Libertà va cercando... Echi dal mondo antico Emidio Spinelli - Sapienza/Università di Roma - "Romanae Disputationes 2014" 8 ottobre 2014 TI. Platone, Repubblica, 617d-e (tr. M. Vegetti) Anime effimere, inizia un altro periodo di generazione mortale, foriera di morte. Non sarà un demone a scegliere voi, ma voi sceglierete il demone. Il primo indicato dalla sorte per primo scelga il tipo di vita cui sarà necessariamente vincolato. La virtù non ha padrone, e ognuno ne avrà una parte maggiore, se le tributerà onore, o minore nel caso contrario. La responsabilità è di chi sceglie: un dio non è responsabile. T2. Platone, Timeo, 30b-c (tr. F. Trabattoni) Così dunque, secondo un ragionamento verosimile, bisogna affermare che questo mondo [...] è stato davvero generato secondo il disegno della divinità. T3. Platone, Leggi, 904c (tr. F. Trabattoni) Tutto ciò che è partecipe di anima cambia, possedendo in se stesso la causa del cambiamento, e mutandosi si muove secondo l'ordine e la legge del destino. T4. Aristotele, Etica Eudemia, 1122b41-1223al-9 (tr. C. Natali) Di conseguenza, siccome alcune delle cose del mondo possono anche essere all'opposto, è necessario che anche i loro principi siano di questo tipo. Infatti ciò che deriva da realtà necessarie è necessario, ma le cose dette prima possono anche essere diversamente, e molte di quelle dipendono dagli esseri umani, i quali sono principi di realtà di tale tipo. Quindi è chiaro che le azioni di cui l'uomo è principio e padrone hanno la possibilità di avvenire e non avvenire, e che dipende da lui che avvengano o non avvengano quelle cose delle quali egli è padrone dell'essere e del non essere. Quindi di ciò che dipende da lui compiere o non compiere, egli è causa/responsabile, e ciò di cui è causa/responsabile dipende da lui. T5. Aristotele, Etica Nicomachea, lllla22-24 (tr. C. Natali) Siccome è involontario ciò che avviene per forza o per ignoranza, il volontario sembrerebbe essere ciò di cui il principio è nell'agente stesso quando costui conosca i singoli aspetti nei quali l'azione si verifica. T6. Aristotele, Etica Nicomachea, 1113b8-13 (tr. C. Natali) Infatti in ciò in cui dipende da noi l'agire, dipende da noi anche il non agire, e in ciò in cui dipende da noi il no, dipende da noi anche il sì. Di modo che, se l'agire, quando è bello, dipende da noi, dipenderà da noi anche il non agire, quando è turpe, e se dipende da noi il non agire, quando è bello, dipenderà da noi anche l'agire, quando è turpe. Se quindi dipende da noi compiere le azioni belle e le azioni turpi, ed allo stesso modo anche il non compierle, e questo è ciò che avevamo detto essere ciò in cui consiste la bontà e la cattiveria, dipenderà da noi, allora anche l'essere persone dabbene o dappoco. T7. Aristotele, Etica Nicomachea, 1112a32-34 (tr. C. Natali) Si pensa che natura, necessità e caso siano delle cause, e inoltre lo siano l'intelletto e tutto ciò che è compiuto dall'uomo. I singoli individui deliberano sulle cose che possono essere compiute ad opera loro. T8. Aristotele, Etica Nicomachea, 1114b30-1115a3 (tr. C. Natali) Invece non sono volontari allo stesso modo le azioni e gli stati abituali: noi siamo padroni delle nostre azioni dal principio fino alla fine, se conosciamo le condizioni particolari dell'agire; per gli stati abituali siamo padroni del loro inizio, ma ciò che si aggiunge in ogni singolo caso non ci è noto, come avviene anche nel caso delle malattie. Ma siccome dipende da noi esserne soggetti o no, sono volontari per questo. T9. Lucrezio, La natura, II 216-229 (tr. F. Giancotti) A tale proposito desideriamo che tu conosca anche questo: / che i corpi primi, quando in linea retta per il vuoto son tratti / in basso dal proprio peso, in un momento affatto indeterminato / e in un luogo indeterminato, deviano un po' dal loro cammino: / giusto quel tanto che puoi chiamare modifica del movimento. / Ma, se non solessero declinare, tutti cadrebbero verso il basso, / come gocce di pioggia, per il vuoto profondo, / né sarebbe nata collisione, né urto si sarebbe prodotto / tra i primi principi: cosi la natura non avrebbe creato mai nulla. / Ma, se per caso qualcuno crede che i corpi più pesanti, / più celermente movendosi in linea retta per il vuoto, / cadano dall'alto sui più leggeri e così producano urti / capaci di provocare movimenti generatori, / forviato si discosta lontano dalla verità. T10, Lucrezio, La natura, II 284-293 (tr. F. Giancotti) Perciò anche negli atomi occorre che tu ammetta la stessa cosa, / cioè che, oltre agli urti e ai pesi, c'è un'altra causa / dei movimenti, donde proviene a noi questo innato potere, / giacché vediamo che nulla può nascere dal nulla. / Il peso infatti impedisce che tutte le cose avvengano per gli urti, / quasi per una forza esterna. Ma, che la mente stessa / non abbia una necessità interiore nel fare ogni cosa, / né, come debellata, sia costretta a sopportare e a patire, / ciò lo consegue un'esigua declinazione dei primi principi, / in un punto non determinato dello spazio e in un tempo non determinato. TU. H. JONAS, Problemi di libertà, a cura di Emidio Spinelli, con la collaborazione di Angela Michelis, Nino Aragno Editore, Torino 2010, p. 55 (p. 77...) IV./ Si può affermare che la Stoa sia la prima scuola filosofica a dedicare esplicita attenzione alla libertà come problema e come scopo per l'uomo. Aristotele si occupava semplicemente del fatto che, delle nostre azioni, alcune sono volontarie e altre involontarie, alcune di natura mista e così via, e non si può dire che in Aristotele incontriamo un problema della libertà umana. Ciò che troviamo è una descrizione di tipi di azione umana, che ricadono sotto l'una o l'altra classe di atti, ad esempio azioni libere, azioni non libere e azioni in parte libere, in parte non libere, ecc. / /(p. 78) Il problema della libertà può presentarsi in connessione con la concezione di una legge universale di tutte le cose. Vale a dire, è nel confronto con una dottrina del determinismo universale o nel confronto con un'universalizzazione del concetto di causa 1 che il problema della libertà per la prima volta appare in quanto problema, nel senso di stabilire se la libertà sia possibile oppure no e se sì in che modo, senza violare un principio che è altrimenti tanto strettamente stabilito quanto il principio della determinazione universale risultava essere nella filosofia stoica. Sotto certi aspetti, dunque, il problema della libertà nella filosofia stoica è un problema auto-generatosi nella misura in cui gli stoici, che attribuirono un valore così alto alla libertà umana, furono quegli stessi che enfatizzarono anche con tanta energia il principio di una legge causale universale e inoppugnabile. T12. Cleante, Inno a Zeus (Stoicorm Veterum Fragmenta I 537, tr. R. Radice) 0 Zeus, il più nobile degli immortali, dai molti nomi, sempre onnipotente, signore della natura, che governi ogni essere secondo la legge, salve! È un diritto di tutti i mortali rivolgersi a te. Noi veniamo da te e abbiamo in sorte un'immagine del suono, noi soli fra tutti i viventi che si muovono sulla terra. Ti dedico il mio canto e sempre inneggerò alla tua potenza. A te obbedisce tutto il nostro cosmo che ruota intorno alla terra; dovunque lo conduci, volentieri ti si sottomette, perché tu hai nelle tue mani invincibili uno strumento: la folgore forcuta, infuocata, sempre viva. Sotto il tuo colpo tutti gli eventi naturali si compiono. Con esso tu regoli il Logos comune che dovunque si aggira, mescolandosi sia ai lumi grandi che ai piccoli; grazie a esso tu sei divenuto re supremo del tutto. Senza di te, o dio, niente avviene sulla terra né nell'etereo cielo divino né nel mare, tranne i disegni che i malvagi con le loro follie mettono in atto. Ma tu gli eccessi sai ridurli a misura, il disordine all'ordine e le cose ostili sai renderle amiche. Così, tutto hai reso in unità, il bene e il male, affermando un unico Logos eterno per tutte le cose. Però, alcuni mortali che sono malvagi lasciano fuggendo questo Logos. Miseri! Eppure non smettono di desiderare i beni, ma intanto non guardano alla legge universale di dio, né danno ascolto a chi renderebbe la loro vita serena secondo ragione, se solo gli dessero retta. Eccoli allora stoltamente vagare di male in male gli uni guadagnandosi angosciosi contrasti per amore della fama; gli altri per il guadagno, agitandosi fuor di misura, altri ancora lasciandosi andare ai piaceri e alle piacevolezze del corpo. Comunque, nei mali si imbattono, trascinandosi dall'uno all'altro, votandosi a cose che sono proprio l'opposto di queste che tu vuoi. Ma tu o Zeus, dispensatore di tutti i doni, addensatore di nubi, dalla vivida folgore, libera gli uomini dalla rovinosa ignoranza; poi, o padre, scacciala dall'anima e fa sì che alfine si incontri la sapienza a cui tu stesso ti affidi per governare il tutto secondo giustizia. In tal modo, fatti oggetti d'onore, con onore ti ricambiamo, celebrando senza posa le tue opere, come è giusto che faccia chi è soggetto a morte, dato che non v'è distinzione maggiore per gli uomini e perfino per gli dei, che levar inni nella giusta disposizione d'animo alla legge universale. T13. Ps.-Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, 1.21 (=SFF II 975=DDG, p. 571,11, tr. R. Radice) Essi [Crisippo e Zenone] dimostravano la tesi che tutto avviene secondo il fato ricorrendo a questo esempio. Se si lega un cane ad un carro, se il cane vuole seguirlo, ad un tempo segue ed è trascinato, compiendo così un atto di autonoma libertà e pure conforme a necessità. Se però si rifiuta di seguirlo, è trascinato e basta. Lo stesso vale per gli uomini: quand'anche non lo volessero seguire andrebbero comunque là dov'è il loro destino. T14. Epitteto, Diatribe, IV 1 [Sulla libertà], §§ 99-101 (tr. R. Laurenti) In che senso dici «unirsi»? Così: quel che Dio vuole anch'egli vuole, e quel che Dio non vuole, neppur egli vuole. E come ottener questo? Altrimenti, forse, che osservando i disegni di Dio e il suo governo? Che cosa mi ha dato di veramente mio, di mio proprio arbitrio e che cosa si è lasciato per sé? Le cose dipendenti dalla mia volontà le ha date a me, le ha fatte soggette a me, prive di ostacoli e di impedimenti. Ma il corpo, ch'è di fango, come poteva farlo privo d'impedimenti? Quindi l'ha sottoposto al moto periodico dell'universo, come i beni, le masserizie, la casa, i figli, la moglie. E perché scendo in lotta con Dio? Perché voglio cose che non rientrano nell'ambito della volontà, cose che non m'è stato assolutamente concesso di avere? Ma come devo volerle? Com'è stato concesso e per quanto si può. Ma chi le ha date se le riprende. E perché mi oppongo? Dico che non solo sarò sciocco ricorrendo alla violenza contro chi è più forte, ma anche, e soprattutto, ingiusto. T15. Cicerone, Il fato, XI26 (tr. S. Maso) Similmente non va ricercata una causa esterna per i moti volontari dell'animo; infatti il moto volontario ha in sé stesso una natura tale per cui è in nostro poter e ci obbedisce, e non è senza causa: difatti è la natura stessa che è causa di ciò. T16. Plotino, Enneadi, HI 1 [3], 10,10-15 (tr. F. Trabattoni) Ma le azioni migliori le compiamo da noi stessi: questa è infatti la nostra natura quando siamo soli. I virtuosi compiono belle azioni , agendo per sé; gli altri, invece, compiono belle azioni nella misura in cui è loro concesso un attimo di respiro [...] nel senso che non vengono ostacolati. 2