PROMORAMA ::: PRESS

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BAND: YELLOW CAPRA
TITLE: YC
LABEL: PILOFT
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BAND: YELLOW CAPRA
TITLE: YC
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BAND: YELLOW CAPRA
TITLE: YC
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BAND: YELLOW CAPRA
TITLE: YC
LABEL: PILOFT
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MESCALINA (03/10/2006)
http://www.mescalina.it/musica/gruppi/recensioni_emergenti.php?id=266
Gli Yellow Capra sono un gruppo milanese che ha iniziato a suonare nel 2001 e questo "Yc" è il loro primo
disco.
In effetti il gruppo è nato ed è sempre stato proiettato verso altri interessi, sempre comunque legati al
campo della musica: in particolare hanno lavorato a colonne sonore, avvicinando musica e cinema, musica e
immagini. Il batterista della band inoltre, Gianandrea Tintori, lavora come addetto al montaggio da parecchio
tempo e ha collaborato con vari registi, da Muccino a Moretti e per vari spot.
Principalmente il gruppo ha composto musiche per cortometraggi e, esperimento sviluppato anche da altri
gruppi e che trovo interessante, sonorizzazioni di film muti. Questo "Yc" risente di questa deformazione
professionale, ovvero, ogni brano risulta essere un po' slegato dal resto, costituisce da solo una piccola
storia e ambientazione musicale. Alla line-up canonica, chitarra-basso-batteria, si aggiungono due strumenti
presi in prestito dal mondo della musica classica: flauto e violoncello. Due strumenti dal destino fortunato
nella popular music da qualche anno a questa parte, soprattutto il secondo, che gli Yellow Capra inseriscono
bene all'interno dei brani. Molto belle le onde del violoncello che seguono "Red meat", uno dei brani più
completi, dove interviene anche il flauto a segnare un sodalizio ben riuscito nel crescendo finale.
I brani sono quasi esclusivamente strumentali, a parte l'intervanto vocale in due di Caterina Giomo (flauto
del gruppo).
La pecca di chi compone per immagini forse, o comunque è abituato a fare questo tipo di operazione, è che
spesso all'ascolto se ne sente la mancanza. Questa è l'impressione dopo un brano come "Follow the yellow
capra": si sente la mancanza dell'immagine visiva a cui legare quei suoni. Cosa diversa è per i brani della
band più complessi nel loro svolgimento, ad esempio la bella "Roulè roulotte", forse la più interessante
insieme alla sopraccitata "Red meat", anch'essa giocata molto sul violoncello e i climi di attesa e ansia che il
movimento ampio dell'arco sullo strumento riesce a creare.
Molto bello anche l'avvio di "Ouverture ridarolo" fra l'elettronica e la classica; proprio in questo a mio parere
il disco riesce bene: nei brani dove la componente classica è più forte.
INDIE-EYE (18/09/2006)
http://www.indie-eye.it/recensore/2006/09/18/yellow-capra-yc/
Esce nella seconda metà di Ottobre YC il primo full lenght di Yellow Capra, combo milanese attivo sin dal
2001 e impegnato da lungo tempo nella difficile relazione tra musica e immagini con la sonorizzazione di film
muti, la composizione di soundtrack per clip di varia provenienza, la partecipazione al Milano Film Festival, la
composizione delle musiche per The Screen, il cortometraggio di Valerio Rocco Orlando Co-prodotto da Sky
Cinema e una serie di collaborazioni illustri. Avremo modo di parlarne in modo più approfondito ma YC è una
delle uscite Italiane più potenti ed emotion-al realizzate quest’
anno; l’
universo sonoro è in parte riferibile al
territorio di transito di ensamble come Rachel’
s, Cj Boyd Sexxtet e i misconosciuti Invert. In particolare, la
seconda metà dell’
album è posseduta da uno spirito Raveliano inquietante, frutto delle esperienze apolidi
della band. yellow Capra sono Gianandrea Tintori alla Batteria, Massimo Gardella alla chitarra, Luca Freddi al
basso, Francesca Giomo al Violoncello, Caterina Giomo al flauto, wurlizer e voce, Antonello Raggi laptop e
Wurlitzer. YC esce per Piloft Recordings ed è distribuito da Wide Records, l’
ufficio e le informazioni stampa
sono a cura di Promorama.it. Per indie-eye, file under Immaginary s-trax. Dal profilo myspace della band
proponiamo il video di follow the yellow capra, traccia contenuta nell’
album in uscita e qui proposta negli
ultimi 3 minuti.
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BAND: YELLOW CAPRA
TITLE: YC
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IL MUCCHIO ONLINE (Fuori dal Mucchio - Oct. 2006)
http://www.ilmucchio.it/fdm_content.php?sez=scelte&id_riv=25&id=302
Si sono fatti vedere poco in giro finora, perlomeno a livello di visibilità discografica (la partecipazione alla
serie “
PO Box”di Wallace, uno split su Piloft con gli scozzesi Glasgow Projekt A-KO), i milanesi Yellow Capra,
pur essendo attivi dal 2001, ma in questi anni hanno macinato sonorizzazioni e creato musiche per cinema,
spot e teatro, maturando un impasto sonoro che se non si può dire del tutto originale è senza dubbio molto
efficace e fitto di suggestioni. Un rock strumentale che lascia ampio spazio agli archi, alle chitarre e ai
crescendo il loro, con un eclettismo di fondo che ha tratti fa venire in mente i Broken Social Scene, e che è
in grado di farli passare da una dimensione cameristica alla Penguin Café Orchestra (“
Matranga”
) alla
maestosità orchestrale e sonica di una “
(I Am) Macho Man”che, dopo aver dispensato ampi spazi e muri di
suono, si conclude malinconica e in punta di piedi, tra archi e detriti di elettronica ambientale. “
YCӏ un
disco ambizioso che non fa pesare la propria ambizione sulle spalle altrui ma sa gestirla con equilibrio; un
approccio rappresentato al meglio da quello che sembra il brano migliore del lotto, “
Follow The Yellow
Capra”
: una strisciante fantasia noir a base di flauti sinistri e progressioni orchestrali che si muove con
autorevolezza tra scorci lynchiani e un pathos di grande impatto, vagamente colorato di toni gotici e
autunnali, degno dei Godspeed You! Black Emperor. Una bella sorpresa e probabilmente qualcosa di più:
senza dubbio un debutto di quelli eccellenti.
ULTRASONICA (Oct. 2006)
http://www.ultrasonica.it/modules/lykos_reviews/index.php?op=r&rev_id=262&cat_id=1&sort_by
Gli Yellow Capra sono in giro da un pò, dal 2001, anno in cui una primordiale formazione si ritrovava in
salette di provincia a far session di improvvisazione, senza inizio e senza fine. La paternità del sound del
gruppo è senz'altro del Post-Rock, riconoscibili le trame fondamentali del genere nelle esplosioni improvvise
che seguono una calma melodica prodotta da chitarre arpeggiate e violoncelli con contorno dissonante di
'Rumours'. Molto ben suonato e non banale, cosa che spesso accade a chi si cimenta con il genere sempre
più inflazionato, è sicuramente un prodotto da tenere d'occhio in vista di sviluppi futuri.
SENTIREASCOLTARE (Oct. 2006)
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2006/recensioni/YelowCapra.htm
[6/10]
In terreno (ancora!) di post-rock post-mogwaiano-tortoisiano, è apprezzabile il tentativo degli Yellow Capra
di non essere del tutto convenzionali, attraverso il loro primo disco, YC. Formazione italiota a organico
allargato (come Reynolds diceva nel 1994) a strumenti non-rock –violoncello e flauto su tutti –, dopo
un’
intro che minaccia esiti alla Giardini Di Mirò, ci propone (Swim Milo, Swim) il flautismo e l’
ex-dinamismo
dei Jethro Tull.
Parte una rincorsa pezzata all’
eclettico, come quando fuori dall’
”
East Coats, West Coast”di Traffic una viola
alla John Cale fa da frizione ad una marcia Motorpsycho. Ma basta pochissimo perché l’
eclettismo diventi
prolissità.
Le cose migliori emergono quando, lontani dal post aspiratutto, si tenta la strada della musica
tendenzialmente progressiva. Le atmosfere di Follow The Yellow Capra fanno ancora male presagire, ma la
salvezza si nasconde negli occhioni azzurri di Gentle Giant, e nella combinazione –già propria degli Yellow
Capra dopo una manciata di brani –del flauto e del violoncello.
E infatti Matranga è un piccolo gioiello, breve e non troppo confezionato. Per il pacchetto, “
chiedi a
Settantasette se non sai come si fa”
. Si potrebbe suggerire di iniziare eliminando le chitarre, a meno che non
si voglia tenere la carta da regalo. E liberi dal peso di quegli arpeggi, una buona volta si potrebbe giudicare
un disco tralasciando l’
imbarazzo del mare magnum postrockorum.
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BAND: YELLOW CAPRA
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ROCKSHOCK (27/10/2006)
http://www.rockshock.it/news.asp?id=2290
[8.5/10]
Volessi darvi un’
idea, seppur gracile, di YC mi costerebbe poco dire Milano; ancor meno dire cinema.
E’nella grigia capitale affaristica che gli Yellow Capra nascono nel 2001. Della metropoli, lo spirito iperattivo
benché crepuscolare indi spesso decadente, tetro e retrò allo stesso tempo, industriale/commerciale seppur
classicista il gruppo conserva nell’
espressione forme e sensazioni. Una città fatta di chiaroscuri; e di
frammenti, di momentaneità. Milano, guardala d’
autunno, è in fin dei conti un lungometraggio su scala di
grigi, immagini mute in sequenza, collage di foto d’
epoca e ipermoderniste.
Ecco l’
idea: musica esito di approcci diversissimi, dal rock alla classica; e con un modus complesso e
strutturato, intelligente, sensibile, moderno. Musica di impatto non solo fonico ma anche (soprattutto?)
ottico: le ad oggi numerose esibizioni live sono curate con l’
accompagnamento di filmati e collage di foto
montati dal gruppo stesso. (Ricordiamo che il batterista Gianandrea Tintori è anche uno dei più noti addetti
al montaggio del panorama della Tv e del cinema italiani)
Tutto questo avviene anche grazie a possibilità ampie. L’
ensemble strumentistico del gruppo spazia dai
campionatori al violoncello: questo conferisce ai singoli modo di esprimersi in assoluta libertà individuale e
alla band nell’
insieme la possibilità di dar vita ad un corpus artistico di rara eterogeneità.
Colonne sonore per il grande schermo (lungometraggi, film d’
epoca, film d’
autore, muto, bianco e nero),
musiche per spot, rimusicazioni, teatro. Il mondo degli Yellow è un mondo molto visivo, di quel visivo però
da diapositiva, con un senso profondo del transeunte e dell’
eterno assieme; di un visivo che si ascolta
delicatamente più scuro che chiaro. Fitto di rimandi, molto astuto e cinico, eminentemente tecnico eppure
perfettamente immaginativo: Buster Keaton suona il piano con un espressione seria, di spalla a nomi del
calibro di Calla, Arab Strap, Giardini di Mirò o Ronin.
Un’
emozione forte tra le altre? Matranga: quel curioso arpeggio di chitarra minore (Massimo Gardella) su cui
si innesta maggiore l’
incespicato appoggio di piano (Antonello Raggi). Un vero numero di cabaret, cupissimo.
Approccio del violoncello sornione in panning (Francesca Giomo), stacco, innesto del basso regolare (Luca
Freddi) all’
unisono con una voce (Caterina Giomo?) che a tutta prima preferiremmo non ascoltare perché dà
straniamento e che continua a parlare incomprensibilmente sino alla fine del brano. Ed invece il baraccone
va avanti perfettamente anche così, l’
orecchio è incredulo. Incuriosendo, disturbando, affascinando con
questi accennati passi di percussione che poi diventano tempo da marcetta rock sino all’
inserto geniale di un
graffio di chitarra elettrica distorta, che assorbe il tutto come una voce più forte che nella discussione
accorata e contrastata di altre voci, suoni, immagini, sogni e realtà chiuda il numero, la gag, il corto,
lasciando la signorina fuoricampo riassumere tutto in “
The Music of Yellow Capra”
…
La suggestione è fortissima alla fine di ogni brano, di ogni passaggio, di ogni intermezzo. Il potere evocativo
di queste elaborate composizioni richiede numerosi riascolti che saranno davvero altrettanti nuovi ascolti,
emozionanti, comicotragici, modernissimi e demodè, definiti sebbene sospesi in un’
arte transepocale che
unisce l’
occhio con l’
orecchio in modo unico e inscindibile.
Ed infatti quando la traccia finisce, anche se hai gli occhi aperti, ti viene di riaprirli…
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BAND: YELLOW CAPRA
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ROCKIT (17/10/2006)
http://www.rockit.it/pub/r.php?x=6149
Fuori piove, e neanch’
io me la passo tanto bene. Fa freddo e ci sono i lampi, come dire che l’
estate ormai è
finita, un anno se ne va, sto diventando grande, e la cosa comincia a non andarmi tanto bene. Il fatto è che
sta calando la sera su Palermo e sui mille progetti che animavano la mia testa, pronta a raccogliere solo
polvere e muffa anziché interesse e prospettive. Ma tant’
è. La musica, quella sì, rimane. Il post rock rimane.
Le emozioni rimangono. Pure quando le sorprese latitano. Gli Yellow Capra sono lì, che suonano dalle casse
dello stereo. La pioggia disegna traiettorie sghembe sul vetro della finestra, come a visualizzare il
pentagramma usato dalla band per i brani di questo disco d’
esordio. Un pentagramma di pioggia, vento e
cielo in grigio.
“
Ouverture Ridarolo”saltella tra feedback accennati e morbidi giri di basso, colonna sonora di un film che
viene girato in esclusiva per chi ascolta. “
Red Meat”è un violino in volo acrobatico sull’
abisso, tra chitarre in
progressione e malinconie nordeuropee. Ed è la conferma che la geografia dei suoni ha subìto anch’
essa gli
effetti della globalizzazione, e ormai non si distingue più Glasgow da Milano, la Scozia dalla pianura padana,
gli anglosassoni dai latini. Un processo –irreversibile? –che farebbe rabbrividire tanto i no global, ancora
fermi a quelle demenziali sagre della birra spacciate per concerti combat-folk, quanto alcuni politici che
agitano fantasmi di una razza italiana corrotta dai meticci. Come se l’
America non fosse diventata la potenza
economica che è proprio grazie ai meticci. Ma sì, chissenefotte. Se suoni bene, se hai un carico di emozioni
da tradurre in la minore, se hai stile, allora è giusto fregarsene dei presunti puristi.
Qualcuno quindi dirà che gli Yellow Capra non sono nulla di nuovo. Certo. Ed è altrettanto vero che in un
paio di occasioni centrano il manierismo ma si dimenticano i brividi (“
Follow The Yellow Capra”e “
Roulé
Roulotte”
). In generale, però, il disco cresce con l’
aumentare dei crescendo chitarristici. E quando, durante
“
Traffic”
, si sente riecheggiare il leggendario urlo dei Ramones –Hey ho! Let’
s go! –i tuoni lì fuori lanciano
la loro sfida. Il dado è tratto. Andiamo a riprenderci il nostro futuro, allora. Hey ho. Let’
s go.
VELVETGOLDMINE (Oct. 2006)
http://velvetgoldmine.iobloggo.com/archive.php?eid=265
Sarebbe facile disdegnare la prima prova della nostra capretta gialla solo perché si aggira tra i campi verdi
(forse un verde sbiadito) del post-rock; troppo semplice direi.
L'amore per i Godspeed You Black Emperor! e per i Mogwai si fa sentire, certo, ma è spiazzato dall'uso di un
flauto mai domo in stile Jethro Tull ("Swim Milo, Swim" "Red Meat"); la voglia di soundtrack che, oramai, è
diventata una sorta di prezzemolo, sorprende ugualmente ("Matranga"); non dimentichiamo che l'intro e
l'ouverture non sono caratteristica post!
Vi ricordate l'invito dei Ramones (Hey Oh, Let's Go)? Ecco, mixatelo con East Coast, Weast Cost e farcitelo di
snobbismo ("Traffic") pop; non potevate chiedere un disco che vi stupisse dall'inizio alla fine, ma non credo
affatto sia deludente.
MIUZIK (Oct. 2006)
http://www.miuzik.it/
Sono una formazione milanese composta da sette elementi, e all’
attivo hanno una partecipazione alla Split
Series della Wallace, un 10”condiviso con gli
scozzesi Projekt Ako e alcune sonorizzazioni per dei cortometraggi.
“
YC”
, album di debutto, si nutre di atmosfere post-rock malinconiche, talvolta raccolte, talvolta più abrasive.
Vengono in mente i Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo, per quel modo peculiare di abbozzare melodie
nostalgiche sul filo di arpeggi di chitarra limpidi ed
essenziali (“
Read Meat”
).
Qualche siparietto bizzarro a conferire variazioni cromatiche (“
Matranga”
); brandelli di manipolazione
elettronica in “
(I Am) Macho Man”e scorci autunnali
sublimi à la Do Make Say Think/Rachel’
s dall’
evocativo impatto filmico (“
Roulé Roulotte”
).
Assai curioso, invece, l’
intervento di flauto traverso sul finale di “
Swim Milo, Swim”
.
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SANDS-ZINE (24/10/2006)
http://www.sands-zine.com/recensioni.php?IDrec=735
Gli Yellow Capra han sempre lavorato sposando musica ed immagini, facendo compartecipare le due forme
espressive sia come fonte d’
ispirazione, sia nella rappresentazione. Le loro performance live accompagnano,
o si fanno accompagnare indissolubilmente da supporti video da loro stessi elaborati.
Non ho ancora avuto modo, se non agli albori della loro attività (circa cinque anni fa..) di assistere a loro
spettacoli, ma mi dicono che la cosa funzioni molto bene, e si son già fatti notare tra l’
altro in alcune
occasioni all’
emergente festival cinematografico di Milano, loro città natale, e presumibilmente anche ben
sciolta nelle loro vene.
Un disco, per un gruppo del genere, rappresenta una sfida non indifferente, perché oltre a testare la qualità
assoluta della proposta come chiunque altro voglioso di esporsi, qui si tratta anche di capire se la musica
possa brillare di luce propria, se possa dignitosamente muoversi sulle proprie gambe.
È la prima volta, per lo meno sulla lunga distanza. Alle loro spalle infatti una partecipazione alla collana p.o.
box della Wallace (era il volume 4) ed un e.p. in condivisione con i Project a-ko ad inaugurare il rapporto
d’
amicizia e di lavoro con la bergamasca Piloft.
La risposta che mi son dato dopo alcuni ascolti di YC all’
interrogativo di cui sopra è che esso può
tranquillamente essere archiviato alla voce ‘
questioni superflue’
. Perché se è vero che siamo nell’
ambito di
una musica da essi stessi definita ‘
cinematica’
, è anche vero che le evocazioni possiamo trovarcele da soli,
come un quaderno con disegni da colorare.
Tuttavia alcune considerazioni in questa direzione si possono fare.
Il genere e lo stile sono inconfondibilmente post-rock. Post-rock cameristico, melodico, circolare, manierista
quasi fosse un credo. La strumentazione è quella tradizionale del genere in questione, col tipico timbro
vintage che lo rende ideale per il valicamento di barriere spazio-temporali, arricchito dal supporto costante di
strumenti classici che contribuiscono sì a diversificare la proposta, ma facendo parallelamente aumentare le
aspettative, lasciando a volte uno spettro di disattesa per la sensazione che si sarebbero potuti sondare
terreni ben più impervi.
È un genere che ha fatto il suo tempo, non nel senso che è superato, ma che forse in questa forma ha detto
ampiamente tutto quello che aveva da dire, e sembra impresa per pochi riuscire ad andare oltre.
Eppure resta ferma la convinzione che questo disco non sia affatto da buttare. Lascia intravedere un ottimo
potenziale, che forse non si è osato giocare. Anche nei momenti più intensi, rari quanto apprezzabili, resta
timido e poco coraggioso. Ma potrebbe essere tranquillamente voglia di non disturbare, una musica
consapevole di sapersi prestare ad accompagnare ma non a condurre. E nell’
interpretare questa prospettiva,
posso inserire questa fra le opere validissime per un ascolto dedicato all'inconscio, ad emozioni intangibili e
recondite, a vibrazioni che restino sempre a pelo dell'acqua, che assecondino una pigra voglia di equilibrio e
sospensione, e che non reclamino maggior attenzione. E personalmente di momenti simili ne vivo
abbondantemente, per cui credo che non abbandonerò facilmente i frutti di questo esordio, auspicando però
per gli Yellow Capra un futuro più abrasivo ed incontrollato.
DIRADIO (03/11/2006)
http://www.diradio.it/files/index.cfm?id_rst=6&id_art=28&idr=33400
Un nome veramente bizzarro, Capra gialla, per questo gruppo milanese molto a suo agio oltre che con la
musica, in progetti visivi che abbinano spesso alle loro esibizioni live ed in colonne sonore.
La dimensione live dev'essere quella maggiormente consona alla loro musica, la quale assomiglia molto
come struttura e sonorità a quella dei gruppi del giro
Godspeed You Black Emperor, forse priva del profumo da freakerie dei canadesi, ma apparentata al loro
amore per le lunghe cavalcate ipnotiche ed incalzanti e per i
travolgenti crescendo improvvisati che caratterizza la struttura di questo filone anomalo del cosiddetto post
rock.
Un ottimo lavoro soprattutto per chi apprezza le composizioni strumentali ed avvolgenti. Territorio che la
capra gialla bruca con grande efficacia.
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BAND: YELLOW CAPRA
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EXTRAMUSIC (Oct. 2006)
http://www.extramusic.it/disco/novitadiscografiche372.htm
Vengono da Milano e suonano post rock. Di quello romantico e avvolgente che prende ispirazione dalle
colonne sonore immaginarie che ascoltiamo nel nostro subconscio in ogni momento della giornata. Anche se
armonie e melodie sembrano prese a piene mani dalla tradizione indie di fine anni '80 e inizio '90. Ma quella
è solo la grammatica con cui gli Yellow Capra hanno iniziato a muoversi, il resto deve averlo fatto un amore
smisurato per il Cinema. Sono in sei e si dividono chitarre, basso, batteria violoncello, flauto, wurlitzer,
laptop e voci. Cantano poco e al contrario si perdono spesso, e con una certa disinvoltura, in passaggi
strumentali che assomigliano a fughe verso luoghi incantati. Sulla prima vera canzone dell'album, "Swim
Milo, Swim" è il flauto che colora l'atmosfera prima che un'inaspettata esplosione dia fuoco a quel che resta.
Sono poco più di 5 minuti ma sembrano un'eternità. La fragile voce di Caterina Giomo che intona il ritornello
di "Traffic" introduce un'altra composizione corale in cui tutti e sei i musicisti del gruppo contribuiscono a
rendere la trama sonora screziata di mille colori. Anche qui Yellow Capra sembra una piccola orchestra rock
con diversi punti di contatto con i maestri del genere Rachel's. La coda di "Topo Morto & Mini Mucca" segna
il primo dei due picchi raggiunti da "YC": l'altro è il meraviglioso turbinio di "Red Meat", che prende l'ubriaca
melanconia dei Dirty Three e la trasporta alle latitudini dei Sigur Ros. Come spezzare un cuore in meno di sei
minuti.
INDIEFORBUNNIES (Oct. 2006)
http://www.indieforbunnies.com/2006/10/page/2/
Come il protagonista de “
Il Respiro”di Thomas Bernard (per la cui rappresentazione teatrale gli Yellow Capra
hanno scritto le musiche) il suono di questa band milanese cerca di affrancarsi dalla malattia ricorrendo appunto - sì alla musica, ma legata alle immagini (numerose - infatti - sono state le collaborazioni con registi
e le composizioni per film muti); cercando - per quanto possibile - di fermare il tempo, di catturare emozioni
sempre più intense; in un malinconico viaggio sonoro che (con l’
aggiunta di flauti, violoncello, wurlizer e
rumorismi vari al tradizionale chitarra-basso-batteria) parte dal post-rock (ovvero “
il niente”
, ® Giov) e arriva
alle melodie cinematiche e strumentali, passando per l’
elettronica, la musica classica e perfino certe
esplosioni rock.
Attraverso un’
esperienza live a fianco di band come Calla, Arab Strap, Giardini di Mirò, ecc. gli Yellow Capra
giungono alla prima tappa sulla lunga distanza nel pieno della loro forma creativa, portando alla luce dieci
acquerelli acustici, dieci bozzetti di “
rock da camera”che trova la sua ragion d’
essere nelle giornate uggiose.
Più che il singolo brano, deve essere tenuto in considerazione l’
intero lavoro, come un’
opera in più atti,
ognuno collegato, ma allo stesso tempo indipendente dall’
altro: si va dalcrepuscolarismo di “
Roulè Roulotte”
alle voci eteree di “
Topo Morto & Mini Mucca”
, passando per le atmosfere Mogwai - ma più romantiche - di
“
(I Am) Macho Man”e della rarefatta “
Swim Milo, Swim”
, per l’
etnica di “
Matranga”
, fino al crescendo stile
Explosion In The Sky di “
Red Meat”
. Alla fine del disco, si ha l’
impressione di aver percorso (intrapreso?) una
strada per sfuggire al male di vivere - in tutte le sue sfumature - attraverso le immagini evocate da un dolce
messaggio sonoro.
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BAND: YELLOW CAPRA
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PAG. 10
PAESI TUOI (Oct. 2006)
http://www.paesituoi.com/index.php?option=com_content&task=view&id=115&Itemid=30
Per inquadrare il suono degli Yellow Capra basta fare riferimento al loro passato (prossimo, dato che il
gruppo si è formato alla fine del 2001): composizione di musiche per il teatro, per gli spot televisivi, per il
cinema; per non parlare dell’
attività live: visto che dal vivo il gruppo sembra comporre, volta per volta, una
colonna sonora in presa diretta per filmati appositamente montati e proiettati. In “
YC”
, dunque, come spesso
accade in ambito post-rock, il suono si presta più alla visione che all’
ascolto. Facile di conseguenza aspettarsi
che alla voce venga riservato uno spazio ridottissimo: e quando ciò accade, più che il cantato è presente un
parlare sussurrato. In questo contesto sonoro gli Yellow Capra intervengono attraverso una composizione
pluridirezionale, che abbraccia tanto il post rock quanto la musica classica: nel mezzo dilatazioni sonore,
qualche tendenza al micro-noise e una costante ricerca melodica. “
YC”
, nel complesso valutabile più che
positivamente, trova un limite nell’
eterogeneità della proposta: proprio questa tendenza centrifuga, infatti,
rappresenta un ostacolo per la realizzazione di un progetto più internamente coerente e definito.
THE VIBES (12/12/2006) - interview
http://www.thevibes.net/interviews/yc.html
Un "debutto" discografico più che convincente quello dei milanesi Yellow Capra, folto collettivo con la malia
per il teatro e il cinema, che, dopo essersi guadagnato un po' di fama nell'underground rock e tra i critici con
lavori per il grande schermo (loro le musiche del mediometraggio The Coastline di Peter Greenaway, dei
corti The Screen di Valerio Orlando e Divini Incontri d'Orgasmo) e per la pubblicità (musicavano lo spot della
Lancia Y - Traffic Jam, sospinti probabilmente dal batterista Gianandrea Tintori, uno dei più noti addetti al
montaggio del cinema italiano avendo lavorato per Muccino e Moretti e avendo all'attivo gli spot per Calvin
Klein, Vodafone, Telecom...), si preparano a segnare una sorta di new deal per il rock italiano, insufflando il
rock d'immagini mentali che scorreranno placide o inquiete -poco importa- nella mente di quanto si
accosteranno alla loro miscela cinematica e talvolta un po' eccentrica, per alcuni versi paragonabile alle
esperienze di gruppi già carburati con cui hanno avuto la fotuna di condividere i palchi di mezza Italia (Calla,
Arab Strap, Giardini di Mirò, Ronin, Hogwash, Eniac, One by One, Madrigali Magri,...). Le premesse per
seguire l'incitamento "Follow The Yellow Capra" ci sono tutte: noi abbiamo voluto fare qualche domandina ai
nostri! Yellow Capra "YC" (Piloft, Distribuzione Wide) 01.(r) intro 02.swim milo, swim 03.traffic 04.topo
morto & mini mucca 05.matranga 06.red meat 07.(i am) macho man 08.follow the yellow capra 09.roulé
roulotte 10.ouverture ridarolo
Salve YC. Tanti aneddoti si sono succeduti sull'originedel vostro nome: da una barzelletta che avrebbe comeprotagonista
una capra incontinente ad allusionimistico-religiose. Per quanto mi riguarda, ho pensato ad unadelle prime pubblicazioni
di Adelphi: un libro gialloscritto da Fritjof Capra "Il Tao della fisica" parecchiometa-fisico... Vi va di svelare finalmente
l'arcano legatoalla scelta del nome della band? In Matranga la chiaveinterpretativa?
I misteri sono fatti per restare. Posso dire che nonc'entra la barzelletta, né le allusioni mistico-religiose(che non
mastichiamo). C'è sicuramente la voglia di nonprendersi troppo sul serio. Cosa che succede anche inMatranga, una nenia
giocosa con carillon vocale in unalingua inventata.
Ho trovato assolutamente piacevole l'ascolto di YC (anchein questo caso le associazioni mentali legati ai nomi
sisprecano, prima fra tutte il titolo di un disco di JoannaNewsom -"Ys"-, anche lei caratterizzata da una
bizzarra"filmicità"). E non mi meraviglia che abbiate fatto daspalla o comunque abbiate calcato gli stessi palchi diinsigni
formazioni, visto che sono udibili alcune influenzee varie affinità con alcuni di essi (in primis Calla eArabStrap, secondo il
mio padiglione, anche se la prima tracciache mi è venuta in mente ascoltando certi passaggi èstataPaperbag Writer dei
Radiohead). Innanzitutto come è natoquesto disco?
È nato suonando insieme per oltre due anni in unsottotetto di un appartamento milanese. Conoscendosi, ascoltandosi,
ascoltando gli altri strumenti. Non c'eraproprio una direzione, ma suonando con una certa atmosferaraccolta (e le
sensazioni ad esse legate) con delle immaginio fotografie sotto gli occhi, è nato una specie di rock dacamera, incontro
quindi tra chitarra, basso e batteria eflauto e violoncello. Poi uscendo di casa, tra sale prove econcerti live il suono si è
smussato ed evoluto. >>> continua
::: PROMORAMA ::: PRESS :::
BAND: YELLOW CAPRA
TITLE: YC
LABEL: PILOFT
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Avete attinto dall'immaginario sonoro di qualche altraband per "forgiare" il vostro sound?
Può sembrare strano ma veniamo da ascolti edesperienzediverse, chi da indie rock, chi da classica, chi da punk epost
punk, chi da sperimentale, chi dal jazz. Quindi ilrisultato può essere un minimo comune denominatore digruppo, non
prestabilito ma nato non fissando nulla, solamentefiglio di grandi jam session e di evoluzioni nel reciprocoascoltarsi.
Come siete arrivati alla Piloft?
Conoscevamo Deya. Lui ci apprezzava, stimava esosteneva. Cosa voler di più da un'etichetta?
Numerose intersezioni con forme d'arte "visuale" (cinemae teatro in primis). quali sono state le esperienze
chemaggiormente hanno contribuito alla vostra crescitaartistica?
Ci sono state tre esperienze diverse e stimolanti.Produrre video ad hoc per ogni pezzo per i live, rispetto almood dei
brani. Pensare ad un continuum molto elettronicoper adagiarsi sul mediometraggio sul mare di Greenaway.Eseguire in
scena musica che puntellasse il monologo diThomas Bernard.
Avete un curriculum invidiabile e sicuramente invidiato. Sedoveste dare qualche suggerimento a chi vuole muovere
iprimi passi nel "mainstream", quali sarebbero le primeindicazioni?
Ma siamo nel mainstream?
Dalla vostra biografia ufficiale emerge che Antonello-diciamo l'"elettronico" della band!- si è unito allaformazione
successivamente. Da cosa nasce la decisione diincludere nella line-up laptop e keyboards?
Sicuramente la voglia diandare "avanti", di modificarsi strada facendo. Dopo esserecresciuti in 5 e arrivati a dei brani
abbiamo sentito ilbisogno anche di qualcos'altro. Abbiamo trovato Antonelloche era sicuramente una capra gialla nello
spirito e nelsentire musicale. Da un anno poi siamo in 7 dato che nellafamiglia c'è anche Alessandro che suona il sax.
Chissàsearriveremo a 10 componenti?!!
Il rapporto che lega la musica alle immagini è secondovoi di tipo deduttivo o "progressivo"? Ovvero, qualeprocesso
creativo seguite: dall'immagine alla musica oviceversa?
Come dicevo prima, è successo entrambe le cose. Certoche suonare, anche in sala prove, con le immagini, ti dàunaforza
espressiva e un trasporto che non ha pari.
Leggo che avete musicato Der Atem di Bernard... unromanzo autobiografico in cui Bernard mostra il suo
tenaceattaccamento alla vita attraverso la "scelta" di nonsmettere di respirare. Come avete reagito quando vi
èstatoproposto questo lavoro?
Tanto entusiasmo sia per confrontarci col teatro checon Bernard, per entrare e uscire dalla recitazione,sostenere delle
frasi e creare certe atmosfere
E' più difficile musicare un cortometraggio, uno spot oun'opera teatrale???
Penso che l'opera teatrale sia stata la cosa più ardua,proprio per un linguaggio ben diverso da quello che
avevamoiniziato a conoscere tramite il mix di musica-immagini.
Sappiamo che avete un nutrito seguito che vi seguedurante le vostre esibizioni. Come vi rapportate ai vostri"fans"?
I fan si spera diventino amici
Immagino che state già lavorando a qualcosa di nuovo,considerato che mi sembrate una formazione molto attiva(buon
per voi!)... Qualche anticipazione sulle prossimelande che verranno brucate dalla capra gialla?
Abbiamo materiale già per un nuovo disco, nuovi video.Venite ai concerti a sentirli, se vi va.
Come immaginate il futuro della musica? Alla luce delle"rivoluzioni" che hanno riguardato la fruibilità dellamusica, quale
pensate saranno le "rivoluzioni" a cui siassisterrà nel futuro prossimo?
Potrebbero sparire i cd veri e propri e tutte leuscite delle etichette potrebbero essere solo ondine escaricabili. E per
queste ragioni tornerebbe il buon vecchioe caro vinile come oggetto prezioso.
Siete pro o contro il P2P e il file sharing?
Anche se con qualche minima variante ad personam siamo pro. Serve a far girare il nome, successivamente a farvenire
più gente ai concerti che poi possono compraregadgete gli stessi cd per averli ben confezionati (e ancheperchécostano
poco, i nostri). Poi prima della nascita del P2P cisi scambiava cd, molto semplicemente.
Se qualcuno dovesse proporvi di scrivere un copione peril cinema in cui cercare di integrare nel migliore dei modila
vostra musica, a cosa pensereste?
Ad un film dei fratelli Dardenne.
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