La Reggia dicembre 2011 pagina 3 - Società per il Palazzo Ducale

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Terza Pagina
LA REGGIA
Pag. 3
Giamblico
Cenni sulla Teologia dell’Aritmetica
di Walter Mantovani
egli studi
odierni dell a fi l o s o fia e della
matematica
poco o nulla
si parla o si scrive della
vita, delle opere e del
pensiero di Giamblico.
Eppure questo dotto perso-
N
morte mentre si sa con
certezza che la sua attività si svolge nel tempo
dell’imperatore Costantino. Dopo aver seguito i
corsi di Porfirio a Roma
Giamblico rientra in Siria
ove fonda una Scuola in cui
insegnerà fino alla morte.
Molti suoi allievi, a lui
pone le scienze matematiche in un preciso ordine
gerarchico.
L’aritmetica, quella
che nasce per prima e
studia il numero in se
stesso, trascende le altre
tre (geometria, musica,
astronomia) perché queste
non possono fare a meno
chi non le conosce non
potrà mai vantarsi di apprendere facilmente la più
bella e più divina natura
che Dio abbia concesso
agli uomini di conoscere»
(De Communi mathematica scientia).
(Da Il numero e il divino
a cura di Francesco Romano, ed. Rusconi).
Siamo nel secondo/terzo secolo d.C., tuttavia le
frasi di Giamblico sembrano frasi scritte da uno
scienziato moderno.
Egli vede nell’ordine
matematico filosofico il
fondamento di qualunque
ordine di realtà cercando
di arrivare alla unificazione
della varie scienze.
Nel trattato Teologia
dell’aritmetica Giamblico
definisce i primi dieci numeri naturali che sono visti
matematicamente secondo
le loro proprietà e i loro
legami con altri numeri
naturali cadendo alcune
volte, però, in errori. È
noto che la serie dei primi
dieci numeri naturali è la
seguente: 0, 1, 2, 3, 4, 5,
6, 7, 8, 9; ma al tempo del
filosofo matematico lo zero
era ancora sconosciuto per
cui la serie era definita nel
seguente modo: 1, 2, 3, 4,
5, 6, 7, 8, 9, 10.
Cominciamo la trattazione col numero 1 (uno)
concludendola al numero 5
(cinque). Molto ci sarebbe
da dire ma la breve sintesi
potrà darci i primi concetti
del pensiero di Giamblico e
dei filosofi matematici del
suo tempo.
Palmira, torre funeraria di Giamblico
naggio dell’antica Grecia
ha percorso diversi itinerari
culturali nei vari campi
scientifici e umanistici
del suo tempo cercando di
arrivare ad una linea unitaria del sapere filosofico,
matematico e religioso.
Giamblico riceve le basi
matematiche da Nicomaco
da Gerasa (neopitagorico
del secondo secolo d.C.)
mentre da Anatolio e poi
da Porfirio (filosofo greco
neoplatonico che in età
matura sarà vescovo di
Laudicea) acquista ed elabora i primi elementi della
Teologia dell’Aritmetica.
Giamblico nasce a Calcide in Siria (circa 250 –
circa 330 d.C.) ma scarse
sono le notizie sulla sua
vita.
Non è sicura sia la data
di nascita che quella di
affezionati, diventeranno
celebri nel mondo di allora.
Fra questi, Giuliano, futuro
imperatore.
Giamblico scrive molte
opere ma purtroppo poco di
esse è rimasto; solo alcuni
frammenti sono arrivati a
noi attraverso le citazioni
di Proclo (filosofo platonico di Costantinopoli,
acceso avversario del cristianesimo). Fra le opere,
conservate in parte, la
Teologia aritmetica che è
un insieme di frammenti
fra cui forse alcuni testi
di Anatolio e di Nicomaco
che è l’autore del Manuale
armonico, preziosa opera
sulla musica greca.
Confluiscono nella
cultura di Giamblico tre
tradizioni filosofiche: la
platonica, la neoplatonica
e la neopitagorica. Egli
dei numeri. La geometria
studia le figure in se stesse
e si pone al secondo posto.
La musica studiando i rapporti armonici dei numeri
non può fare a meno dei
numeri stessi. Infine, per
ultima, l’astronomia.
Questa, studiando i
movimenti regolari delle
figure celesti, non può
fare a meno delle figure
geometriche.
In conclusione, tra aritmetica e geometria esiste
una certa affinità come tra
astronomia e musica.
Riferendosi alle matematiche afferma «Chi
abbia acquisito in tal modo
tutte queste matematiche,
costui, io dico, è l’uomo
più sapiente nel più vero
senso della parola, perché
senza i suddetti metodi di
studio delle matematiche,
1 è il principio di ogni
numero ed ha stabilità
perché qualsiasi numero
combinato con 1 mantiene
la stessa forma. Qui sta
una imprecisione; il verbo
“combinare” non sempre è
valido, la definizione per
essere valida occorre che il
verbo combinare sia sostituito dal verbo moltiplicare
o dal verbo dividere. Esempio: 5×1=5 5:1=5; il 5 non
muta mentre 5+1=6 5-1 =4
per cui “combinare” non
è valida per l’addizione e
la sottrazione. I pitagorici
chiamavano il numero
1 anche con il nome del
divino Zeus.
2 se 1 è Zeus, 2 è “la madre di Zeus”. È il numero
che produce “l’infinità” in
quanto dovendo procedere
verso l’infinito si parte con
il 2 cui si aggiunge 1 poi
ancora 1 e così via. Con i
Giamblico in una incisione seicentesca
primi due numeri 1 e 2 si
stabilisce il primo concetto
di maggiore e minore (oggi
noi scriviamo 1<2 e 2>1).
Tra le virtù i pitagorici assimilavano il 2 al “coraggio”
e lo chiamavano anche
“opinione” «perché nella
opinione ci può essere il
vero e il falso» (è questo
il primo principio della
logica moderna).
3 è il primo numero
dispari. Questo numero è
il simbolo della superficie
si che vi sono tre generi
di triangoli: equilatero,
isoscele, scaleno. Il 3 sommato a 1 e a 2 produce 6 che
è il primo numero perfetto
(definizione esatta: il 6 è la
somma dei suoi fattori 1,
2, 3). Il 3 è la prima vera
pluralità. Infatti noi chiamiamo le cose “singole” o
“duali” ma poco “triplici”,
caso mai “plurali”. Per i
pitagorici 3 è anche “amicizia” o “pace”. 3 indica le
età della vita (giovinezza,
età matura, vecchiaia).
4 Giamblico assegna
l’1 all’aritmetica, il 2 alla
musica, il 3 alla geometria,
il 4 alla sferica, (intendendo con tale termine le
figure geometriche solide).
Infatti la piramide è definita il solido più piccolo ed
ha 4 facce.
Di tutti i corpi solidi la sfera è quello più
perfetto. Riferendosi ai
numeri (1, 2, 3, 4) i pita-
gorici chiamavano questo
gruppo “Decade” cioè
“natura eterna e perpetua”
(1+2+3+4=10 è la somma
dei primi quattro numeri del gruppo). 4 sono i
princìpi del cosmo (acqua,
aria, fuoco, terra); 4 sono
le stagioni dell’anno; 4
sono le stagioni dell’uomo
(fanciullezza, giovinezza,
maturità, vecchiaia); 4
sono i punti cardinali; il
4 è chiamato “giustizia”
perché, riferendosi ad Anatolio, il suo quadrato (area)
è uguale al suo perimetro
(definizione impropria
in quanto i due valori si
riferiscono a diverse unità di misura, lunghezza,
superficie).
5 il numero proviene
da 2+3 cioè è la somma
del primo numero pari e
del primo numero dispari
per cui è definito “matrimonio” in quanto 2 è
maschio e 3 è femmina.
Poiché è la metà del 10
(numero divino) il 5 è
definito “semidio”.
Elevato al quadrato e poi
a qualsiasi altro esponente
contiene sempre se stesso.
I poliedri regolari sono
5: tetraedro, esaedro, ottaedro, dodecaedro, icosaedro. Il 5 con il 4 e il 3
forma una terna pitagorica;
infatti 3×3+4×4=5×5 (in
forma attuale: 32+42=52).
D’altronde Giamblico,
maestro neopitagorico, non
poteva dire diversamente.