Terza Pagina LA REGGIA Pag. 3 Giamblico Cenni sulla Teologia dell’Aritmetica di Walter Mantovani egli studi odierni dell a fi l o s o fia e della matematica poco o nulla si parla o si scrive della vita, delle opere e del pensiero di Giamblico. Eppure questo dotto perso- N morte mentre si sa con certezza che la sua attività si svolge nel tempo dell’imperatore Costantino. Dopo aver seguito i corsi di Porfirio a Roma Giamblico rientra in Siria ove fonda una Scuola in cui insegnerà fino alla morte. Molti suoi allievi, a lui pone le scienze matematiche in un preciso ordine gerarchico. L’aritmetica, quella che nasce per prima e studia il numero in se stesso, trascende le altre tre (geometria, musica, astronomia) perché queste non possono fare a meno chi non le conosce non potrà mai vantarsi di apprendere facilmente la più bella e più divina natura che Dio abbia concesso agli uomini di conoscere» (De Communi mathematica scientia). (Da Il numero e il divino a cura di Francesco Romano, ed. Rusconi). Siamo nel secondo/terzo secolo d.C., tuttavia le frasi di Giamblico sembrano frasi scritte da uno scienziato moderno. Egli vede nell’ordine matematico filosofico il fondamento di qualunque ordine di realtà cercando di arrivare alla unificazione della varie scienze. Nel trattato Teologia dell’aritmetica Giamblico definisce i primi dieci numeri naturali che sono visti matematicamente secondo le loro proprietà e i loro legami con altri numeri naturali cadendo alcune volte, però, in errori. È noto che la serie dei primi dieci numeri naturali è la seguente: 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9; ma al tempo del filosofo matematico lo zero era ancora sconosciuto per cui la serie era definita nel seguente modo: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10. Cominciamo la trattazione col numero 1 (uno) concludendola al numero 5 (cinque). Molto ci sarebbe da dire ma la breve sintesi potrà darci i primi concetti del pensiero di Giamblico e dei filosofi matematici del suo tempo. Palmira, torre funeraria di Giamblico naggio dell’antica Grecia ha percorso diversi itinerari culturali nei vari campi scientifici e umanistici del suo tempo cercando di arrivare ad una linea unitaria del sapere filosofico, matematico e religioso. Giamblico riceve le basi matematiche da Nicomaco da Gerasa (neopitagorico del secondo secolo d.C.) mentre da Anatolio e poi da Porfirio (filosofo greco neoplatonico che in età matura sarà vescovo di Laudicea) acquista ed elabora i primi elementi della Teologia dell’Aritmetica. Giamblico nasce a Calcide in Siria (circa 250 – circa 330 d.C.) ma scarse sono le notizie sulla sua vita. Non è sicura sia la data di nascita che quella di affezionati, diventeranno celebri nel mondo di allora. Fra questi, Giuliano, futuro imperatore. Giamblico scrive molte opere ma purtroppo poco di esse è rimasto; solo alcuni frammenti sono arrivati a noi attraverso le citazioni di Proclo (filosofo platonico di Costantinopoli, acceso avversario del cristianesimo). Fra le opere, conservate in parte, la Teologia aritmetica che è un insieme di frammenti fra cui forse alcuni testi di Anatolio e di Nicomaco che è l’autore del Manuale armonico, preziosa opera sulla musica greca. Confluiscono nella cultura di Giamblico tre tradizioni filosofiche: la platonica, la neoplatonica e la neopitagorica. Egli dei numeri. La geometria studia le figure in se stesse e si pone al secondo posto. La musica studiando i rapporti armonici dei numeri non può fare a meno dei numeri stessi. Infine, per ultima, l’astronomia. Questa, studiando i movimenti regolari delle figure celesti, non può fare a meno delle figure geometriche. In conclusione, tra aritmetica e geometria esiste una certa affinità come tra astronomia e musica. Riferendosi alle matematiche afferma «Chi abbia acquisito in tal modo tutte queste matematiche, costui, io dico, è l’uomo più sapiente nel più vero senso della parola, perché senza i suddetti metodi di studio delle matematiche, 1 è il principio di ogni numero ed ha stabilità perché qualsiasi numero combinato con 1 mantiene la stessa forma. Qui sta una imprecisione; il verbo “combinare” non sempre è valido, la definizione per essere valida occorre che il verbo combinare sia sostituito dal verbo moltiplicare o dal verbo dividere. Esempio: 5×1=5 5:1=5; il 5 non muta mentre 5+1=6 5-1 =4 per cui “combinare” non è valida per l’addizione e la sottrazione. I pitagorici chiamavano il numero 1 anche con il nome del divino Zeus. 2 se 1 è Zeus, 2 è “la madre di Zeus”. È il numero che produce “l’infinità” in quanto dovendo procedere verso l’infinito si parte con il 2 cui si aggiunge 1 poi ancora 1 e così via. Con i Giamblico in una incisione seicentesca primi due numeri 1 e 2 si stabilisce il primo concetto di maggiore e minore (oggi noi scriviamo 1<2 e 2>1). Tra le virtù i pitagorici assimilavano il 2 al “coraggio” e lo chiamavano anche “opinione” «perché nella opinione ci può essere il vero e il falso» (è questo il primo principio della logica moderna). 3 è il primo numero dispari. Questo numero è il simbolo della superficie si che vi sono tre generi di triangoli: equilatero, isoscele, scaleno. Il 3 sommato a 1 e a 2 produce 6 che è il primo numero perfetto (definizione esatta: il 6 è la somma dei suoi fattori 1, 2, 3). Il 3 è la prima vera pluralità. Infatti noi chiamiamo le cose “singole” o “duali” ma poco “triplici”, caso mai “plurali”. Per i pitagorici 3 è anche “amicizia” o “pace”. 3 indica le età della vita (giovinezza, età matura, vecchiaia). 4 Giamblico assegna l’1 all’aritmetica, il 2 alla musica, il 3 alla geometria, il 4 alla sferica, (intendendo con tale termine le figure geometriche solide). Infatti la piramide è definita il solido più piccolo ed ha 4 facce. Di tutti i corpi solidi la sfera è quello più perfetto. Riferendosi ai numeri (1, 2, 3, 4) i pita- gorici chiamavano questo gruppo “Decade” cioè “natura eterna e perpetua” (1+2+3+4=10 è la somma dei primi quattro numeri del gruppo). 4 sono i princìpi del cosmo (acqua, aria, fuoco, terra); 4 sono le stagioni dell’anno; 4 sono le stagioni dell’uomo (fanciullezza, giovinezza, maturità, vecchiaia); 4 sono i punti cardinali; il 4 è chiamato “giustizia” perché, riferendosi ad Anatolio, il suo quadrato (area) è uguale al suo perimetro (definizione impropria in quanto i due valori si riferiscono a diverse unità di misura, lunghezza, superficie). 5 il numero proviene da 2+3 cioè è la somma del primo numero pari e del primo numero dispari per cui è definito “matrimonio” in quanto 2 è maschio e 3 è femmina. Poiché è la metà del 10 (numero divino) il 5 è definito “semidio”. Elevato al quadrato e poi a qualsiasi altro esponente contiene sempre se stesso. I poliedri regolari sono 5: tetraedro, esaedro, ottaedro, dodecaedro, icosaedro. Il 5 con il 4 e il 3 forma una terna pitagorica; infatti 3×3+4×4=5×5 (in forma attuale: 32+42=52). D’altronde Giamblico, maestro neopitagorico, non poteva dire diversamente.