Mobbing: un fenomeno possibile anche nelle Forze Armate

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FORZE ARMATE
Mobbing: un fenomeno
possibile anche nelle
Forze Armate
Dott.ssa Cosetta Movilli
186° Folgore
P
arlare di mobbing all’interno della Difesa sembra
voler mettere in luce un fenomeno avulso da questo contesto eppure, analizzando le caratteristiche
di questo ambito lavorativo, emerge un’immagine ed una
realtà soggetta, come molte altre, al mobbing. È ovvio
quindi che la conoscenza del fenomeno è la prima prevenzione all’affacciarsi del fenomeno stesso e sensibilizzare l’ambiente e i dirigenti può condizionare il tipo di gestione, attuale e futura, delle risorse umane. Questa gestione avviene all’interno di un’organizzazione gerarchica,
e quindi abbastanza rigida e schematica, ed in un contesto relazionale dove valori, credenze e stereotipi, anche
culturali, si intersecano tra loro; è evidente perciò che una
conoscenza più approfondita del mobbing può diventare
una base non solo di prevenzione ma anche per ricercare
forme di comunicazione che rendano l’interazione più
chiara, assertiva e senza doppi sensi. Analizzando il contesto lavorativo è sempre più evidente, all’interno delle Forze Armate, il cambiamento che si è concretizzato con la fine della ferma obbligatoria e l’inizio di un esercito di professionisti composto di donne e di uomini. Contempora-
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neamente, con la privatizzazione del Pubblico Impiego, è
mutato anche il contesto relativo ai dipendenti civili del
Comparto Difesa i cui bisogni e quelli dell’Amministrazione si sono notevolmente modificati: da una parte nasce
la possibilità di una fattibile carriera e di rendere legittime
le mansioni superiori, dall’altra l’Amministrazione pretende efficienza e professionalità valorizzando le risorse umane tramite la formazione e la possibilità di passaggi verticali e tra le aree. In questa situazione promuovere, motivare e valorizzare il personale che ne fa parte sia militare sia
civile diventa indispensabile. Risulta decisiva una leadership efficace, capace di ottimizzare ogni possibile ed immediata situazione ma soprattutto capace di favorire la comunicazione nei rapporti interpersonali: ottenere quindi
il meglio dalle risorse umane. La personalità di un comandante o di un dirigente ha un ruolo fondamentale
perché, nonostante l’influenza nelle relazioni che, legittimamente e istituzionalmente, deve esercitare, diventa determinante la capacità di saper promuovere la crescita individuale o del gruppo stesso. Se il leader non è efficacemente preparato e/o legittimato le interazioni possono
Mobbing: un fenomeno possibile anche nelle Forza Armate
compromettersi, incancrenirsi e degenerare verso fenomeni di gruppo nocivi fino a regredire in comportamenti anche ingiustificatamente punitivi e tali da ostacolare ogni
possibile carriera. Per quanto riguarda il personale civile,
poi, poter dimostrare la propria professionalità e finalmente avere la possibilità di un avanzamento di carriera
rende la situazione altamente competitiva; subentrano
quindi i problemi connessi alle gerarchie, conflitti, timori
ed invidie per l’ascesa di un collega. In questo contesto caleidoscopico e altrettanto mutevole, all’interno della Difesa, si immette il mobbing come un fenomeno di possibile
realizzazione capace di colpire indistintamente personale
militare e civile. In effetti il mobbing è un fenomeno sociale e, in quanto tale, è favorito dalle insicurezze e dalle
paure di uomini e donne all’interno di un ambito lavorativo. Chi lo subisce spesso non riesce neanche a capire da
chi è generato e perché: viene sopportato, sofferto o respinto a secondo della sensibilità del mobbizzato, della situazione e dell’ambiente.
Perché “mobbing”?
La definizione di “mobbing” è, senza dubbio, uno dei
problemi più delicati in quanto le varie scienze, che hanno cercato di studiare il fenomeno, hanno dato una loro
definizione: medica, giuridica, persino sindacale, ed anche
se sostanzialmente queste definizioni concordano, ognuna, ovviamente, mette in evidenza lo specifico aspetto di
competenza. Diciamo subito che il termine è stato coniato dall’etologo Lorenz in riferimento all’isolamento di un
animale all’interno di un gruppo: to mob significa infatti
prendere d’assalto collettivamente qualcuno cioè assalirlo
con violenza. È un termine quindi molto usato in etologia per descrivere il comportamento aggressivo del branco
nei confronti di un membro del gruppo stesso al fine di
isolarlo oppure di allontanarlo. Inoltre la parola mob deriva anche dal latino “mobile vulgus” che indica il movimento della gentaglia (volgo) intenta ad aggredire qualcuno. Il nome è stato poi utilizzato da altri studiosi del comportamento umano come il Dott. H. Leymann psicologo
tedesco, spesso definito “il padre del mobbing”, e scomI disturbi più comuni del mobbizzato
(dati Università degli Studi di Siena)
Abuso di farmaci
Passività
Fumo
Disturbi della sessualità
Reazioni di aggressività
Ansia
Perdita di memoria
Disturbi del sonno
Attacchi di panico
Depressione
Bulimia
12,3%
8,2%
11,6%
8,2%
11,0%
6,8%
9,6%
6,5%
9,6%
6,2%
9,5%
parso nel 1999. Leymann, trasferitosi in Svezia da ragazzo, ha iniziato studiando il comportamento ostile di alcuni gruppi di bambini all’interno delle scuole. Successivamente, constatando che un tipo simile di comportamento si riscontrava negli ambienti lavorativi, si è specializzato in questo settore. L’interesse per il mobbing, grazie a
Leymann, si è poi diffuso un po’ in tutta Europa: dai Paesi scandinavi alla Germania e, successivamente, negli altri
paesi europei. Nel contesto italiano questo fenomeno viene approfondito da un collega e collaboratore di Leymann, Harald Ege, di origine tedesca, che, attualmente,
lavora a Bologna dove ha fondato nel 1996 l’associazione
PRIMA (Associazione Italiana contro mobbing e Stress
Psicosociale ) per l’assistenza alle vittime del mobbing.
Cos’è il mobbing?
In linea generale con il termine mobbing si intendono
tutti quei comportamenti violenti, aggressivi, premeditati e ripetuti nel tempo da parte di colleghi e/o superiori (i
mobbers) sul posto di lavoro. Questo tipo di vessazione
può realizzarsi tramite parole, gesti, scritti persecutori e
intenzionali che, reiterati nel tempo, ledono i valori umani e professionali. Questo tipo di vessazione indebolisce
l’autostima e, conseguentemente, l’integrità fisica e psichica di una persona fino ad abbrutire il clima aziendale
e mettere in pericolo l’impiego della persona che lo subisce. Da sempre il pregiudizio secondo cui prepotenza, invidia e pettegolezzi fanno parte delle normali interazioni
all’interno dei luoghi di lavoro è stato un luogo comune
difficile da sfatare. Non bisogna però confondere il mobbing con possibili attività ostili che spesso fanno parte delle normali relazioni di gruppo, né confonderlo con la sana competizione tra colleghi dove i protagonisti cercano
di affermarsi attraverso norme non scritte ma che fanno
parte delle cosiddette “regole del gioco”. Ovviamente la
condotta discriminatoria per se stessa non indica mobbing
fino a quando la persona non ne prende consapevolezza
ed è a quel punto che subisce un vero e proprio “terrore”
psicologico sul posto di lavoro. Il mobbizzato non riesce
a reagire nella giusta misura agli attacchi che deve affrontare e pian piano tende a sbagliare quello che quotidianamente ha sempre espletato, magari in maniera egregia;
tende anche a reagire in modo incontrollato facilitando
così ulteriori “offensive” da parte del mobber che appaiono, in tal modo, giustificate. A lungo andare, somatizzando lo stress quotidianamente accumulato, la vittima
diventa esposta a vari disturbi: psicosomatici, di relazione
e dell’umore che possono portare anche a invalidità psicofisica permanente ed al doppio mobbing ossia il coinvolgimento esasperato della famiglia, e principalmente
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del partner, fino a raggiungere disturbi della sfera sessuale
che si concludono, in genere, con il divorzio. Le conseguenze psicofisiologiche, a secondo del disagio subito e/o
della sensibilità della vittima, possono manifestarsi attraverso:
• sintomi fisici (infarto, ulcera o la colite spastica);
• sintomi psicosomatici (tachicardia, attacchi di asma,
cefalee, gengiviti e, in qualche caso persino perdita di
denti);
• sintomi psichici (ansia, attacchi di panico, disturbi
dell’attenzione e della concentrazione, disturbi del Konrad Lorenz
sonno, accessi d’ira, ipocondria);
professionali in grado di far risaltare l’incompetenza
• modificazioni del comportamento: (ossessioni, quali il
del superiore. Alcune indagini effettuate da vari centri
guardarsi sempre alle spalle, anoressia o bulimia, riduantimobbing in Italia hanno evidenziato che, percenzione e perdita della libido).
tualmente, il mobbizzato ha un buon livello di cultuQuando questi sintomi si intensificano sfociando in
ra, ama profondamente il proprio lavoro e vive questa
varie patologie fino a pensieri omicidi e suicidi, diventa
nuova condizione lavorativa in una fascia di età tra i
necessaria un’anamnesi patologica del soggetto e una rac45/50 anni;
colta di dati anamnestici lavorativi. Il soggetto viene sot- • c’è poi il cosiddetto mobbing verticale ascendente, metoposto a test psicodiagnostici di personalità al fine di forno probabile, che avviene quando i colleghi di grado
mulare una prognosi a breve e medio termine; conteminferiore si uniscono contro il superiore gerarchico:
poraneamente, vengono avviate indagini neuropsichiatrispesso nasce da poca stima verso il capo o per ritorsioche. Vanno esclusi, ovviamente, disturbi pregressi riconne a causa di atteggiamenti sbagliati o poco chiari;
ducibili all’abuso di farmaci, di alcolici, di sostanze stupe- • si parla, inoltre, di mobbing pianificato, chiamato anfacenti o a sindromi di natura schizofrenica
che bossing, che si realizza quando l’Azienda mette in
atto una strategia per rendere la vita impossibile ad un
Scopo, cause e tipi di mobbing
dipendente sgradito, con il fine di un suo licenziamento senza interventi sindacali. Questo tipo di mobLo scopo del mobbing spesso non è chiaro e, sopratbing è tipico nelle Aziende bancarie dove, in percentutto, non è mai uno solo: molte volte è il mezzo per altuale, le denuncie da mobbing sono più elevate.
lontanare una persona “scomoda”, distruggendola psicoPer quanto sopra, è certo che questo fenomeno si spielogicamente e socialmente in modo da procurarne il li- ga solo in un contesto lavorativo dove il desiderio di carcenziamento o le dimissioni. Le cause sono quasi sempre riera elimina la solidarietà, dove la sana competizione dilegate alla competizione interna oppure dovute semplice- venta letale antagonismo, dove le ambizioni non sempre
mente ad antipatia; frequentemente prende origine dalla sono sostenute dalle stesse capacità lavorative e rendere
concorrenza lavorativa o dal mero rifiuto della vittima di impossibile la carriera a chiunque altro diventa essenziale.
sottomettersi a regole che non condivide. Anche la sem- Ovviamente se questo è il contesto, ogni luogo lavorativo
plice incompatibilità di carattere all’interno di un gruppo diventa una possibile sorgente di mobbing e la Pubblica
lavorativo, alle lunghe, può portare ad una esasperazione Amministrazione, in generale, non ne rimane esclusa protale il cui esito si trasforma in mobbing.
prio perché al suo interno la brama di carriera può far
Questo fenomeno può manifestarsi in vari tipi:
emergere la comparsa di una situazione lavorativa alta• in linea generale si parla di mobbing orizzontale quan- mente conflittuale in cui una persona può essere vessata
do l’emarginazione viene posta in essere dai colleghi; con azioni persecutorie non solo al fine di arrecargli danpuò anche svilupparsi da una dinamica psicologica di ni di vario tipo ma anche per allontanarlo dal gruppo stesgruppo per scaricare su un capro espiatorio le gelosie so. Spesso si verifica grazie alla combinazione di più caudi lavoro, oppure, al fine di impedire ad alcuni colle- se scatenanti quali, ad esempio, una cattiva gestione delle
ghi l’avanzamento di carriera;
risorse umane oppure affidare mansioni poco definite o
• si parla invece di mobbing verticale quando le azioni approssimative tali da generare scontri personali. All’inmobbizzanti sono messe in atto, direttamente o me- terno del gruppo di lavoro possono, inoltre, operare alcuno, da un superiore gerarchico. Possono scaturire da ni soggetti negativi con caratteri così fortemente aggressigelosie perché magari il dipendente ha elevate capacità vi da considerarsi potenziali mobbers.
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Mobbing: un fenomeno possibile anche nelle Forza Armate
Il cast di “The Office” popolare sitcom della BBC
Quanto costa il mobbing?
Se poi si vuole esaminare il mobbing prescindendo dalle varie patologie che il lavoratore può subire, ciò che balza agli occhi è il danno che l’Amministrazione, in termini materiali, deve affrontare direttamente. Alcuni studi
hanno dimostrato che la violenza morale, in media, fa salire l’assenteismo in azienda dal 23% al 34%. Secondo H.
Ege infatti, a ben guardare, l’Amministrazione sostiene
economicamente il 100% della paga sia del mobbizzato
sia del mobber.
Il primo deve essere retribuito nonostante le continue
e sempre più lunghe assenze dovute ai vari disturbi conseguenti il disagio lavorativo sofferto; deve anche essere
sostituito nel lavoro, durante le sue assenze, e chi lo fa
spesso ricorre allo straordinario sia perchè non conosce a
sufficienza il lavoro sia perché questo, nel frattempo, si è
accumulato. Anche il mobber viene retribuito sebbene
spenda molto del suo tempo a cercare strategie mobbizzanti anziché lavorare utilmente per l’Amministrazione.
Può inoltre indurre il mobbizzato a sbagliare creando così non solo danni alla vittima ma anche all’Ente stesso. Se
poi l’Amministrazione viene citata in giudizio subisce un
calo d’immagine, deve affrontare spese legali e se perde la
causa deve risarcire la vittima. In ultima analisi anche l’intera collettività subisce i costi diretti e indiretti conseguenti il fenomeno del mobbing.
Cosa è necessario fare?
Il primo rimedio è la prevenzione ovvero fare informazione sul fenomeno. Conoscere il mobbing vuol dire
saperlo affrontare nella giusta maniera da ambo le parti.
Dall’Amministrazione, ossia da parte del Comandante
e/o del dirigente che, con Decreto Legislativo
n.165/2001, nell’organizzazione degli uffici e nella gestione delle risorse umane ha “poteri e capacità simili a quelli dell’imprenditore privato” e quindi è soggetto a quanto
stabilito dall’art.2087 del c.c., ovvero nelle sue funzioni
dirigenziali è responsabile giuridicamente in quanto deve
adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori. Da parte della vittima o di colui che crede di esserlo, conoscere il fenomeno vuol dire
sapersi relazionare per affrontare il problema e, se necessario, aver ben chiaro a chi rivolgersi per un aiuto concreto. La necessità di dare vita a nuove ed adeguate iniziative
tese a contrastare questo fenomeno è stata sollecitata dal
Parlamento europeo che, prendendo atto di tale sintomatologia, ha emanato una Risoluzione, in data 20 settembre 2001, con la quale richiama l’attenzione degli Stati
membri ad intervenire per contrastare il mobbing operando principalmente nella prevenzione e cercando di elaborare, con la collaborazione delle parti sociali, adeguate
strategie di lotta. Nella fattispecie, per quanto riguarda il
settore della Pubblica Amministrazione, l’ultimo contratto collettivo nazionale del comparto ministeri - riconoscendo la necessità di dare vita ad iniziative capaci di ostacolare e prevenire questo fenomeno - ha introdotto la costituzione di specifici Comitati paritetici in ogni amministrazione con il compito di individuare le possibili cause
del mobbing, formulando azioni positive circa la prevenzione e la definizione di codici di condotta.
Viene, fra le altre cose, introdotta la figura del consigliere di fiducia e valutata l’opportunità di attuare idonei
interventi formativi del personale al fine di favorirne la
coesione ed il rispetto. Il miglior contrasto al fenomeno
del mobbing rimane, quindi, la prevenzione per sensibilizzare e sostenere una consapevolezza delle possibili conseguenze del fenomeno tramite la sua conoscenza all’interno di ogni contesto lavorativo. Personalmente, avendo
seguito corsi specifici sull’argomento e tenuto un briefing
nell’Ente dove svolgo la mia attività lavorativa, ho notato
che gli astanti, inizialmente, denotano una certa ritrosia di
fronte alla questione prima che questa venga approfondita, sembra quasi che il non parlarne possa scongiurare il
pericolo del suo verificarsi.
Solo dopo aver analizzato il mobbing nei suoi aspetti
preminenti, compreso rendere noto che accusare l’Amministrazione di mobbing senza prove certe è un atto illecito decretato dalla Suprema Corte di Cassazione con
sentenza n. 143 del 2000, l’interesse verso la materia diventa più concreto. Per quanto sopra, dato che a monte
di un comportamento patologico caratterizzato da nevrosi o psicosi, vi è una comunicazione contraddistinta da incomprensioni, paradossi ed interazioni superficiali, credo
sia interesse di ogni Ente e quindi di ogni Comandante
formare del personale quale referente antimobbing ed in
grado di rendere noto il fenomeno, tramite assemblee o
briefing, senza enfatizzarlo né sottovalutarlo ma al fine di
contenere qualsiasi focolaio cerchi il suo propagarsi nel
contesto lavorativo.
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