RegioneLombardia NUOVE SETTIMANE DI MUSICA BAROCCA IN BRESCIA E PROVINCIA PROMOZIONE FRANCIACORTA CONSERVATORIO “LUCA MARENZO” FONDAZIONE “ROMANO ROMANINI” OFFICINA MUSICALE CIVICA BIBLIOTECA QUERINIANA SANTA GIULIA MUSEO DELLA CITTÀ Comune di Salò Comune di Padenghe sul Garda Comune di Sirmione Comune di Toscolano Maderno Comune di Botticino Comune di Coccaglio Comune di Brescia Comune di Provaglio d’Iseo Comune di Gottolengo Comune di Adro Comune di Rodengo Saiano Comune di Breno Comune di Lonato Conservatorio di Musica “Luca Marenzio” di Brescia Scuola Nikolajewka – Mompiano Dipartimento Salute Mentale –Iseo Fondazione “IS.PA.RO.” Auser – Botticino Mattina Associazione “Amici Chiesa di S. Maria degli Angeli” nuove settimane di musica barocca in Brescia e provincia CALENDARIO MANIFESTAZIONI Settembre 10 VENERDI’, SALO’ Sala dei Provveditori Elisa Citterio, violino - Michele Barchi, fortepiano Fulvia Conter, relatrice Musiche di Turrini, Grazioli, Bertoni, Schuster, Mozart pag. 9 11 SABATO, PADENGHE SUL GARDA Castello Silete Venti! Musiche di Lully, Freillon-Poncein, Philidor pag. 12 13 LUNEDI’, SIRMIONE Chiesa di S. Maria della Neve Brixia Musicalis Musiche di Telemann, Bach, Vivaldi, Bonporti, Haendel pag. 16 Palazzo Benamati Emanuela Galli, soprano Gabriele Palomba - Franco Pavan, liuti Musiche di Desprez, Janequin, Da Ponte 24 VENERDI’, PRALBOINO 27 LUNEDI’, BRESCIA Teatro San Carlino Brixia Musicalis Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach pag. 22 Ottobre Monastero di S. Pietro in Lamosa Celebrazioni Marenziane Evangelina Mascardi - Michele Carreca, liuti Beatrice Faedi, voce narrante Musiche di Capirola pag. 25 Evangelina Mascardi - Michele Carreca, liuti Beatrice Faedi, voce narrante Musiche di Capirola pag. 25 5 MARTEDI’, INVITO AL CONCERTO ore 10 pag. 22 25 SABATO, BOTTICINO SERA Teatro Lucia Scuola Nikolajewka – Mompiano Elisa Citterio, violino - Francesco Lattuada, viola pag. 21 9 SABATO, BRESCIA Teatro S. Carlino pag. 22 26 DOMENICA, COCCAGLIO Pieve in Castello Celebrazioni Marenziane Brixia Musicalis Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach pag. 21 2 SABATO, GOTTOLENGO Teatro Comunale pag. 18 Brixia Musicalis Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach Scuola Nikolajewka – Mompiano Brixia Musicalis 1 VENERDI’, PROVAGLIO D’ISEO 14 MARTEDI’, TOSCOLANO MADERNO Chiesa di S. Maria degli Angeli Brixia Musicalis Musiche di Geminiani, Albinoni, Bach 27 LUNEDI’, INVITO AL CONCERTO ore 10 Stefano Montanari, violino Valeria Montanari, cembalo Musiche di Bach, Haendel, Albinoni pag. 27 11 LUNEDI’, BRESCIA pag. 22 Loggetta ex Monte di Pietà ore 18 Carlo Chiesa, relatore Brescia e la liuteria barocca italiana pag. 28 12 MARTEDI’, BRESCIA Civica Biblioteca Queriniana Gaetano Nasillo, violoncello Musiche di Bach Ingresso ad inviti Novembre pag. 38 14 GIOVEDI’, INVITO AL CONCERTO ore 20 Centro Auser – Botticino Mattina Piccolo Concerto Wien pag. 21 15 VENERDI’, INVITO AL CONCERTO ore 16 Dipartimento Salute Mentale – Iseo Fondazione “IS.PA.RO.” - Piccolo Concerto Wien pag. 21 15 VENERDI’, RODENGO SAIANO Auditorium S. Salvatore Celebrazioni Marenziane Ensemble Vocale Veneto Musiche di Marenzio, De Rore, Monteverdi pag. 41 pag. 44 18 LUNEDI’, LONATO Chiesa SS. Filippo e Giacomo Piccolo Concerto Wien Musiche di Stamitz, Gassmann, Haydn pag. 46 pag. 47 pag. 57 6 SABATO, BRESCIA Auditorium Santa Giulia ore 18 Gli strumenti musicali del Museo della Città Tiziano Rizzi, relatore Ugo Orlandi, mandolino Pietro Prosser, arciliuto e tiorba pag. 59 Auditorium Santa Giulia ore 16 Gli strumenti musicali del Museo della Città Filippo Fasser - Mimmo Peruffo, relatori Brixia Musicalis pag. 60 Chiesa di S. Gaetano Musica Antiqua Köln - Reinhard Goebel Musiche di Biber, Caldara, Krell pag. 61 Direzione Artistica Emanuele Beschi Francesco Lattuada Concerti: 20.45 Informazioni: 030 2500759 – 030 2691261 www.nuovesettimanebarocche.it pag. 48 30 SABATO, COCCAGLIO Auditorium S. Giovanni Battista Celebrazioni Marenziane Marcello Gatti, flauto Stefano Demicheli, cembalo Musiche di Bach, Telemann 4 GIOVEDI’, BRESCIA 9 MARTEDI’, BRESCIA 23 SABATO, VARSAVIA Istituto Italiano di Cultura Celebrazioni Marenziane Emanuela Galli, soprano Gabriele Palomba, tiorba e liuto Marco Bizzarini, relatore “Petrarca e Marenzio” Auditorium Santa Giulia ore 18 Gli strumenti musicali del Museo della Città Duane Rosengard, relatore pag. 55 7 DOMENICA, BRESCIA 22 VENERDI’, LONATO Chiesa della Madonna Scoperta Marco Brolli, flauto traverso Francesca Bascialli, clavicembalo Musiche di Stamitz, Bach, Vanhal pag. 52 4 GIOVEDI’, BRESCIA Auditorium Santa Giulia Paolo Beschi, violoncello Musiche di Bach 16 SABATO, BRENO Chiesa di S. Antonio Piccolo Concerto Wien Musiche di Stamitz, Gassmann, Haydn DATA DA DESTINARSI, BRESCIA Concentus Caelestis Andrea Arrivabene, contralto Giovanna Fabiano, clavicembalo Raffaello Negri, violino primo concertatore Musiche di Haendel pag. 50 Ad esecuzione iniziata l’ingresso nella sede dei concerti è interdetto. Non è consentito l’uso di apparecchi privati di registrazione. La Direzione Artistica si riserva di apportare modifiche ai programmi delle manifestazioni a causa di forze maggiori e di stabilire opportune modalità di ingresso in relazione alla capienza e alla tipologia delle sedi dei concerti. L’INGRESSO A TUTTI I CONCERTI È GRATUITO L a seconda edizione delle Nuove Settimane di Musica Barocca in Brescia e Provincia, il Festival che dall’anno scorso ripresenta la storica rassegna di musica antica che tanto successo ebbe negli anni ‘70 e ‘80, si propone con una programmazione più ricca ed attenta alla diffusione della musica, per promuovere l’arte e la cultura sul territorio della nostra provincia: dal lago di Garda alla valle Camonica, attraversando la Città, i paesi della pianura e la Franciacorta. Le Nuove Settimane Barocche si presentano con una veste del tutto nuova, ma sempre mantenendo fede all’impegno di valorizzare celebri capolavori ed autentiche riscoperte nell’equilibrato connubio fra ricerca musicologica ed elevata qualità esecutiva. La durata del Festival è ampliata ai mesi di settembre, ottobre e novembre, per venire incontro all’esigenza di numerose amministrazioni locali, che hanno inteso privilegiare le giornate dei fine settimana, per offrire alla cittadinanza una miglior fruizione degli appuntamenti concertistici. La rassegna non avrebbe potuto essere realizzata senza il contributo della Regione Lombardia, della Provincia di Brescia, della Fondazione della Comunità Bresciana e delle Amministrazioni Comunali che hanno aderito al circuito concertistico, alle quali va il nostro più sentito ringraziamento. Le vere novità del Festival sono costituite dalle importanti collaborazioni che in questa edizione si realizzano, prima fra tutte quella con il Museo di Santa Giulia, che ospita tre conferenze-concerto, finalizzate alla valorizzazione della collezione di strumenti musicali presenti nel Museo cittadino. Questo evento avvia un interessante ciclo di conferenze sulla liuteria, coinvolgendo alcuni dei più affermati studiosi internazionali, grazie al prezioso ausilio di Officina Musicale. Nasce inoltre quest’anno presso la Scuola Nikolajewka di Mompiano, il centro AUSER di Botticino Mattina, il Dipartimento Salute Mentale di Iseo e la Fondazione “IS.PA.RO.”, un percorso didattico di lezioni-concerto chiamato “Invito al Concerto”, che aiuterà il pubblico ad approfondire i contenuti musicali della stagione concertistica. L’appuntamento all’estero di quest’anno è il concerto-conferenza a chiusura di un’importante convegno su Luca Marenzio e Francesco Petrarca, di cui ricorre quest’anno il settimo centenario della nascita, organizzato a Varsavia con l’Istituto Italiano di Cultura. 6 Tale manifestazione è inserita nel circuito “Celebrazioni Marenziane”, che Promozione Franciacorta realizza insieme a Nuove Settimane Barocche per valorizzare i luoghi ove è nato il grande madrigalista bresciano. Il filo conduttore di questa edizione è la musica dei paesi di area linguistica tedesca. Si inizia con un concerto-conferenza a Salò, nel quale saranno messi a confronto tre importanti autori salodiani (Turrini, Bertoni e Grazioli) con il nascente classicismo musicale germanico, e si conclude con un omaggio a Heinrich Ignaz Franz von Biber (16441704), per il quale siamo orgogliosi di ospitare a Brescia in prima assoluta Musica Antiqua Köln, il celeberrimo ensemble guidato da Reinhard Goebel. Gli altri appuntamenti concertistici, vedono protagonisti – oltre a Brixia Musicalis, “ensemble in residence” del Festival – alcuni dei più affermati gruppi musicali tra cui: Silete Venti!, ensemble di strumenti a fiato che proporrà le musiche del Re Sole, Piccolo Concerto Wien in un bel programma di musiche del ‘700 austriaco, Ensemble Vocale Veneto che rende omaggio alla poesia in musica di Francesco Petrarca, e Concentus Caelestis in una serata interamente dedicata a Georg Friedrich Haendel. Concerti cameristici e recitals vedranno come interpreti d’eccellenza il soprano Emanuela Galli, il violinista Stefano Montanari, i violoncellisti Gaetano Nasillo e Paolo Beschi, i flautisti Marco Brolli e Marcello Gatti, i cembalisti Francesca Bascialli e Stefano Demicheli, ed il mandolinista Ugo Orlandi. La produzione teatrale del Festival “messer Vicenzo Capirola, gentil homo bresano”, proporrà le musiche e i testi del manoscritto del grande liutista di Leno, in forma di concerto-spettacolo. La Direzione Artistica Emanuele Beschi Francesco Lattuada Si ringrazia la Fondazione Romanini e il Conservatorio di Musica “Luca Marenzio”, per la ospitalità offerta per le prove dei musicisti del Festival. Un particolare ringraziamento a Martino Gerevini e all’Arch. Emilio Salvatore, per i preziosissimi consigli. 7 Venerdì 10 settembre – ore 20.45 Sala dei Provveditori, Salò CONCERTO-CONFERENZA La nascita della Sonata a Due Musiche di Ferdinando Gasparo Turrini, Giovanni Battista Grazioli, Ferdinando Bertoni, Josef Schuster, Wolfgang Amadeus Mozart Elisa Citterio Michele Barchi violino fortepiano Fulvia Conter relatrice Si ringrazia la prof.ssa Mariella Sala per l’aiuto nella consultazione dei manoscritti di F.G. Turrini conservati presso la Biblioteca Musicale del Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia 9 La provincia di Brescia divisa ne’ suoi territorj di nuova projezione. Carta edita a Venezia nel 1780, disegnata da G. Pitteri ed incisa da G. Zuliani. CINQUE COMPOSITORI PER LA SONATA A DUE Che cosa hanno in comune i compositori scelti per il concerto di stasera, se non l’epoca, anagraficamente creativa (il tardo ‘700, i primissimi anni dell’Ottocento) e la tipologia formale offerta dalla Sonata per violino e pianoforte? O meglio, della Sonata per tastiera con accompagnamento di violino, o ancora, decisamente, per duo strumentale? Si propone, questo concerto, di fornire esempi musicali, eseguiti, di una nuova corrente ideologico-artistica, che circolava in particolare in Italia e in Germania nel tardo ‘700: quella degli esordi della Sonata a due, da identificarsi, nel caso, con la Sonata per tastiera e violino. All’inizio, cioè nel ‘600, v’era la Sonata a Tre, con le sue divisioni, intrinseche nel linguaggio musicale più che in una reale separazione fra Sonata da Chiesa e Sonata da Camera. Principalmente ad Arcangelo Corelli, geniale depositario della Scuola bolognese e fondatore della Scuola romana (cioè della Scuola violinistica italiana) si deve l’intuizione del raggruppamento, della riduzione a 4 o 3 strumenti, della Canzone da Sonar, quindi della Sonata cinquecentesca, nata per tener viva l’attenzione degli astanti, con un numero variabilissimo di movimenti e la compresenza di strumenti a fiato, a corda, a tastiera. Mise ordine, Corelli, nella Sonata barocca e la organizzò in modo così ferreo, eppur vivace, da porla come esempio carismatico per anni, per più di un secolo. Johann Sebastian Bach, che pure tentò vie nuove con le Sonate e Partite per violino e le Suites solistiche (dal liuto al flauto al violoncello), per molti aspetti è ancora un continuatore della lezione di Corelli, in particolare per la logica contrappuntistica, la trama che lega fra di loro movimenti, tonalità, “entrate” prefissate. Non bisogna dimenticare, in questi schemi, comunque sempre vivaci, la fondamentale idealizzazione dei ritmi di danza. Si trattava, per lo più, di danze francesi, frutto di una certa vaghezza trasgressiva, contrastante rispetto all’imperante, sofisticata moda del madrigale italiano che incuteva soggezione all’Europa intera. Eppure il ritmo di danza, nella musica strumentale, risultava più incisivo e di facile comprensione in relazione all’andamento ritmico dei madrigali, a cappella o concertati, sempre raffinati, forse troppo. Con l’affermarsi dello strumento Violino, da Gasparo da Salò (come costruttore) a Corelli (come suo eccezionale interprete e divulgatore), l’equilibrio delle parti “cantanti” si trasmise negli strumenti a corda, dal Violino inteso come soprano alla Viola come voce media e grave (viola da braccio e da gamba), fino al Violone (poi Contrabbasso), sempre sostenuti da una tastiera. Voilà, pare un gioco, eppure il trovare un ulteriore equilibrio, quello perfetto, che portasse alfine al Quartetto d’Archi, fu un’impresa che richiese ancora moltissimo tempo, altri interventi, altre teste, nuove ideologie. Il passaggio dalla Sonata barocca alla Sonata romantica avvenne quindi in modo tutt’altro che indolore, con timidi passi verso un rafforzamento del ruolo della tastiera o del violino. Un lungo cammino che, passando attraverso lo Stile galante e il suo rifiuto delle difficoltà emotive o tecniche, trovò un momento fondamentale nell’inventiva di Josef Schuster e, di conseguenza, di Wolfgang Amadeus Mozart. Ma Mozart, oltre ad aver subito una forte influenza dalle Sonate di Schuster, era stato a lezione, pur per brevissimo tempo, da Padre Giovanni Battista Martini all’Accademia Filarmonica di Bologna. E il Padre Martini fu il maestro di Ferdinando Bertoni, zio di Ferdinando Gasparo Turrini, suo allievo come Giovanni Battista Grazioli, tutti musicisti gardesani, di Salò e Bogliaco (Grazioli). E il cerchio si chiude, una parte delle relazioni s’incomincia ad intravvedere. I problemi che si pongono all’ascolto delle Sonate di questi cinque compositori sono molti. La fantasia individuale li porta immediatamente alla riconoscibilità espressiva: l’uno possiede un’inclinazione più marcata verso l’uno o l’altro strumento. Ad esempio l’istinto fondamentalmente tastieristico di Turrini gli impone una sorta di accettazione del violino, mentre le due parti risultano più intrecciate e coese in Schuster, Mozart e Bertoni. Nel caso di Grazioli, leggiadro, i due strumenti risultano l’uno funzionale all’altro, ma su un tessuto musicale più esile. Il che si avverte in quanto il Grazioli non possiede il temperamento passionale degli altri quattro, anche se ne è alla ricerca. Un’altra matrice accomuna Schuster, Mozart, Bertoni, Turrini e Grazioli. E’ l’appartenenza al mondo del teatro che vivifica l’universo artistico, specie quello di Mozart e di Bertoni. Josef Schuster, compositore fecondissimo, vissuto nell’ambito di Dresda, scrisse molto per il teatro ed era uno strumentista a corde più che un tastierista. Il suo impeto sonatistico, che già può apparire talvolta “Sturm und Drang”, impressionò il giovane Mozart, lo indusse alla stesura delle sue Sonate per violino e pianoforte, dette “romantiche”. Ma Mozart - come disse Rossini - era “unico”, sapeva tutto. Captava. Semmai Mozart non fu un organista della professionalità di Ferdinando Bertoni e Giovanni Battista Grazioli, entrambi organisti titolari della Basilica di San Marco a Venezia, o di Ferdinando Gasparo Turrini, il Bertoncino, salodiano, cieco che si guadagnò da vivere come organista della Basilica di S. Giustina a Padova. Turrini invece sognava il pianoforte, nientemeno che il pianoforte di Muzio Clementi, la sdegnosa stella italiana che stava a Londra. E’ un’Europa artistica e musicale particolarmente vivace ed inquieta quella che è rappresentata dalle Sonate di questi cinque autori. Sonate per cembalo o organo o fortepiano o pianoforte… e violino. Con il canto nel cuore. E allora la musica più pura, quella più concentrata sullo strumento, è forse quella di Turrini, la più teatrale quella di Mozart, che a sua volta guarda a Baldassarre Galuppi, come fa’ attentamente il Grazioli. Per il maestro Ferdinando Bertoni la Sonata a due è uno dei suoi tanti esperimenti - incursioni in vari generi musicali. Per Josef Schuster un modo di reagire. Reagire al barocco, alle sue tarde manifestazioni, alla sua ostentata ricchezza, in favore di una diversa comunicabilità, basata sul sentimento e senza ironia. Fulvia Conter 11 Sabato 11 settembre – ore 20.45 Castello, Padenghe (in caso di maltempo, il concerto si terrà presso la Chiesa Parrocchiale) La musique du Roy Soleil Jean Baptiste Lully (1632-1687) Marche des Mousquetaires ° Premier air des hautbois ° Airs pour le Carouzel de Monseigneur (1686): Prelude du Carousel de la Grande Escurie Menuet Gigue Gavotte Suite dalla Comedie-Ballet «Le Bourgeois Gentilhomme» (1670) Ouverture Premier intermède Gravement-plus vite, Sarabande, Bourée,Gaillarde, Canarie Marche pour la cérémonie des Turcs Air 1 Air 2 Ballet des Nations : Entrée des Italiens, Air des Espagnols dansants, La Nuit: Entrée des Scaramouces Trivelin et Arlequins, Chaconne des Scaramouces Trivelin et Arlequins Jean-Pierre Freillon-Poncein (ca.1655-ca.1720) L’ Embarras de Paris (1700) Trio pour les Flutes Passacaille á deux parties pour la flute < La grand Battaille > André Danican Philidor l’aîné (1647-1730) La marche des Grenatiers a cheval et air des Hautbois fait au siège de Namur en 1692 ° Lordonanse pour le fifre ° Jean-Pierre Freillon-Poncein Bruits de Guerre Jacques Danican Philidor le cadet (1657-1708) La retraitte André Danican Philidor l’aîné Marche a 3 des Pompes funebres, l’an 16[90] ° musiche tratte dal manoscritto Philidor SILETE VENTI ! Marco Scorticati Flauto dolce e traversiere Aviad Gershoni Oboe e Flauto dolce Susanne Grützmacher Oboe Simone Toni Oboe e Oboe da Caccia Dana Karmon Fagotto 12 Daniele Moretto Tromba Alessio Molinaro Tromba Paolo Bacchin Tromba Maurizio Ben Omar Percussioni “...Scelsi di assumere la forma del sole, il più nobile di tutti gli astri, a causa della qualità unica del bagliore che lo circonda; per la luce che comunica agli altri astri che gli impongono attorno una specie di corte; per la giusta ed eguale spartizione di quella luce che distribuisce a tutti i vari climi del mondo; per il bene che fa in ogni luogo producendo incessantemente gioia e attività da ogni parte; per il moto instancabile che realizza pur sembrando tranquillo; e per quel costante, invariabile corso dal quale mai devia o diverge. E’ certo la più vivida e bella immagine di un grande monarca...” Nato a Saint Germain en Laye il 5 Settembre del 1638, figlio di Luigi XIII e Anna D’Austria, il Re Sole assunse il potere nel 1661 alla morte del reggente Cardinale Mazarino. Sotto il suo regno, che duró piú di cinquant’anni, (la sua morte è datata 1715) la Francia visse uno dei piú straordinari momenti creativi della storia europea. La “megalomania” il grande culto di “se” che venne coltivato maniacalmente, non si tradussero semplicemente in un incredibile sperpero di denaro per spese militari, costruzione di regge sfarzose, realizzazione di feste incredibilmente opulente che si tenevano settimanalmente a corte. La sua ambizione era molto piú grande e profonda: il Re divino voleva circondarsi di qualcosa che potesse somigliare al paradiso e nella sua coscienza profondamente barocca cercó di farlo attraverso una quotidiana ricerca del bello, del magico, dello straordinario e di tutto ció che potesse portare i suoi sensi oltre l’umano sentire. Questa passione smisurata aveva innanzitutto bisogno di un “teatro” degno di accogliere tanta meraviglia e per questo Luigi XIV finanzió la creazione della residenza di Versailles, una vera cittadina con botteghe, artigiani, giochi e passatempi di ogni genere, immersa in una splendido parco realizzato dall’architetto Le Notre che ne fu anche il sovrintendente per oltre trent’anni. Il suo lavoro è stupefacente: da un luogo povero di risorse naturali, riuscì a ricavare boschi, un teatro d’acqua, un labirinto e centinaia di opere d’arte dedicate al mito di Apollo (il Sole, appunto). La conservazione del parco richiedeva un lavoro che impegnava ogni giorno piú di 6000 cavalli, 38000 operai erano necessari alla manutenzione e alla realizzazione delle magnifiche feste! Dell’uomo Luigi XIV, il Duca di Saint Simon ci ha lasciato questo breve resoconto: “Luigi XIV amava molto l’aria aperta e gli esercizi, sinchè potè farli. Aveva eccelso nella danza e nella pallacorda. Alla sua età cavalcava ancora mirabilmente. Gradiva veder fare tutte queste cose con grazia e destrezza (..). Amava molto sparare e non v’era miglior tiratore di lui, nè dotato di tanta grazia (..). Si dedicava inoltre con passione all’inseguimento del cervo, ma in calesse, dopo che si era rotto il braccio correndo a Fontainebleau, subito dopo la morte della Regina. Stava solo in una spe- cie di carrozza a mantice, tirata da quattro cavallini a cinque o sei ricambi, e guidava lui stesso a briglia sciolta, con una maestria e una perfezione che non possedevano i migliori cocchieri, e sempre la stessa grazia in tutto ciò che faceva. I suoi postiglioni erano fanciulli da nove o dieci anni sino ai quindici, ed egli li dirigeva (...). Il Re era sempre vestito di color più o meno bruno, con un ricamo leggero, mai sulla vita, talvolta appena un bottone d’oro, talvolta del velluto nero. Sempre un panciotto di panno o di raso rosso o turchino, verde e ricamatissimo. Mai anelli, mai gioielli se non alle fibbie delle scarpe, alle giarrettiere ed al cappello, orlato sempre di pizzo spagnolo, con una piuma bianca. Portava la fascia turchina dell’Ordine del Santo Spirito sotto la giacca, e solo nei giorni di cerimonie nuziali, o di altre feste la portava sopra, molto lunga allora, e con otto o dieci milioni di gemme “. Nel “paradiso“ di Versailles il Re si contornó di artisti che illuminati dalla sua luce ricambiarono raggiungendo livelli sublimi: scrittori e poeti, fondamentali per magnificare e rendere immortale la figura del Re; pittori, scultori, musicisti, ballerini e coreografi. Al suo cospetto lavorarono Moliére e Racine, Charles Louis Beauschamps (primo direttore dell’Accademie Royale de Danse) codificó le cinque posizioni dei piedi e l’uso del dehors, della gamba girata all’esterno, che sono alla base della danza classica, e che furono obbligatori per chiunque (in tutta Europa) volesse essere considerato un gentil’uomo. Quí, per merito di grandi compositori come Jean Baptiste Lully, padrone assoluto della musica francese dell’epoca (fiorentino di nascita ma comprato giovanissimo da una nobildonna francese che lo porta al suo seguito a Parigi) nascono generi nuovi come la tragédie en musique e la commédieballet. Tutto deve essere portato all’eccelso e cosí anche la cucina diventa un’ elevatissima forma d’arte! La banda di oboi riscosse enorme successo nell’Europa barocca. A partire proprio dalla Francia del Re Sole, nella quale questa formazione faceva parte a pieno titolo della guardia personale del Sovrano partecipan- 13 Charles Le Brun e scuola: Luigi XIV accorda la sua protezione alle Belle Arti. Versailles, Castello, Galleria Grande. do a tutte le sue uscite pubbliche: incontri con altri capi di stato, sfarzose feste a corte, matrimoni, funerali, bagni di folla, enunciazioni di nuovi editti reali, balletti equestri, ecc.. Gli oboisti del Re erano delle vere e proprie stars dell’epoca! Le caratteristiche di questo gruppo, capace di fare musica all’aperto avendo però una duttilità timbrica e dinamica impensabili in questo contesto con altri strumenti affascinarono a tal punto che, rapidamente, il continente tutto fu invaso da flauti, oboi e fagotti al servizio, sia di reggimenti, sia di nobili e principi, sia di numerose municipalità. Come è quindi facilmente intuibile, la banda di oboi si prestava ad un repertorio grande e molto vario. Nel 1705, il bibliotecario di corte e oboista André Danican Philidor compila una collezione di “marches et batteries de tambour… avec les airs de fifre et hautbois” su espresso volere del Re. Il prezioso “Manuscrit Philidor” raccoglie quindi un gran numero di musiche scritte per gli oboisti e si tratta non solo di musica militare ma anche di Suites e in esso sono contenute “les airs de trompettes et hautbois faits par Monsieur de Lully par ordre du Roy pour le Carouzel de Monseigneur” (il fratello del Re). La festa duró giorni e prevedeva ogni sorta di meraviglia, tra cui un grandioso balletto equestre accompagnato appunto dalla musica di Lully. Nella prefazione alle musiche composte da FreillonPonsein, l’autore ci informa che “troverete una piccola raccolta di differenti tipi di musiche che ho composto con tanta dedizione, che mi permetto di dire che non potranno sicuramente non trovare la vostra approvazione, perché molti abili maestri mi hanno fatto l’onore di dirmi che sono molto buone. La prima, che è intitolata l’embarras de Paris, esprime nei ritornelli a sei parti il rumore e il tumulto che si sente in cittá durante il giorno: il via vai della gente, delle carrozze, dei carretti e altro. I ritornelli a tre parti esprimono la moderazione dei rumori durante le ore della cena e della notte. Le bruit de guerre è un canto che esprime le incerte vie delle armi, «les allarmes, les rasseurances & le plaisirque l’on ressen l’un apres l’autre en moins de deux heures de temps». Il Borghese Gentiluomo fu rappresentato per la prima volta a Chambord il 14 ottobre del 1670. Luigi XIV richiese a Moliére una commedia che lo vendicasse del disdegno mostrato dall’ambasciatore turco al cospetto dei fasti della residenza reale di Saint Germain. Moliére stesso interpreta il ruolo del protagonista Jourdain: nella sua smodata ambizione di nobiltà verrá sbeffeggiato dal finto ambasciatore del “Gran turco” che al termine di un’esilarante e improbabile cerimonia turca lo nomina Mamamousci (“come se vi venissero scodellati nel piatto due titoli in un sol colpo”). Lully scrive le musiche e partecipa allo spettacolo in qualità di ballerino. Il successo è enorme, la platea viene sedotta da questo genere in cui teatro, danza e musica convivono in modo mirabile. Luigi rivolto verso Moliére commenta cosí: “Non vi ho parlato della commedia il primo giorno perché temevo di essere stato sedotto dal modo in cui era stata recitata, ma, in veritá, Moliére, non avete fatto nulla che mi abbia piú divertito, e la vostra commedia è eccellente”. Fiumi di risate scorrono accompagnate da artifici scenici e da danze meravigliose, la musica sottolinea ed arricchisce questa grande satira della società dell’epoca, il desiderio di vendetta del Re nei confronti dei turchi si compie in modo raffinato. È nato un capolavoro. Simone Toni 15 Lunedì 13 settembre – ore 20.45 Chiesa Madonna della Neve, Sirmione Italia e Germania Georg Philipp Telemann (1681-1767) Georg Friedrich Haendel (1685 – 1759) Triosonata in La minore per flauto, violino e b.c. (Hamburg, 1739) Sonata in Fa maggiore per flauto e b.c. (Londra, ca.1725) Largo, Vivace, Affettuoso, Allegro Larghetto, Allegro, Siciliana, Allegro Anonimo da Antonio Vivaldi Francesco Antonio Bonporti (1672 – 1749) Concerto III delle Stravaganze del Don Antonio Vivaldi (tratto da “Anne Dawson’s Book” 1720) per clavicembalo solo Invenzione in Do minore op. X n. 6 per violino e B.C. Allegro, Siciliano largo, Allegro assai Georg Philipp Telemann Johann Sebastian Bach (1685 – 1750) Trio Sonata in Sol maggiore BWV 525 Quartetto in Mi minore dalla “Musique de Table” (1733) per flauto traverso, violino, violoncello e b.c. (Allegro), Adagio, Allegro Adagio, Allegro, Dolce, Allegro Lamentevole, Balletto, Aria, Fantasia BRIXIA MUSICALIS Elisa Citterio Marco Scorticati Sara Bennici Michele Barchi 16 violino flauto dolce e traversiere violoncello clavicembalo LA MUSICA STRUMENTALE ITALIANA TRA MITO E DECLINO «Tempo fa siamo andati a scuola dagli italiani, ora sembra proprio che siano loro a dover venire da noi». Con queste parole un osservatore tedesco notava alla fine del Settecento un fenomeno che di lì a breve avrebbe sollevato fiumi di inchiostro ed oceani di polemiche. Se infatti il teatro d’opera italiano non sembrava mostrare cedimenti di sorta, continuando ad imporsi sui palcoscenici del continente (ma non solo…), il repertorio strumentale viveva invece un profondo declino, tanto da dare corso al fenomeno dell’emigrazione di tanti strumentalisti. Un fenomeno che, di lì a presto, sarebbe stato definito una vera e propria diaspora. Fatta qualche rara, ma pur importante eccezione, i migliori lasciarono il proprio Paese per trovare fortuna altrove. Le corti di Vienna, Londra, Parigi, Madrid, Lisbona, San Pietroburgo e via dicendo, parevano apprezzare ciò che invece in Italia veniva relegato ad un ascolto quasi occasionale, se non addirittura marginale in termini estetici. Secondo alcuni osservatori – per lo più tedeschi – la musica strumentale della Penisola era tanto modesta da essere valutata addirittura come «ben al di sotto di ogni possibile critica». A determinare questo stato di cose una serie di fattori che, in modo diverso e in tempi altrettanto diversi, hanno praticamente annullato il valore e, in qualche modo, il significato e l’importanza di un intero repertorio, sia pur con le dovute differenziazioni tra città e città e tra regione e regione. Ciò appare ancora più incredibile se si pensa che, nella prima parte del XVIII secolo, le cose si presentavano in modo ben diverso. Quando infatti nel 1714 Arcangelo Corelli pubblicava la sua Op. VI, una raccolta di concerti grossi divenuti poi opera di riferimento se non addirittura paradigmatica in quel particolare settore del re- pertorio, la musica strumentale italiana stava vivendo un momento particolarmente felice. Più ancora che sul palcoscenico, la forza propulsiva dei compositori italiani pareva essere inarrestabile. Un esempio di ciò viene offerto dal fatto che proprio in quegli anni furono molti i compositori stranieri che, non potendo venire direttamente nella Penisola come invece fece Georg Friedrich Händel (1685-1759), presero a modello opere di autori italiani. E la scelta non si indirizzava soltanto su compositori professionisti come poteva essere il caso di Antonio Vivaldi (1678-1741) – autore fondativo per ciò che concerne il linguaggio strumentale di Georg Philipp Telemann (1681-1767) e di Johann Sebastian Bach (1685-1750) –, ma poteva cadere anche su compositori meno noti come Francesco Antonio Bonporti (1672-1749). Del compositore trentino, infatti, il maestro di Eisenach copiò per sé almeno quattro delle Invenzioni op. X, la cui composizione gli venne addirittura erroneamente ascritta. Con la Tafelmusik – forse la sua opera strumentale più apprezzata – Telemann cambia completamente rotta. Al repertorio italiano, infatti, egli preferisce questa volta la musica di tradizione francese, sia pur ‘germanizzata’ in una felice sintesi di un linguaggio originale. E non senza conseguenze visto che, da quel momento, il modello latino iniziò a mostrare la propria cedevolezza nei paesi tedeschi. Non così in Olanda ed in Inghilterra, dove il mito della musica italiana non conoscerà cedimenti ancora a lungo. Le opere di Corelli, Vivaldi, Albinoni e molti altri vissero pertanto una idealizzazione quasi paradossale che donò ad esse una recezione longeva. Giacomo Fornari 17 Martedì 14 settembre – ore 20.45 Palazzo Benamati, Toscolano Maderno L’Amore, il Piacere e gli Addii. cantar sul liuto nell’Europa del primo ‘500 Francesco Canova da Milano (1497-1543)/ Johannes Matelart (? - 1604) Nicolas Gombert (ca. 1495- ca.1560) Josquin Desprez (ca. 1450-1521) Josquin Desprez Cristobal de Morales (ca. 1500-1553) Claudin De Sermisy (ca. 1490-1562) Clemens non Papa (ca. 1510-1555/56) Clement Janequin (ca. 1485-1558) Anonimo (ca. 1520) Jacques Larcier (XVI sec.) Clemens non Papa Josquin Desprez Nicolas Gombert Johann Walter (1496-1570) Anonimo (ed. 1556) Francesco Canova da Milano/ Johannes Matelart Philippe Verdelot (1470/80 -1565) Giaches Da Ponte (XVI sec.) Umberto Naich (XVI sec.) Fantasia a due liuti Assiste Parata Per Illud Ave Mille Regretz Et in Spiritum Sanctum C’est un grand tort Languir me fault Estoit une jeune fillette Filles orsus a due liuti D’Amour me plains Adieu mon esperance Alleges moi Plus oultre a due liuti Nun bitten wir den heyligen Geyst Mein hertz hat sich mit Fantasia a due liuti Madonna qual certezza Amor e gratioso Canti di voi le lodi Emanuela Galli soprano Franco Pavan liuto rinascimentale Gabriele Palomba liuto rinascimentale 18 Nel corso del sedicesimo secolo la pratica del cantare al liuto conobbe una grande diffusione in tutta l’Europa. Si trattò di una prassi che coinvolse ceti e classi differenti, cogliendo interesse presso le famiglie borghesi così come nelle corti. Il repertorio di quest’ultime è illustrato da raccolte manoscritte, appartenute a professionisti, mentre il repertorio di maggior diffusione è incluso nelle stampe pubblicate nei principali centri urbani del continente. Oggi la riproposizione di queste musiche è relativamente diffusa nelle sale da concerto; meno conosciuta, anzi quasi negletta, è l’esecuzione del repertorio dedicato a due liuti e ad una voce. Questo tipo di formazione, documentata da decine di composizioni e da numerose testimonianze d’archivio, si pone come un vero e proprio exemplum di “concerto” cinquecentesco. Gli strumenti concertano, dialogano, infatti con la voce, trasfigurando il possibile originale vocale e realizzando di fatto una nuova composizione. Il risultato è affascinante, poiché i due liuti possono ampliare il dettato musicale con nuovi soggetti, nuove invenzioni melodiche e polifoniche, mentre la voce commenta con grazia ed eleganza. Risultato sommo di questo processo sono le composizioni del bergamasco Giovanni Antonio Terzi, date alla luce nel 1593 e nel 1599. Nel corso di questo concerto cercheremo di risalire alla nascita di questo repertorio, utilizzando in alcuni casi fonti inedite o considerate ormai perse. Particolarmente preziose per noi sono la stampa edita a Strasburgo da Wolff Heckel nel 1556 e l’edizione curata da Hans Jacob Wecker a Basilea nel 1552, entrambe recentemente riscoperte. Ma la figura principale e che si pone al centro della nostra ricerca è Pierre Phalèse. Le stampe pubblicate dall’editore di Louvain Pierre Phalèse fra il 1552 e il 1571 determinano infatti un momento di grande importanza per la diffusione della musica per liuto nel continente. Nell’ambito delle centinaia di brani editi in queste monumentali antologie, veri e propri specimen di tutti i repertori nazionali, un ruolo particolare svolgono i duetti. Spiccano per numero – 31 brani, una delle collezioni di maggior peso dell’intero secolo – e per la qualità e varietà della musica. Infatti possiamo trovare rappresentati tutti i generi coltivati dai liutisti in quel periodo: le intavolature di opere vocali – mottetti, sezioni di messe, madrigali, chansons, canzonette. Alcune di queste composizioni sono tratte direttamente da stampe edite in precedenza in altre nazioni, come la Spagna o la Germania, ma una buona parte fu pubblicata per la prima volta proprio da Phalèse. Un’altra nota di interesse è data dalla scelta degli abbinamenti degli strumenti, che possono essere accordati all’unisono, oppure alla seconda, alla quarta o alla quinta. Lo stile delle intavolature per due liuti di Phalèse è altrettanto vario, poiché l’editore di Louvain presenta brani in cui un liuto è assoluto protagonista e svolge il compito di diminuire la parte mentre l’altro liuto lo sostiene eseguendo il tenor o con un andamento accordale, ma anche brani nei quali i due strumenti ricevono pari trattamento, o ancora brani nei quali è possibile aggiungere il concerto della voce. Le antologie di Phalèse ci offrono così un ritratto maturo e completo degli stile e della voga liutistica del secolo d’oro del liuto, ed in particolar modo della raffinata arte del duetto e del “concerto” dei liuti e della voce. Franco Pavan 19 Anonimo: Ritratto di Francesco da Milano. Dipinto. Milano, Biblioteca Ambrosiana Lunedì 27 settembre – ore 10.00 Martedì 5 ottobre – ore 10.00 Scuola Nikolajewka, Mompiano Venerdì 14 ottobre – ore 20.00 Centro AUSER, Botticino Mattina Sabato 15 ottobre – ore 16.00 Dipartimento Salute Mentale, Iseo Fondazione “IS.PA.RO.” LEZIONI CONCERTO Ciclo di approfondimento didattico “Invito al Concerto” con la partecipazione di: BRIXIA MUSICALIS PICCOLO CONCERTO WIEN ELISA CITTERIO FRANCESCO LATTUADA 21 Venerdì 24 settembre – ore 20.45 Chiesa di Santa Maria degli Angeli, Pralboino Sabato 25 settembre – ore 20.45 Teatro Lucia, Botticino Sera Domenica 26 settembre – ore 20.45 Pieve in Castello, Coccaglio CELEBRAZIONI MARENZIANE Lunedì 27 settembre – ore 20.45 Teatro San Carlino, Brescia Lo specchio barocco trascrizioni antiche e moderne Francesco Saverio Geminiani (1687 – 1762) Concerto Grosso n. 3 in do maggiore per 2 Violini, Violoncello, Archi e B.C. Dai “Concerti Grossi composti delli Sei Soli della prima parte dell’ Opera Quinta D’Arcangelo Corelli” Adagio, Allegro-Adagio, Adagio, Allegro Tommaso Albinoni (1671 – 1750) Sonata a Quattro in mi minore per Organo, Archi e B.C. Dalla Sonata VIII op. 6 per violino e B.C. elaborazione e trascrizione di Michele Barchi Tommaso Albinoni Concerto per Cembalo in la maggiore Dalla Sonata XI op. 6 per violino e B.C. elaborazione e trascrizione di Michele Barchi Allegro, Adagio, Allegro Johann Sebastian Bach Concerto in sol minore per Violino, Archi e B.C. versione per violino del concerto per cembalo BWV 1056 (Allegro), Largo, Presto Grave, Allegro, Adagio, Allegro Johann Sebastian Bach (1685 – 1750) Concerto in mi bemolle maggiore per Viola, Archi e B.C. ricostruito da BWV 169, 49, 1053 da Wilfried Fischer (Allegro), Siciliano, Allegro BRIXIA MUSICALIS Elisa Citterio Barbara Altobello, Rossella Borsoni, Carlo Lazzaroni, Nicholas Robinson Elena Telò Francesco Lattuada Sara Bennici, Matteo Fusi Michele Barchi 22 violino e direzione musicale violini violino e viola viola violoncelli organo e clavicembalo Il programma di questa serata prevede l’esecuzione di musiche di alcuni fra i più noti musicisti nel panorama musicale europeo fra Seicento e Settecento, quali J.S. Bach (Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750), Francesco Saverio Geminiani (Lucca, 1687 - Dublino, 1762) e Tommaso Albinoni (Venezia, 1671-1750). Si tratta di trascrizioni da materiale preesistente, poi riadattato per un diverso organico strumentale o addirittura per un altro strumento solista. La pratica della trascrizione era assai in uso in epoca barocca, laddove il mutamento di forma (ma non di sostanza) determinava lo spostamento dell’attenzione non tanto verso l’ispirazione creativa (il momento dell’invenzione), quanto verso l’arte del ricostruire, ossia la perizia nel far rinascere una stessa musica sotto sembianze diverse, mantenendone vivo il valore e la bellezza. Secondo i canoni della musica poetica era infatti possibile utilizzare differenti composizioni per diversi scopi, purché ne venissero rispettati i lineamenti fondamentali e vi fosse una piena corrispondenza degli affetti. Quali musiche ascolteremo questa sera e, trattandosi di trascrizioni, chi ha trascritto da chi? Dando uno scorcio al programma di sala, non si può far a meno di notare un fatto curioso, ovvero che verranno eseguite: una trascrizione di un compositore del Settecento (Geminiani) da musiche di uno fra i più grandi capiscuola di quel tempo (Corelli); tre trascrizioni di autori a noi contemporanei (Michele Barchi e Wilfried Fischer) da musiche di compositori del passato (Albinoni e J.S. Bach); infine un concerto che Bach stesso trascrisse e riadattò da una sua precedente composizione per altro strumento solista. Da qui si desume che questo “riciclo” di musiche non prevede limiti di sorta, nella misura in cui colui che trascrive può liberamente attingere sia da materiale proprio che da musiche altrui, non solo, ma ancor oggi è possibile, rifacendosi ai principi strutturali ed estetici di quel tempo, creare nuove e interessanti trascrizioni. La scuola di Arcangelo Corelli (Fusignano, 1653 Roma, 1713) ebbe grande risonanza in tutta Europa, tantopiù che egli formò una moltitudine di allievi, i quali a loro volta perpetrarono e diffusero gli insegnamenti appresi, dando vita al fenomeno del corellismo. In particolare fu l’Op. V (una raccolta di sonate per violino e basso) a ispirare un gran numero di suoi discepoli e di autori a lui coevi, fra cui si annoverano Veracini, Telemann e anche Geminiani, il quale intorno al 1726 trasformò quella medesima Op. V in una serie di concerti grossi, il terzo dei quali apre il concerto di questa sera. Il maestro di Lucca già ai tempi era da molti considerato il più grande compositore vivente di questo genere, così come testimonia Charles Burney nella sua Storia della musica: questa sua trascrizione dell’op. V di Corelli si pone quindi come interessante trasposizione per un diverso organico strumentale di un capolavoro musicale di grande estro e inventiva. Di Albinoni, uno fra i primi eredi della scuola vivaldiana, ascolteremo una sonata a quattro e un concerto per cembalo, in origine ideati per violino e basso continuo. La sonata a quattro è da considerarsi la protoforma del discorso musicale del Settecento, archetipo da cui poi derivarono due diverse procedure compositive, l’una volta a sviluppare il concetto di insieme (concerto e sinfonia), l’altra mirante a ridurre la compagine strumentale ad un solo strumento solista o a una coppia di strumenti (concerto o sonata con accompagnamento). Michele Barchi ha trascritto la sonata VIII op.6 per un organico di due violini e organo in modo tale da rendere più ricco il discorso armonico, senza che la melodia e il fraseggio della originaria composizione perdano di brillantezza. Nel caso del concerto per cembalo, ha saputo trarre dalla sonata IX op.6 un concerto per strumento a tastiera, la cui caratteristica principale è quella di far esaltare la funzione del solista in chiave sia di guida che di virtuoso. Il concerto per viola, archi e basso continuo di J.S.Bach è la ricostruzione di un concerto andato perduto che il maestro di Lipsia aveva scritto di proprio pugno e poi riutilizzato per un concerto per cembalo (BWV 1053) e per tre movimenti di cantata con organo obbligato (BWV 169 e BWV 49). Wilfried Fischer ha potuto ricostruire questa musica consultando i manoscritti originali delle altre due fonti a noi rimaste, laddove le numerose correzioni che Bach operò altro non testimoniano che si tratti di trascrizioni. Alcuni fattori propriamente tecnici (quali il fatto che la ricostruzione della parte del solista si mantenga sempre nell’ambito di due ottave e mezzo, l’assenza di figure tipiche del linguaggio solistico - bariolage e arpeggi- per strumenti ad arco) fanno pensare che non si trattasse di un concerto per violino solista, ma per viola: difatti tali caratteristiche compaiono sovente nelle musiche bachiane per viola (Cantate e Concerti Brandeburghesi). Del concerto per violino in sol minore ci è pervenuta al contrario la partitura originale, ovvero la trascrizione dal concerto per clavicembalo BWV 1056. Bach aveva piena padronanza della scrittura per strumento ad arco, in particolar modo del violino (si ricordino i tre celebri concerti e le Sonate e Partite per violino solo), sicché riuscì a tradurre in parte di violino solo quella che precedentemente era stata creata per uno strumento a tastiera, sfruttandone la diversa profondità espressiva e mettendone in risalto il virtuosismo. Cristiana Vianelli 23 Frontespizio originale dei Concerti Grossi di F.S. Geminiani. Venerdì 1 ottobre – ore 20.45 Monastero di S. Pietro in Lamosa, Provaglio d’Iseo CELEBRAZIONI MARENZIANE Sabato 2 ottobre – ore 20.45 Teatro Comunale, Gottolengo messer Vicenzo Capirola, gentil homo bresano CONCERTO – SPETTACOLO per Due Liuti e Voce Narrante musiche e intavolature per liuti rinascimentali Testi a cura di Marco Bizzarini Luci e Spazio Scenico a cura di Andrea Gentili Liuti Voce Narrante Evangelina Mascardi - Michele Carreca Beatrice Faedi 25 Ottobre 2004. Sono passati quasi cinque secoli dall’epoca in cui Vincenzo Capirola scrisse le sue affascinanti composizioni per liuto. Il Rinascimento musicale ci appare oggi come un’epoca lontana, che tuttavia è ancora in grado di affascinare ed emozionare il pubblico del terzo millennio. All’inizio dello spettacolo si immagina che Vidal, allievo prediletto del Capirola, accompagni gli ascoltatori con i suoi ricordi, le sue rivelazioni, i suoi pensieri. I testi in prosa, che fanno da cornice al concerto, sono liberamente elaborati da fonti cinquecentesche e mettono in cortocircuito antico e moderno, italiano e vernacolo, linguaggio musicale ed extramusicale, registro serio e semiserio, dettagli informativi ed emozioni pure, al fine di evocare il mondo remoto in cui operò, con indubbio talento e geniale fantasia, l’antico gentiluomo bresciano. Marco Bizzarini Vincenzo Capirola (1474-ca.1550) Francesco Canova Da Milano (1497-1543) La vilanela Non ti spiaqua lascoltar.moteto bello Spagna a due lauti Vincenzo Capirola Recercar XIII.che solo mi sono bello. Padovana belissima,descorda come sancta trinitas Francesco Canova da Milano\ Johannes Matelart ( ? – 1604) Fantasia VI a due liuti Vincenzo Capirola Alberto da Rippa (ca. 1480-ca.1551) Josquin des Pres (ca. 1450-1521) Recercar quinto Vincenzo Capirola Joanambrosio Dalza (fl. XV sec.) Vincenzo Capirola Spagna tuta de fuge Saltarello e Piva *** *** Fantasia VII Allegez mois *** Ti…baleto da balar bello Recercar sesto.belo,a zanna del contarinj solo *** Vincenzo Capirola Padovana alla francese, bella e aierosa La musica di Vincenzo Capirola, originario di Leno in provincia di Brescia, rappresenta un caso unico nella letteratura per liuto della prima metà del ‘500, sia per la veste grafica, cioè un manoscritto riccamente decorato a mano, sia per il contenuto musicale, sia per l’ampia introduzione in cui tratta la tecnica, le ornamentazioni ed alcuni accorgimenti pratici su corde e legacci. Il manoscritto ha conosciuto recentemente una grande diffusione tra i liutisti di tutto il mondo essendo una fonte importante per lo studio e la pratica del repertorio. 26 Il programma è composto di brani del Capirola o da lui intavolati, per mano del suo allievo Vidal, tra cui la bellissima “padoana descorda” in cui l’autore trova effetti strumentali unici, i suggestivi ricercare di tradizione improvvisativa, intavolature di brani vocali, accostati a musica di liutisti contemporanei o della successiva generazione, come J.A. Dalza, A. da Ripa, F. da Milano, tutti di area lombarda, nel tentativo di cogliere la meraviglia di un’epoca d’oro della musica in Italia. Michele Carreca Sabato 9 ottobre – ore 20.45 Teatro San Carlino, Brescia Arcangelo Corelli (1653-1713) Sonata III Op.5 in Do Maggiore Adagio, Allegro, Adagio, Allegro, Allegro Tommaso Albinoni (1671-1750) dai “Trattenimenti Armonici” Sonata VIII in mi minore Grave, Allegro, Adagio, Allegro Georg Friedrich Haendel (1685-1759) Aria con Cinque Variazioni dalla III Suite per clavicembalo Johann Sebastian Bach (1685-1750) Sonata II per violino e cembalo obbligato in La Maggiore BWV 1015 / , Allegro, Andante un poco, Presto Johann Sebastian Bach Ciaccona dalla Partita II in Re minore per Violino solo BWV 1004 Johann Sebastian Bach Sonata III per violino e cembalo obbligato in Mi Maggiore BWV 1016 Adagio, Allegro, Adagio ma non tanto, Allegro Stefano Montanari violino Valeria Montanari clavicembalo 27 Lunedì 11 ottobre – ore 18.00 Loggetta ex Monte di Pietà, Brescia CONFERENZA A cura di Officina Musicale “Brescia e la liuteria barocca italiana” relatore Carlo Chiesa 28 PREMESSA Durante gli ultimi 500 anni, gli strumenti musicali hanno subito una costante evoluzione che li ha portati ad avere la fisionomia che oggi conosciamo. Questo processo di continua trasformazione, che rispondeva ad una necessità di aumentare l’estensione degli strumenti, facilitarne l’emissione del suono, ottimizzarne la resa acustica e perfezionarne l’intonazione, andava di pari passo con l’affinamento delle tecniche costruttive, della lavorazione dei materiali, e con l’acquisizione di nuove cognizioni in campo fisico-acustico. È quindi molto problematico, nella quasi totalità dei casi, definire quali siano le forme ‘classiche’ che possano oltrepassare determinati limiti temporali; tuttavia un’eccezione è rappresentata dalla famiglia delle viole da braccio. Questi strumenti, disegnati dai grandi liutai lombardi verso la metà del Cinquecento, hanno mantenuto, sia pure con qualche eccezione relativa alla lunghezza della tastiera e all’inclinazione del manico, la loro forma originale, senza mutare nel tempo la loro morfologia sostanziale. Piuttosto, nell’arco di 500 anni, solo alcune taglie di questa famiglia sono sopravvissute, mentre altre sono state abbandonate per motivi di natura diversa. In particolare due taglie di violino sono state utilizzate almeno per una buona parte del Seicento ed anche più tardi, ma sono poi cadute in disuso né sono oggi utilizzate se non per scopi particolari: il violino piccolo e la viola tenore. 1 Sul primo strumento esiste una bibliografia copiosa e recente , mentre occorre ancora far luce sulla storia e sulle tipologie di utilizzo delle viole da braccio di grandi dimensioni. A questa categoria appartiene la viola costruita da Antonio e Girolamo Amati nel 1620. ANTONIO STRADIVARI, VIOLA TENORE ‘MEDICEA’, 1690 1 Cfr. LICIA SIRCH, “«Violini piccoli alla francese» e «Canto alla francese» nell’Orfeo (1607) e negli «Scherzi musicali» (1607) di Monteverdi”, in: Nuova Rivista Musicale Italiana, 1 (1981; CRISTINA MENZEL SANSÒ, Violini piccoli e violini piccoli alla francese, tesina per il Corso di Organolgia, Università degli studi di Pavia, Scuola di Paleografia e Filologia Musicale, a. a. 1997-1998; MARGARET DOWNIE BANKS, “The violino piccolo and other small violins”, in: Early Music, November (1990. Desidero ringraziare la professoressa Elena Ferrari Barassi per avermi aiutato nel reperimento di una bibliografia aggiornata su questo argomento. 29 L’idea di un complesso omogeneo di strumenti appartenenti alla stessa famiglia, tipico della musica rinascimentale, risponde all’esigenza di poter ricoprire l’ambitus dei consueti registri vocali, cioè canto, alto, tenore e basso. Questa immagine appare molto ben radicata e correlata ad alcune famiglie di strumenti (si pensi al consort di viole da gamba o di tromboni), mentre l’estensione alla famiglia di viole da braccio rimane tuttoggi piuttosto inapplicata2. Tra le numerose testimonianze documentarie, particolarmente interessanti risultano essere quelle delle Scuole Grandi veneziane, le quali, quasi totalmente abbandonata l’originaria pratica ascetica, a partire dal XV secolo investono denaro ed energia in fastose celebrazioni nelle quali la musica aveva un ruolo 3 predominante . A titolo esemplificativo riportiamo gli strumenti elencati un documento datato 10 luglio 1558, in cui vengono annotati i nominativi e l’organico completo di una compagnia di suonatori 4 assunti dalla Scuola Grande di San Marco : Questi sono li sonadori [di violini] eletti: per falseto, s[ignor] Piero per sopran, s[ignor] Antonio per alto, s[ignor] Francesco per tenor, s[ignor] Piero per basso, s[ignor] Andrea per basson, s[ignor] Andrea Documenti analoghi riportano quasi sempre formazioni a sei parti, designate secondo la consuetudine rinascimentale con i nomi dei registri vocali corrispondenti, dove la parte acuta è affidata al falsetto e al soprano, la parte mediana è affidata all’alto e al tenor, e la parte più grave al basso e al bassone. Nessuna difficoltà presenta l’identificazione del soprano, corrispondente al moderno violino. Il falsetto corrisponde invece ad una taglia ridotta di violino, probabilmente accordata una quarta sopra il violino moderno; è lo stesso strumento chiamato violino piccolo da Claudio Monteverdi e menzionato nell’organico di Orfeo, ma ancora utilizzato, tra gli altri, da Johann Sebastian Bach per il I Concerto Brandeburghese (BWV 1046) e in alcune cantate5. Particolarmente esemplificativo per questa taglia di 2 Cfr. RODOLFO BARONCINI, “Il complesso di «violini»: diffusione, funzioni, struttura e «fortuna» di un assieme cinquecentesco poco noto, in: Revista de musicologia, 6 (1993; DIETRICH KÄMPER, Studien zur instrumentalen Ensemblemusik des 16. Jahrhunderts in Italien, in Analecta Musicologica, 10 (1970), traduzione italiana: La musica strumentale nel Rinascimento: studi sulla musica strumentale d'assieme in Italia nel XVI, Torino, ERI, 1976. 3 Cfr. RODOLFO BARONCINI, “Contributo alla storia del violino nel sedicesimo secolo: i «sonadori di violini» della Scuola Grande di San Rocco a Venazia”, in: Recercare 1 (1990) 4 5 30 Cfr. Baroncini, op. cit. La Cantata n. 96, Herr Christ, der einge Gotteshon e la cantata n. 140, Wachet auf, ruft uns die Stimme strumento, sia per lo stato di conservazione, sia per la struttura ancora completamente originale, risulta essere lo strumento costruito dai fratelli Amati nel 1613 conservato presso lo The Shrine to Music Museum6. Questa tipologia di violini, chiamati da Prætorius7 klein discant geig, risulta avere una lunghezza della cassa di compresa tra i 23 e i 27 cm., tale da permettere un’accordatura più alta di una quarta rispetto a quella del violino normale, e cioè, sempre secondo il trattato di Prætorius, Il violino piccolo, modernamente ed in parte erroneamente definito pochette, rispondeva all’esigenza di coprire un registro più alto di quello del violino ‘ordinario’ e offriva la possibilità di eseguire parti altrimenti irrealizzabili prima che l’uso delle posizioni acute diventasse una tecnica normalmente utilizzata sullo strumento8. Tornando all’elenco della Scuola grande di San Marco, troviamo altri quattro strumenti: l’alto, il tenor, il basso (più spesso chiamato bassetto) e il bassone. Risulta piuttosto scontato individuare nell’alto la viola contralto (cioè la viola odierna); anche il bassone coinciderebbe con una tagli grande di violino (di dimensioni maggiori rispetto al violoncello) e non mi sembra del tutto plausibile identificare in questo strumento un ‘contrabbasso da gamba9’. I rimanenti due elementi, cioè il tenore e il bassetto identificano invece due taglie di strumento più grandi della viola e più piccole del moderno violoncello, attualmente cadute in disuso, ma che rivestirono un ruolo importante per un periodo di tempo che andò ben oltre il Cinquecento. VIOLINO PICCOLO STRADIVARI (1717) E SUO RAPPORTO CON UNA TAGLIA ORDINARIA DI VIOLINO 6 Due altri strumenti analoghi per dimensioni sono lo Stradivari del 1720 e il Guarnieri del 1735 conservati nella Schambach Collection 7 Cfr. MICHAEL PRÆTORIUS, Syntagma musicum. Vol II: De organographia, Wolfenbüttel, 1619 8 Cfr. DAVID D. BOYDEN, The history of violin playing from its origins to 1761 and its relationship to the violin and violin music, Oxford University Press 1967. 9 Cfr. BARONCINI, op. cit. Mi sembra poco plausibile l’inserimento in una famiglia di strumenti omogenea l’introduzione di uno strumento appartenente ad una tipologia differente. 31 Uno studio delle accordature e delle tipologie delle viole di grandi dimensioni risulta piuttosto difficoltoso per molteplici ragioni, e in particolare perché in un’epoca in cui il diapason (pitch) poteva essere estremamente variabile10, accordature distanti un tono tra di loro possono identificare invece un medesimo risultato sonoro. Credo sia comunque estremamente interessante una visione comparata di queste accordature, fornite 11 principalmente da tre teorici: Adriano Banchieri, Michael Prætorius e Ludovico Zacconi . violino piccolo violino viola contralto viola tenore / bassetto basso di violino (violoncello)12 Del violino piccolo si è già parlato in precedenza; l’accordatura del violino è identica a quella moderna e il fatto che Adriano Banchieri riporti anche un’accordatura in fa, distante un tono dall’ordinaria in sol non ci deve stupire per i motivi di variabilità di diapason di cui si è detto. Anche l’accordatura della viola contralto e del basso di violino sono identiche a quelle attuali, e lo stesso discorso fatto per le due accordature del violino si può applicare a quelle del basso di violino. 10 Cfr. ALEXANDER J. ELLIS e ARTHUR MENDEL, Studies in the history of musical pitch, Da Capo Press 1968; BRUCE HAYNES, “Pitch in northern Italy in the sixteenth and seventeenth centuries”, in: Recercare 1 (1994). 11 Le accordature riportate nella tabella compaiono nei seguenti trattati: LODOVICO ZACCONI, Prattica di musica,vol. I e II, Venetia, 1592 e 1622; ADRIANO BANCHIERI, Conclusioni nel suono dell'organo, Bologna, 1609; ADRIANO BANCHIERI, L'organo suonarino, Venezia, 1605; MICHAEL PRÆTORIUS, Syntagma musicum. Vol II: De organographia, Wolfenbüttel, 1619 12 Dal momento che il termine ‘violoncello’ verrà usato solamente a aprtire dalla fine del Seicento, ed il termine ‘violone’ risulta troppo vago, chiamerò col termine ‘basso di violino’ uno strumento con l’accordatura pressochè identica a quella del moderno violoncello, ma di dimensioni maggiori. 32 Alcune considerazioni vanno invece fatte relativamente alle due accordature della viola tenore e del bassetto. Se consideriamo l’estensione di ogni strumento, notiamo che le sole tre corde più acute ricoprono esattamente un registro vocale corrispondente: soprano - violino contralto - viola tenore - bassetto basso - basso di violino In particolare, il violino e il violino piccolo coprono l’estensione di un soprano, mentre la viola tenore colma il divario tra la voce di contralto e quella di basso. Se analizziamo la tabella con l’occhio del musicista o del liutaio del XXI secolo, potremmo banalmente asserire che in realtà l’estensione della viola tenore è interamente coperta da quella del basso di violino (per il registro grave) e dalla viola contralto (per il registro acuto), ma se mettiamo in relazione questa taglia di strumento con le attuali conoscenze sulla storia della fabbricazione delle corde, capiremo la ragione dell’esistenza della viola tenore e i motivi della sua scomparsa. L’utilizzo standardizzato di corde di metallo sugli strumenti ad arco, escluso qualche tentativo sperimentale, risale solamente alla metà del secolo scorso13; fino a quell’epoca il budello nudo era il materiale normalmente usato per le tre corde più acute, mentre solo quarta corda utilizzava budello (e in alcuni casi seta) rivestito di un filo d’argento o di rame. Nonostante sin dal 1670 si conoscesse l’esistenza delle corde rivestite, questa tipologia di corde non venne utilizzata immediatamente: sulla terza corda del violino venne adottata solamente nel secolo scorso, parallelamente alle corde di metallo per creare uniformità nel passaggio di registro, mentre dall’inizio del XVIII secolo venne normalmente utilizzata come quarta corda. La necessità di utilizzare corde ricoperte nasceva dal fatto che corde di budello dai diametri troppo grossi non producevano un timbro soddisfacente; era quindi necessario aumentare il peso specifico del budello: già dalla seconda metà del XVI secolo, infatti, si conoscevano sistemi chimici che prevedevano l’utilizzo del mercurio per migliorare le prestazioni acustiche di corde grosse. 13 I primi utilizzi delle corde di metallo sul violino risalgono all’ultimo decennio del XIX secolo, da parte degli americani Willy Burmeister e Anton Witek. Nonostante gli indubbi vantaggi del metallo dal punto di vista della tenuta dell’intonazione, questo nuovo materiale non venne utilizzato in Europa fino a dopo la II Guerra Mondiale, quando la difficoltà nel reperire budello di buona qualità convinse presto i musicisti ad adottare corde in metallo. Il budello, comunque, venne sempre ritenuto da parte dei grandi violinisti, un materiale dalle qualità sonore superiori: le registrazioni effettuate negli anni ‘40 da Jascha Heifetz dei grandi concerti per violino e orchestra utilizzano ancora corde di budello. 33 Studiando le dimensioni degli strumenti della famiglia delle viole da braccio da questa prospettiva si percepisce chiaramente come lo strumento sia ottimizzato proprio per l’utilizzo del budello come materiale per le corde. Ma procediamo con ordine. Quando una corda di un materiale qualsiasi viene progressivamente tesa tra due punti fissi (la lunghezza vibrante), si giunge, ad un certo momento, ad un’altezza di frequenza in cui la corda si spezza di netto. A parità di lunghezza vibrante, è possibile aumentare la frequenza di una corda variandone il diametro o la tensione; queste due operazioni non sono però ripetibili all’infinito: infatti oltrepassando una determinata tensione o scendendo sotto un certo diametro la corda si rompe. Dal punto di vista fisicoacustico, esiste un coefficiente, detto ‘indice di rottura di una corda’, che definisce, per una determinata lunghezza vibrante, la frequenza massima ottenibile da una corda affinché questa non si spacchi. L’indice di rottura varia a seconda del materiale del quale è composta la corda; per il budello ha un valore di circa 220 Hertz per metro lineare14 . La formula che mette in relazione la frequenza massima ottenibile (in Hertz), la lunghezza vibrante (in metri) e l’indice di rottura è la seguente : frequenza max. = 220 lunghezza vibrante Da questa formula possiamo ricavare la lunghezza vibrante alla quale la corda si romperà di netto, dividendo l’indice di rottura per la frequenza di intonazione richiesta: lunghezza vibrante max. = 220 frequenza data Considerando, ad esempio, la frequenza del cantino di una violino, per un ipotetico la corista seicentesco di 415 Hz. (cioè mi4 = 622 Hz.), e ipotizzando un diapason dello strumento di 0,32 metri, ecco che la lunghezza vibrante teorica in cui il cantino si spezzerà sarà pari a 35 cm: basta dividere l’indice di rottura per la frequenza del mi. La scelta della lunghezza vibrante di lavoro dovrà considerare un accorciamento prudenziale di questa lunghezza limite (da 35 cm a 32 cm.). 14 L’indice di rottura di una moderna corda di budello è compreso tra 220 e 290 Hz./ mt, pari ad una media di circa 260 Hz/mt cui corrispondono appunto 34 Kg/mm2 di carico di rottura. Ciò sta a significare che alla lunghezza vibrante di un metro una corda si romperà, almeno in via teorica, a 260 Hz. 34 Proviamo ora ad applicare la stessa formula matematica alla viola tenore e al basso di violino, presupponendo come frequenza delle corde più acute (sempre con un corista a 415 Hz.) rispettivamente 311 Hz. (mi3) e 208 Hz. (la2): Viola tenore: 220 = 0,70 m. 311 220 = 1,05 m. 208 Risulta subito evidente che i risultati ottenuti forniscono una valore di molto maggiore rispetto alla lunghezza reale della corda vibrante della viola tenore e del basso di violino (rispettivamente e all’incirca 0,42 m. e 0,68 m.). Nella valutazione di questi risultati occorre infatti considerare un altro fattore: mano a mano che una corda di budello aumenta di sezione – in condizioni di parità di tensione e di lunghezza vibrante – questa raggiunge frequenze sempre più gravi, ma la resa acustica, dal punto di vista della potenza sonora, della ricchezza di armonici e della persistenza di suono, si riduce sempre di più fino a raggiungere – oltre certi calibri – livelli assolutamente insoddisfacenti. Volendo perciò salvaguardare al meglio le prestazioni nel registro basso e non disponendo di altri materiali se non del budello, l’unica strada percorribile dai liutai del tempo fu dunque quella di ricercare la massima lunghezza vibrante. In questo modo si poteva infatti sperare di ridurre il più possibile il diametro delle corde ed ottenere da loro la migliore sonorità. Il rapporto ideale tra l’estensione sonora e le dimensioni dello strumento, che nel violino aveva trovato un’ideale applicazione, non poteva essere utilizzato con altrettanto successo su strumenti più gravi. Ciò avrebbe comportato la costruzione di strumenti con dimensioni elevate, difficilmente utilizzabili con un’accordatura per intervalli di quinta, poco pronti all’agilità e al virtuosismo. Comunque, fintato che non si arrivò a scoprire una serie di tecniche atte a migliorare le prestazioni acustiche delle corde basse (in una prima fase, come si è visto, attraverso l’ ‘appesantimento’ chimico, poi con il rivestimento metallico) l’utilizzo di taglie grandi di strumenti fu necessario per eseguire le parti più gravi. VIOLONCELLO ORDINARIO (A DESTRA) E IL VIOLONCELLO ‘MEDICEO’ 35 In particolare la viola tenore (o bassetto) poteva coprire il registro più grave della viola contralto utilizzando però le prime tre corde, acusticamente migliori, e contemporaneamente consentiva l’esecuzione di una linea di basso agile e veloce, realizzabile con difficoltà su strumenti di grande dimensioni. Questo basso ‘di velocità’ non era facilmente eseguibile sul basso di violino, normalmente più grande di un moderno violoncello . Comparando le estensioni dei singoli strumenti è possibile notare che il passaggio da una taglia a quella più grave amplia l’estensione verso il basso solamente di una quinta o talvolta di una quarta: Il vantaggio dell’aumento dimensionale non va quindi individuato esclusivamente nel guadagno di una quinta (o una quarta) nelle note più gravi (sulla quarta corda), ma in un miglioramento acustico generale delle corde centrali. Il perfezionamento della tecnica costruttiva del budello, unitamente all’invenzione delle corde filate portò ad una rapida estinzione della taglia tenore della viola. Da una parte, la viola contralto poteva contare su di un registro grave efficiente dal punto di vista acustico, con una terza ed una quarta corda ricche di armonici e dal volume equilibrato rispetto alle corde più acute. Dall’altro era possibile costruire taglie basse di violino di dimensioni ridotte, che avrebbero portato, nel Settecento, alla nascita del violoncello; questo strumento non poneva più i limiti del basso di viola, sul quale non era del tutto agevole eseguire linee di basso agili e veloci a causa delle dimensioni, ed avrebbe permesso lo sviluppo di una letteratura solistica importante per la copiosità e per la qualità. Già dal Seicento, ma in particolare durante il XVIII, secolo si parlerà di viola tenore per indicare uno strumento presumibilmente di taglia poco più grande di una viola contralto, accordata però come quest’ultima; l’utilizzo di strumenti più grandi avrebbe infatti garantito un registro basso più potente, utilizzando una lunghezza vibrante maggiore, necessaria fino all’avvento delle corde ricoperte. 36 La tendenza generalizzata e progressiva alla riduzione delle dimensioni delle viole, dovuta principalmente a motivi di comodità esecutiva, sarà motivo di lamentela da parte di Richard Wagner che caldeggiò l’introduzione nelle orchestre moderne di una viola di grandi dimensioni progettata dal violista Hermann Ritter (1849-1926). Questo strumento, ‘inventato’ nel 1876 e chiamato viola alta, aveva dimensioni simili alla viola tenore rinascimentale con una lunghezza della cassa di 48 cm, ed aveva proporzioni di 3 a 2 rispetto al violino. Venne costruita a Wurzburg dal liutaio Karl Adam Hörlein (1829-1902) e la sua introduzione nelle orchestre avrebbe dovuto rafforzare la debolezza del registro centrale della sezione degli archi. Nella revisione del 1905 del Grand Traité d’Instrumentation et d’Orchestration Modernes di Hector Berlioz, il curatore, Richard Strauss, espresse opinione favorevole all’introduzione della viola di Ritter nelle orchestre, ma senza risultati. La seconda metà del XIX secolo vide molti nuovi tentativi di riprogettazione della viola, sia aumentandone le dimensioni per potenziarne la sonorità, sia riducendone il disegno per facilitare l’esecuzione15. In questa ‘instabilità’ morfologica, dovuta essenzialmente all’evoluzione della tipologia delle corde, va individuata la mancanza di una letteratura importante per lo strumento solista, che, come ho illustrato, non è mai riuscito ad ottenere, se non in tempi recenti, un’ottimizzazione delle prestazioni acustiche e della praticità esecutiva. La stessa causa, cioè l’introduzione di corde più performanti, ha decretato la scomparsa della viola tenore, ed ha, almeno in parte, condizionato un tipo di scrittura musicale a 4 parti, tipica della musica del barocco italiano. 15 Cfr. l’articolo, scritto nel 1969 da Hans Bender, ma mai pubblicato, reperibile esclusivamente su internet: HANS BENDER, The Tenor Violin, www.angelfire.com/md2/customviolins/tenorviolin.html 37 Martedì 12 ottobre – ore 20.45 Salone della Civica Biblioteca Queriniana, Brescia CICLO INTEGRALE DELLE SUITES DI J.S.BACH PER VIOLONCELLO Suite III in Do maggiore BWV 1009 Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Bourrée I e II, Gigue Suite I in Sol maggiore BWV 1007 Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Menuet I e II, Gigue Suite VI in Re maggiore BWV 1012 Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Gavotte I e II, Gigue Gaetano Nasillo Violoncello e violoncello piccolo Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Brescia Ingresso ad inviti 38 LE SUITES PER VIOLONCELLO Non sapremo mai perchè J.S. Bach scrisse le sue Sei Suites per violoncello solo. Composte con ogni probabilità per omaggiare uno dei due virtuosi di corte a Köthen (Christian Bernhard Lünecke oppure Christian Ferdinand Abel, violista da gamba ma anche esperto violoncellista), questi capolavori nascono quasi sicuramente per esigenze pratiche, potremmo forse essere addirittura in presenza di musica “didattica” (la prima edizione delle suites, edita nel 1824 da Janet e Cotelle e redatta da Pierre Norblin riporta curiosamente nel frontespizio l’indicazione “six sonates ou etudes pour le violoncelle”). Nacquero, quindi, questi sei capolavori tra il 1717 e il 1723, quasi come pendant delle sei sonate e partite per violino solo. Naturalmente non possiamo essere certi che invece non si tratti di musica assoluta, ossia senza destinatario e scritta per puro furore creativo. Difficile sapere cosa spinse Bach a scrivere le sue suites per violoncello e per quale motivo si dedicò a uno strumento ancora poco affermato dal punto di vista solistico, il contatto con i due virtuosi di corte deve sicuramente averlo stimolato. In ogni caso colpisce il fatto che Bach, che all’epoca era già un compositore affermato, difficilmente avrebbe scritto la bellezza di sei suites senza un’adeguato compenso, a meno che non fossero composizioni destinate all’educazione della sua famiglia. È stupefacente come il compositore dimostri profonda dimestichezza con lo strumento, sfruttando appieno le posizioni della mano sinistra e le diversità timbriche delle varie corde, ampiamente utilizzate nei giochi di imitazione tra voci virtualmente diverse e nelle figurazioni ritmiche più peculiari, nelle sperimentazioni con la scordatura e nell’aggiunta di una quinta corda nel caso della sesta suite. Tutto questo farebbe pensare ad una grande familiarità con il violoncello, che va ben oltre la conoscenza dello strumento tramite i musicisti frequentati. Strutturalmente queste suites seguono un’ordine intrinseco che sottolinea un’ unità soggiacente ai sei lavori. Bach voleva ovviamente che le suites fossero considerate non come una serie arbitraria di pezzi, ma come un ciclo sistematicamente concepito. Rispetto alle altre raccolte di suites bachiane, queste per violoncello sono le più consistenti nella successione dei movimenti. Il modello base è quello classico dell’epoca, che comprende allemanda, corrente, sarabanda, giga. A questi movimenti Bach aggiunge poi una coppia di danze, rispettando un disegno simmetrico che prevede nella I e II due minuetti, due bourrée nella III e IV e infine due gavotte nella V e VI, il tutto preceduto da un preludio libero a carattere improvvisativo (fa eccezione il preludio della V suite, una vera ouverture francese), secondo una pratica importata dalla Francia. Singolare è poi il caso della VI suite, scritta per un violoncello a cinque corde. Si tratta di uno strumento di taglia quasi normale a cui è stata aggiunta una corda acuta supplementare - un mi al di sopra della prima corda - che dà al violoncello un suono più brillante e al compositore la possibilità di sfruttare al meglio il registro acuto anche con l’utilizzo di doppie corde, che altrimenti sarebbero di difficilissima esecuzione su un violoncello normale. In queste suites la natura monodica dello strumento - il fatto cioè che il violoncello non si presti, se non in via eccezionale, all’esecuzione di più suoni contemporaneamente - viene trascesa da una scrittura dalle implicazioni armoniche e polifoniche di assoluta raffinatezza e complessità; il violoncello, al pari del violino nelle analoghe composizioni, diviene capace, con geniali artifici compositivi (per esempio l’alternanza tra le note del registro grave e le note del registro medio-acuto dello strumento), di creare l’illusione di due linee melodiche contemporanee. Emozione e dottrina, arte e tecnica. Gaetano Nasillo 39 Pagina autografa dalla copia delle Suites, di Anna Magdalena Bach. Venerdì 15 ottobre – ore 20.45 Auditorium San Salvatore, Rodengo Saiano CELEBRAZIONI MARENZIANE OV’E’ CONDOTTO IL MIO AMOROSO STILE La poesia del Petrarca in musica: il Madrigale Per celebrare il 7° anniversario della nascita di Francesco Petrarca (1304 – 2004) Cipriano De Rore (1516 - 1565) Crudele acerba inexorabil morte Luca Marenzio (1553 ca. - 1599) Da “Madrigali a quatro, cinque et sei voci, Libro Primo” G. Vincenti, 1588 Se la mia vita – Pur mi darà (II parte) Ov’è condotto il mio amoroso stile? Da “Terzo libro de’ Madrigali a 5 voci” A. Gardano, 1582 Ohimè il bel viso – Per voi conven ch’io arda (II parte) Da “Madrigali a quatro voci….Libro Primo” A.Gardano, 1585 Tutto’l dì piango – Lasso che pur (II parte) Ahi, dispietata morte Hor vedi, Amor O bella man – Candido leggiadretto e caro (II parte) Zefiro torna – Ma per me lasso (II parte) Da “Quinto libro de’ Madrigali a 5 voci” Herede di G. Scotto, 1585 Due rose fresche – Non vede un simil par (II parte) Da “ Nono libro de’ Madrigali a 5 voci” A.Gardano, 1599 Solo e pensoso – Si ch’io mi credo (II parte) Claudio Monteverdi Da “Il sesto Libro de’ Madrigali a 5 voci” R. Amadino, 1614 (1567 - 1643) Ohimè il bel viso Zefiro torna e’l bel tempo rimena ENSEMBLE VOCALE VENETO Cristina Miatello - Lavinia Bertotti Paolo Costa Michele Da Ros Andrea Favari Soprani Contralto Tenore Basso 41 Potrà forse stupire il fatto che uno dei grandi padri del madrigale cinquecentesco non sia un compositore bensì un letterato e trattatista: Pietro Bembo. Certo è che le sue Prose della volgar lingua (prima edizione 1525) racchiudono concetti di poetica che eserciteranno un influsso decisivo sulla musica profana di tutto il Cinquecento. Idea squisitamente bembesca è quella relativa all’eccellenza assoluta del Petrarca: le rime del Canzoniere dovevano costituire il modello imprescindibile per ogni poeta italiano. Ed ecco che la straordinaria fortuna del modello si estende immediatamente all’ambito della musica vocale, tanto che la poesia del Petrarca - e non quella di Dante - detiene il primato del maggior numero d’intonazioni da parte dei musici madrigalisti. Pietro Bembo, reinterpretando in chiave moderna il De oratore di Cicerone, illustra due categorie concettuali altrettanto presenti nella poesia e nella musica del Rinascimento: la gravità e la piacevolezza. Gravi sono la dignità, la maestà, la magnificenza, la grandezza. Piacevoli la grazia, la soavità, la vaghezza, la dolcezza, gli scherzi, i giuochi. E proprio il Petrarca - conclude Bembo - «l’una e l’altra di queste parti empié maravigliosamente, in maniera che scegliere non si può in quale delle due parti egli fosse maggior maestro». L’itinerario proposto dal concerto dell’Ensemble Vocale Veneto è dedicato a tre sommi maestri del madrigale in profonda sintonia con la poesia petrarchesca: Cipriano de Rore, Luca Marenzio e Claudio Monteverdi. In Rore si attua una confluenza della tradizione polifonica fiamminga nell’alveo ideologico degli umanisti italiani. La sua celebre intonazione di Crudele acerba inexorabil morte (seconda stanza della sestina doppia Mia benigna fortuna) presenta soluzioni espressive d’avanguardia per un brano del medio Cinquecento, con intervalli melodici ampi e forti tensioni armoniche. Predomina in questo madrigale una cupa, formidabile gravitas. Nella ricca produzione di Marenzio, i versi del Petrarca rappresentano una costante fonte d’ipirazione, dagli anni giovanili sino alle raccolte più mature. Un meraviglioso equilibrio classico viene raggiunto nei madrigali a quattro voci del 1585: autentici capolavori sono Ahi dispietata morte, frammento di ballata percorsa da forti accenti patetici, e Ze- 42 firo torna, celebre sonetto che alla piacevolezza delle immagini primaverili contrappone il disperato sfogo del poeta. Ha carattere programmatico il singolare Libro de’ madrigali a quattro, cinque e sei voci del 1588, dedicato al conte veronese Mario Bevilacqua, sensibile cultore di musica. Nella premessa, Marenzio dichiara di aver mutato maniera alla ricerca di una «mesta gravità». Tale svolta è sottolineata dalla seriosa intonazione della stanza petrarchesca Ov’è condotto il mio amoroso stile?. Procedendo in questo cammino si approda allo straordinario Nono libro de’ madrigali a cinque voci (1599), pubblicato da Marenzio pochi mesi prima della morte. Vi regna ancora Petrarca, anche se in apertura di libro, per dichiarare le intenzioni stilisticamente agguerrite del madrigalista, compare un’intonazione dantesca (Così nel mio parlar vogl’esser aspro). Il celebre sonetto Solo e pensoso trova nel maestro di Coccaglio una rappresentazione musicale di sbalorditiva efficacia: la lenta linea cromatica del primo verso lascia già presagire l’armonia wagneriana della Tetralogia. Che vi fosse un intimo, spirituale legame fra la poesia del Petrarca ed i madrigali di Marenzio risultò evidente agli osservatori più attenti dell’epoca. Alessandro Guarini, figlio del poeta Battista, nel dialogo Il farnetico savio (1611) paragonò Luzzaschi e Gesualdo, compositori noti per le loro «durezze», a Dante, mentre Marenzio, maestro di dolcezza, veniva piuttosto accostato al Petrarca. Ma l’autore tenne a precisare che «la lode dell’uno è senza il biasimo dell’altro, e come ciò non dee dirsi del Luzzasco né del Marenzio, così tanto meno de’ duoi Poeti». Con Marenzio pareva che l’arte madrigalesca applicata ai versi del cantore di Laura avesse raggiunto vette insuperabili. Di quest’opinione, probabilmente, era anche il giovane Monteverdi, se esitò così tanto prima di cimentarsi col Canzoniere e dunque con i compositori delle precedenti generazioni. Al maturo Sesto libro del 1614 appartiene il madrigale Zefiro torna, già intonato trent’anni prima da Marenzio. Il rinnovato gusto melodico del XVII secolo, incline ai tempi ternari di carattere danzante, conferisce alla pagina quel sapore irresistibile che è ormai tipico del primo Barocco. Marco Bizzarini Il territorio bresciano in una xilografia del XVI secolo. In basso a sinistra, l’abitato di Coccaglio (Cagallium), paese natale di Marenzio. A destra del fiume Mella, la città di Brescia (da E. Capriolo, Chronica de rebus Brixianorum, Brescia 1505). Sabato 16 ottobre – ore 20.45 Chiesa di S. Antonio, Breno Il Divertimento Concertante Carl Stamitz (1745-1801) Quintetto concertante op.11, Nr. 1 in Es a Oboe, 2 Viole, Corno e Basso Allegro Andante Presto Florian Leopold Gassmann (1729-1774) Divertimento in B a due Viole e Violone Allegretto Andante Menuetto, Grazioso Allegro Johann Michael Haydn (1737-1806) Divertimento in C, P 98 a Oboe principale, Viola e Violone Allegro molto Menuet – Trio Aria. Adagio Menuetto – Trio Andante con Variationi Presto *** Florian Leopold Gassmann Divertimento in Es a due Viole e Violone Allegretto Andante Menuetto, Grazioso Allegro Carl Stamitz Quintetto concertante op.11, Nr. 3 in Es a Oboe, 2 Viole, Corno e Basso Allegro di molto Andante moderato Presto PICCOLO CONCERTO WIEN Alfredo Bernardini Dileno Baldin Johanna Gamerith Francesco Lattuada Roberto Sensi 44 oboe corno viola viola violone Ma chi l’ ha detto che la musica da camera “è” il quartetto per archi? In questo programma ci sforziamo di dimostrare che la ricchezza e la varietà degli organici cameristici è praticamente illimitata e, particolarmente ai tempi di Karl Stamitz e Franz Joseph Haydn, il quartetto rappresenta solo una delle possibilità a disposizione di un compositore. Contemporaneamente vengono presentati in concerto brani di musicisti oggi forse non notissimi, ma che senza il loro lavoro di preparazione e codificazione di forme e linguaggio, non avrebbero reso possibile il raggiungimento delle vette espressive di Mozart, Beethoven o addirittura di Schubert. Il tutto viene proposto su strumenti storici o copie fedeli di strumenti antichi; questo per salvare anche il caratteristico colore, equilibrio ed articolazione che possiede la musica da camera dell’epoca. Roberto Sensi Concerto, particolare. Stampa (XVIII secolo). Milano, Civica Raccolta Stampe Bertarelli 45 Lunedì 18 ottobre – ore 20.45 Chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, Lonato Suore Ancelle - Entrata da via Parolino Il Divertimento Concertante Franz Anton Hoffmeister (1754-1812) Quintetto in Es a Corno, due Violini, Viola e Basso Allegro Rondo Florian Leopold Gassmann (1729-1774) Divertimento in B a due Viole e Violone Allegretto Andante Menuetto, Grazioso Allegro Carl Stamitz (1745-1801) Orchesterquartett in F a due Violini, Viola e Basso Allegro assai Andante, ma Allegretto Presto assai *** Florian Leopold Gassmann Divertimento in Es a due Viole e Violone Allegretto Andante Menuetto, Grazioso Allegro Carl Stamitz Quintetto concertante op.11, Nr. 2 in E a Violino, due Viole, Corno e Basso Andante moderato Rondeaux PICCOLO CONCERTO WIEN Dileno Baldin Jen Ping Chien Johanna Gamerith Francesco Lattuada Roberto Sensi 46 corno violino violino e viola viola violone Venerdì 22 ottobre – ore 20.45 Chiesa della Madonna Scoperta, Lonato La strada verso il Classicismo Johann Baptist Wendling (1723-1797) Sonata in Mi minore per flauto e b.c. Moderato, Andantino, Presto C. Ph. E. Bach (1714-1788) Sonata in Fa minore Wq 57/6, per clavicembalo Allegro assai, Andante, Rondò Johann Gottfried Müthel (1728-1788) Sonata in Re maggiore per flauto e b.c. Adagio, Allegro ma non troppo, Cantabile *** Johann Baptist Vanhal (1739-1813) Sonata in Re maggiore op. 17 n. 1 Allegro moderato, Andante moderato, Allegretto Anton Stamitz (1754-1809) Rondò capriccioso per flauto solo Allegretto giocoso Friedrich Wilhelm Heinrich Benda (1745-1814) Sonata in Mi maggiore op. 5 n. 3 Allegro, Siciliano, Rondò, Allegretto Marco Brolli, flauto traverso Francesca Bascialli, clavicembalo 47 Sabato 23 ottobre - ore 18 Varsavia, Istituto Italiano di Cultura Ul. Marszakowska 72 CELEBRAZIONI MARENZIANE PETRARCA E MARENZIO Liriche petrarchesche nelle intonazioni di Marenzio e D’India Luca Marenzio (1553 ca. - 1599) dal Libro Primo di Madrigali a 4 voci, Roma 1585 Non vidi mai dopo notturna pioggia Ahi dispietata morte, ahi crudel vita Fanciscus Bossinensis (secc. XV-XVI) dal Libro Primo, Venezia 1509 Che debbo far Alberto da Mantova (fl. XVI sec.) Passi sparsi Luca Marenzio Zefiro torna, e ‘l bel tempo rimena Ma per me, lasso, tornano i più gravi ( seconda parte) Sigismondo D’India (1580 ca. - 1629) Musiche ad 1 e 2 voci- Libro Primo, Milano 1609 Io viddi in terra angelici costumi Dal Libro Terzo, Milano 1618 Tutto il di piango Alessandro Piccinini (1566 - 1639 ca.) Toccata Terza Cromatica Sigismondo D’India Voi che ascoltate Or che il cielo e la terra Dal Libro Terzo, Milano 1618 Emanuelea Galli Gabriele Palomba soprano tiorba e liuto Marco Bizzarini relatore Durante l’incontro verrà presentato il numero monografico Luca Marenzio i jego epoka (Luca Marenzio e la sua epoca) della rivista edita dall’Instytut Sztuki Polskiej Akademii Nauk «Muzyka», XLVIII/4 (2003), a cura di Barbara Przybyszewska-JarmiÒska, con contributi di Marco Bizzarini, Zofia DobrzaÒska-FabiaÒska, Aleksandra Patalas, Tomasz Jeø, Karolina Targosz. 48 Frontespizio dell’edizione postuma delle Villanelle di Luca Marenzio, tradotte in tedesco da Valentino Hausmann Gerbipol e pubblicate a Norimberga nel 1606. (Wolfenbüttel, Herzog - August Bibliothek). Sabato 30 ottobre – ore 20.45 Auditorium S. Giovanni Battista, Coccaglio CELEBRAZIONI MARENZIANE Armonia e invenzione nel ‘700 tedesco G.Fr. Haendel (1685-1759) Sonata in Re maggiore HWV 378 per flauto traverso e b.c. Adagio, Allegro, Adagio, Allegro G.Ph. Telemann (1681-1767) Fantasia per flauto solo in Re minore Dolce, Allegro, Spirituoso Fantasia in La maggiore Vivace, Adagio, Allegro, Allegro C.Ph.E. Bach (1714-1788) Sonata in Do maggiore Wq.149 per flauto traverso e cembalo obbligato Allegro di molto, Andante, Allegretto *** G.Ph. Telemann (1681-1767) Sonata metodica in Sol maggiore per flauto traverso e b.c. Cantabile,Vivace, Mesto, Spirituoso J.S. Bach (1685-1750) Ciaccona dalla Partita n. 2 in Re min. BWV 1004 per violino solo (trascrizione per clavicembalo di Stefano Demicheli) J.S. Bach Sonata BWV 1030 in Si minore per flauto traverso e cembalo obbligato Andante, Largo e dolce, Presto, Allegro Marcello Gatti: Stefano Demicheli: 50 traversiere clavicembalo Molti compositori tedeschi del XVIII secolo si sono apertamente confrontati con modelli stilistico-musicali di matrice italiana (a partire da Arcangelo Corelli) elaborando proprie varianti ed elaborazioni. Questo programma sigla una sintesi parziale dei percorsi individuali di alcuni tra i più importanti protagonisti di questa epoca, ispirati dalla combinazione tra flauto traverso e clavicembalo, strumenti particolarmente amati nell’area tedesca. Fin da quando si stabilì definitivamente a Londra nel 1712, Georg Friedrich Haendel si dedicò principalmente alla sua grande passione: l’opera. Ciò malgrado per assolvere ai suoi impegni con i nobili londinesi si occupò alacremente anche di musica strumentale orchestrale e cameristica. Le sue sonate “in stile italiano” per flauto dolce, traverso, violino, oboe, riscossero subito un incredibile successo, anche se pubblicate inizialmente dall’editore Walsh senza il permesso dell’autore. La perfetta struttura delle sonate di Haendel e anche quelle di Telemann alterna una successione di quattro tempi: un primo movimento lento introduttivo, con intensa e cantabile melodia e armonie espressive; un secondo tempo veloce, attivo, virtuoso, alcune volte fugato; un terzo tempo lento lirico, intimo, riflessivo; un quarto che di solito è una danza leggera o veloce. La combinazione di una lunga vita e di una fonte di ispirazione senza fine, rese possibile a Georg Philipp Telemann di lasciare ai posteri un grandissimo patrimonio di composizioni musicali. Egli sperimentò praticamente ogni genere, ma praticando in particolare la musica da camera e anche le composizioni “senza basso”, come le 12 Fantasie, che ora ricoprono un ruolo straordinario nel repertorio flautistico. La doppia raccolta comprendente 12 “Sonate Metodiche” rappresenta invece un passo molto importante nella storia della musica per il suo intento didattico riguardo l’ornamentazione. In tutti i primi movimenti delle sue sonate sono riportati come suggerimento esecutivo, abbellimenti che si distinguono per eleganza e efficacia espressiva. Interessante quello che J.J. Quantz grandissimo teorico e flautista alla corte di Federico il Grande di Prussia, scrisse in proposito: “é facilissimo per chiunque “distruggere” l’intera atmosfera di un adagio aggiungendo ornamentazioni e abbellimenti scelti male o di cattivo gusto”. “Sono tutti musicisti nati!” disse orgogliosamente Johann Sebastian Bach a proposito dei suoi figli. Sicuramente Carl Philipp Emanuel, secondo figlio di Johann Sebastian, fu uno dei più grandi e soprattutto partecipò attivamente alla trasformazione stilistica tra il tardo barocco e l’”Empfindsamer Stil”(stile sensibile). Lavorò tra il 1749 e il 1767 a Berlino presso la corte del re flautista Federico il Grande come accompagnatore al clavicembalo, in non sempre facili condizioni per la differenza tra il suo gusto musicale e quello abbastanza conservatore del re di Prussia. La sonata Wq. 149 per flauto e cembalo obbligato riflette una atmosfera musicale molto diversa da quella della corte e anche dalla musica del padre Johann Sebastian. Pur utilizzando modelli e schemi di lunga tradizione , C.Ph.E. riesce a incorniciare i tre movimenti in una combinazione di fiero, sfrenato, sperimentatore virtuosismo inserendo nel secondo tempo una oasi di elegiaca cantilena che quasi prelude allo “Sturm und Drang”. La sonata in si minore BWV 1030 di Johann Sebastian Bach rappresenta un punto di riferimento monumentale all’interno del repertorio bachiano per uno strumento e cembalo obbligato. E’ sicuramente la più complicata e più “irregolare” tra tutte le altre sonate, infatti normalmente una sonata con cembalo obbligato consisteva in una “triosonata” in cui il cembalo prendeva due voci (una per la mano destra come strumento melodico e una per la mano sinistra come linea del basso). In questa sonata invece la mano sinistra perde il ruolo subordinato di basso continuo. I quattro movimenti hanno ognuno eccezionalmente un carattere e una scrittura differenti. L’andante lungo e complicato comincia come un doppio concerto dove “tutti” e “soli” sono chiaramente divisi in varie sezioni. Dopo l’esposizione gli elementi sono sempre più intrecciati insieme, in un intenso crescendo continuo. Dopo un suono quasi orchestrale, nel Largo e Dolce, Bach riduce la strumentazione “virtuale” scrivendo in pratica una siciliana per flauto e basso continuo, riccamente ornamentata e armonicamente perfettamente integrata tra le parti dei due strumenti. Nel Presto aggiunge una nuova voce, si tratta proprio di una vera fuga a tre voci seguita poi immediatamente da una sorta di Giga (Allegro in 12/16!) dove i strumenti conversano sincopando nervosamente. Qua “finalmente” compare una scrittura tipica della triosonata. Marcello Gatti 51 DATA DA DESTINARSI – ore 20.45 Brescia GEORG FRIEDRICH HAENDEL (1685-1759) Arie d’Opera e Concerti Concerto Grosso op.3 n.5 in re minore da “Rinaldo” Grave, Fuga allegro, Adagio, Allegro ma non troppo, Allegro Sinfonia recitativo “Qui con note innocenti” aria “Cor ingrato” da “Tolomeo“ recitativo “Inumano fratel” aria “Stille amare” Marcia in re maggiore aria “Abbrucio, avvampo e fremo” da “Rinaldo” Concerto Grosso op.6 n.1 in sol maggiore Ouverture Largo, Allegro, Largo, Giga aria “Venti, turbini” A tempo giusto, Allegro, Adagio, Allegro, Allegro CONCENTUS CAELESTIS Andrea Arrivabene Giovanna Fabiano Raffaello Negri contralto clavicembalo violino primo concertatore In collaborazione con il Conservatorio ‘Luca Marenzio” di Brescia 52 Concerto grosso op.3 n.5 La musica strumentale “nello stile italiano” era assai popolare in Inghilterra, e l’editore londinese John Walsh, desideroso di rinnovare i successi precedentemente ottenuti con una serie di sonate e concerti di Corelli, Albinoni, Vivaldi e Geminiani, manda in stampa nella primavera del 1734 i Concerti Grossi Op. 3, prima raccolta di composizioni orchestrali mai pubblicata di Haendel. In precedenza Walsh aveva già dato alle stampe sonate di Haendel (catalogate poi come Op. 1 e Op. 2) con il nome di un altro editore poiché probabilmente non aveva chiesto il consenso al compositore. Pare comunque assai improbabile che Haendel abbia collaborato personalmente all’edizione dell’Op. 3 nella forma pubblicata da Walsh nel 1734. Il responsabile della scelta e dell’ordinamento dei brani dell’Op. 3 fu quasi certamente l’editore stesso. Prove evidenti che più della metà dei movimenti provengono da opere risalenti, in certi casi al periodo passato da Haendel a Hannover, non tolgono nulla al valore del ciclo. Si può dire anzi che contribuiscono alla varietà di strumentazione e di stile: dalla scuola italiana a allo stile francese, non c’è un concerto uguale all’altro nell’orchestrazione. Il n.5 sembrerebbe invece una composizione integra, dato che si trova in un’autorevole raccolta di manoscritti di musica strumentale di Haendel datata 1727. Il primo, il secondo e il quarto tempo del concerto sono tratti dall’ ouverture del “Chandos Anthem” n° 2: “In the Lord I put my trust”. Haendel ha raccolto in questo concerto alcuni dei suoi brani migliori scritti per il Duca di Chandos, aggiungendovi anche del materiale inedito. Ne risulta una partitura che sta a metà strada fra il complesso da camera del Duca e la grande orchestra da opera: il concerto prevede una parte solista per oboe e nessuna parte indipendente per viola. Esecutore ideale è quindi un insieme strumentale di dimensioni medie. Concerto grosso op.6 n.1 A quel tempo era consuetudine offrire dei concerti strumentali all’interno dei programmi che prevedevano importanti lavori vocali come serenate, odi, oratori; fu probabilmente anche per rispondere alla domanda di nuovi concerti per queste occasioni che Haendel, compose tra il 29 settembre e il 30 ottobre 1739 (esempio della famosa celerità compositiva) i Twelve Grand Concertos in Seven Parts, Op. 6. Nei dodici concerti appare l’influenza di Arcangelo Corelli: già nel fatto che siano titolati come Opera Sesta, si manifesta l’omaggio all’omonima raccolta del maestro italiano uscita postuma nel 1714, (Haendel in gioventù aveva lavorato a Roma con Corelli ed evidentemente ne ammirava ancora lo stile classico). Nei concerti Op. 6 convivono forme tradizionali e caratteri moderni: la tradizione appare nell’osservanza di parecchie regole dettate da Corelli: tutti i 12 concerti iniziano con un movimento moderato, seguendo la forma dei concerti “da chiesa”. Haendel, come il suo amico Telemann, segue l’esempio di Corelli, mentre Bach seguirà Torelli e Vivaldi che cominciano sempre con un movimento rapido. Haendel conosceva bene le forme strumentali tradizionali e volendo assecondare i gusti del suo pubblico londinese, conservatore, (che prediligeva i canoni tradizionali imposti da Co- relli e Geminiani), non seguì l’esempio dei compositori veneziani, come Vivaldi ed Albinoni, che avevano abbandonato l’originaria forma del concerto grosso preferendo uno schema a tre soli movimenti veloce-lento-veloce. Il Concerto n.1 è uno dei più animati della raccolta: inizia con: A tempo giusto, (“con orgoglio e alterigia” recita il giudizio del Burney). Segue un Allegro imperioso dalla vivacità inesauribile. L’Adagio è quasi un duetto d’amore italiano tra il concertino e il tutti. Il successivo Allegro è una fuga il cui soggetto cambia letteralmente direzione a metà del movimento. L’Allegro finale svanisce poco dopo una fuga veloce ed energica. Vi confluiscono arie di danza che sembrerebbero richiamare la Sonata in sol maggiore K.2 di Scarlatti. Rinaldo Nel 1710, a Londra, in pochi sapevano chi fosse Haendel, ma non tardarono a scoprirlo, perché già dopo poche settimane dal suo arrivo Haendel (compositore giusto per trapiantare l’opera italiana a Londra) fu incaricato di musicare una nuova opera in italiano per il Queen’s Theatre, e il 24 febbario 1711, andò in scena Rinaldo. Quest’opera fu un autentico trionfo, e fece sensazione, anche perché secondo le testimonianze del tempo, la sfarzosa messa in scena utilizzava molti effetti a sorpresa. La scorrevolezza melodica delle arie entusiasmarono il pubblico e divennero subito popolari: l’editore John Walsh si affrettò a pubblicare nell’aprile del 1711 le Arie tratte dall’opera trascritte per voce e clavicembalo. La sceneggiatura fu affidata ad Aaron Hill, che unì elementi da La Gerusalemme liberata di Tasso, da l’Orlando furioso di Ariosto, e della leggenda di Armida. Il libretto, in italiano, fu realizzato da Giacomo Rossi, insegnante di italiano a Londra, e «poeta ufficiale» del teatro, qui alla sua prima esperienza. A dispetto della composizione affrettata e della riutilizzazione di musiche precedentemente composte, Rinaldo è certamente una delle migliori opere di Haendel. Fin dall’ampia ouverture la musica scorre e affascina. Fra le Arie ci sono molte tra le più belle melodie di Haendel. L’orchestra è trattata con una maestria mai udita a Londra fino a quel momento. Rinaldo fu il successo della stagione, registrando il tutto esaurito per quindici repliche tra il febbraio e il giugno 1711, e fu il maggior successo in assoluto nella vita di Haendel (53 repliche complessive in sei diverse stagioni, con due ristampe del libretto). Il grande favore che riscontrò fu anche merito dell’interpretazione di famosi cantanti come i castrati Nicolini e Senesino. Rinaldo fu l’inizio di un periodo di grande entusiasmo per la musica di Haendel da parte del pubblico londinese, e spianò la strada alla sua carriera e nello stesso tempo al futuro dell’opera seria in Inghilterra. Tolomeo Il Tolomeo, Re d’Egitto, fu rappresentato nel 1728. Il libretto di Nicola Haym prese spunto da Tolomeo e Alessandro di Carlo S. Capece. Peculiarità di quest’opera sono i recitativi, pochissimi, probabilmente accorciati per soddisfare il gusto del pubblico inglese. Molte invece sono le arie accattivanti e scene di carattere elegiaco e pastorale. Giovanna Fabiano 53 The Charming Brute. Caricatura di Georg Friedrich Haendel. Giovedì 4 novembre – ore 18.00 Auditorium di Santa Giulia, Brescia CONFERENZA A cura di Officina Musicale Gli strumenti musicali nel Museo della Città “ I contrabbassi barocchi” relatore Duane Rosengard Esposizione straordinaria dei Contrabbassi del Museo Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Brescia 55 Giovedì 4 novembre – ore 20.45 Auditorium di Santa Giulia, Brescia CICLO INTEGRALE DELLE SUITES DI J.S. BACH PER VIOLONCELLO Suite II in Re minore BWV 1008 Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Menuet I e II, Gigue Suite IV in Mi bemolle maggiore BWV 1010 Prélude, Allemande, Courante, Sarabande, Bourrée I e II, Gigue Suite V in Do minore BWV 1011 Prélude (Fuga), Allemande, Courante, Sarabande, Gavotte I e II, Gigue Paolo Beschi Violoncello Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Brescia 57 Sabato 6 novembre – ore 18.00 Auditorium di Santa Giulia, Brescia CONFERENZA-CONCERTO A cura di Officina Musicale Gli strumenti musicali nel Museo della Città “Gli strumenti a pizzico” Tiziano Rizzi relatore Ugo Orlandi Pietro Prosser mandolino arciliuto, tiorba e mandora La prenotazione obbligatoria del biglietto d’ingresso dà diritto anche alla visita al Museo Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Brescia FONDAZIONE 59 Domenica 7 novembre – ore 16.00 Auditorium di Santa Giulia, Brescia CONFERENZA-CONCERTO A cura di Officina Musicale Gli strumenti musicali nel Museo della Città “Le montature storiche per strumenti ad arco ed il dilemma filologico: quali soluzioni?” Filippo Fasser - Mimmo Peruffo relatori Con un intervento musicale di BRIXIA MUSICALIS La prenotazione obbligatoria del biglietto d’ingresso dà diritto anche alla visita al Museo Con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Brescia FONDAZIONE 60 Martedì 9 Novembre – ore 20.45 Chiesa di S. Gaetano, Brescia CONCERTO DI CHIUSURA III CENTENARIO DELLA MORTE DI HEINRICH IGNAZ FRANZ von BIBER (1644-1704) HARMONIA ARTIFICIOSA-ARIOSA DIVERSIMODO ACCORDATO Antonio Caldara (1670 – 1736) Ciacona B-Dur für zwei Violinen und Basso continuo Heinrich I.F. Biber (1644 – 1704) Partia I d-moll aus Harmonia Artificiosa-Ariosa für zwei Violinen und Basso continuo Sonata (adagio-presto), Allemande, Gigue: Variatio I & II, Aria, Sarabande: Variatio I & II, Finale Johann Caspar Kerll (1627 – 1693) Chaconne d-moll für Cembalo solo Heinrich I.F. Biber Partia III A-Dur aus Harmonia Artificiosa-Ariosa für zwei Violinen und Basso continuo Präludium, Allemande, Amener, Balletto, Gigue, Ciacona Philipp van Wichel (ca. 1610 – 1675) Ciacogna C-Dur aus “Fasciculus Dulcedinis” 1678 a 2 Violini und Basso continuo Heinrich I.F. Biber Partia V g-moll aus Harmonia Artificiosa-Ariosa für zwei Violinen und Basso continuo Intrada, Aria, Balletto, Gigue, Passacaglia Partia VI D-Dur aus Harmonia Artificiosa-Ariosa Präludium, Aria: Variatio I-XIII, Finale MUSICA ANTIQUA KÖLN | REINHARD GOEBEL STEPHAN SCHARDT | Violine J. Rogeri Brescia 1713 & Jacobus Stainer, Absam 1677 REINHARD GOEBEL | Violine Jacobus Stainer, Absam 1645 & Jacobus Stainer, Absam 1665 KLAUS-DIETER BRANDT | Violoncello nach G. B. Montagnana, R. Hargrave 2000 LÉON BERBEN | Cembalo nach Couchet, W. Kroesbergen 1996 61 “Il Concerto” da Domenichino (Francia, XIX sec.) La raccolta di sette partite per due violini e basso continuo (Trio-Partita) di Heinrich Ignaz Franz von Biber, Harmonia artificioso-ariosa, fu pubblicata per la prima volta in tre volumi nel 1696, e successivamente nel 1712 dopo la morte dell’autore. Il titolo completo della raccolta, composta per tutti gli strumenti ad arco da braccio - violino, viola e viola d’amore -, fu in origine “aria artistica come eufonia in diverse accordature”. E’ rilevante, sicuramente, che la figlia di Biber, Anna Magdalena, prese i voti sotto il nome di Rosa Henrica quando il primo volume fu pubblicato per la prima volta; grazie al suo virtuosismo nel suonare il violino e la viola d’amore, arricchì di musica il convento di Nonnberg. Biber dedicò tutti i suoi componimenti alla figlia quando lei entrò nell’ordine benedettino, ma quando prese parte alla corte dell’arcivescovo di Salisburgo, Johann Ernst, Conte Thun, l’edizione del 1696 fu ufficialmente dedicata al suo padrone. La stampa della prima edizione, molto costosa perché incisa su rame, fu riutilizzata per la nuova edizione otto anni dopo la morte di Biber. Pochissime copie di entrambe le edizioni sono state recuperate, rendendo impossibile un rapporto sulla diffusione del lavoro. Tuttavia la storia può essere ricostruita con precisione: Telemann basò il movimento iniziale del suo quartetto in Sol minore TWV 43: g4 per flauto, violino, viola da gamba e basso continuo, su due motivi dall’Allemanda della quarta partita. Anche Johann Sebastian Bach deve aver conosciuto le raccolte di Biber, benché in questo caso l’influenza è meno marcata. Bach non scrisse suite per trio, e non utilizzò la tecnica della scordatura che Biber sfruttò nell’Harmonia artificiosa accordando gli strumenti per raggiungere sonorità particolari. Non poté resistere alla tentazione di utilizzare il double, tecnica ripetutamente usata da Biber, così i doubles nella sua Partita in Si minore per violino solo BWV 1002 includono non solo elementi strutturali ma anche difficoltose diteggiature tipiche di Biber. Nell’ultima delle sei Suite per violoncello solo BWV 1012, Bach utilizza un violoncello a cinque corde, uno strumento che, come la viola d’amore nella Partita n°VII di Biber, sembra appartenere a un museo di strumenti musicali o almeno ad una vetrina di curiosità. Ma il fatto che Bach abbia utilizzato questo strumento è la prova che la sua conoscenza dell’Harmonia artificiosa di Biber fu soltanto marginale. Benché pubblicata precedentemente nelle serie Denkmäler der Tonkunst Österreichs (DTÖ), l’Harmonia artificiosa dovette aspettare molti anni per essere eseguita visto che i violini moderni non consentono l’uso della scordatura: le moderne corde d’acciaio Mi suonano al massimo come un paio di bretelle se vengono scordate in Re, mentre le moderne corde Sol, se accordate 1 o anche 2 toni più alti, potrebbero causare la letterale esplosione dello strumento. L’utilizzo della scordatura, fa si che le accordature tradizionali associate a differenti tonalità non abbiano un ruolo importante in questo componimento. Ne possono le tonalità delle diverse Partite – Re minore, Si minore, La maggiore, Mi bemolle maggiore, Sol minore, Re maggiore e Do minore – provvedere a dare una struttura alla composizione. Anche tra gli appassionati di musica antica, il lavoro – una serie di pezzi molto complessi – è fallito, siccome le performance richiedono non solo un apprezzabile numero di strumenti adeguati, ma anche due violinisti di ugual bravura, entrambi preparati a collaborare. Entrambe le parti di violino sono assolutamente uguali. Questo non è chiaro fin da quando gli editori della DTÖ non si accorsero che nell’edizione del 1712, che servì come base per la nuova edizione, le parti erano state mischiate alla fine del Preludio della Seconda Partita, con il risultato che il primo Violino aveva la parte del Secondo e viceversa. Solo dopo la scoperta di una copia del 1696 nella libreria dei Conti di Schönborn-Wiesentheid l’errore poté essere corretto. Come nelle Sonate del Mistero o Sonate del Rosario, che non furono pubblicate fino al 1898, è la tecnica della scordatura che accomuna tutta la raccolta con la sua forma ciclica che riesce a dare ad ogni Partita una diversa e particolare sonorità. Biber stabilisce lo schema nelle prime cinque Partite, così che l’accordatura tradizionale in quinte che si trova nella Partita VI dà quasi l’impressione di essere una scordatura speciale, mentre la Settima Partita per due viole d’amore può essere considerata come un esempio di “finis coronat opus”. La distribuzione dei ruoli tra i diversi strumenti sembra allo stesso modo casuale e non si intravede una struttura. Per quanto riguarda il contenuto, per contrasto, i sette brani sono collegati tra di loro, fatta eccezione per la il IV in cui il tema è trattato in modo diverso: come una Ciacona “in canone”, a passacaglia, un aria, un arietta variata e un double. Il fiorire della concorrenza italiana durante gli ultimi anni della sua vita deve aver persuaso Biber a cercare di ridefinire la sua posizione artistica tramite un lavoro definitivo. Come Bach scrisse la sua Offerta Musicale - un lavoro completamente fuori moda – nel 1747, quando anche lo stile galante di Telemann era largamente sorpassato, Biber tentò con l’Harmonia artificiosa di esporre il suo credo musicale di fronte non solo al trio sonata Italiana, con le sue illogiche terze, ma anche verso lo stile francese rappresentato dal suo rivale, Georg Muffat. La raccolta di sonate di Biber e la sua Harmonia artificiosa sono lavori di grande qualità violinistica e di composizione. La complessità con cui le strutture interne ed esterne si legano fra loro costituisce la condizione imprescindibile per le successive opere di Bach. Sebbene ancora oggi sia difficile dimostrare che Bach conoscesse l’Harmonia artificiosa, Biber rimane una costante presenza nel panorama dei compositori del diciottesimo secolo, includendo – possiamo asserire – compositori come Bach che considerò fondamentale tenere forti legami con le tradizioni già esistenti. Reinhard Goebel (trad. Pietro Emanuele Bracchi) 63 CURRICULA ARTISTI Elisa Citterio Ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia diplomandosi in violino e viola a pieni voti e con la menzione speciale; successivamente ha seguito corsi di perfezionamento con F. Gulli, A. Carfi, C. Romano, P. Vernikov e con E. Onofri per il violino barocco. La sua vita artistica si divide fra impegni orchestrali (ha ricoperto tra l’altro il ruolo di spalla e solista presso l’orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala collaborando inoltre con i principali Teatri del nord Italia) ed un’intensa attività cameristica in prestigiosi ensemble tra i quali Europa Galante, Accademia Bizantina, Accordone, Zefiro, La Venexiana, La Risonanza, partecipando a numerose tournée e registrazioni discografiche. Dal 1999 ha intrapreso un’importante attività concertistica con il quartetto “Joseph Joachim”, con il quale svolge un lavoro di ricerca studio sul “sonar a quattro”. Nel 2004 ha vinto il concorso per violino dell’orchestra del Teatro alla Scala. Michele Barchi Ha svolto gli studi musicali presso il conservatorio “G. Verdi” di Milano, diplomandosi in pianoforte nella classe di Maria Isabella De Carli. Successivamente, come autodidatta, ha conseguito il diploma in clavicembalo. L’interesse appassionato per la musica e gli strumenti antichi l’ha portato ad approfondire le proprie conoscenze organologiche sulla costruzione di strumenti a tastiera, realizzando e decorando clavicembali, spinette virginali e organi della propria collezione. Ha collaborato per alcuni anni con l’ensemble “Il Giardino Armonico” suonando, come continuista e solista, nei più importanti festival di musica barocca. Ha effettuato registrazioni radiofoniche e televisive per 64 RAI, Radio France Classique, Radio Svizzera, Deutschland Rundfunk, ORF Austria e per varie emittenti statunitensi. Come solista ha registrato per la casa discografica Teldec diversi CD con musica per clavicembalo (concerti, suites, fantasie e fughe) di J.S. Bach nell’edizione integrale “Bach 2000”. Svolge attività concertistica come solista e collaborando con vari ensembles in Italia e all’ estero. Da due anni è docente di clavicembalo e basso continuo presso la Akademie für Alte Musik di Brunico (BZ). Per la stagione 2003 del Festival di Lucerna è stato invitato come solista nella esecuzione del 5° concerto Brandeburghese di J.S. Bach con la direzione di Claudio Abbado. Silete Venti! Silete Venti ! è un ambizioso progetto nato per approfondire lo studio dell’ immenso repertorio scritto per ensemble di fiati. Un lavoro che accomuna la parte esecutiva a quella storico – teorica attraverso la ricerca di manoscritti e trattati del periodo Barocco e Classico. Il gruppo è formato da musicisti di altissimo livello: vincitori di concorsi internazionali, giá prime parti in orchestre prestigiose (Teatro alla Scala) e docenti in scuole prestigiose ai quali sono stati affiancati giovani di grande talento nel desiderio di stimolarne una formazione culturale ambiziosa e profonda. L’alto profilo del progetto ha permesso a Silete Venti! di diventare in breve tempo un’ importante realtà nell’ambito della musica antica e ad essere invitata in importanti festival specializzati in questo tipo di repertorio. Nel Luglio di quest’ anno Silete Venti! ha collaborato alla realizzazione, per conto dell’ Accademia d’Arti e Mestieri dello Spettacolo del Teatro alla Scala di Milano, della Comédie-Ballet “il Borghese Gentiluomo” di Molière e Lully. La fondazione Arcadia e il Laboratorio delle Note hanno istituito delle borse di studio per sviluppare ulteriormente il lavoro del gruppo e rendere possibile la realizzazione di progetti discografici, il primo dei quali sará dedicato appunto a “La musique du Roy Soleil”. Emanuela Galli Nata a Milano, si è diplomata in Canto al Conservatorio di Musica di Mantova (Italia). Collabora con vari gruppi ed orchestre di musica barocca tra cui: la Cappella della Pietà dei Turchini di Napoli, la Risonanza di Milano, la Venexiana e Pian e Forte di Milano, La FeniceParigi, Piccolo Concerto Wien, Ensemble Sacro & Profano di Pesaro. Ha cantato in vari Festival nelle maggiori città italiane e straniere. Tra questi: Musica e Poesia a San Maurizio di Milano, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, Fondazione Marco Fodella di Milano, Festival di Musica Antica a Roma, Torino, Napoli, Bologna, Bari, Vicenza. Al Festival Baroque de Pontoise, alla Citè della Musique di Parigi, al Floreal Musical d’Epinal, al Festival de Baune in Francia, al Festival de Brugge in Belgio, ai Festivals di Friburgo e Lugano in Svizzera; a Santiago de Compostela, Segovia, Barcellona in Spagna; a Neuburg, Regensburg, e per Villa Musica in Germania; alla Konzerthaus di Vienna ed a Lisbona per il XXGulbenkian de Musica Antiga-Portogallo; alla Konzerthaus di Berlino, per il Festival di Musica Antica di Bergen-Norvegia e al Festival di Utrecht. Ha affrontato ruoli operistici in Italia e all’estero nel repertorio dell’opera barocca italiana. Ha interpretato Erosmina nella Finta Cameriera di Gaetano Latilla per il Teatro Petruzzelli di Bari. E’ stata Cupido e Maria Madre nella Colomba Ferita di Francesco Provenzale nella Stagione ‘99 del Teatro San Carlo di Napoli. E’ stata Belluccia Mariano nel Li Zite’n Galera di Leonardo Vinci sotto la direzione del M° Antonio Florio. Ha interpretato Alcina e Sirena nell’opera-balletto di Francesca Caccini La Liberazione di Ruggiero dall’Isola di Alcina, sotto la direzione del M° Gabriel Garrido. Per il Teatro Massimo di Palermo ha eseguito il Vespro della Beata Vergine di C. Monteverdi per la Stagione ‘99 con la direzione del M° G. Garrido. Ha all’attivo numerose registrazioni con le case discografiche. Opus111, Stradivarius, Glossa, Amadeus, Agorà, Rete2 della Radio Svizzera Italiana, RAI3 e con la Televisione della RSI. Gabriele Palomba Si è diplomato in liuto con il massimo dei voti presso la Civica Scuola di Milano sotto la guida del M° Paul Beier. Ha seguito corsi di perfezionamento con Pat O’Brian, Cris Wilson, Anthony Bailes e per la musica d’insieme con J. Christensen. Svolge attività concertistica come solista e continuista in Italia e all’estero. Ha collaborato con l’Ensemble Galilei, Ensemble Concerto, La Venexiana, La Capella della Pietà dei Turchini, Cantar Lontano e altre formazioni italiane, affrontando repertori che vanno dal madrigale cinquecentesco fino alla cantata barocca. Ha effettuato registrazioni per Stradivarius, Glossa, E Lucevan le Stelle, Rai e per la Radio della Svizzera Italiana. Franco Pavan E’ oggi considerato uno dei liutisti italiani più rappresentativi grazie alla sua attività solistica e di continuista. Collabora stabilmente con formazioni di musica antica come La Cappella della Pietà de’ Turchini diretta da Antonio Florio, Accordone condotto da Marco Beasley e Guido Morini, La Risonanza diretta da Fabio Bonizzoni. In duo con il liutista Gabriele Palomba ha pubblicato una monografia dedicata a Giovanni Antonio Terzi, giudicata disco del mese settembre 2003 dalla rivista italiana Amadeus. Ha partecipato all’incisione di circa quaranta cd per le etichette Emi, Virgin, Opus 111, Alpha, Accord, Glossa, ORF, Stradivarius, numerosi dei quali hanno ottenuto i più prestigiosi 65 riconoscimenti internazionali: Gramophon Award, Premio Internazionale del Disco A. Vivaldi, Cannes Classic, Diapason d’or, Choc Musique, Premio Amadeus. Ha registrato per la Televisione tedesca, francese, norvegese e italiana, e per i principali canali radiofonici europei. Ha suonato nelle principali sale concertistiche europee. E’ docente di liuto presso il conservatorio “N. Piccinni” di Bari. Accanto all’attività di musicista svolge un costante lavoro di ricerca musicologica dopo aver conseguito con lode la laurea presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi dedicata a Francesco da Milano. I suoi scritti concernono principalmente l’attività liutistica cinquecentesca. Ha collaborato alla nuova edizione del New Grove Dictionary of Music and Musicians e del repertorio Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Per l’editore Forni di Bologna cura una serie di edizioni in fac-simile dediti alla riscoperta di testi liutistici del Cinquecento italiano. In collaborazione con Mirco Caffagni ha pubblicato l’opera omnia del liutista Perino Fiorentino per l’editore Ut Orpheus. Un suo volume dedicato alla figura del liutista Francesco da Milano vedrà la luce nel 2004. Fa parte dell’Editorial Board del Journal of the Lute Society of America. sicali italiane (Giardino Armonico, Zefiro, Accademia Bizantina, Europa Galante, Teatro alla Scala), e utilizzano strumenti originali o copie moderne di strumenti barocchi, nel più rigoroso rispetto delle fonti e dei contesti musicali affrontati. Dal 2003 Brixia Musicalis è il gruppo residente del Festival Nuove Settimane di Musica Barocca in Brescia e Provincia; nel 2004 è stato pubblicato un CD che raccoglie due concerti live realizzati all’interno del Festival. Nel luglio 2004 Brixia Musicalis realizza, in collaborazione con l’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, lo spettacolo “Il borghese gentiluomo” di J.B. Lully presso il Teatro Litta di Milano. Brixia Musicalis Michele Carreca Brixia Musicalis è un ensemble nato dalla collaborazione della violinista Elisa Citterio e del clavicembalista Michele Barchi, musicisti tra i più attivi nell’ambito della musica antica in Italia, uniti dalla passione e dall’entusiasmo per l’approfondimento stilistico del repertorio strumentale italiano dei secoli XVII e XVIII. Tra le finalità dell’ensemble vi è la riscoperta e valorizzazione degli autori dell’Italia settentrionale, ove con la nascita della liuteria moderna ebbero origine e sviluppo i primi esempi di musica solistica per violino. I musicisti che collaborano con Brixia Musicalis provengono dalle più importanti realtà mu- Nato a Foggia, Italia, studia liuto al Conservatorio S. Cecilia di Roma con Andrea Damiani. Ha suonato in diverse opere e oratori, con gli Orfei Farnesiani a Parma, con l’Orchestra della Provincia di Lecce, l’Orchestra di Roma e del Lazio, con gruppi da camera e da solo nel contesto del Festival der Laute di Dresda, nel Concerto per Claudio Merulo all’Auditorium Paganini di Parma. 66 Evangelina Mascardi Nata a Buenos Aires, Argentina, studia liuto alla Schola Cantorum di Basilea con Hopkinson Smith. Come continuista suona in gruppi come Ensemble 415, dir. Chiara Banchini, Venice Baroque Orchestra, dir. Andrea Marcon. Partecipa come a numerosi Festival europei e nel 2003 esce il suo primo Cd da solista, edito da Orf Austria, con musiche di J.S. Bach e S. L. Weiss. Beatrice Faedi In sette anni di collaborazione con il Ctb, ha interpretato classici e novità italiane, sperimen- tando anche l’uso del verso e partecipando a quasi tutti gli spettacoli bresciani di Sandro Sequi. Ha recitato con Monica Conti, Werner Waas ed altri giovani registi. Ha approfondito la musicalità del verso, le tecniche vocali, ed anche il movimento, con Moni Ovadia, Federico Tiezzi, Mamadou Dioume, Cecilia Kankonda e Philippe Menard. Ha curato tre spettacoli dedicati alla memoria e all’infanzia, Le piccole voci, Una riga più in basso, Viva abita qui: storie di bimbi in un campo di concentramento, di un caco sopravvissuto a Nagasaki, di una ragazza che si confronta con le notizie di guerra raccontate dalla televisione. Gli ultimi due spettacoli dei quali è stata interprete sono Dispetto d’amore di Molière, prodotto dal teatro Giacosa di Ivrea, con la regia di Monica Conti e Piangete, cieli! di Enselmino da Montebelluna, per la rassegna Crucifixus Festival di Primavera, un monologo con musica e canto dal vivo, nel quale è Maria, diretta da Renato Borsoni. Infine cura regolarmente laboratori di diverso livello tecnico nell’ambito della scuola o di altre istituzioni formative. Stefano Montanari Diplomatosi in violino e pianoforte con il massimo dei voti e lode, ottiene il Diploma di alto perfezionamento in Musica da camera con il M° PierNarciso Masi presso l’Accademia Musicale di Firenze, e il Diploma di Solista con il M° Carlo Chiarappa presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano. Il suo interesse per per la ricerca filologica lo porta a rivolgere la sua attenzione allo studio della prassi esecutiva su strumenti originali. Dal 1995 é primo violino concertatore dell’Accademia Bizantina di Ravenna diretta dal M° Ottavio Dantone. E’ il primo violino del Quartetto” J. Joachim”, quartetto che si dedica all’esecuzione su strumenti originali del repertorio quartettistico che va dal ‘700 a tutto l’800. Ha tenuto stages di violino barocco e di musica da camera per la Fondazione “A. Toscanini” di Parma e per il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro, e per il Conservatorio di Piacenza. Collabora con i più importanti esponenti nel campo della musica antica, ed in particolare con C. Rousset ed il suo gruppo “ Les Talens Lyriques”. Ha inciso per le case discografiche Foné, frequenz, Denon, Opus 111, Erato, Virgin, Tactus, Astrée, Thymallus, Simphonya, Bottega discantica, Arts, e attualmente Decca. E’ stato docente di violino presso il Conservatorio della Svizzera italiana di Lugano dal 1993 al 1999. E’ docente di violino barocco presso la Scuola civica di Milano-Istituto di musica antica. Valeria Montanari Ha conseguito il diploma di Pianoforte con il massimo dei voti presso l’Istituto pareggiato “G. Verdi” di Ravenna; ha conseguito poi con il massimo dei voti il diploma in Organo e Composizione organistica sotto la guida del Maestro F. Tasini e il diploma di clavicembalo con lode sotto la guida della Prof.ssa S. Rambaldi presso il Conservatorio di musica “G. Frescobaldi” di Ferrara. Con questo strumento ha partecipato al concorso nazionale “Dino Caravita” a Fusignano (RA) ottenendo il primo premio assoluto exequo nell’edizione 2002 e il primo premio assoluto in duo con il flautista Gregorio Carraro nella sezione di musica da camera antica della recente edizione 2003. Possiede il diploma di Maturità Scientifica e si è laureata con lode al D. A. M. S., indirizzo musica, Università di Bologna. Ha partecipato a molte serate concertistiche, soprattutto nella provincia di Bologna (Imola, Baricella, Palata Pepoli, Sasso Marconi, . . . ), sia come solista, sia in duo (flauto, violino, duo organistico), sia con gruppi da camera. Nel settembre del 1998 e nel 1999 ha partecipato come solista alla rassegna “Percorsi d’organo” tenutasi nelle chiese di Ferrara. Ha collaborato, in qualità di organista, con l’Orchestra Stabile di Como. Si è specializzata ai corsi estivi tenuti dai Maestri Gordon Murray e Christophe Rousset. 67 Gaetano Nasillo Si è diplomato in violoncello al Conservatorio G. Verdi di Milano sotto la guida di Rocco Filippini, del quale ha successivamente seguito i corsi presso l’Accademia W. Stauffer di Cremona. Dopo aver svolto attività concertistica nei più qualificati gruppi di musica contemporanea e nelle principali orchestre milanesi, si è dedicato allo studio della prassi esecutiva su strumenti originali affiancando al violoncello lo studio della viola da gamba, perfezionandosi alla “Schola Cantorum Basiliensis” sotto la guida di P. Pandolfo. Collabora, spesso in veste solistica, con alcuni tra i più prestigiosi complessi europei tra cui l’Ensemble 415, Concerto Vocale (diretto da Renè Jacobs), Zefiro, il Quartetto “J. Joachim”, Le Concert des Nations (diretto da Jordi Savall) Ensemble Aurora, gruppi con i quali effettua regolarmente concerti in tutta Europa, Stati Uniti, Sud America ed Australia. La sua produzione discografica comprende al momento oltre una sessantina di titoli, molti dei quali premiati con i più importanti riconoscimento discografici, segnatamente il Diapason d’Or (A. Corelli, Concerti grossi op. VI, ens. 415, HM; Muffat, l’Armonico Tributo ens. 415 Harmonia Mundi; Monteverdi l’Orfeo, Ensemble, Elyma K617; Conti, cantate, Ars Antiqua Austria) 10 di Repertoire e Premio Vivaldi (A. Corelli op. V, trascrizione per viola da gamba, Symphonia), Preis der Deutsche Schallplattenkritik (Bonporti, Invenzioni op. X Harmonia mundi) A di Amadeus (L. Boccherini, sonate per violoncello, Symphonia; Schuster, quartetti padovani, Symphonia; J.S. Bach, offerta musicale, Arcana; Bonporti, Invenzioni op. X). La produzione solistica comprende due volumi di sonate di Luigi Boccherini e l’op. V di F.S. Geminiani, disco questo inserito dalla rivista francese Diapason nei “30 dischi indispensabili per conoscere il violoncello”. Dal 2004 ha cominciato una collaborazione con la casa francese Zig-Zag Territoires registrando le sonate op. I per violoncello e b. c. S. Lanzetti (che uscirà nell’ottobre 2004) e i concerti di N. Porpora, N. Fiorenza e L. Leo con l’Ensemble 415. 68 Ha registrato per Harmonia Mundi France, Zig-Zag Territoires, Teldec, Arcana, Ricordi, K617, Ambroisie, Symphonia, Alpha, Christophorus, Nuova Era, Bongiovanni, Stradivarius, Tactus, oltre che per tutte le principali emittenti radiotelevisive mondiali. Insegna violoncello barocco all’Accademia Internazionale della Musica (già Civica scuola di musica di Milano) e tiene regolarmente corsi presso varie prestigiose associazioni tra cui, i corsi internazionali di Daroca (Spagna), l’Ofìcina di musica di Curitiba (Brasile), i corsi internazionali della Fondazione Italiana per la Musica Antica di Urbino, la Scuola di Musica di Fiesole, la Fondazione G. Cini di Venezia e il centro di Musica antica della Cappella della Pietà dei Turchini. Ensemble Vocale Veneto Il curriculum del gruppo vocale, per risultare pienamente aderente nella delineazione del suo percorso musicale e di ricerca, dovrebbe comporsi di un ampio collage di notizie sui singoli componenti. Per necessità di sintesi ci limiteremo quindi a dire che tutti i membri dell’Ensemble, fondato nel 1999, sono attivi da anni, con ampi consensi di pubblico e critica, nel panorama della musica antica italiana ed internazionale, sia come solisti, che all’interno di gruppi specializzati nel repertorio barocco. Citeremo, tra questi, il Concerto Italiano di R. Alessandrini, l’Ensemble Aurora di E. Gatti, L’Ensemble Concerto di R. Gini, la Cappella della Pietà dei Turchini di Toni Florio, e molti altri, con cui hanno collaborato e collaborano nei concerti per i più importanti Festivals e stagioni concertiche europee. Nel 2003 hanno partecipato al festival “Europalia-Italia”, con una tournée di 6 concerti nelle principali città belghe, con tre diversi programmi dedicati al repertorio madrigalistico sviluppatosi intorno alla Corte Estense di Ferrara, nella seconda metà del XVI secolo. I solisti del gruppo si dedicano anche ad attività parallele a quella canora, quali la ricerca musicale, la pratica organologica, la didattica, che confluiscono comunque nell’interesse comune a tutti loro di partecipare instancabilmente all’attività di conoscenza e diffusione della produzione musicale italiana dei secoli XVII e XVIII. Oltre che per le registrazioni presso emittenti radiotelevisive di tutta Europa, sono apprezzati per le innumerevoli incisioni per le più importanti case discografiche che si occupano di musica antica, e hanno ricevuto premi e riconoscimenti della critica internazionale. Cristina Miatello, dopo anni di esperienza e pratica di repertorio madrigalistico, ha rinnovato, con la preziosa collaborazione dei suoi colleghi, il desiderio di restituire al pubblico la bellezza di tante composizioni vocali a più voci, alcune delle quali ancora inedite, o in prima esecuzione in tempi moderni. L’Ensemble Vocale Veneto si avvale, come cembalista e organista, della collaborazione di Roberto Loreggian, riconosciuto da pubblico e critica per la sua vasta e splendida attività concertistica e discografica. Piccolo Concerto Wien Il termine “concerto” ha nella storia della musica il significato originario di “gruppo”, in tal senso il nome dell´ensemble deve intendersi come “piccolo gruppo”. Piccolo Concerto nasce a Vienna nel 1993, dall’incontro di quattro musicisti con gli stessi interessi e le cui opinioni relative a questioni interpretative si completano a vicenda. Nel corso del tempo, Piccolo Concerto, si è trasformato in un gruppo di musicisti dotati di grande fantasia, che si riunisce di volta in volta attorno a Roberto Sensi ed il cui interesse comune è la musica da camera al di là delle vie tradizionali nonché la passione per gli strumenti storici e la voglia di sperimentare. Il loro scopo è di creare spazio, oltre che per compositori quali Mozart, Haydn, Beethoven, Boccherini, Schubert, Mendelssohn e Rossini, anche per i maestri meno famosi, come Pleyel, J.M. Haydn, Albrechtsberger, Gassmann, Wagenseil, L. Mozart, Devienne, Brevál, Stamitz e per opere sconosciute che spesso sono stru- mentate in modo veramente originale e meritano di essere presentate in sala da concerto. Ciascuno dei membri di piccolo concerto ha svolto una intensa carriera “free lance” nelle formazioni europee piú famose nel campo dell’esecuzione di musica antica su strumenti originali; le esperienze accumulate fanno parte del patrimonio ideale e musicale dell’ensemble, creando in tal modo una solida base per l’interpretazione continua e produttiva dei temi musicali scelti. Il gruppo si esibisce regolarmente in rinomate sale da concerto europee, completando la propria attività con produzioni radiofoniche e discografiche che trovano sempre una forte eco nella stampa internazionale specializzata. Marco Brolli Nato a Milano nel 1970, si è diplomato in Flauto presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia nel 1990, perfezionandosi successivamente con Maxence Larrieu. Si dedica poi allo studio del flauto traverso barocco, rinascimentale e classico sotto la guida di Karl Kaiser, Marc Hantaï, Marten Root e altri. Collabora stabilmente con vari ensembles di musica barocca e classica, tra i quali Il Giardino Armonico, Accademia Bizantina, I Barocchisti, I Virtuosi Italiani, Musica Concertiva, con cui ha dato numerosi concerti in Italia, Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Belgio, Turchia ecc., suonando per i più prestigiosi festival e stagioni concertistiche internazionali. È ed è stato primo flauto di varie orchestre barocche all’estero, come Capriccio (Basilea), Hamburger Telemann-Orchester (Amburgo), Le Nuove Musiche (Detmold), esibendosi anche col flauto dolce, ottavino barocco, Quartflöte e chalumeau. Ha compiuto varie registrazioni discografiche, di cui le ultime con Il Giardino Armonico per l’etichetta Teldec. Il CD “Händel: Lucrezia” (Stradivarius Dulcimer, STR 33424) con il soprano Roberta Invernizzi e l’ensemble Retablo Barocco ha ottenuto la nomination al Premio internazionale del disco “Antonio Vivaldi” e il 9R della rivista “Répertoire”. Ha al suo attivo 69 anche registrazioni ed interviste radiofoniche per Radio France e la Rai. Nell’anno accademico 1996-97 si è diplomato “cum laude” in Storia e Didattica della Musica presso la Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona (Università degli Studi di Pavia) con una tesi sul flauto traverso. Da allora si dedica regolarmente anche alla ricerca musicologica, soprattutto nel campo dell’organologia e attualmente collabora con alcune riviste specializzate. Nel 1997 è stato invitato a tenere due cicli di seminari sulla storia e la morfologia del flauto traverso presso la Scuola di Paleografia e Filologia Musicale di Cremona e ha tenuto numerose lezioni-concerto presso il Museo degli Strumenti Musicali del Castello Sforzesco di Milano, suonando alcuni flauti di tale collezione. Si dedica regolarmente all’insegnamento del flauto moderno, barocco e flauto dolce presso La Nuova Musica, Milano. Insegna anche storia della musica e tiene corsi di guida all’ascolto presso la Civica Scuola di Musica “L. Piseri” di Brugherio (MI). Francesca Bascialli Nel 1996 si è diplomata in pianoforte col massimo dei voti presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, sotto la guida di M.I. de Carli; nel 1999 ha conseguito il diploma in Musica vocale e da camera, sempre col massimo dei voti, presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, sotto la guida di D. Uccello. Nello stesso anno si è inoltre laureata in Musicologia presso l’Istituto di Musicologia del Conservatorio “G. Verdi” di Milano, col massimo dei voti e la lode. In seguito si è perfezionata in clavicembalo e fortepiano con L. Alvini presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano, ex Scuola Civica. Svolge un’intensa attività concertistica in Italia e all’estero, soprattutto in formazioni cameristiche e in ambito liederistico. Ha pubblicato diversi saggi musicologici su riviste specializzate. 70 Concentus Caelestis Brescia affonda le radici musicali in un passato ormai lontano (popolato dai Biagio Marini, Luca Marenzio, Gasparo Da Salò, Maggini, Antegnati, e molti altri) che mai come negli ultimi decenni viene fatto costantemente rivivere. Il Conservatorio cittadino (intitolato a Luca Marenzio) in qualità di Istituzione di Alta Cultura e “fucina operosa” non poteva non essere partecipe nel contribuire a mantenere viva l’antica tradizione. Numerose le iniziative musicali degli ultimi dieci anni, partite principalmente dalla classe di Clavicembalo, che hanno stimolato la crescente volontà e necessità di avere all’interno del Conservatorio un’orchestra barocca stabile: “Shakespeare, Dance and Musick” sul Rinascimento inglese, “La Guerre des Bouffons” dedicata alla musica francese, i concerti di Bach per Violino, per Oboe e Violino, per due, tre e quattro Cembali e Archi nel 250° anniversario della morte, “Chacone e Folìas” dedicato alla musica italiana e spagnola, la prima rappresentazione a Brescia del Borghese Gentiluomo di Molière con le musiche originali di Lully; l’istituzione della classe di Viola da Gamba, i corsi tenuti da Diego Fratelli, Letizia Dradi e soprattutto le masterclass di Violino barocco tenute da Enrico Onofri. L’Ensemble, che si avvale di strumenti originali, è composto da docenti, diplomati specializzatisi in questo campo, corsisti delle masterclass di Violino barocco, oltre ad alcuni validi collaboratori esterni. La concertazione è affidata, come da antica e consolidata prassi, al primo violino. Andrea Arrivabene Dopo aver conseguito il Diploma di Pianoforte ha intrapreso lo studio della musica antica diplomandosi in Clavicembalo nel 1998 con il massimo dei voti sotto la guida di Giovanna Fabiano presso il Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia, Successivamente è stato premiato al Concorso Clavicembalistico “G. Gambi” di Pesaro. Parallelamente ha studiato Canto presso la Civica Scuola di Musica di Milano, seguendo in seguito corsi di perfezionamento di tecnica vocale con Dietrich Schneider a Monaco, di interpretazione con Michael Chance presso la Scuola Musicale di Fiesole, e con Margaret Hayward presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano dove si è diplomato in canto con il massimo dei voti e la lode. Si esibisce sia come solista che in ensembles, ricercato da gruppi quali “La Stagione Armonica”, “D’Altrocanto”, “Accademia Bizantina”, “Concerto Italiano”, Ensemble “La Follia”, collaborando con direttori quali S. Balestracci, O. Dantone, A. Marcon, R. Alessandrini, F. Bressan, D. Tabbia, J. Savall, J.C. Malgoire; svolgendo attività concertistica sia in Italia che all’estero (Milano - Musica e Poesia a S. Maurizio, Firenze, Brescia - Società dei Concerti, Mantova - Palazzo Te, Torino-Teatro Regio, Settembre Musica, Venezia, Bologna, Austria, Spagna, Parigi - Festival Ecouen, Festival D’Ambronnay, Bruxelles, Brasile, Argentina, Cile) riscuotendo sempre un largo consenso di pubblico e di critica. Si è esibito inoltre nella prima rappresentazione assoluta dell’Opera “Eliogabalo” di F. Cavalli allestita per l’inaugurazione del Teatro di Crema nel novembre 1999. Ha inciso per DYNAMIC, SARX, BONGIOVANNI (prima incisione mondiale delle “Lamentazioni di Geremia” di G. Nasco), NAXOS e SYMPHONIA. Giovanna Fabiano Si è diplomata al Conservatorio di Brescia con il massimo dei voti sotto la guida di F. Brancacci e successivamente ha seguito i corsi di perfezionamento all’Accademia Chigiana di Siena con Kenneth Gilbert conseguendo il Diploma di Merito. Ha proseguito poi gli studi, sempre con K. Gilbert, presso il Mozarteum di Salisburgo conseguendo il Künstlerische Diplom nel 1989. Ha seguito anche corsi con E. Fadini, T. Koopman, C. Stembridge (organo) e S. Colonna (viola da gamba). Inoltre nel 1987 è stata premiata al Concorso Nazionale di Esecuzione Clavicembalistica di Bologna. Oltre che come solista, svolge attività concertistica con l’Ensemble “La Follia” (che ha fondato con l’intento di proporre percorsi musicali storici inediti e insoliti: Le Bourgeois Gentilhomme, Shakespeare, Dance and Musick, La Guerre des Bouffons), ed in molte altre formazioni. Ha suonato in Italia, Francia, Austria, Germania (Palazzo della Cancelleria Roma, Società dei Concerti Brescia, Palazzo Te Mantova, Musikalische Akademien Salisburgo, Istituto Italiano di Cultura Marsiglia, Monaco, Berlino, Würzburg, Zagabria). Ha collaborato con le Orchestre da Camera: S. Cecilia di Roma, Milano Classica, Cameristi Lombardi, Sinfonietta Italiana e registrato per RAI Radio Tre. Titolare della cattedra di Clavicembalo presso il Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia dal 1991, molti suoi allievi sono stati premiati in concorsi clavicembalistici. Raffaello Negri Diplomato con il massimo dei voti con il M° V. Pappalardo presso il conservatorio di Brescia, ha successivamente conseguito il diploma Triennale di Alto Perfezionamento con il M° E. Porta. Perfezionatosi con B. Belkin all’Accademia Chigiana di Siena e con C. Romano a Ginevra, ha vinto numerosi concorsi, tra i quali Genova, Roma, Taranto (medaglia d’oro sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica), Biella. Accanto all’intensa attività concertistica in recital solistici e con i gruppi “Traiettorie sonore” e “Dedalo Ensemble”, affianca il ruolo di primo violino e solista nell’Ensemble “Europa Galante” con strumenti originali. Ha effettuato numerose incisioni per la EMI, Opus 111, RAI, Dinamic, Radio France, BBC, Nippon TV e si è esibito nelle più importanti sale del mondo: Ojei Hall di Tokyo, Sidney Opera House, National Library of Congress di Washington, Royal Albert Hall e Barbican Center di Londra, Philarmonie di Berlino, Teatre de la Ville e Champs-elysées di Parigi, Konzerthouse di Vienna, La Scala di Milano, Teatro Noga di Tel Aviv, Fondazione Gulbelkiann di 71 Lisbona, Concertgebow di Amsterdam, Ton Halle di Zurigo, Lincoln Center di New York, Opera di Dresda, Teatro della Cultura di San Paolo (Brasile), Hong Kong City Hall Concert Hall ed inoltre in Corea, Cina, Nuova Zelanda, Canada. E’ titolare della cattedra di violino presso il Conservatorio “Luca Marenzio” di Brescia, sezione di Darfo Boario Terme. Invitato spesso a tenere corsi di perfezionamento, è attualmente Assistente di Enzo Porta al corso di perfezionamento “Aspetti dell’espressione musicale dal 900 ad oggi” presso il Conservatorio di Parma. Marcello Gatti E’ nato a Perugia nel 1967, dove si è diplomato presso il Conservatorio “F. Morlacchi” in flauto nel 1986. Seguendo la passione per la musica antica eseguita con gli strumenti originali ha cominciato giovanissimo lo studio del flauto traverso barocco a Roma con Claudio Rufa e a Verona con Marcello Castellani; nel 1991 è stato invitato a frequentare il Conservatorio Reale dell’Aia in Olanda per studiare con Barthold Kuijken. Nel 1997 ha ottenuto il diploma di solista con menzione speciale e nel 1998 il diploma di musica da camera, dedicato interamente al repertorio rinascimentale. Svolge da anni una intensa attività concertistica che lo ha portato ad esibirsi in tutta Europa, Stati Uniti, Messico, Giappone, Australia e Medio Oriente presso le più prestigiose istituzioni musicali e ha collaborato con rinomate orchestre e ensembles internazionali quali: Amsterdam Baroque Orchestra, Cantus Coelln, Zefiro, Rheinische Kantorei, Armonico Tributo, Ensemble Elyma, Le Concert de Nations, The Bach Players, Attaingnant Consort, Piccolo Concerto Wien, Concerto Koeln. Oltre allo stretto legame con l’Ensemble Aurora in Italia suona regolarmente con l’Accademia Bizantina, la Cappella della Pietà de’ Turchini, l’Academia Montis Regalis. Numerose le registrazioni discografiche per Opus 111, Arcana, Erato, Symphonia, Harmo72 nia Mundi, Aeolus, Ambroisie, Tactus, Dynamic, Bongiovanni, Agorà. Si dedica con entusiasmo all’attività didattica presso istituzioni quali il Conservatorio di Vicenza, Scuola Civica di Milano, Corsi di Musica Antica di Urbino, Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini di Napoli. Stefano Maria Demicheli Nato a Torino nel 1975, è diplomato in organo e composizione organistica ed in clavicembalo. Ha iniziato a studiare clavicembalo all’età di tredici anni sotto la guida di Ottavio Dantone proseguendo poi presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano dove ha conseguito il diploma dì perfezionamento. Corsi di perfezionamento con Kenneth Gilbert, Ton Koopman, Harald Vogel, Emilia Fadini, ha studiato organo con Lorenzo Ghielmi presso la Civica Scuola di Milano e con Jean-Claude Zehnder presso la Schola Cantorum Basilensis, clavicembalo con Lars-Ulrik Mortensen presso la Hochschule fùr Musik di Monaco di Baviera e con Ketil Haugsand presso la Hochschule für Musik di Köln. Collabora regolarmente come solista e continuista con molti ensemble con strumenti originali fra i quali “Accademia Bizantina” di Ravenna (Ottavio Dantone), “Il Giardino Armonico” di Milano (Giovanni Antonini), Freiburger Barockorchester, Concerto Köln, ensemble “I Barocchisti” di Lugano (Diego Fasolis), ensemble “Zefiro” di Mantova (Alfredo Bernardini), e tiene regolarmente recitals come partners di strumentisti e cantanti La sua attività concertistica lo porta ad esibirsi regolarmente nella sale da concerto e nei teatri più importanti di tutta Europa all’interno dei festival più prestigiosi (fra cui Festival van Vlaanderen di Brugge, Oude Muziek di Utrecht, Rheingau Musik Festival, lnternationale Musikfestwochen di Luzern, “Musica e Poesia in San Maurizio” di Milano, London Festival of Baroque Music). Nell’anno 2000 e nell’ambito delle celebrazioni Bachiane è stato solista presso il Teatro “La Scala” di Milano. Ha lavorato al fianco di rinomati solisti per concerti ed opere (fra cui Lynne Dawson, Cecilia Bartoli, Christoph Coin, Roberto Balconi, Marco Lazzara, Andreas Scholl) e collaborato al fianco di importanti direttori (Riccardo Chailly, Corrado Rovaris, Ottavio Dantone, Gottfried van der Goltz, Ivor Bolton, Giovanni Antonini, Paul Goodwin, Renè Jacobs) e molte orchestre. Ha registrato per Forlane, Bongiovanni, Tactus, Arts, Amadeus e per le principali emittenti radiofoniche e televisive europee fra cui Radio Svizzera Italiana (Rete 2), Schweizer Radio DRS II (Basel), Radio Classique (Francia), RAI, Radio Catalunya (Barcelona), ORF (Radio Oesterreich 1), MDR Kultur (Radio Tedesca), BBC. Dal luglio 2000 è fra i docenti del Corso Internazionale di Musica Antica di Urbino (clavicembalo, basso continuo e musica da camera) ed è l’assistente di Ottavio Dantone, con cui collabora anche in veste di solista. Fra gli impegni del 2003 è l’assistente al cembalo di René Jacobs in molte produzioni operistiche nei teatri più prestigiosi d’Europa (fra gli altri: Berlino-Deutsche Staatsoper Unter den Linden, Parigi-Thèatre des Champs-Elysèes, Bruxelles-Thèatre Royal de La Monnaie). Nel 2002 fonda l’Ensemble “La Tempesta”: formazione ad organico variabile che riunisce alcuni dei musicisti italiani più attivi nel campo dell’esecuzione della musica antica con strumenti originali. Paolo Beschi Nato a Brescia nel 1953, si è diplomato in violoncello con Maria Leali e in seguito si è perfezionato con Franco Rossi. Dopo aver collaborato per dieci anni con l’ensemble di musica contemporanea “Musica Insieme” di Cremona, si è dedicato allo studio del violoncello barocco e nel 1985 ha fondato con G. Antonini, L. Ghielmi e L. Pianca il gruppo di musica barocca “Il Giardino Armonico” con cui tiene concerti in stagioni musicali europee e statunitensi ed ha effettuato numerose registrazioni radiofoniche, discografiche e televisive. Dal 1980 suona con la moglie, la pianista Federica Valli, nell’ ensemble “La Gaia Scienza”, con il quale si è specializzato nell’ esecuzione di musica classico-romantica su strumenti d’epoca. Nel 1988 “la Gaia Scienza” è stata premiata da una nota rivista svedese per l’ incisione dei Trii di F. Schubert come migliore disco dell’ anno. Recentemente per la casa discografica “Winter & Winter” di Monaco, Paolo Beschi ha inciso l’integrale delle Suites di J.S. Bach per violoncello solo. E’ docente di quartetto presso il conservatorio di Como. Ugo Orlandi È docente di mandolino presso il Conservatorio “C. Pollini” di Padova dal 1980. Nato a Brescia nel 1958 è cresciuto musicalmente nel Centro Giovanile Bresciano di Educazione Musicale dove ha iniziato lo studio del mandolino e della tromba con Rosa Messora e Giovanni Ligasacchi. Dal 1975 ha frequentato il corso di mandolino, tenuto da Giuseppe Anedda, presso il Conservatorio di Padova dove contemporaneamente ha conseguito il diploma di tromba. Interessatosi alla musica antica ed alla ricerca musicologica, si è dedicato allo studio del cornetto e della tromba naturale, approfondendo lo studio e la ricerca del repertorio storico del mandolino. I suoi ampi interessi musicali sono evidenziati nelle produzione discografiche dei gruppi nei quali è attivo come coordinatore artistico: il Gruppo di musica antica “P. e B. Dusi” (I Guami da Lucca, Livorno, fonè 1990); il Gruppo Padano di Piadena (Itinerario artistico nella Canzone popolare Padana, Piadena, 1992) e Orchestra di mandolini e chitarre “Città di Brescia” (10 CD dedicati a monografie - Mandonico, Sartori, Calace -, a tradizioni storico-sociali - Christmas and mandolin, Ragtime, Musica per un momento - ed alla città di Brescia). Dirige la collana “Il mandolino” per le edizioni “Ut Orpheus” di Bologna, ha curato inoltre la pubblicazione de “Il Periodo d’oro del mandolino” e “Mandolin 73 Memories” (Cremona, Ed. Turris, 1996 e 1999) e la ricerca sulle sonate per mandolino di Domenico Scarlatti (Ancona, Ed. Berben 1994). Come solista ha collaborato con L’Orchestra del “Festival di Brescia e Bergamo”, i “Solisti Aquilani” (con i quali ha prodotto il CD “6 Concerti per mandolino” Koch-Schwann 1991, che ha venduto più di 25. 000 copie in tutto il mondo), i “Wiener Kammerkonzerte”, i “Berliner Philarmoniker”, Accademia “Montis Regalis”, Sergio Vartolo, Jordi Savall, Zubin Metha e Claudio Abbado. Con Claudio Scimone ed i” Solisti Veneti” ha effettuato tournée in tutto il mondo: America del Nord, Canadà, America del Sud (Venezuela, Argentina, Brasile, Perù, Equador, Cile), Europa, Asia (Cina, Honk Kong, Singapore, Malesia, Corea del Sud, Vietnam, Thailandia, Indonesia, Giappone), Libano, Cipro, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Oman, India, Australia, partecipando ai Festivals di Salisburgo, Montreaux, Edimburgo, “Mostly Mozart” a New York, “Le Prestige de la Musique” a Parigi. Sempre con i “Solisti Veneti” ha inciso per L’ERATO due CD con i concerti di G. M. Giuliani, F. Lecce, G. Paisiello e l’integrale dei concerti per Mandolino di A. Vivaldi. Nel 1991 a Roma, Accademia dei Lincei, ha ricevuto una medaglia “per i suoi studi sul mandolino e per l’opera di valorizzazione attuata in Italia a favore dello strumento” dalla Società Italiana del Flauto Dolce; nel 1999 è stato invitato dal Ministero della Cultura Giapponese a rappresentare il mandolino in occasione del I° Festival nazionale dedicato agli strumenti a pizzico in Giappone. Pietro Prosser Pietro Prosser si è diplomato in chitarra presso il Conservatorio di Trento. Iniziato successivamente lo studio del liuto presso la Civica Scuola di Musica di Milano con Paul Beier, ha proseguito a Parma con Andrea Damiani, sotto la guida del quale si è diplomato presso il Conservatorio ‘S. Cecilia’ di Roma. Come continuista e solista si è esibito assieme a numerose formazioni italiane – Ensemble Antonio 74 Draghi, Convivium Musicum, Il Viaggio Musicale, Delitiae Musicae, Accademia Bizantina, Ensemble Galilei, I Solisti Veneti, Orchestra Barocca di Venezia, Accademia de li Musici – e straniere – Capella Savaria (Ungheria), Piccolo Concerto (Vienna). Con il Calichon ha proposto programmi a solo e in ensemble in prima moderna. Musica Antiqua Köln - Reinhard Goebel Musica Antiqua Köln è sinonimo di interpretazione filologica ed al tempo stesso virtuosa della musica dei secoli XVII. e XVIII. Da trent’anni l’ensemble, sotto la guida del Maestro Reinhard Goebel, è invitato dai più prestigiosi festival ed istituzioni di musica antica in tutto il mondo. Fondato nel 1973 dallo stesso Goebel insieme a compagni di studio del conservatorio di Colonia, Musica Antiqua Köln si dedica inizialmente all’esecuzione di musica da camera e liturgica dell’epoca barocca. Con il debutto nella Queen Elizabeth Hall e una serie di cinque concerti al Festival d’Olanda nel 1979 l’ensemble riesce a posizionarsi a livello internazionale. A partire dagli anni Ottanta comincia ad affrontare un repertorio per formazione orchestrale. Da allora in poi Musica Antiqua Köln effettua regolarmente tournee in Europa, negli Stati Uniti, in Australia, in Sud - America ed in Asia. Il complesso è legato indiscindibilmente al nome del suo fondatore e direttore, il violinista Reinhard Goebel. Formatosi al Conservatorio di Colonia sotto la guida di Franzjosef Maier, poi da Saschko Gawriloff al Conservatorio di Essen, Goebel studia anche da Eduard Melkus e Marie Leonhardt. Contemporaneamente frequenta corsi di musicologia all’Università di Colonia, gettando così le basi di conoscenze e di una passione che lo porteranno a divenire un’autorità nell’ambito della musica antica. Considerati il repertorio e la discografia di questo ensemble, è facile rendersi conto di quanto Reinhard Goebel e Musica Antiqua Köln abbiano più di ogni altro aperto i nostri orizzonti sul periodo barocco. Nel 1978 Reinhard Goebel e Musica Antiqua Köln firmano un contratto esclusivo con la celebre casa discografica Deutsche Grammophone – Archiv Produktion. La scelta raffinata ed esclusiva dei brani incisi sono stati oggetto di innumerevoli riconoscimenti e premi (Grand Prix International du Disque, Grammophon Award ecc.). L’incisione dei ‘Concerti di Dresda’ in particolare ha rappresentato un successo a livello mondiale che ha meritato ben cinque premi (JAHRESPREIS DER DEUTSCHEN SCHALLPLATTENKRITIK 1993, GRAMMOPHONE AWARD 1993, P RIX C AECILIA 1993, S CHALLPLATTENPREIS E CHO KLASSIK 1994 und CD COMPACT AWARD 1994). La discografia di questo ensemble comprende, solo per citare gli esempi più noti, le ‘Cantate di Maria’ di G.F. Händel con Anne Sofie Otter, ‘I concerti per l’orchestra di Dresda’ (musica di Heinichen, Veracini, Quantz, Dieupart e Pinsedel) come pure Il ‘Salve regina’ di A. Hasse con Bernarda Fink e Barbara Bonney. Nel luglio del 1999 Musica Antiqua Köln ha ripreso per la Deutsche Grammophone la colonna sonora del film “Il re danza” di Gérard Corbiau. Nel 2002 Reinhard Goebel riceve il Premio della città di Magdeburg, luogo natale di Georg Philipp Thelemann per i suoi meriti nella cura del repertorio di questo compositore. Nell’ottobre del 2003 Musica Antiqua Köln ha festeggiato il trentesimo anniversario della sua fondazione con un concerto tenutosi all’ Opera di Colonia, in occasione del quale è stato presentato il CD ‘Musique sacrée” di Marc-Antoine Charpentier. 75 Autografi degli Artisti 76 77