4
Capitolo
Le leggi della dinamica
1. Il principio d’inerzia: il moto come stato
Si usa il termine dinamica per quella branca della meccanica che mette in relazione
la descrizione matematica del moto, studiata dalla cinematica, con le cause che ad esso
danno origine e che ne modificano le caratteristiche.
ìï cinematica  descrizione del moto
Meccanica ïí
ïïî dinamica  cause che originano e modificano il moto
Vediamo ora come il nostro modo di intendere le cause che danno origine al moto abbia subito un’ importante evoluzione nel corso dei secoli, a partire dalla Grecia del IV secolo a.C.
In cosa la nostra idea del movimento differisce da quella degli antichi Greci?
Gli antichi pensatori Greci vedevano il movimento solo come un processo, cioè qualcosa in grado di produrre un cambiamento nella posizione degli oggetti. Aristotele
(384-322 a.C.) sosteneva ci fosse una gerarchia, in cui per prima veniva la quiete, vista come condizione naturale dei corpi, e poi il movimento, inteso come un semplice
fatto transitorio che separava due successivi stati di quiete. Gli studi di Galileo hanno
mutato radicalmente questa prospettiva, in particolare riguardo al moto rettilineo
uniforme. Oggi sappiamo che quiete e moto rettilineo con velocità costante sono condizioni del tutto analoghe per un corpo, che una volta acquisite si mantengono indelebilmente, e se si vuole mutarle occorre intervenire dall’esterno.
Il moto rettilineo a velocità costante è uno stato e non un processo, e proprio come la
quiete non ha bisogno di una causa per mantenersi.
Il non aver compreso che al moto rettilineo uniforme non serve un’azione continua
che lo sostenga, portò i Greci antichi a errate conclusioni riguardo alla rotazione della Terra. Essi avanzavano delle obiezioni di tipo fisico, pensando che se la Terra
davvero avesse ruotato su se stessa, una pietra lasciata andare dalla cima di una tor83
?
EST
OVEST
400 m/s
 La Controfisica
Che il moto rettilineo uniforme non
necessiti di sostentamento è oggi sperimentato dalle sonde spaziali che si
siano svincolate dall’attrazione della
Terra. Queste viaggiano liberamente
nello spazio senza usare carburante, ed
usano i sistemi propulsivi solo per
mutare direzione. Alternativamente,
per modificare la traiettoria, si serve
anche del cosiddetto effetto fionda, facendosi dare delle “spinte” dai pianeti
in moto che incontra lungo la strada,
sfruttando in modo ingegnoso la loro
attrazione gravitazionale.
La
discesa causa
un aumento nella velocità
La
salita causa
diminuzione nella velocità
Cosa succede alla velocità
quando ogni causa esterna di
cambiamento viene rimossa?
re sarebbe rimasta indietro a partire dall’istante stesso in cui veniva meno il contatto
con la mano. La mano infatti, a loro modo di vedere, provvedeva a trascinare la pietra insieme alla Terra che ruotava, cioè forniva l’azione che ne causava il moto, (che
si può approssimativamente considerare rettilineo uniforme, dato il grande raggio
del pianeta). I Greci pensavano che la velocità orizzontale della pietra che cadeva sarebbe cominciata a diminuire, trovandosi così in ritardo rispetto alla torre solidale
con la Terra. La sorprendente rapidità con cui ruota il nostro pianeta (circa 463 m/s
in corrispondenza dell’equatore1), faceva supporre che nei pochi secondi necessari
alla caduta il punto di impatto si sarebbe spostato di centinaia di metri ad ovest rispetto ai piedi della torre.
In che modo Galileo confutò questo ragionamento errato?
Nella sua opera scientifica Dialogo sopra ai due massimi sistemi del mondo (1632), Galileo sviluppa alcuni ragionamenti che lo portano a concludere che, in tutti i casi in
cui non ci sono impedimenti esterni al moto, la velocità di un corpo si conserva come una proprietà che non si può cancellare. Egli esamina una palla che dapprima rotola lungo una discesa e successivamente viene lanciata per una salita, osservando
come la causa dell’accelerazione verso il basso sia la pendenza, e che è ancora la pendenza a produrre il rallentamento nel moto di risalita. Quindi immagina la stessa
palla avanzare su di un piano orizzontale levigato, dove sia stata eliminata qualsiasi
causa di accelerazione o decelerazione, e deduce che la sola conclusione coerente in
simili condizioni sia che la velocità resti costante ed uguale al suo valore iniziale. Seguiamo il dialogo2 fra l’interlocutore aristotelico, Simplicio, ed il personaggio che espone le
tesi di Galileo stesso, che si chiama Salviati:
SALVIATI. Ditemi: quando voi aveste una superficie piana, pulitissima come uno specchio e di materia dura come l'acciaio, e che fusse alquanto inclinata, e che sopra di essa voi poneste una palla perfettamente sferica e di materia grave e durissima, come,
verbigrazia, di bronzo, lasciata in sua libertà che credete voi che ella facesse?
SIMPLICIO. Se quella superficie fusse inclinata? Son sicuro ch'ella si moverebbe verso il
declive spontaneamente.
SALVIATI. Così sta. E quanto durerebbe a muoversi quella palla, e con che velocità? E
avvertite che io ho nominata una palla perfettissimamente rotonda ed un piano esquisitamente pulito, per rimuover tutti gli impedimenti esterni ed accidentarii: e così voglio
che voi astragghiate dall'impedimento dell'aria, mediante la sua resistenza all'essere
aperta, e tutti gli altri ostacoli accidentarii, se altri ve ne potessero essere.
SIMPLICIO. Ho compreso il tutto benissimo: e quanto alla vostra domanda, rispondo
che ella continuerebbe a muoversi in infinito, se tanto durasse la inclinazione del piano,
e con movimento accelerato continuamente; ché tale è la natura de i mobili gravi, e
quanto maggior fusse la declività, maggior sarebbe la velocità.
SALVIATI. E se volessimo che quella palla si movesse all'insù sopra quella medesima
superficie, credete voi che ella vi andasse?
SIMPLICIO. Spontaneamente no, ma lo farebbe se ben strascinatavi o con violenza gettatavi.
SALVIATI. E quando da qualche impeto violentemente impressole ella fusse spinta,
quale e quanto sarebbe il suo moto?
SIMPLICIO. Il moto andrebbe sempre languendo e ritardandosi, per esser contro a natura, e sarebbe più lungo o più breve secondo il maggiore o minore impulso e secondo
la maggiore o minore acclività.
SALVIATI. Ora ditemi quel che accaderebbe del medesimo mobile sopra una superficie
che non fusse né acclive né declive.
SIMPLICIO. Qui bisogna ch'io pensi un poco alla risposta. Non vi essendo declività, non
vi può essere inclinazione naturale al moto, e non vi essendo acclività, non vi può esser
resistenza all'esser mosso, talché verrebbe ad essere indifferente tra la propensione e
la resistenza al moto: parmi dunque che dovrebbe restarvi naturalmente fermo.
Il raggio della Terra è circa 6400 km (valore noto anche ai Greci , con un errore del 20%, grazie alla misura di Eratostene) ed il tempo di un giorno che le occorre per completare una rotazione pari ad 86400 s, da cui si ha:
(2π×6400×103/86400)m/s = 463m/s.
2 Il testo è tratto dal Dialogo sopra ai due massimi sistemi del mondo ma è stato in qualche passaggio adattato in lingua corrente
per una maggiore scorrevolezza.
1
84
SALVIATI. E se gli fusse dato impeto verso qualche parte, che seguirebbe?
SIMPLICIO. Seguirebbe il muoversi verso quella parte.
SALVIATI. Ma di che sorte di movimento? di continuamente accelerato, come ne' piani
declivi, o di successivamente ritardato, come negli acclivi?
SIMPLICIO. Io non ci so scorgere causa di accelerazione né di ritardamento, non vi essendo né declività né acclività.
SALVIATI. Sì. Ma se non vi fusse causa di ritardamento, molto meno vi dovrebbe esser
di quiete: quanto dunque vorreste voi che il mobile durasse a muoversi?
SIMPLICIO. Tanto quanto durasse la lunghezza di quella superficie né erta né china.
SALVIATI. Adunque se tale spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimente
senza termine, cioè perpetuo?
SIMPLICIO. Parmi di sì, quando il mobile fusse di materia da durare.
Che cosa c’era di sbagliato nella risposta di Aristotele al problema della torre?
Aristotele non aveva sbagliato la risposta, aveva sbagliato la domanda! Egli si chiedeva: “che cos’è che mantiene un oggetto in moto rettilineo con velocità costante?”.
Ma la condizione di moto rettilineo con velocità costante è del tutto naturale, proprio
come lo è la quiete. Non occorre intervenire dall’esterno perché essa si mantenga.
Piuttosto bisognerà chiedersi: “Che cosa modifica lo stato naturale di moto rettilineo
uniforme di un oggetto? Quali sono gli agenti che cambiano la direzione o l’intensità
della velocità?”. Ora, sappiamo già che il fatto che la pietra stia cadendo in verticale
non altera la sua velocità in orizzontale. I due moti si compongono senza influenzarsi,
e la pietra continua a viaggiare a 463 metri al secondo, spostandosi a fianco a fianco
alla torre. In quanto osservatori solidali al pianeta noi non percepiamo il moto di rotazione comune, ma se guardassimo da sopra al polo nord, vedremmo la pietra descrivere un arco di parabola verso est fino a toccare terra ai piedi della torre.
Che cosa dice il principio d’inerzia?
Molti storici della scienza non accreditano a Galileo la formulazione completa della
prima legge della dinamica, detta anche principio d’inerzia. Il motivo è che il grande
scienziato pisano parlò sempre di corpi appoggiati su di un piano, come se pensasse
che la traiettoria rettilinea dovesse essere guidata dalla presenza di un vincolo esterno3. Fu invece Cartesio (1596-1650) a svincolarsi completamente dal peso degli oggetti ed immaginare un punto materiale che non si appoggiava da nessuna parte ma
era in movimento in uno spazio indefinito, simile a quello della geometria di Euclide. Per formulare il principio di inerzia abbiamo innanzitutto bisogno di un riferimento rispetto al quale misurare la velocità. Come già sappiamo, uno stesso fenomeno può venir descritto in maniera differente a seconda del sistema di riferimento che
si sceglie: ad esempio se si lascia cadere una monetina sul pavimento di uno scompartimento di un treno in corsa, la traiettoria è una retta se vista dal treno ma è una
parabola vista da terra. I riferimenti in cui la fisica è più semplice da descrivere sono
quelli cosiddetti inerziali, in cui un punto materiale inizialmente in quiete rimane in
quiete finché non si agisce su di esso:
Un sistema di riferimento si dice inerziale se in esso un punto materiale posto in
quiete rimane in quiete finché non si agisce a modificarne lo stato.
E’ inerziale ad esempio un riferimento con l’origine nel Sole e gli assi orientati in direzione delle cosiddette stelle fisse. Una sonda spaziale in questo riferimento, se libera da azioni esterne, resterebbe per sempre in quiete nella sua posizione. Non è inerziale invece un’automobile che sta frenando in quanto gli oggetti al suo interno sono
scagliati in avanti ma nessuna azione è stata esercitata su di essi a modificarne la
quiete. Il principio d’inerzia dice quindi che in un riferimento inerziale, dove in as-
3
In altri termini quello che voleva dimostrare era in parte già assunto nelle premesse.
85
EST
OVEST
 La Controfisica
Tuttavia Galileo non provò mai che il
nostro pianeta ha un moto di rotazione, ma solo che la rotazione terrestre
veniva scartata sulla base di ragionamenti fasulli. La prima prova reale a
favore del moto di rotazione attenderà fino al 1791 l’ingegnoso e raffinato
esperimento dell’abate Guglielmi,
basato proprio sulla caduta di una
pietra da una torre. Il religioso pensò
che la pietra lassù in cima doveva
essere più veloce della base della torre.
Infatti, nello stesso tempo che occorreva alla base per descrivere la circonferenza della Terra, la pietra percorreva un’altra circonferenza il cui raggio
era maggiore di quello terrestre di tutta
l’altezza della torre. Quando il corpo
giungeva al suolo si trovava così circondato da oggetti più lenti, ed a causa
di ciò si sarebbe dovuta osservare una
leggera deviazione verso est rispetto
alla verticale: lo scostamento era però
minimo, solo diciassette millimetri.
 La Controfisica
Questa formulazione completa del
principio d’inerzia si deve ad Isaac
Newton (1642-1727) che rielabora il
pensiero di Galileo e Cartesio giungendo ad una sintesi a nella sua fondamentale opera scientifica Philosòphiae
naturalis principia mathematica (1687),
dove enuncia anche le altre due leggi
della dinamica che vedremo nei prossimi paragrafi. Per il profondo impatto
che hanno avuto sullo sviluppo del
pensiero scientifico, i Principia di Newton sono probabilmente l’opera più
importante mai scritta da un singolo
essere umano.
 La Controfisica
“La legge d’inerzia non può venir desunta direttamente da un esperimento
reale, ma soltanto dalla riflessione
speculativa, coerente con i fatti osservati. Sebbene l’esperimento ideale
non possa mai venir attuato, esso
conduce ad una più profonda comprensione degli esperimenti reali.”
Albert Einstein- L’evoluzione della Fisica
senza di interazioni una particella inizialmente ferma rimane ferma, se la particella è
inizialmente in moto procede per sempre lungo una retta:
Principio d’inerzia (o prima legge della dinamica).
In un riferimento inerziale un punto materiale mantiene indefinitamente lo stato di
quiete o di moto rettilineo uniforme finché non interviene un agente esterno su di
esso.
Il principio d’inerzia è stato provato attraverso degli esperimenti?
A differenza delle altre leggi della fisica, il principio d’inerzia non è dimostrato
dall’esperienza, ma è frutto di alcune riflessioni che, partendo dai fatti osservati ci
hanno condotto ad una regola universale. Infatti non sarebbe possibile procedere ad
una sua verifica perché dovremmo realizzare una condizione ideale impossibile,
quella in cui abbiamo eliminato tutte le influenze esterne sul moto di un oggetto.
Immaginiamo che il nostro esperimento consista nel lanciare un carrello lungo un
binario: per rimuovere gli impedimenti non basterebbe aver bene oliato le ruote e
levigato le rotaie, dovremmo anche aver eliminato l’aria che fa da contrasto mentre
il carrello si sposta. E quand’anche fossimo sicuri che ogni azione contraria al movimento fosse stata rimossa, il nostro piano d’appoggio starebbe ancora guidando il
carrello a muoversi in linea retta: in altre parole, ciò che vorremmo dimostrare sarebbe già assunto nelle premesse. Per far bene l’esperimento, dovremmo seguire per un tempo infinito - un punto materiale che si muove uno spazio vuoto, e per di
più assumendo che nemmeno la presenza dell’osservatore abbia influenza alcuna sul
moto stesso. Come si vede si tratta di qualcosa che dobbiamo limitarci solo ad immaginare. Il principio d’inerzia è un’idea ben chiara nella nostra mente che non possiamo verificare, ma di cui non possiamo fare a meno. Addirittura potrebbe non esistere nemmeno un corpo in tutto l’Universo che si muova di moto rettilineo uniforme, eppure, se rinunciassimo a quest’idea, la fisica crollerebbe.
Che relazione esiste fra due riferimenti inerziali?
Come sappiamo, il principio di relatività dice che uno stesso esperimento deve dare
uguali risultati in tutti i riferimenti in moto relativo che sia traslatorio rettilineo uniforme. Se dunque abbiamo un riferimento inerziale, allora in un altro riferimento in
moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto ad esso, osservando un punto libero in
quiete, si deve registrare che resta per sempre in quiete. Quindi pure quest’altro riferimento è inerziale.
 La Controfisica
L’idea di un moto che procede
all’infinito, come quello rettilineo uniforme, è senz’atro legata a quella di
spazio infinito. Nell’antichità Aristotele
vedeva il Mondo strutturata in un Cosmo gerarchicamente ordinato, in cui le
cose avevano ciascuna il suo posto, e
tendevano a ritornarvi se si trovavano
lontane da esso, come il fumo quando
sale in cielo e la pietra quando cade a
terra, Cartesio fece “esplodere” la palla cosmica, immaginando, per primo
nella storia, uno spazio interminato ed
indistinto, in cui ogni posizione si
equivale e non ci sono gerarchie di
alcun tipo.
In che modo Cartesio intuì il principio d’inerzia?
Cartesio riteneva che tutta la conoscenza che l’uomo può trarre della natura non deve partire dall’esterno, ma dalle nozioni chiare, evidenti e distinte presenti nel suo
intelletto. E queste verità evidenti sono le figure ed principi della geometria,
l’estensione delle cose ed i moti, mentre le nozioni che i sensi ci trasmettono, sono,
all’inizio, confuse ed oscure. Però, una volta capite relazioni e differenze fra le figure
geometriche, non rimane che riconoscere relazioni dello stesso tipo in tutto quello
che i nostri sensi percepiscono. Proprio come un orologiaio che, guardando un orologio che non ha fatto lui, ne riconosce i principi di funzionamento. Ed anche se le
sfere, i triangoli e lo spazio della geometria euclidea esistono solo nella nostra testa,
non possiamo fare a meno di essi e siamo costretti a pensarli reali. Cartesio riteneva
che esistesse una scienza generale, innata, che spiegava tutto ciò che può essere studiato nell’ambito dell’ordine e della misura, che chiamava la matematica universale.
86
2. Una definizione statica di forza
Dalla prima legge della dinamica segue che ogni cambiamento nella cinematica di
un oggetto è indizio che ha avuto luogo un qualche tipo di interazione. La prima legge
della dinamica tuttavia, si limita a esprimere solo
in modo qualitativo il fatto che
l’interazione ha un effetto sul moto in termini di velocità. Se vogliamo poter fare delle
previsioni quantitative abbiamo bisogno di una grandezza che misuri l’interazione, e che risponda alla domanda: se l’interazione ha un certo valore, quale sarà il valore del cambiamento che si osserva? L’esperienza mostra che è possibile introdurre una grandezza fisica, cui si dà il nome di forza, e legarla alle variazioni dello stato di moto di un punto. La forza rappresenta quindi l’agente del cambiamento.
Come possiamo riconoscere la presenza di una forza?
Prima di utilizzare questa grandezza è necessario averne una definizione operativa che
prescinda completamente dalle grandezze cinematiche come velocità ed accelerazione.
Come sappiamo, con definizione operativa s’intende una serie di istruzioni che consentano di individuare la grandezza, quantificarla con una unità di misura e disporre di un
criterio per confrontarla con un’altra della stessa natura. Diremo innanzitutto che si è in
presenza di una forza quando si osservano cambiamenti di forma negli oggetti:
Forza: Un agente capace di modificare la struttura (il volume oppure la forma) di un
corpo quando questo sia impossibilitato a muoversi.
Qual è la definizione operativa di forza?
Chiaramente, corpi di natura differente reagiranno con deformazioni di entità differente
all’azione della medesima forza. Ad esempio una pressione sul piano del tavolo produce
senz’altro delle deformazioni (sia sulla forma del tavolo che su quella del dito), ma questi
cambiamenti non sono rivelabili ad occhio. Operativamente necessitiamo quindi di uno
strumento che abbia facilità di deformazione, il dinamometro, e che ci consenta di quantificare
e confrontare le deformazioni. Il dinamometro è costituito da una molla con un estremo
fisso e l’altro che scorre su una scala graduata, così che ad allungamenti uguali corrispondano forze d’uguale entità. Per tarare un dinamometro si sceglie quanto allungamento far corrispondere all’unità di misura, si segna il numero 1 in corrispondenza di esso, e si

assume che valga 1 l’intensità della forza F capace di produrlo. Diremo poi che una


forza 2F sarà d’intensità doppia (o tripla 3F ) se è in grado di allungare del tratto unitario due o tre dinamometri identici simultaneamente, posti vicini come in figura. Segne

remo poi i numeri 2 e 3 in corrispondenza degli allungamenti che le forze 2F e 3F
producono sul singolo dinamometro, e così via, graduando in tal modo la scala.
E’ possibile definire davvero la forza da un punto di vista concettuale?
La nostra definizione di forza offre il fianco ad alcune critiche. In effetti un cambiamento
nelle forma o nel volume di un oggetto, se osservato su scala microscopica, coinvolge
cambiamenti di natura cinematica, come spostamento, accelerazione e velocità delle particelle che costituiscono il corpo. Ne segue che, sebbene la nostra definizione venga proposta come definizione statica, indipendente dalla cinematica, in realtà la richiama. La verità è che potremmo anche definire la forza come l’agente che sta all’origine del cambiamento,
ma a ben guardare il concetto di forza è un concetto primitivo, associato all’idea che nasce
dalle sensazioni muscolari di trazione e di spinta e si sottrae ad una definizione rigorosa
soddisfacente, poggiando piuttosto sul nostro intuito. E inoltre, come vedremo, sono capaci di esercitare una forza anche oggetti inanimati, come un tavolo o una sedia quando
sostengono un corpo. Pertanto, l’unica definizione di forza è quella operativa attraverso il
dinamometro, che non ci dice cos’è la forza, ma come essa si misura.
87

F
1

2F
1

2F
1 2
 La Controfisica
La definizione operativa di forza basata sul dinamometro si applica solo alla
scala degli oggetti. Quando scendiamo
alla scala microscopica delle particelle
od saliamo alla scala delle distanze
galattiche, essa deve essere sostituita
da altre più adeguate al contesto.

F1

F2
P
La forza è un vettore?
Se associamo a ciascuna forza un segmento orientato nel verso lungo cui avviene la deformazione del dinamometro, e di lunghezza proporzionale alla deformazione stessa, si
osserva che due o più forze agenti su di un corpo si sommano oppure si cancellano secondo la regola di addizione del parallelogramma. Nella prima situazione in figura si vede come due forze di pari intensità e direzione, ma versi opposti, cancellano i reciproci
effetti quando sono applicate ad uno stesso oggetto (il punto P in figura), quindi, in lin


guaggio vettoriale F1 + F2 = 0 . Nella seconda situazione si osserva come sia possibile



cancellare gli effetti di F1 ed F2 tramite l’applicazione allo stesso corpo di una forza F3

F1

F3
P

F1
uguale e di verso contrario alla risultante secondo il parallelogramma (od il metodo pun



ta-coda), F1 + F2 + F3 = 0 . Una conseguenza di questo esperimento è che se un punto è

F2

F4
in equilibrio sotto l’azione si più forze, il poligono che ha tali forze come lati, per rispetto
della regola di punta coda per la somma vettoriale, deve essere chiuso. Il fatto che gli allun gamenti osservati nei tre dinamometri siano quelli forniti dalla legge di composizione del
F2 parallelogramma ci permette di concludere che:

F1
P

F2

F3

F3

F4
se il punto P è in equilibrio
le forze che agiscono su di esso
formano un poligono chiuso
la forza è un vettore caratterizzato da una retta d’azione (quella del dinamometro), un verso
(quello in cui la molla si dilata), ed una intensità (legata all’allungamento della molla).
Pertanto le sue componenti di una forza lungo direzioni perpendicolari saranno indipendenti e produrranno effetti indipendenti.
3. Seconda legge: la forza produce accelerazione
Che succede applicando una forza a un corpo libero di muoversi?
primo esperimento
v 0 costante
nessuna
Forza

v = v0 + a t

F

v = v0 + 2 a t

2F
secondo esperimento

a1
Fissata una qualunque scala tarando un dinamometro, vediamo ora cosa accade
quando permettiamo ad una forza di agire su oggetti liberi di muoversi. Effettueremo due tipi di esperimento: nel primo applicheremo forze differenti allo stesso oggetto, e nel secondo la stessa forza ad oggetti differenti. Con le parole “applicare una
forza” intendiamo che l’agente esercita la sua azione sull’oggetto per tutta la durata
dell’esperimento, come fa una corda che tira costantemente un carro, e non un’azione
impulsiva che termina, come sarebbe uno spintone.
Primo esperimento
Quando una successione di forze di differente intensità (cioè che deformano in modo
diverso il dinamometro) sono applicate allo stesso oggetto, si osserva che:
(1) il moto che risulta per ognuna delle forze è sempre uniformemente accelerato;
(2) la forza e l’accelerazione sono direttamente proporzionali.

Dunque una forza F produce su di un corpo un’accelerazione d’intensità costante



|a | , una forza 2F produce un’accelerazione di intensità costante 2 |a | sullo stesso
corpo, e così via.

F
1
Secondo esperimento

Una stessa forza F , quando viene applicata a corpi differenti produce accelerazioni


differenti, ad esempio a1 sul corpo 1 ed a2 sul corpo 2 . Ciascun oggetto possiede
pertanto una proprietà intrinseca: la sua capacità di legare insieme forza ed accelerazione.

a2
2

F
Come si misura questa capacità di legare forza e accelerazione?
Si procede scegliendo un oggetto campione: lo chiameremo l’oggetto “un kilogrammo”. Quanto grande debba essere tale oggetto non è rilevante, un quantitativo di
materia vale l’altro, basta accordarsi una volta per tutte. Quello che importa è che:
88
Per l’oggetto “un kilogrammo” decidiamo di utilizzare le misure di accelerazione
assumendole anche come valori della forza.
Procederemo in questo modo: attacchiamo il dinamometro all’oggetto campione e
tiriamolo facendolo scivolare su di un piano senza attrito, e nel frattempo ne misuriamo l’accelerazione. Quando vediamo che la forza esercitata imprime all’oggetto
campione un’accelerazione di “1” nel sistema internazionale, cioè 1 m/s2 , tariamo il
dinamometro scrivendo “1” in corrispondenza dell’allungamento della molla. Questa unità di misura per al forza la chiamiamo un newton [simbolo N]. Di conseguen2
za, se l’oggetto campione si muove con a = 2.0 m/s , diremo che esso è trainato
da una forza pari a 2 N . Ora che abbiamo una scala per la forza applichiamo agli
altri oggetti le varie forze che abbiamo chiamato un newton, due newton e così via
prendiamo nota delle accelerazioni che si producono. E’ così possibile misurare la
proprietà esposta in precedenza: il fatto che ogni oggetto lega l’accelerazione alla
 
forza sempre nello stesso modo, cioè che si mantiene costante il rapporto |F |/|a | . In
altri termini l’intensità della forza e l’intensità dell’accelerazione sono proporzionali
 La Controfisica


e la costante di proporzionalità che si misura fra |F | ed |a | è una misura della pro- Non è possibile sostenere che il principio
prietà che ha quel corpo di legare l’accelerazione alla forza esercitata. Questa costante, caratteristica di ciascun oggetto, è detta massa inerziale, o più colloquialmente soltanto massa, si indica con la lettera m:

|F |
 =m
|a |
La massa inerziale vale 1 per l’oggetto campione, mentre per tutti gli altri oggetti si
esprime in rapporto ad esso, cioè si misura in chilogrammi [simbolo kg]. Dire quindi
che un oggetto ha una massa di due chilogrammi significa che per accelerarlo di
1 m/s2 occorre il doppio della forza che produce quest’accelerazione sull’oggetto
campione, tre chilogrammi che occorre una forza tripla a così via. Da ultimo osserviamo che la direzione ed il verso dell’accelerazione sono uguali a quelli della forza
che l’ha generata. Riassumendo tutte queste osservazioni si ottiene la legge vettoriale
che lega l’accelerazione alla forza, detta seconda legge della dinamica:
Seconda legge della dinamica


å F = ma
Il simbolo di sommatoria S significa che per ottenere l’effetto complessivo di accelerazione bisogna prima sommare (con il metodo del parallelogramma) tutte le forze
che agiscono sull’oggetto, il che si può anche scrivere, meno sinteticamente, nella




forma: F1 + F2 + F2 + ... = ma .
Esercizi
1. Un pacco di massa m = 25 kg , inizialmente fermo, viene trascinato lungo un pia
no privo di attrito da una forza orizzontale di intensità |F | = 15 N . Si calcoli la distanza percorsa quando sono trascorsi 4.0 s e la sua velocità in quell’istante. Cosa
cambia se raddoppia l’intensità della forza?
Scegliendo un riferimento con l’asse delle ascisse lungo la traiettoria rettilinea del
pacco, l’origine nella posizione iniziale del pacco, e facendo partire il tempo da
quando inizia ad agire la forza, risulterà x 0 = 0 . Per questa traiettoria tutta orizzontale e rettilinea si avranno i seguenti vettori accelerazione e forza:


a = (ax , 0) ; F = (25 N, 0)
89
d’inerzia si può ricavare dalla seconda
legge della dinamica, motivando questa
affermazione col fatto che ponendo nulla
la forza si ottiene accelerazione nulla e
quindi velocità costante. Infatti il principio d’inerzia afferma che un punto in tali
condizioni seguirà una traiettoria rettilinea
per un tempo infinito, cosa non deducibile dagli esperimenti che hanno condotto
alla formulazione della seconda legge.
 La Controfisica
Nell’espressione F =ma il segno di
uguaglianza ha un significato più articolato che non il semplice bilanciamento algebrico di due quantità. C’è,
infatti, una sequenza logica da rispettare: la forza genera l’accelerazione e
non viceversa. Quindi, seppur matematicamente sia corretto, è preferibile
non scrivere ma = F, perché si nasconderebbe il ruolo di causa svolto
dalla forza e quello di effetto svolto
dall’accelerazione. Nel seguito dei
nostri studi incontreremo altre equazioni in fisica, dove il segno di uguaglianza va letto come “produce” oppure “genera”.

a

F
m
0
x
Le leggi orarie non banali sono quelle lungo le ascisse:
x = x 0 + v0x t + 1 ax t 2 = 1 ax t 2
2
vx = v 0x + a x t = a x t
2
Dalla seconda legge della dinamica ricaviamo l’accelerazione:
F
15 N
ax = x =
= 0.60m/s2
25 kg
m
Inserendo si hanno le leggi orarie:
x = 1 ´ 0.60t 2 = 0.30t 2
2
vx = 0.60t
E sostituendo il tempo trascorso:
vx (4.0 s) = (0.60 ´ 4.0) m/s = 2.4 m/s ; x (4.0 s) = 0.30(4.0)2 m = 4.8 m
Poiché l’oggetto parte fermo, se la forza raddoppia, la distanza percorsa e la velocità
raggiunta raddoppiano, dato che valgono le seguenti dipendenze dalla forza:
F
F
x = 1 ax t 2 = 1 t 2 ; vx = ax t = t
2
2m
m

F

v0
m

a
ha una massa m = 25.0 kg . Calcolate quanti metri occorrono per fermarlo se esercix tate una forza frenante di 100 N , e per quanti secondi dovete esercitarla. Calcolare la
forza necessaria per arrestarlo in 0.500 s .
[R: 0.630 s, 0.780 m, 125 N ]
0

F
3. Un ragazzo sul motorino spenge il motore quando la velocità è 15.0 m/s . Sapendo

v0 che l’area spostata e l’attrito negli ingranaggi esercitano complessivamente su di lui
una forza frenante di 40.0 N , e che la massa complessiva del motorino e del ragazzo
x vale 200 kg , si calcoli quanti metri percorre in 10.0 s e la velocità che avrà in quello
m

a

2. Il vostro carrello procede con una velocità costante d’intensità v0 = 2.50 m/s ed

w2
stesso istante. Calcolare in quanti metri si ferma e la forza che si dovrebbe esercitare
su di lui per fermarlo in 10.0 s .
[R: 130 m, 13.0 m/s, 563 m, 300 N ]
4. In una scena del film Star Trek V si vede il capitano Kirk cadere in un cratere profondo
almeno 100 m , salvato dal signor Spock con una sedia a propulsione afferrandolo un
istante prima che colpisca il suolo. E’ davvero possibile?
[R]
5. I reattori esercitano su di un aereo che decolla una spinta costante di 1.50 ´ 105 N .
Sapendo che per decollare raggiunge una velocità di 250 km/h e che la sua massa è
300 ´ 103 kg calcolare la lunghezza minima possibile della pista.
[R 4.82 ´ 103 m ]
4. La seconda legge in forma vettoriale
y

Fy
Cosa significa dire che la forza è un vettore?
Come si è visto attraverso gli esperimenti con il dinamometro, la forza, analogamente all’accelerazione, è un vettore. Questo significa che se s’individuano due direzioni
perpendicolari x ed y in un piano, si può scompone l’azione della forza secondo la


tecnica del parallelogramma, come in figura, in due componenti vettoriali Fx ed Fy

F

Fx
x
(e quindi nelle corrispondenti componenti scalari Fx , Fy ). Lungo ciascuna delle due
direzioni si può poi applicare il secondo principio della dinamica in modo del tutto
indipendente da quello che accade nell’altra direzione, cioè l’equazione fra vettori


F = ma corrisponde a due equazioni scalari:
90


F = ma

ì
ï
ïFx = max
í
ï
F = may
ï
ï
î y


Infine, la coppia di valori F = (Fx ; Fy ) è legata dalla relazione Fx2 + Fy2 = |F | 2 . Tutte
questa proprietà, sono ancora una volta espressione del principio d’indipendenza dei
moti in direzioni perpendicolari. Pertanto, se due forze agiscono su di un oggetto lungo
direzioni perpendicolari, il risultato è un’accelerazione nella direzione individuata
dalla regola del parallelogramma.
y
Esercizi
6. Una particella di massa m = 5.00 kg , inizialmente ferma, viene trascinata lungo
10.0 N

F = 20.0 N
un piano senza attrito, seguendo una direzione che forma un angolo di 30.0 con

l’asse orizzontale, dall’azione di una forza d’intensità |F | = 20.0 N . Trova la sua po-
x
30.0
sizione e la sua velocità dopo 3.00 s .
17.3 N
Lungo ciascuna delle due direzioni perpendicolari si può scrivere applicare la seconda legge della dinamica. Calcoliamo le componenti della forza:

Fx = |F | cos J = (20.0 cos 30) N = (20.0 ´ 0.866) N = 17.3 N

Fy = |F | sin J = (20.0 sin 30) N = (20.0 ´ 0.500) N = 10.0 N


Cioè i vettori forza e accelerazione si scrivono F = (10.0 N;17.3 N) , a = (ax ; ay ) .
Calcoliamo le componenti dell’accelerazione:
ax =
Fx
=
17.3
m/s2 = 3.46 m/s 2 ;
5.00
ay =
m

cioè a = (2.00 m/s 2 ; 3.46 m/s 2 )
Fy
m
=
10.0
m/s 2 = 2.00 m/s2
5.00
Possiamo scrivere ora le leggi orarie sia per la posizione che per la velocità:
x (t ) = x 0 + v0x t + 1 ax t 2 = 1.73t 2

x (3.00 s) = 1.73(3.002 ) m = 15.6 m
y(t ) = y 0 + v0y t + 1 ay t 2 = 1.00t 2

y(3.00 s) = 1.00(3.002 ) m = 9.00 m
2
2
vx (t ) = v0x + ax t = 3.46t

vx (3.00 s) = 10.4 m/s ;
vy (t ) = v0y + ay t = 2.00t

vy (3.00 s) = 6.00 m/s
e si verifica subito che :
s(3.00 s) = 9.002 + 15.62 m = 18.0 m ; v(3.00 s) = 6.002 + 10.42 m/s = 12.0 m/s
Allo stesso modo si può risolvere il problema lungo la direzione inclinata di 30.0 :
1F 2
F
s(t ) =
t = 2.0t 2 v(t ) = t = 4.0t
2m
m
s(3.00 s) = 2.0 ´ 3.002 m = 18.0 m

F2
v(3.00 s) = (4.0 ´ 3.00) m/s = 12.0 m/s
J2
J1

F1
7. Una cassa di m = 25.0 kg è trainata sulla superficie priva di attrito di un lago


ghiacciato, da due forze di intensità, la prima |F1 | = 150 N , e la seconda |F2 | inco-
gnita, formanti gli angoli J1 = 35.0 e J2 = 40.0 in figura con la direzione lungo cui

la cassa si sposta. Calcolare |F2 | e l’accelerazione della cassa. [R: 134 N, 9.02 m/s2 ]

8. Un vagone di massa M è tirato a sinistra da una forza F1 d’intensità 1.80 ´ 104 N

formante un angolo J1 = 40.0 con la rotaia, e verso destra da una forza F2
91

F1
40

F2
30
d’intensità 0.200 ´ 104 N formante un angolo J2 = 30.0 con la rotaia. Il vagone ac-

v
quista un’accelerazione verso sinistra di 0.500 m/s2 . Calcolare M . [R: 2.41 ´ 104 kg ]
35.0
9. Un vagone di massa m = 1.50 ´ 104 kg sta procedendo verso destra alla velocità

di 5.00 m/s . Per frenarlo, inizia ad agire una forza F1 come in figura (situazione vista

dall’alto). Sapendo che | F1 |= 4.00 ´ 103 N , si trovi quanti metri percorre il vagone

F1
prima di fermarsi e la forza normale (intensità, direzione e verso) esercitata dalle ro[ R: 57.3 m, -2.29 ´ 103 N ]
taie sul piano orizzontale.
10. Il vagone in figura, visto dall’alto, ha massa m = 1.50 ´ 104 kg e sta procedendo

verso destra alla velocità di 5.00 m/s . Per frenarlo, inizia ad agire una forza F1 , con


|F1 | = 4.00 ´ 103 N . Calcolare l’intensità di una forza F2 parallela alle rotaie che, ag
giunta ad F1 , fermerebbe il vagone in 20.0 m .
[R: 6.10 ´103 N ]
Come vanno resi espliciti i segni in queste equazioni?

a

F1
J1

F3
J3
J2
y
x

F2
Si faccia attenzione al corretto uso dei segni. La seconda legge della dinamica in forma
vettoriale dice che la somma delle componenti delle forze lungo le direzioni degli assi è
pari al prodotto della massa per la componente dell’accelerazione in quella direzione. Pertanto quando scriviamo la seconda legge in forma simbolica, tutti i termini vanno messi
con il segno positivo:
F1x + F2x + F3x + ... = max
F1y + F2y + F3y + ... = may
Il fatto che figurino solo segni positivi non significa che tutte le componenti della forza o
dell’accelerazione siano positive: il loro segno si intende inglobato nel simbolo. Potrebbe
risultare, ad esempio, F1x < 0 , F3y < 0 , ay < 0 e così via. Nel momento in cui si va a
calcolare il valore delle componenti delle forze proiettando i vettori lungo gli assi, faremo
comparire esplicitamente il segno, quindi in figura abbiamo ad esempio:

F1x = - |F1 | cos J1

F2y = - |F2 | sin J2

F3y = |F3 | sin J3

ax = - | a |
5. La forza peso
Ogni oggetto nell’Universo attrae a sé e viene a sua volta attratto da tutti gli altri,
per l’azione di una forza detta gravitazionale. Sulla superficie della Terra l’attrazione
gravitazionale del nostro pianeta è talmente preponderante che tutto il resto delle
interazioni gravitazionali può essere ignorato. Come sappiamo, l’esperienza mostra
che l’effetto medio di quest’azione produce una stessa accelerazione di caduta libera

W
verso il basso che vale: g = 9.81 m/s2 . Questo numero è passibile di piccole
variazioni spostandosi sulla superficie del pianeta, sia perché cambia l’effetto dei
movimenti di rotazione e di rivoluzione, sia perché la distanza dal centro della
Terra non è costante in ogni punto. In base alla seconda legge della dinamica, per
produrre una accelerazione che sia uguale per oggetti di massa differente, deve agire su di essi
una forza d’intensità di volta in volta differente e proporzionale alla massa. Considerato che

con g intendiamo un vettore avente direzione verticale, verso dall’alto in basso ed



intensità g = 9.81 m/s2 , da un confronto con la legge F = ma si ha la seguente:
92
Definizione di peso in fisica

Si chiama peso di un corpo avente massa m la forza W (dall’inglese weight) con cui
la Terra lo attira :


W = mg
Il peso di un corpo ha quindi direzione verticale, verso dall’alto in basso, ed intensità
che si misura in Newton. Se quindi un oggetto ha massa m = 70.0 kg il suo peso

avrà intensità |W | = (70.0 ´ 9.81) N = 687 N . In un riferimento con l’asse delle

ordinate orientato verso l’alto, il vettore W che esprime la forza peso si scriverà:



W = (0; - |W | ) = (0; -m | g | ) = (0 N; -687 N)
La definizione di peso ci suggerisce una differente lettura della costante g : poiché
per ottenere il peso di un corpo si deve moltiplicare per g la sua massa, g
rappresenta una forza per unità di massa, cioè esprime con quanti Newton di forza il
pianeta Terra attira ogni chilogrammo di massa posto sulla sua superficie.
Scriveremo quindi anche:
g = 9.81 N/kg
Da un punto di vista dimensionale, è facile verificare che 1 N/kg = 1 m/s2
C’è differenza fra la definizione di peso in fisica e quella comunemente usata?
La definizione di peso appena fornita differisce da quella nel linguaggio corrente.
Definizione di “peso” nel linguaggio corrente
Per “peso” s’intende la forza che un corpo esercita sugli oggetti che lo sostengono.
Colloquialmente diciamo che una persona seduta, esercita sulla sedia una spinta
chiamata “peso”; un libro appoggiato esercita il suo “peso” sul tavolo, ed un vaso di
fiori preme col suo “peso” sul pavimento. Questa quantità è precisamente quanto
misura una bilancia, utilizzando una scala tarata direttamente in chilogrammi anziché in
Newton, cioè omettendo il fattore g uguale per tutti gli oggetti. In fisica invece, con il
termine peso si indica una cosa differente, e cioè la forza attrattiva della Terra sulla
persona: la sedia non c’entra nulla con questa definizione. I pesi del libro e del vaso
sono le forze attrattive che il nostro pianeta esercita su di essi: il tavolo ed il
pavimento non hanno nulla a che vedere con questa definizione. Le due definzioni di
peso sono molto differenti perché, mentre sulla superficie della Terra la forza
attrattiva del pianeta su di un oggetto non varia, la forza esercitata su ciò che lo
sostiene può cambiare anche di molto. L’esperienza mostra che, se ci poniamo su di
una bilancia da bagno dentro ad un ascensore, quando questo sale, i piedi premono
su di essa con una forza maggiore di quella con cui ci attrae la Terra. Lo strumento
indicherà un valore di peso (nel senso colloquiale) maggiore di quello misurato ad
ascensore fermo. Analogamente indicherà un valore minore se l’ascensore scende,
ma in entrambi i casi la Terra non ha certo cambiato l’intensità della sua attrazione.
6. Forze normali nei vincoli
Che cosa significa per un oggetto essere sottoposto ad un vincolo?
Il vincolo è un ostacolo che impedisce il movimento di un oggetto lungo uno (od
entrambi) i due versi di una certa direzione.

Dunque qualsiasi forza F si eserciti in quel verso, essa viene annullata dall’azione
del vincolo nel verso opposto. La presenza di una forza con tali caratteristiche si de-
93
y

N

W
x
duce semplicemente osservando che, nella direzione lungo la quale il vincolo agisce,
l’oggetto ha accelerazione nulla. Consideriamo a titolo di esempio l’oggetto in figura
appoggiato su di un tavolo. Poiché lungo la direzione verticale l’accelerazione è nulla, si deve avere:
Asse y : å Fy = may = 0
Quindi, affinché il secondo principio della dinamica sia soddisfatto, deve necessa
riamente agire sull’oggetto ad opera del vincolo una forza che contrasti F . A questa

forza esercitata dal vincolo si dà il nome di forza normale e si indica con N . La parola
normale viene in questo caso usata nel senso di perpendicolare alla superficie del

vincolo. La forza N è necessariamente perpendicolare al piano del vincolo in quanto è quella la direzione in cui il vincolo stesso impedisce il movimento.
La forza normale ha sempre la stessa intensità?
La forza normale è una forza passiva, che si manifesta solo quando sollecitiamo il
vincolo. La sua intensità cambia ogni volta, a seconda dell’oggetto che il vincolo
stesso è chiamato a sostenere o ad ostacolare nello spostamento. Poniamo di nuovo
il caso di un oggetto di massa m appoggiato su di un tavolo. Vista la condizione di
equilibrio in cui l’oggetto si trova, in qualunque direzione dovrà risultare nulla
l’accelerazione. In particolare, lungo la direzione verticale si avrà ay = 0 . Essendo


presente la forza peso W = mg diretta in basso, è necessario concludere che esiste

una forza verticale N , diretta in alto, tale da rendere nulla la somma delle forze lungo l’asse y . L’intensità della forza normale si ottiene applicando la seconda legge
della dinamica. Osservando che N x risulta nulla, si ha:

|N | 2 = N x2 + N y2


N y = |N |



N = (0; |N | )
pertanto lungo l’asse perpendicolare alla superficie del vincolo abbiamo:

Asse y : -mg + |N | = may = 0


mg = |N |

e come si vede, l’intensità |N | della forza normale cambia a seconda della forza che
deve ostacolare, che in questo particolare caso è il peso dell’oggetto appoggiato.
Quali domande fondamentale bisogna porsi in presenza di una forza?
y

N1
1
2

W1
Per rendere trasparenti i principi fisici che sono in azione, ogni volta che compare
una forza è indispensabile ricordarsi che si tratta di un’interazione, che coinvolge

quindi due soggetti. Pertanto in presenza di ogni forza F è indispensabile chiedersi:

1. Qual è il corpo che esercita la forza F ?

2. Qual è il corpo che invece subisce la forza F ?
Va inoltre tenuto presente che:
in meccanica, con l’eccezione della forza di gravità che opera a distanza, affinché un
corpo possa esercitare una forza su di un altro, deve stare a contatto con esso.
Consideriamo ad esempio la situazione di prima ma con due casse, 1 e 2, appoggiate
in colonna. Sulla cassa più in alto deve sempre agire una forza normale, tuttavia non
è il tavolino ad esercitarla visto che non c’è contatto materiale fra i due oggetti. In
questo caso è la cassa in basso a essere in contatto con quella in alto pertanto, riguar
x do alla forza N 1 , diremo che la cassa in basso la esercita e la cassa in alto la subisce.
Quando si deve risolvere un problema di dinamica bisogna innanzitutto concentrarsi
94
y
sull’oggetto da studiare, individuare tutte le forze che su di esso agiscono e poi raffigurarle con dei segmenti orientati aventi la cosa nell’oggetto. Tale schema viene detto diagramma del corpo libero, e bisognerà fare attenzione a riportarvi solo le forze che agiscono
sull’oggetto che si vuole analizzare e non quelle che operano sugli altri oggetti presenti.
Quindi nel diagramma di corpo libero della cassa 1 , non devono figurare né la forza


normale N 2 esercitata dal tavolino, né la forza peso W2 che agisce sulla cassa sotto.

N2
1
2

W2
Esercizi
11. Un corpo di m = 5.0 kg inizialmente fermo su di un piano senza attrito, ad un

certo istante viene tirato verso destra da una forza F1 di intensità 10 N , formante

con l’orizzontale un angolo J = 20 e frenato da una forza orizzontale F2 di
x
intensità 2.0 N . Quanto valgono la forza normale e l’accelerazione?
Rappresentiamo sul disegno tutte le forze che agiscono sul corpo, una procedura che

viene detta tracciamento dello schema del corpo libero. Esse sono il peso W , la forza J = 25



normale N , e le due forze F1 ed F2 . Le forze si disegnano con la coda applicata
sull’oggetto su cui agiscono. Lungo l’asse verticale non c’è accelerazione quindi la
risultante delle forze è nulla. Lungo la direzione orizzontale c’è accelerazione, la cui
intensità va trovata tramite la seconda legge:


|F1 | cos 20- |F2 | = max
SFx = max 
Asse x :
ax = [(9.4 - 2.0)/ 5.0] m/s2 = 1.5 m/s2


SFy = may 
|N | + |F1 | sin 20 - mg = may = 0
Asse y :


|N | +10 ´ sin 20 - 5.0 ´ 9.8 = 0  |N | = (5.0 ´ 9.8 - 3.4) N = 46 N
10 ´ cos 20 - 2.0 = max

12. Un blocco di massa m è premuto contro un muro, privo di attrito, da un dito che

esercita una forza costante, d’intensità |F | = 2.5 N , e direzione formante un angolo

F1
J = 25 con la linea orizzontale. Sapendo che il blocco sta fermo si dica quanto
valgono la sua massa e la forza normale esercitata dal muro.
[R: 0.12 kg, 2.3 N ]

13. Un vagone di M = 3.00 ´ 104 kg è tirato verso destra da una forza F1 d'intensità

2.50 ´ 104 N a un angolo J1 = 40.0 con la rotaia, e verso sinistra da una forza F2 di
intensità 2.00 ´ 104 N a un angolo J2 = 30.0 con la rotaia. Stabilire in quale verso si
mette in moto e calcolare la sua accelerazione e la forza normale (intensità e verso) esercitata sul vagone dai binari.
[R: 0.0610 m/s2 a destra, 0.607 ´ 104 N in basso nel foglio ]
7. Il piano inclinato
Consideriamo un oggetto di massa m posto inizialmente fermo su di un piano
inclinato avente lunghezza BC = L , privo di attrito, e formante un angolo J con la
direzione orizzontale. Ci proponiamo di ricavare tutte le informazioni cinematiche,
cioè i vettori accelerazione, velocità, ed il tempo di caduta.
Qual è il riferimento conveniente per studiare il piano inclinato?
Il problema è molto semplificato se si sceglie un sistema di riferimento con l’asse
delle ascisse parallelo al piano stesso. In questo modo la quota y vale zero durante
l’intero tragitto, ed analogamente rimangono sempre nulle sia vy che ay .
95
40
30

F2
y

N
 La Controfisica
Un blocchetto che scivola può essere
pensato puntiforme se è molto piccolo
rispetto alla lunghezza del piano.
Questo non è invece possibile per una
pallina che rotola, la quale per definizione è composta da più di un solo
punto: c’è il centro, e ci sono gli altri
che vi ruotano attorno. Quindi nella
nostra trattazione di dinamica del punto non consideriamo questo problema
leggermente più complesso, che vedremo nel dettaglio affrontando la
dinamica degli oggetti estesi.

N
J

mg
B
mg sin J
90 - J
J
mg cos J

ma
J
J

mg
A
x
C

Rappresentiamo sul disegno tutte le forze che agiscono sul corpo: il peso W e la forza

normale N . Scomponiamo quindi entrambe le forze lungo gli assi coordinati. La

forza normale è tutta diretta lungo y , cioè si ha semplicemente N = (0; N y ) . Per
ˆ = 90 - J . Ne segue che l’asse
scomporre il peso bisogna osservare che l’angolo ABC
y forma con il lato AB un angolo che è il complementare di 90 - J , e cioè proprio
J (vedi il segmento tratteggiato in figura). Quindi, considerata la retta parallela
all’asse y riportata nella posizione del corpo, come si vede dalla figura risulta che
anche il peso forma un angolo J con essa, da cui abbiamo la scomposizione:
Wx = mg sin J
Wy = -mg cos J

Relazioni che in termini vettoriali si scrivono: W = (mg sin J; -mg cos J) . Possiamo
ora applicare la seconda legge lungo ciascuno dei due assi:
J
SFx = max
Asse x :
d
L
J
a
 La Controfisica
Consideriamo una circonferenza posta
in verticale, di cui il piano inclinato
lungo L è una corda. Il diametro
verticale d è l’altezza da dove un
corpo in caduta libera impiega, per
toccare terra, lo stesso tempo con cui
scivola su di L . Infatti, poiché ogni
triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo, L forma con
l’orizzontale un angolo J uguale a
quello che il diametro verticale forma
con la perpendicolare ad L , perché
sono entrambi complementari dello
stesso angolo a . Quindi:
L = d sin J
che sostituito in t*=√2dL/gsin J
produce il tempo √2d/g di caduta da
quota d . Il ragionamento può essere
ripetuto, ottenendo che per qualsiasi
corda al variare di J il tempo di caduta è sempre √2d/g .
Asse y :
SFy = may


mg sin J = max
N y - mg cos J = may = 0
Risolvendo il sistema così impostato si trovano subito sia il valore della forza normale sia l’accelerazione lungo il piano:


ax = g sin J = |a |
N y = mg cos J = |N |


quindi a = (g sin J; 0) e N = (0; mg cos J) . A questo risultato si giunge pure dalla se





conda legge in forma vettoriale: N + mg = ma , per cui i tre vettori N , mg e ma sono lati di un triangolo, che è rettangolo perché forza normale ed accelerazione sono

perpendicolari. Dal rapporto fra cateto opposto a J e ipotenusa si ha: sin J = |a |/g .
Come si ottiene il tempo totale di scivolamento lungo il piano?
Calcoliamo ora il tempo t* che occorre per arrivare alla base del piano partendo da
fermo nella sommità. La risposta si trova scrivendo la legge oraria della posizione
lungo le ascisse. Ricordando che il piano è lungo BC = L , risulta:
x (t ) = x 0 + v0x t + 1 ax t 2 = 1 g sin J ⋅ t 2
2
2
Imponendo che sia x (t* ) = L troviamo:
L = 1 g sin J ⋅ t*2
2

96
t* = 2L /g sin J
Osservando che l’altezza del piano vale h , con AB = h = L sin J , si vede bene che
t* è tanto più lungo del tempo th = 2h /g di caduta libera da fermo partendo da
un’altezza
h , quanto più piccolo è
sin J .
Sostituendo, infatti, risulta
t * = 2h /g sin2J = th / sin J , e quindi t* cresce al diminuire dell’angolo che il piano
forma con l’orizzontale. È possibile anche variare la lunghezza L del piano in modo
da ottenere sempre lo stesso tempo di caduta: Galileo mostrò che si ha un uguale t*
per tutti i piani che sono lunghi quanto corde di una stessa circonferenza (qui a lato la dimostrazione di questa proprietà).
x
Esercizi
y
14. Un oggetto di massa m = 2.50 kg viene lanciato con velocità di 4.50 m/s su per

v0
un piano inclinato privo di attrito e formante un angolo di 35 con la direzione orizzontale. Si dica quanto tempo occorre affinché si fermi e quanto spazio ha percorso
in quell’istante.
35
Scegliendo un riferimento con l’asse delle ascisse parallelo alla superficie inclinata, e
quindi un asse delle ordinate ad essa perpendicolare, risulta che la quota y vale zero durante l’intero tragitto, ed analogamente rimangono sempre nulle sia vy che ay .
Tracciamo lo schema del corpo libero fotografando il corpo in un istante qualunque


mentre sta risalendo il piano. Le forze in azione sono Esse sono il peso W = mg e la

forza normale N . Scomponiamo quindi entrambe le forze lungo gli assi coordinati.

La forza normale è tutta diretta lungo y , cioè si ha semplicemente N = (0; N ) .
Per scomporre il peso osserviamo che la sua direzione forma un angolo di 35 con
l’asse y , e tenendo conto che i versi di entrambe le componenti sono contrari a quelli
degli assi abbiamo:

N
Wx = -mg sin 35 = (-2.50 ´ 9.81 ´ 0.574) N = -14.1 N
Wy = -mg cos 35 = (-2.50 ´ 9.81 ´ 0.819) N = -16.5 N

cioè W = (-14.1 N; -16.5 N) . Possiamo ora applicare la seconda legge lungo ciascu-
x
mg sin J
y
no dei due assi:
Asse x :
90 - 35
35
SFx = max  - m g sin 35 = m ax  ax = -5.63 m/s
35
2
35
mg cos J
SFy = may  N y - mg cos 35 = may = 0  N y = mg cos 35 = 16.5 N


quindi a = (-5.63 m/s2 ; 0) e N = (0;16.5 N) . Per il tempo necessario all’arresto baAsse y :

mg
sta scrivere la legge oraria della velocità lungo le ascisse e imporre vx (t ) = 0 :
vx (t ) = v0x + ax t = 4.50 - 5.63t = 0

t = 0.799 s
Dalla legge oraria della posizione, assumendo l’origine del riferimento nel punto si
partenza, si ottiene subito lo spazio percorso prima di fermarsi:
x (t ) = x 0 + v0x t + 1 ax t 2 = 4.50 ⋅ t - 1 (-5.63)t 2
2
2
x (0.799) = [4.50 ´ 0.799 +
1
(-5.63)(0.799)2 ] m
2
= 1.80 m
15. Un blocchetto di massa m = 40.0 kg viene lasciato andare da fermo dalla sommi-
tà di un piano inclinato di 30.0 alto h = 20.0 m . Dopo aver scritto esplicitamente i
vettori peso, forza normale ed accelerazione, si calcoli la velocità raggiunta in fondo
al piano.
[R: (196 N; -340 N),(0 N; 340 N),(4.91 m/s2 ; 0 m/s2 ),19.8 m/s ]
97
ìï
ïï
h ïí
ïï
ïï
î
30

F
16. Un’auto 1600 kg sta salendo su una collina che forma un angolo di 23.0 con il piano

orizzontale ad una accelerazione di 5.00 m/s2 . Calcolare la forza F applicata sull’auto per
23
[R: 14.1 ´ 103 N,14.4 ´ 103 N ]
l’azione del motore, e la forza normale del terreno.

F
17. Un carrello contenente la spesa viene spinto su per una rampa inclinata di 15.0

da una forza costante orizzontale F come in figura, di intensità 100 N . Sapendo che il carrello sta avanzando con velocità costante, se ne trovi la massa.
[R: 38.0 kg ]
15
8. Funi inestensibili e pulegge

T

T

T

T
m
 La Controfisica
La tensione è sempre diretta dai capi
verso l’interno della fune: una fune in
equilibrio può solo esercitare forze di
trazione.
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
La fune inestensibile è un oggetto in grado di trasferire il punto di azione di una
forza grazie alle interazioni elettromagnetiche che legano insieme i suoi atomi. La
forza originaria sposta leggermente gli atomi del capo di fune dove è applicata, questi tirano gli atomi contigui finché l’azione non viene comunicata all’oggetto. Affinché l’intensità della forza rimanga inalterata è necessario poter considerare trascurabili tanto la massa della fune che il suo allungamento, altrimenti dovremmo tenere
conto della variazione che la forza subisce nel trasmettersi all’oggetto, dovendo prima dovendo accelerare anche la corda. Se dunque una mano regge una fune cui è
agganciata una cassa, la mano non esercita alcuna forza sulla cassa, non essendo in contatto
con essa, tuttavia la cassa è soggetta a quella che viene detta tensione della fune, che a
sua volta agisce anche sulla mano.
Cosa s’intende per tensione di una fune?

Si definisce tensione T lungo la fune, un vettore che ha la direzione della fune, e per
intensità la forza misurata da un dinamometro che venisse agganciato ai due capi
della fune stessa in un punto qualunque dove la fune fosse tagliata.
Per una fune in estensibile di massa trascurabile, il dinamometro misura lo stesso valore dovunque si esegua il taglio. Se quindi l’azione di una forza produce una misura sul dinamometro ad esempio pari a 100 N , questo è il valore della tensione sulla
corda, ed è del tutto equivalente ottenerlo ad esempio tirando la fune con un capo
assicurato al muro oppure tirandola fra due mani, come illustrato in figura. Osserviamo che una fune tesa in equilibrio può solo tirare, cioè la forza che esercita sul corpo
cui è agganciata è uscente da esso e diretta lungo la fune. Quindi, il verso della tensione è sempre uscente dall’oggetto del quale si sta tracciando lo schema di corpo libero. In figura sono state tracciate in colore chiaro le azioni sul dinamometro dovute
alla tensione, uguali e contrarie in modo che lo strumento stia fermo. Per rappresentare l’azione della fune sulla mano, invece, dovremmo sempre raffigurarla in modo
che eserciti sulle mani una trazione. Riflettiamo infine sul fatto che anche nella situazione qui sotto proposta la tensione in ciascuno dei tre pezzi di fune è sempre 100 N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
e la tensione non cambia inserendo un numero arbitrario di dinamometri.
Cos’è la puleggia?
m
La puleggia (o carrucola) è invece una macchina idealmente di massa trascurabile, in
grado di modificare la direzione della tensione di una corda senza alterarne
l’intensità. Con riferimento alla figura, dove abbiamo indicato le forze applicate alla pu-
98
100N
leggia, per tenere in equilibrio la massa m è consentito esercitare la forza di 100 N 100N
indifferentemente lungo direzioni analoghe alle tre indicate in figura. Per svolgere
questa funzione anche la puleggia, come la fune, deve avere una massa trascurabile,
in modo da considerare irrilevante la variazione che la forza subisce dovendo accelerare (angolarmente) la puleggia stessa in ogni azione. Fermiamoci a riflettere
sull’equivalenza, dal punto di vista della tensione della corda, sempre pari a

|T | = 100 N , nelle situazioni proposte a lato. Come si vede, se recidendo in un punto
100N
100N
100N
100N
m
la fune ed inserendo un dinamometro, questo segna 100 N , allora la fune tira con
una forza di tale intensità ciascuno degli oggetti sui quali è applicata.
Come si può individuare il verso della tensione di una fune?
Per capire la direzione della tensione la domanda da porsi è: di quale oggetto sto tracciando lo schema del corpo libero? Individuato il corpo basta disegnare una forza uscente da esso lungo la corda. La figura riporta in colore scuro le forze dovute alla fune
sulla puleggia e sulla mano, in colore chiaro riporta quelle sul dinamometro.
Esercizi
18. A proposito della figura a lato, si hanno i dati: mA = 3.00 kg
mB = 7.00 kg . Si
A
calcoli l’accelerazione a con cui si muove il sistema delle due masse, e di quanto metri avanza la massa A in 1.20 s .
Dobbiamo scegliere un riferimento e tracciare lo schema del corpo libero per ciascu
na delle due masse. Indichiamo con |T | = T per semplicità la tensione della fune,
che come sappiamo è la stessa su tutta la corda ed ha verso sempre uscente dagli oggetti su cui è applicata.
Oggetto A asse x : T = mAaAx
Oggetto A asse y : N - mAg = maAy = 0

N = mAg
Per risolvere il problema occorre osservare che l’accelerazione orizzontale del corpo
A è uguale all’accelerazione verticale del corpo B. Chiamiamo dunque aAx = a .
Per le proprietà sopra esposte della fune e della corda, risulta che a By = -a , giacché
se la velocità di A viene incrementata verso destra della quantità a ogni secondo,
contemporaneamente la velocità di B è incrementata della stessa quantità a però in
basso, cioè contrariamente al verso scelto come positivo nel riferimento. Impostiamo
il sistema di due equazioni nelle due incognite T ed a :
ì
ïT = mAa
ï
 mAa - mB g = -mBa
í
ï
T - mB g = -mBa
ï
ï
î
Da cui, risolvendo rispetto ad a e sostituendo per avere T :
mB
mA + mB
g
Con i valori numerici proposti viene:
æ 3.00 ´ 7.00
ö
´ 9.81÷÷÷ N = 20.6 N
T = ççç
èç 3.00 + 7.00
ø÷
T =
mAmB
mA + mB
g
.
æ
ö
7.00
´ 9.81÷÷÷ m/s2 = 6.87 m/s2
a = ççç
çè 3.00 + 7.00
ø÷
Per il calcolo dello spostamento x (1.20 s) - x 0 scriviamo la legge oraria di A:
x (t ) = x 0 + 1 (6.87)t 2
2

x (1.20 s) - x 0 = 1 (6.87)(1.20)2 = 4.95 m .
2
Osservazione 1: Va notato che questo sistema ha sempre una accelerazione verso destra, qualunque sia il valore della massa B , come si vede dalla formula
mB
a=
g , che produce comunque un valore positivo. In assenza di attrito, inmA + mB
99
B

T
A

m Ag
Oggetto B asse y : T - mB g = maBy
a=

N

T
B
x

mB g
fatti, la tensione della corda è la sola forza che agisce su A , facendolo spostare verso destra anche se mB < mA , ovviamente con minore accelerazione rispetto al caso
sopra risolto.

Osservazione 2 Spesso questo esercizio viene risolto in modo errato deducendo che T

applicato al corpo A sia uguale in intensità al peso mB g del corpo B. La confusione
A
nasce dal fatto che questa conclusione è vera solo se le due masse sono ferme, ma
non è lecito estenderla al caso in movimento, dove la forza che giunge alla massa A è

diminuita rispetto ad mB g di quanto serve per accelerare la massa B verso il basso.
18. A proposito dell’esempio precedente, supponiamo che la massa mA = 3.00 kg

WB
sia tirata non dalla massa mB = 7.00 kg , ma da una mano che eserciti una forza pari al peso di mB . Si dica se cambia l’accelerazione di mA e di quanto. [R: 22.9 m/s2 ]
20. A proposito del dispositivo in figura, detto macchina di Atwood, si ha che
y
mB > mA . Calcolare l’accelerazione delle due masse la tensione della corda.
A

T
A
B

T
B

m Ag
Dobbiamo scegliere un riferimento e tracciare lo schema del corpo libero per ciascuna delle due masse. In questo caso basta il solo asse y giacché tutti gli spostamenti

avvengono in verticale. Indichiamo con |T | = T per semplicità la tensione della fune,
che come sappiamo è la stessa su tutta la corda ed ha verso sempre uscente dagli oggetti su cui è applicata.
Oggetto A asse y : T - mAg = mAaAy
Oggetto B asse y : T - mB g = mBaBy
Anche in questo problema occorre considerare che l’accelerazione verso l’alto del
corpo A è uguale all’accelerazione verso il basso del corpo B. Chiamiamo dunque
aAy = a . Risulta che a By = -a , cioè che se la velocità di A viene incrementata verso

mB g
B
A
C
l’alto della quantità a ogni secondo, contemporaneamente la velocità di B è incrementata della stessa quantità a però verso il basso.
ì
ïT = mAa + mAg
m - mA
ï
 mAa + mAg = -mBa + mB g 
a= B
g
í
ï
T = -mBa + mB g
mA + mB
ï
ï
î
æ m - m ö÷
2mAmB
ç
A÷
T = mA çç B
T =
g
÷ g + mAg 
÷
mA + mB
çè mA + mB ÷ø
21. Nel dispositivo in figura, calcolare l’accelerazione del sistema di masse e le tensioni delle due corde in funzione delle masse appese.
[R]
A
B
a = 35
22. Nel piano inclinato in figura si ha: mA = 14.0 kg , mB = 10.0 kg . Le due masse
sono lasciate libere ad un certo istante. Calcolare, nel caso di assenza di qualunque
attrito, l’accelerazione delle due masse e la tensione della corda. Dire qual è la direzione verso cui si muove il sistema.
[R: 90.1 N ]
A
B
23. Nel dispositivo in figura è mA = 12.0 kg ed mB = 32.0 kg e le due masse sono la-
J = 42.0
sciate libere di scivolare in assenza di attriti. Calcolare la tensione della corda, le forze
normali che il vincolo esercita e l’accelerazione del sistema.
[R: 57.2 N,118 N, 233 N, 4.77 m/s2 ]
A
J = 20.0
24. Un blocco di massa mA = 7.00 kg è tirato giù per piano inclinato da un secondo bloc-
co di massa mB = 5.00 kg , legato al primo da una corda ideale . Sapendo che il piano è
B
100
lungo 15.0 m e che J = 20.0 , calcolare il tempo che impiega A per scivolare sull’intero
piano, supponendo che all’inizio fosse fermo sulla sommità.
[R: 2.23 s ]
25. Un ciondolo di massa m è appeso tramite un filo al tetto di un carrello in moto rettili
neo con accelerazione costante a . Si osserva che il filo non è più verticale ma si sposta indietro. Determinare l’angolo a formato dal filo con la verticale. Eseguire il calcolo per

a = 5.0 m/s2
[R: 27 ]
a

a
26. A proposito della figura a lato, sapendo che M = 2.00 kg e che m è in equilibrio,
si trovi il valore di m ed il valore T della tensione della fune.
[R: 19.6 N, 0.347 kg ]
10
10
27. Due blocchi di masse m1 = 2.00 kg ed m2 = 3.00 kg scivolano sulle due pareti
inclinate di un cuneo triangolare, connessi da una fune come in figura. Si dica quanto
vale l’accelerazione del sistema dei due blocchi.
[R: 0.168m/s2 ]
m
M
M
28. Sapendo che m = 8.00 kg si dica che valore segna il dinamometro A nella prima
[R: 11.7 N ]
delle tre figure allineate sotto.
29. Sapendo che m = 8.00 kg si dica che valore segna il dinamometro B nella se-
1
45
60
2
[R: 23.4 N ]
conda delle tre figure allineate sotto.
30. A proposito del sistema con le due masse appese, illustrato nella terza delle tre
figure allineate sotto, si sa che ciascuna massa ha valore m = 8.00 kg . Si calcoli la
[R: 210 N ]
tensione della corda orizzontale centrale.
20
20
m
A
20
20
25
25
m
m
B
m
9. Terza legge: le forze non nascono mai sole
Perché non possiamo sollevarci da soli per la cintura e fluttuare in aria?
E’ relativamente semplice afferare un’altra persona per la cintura e sollevarla di
qualche centimetro o più, a seconda di quanto si è robusti. Tuttavia, nemmeno
l’uomo più forte del mondo riuscirebbe a sollevare se stesso di un solo millimetro in
questa maniera. Eppure non c’è dubbio che stiamo esercitando una forza sul nostro
corpo: il fatto che non si osservi accelerazione implica che la somma delle forze che
complessivamente agisce su di noi deve essere zero. La spiegazione di un tale
apparente paradosso è nella terza legge della dinamica, che può essere così esposta:
101

F

-F
?
Terza legge della dinamica

Se un corpo A esercita una forza F su di un corpo B allora il corpo B esercita una

forza -F , sul corpo A.
Pertanto, mentre la parte superiore del nostro corpo, (torso e braccia), esercita una
forza verso l’alto sulla parte inferiore, la terza legge impone che la parte inferiore,
(bacino e gambe), eserciti sulla parte superiore una forza verso il basso di pari intensità. Se adesso consideriamo il nostro corpo come un unico oggetto, questa coppia di
forze avrà sempre un risultato netto nullo e così non sarà mai possibile sollevarsi attraverso un tale meccanismo. La stessa proprietà si può enunciare in termini diversi
dicendo che la somma delle forze interne ad un sistema ha sempre somma nulla.
 La Controfisica
Non esistono forze solitarie!

-F

F
100N
100N

-F

F
 La Controfisica
Per la terza legge della dinamica, un
pianeta esercita sulla stella attorno alla
quale orbita una forza uguale e contraria a quella che subisce. Tale forza
produce oscillazioni della stella, che
negli anni recenti sono state osservate
per rivelare la presenza di centinaia di
pianeti fuori dal sistema solare.
Qual è quindi il contenuto della terza legge?
La terza legge afferma che:
1) Le forze si presentano sempre in coppia, mai da sole.
2) Non ha senso parlare di un soggetto attivo che esercita la forza e di uno passivo che la subisce: esistono solo interazioni.
3) Ciascuna forza della coppia appartiene al diagramma di corpo libero di un
oggetto differente.
4) La somma delle forze interne ad un sistema di oggetti è sempre nulla.
Quali verifiche sperimentali si possono fare?
Non è possibile che, ad esempio, una mano spinga contro un muro senza esserne a
sua volta spinta da una forza di uguale intensità e direzione, ma verso opposto. Si
può fare una semplice verifica di questo premendo con il pugno destro contro il
palmo aperto della mano sinistra. E’ immediato rendersi conto che se la mano sinistra non spinge anch’essa, è impossibile esercitare con la destra alcuna azione. Infatti,
agganciando due dinamometri con un anello, si vede che non esiste modo di far misurare dai due una forza differente. Una verifica brutale della terza legge potrebbe
essere prendere a calci una palla di ferro e osservare che fa molto più male rispetto
allo scalciare contro un pallone tradizionale. Il motivo è che per accelerare un oggetto
di grande massa occorre che il piede eserciti una grande forza, e per la terza legge
della dinamica la palla esercita sul piede un’intensa forza uguale e contraria. Anche
quando saltiamo, mettiamo in pratica la terza legge: esercitiamo una forza in basso
sul pavimento e questo risponde con una forza uguale e contraria che agisce su di
noi verso l’alto permettendoci di staccarci dal suolo.
Il volo degli aeroplani si spiega con la terza legge?
Il principio che permette il volo è quello di spingere l’aria verso il basso in modo da
essere da lei spinti verso l’alto. Anche se ciò viene realizzato attraverso meccanismi
fisici complessi, la spiegazione ultima va ricercata nella terza legge della dinamica.
La forza che sostiene l’aereo si dice portanza, ed è dovuta alla spinta verso l’alto esercitata sulle ali da parte delle porzioni di aria su cui le ali, per la loro particolare forma
ed inclinazione, mentre l’aereo avanza esercitano una spinta che ha anche una componente verso il basso. Un effetto analogo si ha tenendo la mano inclinata fuori dal
finestrino dell’auto in moto, e sperimentando una spinta verso l’alto.
La terza legge si può chiamare anche principio di azione e reazione?
La coppia di forze prevista dalla terza legge viene a volte detta coppia azione e reazione, ma va precisato che questa terminologia non stabilisce una gerarchia. Entrambe le
forze possono essere chiamate azione ed entrambe reazione. Sarebbe ad esempio errato supporre che la forza esercitata dalla mano sia in un certo senso “attiva”, mentre
quella con la quale il muro risponde sia “passiva”: entrambe sono due azioni del tutto equivalenti, come è facile capire quando il pugno preme non contro il muro, ma
102
contro il palmo dell’altra mano, ed è allora evidente che stiamo esercitando due forze
opposte di pari intensità contemporaneamente.

N
Ma perché la coppia azione e reazione non si annulla?
Le forze della coppia azione e reazione agiscono su due oggetti differenti, quindi in generale non ha senso chiedersi se si annullano. Sarebbe come voler annullare il debito
di una persona con il guadagno di un’altra. Se tuttavia si considerano i due oggetti
come parti di un sistema, come nell’esempio iniziale quando si parlava di sollevarsi
da soli per la cintura, allora tutte le coppie azione e reazione fra le parti del sistema
possono sommarsi e dare risultato nullo, cioè la somma delle forze interne ad un sistema
risulta sempre nulla.

mg
Come si individuano le coppie azione e reazione?
A titolo di esempio consideriamo un oggetto di massa m appoggiato su di un tavolo, e individuiamo le coppie di forze previste dalla terza legge. Sappiamo che su di
esso agisce la forza peso e di conseguenza la forza normale visto che l’oggetto è fermo. Ognuna di queste forze non si presenta da sola, ma ha una gemella di pari intensità e verso opposto che agisce su quel corpo che la esercita.

• La forza peso mg viene esercitata dal pianeta Terra sul corpo m . Il terzo

principio prevede che il corpo m eserciti sul pianeta terra una forza -mg .
Questa forza appartiene allo schema di corpo libero del pianeta Terra e non
va disegnata se dobbiamo rappresentare le forze agenti su m

• La forza normale N viene esercitata dal tavolino sul corpo di massa m . Il
terzo principio prevede quindi che il corpo di massa m eserciti sul tavolino

una forza -N . Questa forza appartiene allo schema di corpo libero del tavolino, e non va disegnata se dobbiamo rappresentare le forze agenti su m .
Quali domande fondamentale bisogna porsi in presenza di una forza?
Ricordiamo ancora che per rendere trasparenti i principi fisici che sono in azione,
ogni volta che compare una forza è indispensabile ricordarsi che si tratta di

un’interazione che coinvolge due soggetti. Pertanto in presenza di una forza F è
indispensabile chiedersi:

1. Qual è il corpo che esercita la forza F ?

2. Qual è il corpo che invece subisce la forza F ?

mg

-mg

N

-N
Ogni volta che tratteremo un’interazione di due corpi A e B adotteremo la simbologia


in cui FAB s’intende la forza applicata su A ad opera di B , mentre con FBA quella applicata su B ad opera di A :
co rp o ch e subisce

FAB
corp o ch e esercita
Quindi ad esempio se abbiamo due casse A e B poggiate una sull’altra come in figura,


diremo N AB la forza normale che la cassa B esercita sulla A, ed N BA .La terza legge pre

vede che sia N BA = -N AB .
Che succederebbe se potessimo violare la terza legge?
In una tal eventualità il mondo ci apparirebbe molto diverso. Potremmo ad esempio
fare come l’immaginario personaggio detto il Barone di Munchausen, che salvò se stesso ed il suo cavallo dalle sabbie mobili tirandosi su per i propri capelli! Potremmo
addirittura costruire un veicolo che si muove senza consumare combustibile, utilizzando come motore la coppia di oggetti per i quali non valesse la terza legge. Difatti
103

N BA
B
A

N AB

se esistesse un corpo B in grado di esercitare su di un corpo A una forza FAB

d’intensità maggiore di quella FBA che A esercita su di lui, il sistema composto da A

e B insieme dovrebbe accelerare in direzione di FAB !4 Nei film di fantascienza osser-
viamo spesso violazioni della terza legge: ad esempio ogni volta che una nave spaziale appare far manovra senza essere dotata di opportuni motori “a reazione” che,
spingendo fuori del materiale gassoso ne vengono a loro volta spinti, e con loro la
nave stessa. Se non valesse la terza legge potremmo addirittura giocare a pallone nello spazio, cosa invece impossibile dato che sferrando un calcio verremmo immediatamente scagliati all’indietro dalla forza di reazione che la palla esercita su di noi.
Esercizi
31. Lungo un pavimento privo di attrito due scatole di massa mA = 7.00 kg ed

mB = 3.00 kg sono spinte da un dito che esercita una forza d’intensità F = 15.0 N .

Si calcoli l’accelerazione del sistema, la forza FBA che il corpo A esercita sul corpo B,

e quella FAB che il corpo B esercita sul corpo A nei due casi in cui la scatola A sia a
contatto col dito oppure nel caso in cui ad essere a contatto col dito sia B.
B

FBA
Per il calcolo dell’accelerazione consideriamo il sistema come un solo oggetto di
massa mA + mB . La somma delle forze interne è sempre nulla, quindi su di esso è

applicata la forza |F | = 15.0 N . Indipendentemente dall’ordine delle scatole si ha:
Oggetto A+B asse x : SFx = max
15.0
m/s2 = 1.50 m/s2
7.00 + 3.00

Primo caso Per il calcolo della forza di contatto FBA tracciamo lo schema del corpo li
bero per l’oggetto B: su di esso agisce solo FBA = (FBAx ; 0) e l’accelerazione ha il va15.0 = (mA + mB )ax
A

FAB


F
 ax =
lore appena calcolato:
FBAx = mBax = (3.00 ´ 1.5) N = 4.50 N
Oggetto B asse x :

Si ha dunque FBA = 4.50 N; 0 e per il corpo A dalla terza legge della dinamica se
gue che FAB = -4.50 N; 0 . Verifichiamo questo risultato applicando il secondo


principio all’oggetto A. Su di esso agiscono sia FAB = (FABx ; 0) che F = 15.0 N; 0 e
(
(
)
)
(

FBA
B
)
l’accelerazione ha sempre lo stesso valore:
Oggetto A asse x : F + FABx = mAax = (7.00 ´ 1.50) N = 10.5 N

F
FABx = 10.5 N - 15.0 N = -4.50 N

Secondo caso Per il calcolo della forza di contatto FBA tracciamo di nuovo lo schema

del corpo libero per l’oggetto B. Su di esso agiscono ora sia FBA = (FBAx ; 0) che

F = 15.0 N; 0 e l’accelerazione è la stessa.
(
A

FAB
)
Oggetto B asse x : 15.0 N + FBAx = mBax = (3.00 ´ 1.50) N = 4.50 N
FBAx = 4.50 N - 15.0 N = -10.5 N

Per il corpo A dalla terza legge della dinamica segue che FAB = 10.5 N; 0 .
(
)
Verifichiamo questo risultato applicando il secondo principio all’oggetto A:
Violando così contemporaneamente anche la seconda legge della dinamica, dato che dall’esterno non agirebbe alcuna
forza su tale sistema.
4
104
Oggetto A asse x : FABx = mAax = 7.00 ´ 1.50 = 10.5 N
Osservazione 1 La forza di contatto è la sola ad agire sulla massa che sta a destra. Nel
primo caso a destra c’era una massa piccola, quindi bastava una forza piccola per
produrre l’accelerazione di 1.50 m/s2 , comune a tutto il sistema. Nel secondo caso a
destra c’è una massa grande quindi occorre una forza più grande per produrre

-F
A
B
l’accelerazione di 1.50 m/s2 su di essa.
Osservazione 2 A conclusione dell’esercizio osserviamo anche che sul dito che spinge i

blocchi agisce una forza -F (-15.0 N, 0) la quale però non ha chiaramente nulla a
B
che fare con la risoluzione del problema proposto dato che rientra nello schema di

corpo libero del dito e pertanto non annulla la forza F (15.0 N, 0) che il dito esercita
A
sui blocchi.
32. Due casse di massa mA = 10.0 kg ed mB = 20.0 kg sono appoggiate una sull’altra
su di un tavolino, come in figura. Calcolare l’intensità e specificare il verso di ciascuna
delle forze che agiscono sulla cassa B .
[R:]
33. Una locomotiva A tira due vagoni B e C, in modo che il treno abbia accelerazione
C
B
a = 0.750 m/s2 . Essendo M = 25.0 ´ 103 kg sia la massa di ciascun vagone che quel
la della locomotiva, si trovi la forza F che la locomotiva esercita sui vagoni e quella

resistente che i vagoni esercitano su di lei. Si trovi inoltre la forza FCB che il primo
vagone esercita sul secondo e la forza risultante che complessivamente agisce sul vagone B.
[R: 37.5 ´ 103 N, 18.8 ´ 10 N, 18.7 ´ 10 N ]
34. Un cestino di massa m1 = 1.50 kg contiene un pacco di massa m2 = 12.0 kg . Una
corda solleva il cestino a velocità costante: calcolare la sua tensione e la forza normale con cui il pacco spinge sul fondo del cestino.
[R:Ty = 132N, N 12y =-118N ]
y
35. Calcolare la tensione e la forza richieste nel problema precedente nel caso in cui il
cestino con il pacco stia accelerando verso l’alto di 1.20 m/s2 , e nel caso un cui acceleri in basso di 1.40 m/s2 .
A
B
[R:Ty = 149N, N 12y =-132N ; Ty = 114N, N 12y =-101N ]
36. Nel sistema in figura le pulegge hanno massa trascurabile e m = 3.00 kg . Si trovi
C
quanto valgono la tensione della corda e le forze esercitate dai ganci A, B e C.
[R: 14.7 N,14.7 N, -29.4 N, -14.7 N ]
37. Una ragazza di massa mR = 80.0 kg decide di “dimagrire” salendo su di un
ascensore il cui pavimento ha integrata una bilancia. Calcolare l’accelerazione con cui
deve scendere l’ascensore, di massa mA = 250 kg , affinché l’ago della bilancia segni
50.0 kg . Calcolare la tensione del cavo dell’ascensore.
[R: -3.67 m/s2 ,2.03 ´ 103 N ]
38. Un blocco di m = 3.00 kg scivola senza attrito su un cuneo di massa M , con
angolo alla base J = 30.0 . Il cuneo può scorrere su un piano privo di attrito. Si trovi

la forza FD che il dito deve esercitare affinché il cuneo non indietreggi. [R: 127 N ]
105
m
A
39. Si consideri il sistema di corde in figura, inclinate di 45 e 60 , dove le pulegge
hanno massa trascurabile, e risulta m1 = 2.00 kg , m2 = 7.00 kg . Si dica quanto vale
45 60
[R: (-45.6 N, 348 N) ]
la forza esercitata dal gancio sulle corde.
40. Un’auto con carrello frena, con a = -1.50 m/s2 .
La massa dell’auto è
3
3
mA = 1.35 ´ 10 kg e del carrello mC = 0.250 ´ 10 kg . Calcolare la forza sul sistema, e quella con cui il carrello spinge sull’auto.
[R: -2.40 ´ 103 N, 375 N ]
m2
m1

a
41. Al centro di un lago ghiacciato circolare, di diametro d = 200 m un pattinatore di
 mA = 80.0 kg spinge verso la riva, con una forza di 400 N , una pattinatrice di
v
mB = 50.0 kg . Calcolare i secondi di differenza con cui toccano il bordo. [R: 1.33 s ]
10. Attrito statico per manipolare il mondo
Chi è che vince nel tiro alla fune?
Due amici, Mario e Gianni, si sfidano nel tiro alla fune e Gianni vince. Qual è la ragione di questa vittoria? Possiamo avanzare tre ipotesi:
a) Gianni ha esercitato una forza maggiore sulla corda.
b) La corda ha esercitato una forza maggiore su Mario.
c) Gianni ha esercitato una forza maggiore sul pavimento.

FCM
?

FMC

FCG

FGC

FMP

FGP

FPM

a

FPG
La prima riflessione da fare è che, essendo i due amici inizialmente fermi, la vittoria
di Gianni indica che è avvenuta un’accelerazione di entrambi dalla sua parte, cioè
verso destra nella figura. Per capire cosa sta accadendo, immaginiamo di avvolgere
entrambi gli amici, mentre tirano la corda, con uno stesso sacchetto trasparente, e

consideriamoli come un unico sistema. Chiamiamo quindi a l’accelerazione comune.
Per produrre accelerazione su questo sistema, il secondo principio della dinamica ri
chiede che agisca su di esso una forza avente la direzione ed il verso di a . Ora, non
c’è nessuna possibilità che questa forza provenga dall’ interno del sistema, perché il
terzo principio prevede che tutte le forze interne ad un sistema siano in forma di
coppie azione e reazione, a somma nulla. Guardando la figura, questo significa che

la forza che Mario esercita sulla corda FCM è uguale, ma con verso opposto, a quella




FMC che la corda esercita su di lui, che è poi la sua tensione: T = FMC = -FCM .
Analogamente si ha che sempre la tensione della corda è uguale alla forza che Gianni



esercita su di essa T = FGC = -FCG . Pertanto le risposte a) e b) sono senz’altro errate: il sistema dei due amici non può nel complesso accelerare né per l’azione della

fune, né di nessuna cosa che si trovi racchiusa nel sacchetto. Per produrre a occorre
un’interazione con l’esterno.
106
La risposta allora è che vince chi spinge di più sul pavimento?
Osserviamo i piedi dei due giocatori: entrambi fanno presa sul pavimento spingendo in direzione orizzontale. Poiché Gianni spinge con i piedi verso sinistra, il pavimento spinge su di lui verso destra con una forza uguale e contraria, come previsto 
dalla terza legge. Mario invece spinge con i piedi verso destra, e quindi il pavimento FMP
su di lui verso sinistra. Le forze orizzontali esercitate dal pavimento provengono
dall’ esterno del sistema, e la loro intensità è determinata dalle spinte dei due giocatori. Quindi chi spinge più forte orizzontalmente sul pavimento fa si che il pavimento lo spinga più intensamente dalla sua parte e vince: la risposta corretta è la c).

FGP

FPM

FPG
Ma come è possibile spingere orizzontalmente sul pavimento?
Il meccanismo viene detto attrito radente. Con tale termine si intende:
Attrito radente: la forza che si sviluppa nella zona di contatto fra due corpi e che
ne contrasta il moto di scivolamento di uno sull’altro, rallentandolo od impedendolo del tutto. La forza di attrito radente si manifesta solo in presenza di un’azione
che tende a produrre lo scivolamento.
Se gli oggetti a contatto sono solidi, la loro superficie apparentemente liscia, vista
sulla scala delle molecole presenta sempre notevoli irregolarità che ad occhio nudo
non sono osservabili. Così, quando due superfici sono poste una sull’altra, l’area di
effettivo contatto è estremamente ridotta rispetto a quello che appare sulla scala degli oggetti. Immaginiamo di poter girare la Svizzera e farla scorrere sopra all’Austria:
esse si toccheranno solo sulle cime delle catene montuose. Il complesso meccanismo
microscopico che spiega l’origine dell’attrito, è legato al saldarsi reciproco di tali irregolarità sulle due superfici a contatto, e questo anche grazie al formarsi di legami
al livello delle molecole. Quando solleviamo una bottiglia di vetro afferrandola per il
collo, le irregolarità sulla superficie della pelle si saldano alle irregolarità sulla superficie del vetro sia al livello di nuovi legami fra le molecole, sia come farebbero i denti
di una sega sul legno, e questo ci permette di esercitare una forza in verticale. Analogo è il meccanismo sotto alle suole delle scarpe per i due amici che giocano al tiro
alla fune. Il meccanismo è tanto più efficace quanto più le superfici di contatto sono
premute l’una contro l’altra, in modo da accrescere l’effettiva area in cui si toccano. Si
usa distinguere fra attrito radente statico, che agisce quando le due superfici a contatto
sono immobili, ed attrito radente dinamico, che agisce durante lo scivolamento.

F

fattrito

fattrito
statico

fattrito
statico
Quand’è che possiamo osservare l’attrito radente statico?
L’attrito radente statico è, in un certo senso, la forza più importante che esiste: quella che consente di manipolare il mondo. Esso è presente ovunque: ricordiamo, per
esempio, che permette di afferrare gli oggetti, di camminare, di andare in moto od in
auto, mantiene saldi i nodi nelle corde, i chiodi nei muri e gli occhiali sul naso. Fa
funzionare scale mobili e nastri trasportatori. È a causa dell’attrito statico radente se
un oggetto su di un piano inclinato non scivola (se non da una certa inclinazione).
La sua è però un’azione sempre passiva: l’attrito radente statico non prende da solo
l’iniziativa di spostare un oggetto o di avvitare un bullone, ed i processi che lo vedono coinvolto sono sempre innescati da qualche altro agente. Tuttavia il suo ruolo è
fondamentale:

N

fattrito
statico
 
v =0
a

mg
l’attrito statico radente fa da tramite fra le forze interne ad un sistema di oggetti, come
quelle muscolari o quelle prodotte dai motori, e l’ambiente circostante, permettendo
così al sistema di interagire con l’esterno.
verso in cui
Neanche un uomo molto robusto potrebbe, infatti, camminare sopra a un piano pri- il piede tende
vo di attrito, come un pavimento oleoso: la forza muscolare delle gambe non riusci- a scivolare
rebbe a far presa e non si produrrebbe alcuna azione uguale e contraria da parte del

suolo. Per lo stesso motivo non è possibile afferrare una bottiglia per il collo, quando
F
questo sia unto in modo da far mancare il supporto dell’attrito statico radente. Esso è
107

-F

-F

F
responsabile anche del rotolamento: in una ruota motrice permette che le forze inter
ne esercitate dal motore si trasformino in una spinta F sul terreno in verso opposto

a quello del moto. In questo modo il terreno risponda esercitando una forza -F
nel verso del moto, come in figura. Un analogo meccanismo permette di camminare.
Infine, grazie all’attrito statico possiamo far uscire l’inchiostro dalla penna e scrivere, oppure girare le pagine di un libro e leggere.
Quali sono le proprietà della forza di attrito radente statico?

Indichiamo con fs la risultante delle forze dovute alle irregolarità della zona di con-
tatto, e che impedisce lo scivolamento di due superfici. Possiamo riassumere il risultato delle osservazioni in tre semplici leggi:

(1) La direzione di fs è parallela alla superficie di contatto, ed il verso è opposto a

quello che avrebbe lo scivolamento del corpo a cui è applicata fs , se questo scivolamento non fosse impedito dall’attrito.

(2) L’intensità | fs | non dipende dall’estensione (apparente) della superficie di contatto.

(3) Sulla stessa coppia di superfici di contatto, l’intensità | fs | può assumere infiniti
 la Controfisica
Attenzione quindi! È errato dire che
”l’attrito statico è pari a µSN”. Si
deve dire invece che il valore massimo
che l’attrito statico può avere è µSN.

F

fs
valori diversi, compresi fra zero ed un massimo, superato il quale inizia lo scivola
mento. Il valore massimo è proporzionale all’intensità della forza normale N che il
piano di appoggio esercita sull’oggetto. La costante di proporzionalità si chiama coefficiente di attrito statico, è indicata con la lettera greca m (mi), e dipende dai materiali.
Quindi risulta:


0 £ | fs | £ ms | N |

Quando tiriamo con una forza F un blocco appoggiato su di un piano la forza di attrito si oppone aggiustando il suo valore in modo da controbilanciare esattamente


F . Se tiriamo via via più forte ad un certo punto raggiungeremo l’intensità ms |N |
ed il blocco si muoverà.

F


|fs | = ms |N |
 la Controfisica
Se l’oggetto è deformabile, una maggiore forza normale produce una
maggiore area di contatto sulla scala
degli oggetti (oltre che su quella microscopica). In questi casi l’area effettiva di contatto non è più soltanto
direttamente proporzionale alla forza
normale, ma valgono relazioni di
proporzionalità più complicate. Per
un oggetto di gomma quindi, la forza di attrito in certi casi dipende
anche dall’area di contatto sulla scala
degli oggetti. Ad esempio, le gomme
da rally o da corsa sono più larghe di
quelle normali proprio allo scopo di
aumentare l’attrito con l’asfalto.
Perché l’attrito statico non aumenta al crescere dell’area di contatto?
Queste leggi si spiegano bene col fatto che l’area di contatto apparente sulla scala degli oggetti non coincide con le reali zone che si toccano sulla scala microscopica, e che

la sua estensione effettiva è invece determinata dalla forza N con la quale ciascuna
delle due superfici preme sull’altra. Cerchiamo di capire perché una maggiore area
di contatto non è in grado di produrre una maggiore forza di attrito statico. Se prendiamo un mattone e lo appoggiamo prima sulla faccia larga e poi su quella stretta, la
forza normale resta la stessa perché bilancia il medesimo peso. Tuttavia diminuendo

l‘area di appoggio, N si deve distribuire su di una superficie che è prima grande e
poi piccola, quindi quando appoggiamo il mattone sulla faccia piccola, ogni centimetro quadrato dovrà sopportare un carico più grande. Pertanto, anche se il numero
di centimetri quadrati di appoggio diminuisce (il che farebbe diminuire l’attrito), in
ognuno di essi si salda un numero di irregolarità maggiore (il che fa aumentare
l’attrito), e così l’effetto complessivo non cambia.
Perché l’attrito statico aumenta al crescere della forza normale?

Per analogo motivo, se a parità di area apparente di contatto aumenta la forza N con
cui le due superfici premono l’una sull’altra, le irregolarità si saldano fra loro in misura maggiore, ed è più intensa la forza di attrito statico. Questo è evidente se pensiamo che per sollevare per il collo una bottiglia prima vuota e poi piena occorrono
due strette differenti, e quindi due valori differenti della forza di attrito. Allo stesso
modo, nella gara di tiro alla fune vince chi è in grado di esercitare un maggiore forza
normale sul pavimento, cioè quello dei concorrenti che ha una massa maggiore.
108
Quali sono le unità di misura del coefficiente di attrito statico?
Il coefficiente ms è misurabile eseguendo il rapporto fra l’intensità della forza mas

sima di attrito statico | fs,max | e l’intensità |N | della forza normale:


| fs,max | = ms |N |


| fs,max |
ms =

|N |

[ms ] =
[N]
[N]
Ed essendo un rapporto fra due grandezze con la stessa dimensione fisica, in
Newton, ad esso non sono associate unità di misura: si tratta di un numero puro.

fs
Esercizi
42. Un blocco di massa m è appoggiato su di un piano inclinato, la cui pendenza J
può essere variata a piacimento. Si osserva che il blocco rimane fermo fintanto che
l’inclinazione è minore di 30.0 , valore per il quale esso inizia a scivolare. Si calcoli il
coefficiente di attrito statico fra il blocco e la superficie le piano.
Come si può vedere applicando la seconda legge della dinamica in forma vettoriale,

 
finché il blocco è fermo, le tre forze mg , fs ed N che agiscono su di esso hanno


 
somma nulla, cioè costituiscono i tre lati di un triangolo: N + mg + fs = 0
Il triangolo in questione è rettangolo (dato che la normale e l’attrito statico sono perpendicolari), e come abbiamo a suo tempo mostrato, ha un angolo acuto uguale
all’inclinazione J del piano. Risulta che il rapporto fra il cateto opposto e quello


adiacente a J è la sua tangente goniometrica: tan J = | fs,max | / |N |

N
 
v =0
J

mg

N
J

mg

fs
tan J = 
N

fs
Il fatto che prima di J = 30.0 il blocco non scivoli indica che tale angolo corrisponde alle condizioni in cui l’attrito statico assume il valore massimo e quindi per


J = 30.0 (e solo per esso) possiamo usare la formula | fs | = ms |N | :
 
tan J = ms |N | /|N |  ms = tan J = tan 30.0 = 0.577
Perché è possibile sfilare repentinamente la tovaglia da sotto le stoviglie?
Se tiriamo lentamente una tovaglia apparecchiata, tutte le cose sopra sono trascinate
insieme con essa per l’azione dell’attrito statico. Se invece tiriamo la tovaglia con un
gesto repentino, si può riuscire a sfilarla da sotto i piatti, bicchieri e bottiglie, che rimangono sul tavolo nelle loro posizioni. Per capire cosa rende possibile questo “trucco” va innanzitutto messo in chiaro che noi non esercitiamo alcuna forza direttamente sulle stoviglie, perché non le stiamo toccando. È invece l’attrito statico con la tovaglia a tentare di imporre loro un’accelerazione: più repentinamente tiriamo, maggiore è l’accelerazione che l’attrito statico tenta di imporre agli oggetti appoggiati,
volendo portarli in una frazione di secondo, da fermi fino ad avere un velocità consistente. Ora, maggiore è l’accelerazione che si vuole imporre, maggiore è la forza
che l’attrito statico deve esercitare. Ma abbiamo visto che l’attrito statico ha un valore massimo che non può superare, pertanto, quando tiriamo così repentinamente che
nemmeno l’attrito statico massimo può esercitare il valore di forza necessario per
imporre quell’accelerazione, l’oggetto non si muove. Gli oggetti di massa grande sono quelli che si spostano meno perché la forza che occorre per accelerarli è maggiore.
Esercizi

43. Una cassa di massa m1 = 150 kg viene spinta orizzontalmente con una forza F
da un uomo di massa m2 = 75.0 kg . Il coefficiente di attrito statico fra la cassa ed il
pavimento vale m1 = 0.460 .

1) Calcolare il minimo valore di F affinché la cassa inizi a muoversi.


2) Dire se la forza F e l’attrito statico fs1 sono una coppia azione e reazione.
109
 la Controfisica
Il segreto per riuscire a fare il trucco
della tovaglia è tirare repentinamente
il lembo verso il basso (e non in
orizzontale).

F

fs1
3) Calcolare il coefficiente di attrito statico minimo m2 fra le scarpe e il pavimento che

-F
permette all’uomo di muovere la cassa.

N1

F


fs1
m1g

- fs1

N2
La cassa quindi si mette in movimento solo se l’uomo spinge almeno con una forza


d’intensità superiore al massimo attrito statico |F | > | fs,max | = 677 N .


2) Le forze F ed fs 1 non sono una coppia azione e reazione perché agiscono sullo stesso

oggetto, cioè la cassa. La F che l’uomo esercita sulla cassa fa coppia azione e reazione


con la -F che la cassa esercita sull’uomo, e la fs 1 che il pavimento esercita sulla cas
sa fa coppia azione e reazione con la -fs 1 che la cassa esercita sul pavimento.

-F

m2 g

1) Perché la cassa inizi a muoversi la spinta F deve superare il massimo valore



dell’attrito statico, cioè: |F | > | fs 1,max | = m1 |N 1 | .

Calcoliamo N 1 = (0, N 1y ) dall’equilibrio lungo l’asse verticale:

N 1y +W1y = 0  N 1y - m1g = 0  N 1y = m1g = (150 ´ 9.81) N = 1472 N = |N 1 |


|F | > m1 |N 1 | = (0.460 ´ 1472) N = 677 N
3) Un istante prima che la cassa inizi a slittare, il terzo principio prevede che essa

eserciti sull’uomo la forza -F = (-677 N; 0) . Poiché l’uomo è fermo, l’equilibrio in

fs 2
direzione orizzontale richiede che dal pavimento agisca su di lui una forza di attrito

fs 2 = (677 N; 0) . Poiché ci viene richiesto il minimo coefficiente di attrito statico m2

che permette al pavimento di esercitare fs 2 sulle suole, dovremo sfruttare al massi
mo l’attrito supponendo che fs 2 sia la più grande spinta che il coefficiente m2 per


mette, cioè fs 2 = m2 N 2 . Calcoliamo N 2 = (0, N 2y ) dall’equilibrio in verticale:

N 2y +W2y = 0  N 2y - m2g = 0  N 2y = m2g = (75.0 ´ 9.81) N = 736 N = |N 2 |

fs
Ed inserendo nell’espressione dell’attrito risolviamo rispetto m2 :


| fs 2 | = m2 |N 2 |  677 N = m2 (736 N)  m2 = 677 N/ 736N = 0.920

mg
a
a
44. Un blocco di massa m = 30.0 kg inizia a scivolare lungo un piano inclinato
quando l’angolo a raggiunge i 25.0 . Si trovi quanto valgono il coefficiente di attrito
statico ms e la forza massima di attrito statico. Calcolare quanto vale la forza di attrito

fs
statico se l’angolo di inclinazione scende a 20.0 .

a
[R: 101 N ]
45. Un bagaglio di massa m = 50.0 kg si trova appoggiato sul tetto di un’auto che
viaggia su una strada piana, con accelerazione di 2.50 m/s2 . Sapendo che il coefficiente di attrito statico fra tetto e bagaglio vale ms = 0.220 , e supponendo trascurabile la resistenza dell’aria, si dica se il bagaglio scivola all’indietro.

fs,max

- fs ,max
46. Calcolare quanto deve valere, come minimo, il coefficiente di attrito statico fra gli
pneumatici e l’asfalto per permettere ad un’auto di massa m di accelerare con
a = 5.00 m/s2 senza che le ruote motrici slittino.

F
25.0 
[R: si]
[R: 0.510 ]

47. Un blocco di massa m = 3.50 kg viene tirato da una forza F inclinata di

a = 25.0 rispetto all’orizzontale, di intensità |F | = 15.0 N . Si dica se il blocco si
muove verso destra, sapendo che ms = 0.350 .
110
[R: si]

48. Nella situazione del problema precedente, la forza F sia inclinata dello stesso angolo però verso il basso. Si calcoli il valore del massimo attrito statico. Possiamo
concludere in questo caso che il blocco non si muove?
[R: 14.2 N, no, perché... ]
25.0 

F
49. Una lastra di massa m1 = 2.00 kg è poggiata su di un piano e scivola tirata da
una forza orizzontale d’intensità 40.0 N . Sulla lastra vengono posti uno dopo l’altro
dei blocchi di plastilina di massa m2 = 0.250 kg ciascuno. Sapendo che il coefficiente
di attrito statico fra lastra e piano vale ms = 0.350 si calcoli il numero minimo di
[R: 39 ]
blocchi affinché si fermi.
50. Un piatto di spaghetti di massa m = 0.800 kg è poggiato su di una tovaglia con la
quale l’attrito statico è ms = 0.750 . Calcolare l’accelerazione minima da imprimere
alla tovaglia per farla scivolare da sotto il piatto.
[R]
51. Un nastro trasporta delle casse di legno a velocità costante, e il coefficiente di at-
m

fs
trito statico con il legno ms = 0.800 . Sapendo che le casse sono adagiate ferme sul
nastro che scorre, e nel tempo di 0.100 s iniziano a muoversi, calcolare la massima
velocità alla quale può andare il nastro per non farle scivolare.
[R: 0.785 m/s ]
11. L’attrito radente dinamico

v
Quali sono le caratteristiche dell’attrito radente dinamico?
L’attrito dinamico permette il funzionamento dei freni nelle auto e della carta vetrata, rallenta lo scivolamento degli oggetti lungo un piano inclinato, riscalda le superfici che si sfregano come pistone e cilindro dentro al motore a scoppio, rendendosi responsabile di dispendio energetico. Potremmo scherzosamente dire che l’attrito radente dinamico ha due facce: una buona, che ha consentito lo sviluppo della civiltà
umana, l’altra cattiva, costituendo uno dei principali ostacoli alla realizzazione di
meccanismi d’utilità pratica.
Quali sono le proprietà della forza di attrito radente dinamico?

Indichiamo con fk
la somma delle forze che si esercitano nella zona di contatto e
chiamiamola forza di attrito radente dinamico. Gli esperimenti mostrano che :

(1) La direzione di fk è parallela alla superficie di contatto ed il verso è opposto a
quello dello scivolamento.

(2) L’intensità | fk | è indipendente sia dall’estensione (apparente) della superficie di
contatto sia dalla velocità dello scivolamento

(3) L’intensità è proporzionale a quella della forza normale N che il piano di scivolamento esercita sull’oggetto. La costante di proporzionalità è detta coefficiente di attrito dinamico, ed indicata con la lettera greca mi, quindi:


| fk | = mk |N |
Potrebbe l’attrito radente dinamico superare quello statico?
Dal punto di vista logico, si tratta di un’eventualità assurda. Se così fosse, allora potremmo decidere di applicare ad un corpo una forza maggiore di quella dell’attrito
statico massimo, ma minore di quella dell’attrito dinamico. In tal caso l’oggetto dovrebbe dapprima mettersi in movimento in avanti visto che si è superato l’attrito statico massimo, ma appena fosse in moto dovrebbe andare anche indietro perché
111
attrito dinamico
l’attrito dinamico lo spingerebbe con una forza contraria, maggiore della nostra.
Questo assurdo si supera solo se la forza massima di attrito statico è sempre maggiore della forza di attrito dinamico, cioè se:
ms > mk

N
Esercizi
52. Un blocco di massa m = 20.0 kg è tirato lungo un piano da una forza di intensità

|F |= 350 N ad un angolo J con l’orizzontale. Il coefficiente di attrito dinamico vale

F
25 

fk
mk = 0.750 . Dopo aver spiegato in quale fra i due casi J = 25 e J = -25 ci si

aspetta una maggiore accelerazione, si calcolino entrambi i valori di a .

W
La forza normale nel primo caso è minore, dovendo solo equilibrare la parte di peso


F . Nel secondo caso N deve

invece bilanciare tutto il peso più la componente verticale di F . Ci attendiamo pernon bilanciata dalla componente verticale della forza

N

fk
tanto maggiore accelerazione nel primo caso che non nel secondo, visto che ad una
minore forza normale corrisponde un minor attrito. Indicando al solito peso e nor

male con W (0; -mg ) e N (0; N y ) , lungo la direzione verticale si ha nel primo caso:


N y + Fy +Wy = 0  |N | + |F | sin 25 - mg = 0



|N | = (20.0 ´ 9.81 - 350 ´ sin 25) N = 48.3 N  | fk | = mk |N | = (0.75 ´ 48.3) = 36.2 N


e quindi lungo la direzione orizzontale: - | fk | + |F | cos 25 = max


ax = ( |F | cos 25 - | fk | )/m = [(350 ´ cos 25 - 36.2)/20.0] m/s2 = 14.1 m/s2
-25 

F

W
y
Nel secondo caso invece, in verticale:


N y + Fy +Wy = 0  |N | - |F | sin 25 - mg = 0



|N | = (20.0 ´ 9.81 + 350 ´ sin 25) N = 344 N  | fk | = mk |N | = 0.750 ´ 344 = 258 N


e quindi lungo la direzione orizzontale: - | fk | + |F | cos 25 = max


ax = ( |F | cos 25 - | fk | )/m = [(350 ´ cos 25 - 258)/20.0] m/s2 = 2.96 m/s2

N

fk
a
a

W
53. Per misurare il coefficiente di attrito dinamico mk di una rampa lunga 10.0 m , in-
clinata di a = 40.0 , si lascia scivolare lungo di essa un blocco di massa m . Sapendo
che il blocco impiega 3.50 s a raggiungere la base del piano calcolare mk . [R: 0.510 ]

F12
1
x
2
54. Due blocchi di m1 = 1.50 kg ed m2 = 3.00 kg scivolano su un piano inclinato di

F21
a = 30.0 . Il blocco 1 sta dietro ed ha un coefficiente di attrito dinamico inferiore
a
m1 = 0.100 . Pertanto nella caduta si appoggia al blocco 2, davanti ed ha m2 = 0.400 .

Si calcoli la forza di contatto F21 con cui il blocco 1 spinge sul 2. [R: (-2.53 N; 0 N) ]
55. Una lastra di massa m1 = 3.00 kg scorre di moto uniformemente accelerato so-
pra ad un piano tirata da una forza d’intensità 40.0 N . Sapendo che il coefficiente di
attrito dinamico fra lastra e piano vale mk = 0.350 si trovi l’accelerazione del blocco.
Si trovi di quanto cambia l’accelerazione se durante il moto viene fatto cadere sulla
lastra dall’alto un blocco di plastilina m2 = 0.250 kg .
[R]
112
12. Equilibrio di un corpo rigido
Che cosa s’intende per corpo esteso?
Gli oggetti per i quali non è lecito adoperare l’approssimazione di particella, cioè che hanno dimensioni non trascurabili rispetto all’entità degli spostamenti coinvolti, si dicono estesi. Il corpo esteso può essere pensato come scomponibile in un grande numero di punti
materiali, e i movimenti di cui esso è capace possono a loro volta essere interpretati come
moti d’insieme dei punti materiali che lo costituiscono.
Che cosa s’intende per corpo rigido?
traslazione
Si dice corpo rigido un oggetto esteso che mantiene la stessa forma e le stesse dimensioni
qualunque sia l’azione cui lo si sottopone. La distanza fra due suoi punti non cambia mai.
Il corpo rigido è un’idealizzazione, perché nessun oggetto reale soddisfa perfettamente
questi requisiti. Tuttavia molti oggetti possono essere considerati corpi rigidi, come un
tavolo, un bicchiere, mentre altri non lo sono, ad esempio una catena, una stoffa, una persona e così via. Quando dall’esterno applichiamo una forza ad un punto di un corpo rigido, tutti gli altri punti subiscono un’azione ad opera delle forze interne così sollecitate e, se
il corpo non è vincolato ne risulta un movimento d’insieme tipico degli oggetti rigidi, in
cui le distanze fra i punti che lo compongono restano costanti.
asse
rotazione
Quali movimenti sono possibili per un corpo rigido?
Ci limiteremo a considerare un corpo rigido che si muova di moto piano, per il quale le velocità dei punti del corpo si mantengono sempre parallele ad uno stesso piano. Esistono due movimenti fondamentali:

F1

F4
Traslazione: un corpo rigido compie un moto di traslazione se tutti i suoi punti si muovono con lo stesso vettore velocità e lo stesso vettore accelerazione.
Rotazione: un corpo rigido compie un moto di rotazione se tutti i suoi punti descrivono
delle circonferenze con centro sulla stessa retta, detta asse di rotazione.
In generale il corpo potrà essere animato dalla composizione di una rotazione ed
una traslazione.

F3

F2
Com’è fatto un sistema di forze che genera il moto piano di un corpo rigido?
Poiché stiamo concentrandoci sul caso semplice in cui le velocità rimangono sempre
parallele ad un dato piano, il moto sarà il risultato dell’azione di un sistema di forze:
 

F1 , F2 , .. FN anch’esse parallele a quel piano. La strada che seguiremo per studiare le

F2

F1
caratteristiche del moto sarà di ricondurre il sistema di forze ad un altro più semplice, che diremo equivalente, secondo la definizione:
Due sistemi di forze si dicono equivalenti se i loro effetti sul moto di un corpo rigido
sono gli stessi.
Per un qualunque sistema di forze è possibile definire il risultante:

R=

åF
i

somma vettoriale delle forze in azione con il metodo di punta coda. Il vettore R è
rappresentato dal segmento orientato che chiude il poligono che si ottiene disponendo consecutivamente i segmenti orientati che rappresentano le forze. Pertanto anche
il risultante sarà parallelo al medesimo piano cui sono parallele tutte le forze e tutte
le velocità, e che nella figura a lato è il piano del foglio.
113

R

F3

F4

Per determinare il moto di un corpo rigido è sufficiente conoscere R ?
Nel caso di un punto materiale il risultante delle forze contiene tutte le informazioni
che occorrono per definire il moto. Per un punto, infatti, non è possibile distinguere
un moto di rotazione da un moto di traslazione: entrambi si sviluppano lungo una
traiettoria a una sola dimensione ed è sufficiente conoscere intensità, direzione e verso del risultante per ricavare le leggi orarie. L’altra libertà di movimento di cui gode
un corpo rigido, cioè la sua possibilità di ruotare, comporta la necessità di informazioni
aggiuntive per prevedere l’effetto delle forze. È necessario associare a ciascuno dei

F1
 

vettori che individuano le forze F1 , F2 , .. FN del sistema, un punto di applicazione. Gli
effetti di una stessa forza sul moto di un corpo rigido sono, infatti, molto differenti se
questa agisce in posizioni diverse. Per capire scegliamo un qualunque asse perpendicolare al piano del moto. Si vede bene che la capacità di una stessa forza di far ruotare il
corpo attorno a un asse cambia variandone il punto di applicazione.

F2

F3
Che grandezza fisica si può introdurre per misurare questa capacità?
E’ necessario introdurre una nuova grandezza fisica che misuri la capacità di una
forza di far ruotare un corpo esteso attorno ad un dato asse. Le osservazioni mostrano che la capacità di far ruotare è tanto maggiore quanto più la forza è intensa e
quanto più è applicata lontano dall’asse attorno al quale si desidera produrre la rotazione. Possiamo convincerci di questo osservando che quando desideriamo stringere

un bullone con una chiave, applicare una forza come F1 parallela al manico non ot-
b

F
tiene alcun effetto. E’ invece la componente perpendicolare al manico a produrre la rotazione, e la sua efficacia è tanto maggiore quanto maggiore è la distanza dall’asse at
torno a cui si desidera girare. Con riferimento alla figura, la forza F è più efficace


tanto di F2 che di F3 . È per questo motivo che la maniglia di una porta è collocata
all’estremo opposto rispetto ai cardini girevoli. Per esprimere la capacità di far ruotare che ha una forza bisogna dunque conoscere la distanza della retta lungo cui la forza stessa agisce, dall’asse attorno cui si vuole far ruotare. Quest’importante informazione è detta braccio della forza b . S’introduce quindi la grandezza seguente:
Momento della forza t (tau ) rispetto a un asse: è la grandezza fisica che esprime la
capacità di una forza di far ruotare attorno ad un asse, misurata tramite il prodotto
dell’intensità della forza per la distanza b della sua retta di azione dall’asse:

t =  |F | b

F1
b2
A
b1
b4

F4
b3

F3

F2
Il momento della forza rispetto a un asse è positivo per un osservatore che considera
antioraria la rotazione che la forza tende a produrre. Si misura in N ⋅ m .
Nelle figure considereremo positivi i momenti dovuti a forze che producono rotazioni antiorarie attorno all’asse nel piano del foglio, guardato dal lettore. Se sul corpo
che si muove di moto piano, agisce un sistema di forze, chiameremo momento risultante del sistema rispetto a tale asse la grandezza:
t=
åt
i



=  | F1 | b1  | F2 | b2  | F3 | b3  ....
dove bi sono i bracci delle forze, vale a dire le distanze delle rette di azione di cia-

scuna delle Fi dal punto in cui l’asse buca il piano. In figura il punto A indica

4

FA
l’intersezione dell’asse scelto con il piano di rotazione, e le linee tratteggiate rappresentano i bracci delle forze.
Esercizi
bA
bB

FB

3


56. Trovare il momento risultante del sistema di forze FA ed FB , di modulo 40 N e
30 N rispettivamente, che agiscono sul quadrato di lato  = 10 m in figura, calcolato
rispetto ad un asse perpendicolare al foglio e passante per il centro del quadrato.
114
Dopo aver tracciato le rette di azione delle forze si riconosce che i bracci valgono:

 

bA =
bB = - =
4
2 3 6

e che per chi guarda il foglio, FA tende a far ruotare in verso orario attorno all’asse,

quindi il suo momento sarà negativo, FB antiorario quindi con momento positivo:


 
 
FA + FB = - 10 ⋅ 40 + 10 ⋅ 30 = -50 N ⋅ m
4
6
4
6
Il valore negativo del momento risultante comporta che il quadrato, oltre che a traslare

nella direzione di R , tenderà a ruotare in verso orario per effetto del sistema di forze.
t = tA + tB = -bA FA + bB FB = -
57. Un ciclista di massa m = 80.0 kg carica con tutto il suo peso sul pedale di una biciclet-

F1
ta, inclinato di 40 rispetto al terreno. Sapendo che il pedale è lungo 30.0 cm , si calcoli in
momento applicato rispetto ad un asse perpendicolare al piano della bici, che passa per il
perno C del pedale.
[R: -180 Nm ]
a

F2
58. Una lamina a forma di triangolo equilatero, di lato a = 30.0 cm , si trova sotto
 
l’azione delle forze F1, F2 , di intensità 250 N ciascuna. Calcolare il momento complessivo
rispetto a un asse perpendicolare alla lamina per il punto A.
sivo rispetto all’asse a in figura, visto dall’alto.
A
[R: -4.95 Nm ]

59. Un cubo di spigolo s = 50.0 cm , si trova sotto l’azione delle forze: FA , d’intensità


300 N , FB , d’intensità 400 N , FC , d’intensità 500 N . Calcolare il momento comples-
40
c
a

FA

FC
s
[R: 200 Nm ]

FB

Come si trova il punto di applicazione di R ?
Tanto la retta di azione quanto il punto di applicazione della risultante del sistema
non sono determinabili attraverso la somma dei vettori effettuata con il metodo di
punta-coda o del parallelogramma. Tale tecnica, che consente di sommare vettori,
cioè classi di equivalenza di segmenti equipollenti, fornisce soltanto l’intensità del risultante e una direzione, quella della diagonale del parallelogramma, alla quale il risultante è parallelo, ma non il punto di applicazione5. Tuttavia, una volta calcolata
l’intensità del risultante col metodo del parallelogramma, si può trovare il punto dove applicarlo in quei casi in cui esiste un punto, sull’oggetto, rispetto al quale la
somma dei momenti è nulla. Se le forze sono solo due, un simile punto è ad esempio
l’intersezione delle loro rette di azione. Infatti, poiché il risultante del sistema di forze deve avere lo stesso momento del sistema stesso, se esiste un tale punto sull’oggetto, il
risultante applicato in modo che abbia momento zero rispetto quel punto sostituisce
il sistema di forze anche dal punto di vista della sua capacità di far ruotare.

FB

FA
Esercizi
60. Trovare, se esiste, il punto (od i punti) in cui si può applicare il risultante del sistema


di forze FA ed FB , di pari intensità, che agiscono sul quadrato in figura.
Dopo aver tracciato le rette di azione delle forze, si riconosce che una forza ha sempre
momento nullo rispetto a un qualunque asse che passa per la sua retta di azione. Quindi,
entrambe le forze devono avere momento nullo rispetto a un asse perpendicolare al foglio
nel punto P, intersezione delle due rette di azione. Ne segue che anche il risultante dovrà
avere momento nullo rispetto a P, quindi la sua retta d’azione (inclinata di 45° rispetto al
lato del quadrato visto che le forze hanno la stessa intensità), dovrà passare per P. Quindi,
Per sommare vettori applicati occorre operare la costruzione del cosiddetto poligono funicolare, il quale consente di conoscere la retta di azione del risultante, e, se reiterato su di un sistema di forze ruotato rispetto all’originale, anche il punto di
applicazione.
5
115

R

FB

FA
P

FB

FA

F1
il risultante può essere applicato in uno qualunque dei punti in cui la retta a 45° passante
per P intercetta il quadrato, ad esempio proprio in P.

61. Trovare la direzione e un punto in cui applicare il risultante del sistema di forze FA

ed FB , di pari intensità, che agiscono sulla lamina a forma di L in figura.
[R]


62. Trovare la direzione e un punto dove applicare il risultante delle forze F1 ed F2 , di

F2

FC

FC

R
P
[R]
Come si trova la risultante di un sistema di forze parallele?
Una semplice strategia consiste nel trasformare il sistema in un altro equivalente di
forze non parallele sommando al sistema stesso due forze opposte che non alterano
la dinamica. Vediamo l’esempio seguente.


63. Trovare, se esiste, il punto di applicazione del sistema di forze parallele FC ed FD che

FD

FD
pari intensità, che agiscono sulla lamina a forma di triangolo equilatero in figura.
agiscono sul quadrato in figura.
Le rette di azione delle due forze parallele non si incontrano mai, tuttavia è possibile operare sommando al sistema due forze opposte che non alterano la dinamica perché hanno
risultante nullo (in verde nella figura). In questo modo si ottiene il punto P rispetto al
quale il sistema ha momento nullo, e così si fa passare per P la retta di azione del risultante la cui direzione è ottenuta con la regola del parallelogramma. Il risultante potrà poi essere applicato in uno qualunque dei punti in cui la retta trovata intercetta il corpo, per
esempio sul bordo del quadrato.
Cosa s’intende per coppia di forze?
Un sistema molto semplice di forze è qui a fianco illustrato, denominato coppia. Esso
è costituito da due forze di pari intensità, parallele ma dirette in versi opposti: il suo
risultante è chiaramente nullo. Il momento di una coppia indica la sua capacità di far
ruotare un qualunque segmento, solidale con il corpo, e perpendicolare alle rette di
azione delle forze, come quello rappresentato da b in figura. Ai fini dell’equilibrio (o
del moto) di un corpo rigido, sono equivalenti due coppie aventi lo stesso momento,

FA
b


-FA
due coppie
di uguale momento

FB





come ad esempio le -FA, FA e -FB , FB in figura, con |FA | = |FB | .
Quanto vale il momento di una coppia di forze?
E’ possibile dimostrare che, qualunque asse si scelga, sebbene il momento di ciascuna forza rispetto a esso vari con l’asse, il momento risultante della coppia sarà sem
pre dato dal prodotto dell’intensità comune, |F | per la distanza fra le rette di azione,
b, detto anche braccio della coppia:

t = |F | b
Come individuare un semplice sistema di forze equivalente ad uno dato?
b

-FB
Si può dimostrare che l’azione di un sistema di forze complanari su di un corpo rigido libero di muoversi di moto piano, è sempre equivalente a quella del risultante

R del sistema, applicato in un punto P scelto arbitrariamente, insieme a quella di
una coppia di forze che abbia, rispetto ad un asse perpendicolare al piano e passante
per P, lo stesso momento risultante t del sistema.
E’ possibile spostare una forza lungo la sua retta di azione?

Una conseguenza della proprietà suesposta è la possibilità di spostare una forza F lungo
la sua retta di azione senza conseguenze per la dinamica del corpo. In questo modo, infatti, non si altera né la risultante del sistema di forze né il suo braccio, e quindi non ne viene
modificato nemmeno il valore del momento totale t rispetto ad un qualunque asse. Ad
116

F
esempio, riferendoci alla figura a lato, è del tutto indifferente, ai fini del moto del triango-

lo, applicare la stessa forza F in A, B oppure in C.
C
In quali altri modi si può spostare una forza senza alterare la dinamica?


F
Esiste una tecnica che consente di spostare una forza F , applicata in un punto A, in un

punto diverso, B, facendo in modo che F si mantenga parallela alla sua retta di azione.
B
Infatti, se la nuova forza è parallela alla vecchia, il risultante del sistema di forze che agisce
sul corpo non viene alterato: l’unica cosa che cambia è il momento risultante. Basterà allora compensare il cambiamento che l’operazione di spostamento comporta sul momento
risultante. A tale scopo si dovrà applicare al corpo una coppia di trasporto, cioè una qualsiasi coppia che abbia, rispetto ad un asse passante per il nuovo punto di applicazione B, lo

F
A
punti di
applicazione
equivalenti

stesso momento che aveva prima F quando era applicata in A. Considerando la figura, si
 

vede bene come la coppia di forze FA FB , ciascuna di intensità pari a quella F , compensi

la modifica che lo spostamento del punto di applicazione di F da A in B ha comportato
per il momento risultante. Ma per la prima proprietà sopra enunciata, tutte le coppie di
uguale momento sono equivalenti, e quindi si potrà usare come coppia di trasporto una
A



 
 
qualunque coppia equivalente alla FA FB , ad esempio la FC FD con |FC | = |FD | = |F | .
B

F
Sotto quali condizioni un corpo rigido si mantiene in equilibrio?

FB
Abbiamo visto che qualunque sia il sistema di forze applicato a un corpo rigido vincolato a muoversi di moto piano, esso equivale sempre ad applicare in un punto P il

b
A
suo risultante R , insieme ad una qualunque coppia di momento pari al momento
risultante t rispetto ad un asse passante per P e perpendicolare al piano. Se quindi
vogliamo il corpo rigido in equilibrio, cioè non animato da alcun moto di traslazione
o di rotazione nel piano:
B

FA

F

FD
Condizioni necessarie per l’equilibrio
(1) Sia zero il risultante delle forze:



R = SFi = 0
(2) Sia zero il momento risultante delle forze rispetto ad un qualunque asse perpendicolare al piano:
t = St i = 0 .
Tali condizioni non sono sufficienti per l’equilibrio, giacché i punti del corpo potrebbero muoversi di moto rettilineo uniforme, uno stato compatibile con le risultanti
delle forze e dei momenti nulle. Se le condizioni necessarie per l’equilibrio sono soddisfatte, diremo che un corpo rigido inizialmente fermo, si mantiene in equilibrio.
Esercizi

64. Il cubo in figura è in equilibrio e su di esso agiscono, fra le altre, le due forze FA ed



FB di uguale intensità. Si dica se il corpo resta in equilibrio se sostituiamo FA ed FB con


FC ed FD della stessa intensità delle prime, due senza modificare altro.
Le due coppie di forze tendono a produrre rotazioni attorno allo stesso asse. Il cubo resterebbe in equilibrio perché una coppia di forze verrebbe sostituita da una coppia di momento uguale (pari intensità e pari braccio) anche se non appartenente allo stesso piano, e
l’operazione non altera l’equilibrio di un corpo rigido.
65. Il cubo in figura ha spigolo s = 4.00 m , ed esso si trova in equilibrio sotto l’azione
 
 
della coppia F1, F2 , le cui forze hanno intensità 100 N , e della coppia F3 , F4 . Si calcoli


l’intensità di F3 ed F4 .
[R: 283 N ]
117
A
b
B

FC

F

FC

FA

FD

FB

F2

F3

F1
s

F4

F2

F3

F1
r
h
 
64. Il cilindro di raggio r = 3.00 m è in equilibrio sotto l’azione delle forze F1, F2 , ciascu 
na d’intensità 200 N e delle forze F3 , F4 , ciascuna d’intensità 160 N . Calcolare l’altezza

F4
h del cilindro.

F1
65. Una lamina a forma di triangolo equilatero, di lato a = 20.0 cm , si trova in equilibrio
 
 
sotto l’azione delle forze F1, F2 , di intensità 200 N ciascuna, e delle forze F3 , F4 di inten-
a

F2

F4
30.0 m
B
12.0 m
A

F
[R: 173 N ]
sità uguale fra loro ma ignota. Calcolarne il valore.

F3
C
[R: 4.80 m ]
66. Una lamina a forma di triangolo rettangolo ABC è in equilibrio, ed una delle forze

agenti è la F in figura d’intensità 14 N . Calcolare l’intensità che deve avere una coppia
di trasporto costituita da forze orizzontali applicate in A e in B, per consentirci di traslare

F nel punto B e mantenere l’equilibrio della lamina.
[R: 35.0 N ]
3.0 N
3.0 N A
C
B
6.0 N

F
A
B
4.0 N

F2
A
67. Se sulla barretta AB lunga 5.0 m , con il punto C che dista 2.0 m da A, agiscono le
forze in figura, essa non è in equilibrio. Calcolare l’intensità della risultante e del momento
risultante rispetto a C. Si dica se è possibile tenere in equilibrio la barretta aggiungendo
solo una quarta forza.
[R: 3 2 N, -18 Nm, no per braccio insufficiente ]
68. La lamina rigida triangolare ABC è sotto l’azione di tre forze, due delle quali

d’intensità pari a 4.0 N e la terza è la F in figura. Si spieghi perché non è possibile che
C

4.0 N la lamina sia in equilibrio, qualunque sia l’intensità di F .
[R]
69. La lamina trapezoidale ABCD è in equilibrio sotto l’azione di tre forze, due delle quali
sono indicate in figura, applicate nei punti A e C. Si dica se è possibile individuare retta di
D

azione e punto di applicazione della terza forza nel caso in esame, e nel caso in cui F1 ab-

F1
B
[R: in B; sulla bisettrice dell'angolo in B ]
bia verso opposto.
C
13. Il baricentro di un corpo rigido
Se un corpo rigido è soggetto all’azione di un sistema di forze, per conoscerne gli effet
ti sul moto dovremo calcolare il risultante R , applicando il metodo di punta coda in sequenza, ed il momento risultante t sommando i momenti di tutte le forze coinvolte.
Una semplificazione è possibile se sistema è costituito da forze tutte parallele, come nel caso
delle forze dovute alla gravità, che agiscono in direzione verticale su ciascuno dei punti
che compongono il corpo. In questa situazione, infatti, è possibile dimostrare che esiste un
punto, detto centro del sistema di forze, che gode della proprietà seguente:
y

Fi
x

F2

F1
Applicare un sistema di forze parallele a un corpo rigido è equivalente, ai fini del-

l’equilibrio (e del moto), ad applicare il solo risultante R in un punto detto centro del sistema di forze, quando questo punto cade all’interno del corpo.
Come si può determinare il centro di un sistema di forze parallele?
Continueremo a limitarci ai sistemi di forze tutte in uno stesso piano, (che nei disegni è il
piano del foglio). Come abbiamo visto, applicare un sistema di forze a un corpo rigido, è
equivalente ad applicare il suo risultante in un qualunque punto, insieme ad una coppia
che abbia per momento il momento risultante rispetto all’asse perpendicolare al piano
delle forze nel punto scelto. Nel caso di un sistema di forze parallele, dovremo quindi

cercare un punto , che chiameremo G , in cui applicare il risultante in modo che R
118
equivalga, da solo, all’intero sistema, cioè sostituendo anche l’effetto dei momenti. Questo
è possibile solo se risulta nulla la somma dei momenti rispetto all’asse perpendicolare al
piano delle forze in G . Così, infatti, sarà nullo anche il momento della coppia da affianca
re ad R , che è proprio quello che si sta cercando di ottenere. Analizziamo il caso semplice



di un sistema di due sole forze parallele ed equiverse, FA ed FB . La risultante R è ancora un vettore parallelo alle due forze, di lunghezza pari alla somma delle loro lunghezze.


Aggiungendo le forze uguali e opposte S A ed S B , dirette lungo la congiungente AB ,

O
l’azione complessiva del sistema non cambia. Si producono così le due risultanti RA ed

RB , le cui rette di azione s’incontrano nel punto O . Giacché O è su entrambe le rette di
azione, il momento del sistema è nullo rispetto ad un asse perpendicolare al piano delle

forze in O . Quindi il risultante complessivo R , applicato lungo la retta OG in figura,
parallela alle forze iniziali, sostituisce da solo il sistema di forze, avendo, come il sistema,
momento nullo rispetto ad un asse per O perpendicolare al foglio. Calcoliamo ora la posizione del punto G in cui la retta di azione del risultante taglia AB . Il triangolo eviden  
ziato in figura, che si costruisce prendendo le forze FASARA , è simile al triangolo OGA ,
  
essendo i tre lati paralleli a coppie, e per lo stesso motivo FB S B RB è simile al triangolo
OGB :

|FA |
= OG

GA
|S A |

SA

RA
A

FA
G

R

FB
B

RB

|FB |
= OG

GB
|S B |


Facendo il rapporto a membro a membro, essendo |SA| = |S B | , si ha:

|FA |
= GB

GA
|FB |
Quindi G giace sul segmento AB congiungente i punti di applicazione, a distanze
da A e da B inversamente proporzionali alle intensità delle forze. Per il teorema di
Talete, la proporzionalità fra le due parti GA e GB di un segmento si trasmette inalterata
alle lunghezze dei segmenti che si ottengono proiettandoGA e GB lungo gli assi cartesiani. Con le notazioni in figura, le lunghezze dei segmenti che GA proietta sono xG - x A
yA
yG
A
G
B
yB
xA
xG
xB
ed yA - yG , mentre per GB abbiamo x B - xG ed yG - yB , da cui:
GB = x B - xG = yG - yB
xG - x A
yA - yG
GA


Mettendo questa relazione a sistema con la precedente |FA | / |FB | = GB / GA , e risolvendo
se si hanno più forze
tutte concordi
rispetto a xG e yG troviamo:


x A |FA | + x B |FB |
xG =


|FA | + |FB |


yA |FA | + yB |FB |
yG =


|FA | + |FB |
Come si vede, le coordinate di G dipendono solo dalle intensità delle forze e dalle coordinate dei loro punti di applicazione A e B , ma non dalla direzione del sistema di forze
parallele. Quindi la posizione di G non cambia se si fanno ruotare tutte forze attorno al
loro punto di applicazione, mantenendole parallele fra loro. Per questo motivo G è detto
centro del sistema di forze parallele. Se le forze sono più di due, tutte concordi in verso, le
somme a numeratore e denominatore che determinano xG e yG si allungano fino a
119

xG =
yG =

SB
S x i |Fi |

S |Fi |

S yi |Fi |

S |Fi |
G

FA
comprendere tanti termini quante sono le forze. Nel caso di due sole forze, esiste una
tecnica geometrica per individuare G . Scambiando la retta di azione delle forze, si può

dimostrare che la retta di azione di R , sempre parallela alle due forze, passa per
l’intersezione dei segmenti che uniscono la coda di una forza con la testa dell’altra.

G è il punto in cui la retta di azione di R taglia AB .

FB

R
Esercizi
70. Si calcoli la posizione del centro del sistema delle tre forze parallele, d’intensità



|F1 | = 200 N , |F2 | = 100 N , |F3 | = 120 N i cui punti di applicazione sono nei vertici del
scambio delle
rette di azione :
forze concordi
triangolo equilatero di lato a = 60.0 cm in figura.
Fissiamo un riferimento cartesiano con l’origine degli assi nel vertice in basso a sinistra del
triangolo. Si ha allora:

F2
y
a
24.3
cm

F1

F3
x1 = 0, y1 = 0;
G
x
12.4
cm

R
x 2 = a /2, y2 = a 3 /2;
x 3 = a, y3 = 0
Applicando la formula per le coordinate del centro G del sistema di forze:



x1 |F1 | + x 2 |F2 | + x 3 |F3 |
0 ´ 200 + 0.300 ´ 100 + 0.600 ´ 120
=
m = 0.243 m
xG =



200 + 100 + 120
|F1 | + |F2 | + |F3 |



y1 |F1 | + y2 |F2 | + y3 |F3 |
0 ´ 200 + 0.300 3 ´ 100 + 0.600 ´ 0
m = 0.124 m
yG =
=



200 + 100 + 120
|F1 | + |F2 | + |F3 |

Ed è pertanto in tale punto che possiamo applicare il risultante R , parallelo ed equiverso alle tre forze e d’intensità:




|R | = |FA | + |FB | + |FC | = (200 + 100 + 120) N = 420 N
Che succede quando si hanno due forze parallele e discordi?

FA

R

FB
G
scambio delle rette
di azione: forze discordi
Anche in questo caso, il centro del sistema di forze è lungo la retta che passa per A e
B , però essendo le due forze discordi, esse tendono a far ruotare il segmento AB . Il
momento rispetto all’asse per un qualunque punto fra A e B non è mai nullo, e
quindi G non può appartenere al segmento AB . Si può dimostrare che il centro del
sistema si trova lungo la retta per AB dalla parte della forza maggiore, come in figura, a
distanza tale per cui i momenti, opposti, delle due forze si compensano. Questa proprietà non vale se le due forze sono una coppia, giacché una coppia non può mai es
sere sostituita da una sola forza. La risultante R ha intensità pari alla differenza del


le intensità fra le due forze: |R | = |FA | - |FB | , e verso come quello della forza maggiore. Anche in questo caso, scambiando la retta di azione del le due forze, la retta di azione

di R , sempre parallela alle forze del sistema, passa per l’intersezione delle rette che
uniscono rispettivamente la coda di una forza con la testa dell’altra. Il centro G è

dove la retta d’azione di R taglia il prolungamento di AB .
Come si calcola il centro delle forze parallele dovute alla gravità su un corpo rigido?
Possiamo immaginare la forza di gravità come un sistema di forze parallele, che agiscono su ciascuno degli N atomi puntiformi del corpo rigido. Le proprietà appena
viste di un sistema di forze parallele permettono di dedurre che per ogni corpo rigido esiste un punto, detto baricentro ed indicato con G , rispetto al quale la somma
dei momenti delle forze di gravità risulta zero. Calcoliamo le coordinate di G :

m1g

m 3g

m2 g

xG =
Sx i |Fi |

S |Fi |
=

Syi |Fi |
yG =
=

S |Fi |
Sx i mi g
Sm i g
=
S yi m i g
Sm i g
=
120
m1x 1 + m2x 2 ... + mN x N
m1 + m2 ... + mN
m1y1 + m2y2 ... + mN yN
m1 + m2 ... + mN
Nel calcolo, l’accelerazione di gravità g , che è la stessa per tutti gli atomi del corpo,
si semplifica. Le forze di gravità che agiscono su ciascuna delle particelle del corpo
non hanno, nel complesso, la capacità di farlo ruotare attorno al suo baricentro, e
pertanto G è il punto in cui può pensarsi applicato il risultante.
(x max , y max )
Si dice baricentro di un corpo il punto in cui può pensarsi applicata la forza di gravità
Il baricentro è un punto che appartiene al corpo?
Sebbene le coordinate di G siano in ogni caso interne a un rettangolo individuato
dalla massima e minima ascissa e dalla massima e minima ordinata dei punti (vedi
figura), il baricentro può anche cadere fuori dal corpo. Un semplice esempio di questo caso è un oggetto a forma di ciambella, oppure una bottiglia vuota. Quando G (x , y )
min min
cade all’interno al corpo potremo effettivamente sostituire al sistema di forze il suo
risultante applicato in G . Nel caso in cui G sia esterno invece, potremo solo utilizzarlo come punto immaginario di applicazione delle forze di gravità, al fine di semplificare alcuni calcoli, come ad esempio il momento della gravità rispetto a un qualunque asse, oppure il calcolo del lavoro della forza di gravità.
G

N
Come si determina sperimentalmente il baricentro?
Il calcolo matematico della posizione del baricentro è una strada percorsa solo in
semplici casi. Per via sperimentale invece, è possibile determinare la posizione di G
in modo abbastanza preciso, sospendendo il corpo, in fasi successive, per due suoi
punti, come P e poi R in figura. Quando il corpo, sospeso per P , si trova in equi-

G



mg
librio, la reazione N del vincolo è uguale ed opposta al peso mg . Pertanto N deve

essere diretta verticalmente come mg , e avere momento nullo rispetto al baricen-
R
P


tro, come mg . Questo comporta che la retta di azione di N , cioè la verticale PQ , deve
passare per G . Cambiando il punto di sospensione in R , per lo stesso ragionamento
Q
G
il baricentro appartiene alla verticale RS . Il baricentro sarà allora l’intersezione fra
PQ ed RS , e lì si incontrano anche tutte le verticali condotte per i punti di sospensione, quando il corpo è in equilibrio.
P
Q
S
Qual è la posizione di G per una coppia di masse puntiformi uguali?
Le formule dirette per il calcolo delle coordinate del baricentro di un corpo sono di
immediata applicazione nel caso esso sia costituito da un sistema di masse puntiformi, detto anche sistema discreto. Nel caso le masse siano due uguali ad m :
xG =
x 1m + x 2m
m +m
=
x1 + x 2
2
yG =
;
y1m + y2m
m +m
=
y1 + y2
2
m
y2
y1
Come si vede, il baricentro si trova a metà strada fra le due masse, posto sul segmento che le congiunge.
m
G
x2
x1
Qual è la posizione di G per una coppia di masse puntiformi differenti?
Poniamo l’asse x lungo la congiungente, e l’origine in G . In questo sistema abbiamo
xG = 0 e yG = 0 . Se con dA e dB si indicano le distanze di G dalle masse risulta:
xG =
-dAmA + dB mB
mA + mB
=0

mA
d
= B
mB
dA
y
mA
dA
Questo risultato dice che il baricentro è più vicino alla massa più pesante fra le due.
121
mB
G
dB
x
Cos’è la proprietà distributiva del baricentro?
I calcoli della posizione del baricentro possono essere semplificati adoperando la seguente proprietà, che enunciamo senza dimostrare:
Proprietà distributiva del baricentro: il baricentro di un corpo si può ottenere suddividendolo in elementi, e immaginando la massa di ciascun elemento concentrata
nel proprio baricentro.
C
Come si calcola G per tre masse uguali poste nei vertici A, B, C di un triangolo?
G2
G
B
G1
A
In questo caso possiamo applicare la proprietà distributiva, sostituendo alle masse
A e B una massa pari alla loro somma ma posta nel loro baricentro, cioè nel punto
medio G1 del lato. Dal precedente risultato sappiamo che il baricentro del sistema
dei due punti C ed A + B giace sulla loro congiungente, che in questo caso è la mediana del lato AB . Ripetendo il ragionamento per un’altra coppia è dimostrato che il
baricentro si trova sul punto d’incontro delle mediane, che com’è noto dalla geometria elementare, si dividono scambievolmente in due parti lunghe l’una il doppio
dell’altra (ad esempio AG = 2GG 2 ).
Esercizi
71. Si hanno due masse puntiformi mA ed mB di cui la seconda pesa tre volte la
prima, a distanza reciproca di 4.00 m . Trovare la posizione del baricentro.
In un riferimento qualunque si ha:
xG =
x Am + 3x B m
x + 3x B
= A
4
m + 3m
In un riferimento con l’asse x lungo la congiungente, e l’origine in G , se con dA e
dB si indicano le distanze di G dalle masse risulta:
y
m1
6.0
4.0
3.0
2.0
1.0
m3
dB /dA = mA /mB = 1/ 3
dA = 3dB
La distanza del baricentro da A è quindi tre volte quella da B. Nel complesso:
dA + dB = 3dB + dB = 4dB = 4.00 m  dB = 1.00 m
m2
m4

Quindi G si trova sul segmento che congiunge le due masse, a un metro di distanza
da mB e tre metri di distanza da mA
m5
72. Calcolare la posizione del baricentro del sistema formato dalle cinque masse in
figura, dove le unità sono in metri, sapendo che m1 = 1.2 kg , m2 = 1.4 kg ,
1.0 2.0 3.0 4.0 x
G
barretta omogenea
m 3 = 1.6 kg , m4 = 2.0 kg , m5 = 1.8 kg .
[R: (2.4m;2.9m) ]
Come si calcola G per una barretta omogenea?
Una barretta è un oggetto continuo, ma applicando la proprietà distributiva la possiamo vedere come una serie di coppie di masse puntiformi uguali, simmetriche rispetto al centro. Avendo ciascuna coppia il baricentro nel punto medio, quella sarà
anche la posizione di G della barretta.
Come si calcola G per un corpo dotato di un asse di simmetria?
corpo con asse
di simmetria
Se una figura piana ha un asse di simmetria, possiamo immaginare di suddividerla
in tante barrette con centro di simmetria su quell’asse. Con quest’approccio estendiamo facilmente il risultato precedente, per cui il baricentro si troverà sicuramente
sull’asse di simmetria. Se gli assi di simmetria sono più di uno, allora ripetendo il ragionamento troviamo che G giacerà sul loro punto di incontro. E’ il caso di un quadrato, un cerchio, un anello, il cui baricentro sarà nel loro centro geometrico. Se il
corpo ha tre dimensioni il ragionamento si può ripetere per cui risulta che corpi solidi
122
regolari come sfere, cilindri o parallelepipedi retti hanno il baricentro nel punto di incontro
dei loro assi di simmetria.
G
G
Come si calcola G per un triangolo pieno?
Una lamina piana a forma di triangolo si presta ad un calcolo del baricentro tramite
suddivisione in barrette parallele ad uno dei lati. Ognuna di esse avrà il suo baricentro nel punto medio, pertanto anche il baricentro del triangolo giacerà sul segmento
comune a tutti i punti medi e cioè la mediana del lato a cui le barrette sono parallele.
Ripetendo il ragionamento per un altro lato si dimostra così che il baricentro si trova
nel punto di incontro delle mediane.
triangolo
pieno
Come si calcola G per un generico quadrilatero pieno?
quadrilatero
pieno
Basterà dividere il quadrilatero in due triangoli unendo con un segmento due suoi
vertici non consecutivi. Sostituendo poi ciascuno dei due triangoli con una massa
puntiforme posta nel suo baricentro, cioè nel punto di incontro delle mediane, ne ricaviamo che il baricentro G del quadrilatero deve giacere sul segmento G1G2 che
G1
G4
G3
unisce i due punti come in figura. Ripetendo il ragionamento per una suddivisione
in triangoli diversa del quadrilatero, si avrà che G ora dovrà stare sul segmento
G 3G 4 . Ne consegue che G si troverà all’incontro dei due segmenti G1G2 e G 3G 4 .
G2
G2
Come si calcola G per oggetti scomponibili in figure regolari?
Nel caso si debba calcolare il baricentro di una figura piana scomponibile in elementi
dotati di assi di simmetria, si può applicare la proprietà distributiva. Nell’esempio
della lamina a forma di L, s’individuano i baricentri dei due rettangoli che la costituiscono, e che giacciono nei punti G1 e G2 in cui gli assi di simmetria s’incontrano. Poi
G
G1
G1
si immaginano le masse dei rettangoli concentrate in questi punti e si trova la posizione di G lungo la congiungente G1G2 con la formula per le masse puntiformi. Nel
G
secondo esempio della lamina a forma di casetta, si opera la scomposizione in un
triangolo ed un rettangolo e si procede analogamente.
oggetti
scomponibili
G2
Come si calcola G per delle lamine con buchi?
Se si ha a che fare con una lamina che presenta un buco, come quella circolare qui a
destra, è possibile seguire la strategia di immaginare un altro buco simmetrico rispetto al primo e di scomporre l’oggetto in una lamina con due buchi (e quindi simmetrica rispetto a due assi, con G1 nel loro punto d’incontro) ed una lamina più piccola
G2
G
con la forma del buco, in questo caso anch’essa simmetrica, con G2 nel suo centro.
G1
Immaginando poi le masse dei due elementi concentrate nei loro baricentri, si può
procedere all’individuazione di G .

N
Esercizi
73. Una tavola è incernierata a metà della sua lunghezza. Calcolare a quale distanza
dal punto di appoggio devono essere posti i baricentri di due masse che sono in relazione mB = 4mA per avere l’equilibrio.
dA
dB

WA
Calcolando i momenti rispetto ad un asse perpendicolare al foglio e passante per il
punto di appoggio della tavola si ha che il peso a sinistra tende a far ruotare in verso
antiorario e quello a destra in verso orario. Ponendo opportunamente i segni risulta:
m
d
mAgdA - mB gdB = 0  dB = A dA = A
4
mB

WB
B
A
74. Una cassa cubica è appoggiata sopra ad una tavola e sostenuta dai due montanti
A e B. Calcolare le forze esercitate dai montanti sapendo che la cassa ha massa
mC = 50 kg , e la tavola mT = 5.0 kg .
[R: 226 N, 313 N ]
123
1.4 m
2.0 m
2L
5
75. Un operaio tiene inclinata di un angolo a una carriola che contiene della ghiaia ed ha
massa complessiva 60 kg . Indicando con L la lunghezza della carriola, e sapendo
 che il
baricentro si trova a (2/5)L dalla ruota, si dica quanto vale l’intensità della forza F e della forza normale esercitata dal terreno.
[R: 235 N, 353 N ]
G
a
76. Un quadro di massa mQ = 30.0 kg è appeso con un tirante in modo da formare un
3L
4
angolo di 45.0° con la parete, come in figura. Sapendo che la corda si rompe quando la
tensione supera i 500 N, si dica calcoli la tensione e si dica se il quadro si stacca dalla pare-
45
te. Quanto vale la tensione se un bambino di massa mB = 35.0 kg si attacca al quadro
L
[R: 196 N, 425 N ]
lasciandosi penzolare dal punto più alto?
R
77. Due biglie sferiche di raggio R e massa m stanno sul fondo di una caraffa larga L come
in figura. Si trovino le forze normali esercitate dalle pareti e dal fondo.
R
[R: 2mg, mg (L - 2R )/ 4LR - L2 ]
L
78. Una tavola di massa m = 30.0 kg e lunghezza L = 2.00 m è appoggiata al muro
in modo da formare con il pavimento un angolo di 45°. Sapendo che è nullo l’attrito
statico con il muro, si calcolino le forze normali esercitate nei punti di appoggio e
l’attrito statico con il pavimento.
[R: 294 N,147 N ]
45
79. Un uomo di massa mU = 70.0 kg
mA = 95.0 kg incernierato nel punto C e sorretto da un tirante che al massimo sop-
45
C
porta una tensione di 1700 N . Si trovino il valore della tensione nonché direzione ed

intensità della forza N esercitata dal punto di appoggio in C senza che vi sia
l’uomo sopra. Si dica quindi fino a che distanza dal muro l’uomo può arrivare senza
che il tirante ceda.
[R: 2.82 m ]
4.80 m
8.20 m
A
B
1.0 m
1.6 m
cammina lungo un asse di massa
1.4 m
80. Un operaio di massa mO = 80.0 kg sta verniciando una facciata seduto su di
un’asse di massa mA = 14.0 kg sorretta da due funi. Sulla stessa asse c’è un secchio
di massa mS = 8.00 kg , il tutto disposto come in figura. Calcolare le tensioni cui so[R: 398 N, 603 N ]
no sottoposte le funi.
R2
81. Due masse sono appese alla puleggia con doppia ruota in figura, con
R1
R2 = (7 / 4)R1 . Sapendo che m1 = 7.00 kg si dica quale deve essere il valore minimo
di m2 per far girare la ruota.
m1
m2
[R: 4.00 kg ]
82. Sulla tavola in figura, lunga L = 6.00 m e sostenuto dalle pulegge, tutte le masse
dei blocchi e quella dell’asse stesso, valgono m . Si calcoli la distanza d alla quale si
deve porre una coppia di blocchi sulla tavola per avere l’equilibrio.
[R: 5.00 m ]
In quali condizioni è in equilibrio un corpo appoggiato su di un piano?
d
Se su di un corpo appoggiato agiscono solo la gravità e la forza normale al piano, (e
quindi in assenza di attrito fra il corpo ed il piano di appoggio) esso rimane in equilibrio solo se la verticale condotta per il baricentro cade entro l’area di appoggio6. Infatti, da
ciascuno dei punti di contatto col piano di appoggio viene esercitata una forza verticale, creandosi così un sistema di forze parallele. La risultante, applicata in un punto
entro l’area di appoggio, per equilibrare il peso dovrà avere momento zero rispetto
6
Con area di appoggio si intende quella del più piccolo fra i poligoni convessi contenente tutti i punti di contatto.
124
in equilibrio
al baricentro e pertanto la sua retta di azione intercetta G . Ne segue che la verticale
per G cade entro l’area di appoggio.

N
G

mg
G
indifferente
stabile
non in equilibrio
instabile
L’equilibrio è detto indifferente quando le posizioni intorno ad esso sono pure di equilibrio: ad esempio una pallina su di un piano. Se invece le posizioni intorno non sono
di equilibrio, ma quando si tenta di spostare il corpo, le forze tendono a richiamarlo,
l’equilibrio è detto stabile: è il caso di una pallina sul fondo di una scodella sferica. Se
infine le posizioni intorno non sono di equilibrio, e inoltre quando si tenta di spostare il corpo, le forze tendono ad allontanarlo, l’equilibrio è detto instabile.
Esercizi
G1
83. Si dica se è possibile costruire una pila di mattoni sporgenti tale che il più alto di
essi fuoriesca completamente dall’area di appoggio.
Ogni mattone ha il baricentro nel suo centro geometrico, dove s’incontrano gli assi di
simmetria. Consideriamo prima solo due mattoni uno sull’altro: il mattone sopra
può sporgere, senza cadere, al massimo della metà della sua lunghezza L : è questa
l’ultima posizione per cui la verticale per G1 non esce dall’area di appoggio. Il primo
G2
sbalzo ha quindi lunghezza L /2
Aggiungiamo ora un terzo mattone sotto i primi due. L’ultima posizione utile per
l’equilibrio è quella per cui la verticale per il baricentro A della coppia sopra cade a
filo del mattone sotto. Per trovare la posizione di A applichiamo la proprietà distributiva del baricentro, sostituendo ciascuno dei due mattoni con due masse puntiformi concentrate nei rispettivi baricentri G1 e G2 . Il baricentro A sarà a metà strada
L
4
L
2
fra G1 e G2 , essendo le masse uguali. Per il teorema di Talete, anche la proiezione
orizzontale del segmento G1G2 (che misura L /2 come si vede in figura) sarà lunga il
A
doppio della proiezione orizzontale di AG1 , che è proprio la parte sporgente del secondo mattone, e che quindi misura (1/2)(L /2) = L / 4 .
G3
La posizione di un quarto mattone sotto si ricava ancora sostituendo i tre sopra con
una massa puntiforme concentrata nel loro baricentro B . Si procede dapprima concentrando i due mattoni iniziali in A , e poi osservando che la massa in A è doppia
della massa in B e quindi la distanza d1 di B da G 3 deve essere doppia della distan-
B d
2
d1
L
6
L
2
za d2 di B da A , infatti, sappiamo che d1 /d2 = 2m /m . Allora si divide AG 3 in tre
parti e se ne prende una sola per d2 e due per d1 . La stessa proporzione vale sulla
proiezione in orizzontale di AG 3 (che misura L /2 come si vede in figura) che è proprio la parte sporgente del mattone, lunga (1/ 3)(L /2) = L / 6 .
Ponendo un quinto mattone sotto e ripetendo il ragionamento, troveremmo per il
quarto sbalzo una lunghezza L / 8 . Allora la somma degli sbalzi si scrive:
ö
25
L æç
1 1 1 1
L>L.
çç1 + + + + + ...÷÷÷ che già dopo 4 sbalzi vale
÷ø
24
2 çè
2 3 4 5
84. Una scultura moderna si compone di due parallelepipedi di diverso materiale ma
uguali dimensioni, a sezione quadrata di lato b, saldati a forma di L. Applicando la
proprietà distributiva, se ne trovi il baricentro, e si dica la scultura può reggersi in
125
G1
A
a
G2
b
G1
xG 1 xG 2
equilibrio. Dati numerici: a = 1.50 m e b = 0.500 m , m1 = 5.00 kg (parallelepipedo
c
in basso), m2 = 3.00 kg (parallelepipedo in alto).
a
b
[R: (0.440m;1.13m) ]
85. In un parallelepipedo a base quadrata di lato b = 25.0 cm ed altezza a = 1.80 m
x
di massa m1 = 9.00 kg è un foro a sezione quadrata, il cui centro è posto sull’asse di
simmetria del parallelepipedo, a una distanza c = 20.0 cm dalla base. Si rimuove in
tal modo una massa m2 = 0.200 kg . Calcolare la massima lunghezza x in figura di
cui può sporgere da un tavolino quando è poggiato su suo lato lungo.
126
[R: 0.92 m ]