il benessere degli insegnanti: studi e considerazioni

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Convegno MIUR 8-9 novembre 2012
"PROMUOVERE IL BENESSERE A SCUOLA"
esperienze ed indicazioni per prevenire lo stress da lavoro correlato (DM 81)
Aula Magna I.T.I.S. Galileo Galilei -Roma
Intervento di Nicola Comberiati, vicepresidente A.P.E.F.
IL BENESSERE DEGLI INSEGNANTI: STUDI E CONSIDERAZIONI
“Ciò che manca alla nostra epoca è la passione” – osservava Kierkagaard. Ma la passione
è un gioco di affetti profondi, di motivazioni ideali, di coinvolgimento emotivo. Proprio
quanto è necessario per la professione docente, tra le professioni nobili e difficili, capace
di dare un senso alla propria vita.
L’insegnante, impegnato quotidianamente ad essere un analista di dinamiche affettive e di
crescita umana, rischia di “alienarsi”, si può ammalare o semplicemente può lasciarsi
trascinare in una dimensione di mediocrità, di perdita delle motivazioni ideali che lo hanno
spinto a scegliere questa professione.
I punti positivi del suo lavoro sono tanti:
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E’ un lavoro “politico” (di interesse verso la polis) che abitua alla libertà e al
pensiero critico: può costituire e soddisfare il senso ideale della vita di un docente
E’ un lavoro che trasmette i contenuti della cultura, della civiltà, della democrazia
Si diventa costruttori di esseri umani che superano la semplice razionalità della
sopravvivenza e della biologicità per entrare nel mondo della ri-creazione del
mondo attraverso la scienza e l’arte;
Si passa la propria vita a confrontarsi con le nuove generazioni e si mantiene desto
un senso di giovinezza e di ricerca continua anche quando si invecchia;
Si può dire, alla fine della carriera, che ne è valsa la pena vivere, perché abbiamo
realizzato il logos nel rapporto e lasciato onde di sapienza che si perpetueranno.
Ma è una professione che richiede identità e coscienza del sé
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individualmente, perché il suo compito – quello dell’insegnamento-apprendimento
– lo investe e lo coinvolge nelle sue dimensioni inconscie, coscienti e
comportamentali;
collettivamente perché deve lottare per la trasformazione di strutture più idonee a
valorizzarne la professione;
socialmente perché è investito più degli altri delle grandi trasformazioni sociali, che
scuotono la società e mettono in crisi il modo tradizionale di trasmettere dei
contenuti costringendolo ad essere nel suo mestiere un laboratorio della
complessità sociale, dove quotidianamente si sperimentano i grandi flussi migratori,
i cambiamenti di stili cognitivi, le incertezze del futuro, le trasformazioni etiche e
motivazionali.
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Per realizzare tutto questo, o almeno camminare su un binario di ricerca, è
necessario che si consolidi una cultura organizzativa istituzionale in cui il docente sia
supportato da formazione, gratificazione, ambiente validante e strumenti di ricerca.
Il docente è un mediatore culturale che amplia i segni linguistici e crea significati di cultura
e di valori. Egli non è una monade: la sua realizzazione cresce all’interno di
una progettazione flessibile di ambienti, persone, contenuti che contribuiscono a
realizzare un clima positivo per la realizzazione di quegli obiettivi che l’istituzione si è
prefissata (cultura organizzativa).
Per non ammalarsi il docente deve avere successo o portare al successo formativo gli
esseri umani che gli vengono affidati.
La cultura dell’organizzazione deve perciò trasformarsi in organizzazione
dell’apprendimento-insegnamento organizzativo o “fertilizzazione” delle conoscenze che
non è altro che il risultato dinamico dell’insieme dei processi organizzativi, di
comunicazione, di informazione, di apprendimento che pervadono l’intera azienda (=leggi
dell’organizzazione) e che consentono di accumulare un saper fare (Know how) distintivo.
L’insegnamento organizzativo è un momento importante per organizzare atmosfere
culturali, benessere psichico, superamento del malessere e del solipsismo didascalico.
Ogni insegnamento organizzativo non può fare a meno di una progettualità, che richiede:
1. Ricerca psicologica
2. Ricerca sociologica: rilevamento domanda in termini di allarmi sociali (appeli
europei, Lisbona, Riforme)
3. Ricerca metodologico-didattica e disciplinare (come strategie idonee)
4. Ricerca epistemologico-disciplinare: efficienza degli strumenti-discipline.
5. Forza del dubbio-mettersi in discussione
6. Nuova progettazione
E’ questo insegnamento apprendimento organizzativo
si traduce poi in
apprendimento individuale e determina il successo professionale e il benessere
degli insegnanti.
Dal burnout al benessere: gli studi della psicologia positiva
La Maslach (1992) aveva individuato tre dimensioni di malessere negli insegnanti:
1) esaurimento emotivo, una sensazione di costante frustrazione e saturazione emotiva, 2)
depersonalizzazione, il sentirsi oscillanti tra l’io e gli altri; 3) ridotta realizzazione
professionale.
Qualche studioso (Guglielmi 2010) ha fatto intravvedere come il cinismo, ossia il
disinteresse verso la vita lavorativa sia un esito drammatico nelle relazioni scolastiche.
Nella letteratura tradizionale si discuteva quanto i fattori individuali incidessero
sull’insorgere del disagio professionale dei docenti, e se fosse più accentuato nei primi
anni di servizio e in età lavorativa avanzata.
Negli ultimi tempi lo studio degli specialisti della Psicologia Positiva (Seligman, 2000) si
è concentrato sulle condizioni favorevoli che permettono lo sviluppo delle proprie
potenzialità come realizzazione e soddisfazione personale contro il disagio.
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Sempre più si sta confermando l’importanza dell’ambiente validante (organizzazione,
formazione, lavoro di équipe, progettazione condivisa…)
Si è sviluppato uno studio sul benessere
in una prospettiva eudaimonica, sviluppo del proprio benessere attraverso
le opportunità offerte dall’ambiente;
e in una prospettiva edonica, che si riferisce alla dimensione affettiva e a
quella psicofisica, nel senso di piacere e soddisfazione.
Conclusioni
1. La rete di supporto sociale degli insegnanti determina significativi effetti sul burnout
e sulla sfera emotiva.
2. Il supporto sociale è stato definito dagli studiosi come una transazione
interpersonale basata su un tipo di aiuto sia emotivo che tangibile (Antonucci, 1988)
e come un costrutto essenziale nel determinare la qualità delle relazioni
nell’ambiente in cui si vive (Vaux, 1988).
3. Il lavoro dell’insegnante è una “professione relazionale”( Lombardi, 2006) e come
tale è influenzata fortemente dai rapporti che si instaurano a scuola e dalla rete di
sostegno a disposizione nelle situazioni complesse sul luogo di lavoro.
4. Recenti studi (Consiglio, Bergonzi, 2007) hanno dimostrato che il supporto dei
colleghi, dei genitori degli alunni, del dirigente, della famiglia e degli stessi allievi,
anche se spesso sono conflittuali, possono prevenire e promuovere benessere
negli insegnanti, proteggendoli in particolare dalla dimensione della
depersonalizzazione.
5. Il supporto sociale è un potenziale fattore di protezione per il benessere degli
insegnanti e favorisce l’adattamento professionale, inteso come assenza di
malessere (Drago, 2006)
Interessante la meta analisi di Halbesleben (2006): più le risorse di supporto sociale sono
rinforzate, maggiore è l’immagine positiva che si ha di sé.
Il supporto scolastico promuove benessere in ambito professionale (fonti di
sostegno esterne).
Il supporto extrascolastico compensa meglio problemi di depersonalizzazione e
di insoddisfazione personale (fonti di sostegno interne).
L’impatto del supporto sociale, ricevuto in particolare dai colleghi, contribuisce a
prevenire il rischio del burnout (Greeglass etc, 1997, ricerca su 833 insegnanti canadesi),
mentre la mancanza di supporto da parte dei colleghi e dei dirigenti ha un significativo
effetto sulle loro convinzioni di autoefficacia e sul burnout (ricerca su 277 insegnanti
olandesi).
Una valutazione positiva dei genitori è un’importante cornice di riferimento per
l’autovalutazione degli insegnanti e l’auto percezione (Pazzaglia, Ronconi 2010): le
strategie educative e la soddisfazione lavorativa non sono in relazione diretta ma sono
mediate dalle influenze positive di riflessione che gli insegnanti ricevono dal lavoro con gli
studenti, con i colleghi e dalla loro autoefficacia, ovvero dal credere in se stessi e dal
sentirsi capaci di far fronte alle difficoltà scolastiche.
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Da ciò si deduce che:
sono necessari programmi di partecipazione formativa per i docenti:
1. la creazione di gruppi di ricerca e di progettazione,
2. la rivitalizzazione dei momenti della discussione, condivisa sul contenuto delle
esperienze lavorative, in modo da potenziare le proprie competenze nell’ottica di un
miglioramento del benessere individuale e organizzativo.
Le competenze e l’intelligenza emotiva degli insegnanti
Molti studiosi hanno rilevato che la gestione delle emozioni è determinante per il
benessere psicologico degli insegnanti nella vita quotidiana e che egli deve possedere,
oltre alla professionalità della propria disciplina, una serie di competenze emotive che
determinano la sua “intelligenza emotiva”.
Per “intelligenza emotiva” Mayer (1990) intende la valutazione, l’espressione, la
regolazione e utilizzazione delle emozioni.
Si considera l’intelligenza emotiva come un set di abilità cognitive, con cui ci si
abilita a percepire, utilizzare, comprendere e regolare le emozioni per gestire
problemi personali e interpersonali.
Carolyn Saarni (1999) ha individuato otto competenze emotive:
1. La consapevolezza del proprio stato emotivo;
2. l’abilità di riconoscere le emozioni degli altri;
3. l’abilità di usare il vocabolario emotivo e le espressioni culturali disponibili
nella propria cultura;
4. la capacità di coinvolgimento empatico;
5. la capacità di distinguere tra stati emotivi manifestati e provati effettivamente;
6. la capacità di far fronte a emozioni a valenza negativa attraverso l’utilizzo di
strategie di autoregolazione;
7. la consapevolezza che la natura delle relazioni è definita dal modo in cui le
emozioni sono comunicate all’interno della relazione;
8. l’autoefficacia emotiva.
E’ chiaro a tutti che il benessere emotivo degli insegnanti è una condizione
necessaria per la costruzione del proprio benessere e per quello degli alunni oltre ad
essere determinante per raggiungere un maggior senso di autoefficacia (Day e
Qing,2009).
Ricerche del 2008 (Albanese) hanno dimostrato che in situazioni di violenza gli insegnanti
avrebbero regolato in modo positivo le emozioni sul versante della riconciliazione piuttosto
che su quello del rimprovero (buona regolazione delle emozioni dei docenti).
Insomma, la scuola si sta riscoprendo per i giovani come una grande palestra di speranza
e gli insegnanti – come risulta da molti studi – sono molti più efficaci di quanto una certa
opinione pubblica li dipinga e la loro professione comincia ad essere considerata non solo
fonte di conflitti ma una preziosa occasione per dare un senso ideale alla propria vita.
Nicola Comberiati
Dirigente Scolastico e psicologo
Vice presidente dell’A.P.E.F
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