INTRODUZIONE AL DIRITTO SINDACALE
A tutti gli iscritti Uilcem di Gela e’ corretto dare una base di concetti e terminologie di natura sindacale
che, come ribadito in più sedi e incontri, ognuno di noi nel nostro piccolo, con le proprie competenze e
capacità potrà dare per arricchire il nostro collettivo bagaglio culturale, ma soprattutto il progetto che la
Uilcem di Gela vuole portare avanti....... formazione ed informazione continua.
Il diritto sindacale è quella parte del diritto del lavoro che riguarda il sistema di norme strumentali, poste
dallo Stato o dalle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori, che, nelle economie di mercato,
disciplinano la dinamica del conflitto di interessi,derivante dalla ineguale distribuzione del potere nei
processi produttivi.
Il diritto sindacale riflette nella propria evoluzione quella contrapposizione tra capitale e lavoro che fu una
delle più specifiche conseguenze della rivoluzione industriale.
Caratteristica essenziale dell’organizzazione della vita produttiva nell’epoca moderna e della struttura
sociale che ne deriva, è l’esistenza di un conflitto di interessi attuali, tra i lavoratori e le associazioni degli
industriali, da cui noi dipendiamo.
Nel nostro caso tutte le aziende presenti nel territorio gelese che si occupano di chimica, energia e
manifatturiero, disponendo dei mezzi di produzione e quindi del potere di decisione sulla loro
organizzazione ed utilizzazione , hanno, nei confronti dei lavoratori, dotati della sola “forza lavoro”, una
posizione di preminenza per contenere e contrastare la quale sorge, appunto, l’Organizzazione Sindacale
Uilcem.
Il conflitto infatti si manifesta anche in imprese di proprietà pubblica o privata, piccole o grandi che siano,
non controllate da proprietari o azionisti ma da dirigenti o da manager.
Gli studi di diritto sindacale hanno lo stesso oggetto di un’altra disciplina chiamata “Relazioni
industriali”.
Si tratta di un sottosistema del sistema sociale consistente nell’insieme delle interrelazioni fra tre
soggetti: gli imprenditori, i prestatori di lavoro organizzati e gli organi pubblici- che agiscono in un
contesto ampio e articolato di variabili economiche, politiche, tecnologiche e normative il cui risultato è,
a sua volta, un complesso di norme dirette a regolare il sistema produttivo creando un meccanismo di
controllo su di esso.
Ma sempre seguendo un insegnamento teorico - ad ogni istituzione, corrisponde un ordinamento
giuridico(e viceversa) - possiamo dunque rilevare che le relazioni industriali sono rette da un
ordinamento che si è convenuto chiamare ordinamento intersindacale. Esso ci consente di leggere le
costanti di comportamento tipiche di ciascun sistema di relazioni industriali come effetto
dell’applicazione di norme proprie di quest’ultime.
L’applicazione di tali norme assume una rilevanza primaria che viene chiamata effettività. Può
addirittura accadere che l’attuazione(e quindi l’applicazione)della norma formalmente valida, divenga
oggetto di una mediazione politica e che specie nei periodi di maggiore turbolenza sociale, tale
mediazione possa persino svolgersi sull’opportunità o meno di dare ad essa applicazione.
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Venuto meno il periodo corporativo(1926-1944) e l’emanazione della Costituzione del 1948, che ha
introdotto principi fondamentali – in primo luogo la libertà sindacale(art. 39) , in Italia il legislatore si è
astenuto per un lungo periodo dall’intervenire in materia di rapporti sindacali. Solo dopo un ventennio è
stata emanata la legge n.300/1970(c.d. Statuto dei lavoratori) recante norme sulla tutela della libertà e
dignità dei lavoratori, nonché della libertà e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro.
Il tentativo di governare le epocali trasformazioni del sistema produttivo comune a tutti i Paesi sviluppati
ha indotto le istituzioni pubbliche ad intervenire in campi fino ad allora occupati dal libero gioco tra le
contrapposte forze sociali. In Italia ha fatto si che per tali interventi si cercasse , per quanto possibile, il
consenso delle maggiori organizzazioni sindacali tra cui la UIL.
Questa connessione tra azione dei pubblici poteri e azioni delle parti sociali via via più stretta e più
complessa che in Italia ha assunto le forme della Concertazione sociale.
L’esperienza storica, ha messo in evidenzia la carenza, nelle nostre relazioni industriali, di un sistema di
regole certe per la individuazione dei soggetti legittimati alla trattativa, alla composizione delle
controversie, alla proclamazione e allo svolgimento degli scioperi.
Un importante contributo a tale soluzione certamente viene dall’accordo del 23 luglio 1993 che ha
individuato con precisione i soggetti titolari dei poteri di rappresentanza e l’architettura del sistema di
contrattazione collettiva
Tale carenza non era avvertita quando il sistema delle relazioni industriali era fondato e garantito dalla
posizione egemonica delle tre grandi confederazioni generali dei lavoratori. Il potere di mediazione e di
controllo esercitato da queste ultime garantiva da solo il rispetto del nucleo essenziale di regole.
I profondi mutamenti del sistema economico e produttivo già accennati hanno prodotto un indebolimento
di tale posizione egemonica, insidiata dall’insorgere dei sindacati “autonomi” che spesso sono entrati in
contrasto con le tre confederazioni generali.
La necessità di rinnovare le ragioni di compattezza, interne ed esterne all’organizzazione, ha posto in
primo piano due problemi omologhi tra loro. Il primo è quello dell’individuazione della rappresentatività
effettiva, e cioè il rapporto tra il sindacato e la totalità del gruppo professionale di categoria. Il secondo
riguarda, nell’ambito dell’organizzazione, i rapporti tra base e vertice, tra aderenti e dirigenti.
Ringranziandovi per l’attenzione da voi dedicata vi porgo i miei più cordiali saluti.
GIUSEPPE BREX
GELA 05-12-2008
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