi del
novecento da un grande maestro dell'astrattismo moderno, il russo Wassily Kandinskij il quale
elaborò un nuovo concetto di pittura che era caratterizzato dal ripudio di ogni rigido legame con le
forme della natura e poneva come valore assoluto il "suono interno" dei colori e delle forme, come
lo stesso Kandinskij teorizzò nel suo saggio "Dello spirituale nell'arte".
L’obiettivo dell’artista diventava, quindi, non quello di rappresentare la realtà sensibile, ma
piuttosto di costruire un linguaggio nuovo, capace di stabilire un nesso tra l’invisibile ed il visibile,
e di riprodurre in pittura le caratteristiche strutturali della musica.
La teoria psicologica ha, intanto, identificato nel “colore” un veicolo primario del processo di
sviluppo cerebrale delle facoltà combinatorie ed immaginative delle emozioni. Il colore, in realtà,
viene riconosciuto più tardi rispetto alle forme, ma costituisce uno dei codici elementari con cui il
bambino impara ad esprimere le emozioni e nello sviluppo della società col colore si esprimono le
prime sensazioni elementari33.
Kandinskij era in grado di percepire sensazioni uditive in accordo con determinati colori. In un
significativo passo di “Dello spirituale nell’arte” si legge: «Negli esseri umani più evoluti, le vie
che conducono all’anima sono così dirette, e le impressioni psichiche raggiungibili così
rapidamente, che un’azione che si eserciti attraverso un senso arriva direttamente all’anima,
facendo vibrare per simpatia le vie corrispondenti che vanno dall’anima agli altri organi
sensoriali. Si potrebbe paragonare questo fenomeno a una sorta di eco o di risonanza quale si ha in
determinati strumenti musicali quando, senza essere toccati, entrano in risonanza con un altro
strumento, suonato invece direttamente (...) . «È chiaro pertanto che l’armonia dei colori deve
fondarsi solo sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana»34. In un altro luogo,
Kandinskij afferma che le sensazioni provenienti da sfere sensoriali confinanti possono vibrare per
32 Puglisi A., La musica del colore – Il colore della musica, dispensa Istituto MEME, Modena A.A. 2012-2013.
33 Ibidem.
34 Kandinskij W., Lo spirituale nell'arte, SE, Milano 1989.
30
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simpatia, alla stessa maniera con cui, per usare una sua espressione, «vibrano tutte le corde di una
violino se una sola di esse viene sfiorata». Operando con questi presupposti, Kandinskij in Dello
Spirituale nell’arte ha collegato i colori non solo con i suoni ma anche con i sensi, i pensieri, le
azioni, i temperamenti, organizzandoli in modo corrispondente al loro grado di intensità, in un
circolo i cui poli opposti rappresentano la vita tra la nascita e la morte35.
Colore
Effetto - umore
Equivalente strumentale
Nero
Eterno silenzio, il silenzio della Il colore più povero di suono,
morte, non speranza futura
completo riposo finale
Grigio
Immobile, senza speranza,
rigido
Nessuno
Marrone
Inibizione
Nessuno
Verde
Apatia, pace; riposante e calmo, Suoni di violino registro medio
benefico per un uomo stanco
Viola
Sensuale, smorzato, triste
Corno inglese, chiarina, oboe,
nei toni più profondi, i fiati
(basso)
Blu
Generalmente: di colore
celestiale tipicamente
concentrico
(cfr. giallo = eccentrico)
Violoncello, mentre la tristezza
aumenta
Blu scuro
Pace, tristezza non umana
I meravigliosi suoni del
contrabbasso in forma profonda,
solenne, come l'organo profondo
Azzurro
Diventando più chiaro assume
carattere più indefinito
Flauto
Rosso, freddo profondo
Un'attesa energica, come
Suoni centrali e profondi del
qualcosa che giace in attesa,
cello, evocanti un momento di
pronto a fare un balzo selvaggio passione
Rosso, freddo chiaro
Giovane, pura gioia; libertà;
fresca pura immagine di una
ragazza;
Vermiglio
Come una passione che scorre Tuba; tamburo profondo
continua, una forza che conta su
sé stessa
Rosso caldo chiaro
Effetto entusiasmante che può
giungere al punto di dolore;
simile al sangue che scorre
Più acuti; suoni chiari e
melodiosi di violino o “piccole
campane”
Ottoni, fanfare suoni forti,
ostinati
35 Verdi L., Kandinskij e la musica, dispensa Istituto MEME, Modena A.A. 2012-2013.
31
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Arancione
Come un uomo convinto della
propria forza, una sensazione
sana
Campane di Chiesa medie che
suonano all'Angelus
Giallo
Tipico colore terrestre;
eccentrico e senza spessore;
inquieto, eccitante; influenza
fortemente l'umore. Toni più
leggeri possono raggiungere
una forza e altezza
insopportabili all'occhio e alla
mente. Può rappresentare la
pazzia nel colore
Ottoni, mentre il giallo diventa
più chiaro, suona come le note
acute di una tromba sempre più
forte, o come una fanfara in
crescendo
Bianco
Silenzio; non di morte, ma ricco Un silenzio che può
di possibilità:
improvvisamente venire
compreso, come le pause in
musica che solo interrompono lo
sviluppo di un movimento o il
contenuto per un dato tempo, e
non sono la conclusione
definitiva
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PARTE SECONDA
7. LA MUSICOTERAPIA
Associazione Professionale dei Musicoterapeuti della Gran Bretagna
La musicoterapia è una forma di trattamento in cui s’instaura un mutuo rapporto fra paziente e
terapeuta, che permetta il prodursi di cambiamenti nella condizione del paziente e l’attuazione della
terapia. Il terapeuta lavora con una varietà di pazienti, sia bambini che adulti, che possono avere
handicap emotivi, fisici, mentali o psicologici. Attraverso l’uso della musica in maniera creativa in
ambito clinico, il terapeuta cerca di stabilire un’interazione, un’esperienza ed un’attività musicale
condivise che portano al perseguimento degli scopi terapeutici determinati dalla patologia del
paziente36.
Associazione Canadese di Musicoterapia
La musicoterapia è “l’uso della musica per favorire l’integrazione fisica, psicologica ed emotiva
dell’individuo e l’uso della musica nella cura di malattie e disabilità. Può essere applicata a tutte le
fasce d’età, in una varietà di ambiti di cura. La musica ha una qualità non – verbale, ma offre
un’ampia possibilità d’espressione verbale e vocale. Come membro di un’équipe terapeutica, il
musicoterapeuta professionista partecipa all’accertamento dei bisogni del cliente, alla formulazione
di un approccio e di un programma individuale per il cliente e poi offre specifiche attività musicali
per raggiungere gli scopi. Valutazioni regolari accertano ed assicurano l’efficacia del programma.
La natura della musicoterapia amplifica l’approccio creativo nel lavoro con gli individui
handicappati. La musicoterapia fornisce un approccio umanistico possibile che riconosce e sviluppa
le risorse interne del cliente spesso non sfruttate. I musicoterapeuti desiderano aiutare l’individuo
per spingerlo verso un migliore concetto di sé, e, nel senso più ampio, per far conoscere ad ogni
essere umano le proprie maggiori potenzialità”37.
Associazione Nazionale di Musicoterapia U.S.A.
La musicoterapia è “l’uso della musica nella realizzazione degli scopi terapeutici: il ristabilimento,
il mantenimento e il miglioramento della salute mentale e fisica: è l’applicazione sistematica della
musica, diretta dal musicoterapeuta in un ambito terapeutico, per portare i cambiamenti desiderati
nel comportamento. Tali cambiamenti permettono all’individuo di affrontare la terapia per arrivare
ad una maggiore comprensione di sé e del mondo intorno a lui, e di ottenere quindi un più adeguato
adattamento alla società. Come membro della squadra terapeutica il musicoterapeuta professionista
prende parte all’analisi dei problemi dell’individuo e alla formulazione degli obiettivi del piano
36 www.roheampton.ac.uk - Maggio 2012.
37 www.musictherapy.ca - Maggio 2012.
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generale di trattamento, prima di progettare ed elaborare specifiche attività musicali. Valutazioni
periodiche vengono fatte per determinare l’efficacia delle procedure impiegate”38.
Federazione Mondiale di Musicoterapia
La Musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo,melodia e armonia)
da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un cliente o un gruppo, in un processo atto a
facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione,
l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche,
emozionali, mentali, sociali e cognitive. La Musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali
e/o residue dell’individuo in modo tale che il paziente o la paziente possano meglio realizzare
l’integrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possano migliorare la qualità della loro
vita grazie ad un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico39.
Il modello psicodinamico di Rolando Benenzon
Benenzon afferma che da un punto di vista scientifico la musicoterapia è un ramo della scienza che
tratta lo studio complesso suono-uomo, sia il suono musicale o no, per scoprire gli elementi
diagnostici ed i metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista terapeutico, la
musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre
effetti regressivi ed aprire canali di comunicazione che ci mettono in grado di iniziare il processo di
preparazione e di recupero del paziente per la società. Egli fa grande uso di strutture psicoanalitiche,
dà importanza primaria ai meccanismi di regressione e all'analisi dei fenomeni transferali e
controtransferali e considera la musica originariamente come un mezzo simbolico40.
Il principio dell'ISO
ISO vuol dire uguale e sintetizza la nozione di esistenza di un suono o di un insieme di suoni o di
fenomeni sonori interni che ci caratterizzano e ci individualizzano. Si tratta di un fenomeno sonoro
e di movimento interno che riassume i nostri archetipi sonori, il nostro vissuto sonoro intra-uterino
e il nostro vissuto sonoro della nascita, dell'infanzia fino alla nostra età attuale.
Possiamo distinguere un ISO gestaltico, un ISO complementare, un ISO gruppale e un ISO
universale.
L'ISO gestaltico è l'identità sonora che caratterizza l'individuo, che ci consente di scoprire quello
che è il canale di comunicazione per eccellenza del soggetto, col quale cerchiamo di instaurare una
relazione terapeutica.
L'ISO complementare rappresenta la fluttuazione momentanea dell'ISO gestaltico sotto l'effetto di
circostanze ambientali specifiche.
L'ISO gruppale è intimamente connesso allo schema sociale all'interno del quale l'individuo evolve.
Occorre un certo lasso di tempo perché quest'ultimo si instauri e si strutturi e spesso dipende dalla
buona composizione del gruppo, è fondamentale al fine di raggiungere un' unità di integrazione in
un gruppo terapeutico in un contesto non verbale.
38 www.musictherapy.org - Maggio 2012.
39 www.psychotherapie.org - Maggio 2012.
40 Benenzon R., Manuale di musicoterapia, Borla, Roma 2005.
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L'ISO universale è una identità sonora che caratterizza tutti gli esseri umani, indipendentemente dal
particolare contesto sociale, culturale, storico e psico-fisiologico. Farebbero parte dell'ISO
universale le caratteristiche particolari del battito del cuore, dei suoni di inspirazione ed espirazione,
nonché della voce della madre al momento della nascita e nei primi giorni di vita41.
La musicoterapia di Gertrud Orff
La musicoterapia Orff è una terapia multisensoriale. L'impiego dei mezzi musicali, parola in senso
ritmico-fonetico, ritmo libero e obbligato, movimento e manipolazione degli strumenti, è strutturato
in maniera da corrispondere a tutti i sensi. Tramite tali impulsi multisensoriali è possibile
intervenire anche là dove un importante organo di senso manca o è danneggiato. Nella
collaborazione spontanea e creativa il bambino potrà esprimersi liberamente, forgiare la sua
espressione e usarla in senso sociale.
La musicoterapia Orff può potenziare altre terapie, se con esse sapientemente coordinata. E'
applicabile nei deficit psico-mentali, fisici, dei sensi, nei disturbi del comportamento, dello
sviluppo, della comunicazione e nei casi di autismo42.
La musicoterapia Orff e il suo riferimento all'Orff-Schulwerk
Le particolarità della metodologia Orff sono: la concretezza dell'esperienza musicale proposta;
l'unitarietà che nasce dalla fusione tra gesto, musica e parola; l'utilizzo della musica elementare,
intesa come un ritorno alle origini, agli elementi formali costitutivi; la creatività come espansione
del pensiero divergente e come motivazione all'alfabetizzazione; l'utilizzo di uno strumenatario
elementare, comunemente conosciuto come Strumentario Orff.
I buoni risultati ottenuti da Orff con i bambini ciechi e sordomuti e l'interesse degli ambienti medici
verso la musica attiva, spinsero la moglie Gertrude a continuare e sviluppare, dopo la morte del
pedagogo tedesco, la “musicoterapia-Orff”43.
L'idea fondamentale dell'Orff-Schulwerk era di procurare al bambino una “dimensione musicale”
completa nella quale esprimersi, prendere coscienza di sé, fare musica insieme agli altri. Basandosi
su questa idea si è sviluppata la terapia. Due sono i principi base di questa scuola: l'elementarità e la
stimolazione multisensoriale. Scrive Gertrude Orff:44 ”movimento, canto, suono, formano un tutto
unico: musica elementare, strumentario elementare, forme elementari di linguaggio e di movimento.
La musica elementare non è mai soltanto musica, essa è legata al movimento, alla danza, alla
parola, è una musica che si deve fare spontaneamente, a misura di bambino nella quale si è coinvolti
come collaboratori, non come ascoltatori. Essa è pre-mentale, non conosce le grandi forme, è
naturale, fisica, può essere appresa da ognuno, vissuta da ognuno a misura di bambino”.
La musica elementare, dunque, nelle sue tre componenti, suono, movimento e linguaggio, investe
globalmente la personalità psicofisica del bambino e viene recepita attraverso i canali di
comunicazione rimasti intatti nel soggetto disabile. E qui entra in gioco il secondo principio: la
41 Benenzon R., Manuale di musicoterapia, Borla, Roma 2005, pag. 47,48,49.
42 Orff G., Musicoterapia-Orff, Cittadella Editrice, Assisi 2005. pag 23 a 32.
43 Pace A., Calvi K., Popaioannou I., Mercandel T., Stefanato S., Musicoterapia psicopedagogica, Luglio ed., Trieste
2010.
44 Orff G., Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella ed., Assisi 1982, p. 10.
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stimolazione multisensoriale, che si pone l'obiettivo di sviluppare tutti i sensi e, nel caso di un
organo sensoriale deficitario, di “sostituirlo” potenziandone un altro.
Per operare secondo il principio della multisensorialità gli input devono essere, come evidenzia
l'autrice tedesca, penetranti, stimolanti e affascinanti.
Strumentario Orff
Il materiale strumenatle che viene preso dall'Orff-Schulwerk, è il punto chiave della terapia. Esso
può venir considerato sotto tre aspetti tattile, ottico e acustico.
Tattilmente si possono distinguere le differenti caratteristiche secondo i seguenti riferimenti:
 calore (piuttosto freddo il metallo, meno freddo il legno, più calda la pelle);
 struttura della superficie (liscia nel legno e nel metallo, meno liscia nella pelle);
 durezza (legno e metallo più duri della pelle e delle corde);
 elasticità (tensioni differenziate negli strumenti a membrana);
 vibrazione (il metallo vibra più intensamente del legno).
Gli strumenti si differenziano poi per la loro rispettiva grandezza e per la loro forma (ci sono
strumenti rotondi grandi e piccoli, soprattutto diverse grandezze di tamburi nelle diverse posizioni:
verticali od orizzontali).
L'impiego ottico può avvenire da solo, ma anche in contrasto con quello acustico.
Gli strumenti si distinguono acusticamente per il loro timbro in quanto ogni materiale per le sue
caratteristiche ha un timbro suo specifico. Gli strumenti possono venir impiegati in modo
omogeneo, usando soltanto un gruppo di strumenti; oppure eterogeneo cioè con vari timbri sonori;
possono venir usati singolarmente o in gruppo. Possono venir suonati o usati nello stile premelodico
e addirittura in modo preritmico.
Per quanto riguarda la maniera di impiegare lo strumentario in terapia esistono alcune regole
generali:
 lo strumentario è un sostegno dei sensi;
 lo strumentario non deve venir alterato nella sua natura;
 gli strumenti vanno usati con parsimonia;
 lo strumentario può assumere funzione di segnale;
 uso interscambiabile del materiale.
Lo strumentario ha una triplice possibilità di impiego:

c'è la possibilità di un'attività acustica pratica;

può fungere da intermediario tra terapeuta e bambino, distanziando oppure unendo;

tramite il materiale il bambino può comunicare; può iniziarsi alla socialità. Anche qui il
materiale può avvicinare o distanziare.
Utilizzando questo materiale è possibile una triplice comunicazione di tipo non verbale:
 comunicazione tra bambino e materiale;
 comunicazione tra bambino e terapeuta tramite il materiale;
 comunicazione tra bambino e bambino.
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8. TECNICHE DI INTERVENTO UTILIZZATE
Comunemente vengono distinte due modalità applicative: la musicoterapia attiva e la musicoterapia
recettiva. Per musicoterapia attiva s’intende la diretta manipolazione di uno strumentario musicale.
Dove lo strumentario è per lo più costituito da materiale musicale della metodologia Orff: si tratta
di strumenti musicali caratterizzati da una facile manipolazione anche in assenza di una specifica
competenza musicale, e da una ricca gamma di timbri e suoni.
La musicoterapia attiva consiste nel “fare musica” in tutte le accezioni che questa espressione può
avere e prevede la partecipazione attiva e creativa sia del paziente che del musicoterapeuta. Le
principali tecniche utilizzate sono:
 l'improvvisazione musicale;
 il dialogo sonoro;
 la composizione di canzoni (songwriting);
 il movimento sulla musica;
 il canto e la vocalizzazione.
In talune sue “applicazioni” la musicoterapia attiva si definisce come terapia di attivazione. Essa
ruota attorno a tre poli.
1. Aiuta a scoprire i disturbi del ritmo, responsabili di molti problemi scolastici. Infatti un
cattivo senso del ritmo può essere l'origine di numerosi problemi del linguaggio, della
lettura e della scrittura (dislessia).
2. Aiuta a correggere i disturbi psicomotori, come i difetti di lateralità o di equilibrio, con il
lavoro del ritmo e la manipolazione di uno strumento (per lo più scelto tra le percussioni)
che richiede sia un senso tattile che un controllo motorio. La musicoterapia attiva può essere
mezzo di espressione e di comunicazione migliore di tanti altri, a volte l'unico possibile.
Sostituto o compendio di altre attività, la musicoterapia attiva diventa allora fattore di
sviluppo sensoriale, valvola emozionale, stimolo mentale ed, infine, mezzo di
comunicazione.
3. In modo ancora maggiore, l'applicazione delle tecniche psicomusicali attive partecipano al
trattamento dell'ansia, dell'inibizione emotiva, e a quello delle difficoltà di comunicazione.
Se la musica suonata o meglio, espressa spontaneamente, può aiutare ad attenuare i nostri
piccoli blocchi favorendo il controllo dell'emotività e la sua esteriorizzazione, di
conseguenza è, anche e soprattutto, educazione e supporto per tutti coloro che hanno seri
problemi emozionali.
4. Al contrario della musicoterapia recettiva, il programma delle sedute di musicoterapia attiva
non viene mai pianificato in anticipo. Esso viene fuori dalla situazione, nasce
dall'improvvisazione e dal dialogo tra paziente e terapeuta45.
La dizione musicoterapia recettiva rimanda ad una pratica d'ascolto sonoro/musicale diversamente
finalizzata all'interno di un programma di intervento. Si preferisce questa terminologia a quella di
musicoterapia passiva per superare l'equivoco di un’applicazione pseudo farmacologica
dell'elemento sonoro/musicale e per sottolineare come anche l'ascolto debba essere considerato un
45 Russo A. M. – Viaggio nel silenzio, Tesi finale SST in musicoterapia – Istituto MEME 2007/08.
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processo attivo in cui il personaggio ricrea e trasforma la proposta musicale e sonora. La procedura
metodologica dell'intervento musicoterapico prevede una specifica indagine, volta a precisare le
caratteristiche sonoro/musicali del soggetto e dell'ambito sociale e familiare di provenienza, ed una
preliminare fase di osservazione a cui seguirà l'elaborazione di un progetto operativo. In questo
ambito musicoterapico, il “musicale” diviene una sorta di “oggetto intermediario”, mediatore di una
potenziale relazione psicoterapica.
La risposta allo stimolo musicale offerto può essere “tradotta”attraverso il rilassamento, il disegno,
la manipolazione di materiali, il movimento libero o strutturato, la scrittura, le verbalizzazioni,
l'improvvisazione vocale, strumentale o fisica46.
Fra gli obiettivi della musicoterapia recettiva, basata sull'ascolto di musica dal vivo o registrata, che
può essere tratta da qualsiasi repertorio, figurano la creazione della relazione, la concentrazione, la
ricerca interiore, il rilassamento e la calma47.
Un'ultima riflessione può essere posta rispetto al ruolo del terapeuta all'interno della seduta. Appare
evidente come questi non possa attenersi che con difficoltà ad un atteggiamento di neutrale
osservazione e descrizione della scena rappresentata all'interno del setting. Fin da subito è implicato
più come protagonista che come osservatore, la musica da lui proposta lo compromette e condiziona
i possibili movimenti transferali del paziente.
8.1 – Il Songwriting
Wittgenstein ha sbagliato quando ha scritto
che quello che non siamo in grado di dire
dobbiamo consegnarlo al silenzio. Non è affatto vero.
Quello che non siamo in grado di dire, noi possiamo cantarlo.
[Victor Zuckerkandll]
Sin dall'infanzia tutti noi ci relazioniamo alle canzoni e alla loro composizione in modo personale.
Il testo di una canzone fornisce spesso una precoce esperienza del modo in cui rappresentare
simbolicamente il mondo e del modo in cui si possono usare metafore per capire il significato di ciò
che ci sta accadendo.
Le canzoni fanno parte della “cassetta degli attrezzi”del musicoterapeuta, possono aiutare le
persone a riflettere sul proprio passato, presente o futuro, entrare in contatto con processi di
pensiero inconsci, affrontare le difficoltà intrapersonali e interpersonali e proiettare i propri
sentimenti nella musica. Se usate in gruppi, aiutano lo sviluppo della coesione, incoraggiano
l'interazione sociale e favoriscono sostegno al gruppo stesso. Elemento molto importante, le canzoni
offrono opportunità ai “pazienti” di sperimentare gioia in momenti in cui potrebbero considerare le
occasioni felici poche e remote48.
Per gli esseri umani le canzoni sono modi di esplorare emozioni. Esse esprimono chi siamo e come
ci sentiamo, ci portano più vicini agli altri, ci fanno compagnia quando siamo soli. Intrecciano
46 Manarolo G., L'angelo della musica, Omega Edizioni, Torino 2002.
47 www.edumus.com/ - R. M. Sarri, Musicoterapia fra le righe, Marzo 2013.
48 Baker F., Wigram T., Songwriting, ISMEZ ed. Roma 2005.
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racconti delle nostre gioie e dolori, rivelano i segreti più nascosti, esprimono speranza e delusioni,
paure e conquiste. Sono il nostro diario musicale, le nostre storie di vita. Sono i suoni del nostro
personale sviluppo.49
La tecnica della composizione di canzoni (songwriting) è emersa dall'utilizzo delle canzoni in
contesti terapeutici. I clinici hanno scritto per molti anni canzoni per i pazienti e con i pazienti per
affrontare diversi obiettivi terapeutici. Bisogna però distinguere queste due tecniche.
Scrivere canzoni per i pazienti si riferisce alla composizione da parte del musicoterapeuta per uno
specifico paziente, gruppo di pazienti o per uno scopo terapeutico specifico dettato dai bisogni del
paziente, che possono essere psicologici, emotivi, sociali, fisici, spirituali o comunicativi.
Scrivere canzoni con i pazienti ha uno scopo diverso ed è simile al concetto di musica come terapia.
L'effetto terapeutico si ottiene mediante la creazione, l'esecuzione e/o la registrazione della propria
canzone da parte del paziente. Il ruolo del musicoterapeuta è di facilitare questo processo, facendo
in modo che il paziente crei una composizione che possa essere sentita come propria e che esprima
bisogni, pensieri e sentimenti personali.
8.2 L'improvvisazione
Nell'improvvisazione la persona crea musica in maniera estemporanea. L'improvvisazione può
prendere forma di assolo realizzato dal “paziente”, più spesso di un duo con il terapeuta o può
diventare un'improvvisazione di gruppo. Ogni idea proposta viene poi sostenuta dal musicoterapeuta che accompagnandola musicalmente le da una adeguata cornice musicale.
Durante l'improvvisazione la persona attraverso l'uso della voce e/o degli strumenti facenti parte del
setting, sperimenta la possibilità di esprimersi liberamente, aumentando l'ascolto e la coscienza di sé
e degli altri, favorendo l'interazione e la comunicazione.
Una forma particolare di improvvisazione clinica è il Dialogo sonoro di Mario Scardovelli50.
Il Dialogo sonoro è un particolare tipo di improvvisazione musicale nella quale il musicoterapeuta
(detto facilitatore), rispondendo a ciò che esprime musicalmente il paziente (detto facilitato), ha il
compito di tenere i fili della situazione.
Il facilitato ha a sua disposizione strumenti musicali a percussione e li utilizza come vuole. Il
facilitatore favorisce, incrementa, conduce il dialogo secondo la direzione che ritiene più idonea.
Nel Dialogo sonoro si individuano tre elementi fondamentali:
 matching: ricalco, combaciamento o sintonizzazione di alcuni aspetti della fisiologia
(respirazione, tono posturale, gestualità)e del tono emotivo della persona;
 pacing: letteralmente andare al passo con la persona assecondandola;
 leading: guidare o condurre la persona in una nuova direzione51.
49 Bruscia K. E., The dynamics of music psychotherapy, Barcelona Publishers, Barcelona 1998.
50 www. marioscardovelli.com, Settembre 2012.
51 www.pamonline,it/ F. Delicati, Il dialogo sonoro, Marzo 2013.
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9. ANALISI DELLA SITUAZIONE DI PERTENZA E COLLOQUIO CON LA MEDRE LE
INSEGNANTI E I TECNICI DELL'ASL
Maria ha 7 anni, è nata in Romania, ha un fratello maggiore di due anni.
La famiglia e il fratello si sono trasferiti in Italia quando lei era molto piccola lasciandola alle cure
della nonna materna nel paese d'origine per quasi due anni. All'età di tre anni, Maria ha raggiunto la
famiglia in Italia e ha frequentato il primo anno della scuola dell'infanzia. Ci viene riferito che
durante tutto questo primo anno M. non ha mai parlato con nessuno all'interno dell'edificio
scolastico. Dal secondo anno ha iniziato a comunicare con i compagni dapprima con poche parole e
solo quando gli adulti non la potevano sentire poi sempre più disinvolta ma mai con le insegnanti o
altro personale della scuola.
A detta dell'educatrice che si occupa della bambina alcuni pomeriggi la settimana per aiutarla nei
compiti scolastici, M. è piuttosto tirannica col fratello con il quale è spesso in competizione per
attirare l'attenzione della madre alle quali chiede continue conferme e approvazione.
La madre riferisce una certa ansia da separazione che si esprime con preoccupazioni persistenti
rispetto alla madre stessa, modalità controllanti verso le figure oggetto di legame, incapacità di
dormire nella propria stanza e agitazione notturna.
Riporto di seguito quanto mi è stato riferito dalle insegnanti di sezione.
Maria verso la fine dello scorso anno scolastico si è aperta con i compagni con i quali parla e gioca
volentieri anche se presenta una certa aggressività sia verbale che fisica nei confronti di quelli che,
in qualche modo, la disturbano o non fanno quello che lei si aspetterebbe. Con le insegnanti è
abbastanza serena ma comunica solo gestualmente, partecipa volentieri e con grande entusiasmo a
tutte le attività, anche se, lasciata sola, non riesce a portare a termine positivamente il lavoro
proposto. Spesso necessita di un percorso differenziato rispetto a quello dei compagni in quanto il
suo livello di preparazione risulta inferiore rispetto agli stessi. A volte purtroppo rifiuta la presenza
di un insegnante che la guida singolarmente perché vuole fare da sola, i risultati sono però sempre
insufficienti poiché formula parole senza significato e anche nell'area logico matematica presenta
notevoli difficoltà.
La psicologa del Servizio che l'ha in carico rileva quanto segue.
La bambina presenta una forte inibizione nel rapporto con gli adulti esterni all'abito familiare che le
impediscono di affrontare uno scambio comunicativo, l'inibizione è tale che anche il semplice
contatto oculare è sentito come eccessivo.
Nell'osservazione del gioco libero presenta una scarsa iniziativa, si copre il volto e occorre una
grande delicatezza nel proporre le attività che si concretizzano principalmente nell'osservazione del
materiale a disposizione; La psicologa dell'ASL nelle sedute individuali settimanali, avendo notato
movimenti di apertura indicativi di un desiderio di contatto, ha introdotto la play therapy e dopo
vari tentativi miseramente falliti la bambina ha iniziato a parlare impersonando una maestra rigida e
inflessibile che non ammette errori, urla e si agita, è molto aggressiva verbalmente con accessi di
rabbia molto importanti. Questo sembrerebbe indicare secondo la dottoressa una grande severità nei
confronti dell'errore che la bambina proietta all'esterno ma che probabilmente utilizza anche verso
sé stessa non potendosi permettere di sbagliare e questa potrebbe essere una delle cause dell'ansia
che la paralizza impedendole di parlare ed agire.
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Da quanto sopra esposto risulta abbastanza evidente che Maria è preda di emozioni molto forti e
incontrollate che non riesce a gestire e che la paralizzano rendendo la sua vita scolastica veramente
frustrante e producendo effetti devastanti sulla sua autostima.
9.1 – Breve considerazione: quando le emozioni fanno male
Rabbia, amore, gioia, paura, sfiducia, sconforto, delusione e dolore sono sentimenti ed emozioni
che ci accompagnano nell'arco della nostra intera esistenza. Ognuno di noi li affronta in modo
diverso, e sono proprio questi sentimenti e queste emozioni che fanno di noi individui unici,
irripetibili e autentici. Ma quando non abbiamo la possibilità di esprimere le nostre emozioni, esse
alla fine ci sopraffanno. Più carichiamo la nostra mente di sentimenti che non manifestiamo, più
aumenta quel “rumore mentale”che ci ostacola nello svolgimento anche delle più semplici attività
quotidiane, ci impedisce di esserci per noi stessi e per gli altri, ci impedisce di volerci bene e di
accettaci come siamo. Tante volte queste emozioni represse, non trovando altre vie per uscire, si
manifestano comportando sofferenza fisica e psichica.
Tutti, bambini e adulti vivono emozioni molto intense.
I bambini sono ancora più vulnerabili rispetto agli adulti, proprio perché nella loro forma mentis
non esistono ancora gli strumenti adatti che li possano aiutare ad elaborare determinate situazioni
che sopraggiungono nella loro esistenza così fragile.
La sofferenza psichica che ne deriva comporta disagio non solo nella vita presente del bambino, ma
proprio perché non ascoltata, anche in quella futura.
Tanti bambini sono costretti a reprimere i loro sentimenti, che sappiamo non scompaiono mai, ma,
come diceva Freud ”proliferano nel buio”.
Le emozioni non espresse, lo sforzo di tenerle sotto controllo o di congelarle, impediscono al
bambino di vivere il presente, di percepire la realtà oggettiva che lo circonda, e a scuola avrà
difficoltà a concentrarsi, perché la sua mente è troppo impegnata a proteggersi dalle sue stesse
emozioni.
Il poter dire semplicemente “ho paura, sono arrabbiato, sono felice”costituisce di per sé una
possibilità in più. E se poi queste emozioni vengono accettate, accolte e non considerate come
minacciose, non ignorate,non demonizzate, non sminuite, si darà l'opportunità al bambino di
crescere e diventare un adulto capace di amore di altruismo autentico. Verso di sé e verso gli altri52.
10. IL PROGETTO
In accordo con la psicologa dell'ASL, con la famiglia e con le insegnanti di sezione ho progettato un
Laboratorio Terapeutico Espressivo che utilizza l'arte e soprattutto la musica come mezzo potente
per accrescere le capacità di comunicazione.
Ho voluto creare per Maria e per tutti i suoi compagni un luogo, uno spazio e un tempo protetti e
accoglienti privi di giudizio dove tutti i bambini possono esprimere e comunicare il proprio vissuto
non attraverso le forme consuete di comunicazione ma attraverso un linguaggio alternativo e
istintivo quale strada per uscire dall'isolamento.
Attraverso il disegno, il gioco, la musica, il movimento e la libera espressione dei propri affetti,
viene permessa l'esternazione dei propri conflitti in una condizione rassicurante e protetta. Questo
52 www.psicopedagogika.it/ Adriana Furci, Il rumore mentale, quando le emozioni fanno troppo male, Febbraio 2013.
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nuovo modo di comunicare permette ai bambini di scaricare le proprie pulsioni aggressive, proprio
perché esse trovano nell'espressione grafica e musicale una forma di mediazione, realizzando così
quel distacco emotivo che permette l'accoglimento e la condivisione di tratti del proprio carattere,
altrimenti negati e respinti perché troppo dolorosi53.
Ho progettato così un percorso di un incontro settimanale di due ore per un totale di dieci incontri
da tenersi con tutto il gruppo classe. La partecipazione di tutti i bambini mi ha permesso di
osservare le dinamiche che di volta in volta si sono create e, non meno importante ha dato la
possibilità a tutti di esprimersi liberamente senza paure e condizionamenti.
11. OBIETTIVI DEL PROGETTO
Nella pianificazione degli obiettivi l'attenzione si è rivolta in particolare alle emozioni che spesso
troppo complesse, confuse e contraddittorie trovano nella musica la loro massima espressione.
Il percorso ha avuto lo scopo di dare la possibilità a Maria e a tutti i suoi compagni di percepire le
emozioni, riconoscerle e riuscire a trasformarle. I bambini hanno potuto liberare, attraverso la
musica e il disegno, il proprio potenziale creativo, manifestare tensioni ed esprimere emozioni.
L'attività musicale proposta coinvolgendo il gruppo, può contribuire inoltre all'educazione delle life
skills, definite dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS, 1994) come quelle abilità,
competenze “che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i
problemi della vita quotidiana”.
La musica facilita le relazioni e le interazioni interpersonali e quindi può favorire notevolmente
l'educazione tra pari, potenziando nel contempo le funzioni elencate tra le “abilità della vita”
proprio grazie alla complessità dell'esperienza musicale.
12. IL SETTING
Il setting è lo spazio fisico dove si svolgono le attività, siano esse individuali o di gruppo e contiene
tutti i materiali, strumenti ed oggetti che vengono utilizzati durante le attività proposte nei vari
incontri. Oltre che luogo fisico è anche uno spazio simbolico54 atto a contenere la relazione tra
paziente/i e terapeuta vissuta nel “qui e ora” dell'intervento. La sua funzione principale è
“contenitiva”, in esso si esprimono liberamente le emozioni, i vissuti, le aspettative, i desideri di
tutti i partecipanti, senza giudizio né critica. Il setting è anche uno spazio di regolamentazione
all'interno del quale si stabiliscono le “regole del gioco”: giorno ed orario degli incontri, durata
delle sedute, modalità di partecipazione all'attività. Tuttavia non è uno spazio rigidamente
strutturato ma si ridefinisce ad ogni nuovo percorso, in funzione del tipo di partecipanti, del
contesto in cui si va ad operare, degli obiettivi da raggiungere.
A scuola gli incontri si sono tenuti nell'aula dove i bambini seguono quotidianamente le lezioni. Al
mio arrivo i banchi venivano spostati contro le pareti e i bambini si posizionano in cerchio al centro
della stanza.
L'aula è un luogo accogliente, luminoso ampio e soprattutto molto familiare e i bambini qui si
sentono sicuri e a proprio agio.
53 Ranieri A., Un avventuroso viaggio alla scoperta di sé, dispensa Istituto MEME, Modena A.A. 2012-2013.
54 Frison R., Cavatorta S., Vecchi D., Manuale di Artiterapie e Musicoterapia, Marco del Bucchia editore, Lucca
2009.
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Su un banco vicino alla cattedra veniva posizionato il lettore CD e vicino al banco le mie valigie di
cartone contenenti gli strumenti musicali e una tastiera elettrica.
Negli incontri nei quali era prevista una parte dedicata al disegno, sulla cattedra venivano
posizionati acquerelli e pennelli, pastelli di legno e a cera, tempere e fogli dei varie dimensioni e
colori.
A tutti gli incontri hanno partecipato tutti i bambini della classe (13) di Maria e l'insegnante
referente. La partecipazione “regolare” ed “attiva” dell'insegnante è stata parte integrante
dell'ambito “normativo” del setting ed è stata di fondamentale importanza per poter osservare M.
nel gruppo, quale era il suo ruolo iniziale e quali variazioni sono avvenute con il tempo, quando, a
poco a poco, posizioni difensive o aggressive sono state abbandonate per una più spontanea
espressione dei propri desideri e paure.
13. RACCOLTA DEI DATI
Alla fine di ciascun incontro è stato compilato un “diario di bordo” anche grazie alle osservazioni
effettuate dall'insegnante.
Sul diario sono state annotate le dinamiche d’interazione osservate, sono stati registrati stati d'animo
e reazioni individuali e collettive e di volta in volta i commenti e le osservazioni e le eventuali
proposte dei bambini.
Il diario ha permesso di avere sempre presente il quadro generale della situazione e di raccogliere i
feedback indispensabili per postulare idee sulla continuazione del percorso.
14. STRUTTURA DEGLI INCONTRI
Ogni incontro, incentrato su un'emozione specifica è stato costruito seguendo una “scaletta” che
prevedeva alcuni momenti fondamentali.
1. MOMENTO INIZIALE DI SALUTO – E' il segnale che l'attività è cominciata, che ci si può
liberare...
2. EMOZIONE DEL GIORNO – Ascoltiamo l'emozione: i bambini sono impegnati nell'ascolto di
alcuni brani opportunamente selezionati e, in un secondo momento, della lettura di un breve ma
significativo racconto.
3. ED ORA VIA LIBERA ALLA CREATIVITA' – Disegniamo, danziamo, suoniamo e cantiamo
l'emozione.
4. RILASSAMENTO E MEDITAZIONE seguiti da una breve riflessione sui percorsi emozionali
vissuti dando anche spazio all'ascolto di eventuali proposte.
4. SALUTO FINALE
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15. IL DIARIO DI BORDO – sintesi degli incontri
I Incontro
31 gennaio 2013 (dalle 13,30 alle 15,30)
Titolo: LE EMOZIONI
Entro in classe, dove tutti i bambini mi stanno già aspettando, la maestra gli ha spiegato che d'ora in
poi tutti i giovedì pomeriggio faremo musica e tutti, compresa Maria, sono curiosi e impazienti di
incominciare.
Inizio subito a canticchiare una canzoncina di saluto “CIAO AFRO”55 e a poco a poco tutti si
uniscono a me, dapprima timidamente poi quasi urlando. Maria, sembra tesa, non riesce a contenere
la sua ansia, mentre i suoi compagni cantano li guarda e ridacchia nervosamente.
Chiedo ai bambini di dirmi che cos'è secondo loro un'emozione, di seguito le loro risposte.
 quando la maestra mi da un bel voto;
 quando i nonni mi fanno un regalo;
 quando ballo il rock;
 quando c'è una festa;
 quando vado dalle mie cuginette;
 quando vinco una partita di calcio;
 quando la mamma mi dice che sono brava.
... allora chiedo se secondo loro le emozioni sono tutte positive... e....
 quando litigo con mio fratello;
 quando dico le bugie;
 quando tutti ce l'hanno con me;
 quando i miei genitori mi sgridano;
 quando sono arrabbiatissimo;
 quando sono triste;
 quando i miei compagni non mi fanno giocare;
 quando ho paura.
In tutto questo osservo Maria, sembra che anche lei abbia qualcosa da dire e sembra addirittura che
non riesca a trattenersi ed aspettar il suo turno ma quando la guardo per farle capire che se vuole
può dire la sua, come al solito si ritrae e imbarazzatissima guarda il pavimento e incomincia a
mettere in ordine/disordine il suo banco.
55 Anselmi P., Pongo musicale, Collana didattica diretta da Giovanni Piazza, MKT srl, Brescia 2010.
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Leggo un racconto:
“La storia di Odilla che odiava la dolcezza” di Margot Sunderland Ed. Erikson.
I bambini sono rapiti dal racconto, solo Maria, come al solito, sembra avere altro da fare. Non riesce
a stare ferma, credo che stia ascoltando ma sicuramente non lo dimostra.
Al termine del racconto tutti sono d'accordo nell'affermare che Odilla era molto arrabbiata.
Prendendo spunto dalle espressioni facciali di Odilla chiedo ai bambini di fare la faccia arrabbiata e
scatto parecchie fotografie.
ODILLA
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II Incontro
7 febbraio 2013
Titolo: LA RABBIA
Rituale del saluto: oggi tutti i bambini cantano, anche se sono ancora molto rumorosi e agitati,
Maria è incuriosita e sembra un po' più tranquilla del solito.
Ho preparato delle musiche e senza preavviso accendo il lettore CD.
Rebell Yell – Billy Idol
Marte il portatore di guerra – Gustav Holst
Histeria – Muse
Make me wanna die – The pretty reckless
Distribuisco fogli ed acquerelli e chiedo ai bambini di immedesimarsi e disegnare il loro autoritratto
con l'aiuto delle fotografie scattate al termine dello scorso incontro.
… ed ecco le opere d'arte...
Illustrazione 1: Io ti schiaccio e ti mangio...
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Illustrazione 3: Stupida
Illustrazione 2: Mi viene voglia di ammazzarti
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Illustrazione 5: Non sono capace
Illustrazione 4: Va bene se ride?
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Illustrazione 7: Mi fa paura
Illustrazione 6: Vattene stupido
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Illustrazione 8: Canto e disegno rabbia, rabbia
Illustrazione 9: Vorrei che i miei genitori non mi sgridassero più
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Illustrazione 11: Adesso sono rosso di rabbia
Illustrazione 10: Lasciami in pace o ti uccido!
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Illustrazione 12: Vorrei dominare la terra...
Illustrazione 13: Diavolo
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Dopo aver disegnato, quando l'atmosfera è ancora calda e i bambini sono ancora completamente
rapiti dal percorso effettuato, li faccio esprimere attraverso la tecnica del brain-storming.
Ecco ciò che è scaturito:
... IO ESPRIMO RABBIA QUANDO CANTO
... RABBIA RABBIOSA
… CATTIVO
… STUPIDO
... STUPIDO
... TI VOGLIO MANGIARE
... MI VIENE VOGLIA DI AMMAZZARTI
... CAVOLO VORREI CHE I MIEI GENITORI NON MI SGRIDASSERO PIU'
... VORREI INVOCARE IL DIAVOLO E VORREI CHE LA TERRA ESPLODESSE, E VORREI
DOMINARE TUTTI GLI ABITANTI, CAVOLO MA NON CI RIESCO, CAVOLO, CAVOLO,
CAVOLO!
… QUALCUNO CHE MI RUBA UNA COSA
… STUPIDO
… CHE SCHIFO
… ADESSO SONO PROPRIO RABBIOSO!
... ROSSO FUOCO
Anche Maria ha partecipato, ha detto la sua frase alla compagna che ha fatto da intermediario e l'ha
scritta su un foglio.
Ora è il momento di sfogare le tensioni e quindi facciamo qualche vocalizzo con lo scopo di
riequilibrare il battito cardiaco e regolarizzare la respirazione.
Ci salutiamo
Una breve riflessione
Nell'autoritratto siamo, allo stesso tempo, autore, soggetto e spettatore. La potente dinamica tra i 3
ruoli spinge l’inconscio a “parlare” con il linguaggio dell’arte e l’iconografia.
Questo percorso stimola un dialogo tra la nostra mente pensante e le nostre viscere, per elaborare
emozioni che hanno bisogno di trovare espressione.
Cos'è il Brain-storming?
Il brain-storming è forse la più conosciuta tra le tecniche di creatività; fu ideato tra gli anni '40 e '50
e trovò un'applicazione ideale soprattutto nel mondo della pubblicità, anche se poi fu utilizzato e
diffuso in molti altri ambienti: dal mondo dell'industria alla scuola. Il significato della parola "brainstorming" è "tempesta di cervelli" e contiene già in parte l'idea di che cosa si tratta. Essa consiste in
una "discussione di gruppo incrociata e guidata da un animatore" il cui scopo è trovare e far
emergere il più alto numero d’idee possibile su un argomento precedentemente definito; solo e
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assolutamente al termine di questo compito si potrà poi selezionare, criticare e valutare nell'alto
numero di idee prodotte.
Il brain-storming "insiste soprattutto su una funzione che è rapportabile ai tre principali fattori del
pensiero divergente: la capacità di produrre molte idee, diversificate e insolite", queste qualità sono
amplificate e sfruttate dal lavoro condotto in gruppo i cui due pregi sono "l'interazione fra le
persone e la moltiplicazione dello sforzo di ciascuno con quello di un altro".
Il conduttore ricopre un posto chiave nelle sessioni di brain-storming, egli infatti deve conoscere
bene gli estremi e i limiti del problema da sottoporre, istruire i membri del gruppo alle regole
inerenti questa tecnica, stimolarne l'interesse e porsi con atteggiamento di attesa fiduciosa
raccomandando di scrivere tutte le idee che pervengono, anche se confuse, su un quaderno. La
formulazione delle richieste da sottoporre al gruppo dovrebbe essere preparata accuratamente. Essa,
infatti, dovrebbe presentarsi in forma aperta, per permettere ai partecipanti del gruppo di non
fissarsi su idee vecchie o troppo scontate.
Studio e preparazione accurata riguardano anche la seduta vera e propria: il luogo dovrebbe essere
tranquillo, al riparo da intrusioni e interventi esterni. Ogni partecipante deve essere dotato di carta e
penna per poter scrivere e prendere appunti; nella sala è indispensabile anche la presenza di una
lavagna a fogli su cui segnare le nuove idee.
Lo svolgimento della seduta prevede quindi: l'acquisizione delle regole fondamentali del brainstorming che al gruppo vengono spiegate con chiarezza dal conduttore. Esse consistono:
nell'espressione libera di tutte le idee; nell'esclusione di ogni tipo di ironia o critica. Durante tutta le
seduta, compito del conduttore è, oltre che fornire gli incoraggiamenti e le disponibilità sopra
menzionate, mantenere la disciplina sulle regole ed evitare pause che possano compromettere il
flusso delle idee, a questo scopo può egli stesso lanciare provocazioni attraverso proposte e idee.
Alla chiusura della seduta è ancora compito dell'animatore riassumere le idee espresse dal gruppo56.
56 http://www.nume.it/000025it_brainstorming.php / Daniele Brambilla, Marzo 2013.
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III Incontro
14 febbraio 2013
Titolo: OGGI SI CANTA E SI BALLA
Saluto iniziale: mi accolgono cantando “CIAO AFRO”. Che bellissima sorpresa!!!
Accendo il lettore CD:
Dies irae (tratto da “La messa di Requiem in re minore K626” di Wolfang Amadeus Mozart)
Ed ora balliamo la rabbia.
In un primo momento i bambini sono un po' spaesati, si vergognano e ridono, poi inizio io e la
insegnante di classe mi segue. Abbiamo rotto il ghiaccio e le resistenze iniziali scompaiono
immediatamente. I bambini sono scatenati, sono completamente concentrati. Maria salta e si dimena
battendo i piedi a terra, alla fine è tutta sudata e chiede di andare in bagno a bere.
Dopo una brevissima pausa apro le valigie e tiro fuori tutti gli strumenti musicali dei quali sono in
possesso.
La consegna è: suoniamo la nostra rabbia
I bambini vanno a colpo sicuro, tamburi, bongos e piatti. Una bambina prende un triangolo ma lo
lascia quasi immediatamente.
I suoni, in un primo momento caotici e quasi assordanti, poi si sono sincronizzati e senza parlare i
bambini hanno trovato i propri spazi in un gioco d’improvvisazione e rispecchiamento senza
esagerazioni e con grande rispetto per i suoni altrui.
Una breve riflessione
Convertire emozioni in musica.
Le nostre emozioni sono il miglior materiale grezzo per produrre musica e la conversione della
nostra sofferenza in opere comunicative è un processo catartico e liberatore.
Condividere questo processo intimo con gli altri ci aiuta ad aprirci alle relazioni in modo più
profondo e significativo.
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IV Incontro
21 febbraio 2013
Titolo: IL RAP DELLA RABBIA
Ormai al mio arrivo i bambini disposti in cerchio cantano il saluto, anche Maria partecipa e nel suo
sguardo non c'è più preoccupazione ma mi sembra di scorgere un lampo di fiducia.
Ho chiesto ai bambini quale musica secondo loro avrebbe potuto essere associata all'idea della
rabbia e quale avrebbero voluto cantare.
Dopo un breve consulto hanno deciso quasi all'unanimità che un rap sarebbe stato l'ideale.
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IL RAP DELLA RABBIA
CAVOLO CAVOLO
SONO ARRABBIATO
RABBIA DA BRUCIARE
RABBIA CHE FA MALE
Rit.
Bum Cia - Bum Bum Cia
Bum Cia - Bum Bum Cia
VORREI INVOCARE IL DIAVOLO
VORREI CANTARE
DIAVOLO ROSSO
DIAVOLO GROSSO
VORREI CHE LA TERRA ESPLODESSE
E PURE IL MARE
Rit.
RABBIA CHE RABBIA
E' DOMINARE
CARI GENITORI NON POTETE Più SGRIDARE
VORREI UCCIDERTI
E POI BALLARE
E POTER DIRE SEMPRE QUELLO CHE MI PARE
STUPIDO STUPIDO
SONO ARRABBIATO
RABBIA DA BRUCIARE
RABBIA CHE FA MALE
Rit.
ORA IO TI ORDINO
DIAVOLETTO ROSSO
FATTI DA PARTE E BUTTATI NEL FOSSO (2 volte)
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Utilizzando le parole che erano state scritte dai bambini stessi nell'incontro precedente in occasione
del brainstorming abbiamo composto questo RAP. La tecnica del songwriting ha affascinato
tantissimo.
Inizialmente ho trovato alcune resistenze e mi è tornato utile l'alto grado di diversificazione che
offre questa tecnica. Non tutti si sentivano pronti per cantare o suonare, la paura di non essere
all'altezza per alcuni di loro è molto presente ed è più volte stata riscontrata anche nelle attività
curricolari da parte delle insegnanti di sezione.
Tutti sono stati comunque coinvolti:
 Trascrizione del testo alla lavagna.
 Distribuzione di strumenti a percussione per la parte ritmica.
 intervento vocale come parte del coro che canta il ritornello.
 intervento vocale come solista.
 intervento strumentale.
 body percussion.
 direzione coro.
 direzione strumenti.
Alla fine il RAP è piaciuto, essendo un'opera porta le tracce dei suoi creatori e i suoi artefici si
riconoscono in essa, la percepiscono come propria.
I bambini hanno sperimentato così la sensazione di viversi come autori ed esecutori con un grosso
ritorno in termini di autostima.
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V Incontro
28 febbraio 2013
Titolo: PAURA
Ormai i bambini iniziano a cantare ancora prima che io entri in classe.
Oggi la maestra mi ha riferito che tutti aspettano questo giorno con impazienza e che anche lei è
molto contenta di aver intrapreso questo percorso che si sta rivelando tutt'altro che scontato e
piuttosto utile, non solo per Maria ma per tutti i suoi compagni.
Oggi riprendiamo qualche esercizio ritmico perché ho notato che durante l'esecuzione del rap alcuni
bambini hanno avuto difficoltà a mantenere una pulsazione regolare molto semplice.
Introduco il gioco dei nomi con la body percussion, la partecipazione è immediata e l'entusiasmo
contagioso.
Lettura di un breve racconto:
“A caccia dell'Orso”di M. Rosen, H. Oxenbury Ed. Mondadori.
Tutti i bambini ascoltano attenti, ammirano le meravigliose illustrazioni in religioso silenzio, senza
batter ciglio. Anche Maria è attenta, ascolta silenziosa e composta, il suo sguardo è sul libro,
interessato e vivace.
Al termine della lettura, si crea grande confusione, tutti vogliono parlare della paura ma nello
stresso tempo si vergognano e non vogliono essere considerati dei “fifoni”.
Nell'aula impera il caos, l'argomento è molto sentito da tutti!
Accendo il lettore CD:
Profondo rosso – Goblin
L'apprendista stregone – Paul Dukas
Psycho – Dannyn Elfman
La sirenetta – La canzone di Ursula
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Distribuisco i fogli.
La consegna è: disegnate la vostra paura
Materiale: pastelli e pennarelli.
Ecco le creazioni:
Illustrazione 14: Queste sono tutte le mie paure: lo squalo perché mangia le persone, il signore
Ninjia, l'uomo con l'ascia che uccide una persona e si mette un coltello in testa, il drago a tre teste
sputafuoco e il drago codaffilata dentisanguinanti.
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Illustrazione 15: Questo mi viene a prendere e io ho paura.
Illustrazione 16: Ho un'ascia sulla testa...
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Illustrazione 15: Ho paura del diavolo anche se è il simbolo della rabbia, lo so.
Illustrazione 16: A me i mostri fanno tantissima paura. Questo è un mostro con tre occhi, un
piede di ferro, le ali e sputa il fuoco.
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Illustrazione 19: Lui picchia tutti e ha la faccia schifosa piena di macchie nere.
Illustrazione 17: C'era un giorno che ho avuto paura di qualcosa.
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Illustrazione 19: Ho paura che il diavolo mi venga a prendere.
Illustrazione 18: Quella sono io, il corridoio per andare in bagno è lunghissimo e buio e io ho
paura del buio...
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Illustrazione 21: Nel castello c'è un fantasma che vuole uccidere i bimbi di 3 e 4 anni ma
anche di 7 e dentro alla grotta c'è il lupo. Io sono in mezzo... aiutooo.
Illustrazione 20: Io sono nascosto ma quel serpente mi fa paura e io lo sogno sempre è gigante.
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Terminata l'attività i bambini sono molto stanchi, è arrivato il momento che i bambini si prendano
cura di loro stessi e si calmino e si ricarichino.
Ascoltiamo:
Canone in re maggiore di Johann Pachelbel
Tutti in cerchio con gli occhi chiusi cerchiamo di rilassarci visualizzando un posto sicuro, che ci
piace.
I bambini seguono la consegna e piano piano sempre più vicini gli uni agli altri si abbracciano e si
cullano sulla musica. I loro visi sono distesi, nessuno parla, sono tutti sintonizzati sullo stesso
“canale”.
Finita la musica raccolgo le restituzioni:
sono tutti molto soddisfatti; comprendere che la paura è un'emozione comune li ha fatti sentire
compresi e più forti e l'abbraccio finale li ha colti di sorpresa, credo che oggi torneranno a casa un
po' più cresciuti.
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VI Incontro
7 marzo 2013
Titolo: NOI NON ABBIAMO PAURA DELLA PAURA
Saluto
Esercizi di respirazione attraverso i vocalizzi
Accendo il lettore CD:
Urlando contro il cielo – Ligabue
Ci sono anch'io – 883
Dream on – Aerosmith
Fango – Jovannotti
Farò di te un uomo – dal cartone animato di Walt Disney, Mulan
Ho imparato a sognare – Negrita
Show must go on – Queen
The hell song – Sum 41
Chiedo ai bambini quale canzone hanno maggiormente gradito, se gli ha trasmesso qualche
emozione particolare, ecc.
Le risposte sono molto diverse le une dalle altre, io pensavo di aver portato musiche che
trasmettessero l'idea del coraggio, della forza ma non è stato così per tutti.
Sorge spontanea una riflessione che condivido con la classe:
Un brano musicale non suscita in tutte le persone le stesse emozioni; ciò che ognuno sperimenta
durante l'ascolto è inevitabilmente determinato ed influenzato dalla propria sensibilità e
soggettività. Questo può servire a prendere coscienza del fatto che ognuno ha un proprio modo di
'essere al mondo', una sua specifica emozionalità che determina il suo particolare modo di vivere le
situazioni e le relazioni interpersonali.
Il resto dell'incontro si basa su giochi ritmici con gli strumenti a percussione e semplici danze per
liberare il corpo dalle rigidità che lo intrappolano.
La risposta positiva da parte dei bambini, che hanno mostrato di partecipare con interesse alle
attività proposte, ha suscitato anche in altri momenti scolastici discussioni e richieste di
approfondimenti che, talvolta, hanno contrastato con i limiti temporali della scansione settimanale
degli incontri.
Con grande soddisfazione osservo molti cambiamenti nei bambini; anche i bambini più timidi e
restii a lasciarsi andare ora sono completamente assorbiti da tutte le attività, senza inibizioni o paure
si lasciano andare e dimostrano il loro piacere attraverso l'espressione del volto sorridente e distesa.
Maria ormai è tranquilla, non parla in presenza dell'insegnante ma la sua comunicazioni musicale è
perfettamente adeguata.
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VII Incontro
14 marzo 2013
Titolo: LA GIOIA
Saluto
Accendo lettore CD:
Hakuna Matata – dal cartone animato di Walt Disney: Il re leone
Shimbalaie – Maria Gadù
Buongiorno a te – Luciano Pavarotti
Mele Kali Kimaka – Mina
Pryntyl – Vinicio Capossela
Tutti quanti voglion fare il Jazz – dal cartone animato di Walt Disney: Gli Aristogatti
Ci vuole un poco di zucchero – Dal film di Walt Disney: Mary Poppins
Distribuisco due grandi fogli bianchi e divido i bambini in due gruppi.
Consegna: Dipingete con gioia la gioia!
Matriale: tempere
La tecnica che gli propongo è l'Action Painting (traduzione letterale: Pittura d'azione). È la
notissima formula proposta nel 1952 dal critico americano Harold Rosenberg per definire la nuova
pittura dei giovani artisti della New York School..
Il termine sottolinea la modalità tecnica caratteristica del lavoro e anche un atteggiamento, che
pone al centro non l’oggetto ma l’atto stesso del dipingere: gesto in qualche misura assoluto.
In senso strettamente tecnico si intende come action painting un linguaggio caratterizzato da
un’energica e vitalistica espressività segnico-gestuale, libera da ogni specie di schema compositivo.
Allora, ciò che deve essere trasmesso alla tela non è più un’immagine, ma un fatto, un’azione.
Questa tecnica consente un rapporto diretto dell’artista con l’opera, posta non verticalmente sul
cavalletto ma distesa sul pavimento. Il colore, pertanto, non risulta più tono o rapporto cromatico,
ma pura quantità qualità organica.57
I bambini sono disposti in piedi attorno al foglio, che per motivi di ordine scolastico è stato
posizionato su alcuni banchi uniti per l'occasione e non sul pavimento (come invece vorrebbe
questa tecnica).
Al mio via i bambini hanno iniziato a dipingere con la regola di restare in silenzio concentrati
sull'atto creativo.
E' stato molto interessante osservarli, i loro movimenti seguivano quasi perfettamente il ritmo delle
musiche ascoltate così che lo stendere il colore sul foglio è diventato puro e semplice gesto
musicale liberatorio.
Un' altra regola imposta oltre a quella del silenzio è stata quella della rotazione (cioè del cambio
posto): al mio segnale i bambini dovevano “ruotare” e dipingere nello spazio prima occupato dal
compagno vicino. In questo inizialmente ho notato non poche resistenze, se il fatto di condividere il
57 http://www.serale.primoart.it/pdf/piccolo dizionario.pdf
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foglio è stato difficile, quello di condividere il disegno lo è stato ancora di più, c’è voluta un buona
mezz'ora perché queste rigidità venissero superate dalla quasi totalità dei bambini.
GRUPPO A
Via! ... si parte...
… cambio...
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… fine!
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GRUPPO B
Via! ... si parte...
…cambio...
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... fine!
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Ecco quanto scaturito dalla restituzione finale.
In entrambi i gruppi i bambini hanno apprezzato il lavoro, si sono divertiti e si sono liberati. Questo
discorso vale soprattutto per quei bambini che generalmente sono più rigidi e controllati che in
questo frangente hanno trovato il modo di esprimersi senza condizionamenti.
Alcuni hanno però evidenziato un aspetto negativo del lavoro che è stato quello di vedere rovinata
la creazione iniziale molto più colorata ed appariscente rispetto a quella finale più uniforme e
spenta.
Maria in tutto questo ha dipinto dall'inizio alla fine con energia, concentrazione e grande passione,
era completamente trasportata dalla musica tanto che verso la fine si è ritrovata a dipingere con le
mani che precedentemente aveva quasi inconsapevolmente immerso nel colore.
Breve riflessione
Ritengo che questo lavoro sia stato molto utile; ha messo in evidenza alcuni aspetti relazionali
molto interessanti e ha dato l'opportunità ai bambini stessi di accettare le imperfezioni proprie e
dei compagni. L'insegnante dal canto suo ha potuto osservare alcune dinamiche che in altre
situazioni lavorano sotterranee e sono quindi difficilmente riconoscibili ma che minano comunque i
rapporti tra compagni. Questo è stato un altro piccolo passo per poter creare quell'ambiente
sereno e non giudicante che potrebbe permettere a Maria di sentirsi adeguata e di accettarsi e farsi
accettare per ciò che è.
Saluto i bambini lasciandogli un piccolo compito per la volta prossima:
portare una frase, ciascuno, incentrata sulla gioia (La gioia per me è...; io provo gioia quando...
ecc...).
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VIII Incontro
21 marzo 2013
Titolo: OGGI BALLIAMO, SUONIAMO E CANTIAMO LA GIOIA
Saluto
Metto a disposizione gli strumenti e chiedo ai bambini di suonare la loro gioia.
Subito i bambini si rendono conto che alcuni strumenti non sono adatti ad esprimere la felicità, tutti
vogliono usare i triangoli, i sonagli e i crotali, qualcuno prende le maracas e le nacchere ma le pelli
vengono lasciate sul pavimento dove le avevo messe.
E' stato molto interessante notare com’è cambiato il rapporto dei bambini tra loro e con gli
strumenti; se durante i primi incontri, tutti i bambini volevano accaparrarsi tamburi e piatti e
tendevano a suonare fortissimo sovrapponendosi ed ascoltandosi poco gli uni gli altri, oggi la
situazione è molto cambiata: sono tutti rispettosi dei suoni altrui e tentano subito di sincronizzare i
loro ritmi per creare una musica d'insieme che alla fine è risultata piacevole e interessante.
La seconda parte del laboratorio consiste nel songwriting.
Faccio leggere ai bambini le loro frasi sulla gioia e scelgo due di loro per scriverle alla lavagna.
Grazie prezioso aiuto dell'insegnante le frasi vengono leggermente sistemate per farle combaciare
con una metrica possibile e quando tutti siamo soddisfatti del risultato finale le musichiamo.
Ora è il momento di cantare la nostra canzone accompagnati dalla tastiera.
Breve riflessione
Cantare una canzone che ci appartiene, pensata, scritta e musicata da noi, da sempre una
soddisfazione molto grande ed è proprio quell'emozione che si legge negli occhi dei bambini mentre
cantano.
Oggi i bambini hanno espresso il desiderio di rendere partecipi le loro famiglie, vogliono
dimostrare il loro talento e quello che sono stati in grado di fare. Questa è la loro canzone e loro
vogliono farla sentire alle persone alle quali vogliono bene.
... che bel nutrimento all'autostima!!!
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Felicità
A me piace disegnare, amo il giallo ed il sole
son contento son felice
vieni e canta insieme a me
Son contenta quando canto, quando suono e quando ballo
e la musica che suona
tutto intorno qui con me
Son felice quando gioco coi compagni e le compagne
quando gioco col mio cane
i miei fratelli insieme a me
La felicità è bella colorata e magica
e ti fa sentire bene
proprio bene ecco qua
Siamo solo dei bambini ma sappiamo come voi
che c'è un mondo grande e tondo
in regalo qui per noi!!!!!
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IX e X Incontro
Titolo: PREPARIAMO IL NOSTRO SPETTACOLO
Inutile dire quale emozione e gioia sia per i bambini poter preparare uno spettacolo di fine anno con
materiale completamente creato da loro. Per la scenografia verranno utilizzati i loro disegni e le
musiche saranno quelle composte insieme con le loro parole; i ragazzi potranno cantarle e suonarle
e perché no anche ballarle. Non ci saranno limiti alla creatività neppure in quella giornata dove
generalmente tutti, spettatori e attori sono abituati a seguire copioni rigidi e castranti.
Lo spettacolo quest'anno sarà lo “spettacolo dei bambini” e saranno loro a decidere come portarlo
avanti. La supervisione mia e dell'insegnante servirà per non disperdere le energie e per aiutare ogni
singolo bambino ad esprimersi nel modo a lui più congeniale.
Sono sicura che sarà un vero successo!!!
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CONCLUSIONI
L'espressione delle emozioni all'inizio della vita, è musicale. Non c'è bisogno di “sapere” o di
“capire”, basta lasciar uscire quello che si prova. Poi appena il bambino cresce, nella maggioranza
dei casi, smette. Perde la sua capacità di usare il corpo per esprimere qualcosa che sente, senza
capirla o catalogarla o aver acquisito particolari abilità.
Favorire l'attività musicale spontanea nei bambini significa dare strumenti e voci per raccontare le
proprie emozioni, seguirle nelle loro variazioni e intensità, sperimentarle.
Anche l'ascolto della musica riveste un ruolo molto importante in quanto consente di riconoscere
emozioni note e di scoprire quelle che non si conoscono. In questo modo i bambini entrano in
risonanza con le esperienze altrui, una competenza molto utile nelle relazioni interpersonali.
Dopo averla ascoltata, ballata e dipinta, la musica si può anche comporre.
Una delle espressioni massime di creatività è l'improvvisazione, un'esperienza collegata alla
scoperta di sé, del proprio stile, che favorisce il processo d’individuazione.
L'improvvisazione di gruppo ha costretto i bambini a lavorare in équipe, ciascuno si è posto in
ascolto, ascolto di sé e degli altri creando nel contempo un equilibrio tra le proprie necessità
individuali e quelle del gruppo. Attraverso l'improvvisazione i bambini hanno potuto osare
comportamenti nuovi grazie alla mediazione della musica, e sebbene inesperti, improvvisando,
hanno avuto la possibilità di “comporre” il proprio stato d'animo. Ed è uno stato d'animo, sicuro e
forte che vogliamo aiutarli a comporre.
Aristotele definiva l'uomo “animale politico”, e molti altri filosofi e sociologi dopo di lui hanno
sottolineato che la vita umana si svolge prevalentemente nell'ambito di gruppi.
In un gruppo di persone che cantano o che suonano insieme, viene assegnata ad ogni ,membro una
parte musicale specifica e un posto fisico fra gli altri. La vicinanza fisica crea un rapporto fra i
membri, benché questi non comunichino fra loro verbalmente. Ognuno produce dei suoni musicali,
che fanno sentire la sua presenza agli altri; ognuno diventa un'entità musicale e in quanto tale deve
adattarsi alle regole del gruppo. Quindi affinché un piccolo gruppo possa armoniosamente operare,
necessita di alcune caratteristiche essenziali: la complicità interna che è la cosiddetta “atmosfera di
gruppo”, la prospettiva temporale cioè il limite cronologico entro cui realizzare i propri obiettivi e il
sentimento del “noi” cioè il sentirsi uniti. Con la costituzione di queste caratteristiche, le distanze
socio culturali tra i componenti si riducono, permettendo ai membri di sentirsi sempre più simili tra
loro. È in virtù di questa somiglianza che iniziano a designarsi come “noi”58.
La musica in quanto esperienza comunitaria e come elemento di una funzione sociale, ha influenza
su coloro che vi sono coinvolti, ha un forza potentissima perché è in grado di integrare qualunque
funzione accompagni: aggiunge un senso di ordine, di continuità, di durata e sequenzialità
temporale. Creare un gruppo che fa musica insieme può aiutare a migliorare il funzionamento
individuale e relazionale di tutti i partecipanti, mediante l'elevazione del tono dell'umore e la
promozione dell'autostima, a sostegno della dignità personale e della socializzazione con il rinforzo
del senso di appartenenza.
Credo infatti che la scelta di effettuare con Maria un percorso di gruppo sia stata vincente, il lavoro
sulle emozioni è andato di pari passo con quello sull' autoconsapevolezza; Maria ha trovato
finalmente il suo posto all'interno del gruppo dei pari.
58 Pace A., Calvi C., Papaioannou I., Mercandel T., Stefanato S., Musicoterapia Psicopedagogica, Luglio ed., Trieste
2010.
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L'autoconsapevolezza procede per rispecchiamenti, cioè consente all'individuo di vedere sé stesso
perché vede agire gli altri, che con lui interagiscono. Maria, vedendo agire il gruppo nello stesso
modo in cui agiva lei, ha imparato a conoscere sé stessa attraverso l'immagine che i compagni le
hanno rimandato. Come afferma Winnicott59 questo è un meccanismo psicogenetico, trova cioè i
suoi segni nel comportamento dei bambini i quali interagiscono con i coetanei o con gli adulti
adottando spesso un paradigma del tipo “mi rispondi quindi esisto”. Conoscere sé stessi permette di
prevedere come verranno affrontate le varie situazioni che la vita pone di fronte, andando incontro
alla vita preparati, e quindi capaci di scegliere situazioni, comportamenti e atteggiamenti funzionali
in base ai propri obiettivi. L'autoconsapevolezza è alla base anche di una buona gestione di se stessi.
Quindi, per allenare la propria capacità di gestire le emozioni è molto importante prima di tutto
avere una buona consapevolezza di sé. Saper gestire le proprie emozioni rende padroni di sé stessi,
efficaci e sereni. Gestire le proprie emozioni non è controllarle, ma utilizzarle quali strumenti per
agire, senza farsi travolgere o trasportare da esse, cioè re-agire60.
La strada da percorrere con Maria è ancora lunga ma piccoli passi sono stati fatti e tanti altri se ne
faranno. In classe il suo atteggiamento è molto cambiato, a volte riesce perfino a guardare negli
occhi le insegnanti e a dire sottovoce qualche parola, con i compagni è scomparsa ogni forma di
aggressività. Oggi lei sa di poter contare sulle sue insegnanti e sui suoi compagni, l'ambiente che si
è creato nella classe è molto positivo.
Tutto il lavoro che è stato fatto in questi mesi oltre a portate i bambini all'autoconsapevolezza ne ha
rafforzato l'autostima e di conseguenza ha portato ciascuno di loro ad una maggiore sicurezza
nell'affrontare le varie difficoltà e le piccole frustrazioni che la vita mette giornalmente sulla loro
strada, i piccoli hanno sviluppato la capacità di scegliere i propri comportamenti e quindi di essere
intenzionali nelle scelte valutandone gli effetti su sé stessi e sugli altri, competenza questa molto
difficile da raggiungere anche per gli adulti ma che come è stato dimostrato può essere ottenuta
grazie ad un costante allenamento.
In ultimo, mi preme moltissimo ringraziare l'insegnante referente perché è solo grazie alla sua
immensa disponibilità ed estrema fiducia se sono riuscita a portare a termine questo progetto; la sua
costante collaborazione mi ha supportato anche nei momenti più difficili e il suo occhio attento mi
ha dato sempre nuovi spunti e materiali sui quali lavorare.
Ringrazio poi tutti i bambini che si sono lasciati guidare in questo viaggio avventuroso attraverso le
emozioni senza mai tirarsi indietro anche quando qualcosa gli poteva sembrare difficile. La loro
spontaneità e i loro sorrisi accompagnati dalla musica sono stati il carburante inesauribile che ci ha
permesso di non perdere mai l'entusiasmo e di rendere magica questa bellissima esperienza.
59 Winnicott D. W., Gioco e realtà, Armando Editore, Roma 1974.
60 www.lifeskills.it - Aprile 2013.
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DISCOGRAFIA
 Rebell Yell – Billy Idol.
 Marte il portatore di guerra – Gustav Holst.
 Histeria – Muse.
 Make me wanna die – The pretty reckless.
 Dies irae (da “La messa di Requiem in re minore K626”) - Wolfang Amadeus Mozart.
 Profondo rosso – Goblin.
 L'apprendista stregone – Paul Dukas.
 Psycho – Dannyn Elfman.
 La canzone di Ursula (dal cartone animato di Walt Disney: La sirenetta).
 Urlando contro il cielo – Ligabue.
 Dream on – Aerosmith.
 Farò di te un uomo (dal cartone animato di Walt Disney: Mulan).
 Ho imparato a sognare – Negrita.
 Show must go on – Queen.
 The hell song – Sum 41.
 Hakuna Matata (dal cartone animato di Walt Disney: Il re leone).
 Shimbalaie – Maria Gadù.
 Buongiorno a te – Luciano Pavarotti.
 Mele Kali Kimaka – Mina.
 Pryntyl – Vinicio Capossela.
 Tutti quanti voglion fare il Jazz (dal cartone animato di Walt Disney: Gli Aristogatti).
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Ci vuole un poco di zucchero (dal film di Walt Disney: Mary Poppins).
Canone in re maggiore - Johann Pachelbel.
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