brano dalla Metafisica di Aristotele

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Il libro VII della Metafisica, insieme all’VIII e al IX, appartiene alla fase più matura della riflessione di Aristotele sul problema
dell’essere. In questi scritti egli elabora la nozione di filosofia prima come studio dell’essere in quanto essere (a prescindere
dalle proprietà del movimento, della quantità e così via). In particolare, egli si pone il problema: in che senso diciamo che
esistono le cose sensibili? Non è in questione il fatto che esistano, si tratta invece di cogliere la nozione primaria di essere, alla
quale sono riconducibili tutti gli altri significati del termine «essere»: questa è la nozione di sostanza. Anche in questa fase
matura, tuttavia, Aristotele intende prendere posizione contro Platone e quei suoi allievi che ravvisavano nelle idee le entità
realmente esistenti. Aristotele mostra come le idee, in quanto universali, non possono essere sostanze esistenti
autonomamente. Le vere e proprie sostanze sono, invece, entità individuali; i cosiddetti universali entrano nella definizione di
esse, ma non hanno esistenza separata da esse.
Ad alcuni sembra che anche l’universale sia causa in senso pieno e che esso sia principio1; perciò occupiamoci
anche di esso. Sembra impossibile che sia sostanza una qualsiasi delle cose che si dicono universali. In primo
luogo infatti, la sostanza di una cosa è quella che è caratteristica di quella cosa, che non inerisce a un’altra cosa;
mentre l’universale è comune, perché si dice universale ciò che per natura inerisce a più cose2. Di che cosa,
perciò, sarà sostanza l’universale? Infatti esso o sarà la sostanza di tutte le cose alle quali inerisce, o non sarà la
sostanza di nessuna. Ma non può essere la sostanza di tutte; se sarà la sostanza di una sola cosa, allora anche
tutte le altre cose saranno questa unica cosa, dal momento che le cose che hanno un’unica sostanza e un’unica
essenza sostanziale sono esse stesse un’unica cosa3.
Inoltre si dice sostanza ciò che non può essere predicato di un soggetto, mentre l’universale si predica sempre
di un soggetto4.
Potrebbe darsi che l’universale non possa essere sostanza nel senso di essenza sostanziale, ma tuttavia sia
presente nell’essenza, come l’animale nell’uomo e nel cavallo? Ma allora è chiaro che di esso c’è una qualche
definizione5. E non importa che non di tutti i termini che sono nella sostanza ci sia definizione; ciò non di meno
questo universale sarà sostanza di qualche cosa, come uomo è sostanza dell’uomo nel quale inerisce, e la cosa
si ripeterà: perché l’universale, per esempio animale, sarà sostanza di ciò cui inerisce come proprietà
caratteristica.
Ma poi è impossibile e assurdo che una cosa particolare e una sostanza, se derivano da qualche cosa, derivino
da termini che non sono sostanze e non sono cose particolari determinate, ma sono una qualità, perché, in
questo caso, ciò che non è sostanza e ciò che è qualità sarà anteriore a ciò che è una sostanza e una cosa
particolare. E questo è impossibile perché né logicamente, né cronologicamente, né dal punto di vista del
processo generativo è possibile che le proprietà siano anteriori alla sostanza: in tal caso sarebbero infatti anche
separabili6.
Inoltre ci sarebbe in Socrate una sostanza diversa da Socrate, e perciò ci sarebbe una sostanza sola per due
cose.
Se l’uomo e le cose simili sono sostanza, allora in generale nessun componente della loro definizione è sostanza
di nulla, può esistere separatamente dalle cose nella cui definizione è contenuta o può esistere in qualche altra
cosa: intendo dire per esempio che non ci può essere un animale al di là degli animali singoli, e che la stessa
cosa vale per tutti gli altri termini contenuti nelle definizioni7.
1. Aristotele allude qui soprattutto ai platonici, per i quali le idee, entità universali distinte dalle singole entità sensibili, sono le vere
cause dell’essere proprio di tutte le cose sensibili.
2. In questo senso gli universali sono predicati, che possono appunto inerire a più soggetti. Per esempio «uomo» è predicabile di
Socrate, Platone, ecc., ossia di ciascun singolo uomo, ma ciò non significa che «uomo» sia un’entità esistente a parte dai singoli viventi.
La dottrina platonica delle idee rappresenta per Aristotele una trasformazione dei predicati in sostanze.
3. Poiché l’universale è qualcosa che si può predicare di più cose, se si sostiene che esso è sostanza, occorrerà dire che è sostanza di
tutte le cose delle quali si predica; ma se così fosse, tutte queste cose sarebbero una sola, dal momento che avrebbero un’unica
sostanza. Per dimostrare che l’universale non è sostanza Aristotele impiega qui un «ragionamento per assurdo», ossia assumendo come
premessa che l’universale sia sostanza.
4. Ciò sembra alludere alla nozione di sostanze prime, che sono soggetti e non possono essere predicati di nessun soggetto: in quanto
tali, esse sono individuali. Anche per questo aspetto, dunque, l’universale non può essere sostanza.
5. Aristotele ha escluso che gli universali possano essere sostanze. Ora si chiede se gli universali possano essere presenti nell’essenza,
che definisce una sostanza individuale. Per esempio, quando si dice «Socrate è uomo», l’universale «uomo», che entra nella definizione
di Socrate, sarà sostanza di Socrate? Aristotele lo esclude decisamente: termini universali che entrano nella definizione di una sostanza
non sono a loro volta sostanze, altrimenti si avrebbe l’assurdo della presenza in Socrate di due o più sostanze. Inoltre l’universale, in
quanto predicato di un soggetto, attribuisce determinate proprietà a questo soggetto, ma sia in senso logico, sia in senso cronologico, la
sostanza è anteriore alle sue proprietà: queste ultime possono sussistere solo in dipendenza di una sostanza.
6. Il presupposto fatto valere da Aristotele è che se una cosa è anteriore a un’altra, può anche esistere separatamente e
indipendentemente da quest’altra. Così è per la sostanza in relazione alla proprietà: una proprietà, per esempio il bianco, esiste perché
esiste una cosa che possiede tale proprietà (cfr. nota 5).
7. La conclusione di Aristotele è che gli universali (che i platonici chiamavano idee), i quali entrano come componenti nella definizione
delle sostanze, non possono esistere separatamente dalle sostanze: «uomo» non esiste come entità separata dalle sostanze singole,
Socrate, Platone, Antistene e così via.
Aristotele, Metafisica, VII, 13, 1038b 6-34, in La Metafisica
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