Maturità 2015 | 2A prova | PSICOLOGIA GENERALE ED APPLICATA Le dipendenze a cura di Flavia Garau L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito il concetto di dipendenza patologica come “quella condizione psichica e talvolta anche fisica, derivata dall’interazione fra un organismo vivente e una sostanza tossica, e caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comportano sempre un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico allo scopo di provare i suoi effetti psicologici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione”. Tuttavia oggi, ciò che viene definita dipendenza abbraccia una visione ben più ampia includendo al suo interno anche sintomatologie provocate dalla messa in atto incontrollata di attività socialmente accettate , come l’uso di internet, il gioco d’azzardo o lo shopping compulsivo, che non prevedono il consumo di sostanze. Sono state definite come “dipendenze sociali” evidenziando la loro collocazione al di fuori della dimensione trasgressiva dell’uso di droghe, ma trovando un loro spazio all’interno della vita quotidiana della persona. Proprio la legittimità e l’accettazione sociale di tali pratiche, rende labile il confine tra le attività praticate a scopo ricreazionale e ciò che, invece, può considerarsi una vera e propria dipendenza. Nell’ambito delle cosiddette nuove dipendenze (o dipendenze comportamentali), la persona manifesta un’incontrollata necessità di dover compiere una specifica attività (come ad es. scommettere o navigare in rete), per trovare immediata soddisfazione ad un bisogno, che talvolta assume l’accezione di una necessità quasi fisiologica di mettere in atto il comportamento come per il tossicodipendente lo è assumere la sostanza. Il parallelismo con le dipendenze da sostanze, risulta evidente tanto che è possibile individuarne alcuni fattori comuni: - Dominanza: i pensieri e l’agire dell’individuo sono incentrati esclusivamente sulla sostanza da assumere o, nel caso delle dipendenze comportamentali, sull’attività da svolgere. - Tolleranza: si manifesta attraverso la crescente esigenza della persona di incrementare sempre di più la quantità di sostanza o di attività svolta, per ottenere lo stesso effetto di piacevolezza. - Astinenza: Si manifesta nel momento in cui la persona si trova impossibilitata ad assumere la sostanza o mettere in atto il comportamento oggetto della dipendenza. - Conflitto: trae origine dal comportamento disturbato portando a conseguenze negative che si ripercuotono nella sfera familiare, sociale e lavorativo/scolastica della persona. - Negazione: si riferisce alla negazione del problema stesso. Tale comportamento è carat- teristico della cosiddetta “fase della luna di miele”, cioè quando la condotta determina ancora la sensazione di piacevolezza portando la persona a non rendersi consapevole della propria dipendenza. - Ricaduta: può presentarsi durante i tentativi di interruzione della dipendenza, nel momento in cui il persona torna alle precedenti condotte dopo un periodo di astinenza. Di fondamentale importanza nell’argomento dipendenza, è il concetto di COMPULSIONE, intesa come una scarica psichica, che porta il soggetto ad un irrefrenabile desiderio di gratificazione dell’impulso. Non è importante ai fini della comprensione , la direzione o l’oggetto che questo desiderio investe, ma la modalità e l’intensità con cui tale impulso si manifesta, dove per oggetto si intende, ad esempio, alcool, internet, droga.. La pericolosità di certi comportamenti compulsivi deriva dal bisogno psicologico di colmare un profondo senso di vuoto e di inadeguatezza. La sensazione di vuoto interiore è molto diffusa nella nostra società e sempre più spesso le persone, non sapendo come colmarlo dall’interno, tentano di riempirlo dall’esterno generando forme di assuefazione e co-dipendenza. I sentimenti che originano queste sensazioni sono varie: solitudine, paura, impotenza, noia, vergogna, ansia depressione frustrazione .. allora ecco che le persone mettono in atto forme di assuefazione che, paradossalmente, dopo una prima gratificazione immediata, producono altri effetti dolorosi, che innescando un circolo vizioso, portano di nuovo a cercare qualcosa per mitigarli. Allora il cibo, le relazioni, il sesso, il lavoro, lo shopping finiscono per causare danni oggettivi alle persone, basti pensare al giocatore d’azzardo che sperpera intere fortune nel giro di poche ore coinvolgendo famiglia e parenti; oppure i rischi che corre chi è preda di una compulsione sessuale: pericolo per il contagio di malattie, frequentazione di luoghi ad alto rischio per l’incolumità personale. Una più recente definizione di dipendenza, usata soprattutto in contesti ospedalieri e psichiatrici, è quella di una malattia cronica e progressiva, recidivante e potenzialmente mortale. Trattandosi di una vera e propria malattia, occorre che alla guarigione del paziente concorra un’equipe di specialisti che possano accompagnare e curare il paziente sotto tutti i punti di vista. Un possibile trattamento delle dipendenze patologiche viene svolto attraverso un modello chiamato “Minnesota”. Il Minnesota model nasce dall’esperienza trentennale che lo stato del Minnesota ha accumulato con i programmi di cura dell’alcoolismo. Con il passare degli anni, però, tale modello di cura si è esteso con successo anche oltre l’alcoolismo rappre- sentando attualmente uno dei modelli più efficaci nella cura delle dipendenze. Tale modello prevede prima di tutto, la concezione della dipendenza come malattia. Secondo tale modello, l’alcool, il fumo, le droghe, internet, rappresentano solo il sintomo di un disagio dell’individuo ben più profondo rispetto all’abuso della sostanza stessa. Il vero nodo è capire quando, perché la persona ha deciso che l’utilizzo della sostanza fosse la soluzione e a quale tipo di problema. Concludendo, il fenomeno delle dipendenze patologiche è ormai diventato un fenomeno dalla portata sociale coadiuvato anche dall’utilizzo patologico non solo di sostanze psicoattive, ma di tanti tipi di “droghe sociali” che ormai imperano nella quotidianità di tutti. Seconda parte 1) Le principali dipendenze patologiche sono in primo luogo quelle da sostanze come le droghe, l’alcool e i farmaci. La sostanza crea nel soggetto dipendente, un circolo vizioso per cui, dopo varie assunzioni, il periodo di benessere indotto dalla sostanza è sempre più breve lasciando spazio alla sintomatologia astinenziale (tremori, eccessiva sudorazione, agitazione psicofisica). Da qui nasce nel soggetto la compulsiva necessità di una nuova assunzione che riattiva il circolo all’infinito. Questo processo vale non solo per le dipendenze da sostanze ma anche per quelle nuove dipendenze definite comportamentali, dove non c’è una sostanza che crea dipendenza ma delle vere e proprio condotte (come ad esempio l’uso di internet, il gioco d’azzardo..). 2) Nel concreto, le strutture che offrono assistenza e cura alle dipendenze patologiche sono molteplici. Esiste il SeRt, ossia un distaccamento legato all’ASL di riferimento dove il dipendente può assumere il metadone (farmaco estremamente importante nella riabilitazione perché in grado di alleviare la sintomatologia astinenziale) e può ricevere aiuto e supporto psicologico dall’equipe composta da psicologi, infermieri e medici. Ancora, le comunità riabilitative sono delle strutture attrezzate in modo che il dipendente possa vivere e lavorare durante il periodo della riabilitazione. Si dividono in centri diurni, ossia strutture dove il paziente partecipa ad attività con altre persone che condividono il suo problema ma non vive lì, o le vere e proprie comunità dove il soggetto mangia, dorme e vive finchè non ha risolto la sua dipendenza. Le figure professionali che lavorano in queste comunità sono psicologi, infermieri, medici e, ultimamente, si sta affermando la figura professionale del counselor. Nel caso delle dipendenze, tale figura spesso è un dipendente non più attivo che consiglia e istruisce nel pratico chi cerca di smettere su come affrontare le difficoltà più pratiche legate al recupero.