APPUNTI SULL`ESECUZIONE FORZATA N.B. I presenti appunti non

APPUNTI SULL’ESECUZIONE FORZATA
N.B. I presenti appunti non sostituiscono lo studio del manuale né del codice di procedura
civile, ma intendono solo costituire un ausilio alla migliore comprensione di alcuni istituti
fondamentali.
L’art. 474 c.p.c. si occupa del titolo esecutivo, e afferma che l’esecuzione forzata non può aver
luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto:
1. Certo
2. Liquido
3. Esigibile
Per certezza non si intende l’incontestabilità del diritto, ma la precisa individuazione del diritto
sia nell’imputazione/direzione soggettiva, sia nel contenuto.
La liquidità attiene ai crediti di denaro e riguarda la loro espressione in moneta.
L’esigibilità riguarda l’inesistenza di ostacoli giuridici alla immediata ed attuale riscuotibilità della
prestazione dovuta dal soggetto obbligato. Se il diritto è sottoposto a un termine ovvero a una
condizione sospensiva, esso non è attualmente esigibile e quindi non si potrà procedere
all’esecuzione forzata.
Una volta individuate le caratteristiche dei diritti oggetto di titolo esecutivo, è possibile distinguere
due grandi categorie di titoli:
A. Titoli giudiziali
B. Titoli stragiudiziali
A. All’interno della prima categoria rientrano:
A1. Sentenze
A2. Provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, come:
 Le ordinanze ex artt. 186 bis, ter e quater;
 Le ordinanze di pagamento di pene pecuniarie;
 I decreti di liquidazione dei compensi ai consulenti tecnici d’ufficio;
 Il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo.
B. All’interno della seconda categoria rientrano:
B1. Le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse
contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la
sua stessa efficacia (art. 474, co. 2 n.° 2);
B2. Gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli.
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LA SPEDIZIONE IN FORMA ESECUTIVA (ARTT. 475-476)
L’art. 475 c.p.c. stabilisce che “le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e gli atti
ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l'esecuzione forzata,
debbono essere muniti della formula esecutiva, salvo che la legge disponga altrimenti”.
Dall’art. 475 c.p.c. si evince che il rilascio della copia in forma esecutiva non è richiesto per gli atti
di formazione privata (es.: cambiali), mentre è necessario per gli atti i cui originali rimangono
depositati presso gli organismi che li hanno formati, pertanto:
 sull’originale il cancelliere/il notaio/il pubblico ufficiale annota la spedizione del titolo;
quindi viene formata la copia autentica mediante l’apposizione della formula esecutiva1
riportata nell’ultimo comma dell’art. 475.
 Tutte le altre sono copie dell’originale del titolo spedito e consegnato al richiedente.
L’art. 476 c.p.c. prevede che non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma
esecutiva alla stessa parte.
IL PRECETTO (ART. 480)
1° co.: il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo
entro un termine non minore di dieci giorni (salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482), con
l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.
Il 2° co. stabilisce che il precetto deve contenere a pena di nullità:
 l'indicazione delle parti;
 l’indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta
separatamente;
 la trascrizione integrale del titolo stesso, quando e' richiesta dalla legge.
In tal caso l'ufficiale giudiziario, prima della relazione di notificazione, deve
certificare di avere riscontrato che la trascrizione corrisponde esattamente al titolo
originale.
Inoltre il 3° co. statuisce che “il precetto deve contenere la dichiarazione di residenza o l'elezione di
domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. In
mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui questo è stato
notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso.”
Infine secondo il co. 4° “il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e notificato
alla parte personalmente”.
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“Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il
presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi,
quando ne siano legalmente richiesti”.
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LA NOTIFICA DEL TITOLO E DEL PRECETTO ; IL TERMINE DI EFFICACIA DEL PRECETTO
L’art. 479, co. 1 prevede che “se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere
preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto.” I menzionati atti e la loro
notificazione, pertanto, non rientrano nel processo esecutivo, ma ne sono i necessari antecedenti
preparatori.
Il co. 2 aggiunge che la notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente
o ai suoi successori, se individuati. Il precetto, invece, in ragione del suo contenuto e della sua
natura di atto sostanziale di costituzione in mora, deve essere sempre notificato alla parte
personalmente, anche a mezzo posta.
Secondo il co. 3, inoltre, “il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere
notificato insieme con questo, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente”. Quindi è
ammessa
la
notificazione
unica
e
congiunta
dei
due
atti.
Tale sistema, di norma facoltativo, in determinati casi è necessario (es.: cambiale).
Dell’espropriazione forzata in generale (artt. 483 – 512)
LE VARIE SPECIE DI ESPROPRIAZIONE FORZATA
L’espropriazione forzata è quel procedimento esecutivo che serve al soddisfacimento coattivo dei
diritti di credito, quelli cioè scaturenti dai rapporti giuridici obbligatori.
Il soddisfacimento coattivo del diritto di credito consiste nell’attribuire al creditore la somma
di denaro corrispondente al valore economico del diritto stesso, poiché quest’ultimo ha
sempre carattere patrimoniale e a seguito dell’inadempimento acquista automaticamente
contenuto risarcitorio.
La somma di denaro in questione viene reperita nel patrimonio del debitore in virtù della garanzia
patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. Se in detto patrimonio si trova del denaro, viene espropriato
con precedenza sul resto dei beni; altrimenti si individuano altri beni che andranno anch’essi
espropriati e convertiti in danaro. Da tale situazione nascono diverse forme di espropriazione
forzata, che si differenziano a seconda della natura giuridica dei beni sottoposti a espropriazione.
Il procedimento espropriativo, in generale, passa attraverso le seguenti fasi:
 Pignoramento
 Eventuale intervento dei creditori (concorso dei creditori)
 Vendita o assegnazione
 Distribuzione del ricavato della vendita
IL GIUDICE DELL ’ESECUZIONE E I SUOI POTERI
Il processo esecutivo è diretto da un giudice dell’esecuzione, la cui competenza è stata modificata
con la soppressione delle preture e l’istituzione del giudice unico.
Oggi per l’esecuzione è competente il tribunale in persona del giudice unico. Per quanto riguarda
la competenza per territorio, essa è assoluta e inderogabile ex artt. 26 e 28 e si differenzia a
seconda della specie di esecuzione forzata:
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 Espropriazione forzata di cose mobili o immobili  è competente il giudice del luogo in cui
si trovano i beni da espropriare;
 Espropriazione presso terzi  è competente il giudice del luogo in cui risiede il terzo
debitore;
 Esecuzione di obblighi di fare/di non fare  è competente il giudice del luogo in cui deve
essere adempiuto l’obbligo.
Il giudice dell’esecuzione viene nominato dal presidente del tribunale su presentazione da parte del
cancelliere del fascicolo dell’esecuzione entro due giorni dalla sua formazione. Tale fascicolo ai
sensi dell’art. 388 contiene:
 Tutti gli atti compiuti dal giudice
 Tutti gli atti compiuti dal cancelliere
 Tutti gli atti compiuti dall'ufficiale giudiziario
 Gli atti e documenti depositati dalle parti e dagli eventuali interessati.
La legge tende ad assimilare la figura del giudice dell’esecuzione a quella del giudice istruttore, ed
estende al primo il potere di ordinanza attribuito al secondo. Con ciò, però, non bisogna dimenticare
che esso non ha il compito di decidere le controversie nel contraddittorio tra le parti, bensì quello di
guidare l’espropriazione al soddisfacimento dei creditori nel modo consentito dalla legge. Da ciò
consegue che:
 Il processo esecutivo non è intrinsecamente contraddittorio, in quanto non serve ad accertare
giurisdizionalmente diritti incerti e/o contestati, ma serve soltanto a procurarne il
soddisfacimento.
 ciò non toglie che secondo l’art. 485 “quando la legge richiede o il giudice ritiene
necessario” può essere dal giudice stesso fissata con decreto un’udienza per sentire le parti.
Se risulta o appare probabile che qualcuno non sia comparso per causa involontaria, egli
fissa una nuova udienza da comunicarsi a quest’ultimo. Tale disposizione non va intesa
come espressione del principio del contraddittorio in senso tecnico, ma più semplicemente
come espressione di un criterio di opportunità in vista del migliore e più ponderato esercizio
del potere giurisdizionale; ciò comporta che la violazione dell’art. 485 non sarà rilevabile
d’ufficio, ma potrà essere fatta valere soltanto dal soggetto interessato mediante tempestiva
opposizione agli atti esecutivi.
 Il giudice dell’esecuzione provvede sempre e solo con ordinanza o decreto e mai con
sentenza, tranne che per decidere opposizioni di forma o di merito, in quanto vere e proprie
cause a contraddittorio pieno. Ciò si spiega perché i suoi provvedimenti, di norma, non
contengono un accertamento. L’ordinanza può essere revocata o modificata finchè non abbia
avuto a sua volta esecuzione. Quando il provvedimento giudiziale avrà sortito i suoi effetti,
il giudice dell’esecuzione perde il proprio potere e non potrà più tornare sui suoi passi.
 Le parti o gli interessati si rivolgono al giudice dell’esecuzione con ricorso da depositarsi in
cancelleria o oralmente all’udienza: altro segno della mancanza del contraddittorio.
CUMULO DEI MEZZI DI ESPROPRIAZIONE (ART. 483)
Il co. 1 dell’art. 483 stabilisce che “il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di
espropriazione forzata previsti dalla legge”, vale a dire che può aggredire il patrimonio del debitore
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pignorando
sia
denaro,
sia
beni
mobili,
sia
beni
immobili.
E’ quindi ammessa la contemporanea pendenza di più procedimenti espropriativi tra le stesse parti,
senza che ciò dia luogo a litispendenza; inoltre al creditore è consentito di intervenire in
procedimenti espropriativi già avviati da terzi, senza che ciò pregiudichi il procedimento
espropriativo da lui avviato.
Tuttavia la legge si preoccupa di tutelare il debitore e di evitare che l’azione del creditore sia
eccessiva rispetto al credito da soddisfare. A tal fine l’art. 483 prosegue stabilendo che “il giudice
dell’esecuzione, su opposizione del debitore, con ordinanza non impugnabile, può limitare
l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso
determina. Se è iniziata anche l'esecuzione immobiliare, l'ordinanza è pronunciata dal giudice di
quest'ultima.”
COMUNICAZIONI , NOTIFICAZIONI E AVVISI
Le comunicazioni e le notificazioni nel processo esecutivo andranno fatte al creditore procedente e
a quelli intervenuti nel domicilio da costoro eletto o nella residenza dichiarata; al debitore o ai terzi
eventualmente interessati, alla loro residenza o domicilio. A tal proposito si precisa che l’art. 492
stabilisce che il debitore ha l’onere di eleggere il domicilio nella circoscrizione del giudice
esecutore, ed in mancanza le notificazioni e le comunicazioni verranno effettuare presso la
cancelleria dello stesso giudice.
Il pignoramento (artt. 491 – 497)
IL PIGNORAMENTO E L ’ESPROPRIAZIONE FORZATA
L’art. 491 stabilisce che, ad eccezione del caso di beni mobili sottoposti a pegno o ipoteca
mobiliare, l’espropriazione forzata inizia con il pignoramento.
Il pignoramento è un atto devoluto alle attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, e precisamente
compete a quello del luogo dove si trovano i beni da pignorare. In particolare, secondo l’art. 492 co.
1 “il pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi
da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si
assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi.”
I
REQUISITI FORMALI E DI ATTUAZIONE DEL PIGNORAMENTO ; POTERI DELL ’UFFICIALE
GIUDIZIARIO
L’art. 492 stabilisce che “il pignoramento deve altresì contenere [oltre all’ingiunzione]:
1) l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la
dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui
ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero
in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive
notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso
giudice;
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2) l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'articolo 495, può chiedere di sostituire alle cose o
ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai
creditori intervenuti […], sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in
cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione (conversione del
pignoramento).
La mancanza di tale avvertimento comporta una mera nullità formale da far valere con opposizione
agli atti esecutivi entro 20 gg. dal compimento o dalla notifica dell’atto di pignoramento, ed
eventualmente la facoltà del debitore di chiederne la conversione anche oltre la fase prevista
dall’art. 495.
Dal 4° co., l’art. 492 individua i poteri dell’ufficiale giudiziario nella ricerca dei beni da pignorare,
tali da attribuirgli una veste inquisitoria. Infatti, “quando per la soddisfazione del creditore
procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare
manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare
ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori,
avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione.”
Tale previsione normativa potrà applicarsi soltanto in caso di pignoramento mobiliare, in cui
l’ufficiale giudiziario si reca nella casa/azienda del debitore per ricercare cose da pignorare;
nell’espropriazione immobiliare o presso terzi, invece, l’ufficiale giudiziario si limita ad eseguire la
notifica di un atto di cui riferisce nell’apposita relazione, e quindi non ha modo né potere di
interpellare il debitore.
L’art. 492 stabilisce inoltre che “della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo
stesso sottoscrive. Se sono indicate cose mobili, queste, dal momento della dichiarazione, sono
considerate pignorate” a tutti gli effetti, salve la ricognizione, descrizione e valutazione
dell’ufficiale giudiziario procedente. “Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di
terzi, il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato/escusso dal
momento della sua dichiarazione, e il terzo stesso viene costituito custode della somma o della
cosa”. In tale ipotesi occorre perfezionare il pignoramento presso terzi notificando l’atto previsto
dall’art. 543. Detta notifica dovrà pure farsi al debitore escusso anche se egli è ormai edotto dalla
vicenda.
Infine, se il debitore indica beni immobili, il creditore dovrà pignorarli nelle forme di legge.
Il co. 7 del medesimo art. 492 prosegue stabilendo che “in ogni caso l'ufficiale giudiziario, ai fini
della ricerca delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione - quando non individua beni
utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati o indicati dal debitore appaiono
insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti - su richiesta del creditore
procedente, rivolge richiesta ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati
pubbliche.” Chiaramente tale richiesta ha ad oggetto il patrimonio del debitore, nella speranza di
reperirvi altri beni pignorabili, e deve indicare le generalità complete del debitore (o dei debitori) e
del creditore istante (o dei creditori istanti).
Coerentemente con la disposizione appena riportata, l’art. 179-ter disp. Att. stabilisce che, in una
situazione analoga a quella ora descritta, se il debitore è un imprenditore commerciale, l’ufficiale
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giudiziario può accedere alle scritture contabili dell’impresa e nominare un consulente perché
rediga una relazione sullo stato patrimoniale del debitore così come risultante dalle scritture
contabili.
ASPETTI ED EFFETTI PROCESSUALI DEL PIGNORAMENTO
Il pignoramento, oltre a determinare l’inizio dell’espropriazione forzata, produce altre conseguenze
processuali.
La prima di esse è quella d’individuare i beni che il creditore può fare espropriare per conseguire
quanto gli è dovuto: in tal modo viene determinato l’oggetto dell’espropriazione.
A differenza della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 c.c., la quale abbraccia
l’intero suo patrimonio, e in particolare tutti i suoi beni presenti e futuri, nel pignoramento il
potere espropriativo attribuito al creditore va a colpire specificamente un bene o più beni
determinati. Esso, inoltre, ai sensi dell’art. 2912 c.c., si estende agli accessori, alle pertinenze e
ai frutti dei beni pignorati.
In relazione a questo primo effetto, il pignoramento assolve anche ad una funzione
conservativo-cautelare: esso, infatti, comporta sempre la custodia del bene pignorato e mira a
preservare l’integrità e la libertà giuridiche in vista delle ulteriori fasi del procedimento
espropriativo. Tale funzione risulta anche:
 dall’art. 2906 c.c., che equipara il pignoramento al sequestro conservativo;
 dal regime dell’inefficacia degli eventuali atti di disposizione del bene pignorato;
 dal fatto che il potere espropriativo ex art. 2910 c.c. si ricollega alla responsabilità-garanzia
patrimoniale gravante sul debitore. Il pignoramento, pertanto, in quanto primo atto
dell’espropriazione forzata, è anche un mezzo di conservazione della suddetta garanzia.
GLI EFFETTI SOSTANZIALI DEL PIGNORAMENTO (ARTT. 2913-2918 C.C.)
Gli effetti sostanziali del pignoramento possono riassumersi dicendo che sono inefficaci nei
riguardi del creditore pignorante e di quelli intervenuti nell’espropriazione forzata gli atti di
disposizione in senso lato del bene pignorato, anche se essi creano solo dei vincoli a favore di
terzi. Si tratta dunque non di un’inefficacia assoluta, ma relativa. Infatti gli atti di disposizione dei
beni pignorati non sono opponibili soltanto ai creditori impegnati nell’espropriazione del bene,
mentre saranno pienamente validi ed operanti nei confronti di chiunque altro.
Il limite a cui va incontro il creditore è l’impossibilità di pignorare beni di terzi, salvo che non siano
soggetti a garanzia reale. Ma questo limite, derivante dall’appartenenza del bene al terzo, non è
neppure rilevabile di ufficio perché potrà essere fatto valere da costui (il terzo) soltanto nei limiti e
nelle forme dell’opposizione ex art. 619.
In sostanza la proprietà del debitore non è un presupposto di legittimità del pignoramento, e
l’ufficiale giudiziario nell’eseguirlo non è tenuto né può ad effettuare indagini o accertamenti
preventivi su di essa.
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PIGNORAMENTI PLURIMI (ART. 493)
La garanzia patrimoniale gravante sul debitore e la conseguente espropriazione forzata sono istituti
potenzialmente concorsuali, poiché di essi ha la facoltà di avvalersi ogni creditore. Il concorso di
creditori, quindi, si attua in due modi:
1. In via preventiva ex art. 493 c.p.c. (Pignoramenti su istanza di più creditori);
2. Mediante l’intervento in un’espropriazione già in corso ex artt. 498-500 c.p.c.
Il 1° co. dell’art. 493 stabilisce che “più creditori possono con unico pignoramento colpire il
medesimo bene.”
L’ipotesi in questione prevede che più creditori, con il medesimo titolo o anche con titoli esecutivi
diversi, si rivolgano con unica richiesta all’ufficiale giudiziario affinchè pignori i beni del debitore.
Lo scopo e l’interesse di tale operazione consiste in un risparmio di spesa e nell’estensione
quantitativa del pignoramento, il quale dovrà colpire e vincolare uno o più cespiti il cui valore
corrisponde al complesso dei crediti per cui si procede.
Il 2° co., invece, stabilisce che “il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere
pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori.”
Tale norma conferma che, in ragione del concorso dei creditori, il pignoramento ad opera di un
creditore non esclude analoga iniziativa da parte degli altri creditori sul medesimo bene: quando ciò
avvenga, tutti i pignoramenti devono essere riuniti in un unico fascicolo ad opera del cancelliere,
oppure dal giudice, e quelli successivi hanno l’effetto di un intervento (tempestivo/tardivo) rispetto
all’espropriazione iniziale.
Il co. 3, invece, prevede che “Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri
in unico processo.” Ciò significa che l’azione esecutiva intrapresa da ciascun creditore, anche se in
forma congiunta, conserva ad ogni effetto la sua autonomia e individualità. Da questa
disposizione si evince chiaramente che, nelle ipotesi appena prospettate, non ha luogo in alcun
modo il litisconsorzio nel processo esecutivo, ma una mera riunione di procedimenti, ai fini di
economia processuale.
PAGAMENTO
NELLE MANI DELL ’UFFICIALE GIUDIZIARIO
PIGNORAMENTO (ART .
(ART.494)
E
CONVERSIONE
DEL
495)
Il pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario e la conversione del pignoramento sono due
strumenti che consentono al debitore di evitare il pignoramento dei suoi beni, o di farne cessare gli
effetti cambiandone l’oggetto.
A proposito del pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario, l’art. 494 stabilisce che “Il
debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma per cui
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si procede e l'importo delle spese, con l'incarico di consegnarli
All'atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata.”
al
creditore.
Tale istituto ha un’incidenza pratica molto limitata, perché difficilmente il debitore pagherà
l’ufficiale giudiziario. Se il pagamento dovesse avvenire, questo andrà effettuato con denaro
contante o con mezzo equivalente; di esso si dà atto a verbale, e ciò equivale ad una quietanza
liberatoria per il debitore, essendo l’ufficiale giudiziario persona autorizzata a ricevere il
pagamento ex lege. Di conseguenza, se la somma in tal modo versata non giunge per qualsiasi
motivo al creditore il debitore non è più tenuto a risponderne.
Questi, inoltre, pagando può riservarsi ogni azione per ripetere la somma versata: in tal modo egli
potrà evitare di essere considerato acquiescente alla pretesa creditoria.
Il 2° co. dell’art. 494 prevede un modo alternativo per evitare il pignoramento, e cioè il deposito
nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo delle cose pignorate, di “una somma di denaro eguale
all'importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi”. In
questo caso, però, il debitore non incarica l’ufficiale giudiziario di versare la somma al creditore,
ma la consegna all’ufficiale giudiziario perché questa sia colpita da pignoramento. Ciò
evidentemente comporta una semplificazione dell’esecuzione, venendo meno la fase della vendita
forzata.
L’art. 495, invece, si occupa della conversione dell’oggetto di un pignoramento già eseguito.
Art. 495. Conversione del pignoramento
Prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione […], il debitore può chiedere di sostituire alle
cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo
dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e
delle spese.
Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma
non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui e' stato eseguito il pignoramento e dei
crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati
di cui deve essere data prova documentale. La somma e' depositata dal cancelliere presso un istituto
di credito indicato dal giudice.
La somma da sostituire al bene pignorato e' determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione,
sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione.
Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può
disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il
termine massimo di diciotto mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli
interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale.
Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del terzo
comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste
nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione, su
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richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza
indugio la vendita di questi ultimi.
Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate
dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati
dal pignoramento con il versamento dell'intera somma.
L'istanza può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità.
RIDUZIONE E CESSAZIONE DELL’EFFICACIA DEL PIGNORAMENTO (ARTT. 496-497)
L’art. 496 prevede che “su istanza del debitore o anche d'ufficio, quando il valore dei beni pignorati
e' superiore all'importo delle spese e dei crediti di cui all'articolo precedente, il giudice, sentiti il
creditore pignorante e i creditori intervenuti, può disporre la riduzione del pignoramento.”
Essa pertanto presuppone:
 Che sia stata pignorata una pluralità di beni o un bene facilmente divisibile;
 Che sia preclusa la possibilità di interventi tempestivi i quali, se proposti, fanno venire meno
l’eccesso di valore dei beni pignorati: la riduzione, pertanto, può disporsi solo dopo
l’udienza di autorizzazione alla vendita;
 Che la vendita non sia stata eseguita.
La riduzione del pignoramento può essere disposta dal debitore o d’ufficio; il giudice provvede con
ordinanza, sentiti tutti i creditori. Tale ordinanza è modificabile o revocabile finché non sia stata
eseguita ed è attaccabile per vizi formali con opposizione agli atti esecutivi. Disposta la riduzione, i
beni esclusi vengono liberati dal vincolo del pignoramento.
L’art. 497, che si occupa della cessazione dell’efficacia del pignoramento, lo sottopone ad un
termine perentorio di efficacia di 90 gg. dal suo compimento, entro il quale il creditore procedente
ha l’onere di chiedere al giudice dell’esecuzione l’assegnazione o la vendita forzata dei beni
pignorata.
Il termine di 90 gg. è previsto anche per l’istituto del precetto, ma ben diverse sono le conseguenze
dell’inutile decorso nei due casi:
 Nel caso del precetto, l’unica conseguenza è quella che dovrà essere notificato un nuovo
precetto basato sul medesimo titolo esecutivo;
 Nel caso del pignoramento, invece, si avrà la cessazione del vincolo gravante sui beni
pignorati. Da ciò conseguirà l’opponibilità, da parte del debitore nei confronti dei creditori,
degli atti di disposizione dei beni che erano stati pignorati, eventualmente compiuti dal
debitore nell’arco dei 90 gg..
Si ritiene che il decorso del termine, integrando un caso di estinzione del processo esecutivo,
debba
essere
eccepito
dal
debitore
prima
di
ogni
altra
difesa.
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L’inefficacia del pignoramento non travolge il precetto, in base al quale, pertanto, possono
eseguirsi ulteriori azioni esecutive (in quanto il termine di 90 gg. relativo al precetto si
sospende nel momento in cui viene iniziato il pignoramento).
L’intervento dei creditori (artt. 498 – 500)
I PRESUPPOSTI DEL CONCORSO E DELL ’INTERVENTO DEI CREDITORI
Secondo le norme del c.p.c., il concorso nel processo civile si attua proprio tramite l’intervento.
L’intervento dei creditori nell’espropriazione singolare trova il suo fondamento nelle norme
regolatrici delle obbligazioni civili e, in particolare, rispetto a quelle della responsabilità – garanzia
patrimoniale gravante sul debitore: l’art. 2741 c.c., nel prevedere che il debitore risponde
dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, implicitamente prevede le
obbligazioni di uno o più creditori.
L’intervento si effettua mediante un ricorso nel quale si chiede di partecipare alla distribuzione del
ricavato: con l’intervento, e perciò con il concorso dei creditori, si mira essenzialmente ad
ottenere l’attribuzione di una somma di denaro a soddisfacimento del credito attraverso la
partecipazione alla fase distributivo – satisfattiva dell’espropriazione forzata.
Regola generale vuole che questo istituto sia subordinato al possesso del titolo esecutivo (giudiziale
o stragiudiziale), anche se non mancano delle eccezioni. I creditori che possono essere sprovvisti di
titolo esecutivo sono:
 Coloro che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro conservativo sui
beni successivamente pignorati;
 Coloro che hanno un diritto di pegno o di prelazione, risultante da pubblici registri, sui beni
pignorati;
 Coloro il cui credito è documentato dalle scritture contabili imprenditoriali.
REGOLE FORMALI E TEMPO DELL’INTERVENTO (ART. 498)
L’intervento si attua mediante deposito innanzi al giudice dell’esecuzione o in cancelleria di un
ricorso, il quale deve contenere:
 L’indicazione del credito dell’interveniente
 L’indicazione del titolo
 La domanda di partecipazione alla distribuzione del ricavato
 La dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice
competente per l’esecuzione.
L’art. 498 stabilisce che “debbono essere avvertiti dell'espropriazione i creditori che sui beni
pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri.
A tal fine è notificato a ciascuno di essi, a cura del creditore pignorante ed entro cinque giorni dal
11
pignoramento, un avviso contenente l'indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si
procede, del titolo e delle cose pignorate.”
La funzione di tale avviso consiste nel consentire l’intervento dei creditori privilegiati, stante
che la vendita coattiva del bene comporta la cancellazione dei diritti di prelazione.
Per garantire che il creditore privilegiato venga avvertito del pignoramento, l’art. 498 stabilisce
altresì che “in mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può provvedere sull'istanza
di assegnazione o di vendita.”
Tuttavia si ritiene che qualora la vendita venga ugualmente realizzata, il creditore non intervenuto
potrà agire soltanto per il risarcimento del danno contro il creditore procedente, ma la vendita
resterà valida.
L’intervento può essere tempestivo o tardivo. L’art. 499 stabilisce che si ritiene tempestivo
l’intervento fatto entro la prima udienza di autorizzazione a vendita, ovvero entro l’udienza fissata
per la dichiarazione del terzo nell’espropriazione presso terzi. L’intervento effettuato dopo tali
udienze comporta la postergazione del creditore rispetto al pignorante e agli intervenuti
tempestivamente, nel senso che il creditore intervenuto tardivamente potrà concorrere alla
distribuzione del ricavato solo dopo il soddisfacimento degli altri, quindi sull’eventuale
residuo. Tuttavia questa grave conseguenza non si verifica in danno dei creditori muniti di
prelazione sui beni pignorati, in quanto questi conservano la priorità nella distribuzione anche se
sono intervenuti tardivamente: la postergazione, pertanto, colpisce solo i chirografari.
La vendita e l’assegnazione (artt. 501 – 508)
LA NATURA PROCESSUALE DELLA VENDITA FORZATA E I SUOI RIFLESSI
Al pignoramento dei beni del debitore segue la fase della vendita forzata o dell’assegnazione, la cui
funzione è quella di procurare le somme con le quali soddisfare i creditori. Tale fase, ovviamente,
non è necessaria qualora il pignoramento cada direttamente sul denaro del debitore o su beni ad
esso equiparati; in tal caso si passa direttamente alla distribuzione-assegnazione ai creditori.
Per quanto riguarda la vendita forzata, questa deve essere chiesta dal creditore procedente o da altro
intervenuto, purché provvisto di titolo esecutivo. Tale richiesta deve necessariamente essere
avanzata entro il termine di 90 gg. dal pignoramento, a pena di inefficacia del medesimo ex art. 497.
L’art. 501, inoltre, fissa un termine dilatorio di 10 gg. dal pignoramento, prima dei quali non può
essere avanzata la richiesta.
Di conseguenza, l’istanza di vendita (o di assegnazione) deve essere proposta non prima di 10
gg. e non oltre 90 gg. dal pignoramento.
Per quanto riguarda la natura giuridica della vendita forzata, bisogna partire dal seguente
presupposto: il trasferimento coattivo si attua attraverso un procedimento i cui soggetti sono:
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 Il creditore procedente
 Il debitore escusso
 Il giudice dell’esecuzione
 L’offerente e/o aggiudicatario del bene pignorato.
La necessità di risolvere la vendita in un procedimento deriva dal fatto che essa non è voluta dal
proprietario del bene pignorato, ma, al contrario, questi subisce l’espropriazione e pertanto occorre
surrogare la sua iniziativa e la sua volontà negoziale per cercare e trovare chi compri il bene. Fra
l’acquirente e gli altri soggetti menzionati, dunque, non si instaura nessun rapporto; il debitore
escusso non assume né obblighi né responsabilità poiché subisce l’espropriazione; il creditore si
limita a chiedere la vendita e non assume ugualmente alcun obbligo o responsabilità (salvo il caso
di comportamento fraudolento); l’organo esecutivo agisce in forza di un suo potere giurisdizionale.
Tale sistema comporta che ogni irregolarità o vizio attinente alla vendita forzata deve farsi valere
mediante opposizione agli atti esecutivi, proponibile da chiunque vi abbia interesse nei modi e nei
termini di legge. Il che significa che non si può attaccare o impugnare la vendita forzata con i mezzi
previsti dalle norme sostanziali (es.: garanzia per evizione/per vizi), poiché prevale la legge
processuale dell’espropriazione forzata.
EFFETTI SOSTANZIALI DELLA VENDITA FORZATA (ARTT. 2919-2929 C. C.)
Secondo quanto stabilito dall’art. 2919 c.c. “la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che
sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione, salvi gli effetti del possesso di buona
fede.”
L’art. 2920, inoltre, aggiunge che “se oggetto della vendita è una cosa mobile, coloro che avevano
la proprietà o altri diritti reali su di essa, ma non hanno fatto valere le loro ragioni sulla somma
ricavata dall'esecuzione, non possono farle valere nei confronti dell'acquirente di buona fede, né
possono ripetere dai creditori la somma distribuita. Resta ferma la responsabilità del creditore
procedente di mala fede per i danni e per le spese.”
MODI E CESSAZIONE DELLA VENDITA FORZATA
Secondo quanto stabilito dall’art. 503 c.p.c., la vendita forzata può farsi:
a. Con incanto  in pubblica udienza con gara tra i vari offerenti;
b. Senza incanto.
Inoltre la legge stabilisce che se la vendita viene fatta per partite o lotti plurimi e separati, essa deve
cessare non appena si incassano le somme necessarie a coprire le spese dell’esecuzione e a
soddisfare i crediti del creditore procedente e di quelli intervenuti.
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L’ASSEGNAZIONE FORZATA
Con l’espressione “assegnazione” il c.p.c. designa tre istituti almeno parzialmente diversi tra loro:
1. L’assegnazione satisfattiva (art. 529), la quale è prevista nell’ambito dell’espropriazione
mobiliare e consiste nell’assegnazione ai creditori – di ufficio o su loro domanda – di
danaro, titoli di credito, cose il cui valore risulta da listino di borsa o di mercato, qualora il
pignoramento cada direttamente su tali beni;
2. L’assegnazione dei crediti, la quale ha luogo nell’ambito dell’espropriazione mobiliare
presso terzi e può avere carattere pro solvendo o pro soluto;
3. L’assegnazione sostitutiva della vendita, la quale consiste in una vendita forzata dei beni
pignorati fatta al creditore anziché a un terzo offerente.
L’assegnazione è un atto espropriativo, pertanto può essere chiesta dal creditore pignorante munito
di titolo esecutivo entro il termine di 90 gg. dal pignoramento dei beni (stesso termine previsto per
la richiesta della vendita forzata).
Secondo i principi generali, si deve ritenere che l’assegnazione possa essere chiesta anche dal
creditore tempestivamente intervenuto e provvisto di titolo esecutivo; tuttavia l’art. 505 statuisce
che “se sono intervenuti altri creditori, l'assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o
di più, d'accordo fra tutti”. Pertanto in presenza di pluralità di creditori l’assegnazione, pur
potendo essere autonomamente e legittimamente chiesta da ognuno di essi – purché munito di
titolo – potrà essere disposta dal giudice solo con l’accordo di tutti.
L’art. 506 fissa il valore minimo dell’assegnazione sostituiva della vendita.
Da tale disposizione deriva che un creditore avrà interesse a chiedere l’assegnazione o quando è
solo o quando gode di un diritto di prelazione che lo antepone agli altri creditori. Solo in questo
caso, infatti, egli sarà sicuro di soddisfare il suo credito per mezzo della compensazione con il
prezzo dovuto per l’acquisto del bene pignorato.
Infine l’art. 507 stabilisce che “L'assegnazione si fa mediante ordinanza del giudice dell'esecuzione
contente l’indicazione”:






dell'assegnatario
del creditore pignorante e di quelli intervenuti
del debitore
dell’eventuale terzo proprietario
del bene assegnato
del prezzo di assegnazione.
GLI EFFETTI SOSTANZIALI DELL ’ASSEGNAZIONE
Anche tali effetti sono regolati dal c.c. e, in particolare, dall’art. 2926, il quale stabilisce che se
l’assegnazione ha ad oggetto cose mobili, i terzi proprietari, o i titolari di altri diritti reali sulle
stesse, possono rivolgersi, entro 60 gg. da questa, al creditore assegnatario di buona fede, ma solo
per ripetere la somma corrispondente al suo credito soddisfatto.
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La distribuzione del ricavato (artt. 509 – 512)
LA FASE DISTRIBUTIVA E IL SUO OGGETTO
La fase distributiva si apre con la liquidazione dei beni pignorati, e cioè con la loro
trasformazione in denaro, in modo che siano ottenute le somme di denaro per soddisfare il/i
diritto/i di credito del/i creditore/i.
In particolare, l’art. 509 prevede che “La somma [c.d. ricavato] da distribuire e' formata da quanto
proviene a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate, di rendita o provento delle
cose pignorate, di multa e risarcimento di danno da parte dell'aggiudicatario.”
Va inoltre precisato che la fase della distribuzione integra una espropriazione ad ogni effetto: il
denaro espropriato non appartiene allo Stato, ma al debitore (o al terzo espropriato per
debito altrui) il quale subirà l’espropriazione dello stesso su provvedimento dell’autorità
giudiziaria.
La disciplina in esame presuppone, poi, che il creditore sia munito di titolo esecutivo; i creditori
senza titolo, invece, potranno limitarsi a chiedere l’accantonamento delle somme loro dovute,
dimostrando di avere proposto, entro 30 gg. dall’udienza in cui vi è stato il disconoscimento del loro
credito,
l’azione
volta
a
conseguire
il
necessario
titolo
esecutivo.
L’accantonamento è disposto dal giudice per il periodo necessario per il conseguimento del titolo
esecutivo ma per un periodo comunque non superiore a 3 anni. Decorso tale termine, il giudice fissa
un’udienza di comparizione in cui procede alla distribuzione delle somme in precedenza
accantonate.
L’espropriazione mobiliare presso il debitore (artt. 513 – 542)
Sezione I – Il pignoramento (artt. 513 – 524)
INDIVIDUAZIONE E RICERCA DELLE COSE DA PIGNORARE
Come confermato dall’art. 513, il pignoramento è un atto esecutivo di competenza dell’Ufficiale
giudiziario addetto al tribunale giudice unico del luogo dove si trovano i beni da pignorare.
L’art. 513 prevede che l'ufficiale giudiziario sia munito del titolo esecutivo e del precetto. Su
tali atti l’ufficiale giudiziario non potrà compiere alcuna verifica che ecceda
 la loro esistenza e
 la loro regolarità formale
e solo in caso di manifesto difetto può opporre un rifiuto dell’espropriazione al creditore
specificandone le ragioni.
Il pignoramento mobiliare distingue tre fasi processuali:
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1. Ricerca, individuazione ed apprensione dei beni;
2. Descrizione e stima approssimativa in apposito verbale;
3. Deposito e custodia dei medesimi.
In merito alla determinazione dell’oggetto, va precisato come non esistono criteri prefissati dalla
legge per la determinazione dei beni oggetto del pignoramento, come invece previsto per gli
immobili e i beni mobili registrati.
L’art. 513 ricorre così ad una relazione spaziale fra i beni e il debitore: “l’ufficiale giudiziario può
ricercare le cose da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Può
anche ricercarle sulla persona del debitore, osservando le opportune cautele per rispettarne il
decoro.”
Pertanto, tutti i beni mobili che vengono trovati dall’ufficiale giudiziario in tali luoghi, si
considerano del debitore, senza che l’organo procedente abbia il potere o il dovere di eseguire
accertamenti sulla loro proprietà.
I termini “casa del debitore o altri luoghi”, invece, non vanno intesi in senso stretto, ma come tutti i
luoghi in cui il debitore conduce la propria vita o il proprio lavoro con un minimo di stabilità. Ciò
ovviamente può dar vita a problemi relativamente all’appartenenza dei beni nel caso in cui altri
soggetti convivano o lavorino con il debitore. In tali ipotesi prevale comunque il criterio della
relazione spaziale visto sopra, pertanto esso sarà sufficiente per il pignoramento, a meno che non
emergano prove evidenti ed inconfutabili della alienità del bene rispetto al patrimonio del debitore.
Qualora il terzo voglia far valere il suo diritto di proprietà sul bene, dovrà promuovere apposita
opposizione per far valere il suo diritto e sottrarre il bene all’espropriazione  la proprietà del
bene non è presupposto del pignoramento, ma solo un limite esterno da esso.
L’ufficiale giudiziario gode di un potere coercitivo che gli consente, “quando e' necessario, di
aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure
allontanare persone che disturbano l'esecuzione del pignoramento, l'ufficiale giudiziario provvede
secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica.
Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, su ricorso del creditore, può autorizzare con
decreto l'ufficiale giudiziario a pignorare cose determinate che non si trovano in luoghi appartenenti
al debitore, ma delle quali egli può direttamente disporre.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario può sottoporre a pignoramento, secondo le norme della presente
sezione, le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli.”
L’art. 517, invece, si occupa della scelta delle cose da pignorare. In particolare, “il pignoramento
deve essere eseguito sulle cose che l'ufficiale giudiziario ritiene di più facile e pronta liquidazione,
nel limite di un presumibile valore di realizzo pari all'importo del credito precettato aumentato della
metà.
In ogni caso l'ufficiale giudiziario deve preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e i titoli di
credito e ogni altro bene che appaia di sicura realizzazione.”
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FORMA DEL PIGNORAMENTO (ART. 518)
1. L’art. 518 si occupa delle modalità esecutive del pignoramento mobiliare: “l'ufficiale
giudiziario redige delle sue operazioni processo verbale nel quale dà atto dell'ingiunzione di
cui all'art. 492 e descrive le cose pignorate, nonché il loro stato, mediante rappresentazione
fotografica ovvero altro mezzo di ripresa audiovisiva, determinandone approssimativamente
il presumibile valore di realizzo con l'assistenza, se ritenuta utile o richiesta dal creditore, di
un esperto stimatore da lui scelto. Se il pignoramento cade su frutti non ancora raccolti o
separati dal suolo, l'ufficiale giudiziario ne descrive la natura, la qualità e l'ubicazione.
Quando ritiene opportuno differire le operazioni di stima l'ufficiale giudiziario redige un
primo verbale di pignoramento, procedendo senza indugio e comunque entro il termine
perentorio di trenta giorni alla definitiva individuazione dei beni da assoggettare al
pignoramento sulla base dei valori indicati dall'esperto, al quale e' consentito in ogni caso
accedere al luogo in cui i beni si trovano.”
Il giudice dell'esecuzione liquida le spese ed il compenso spettanti all'esperto, tenuto conto
dei valori di effettiva vendita o assegnazione dei beni”. Da ciò consegue che la
liquidazione delle spese e il compenso all’esperto debbano essere realizzati dopo la vendita
o assegnazione e che le somme dovute al perito saranno prededotte dalla massa prima della
distribuzione.
“Il processo verbale, il titolo esecutivo e il precetto devono essere depositati in cancelleria entro le
ventiquattro ore dal compimento delle operazioni. Il cancelliere al momento del deposito forma il
fascicolo dell'esecuzione.
Su istanza del creditore, da depositare non oltre il termine per il deposito dell'istanza di vendita, il
giudice, nominato uno stimatore quando appare opportuno, ordina l'integrazione del
pignoramento se ritiene che il presumibile valore di realizzo dei beni pignorati sia inferiore a
quello indicato nel primo comma. In tale caso l'ufficiale giudiziario riprende senza indugio le
operazioni di ricerca dei beni.”
Deposito e custodia (artt. 520 - 522)
1. L’art. 520 prevede che “l'ufficiale giudiziario consegna al cancelliere del tribunale il danaro,
i titoli di credito e gli oggetti preziosi colpiti dal pignoramento. Per la conservazione delle
altre cose l'ufficiale giudiziario provvede, quando il creditore ne fa richiesta, trasportandole
presso un luogo di pubblico deposito oppure affidandole a un custode.”
L’art. 521 si occupa della nomina e degli obblighi del custode: “non possono essere
nominati custode il creditore o il suo coniuge senza il consenso del debitore e viceversa. Il
custode non può usare delle cose pignorate senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione
e deve rendere il conto a norma dell'art. 593.
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Quando e' depositata l'istanza di vendita il giudice dispone la sostituzione del custode
nominando l'istituto delle vendite giudiziarie che entro trenta giorni, previo invio di
comunicazione contenente la data e l'orario approssimativo dell'accesso, provvede al
trasporto dei beni pignorati presso la propria sede o altri locali nella propria disponibilità.
L’art 522 si occupa del compenso del debitore, disponendo che “il custode non ha diritto a
compenso se non l'ha chiesto e se non gli è stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario
all'atto della nomina.”
IMPIGNORABILITÀ ASSOLUTA E RELATIVA
L’art. 514 individua dei beni assolutamente impignorabili. In questo caso il legislatore ha
preferito posporre l’interesse del creditore alla persona del debitore, escludendo dall’espropriazione
i beni necessari per il soddisfacimento dei più elementari bisogni di vita o aventi un valore
essenzialmente affettivo.
Va però precisato che, sebbene il legislatore abbia agito soprattutto con questa ratio, in alcuni casi è
il regime giuridico del bene a renderlo impignorabile (es. beni demaniali). In tali casi
l’impignorabilità è rilevabile anche d’ufficio, essendo generalmente alla sua base ragioni di ordine
pubblico non superabili dall’azione esecutiva del creditore e, se essa dovesse essere rilevata,
l’eventuale vendita sarebbe nulla e priva di effetti.
Invece, in caso di impignorabilità puramente “processuale”, questa sarà eccepibile solo dal debitore
con apposita opposizione e questi potrà pure rinunciarvi, consentendo pertanto il libero
pignoramento del bene, essendo questo liberamente disponibile (es. anello nuziale).
Pertanto, ai sensi dell’art. 514, non si possono pignorare:
1. le cose sacre e quelle che servono all'esercizio del culto;
2. l'anello nuziale, i vestiti, la biancheria, i letti, i tavoli per la consumazione dei pasti con le
relative sedie, gli armadi guardaroba, i cassettoni, il frigorifero, le stufe ed i fornelli di
cucina anche se a gas o elettrici, la lavatrice, gli utensili di casa e di cucina unitamente ad un
mobile idoneo a contenerli, in quanto indispensabili al debitore ed alle persone della sua
famiglia con lui conviventi; sono tuttavia esclusi i mobili, meno i letti, di rilevante valore
economico, anche per accertato pregio artistico o di antiquariato;
3. i commestibili e i combustibili necessari per un mese al mantenimento del debitore e delle
altre persone indicate nel numero precedente;
4. Abrogato
5. le armi e gli oggetti che il debitore ha l'obbligo di conservare per l'adempimento di un
pubblico servizio;
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6. le decorazioni al valore, le lettere, i registri e in generale gli scritti di famiglia, nonché i
manoscritti, salvo che formino parte di una collezione.
Detta impignorabilità, pur non essendo rilevabile d’ufficio, può essere rilevato dall’ufficiale
giudiziario che, riscontrandola, può evitare il pignoramento salva espressa richiesta del debitore.
Oltre ai beni assolutamente impignorabili, esistono dei beni relativamente impignorabili (es. le
cose che il proprietario di un fondo tiene per la coltivazione  il loro pignoramento separato
dall’immobile è ammesso solo se mancano altri beni mobili)
L’intervento dei creditori (artt. 525 – 528)
L’INTERVENTO TEMPESTIVO
L’intervento è tempestivo quando il ricorso con cui si chiede di partecipare alla distribuzione del
ricavato sia inoltrato:
 “non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o dell’assegnazione”,
se il valore dei beni pignorati sia superiore a 20.000 €;
 non oltre la data di presentazione del ricorso con cui il creditore procedente fa istanza di
vendita o di assegnazione, nel caso contrario in cui il valore dei beni pignorati non superi i
20.000 €.
Dell’intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante.
I creditori intervenuti tempestivamente hanno diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato in
parità con ogni altro e, se muniti di titolo, possono anche compiere atti esecutivi, e cioè chiedere la
vendita o l’assegnazione dei beni pignorati, oppure ancora la distribuzione del denaro colpito dal
pignoramento o quella del ricavato.
Il creditore pignorante ha la facoltà di indicare agli intervenuti in udienza o con atto notificato
l’esistenza di altri beni mobili pignorabili, invitandoli a pignorarli o ad anticipargli le spese
necessarie. Se costoro rifiutano senza giusto motivo, o non rispondono all’invito entro 10 gg., sono
postergati in sede distributiva rispetto al creditore pignorante.
INTERVENTO TARDIVO
L’intervento è tardivo quando sia posteriore alle fasi processuali indicate relativamente
all’intervento tempestivo.
L’intervento in discorso è possibile finché la distribuzione del ricavato non sia definitivamente
chiusa, e quindi anche in caso di sospensione totale o parziale della stessa per l’insorgere di
opposizioni o contestazioni ex art. 512.
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Il creditore chirografario intervenuto tardivamente subisce la postergazione sia rispetto al creditore
pignorante che rispetto ai creditori intervenuti tempestivamente, e il suo credito sarà soddisfatto
nella misura in cui ci sia un residuo. Se però egli ha diritto di prelazione sui beni pignorati (pegno o
privilegio), lo conserva ugualmente nonostante sia intervenuto tardivamente.
Vendita e assegnazione (artt. 529 – 540)
ATTIVITÀ PRELIMINARI ALLA VENDITA
Una volta decorso il termine dilatorio di 10 gg. dal pignoramento, ma non oltre il termine di 90 gg.
da esso, il creditore procedente e gli intervenuti tempestivamente muniti di titolo possono chiedere
con ricorso la vendita dei beni pignorati o la distribuzione del ricavato.
Il giudice esecutore provvede sull’istanza, fissando con decreto l’udienza per l’audizione di tutte le
parti alle quali il provvedimento giudiziale dovrà essere comunicato.
In udienza ciascuno può fare le sue osservazioni sul tempo e sulle modalità della vendita, e inoltre,
a pena di decadenza, devono essere sollevate le eventuali opposizioni agli atti esecutivi non ancora
precluse.
Il giudice dispone con ordinanza la vendita se non vi sono contestazioni o osservazioni intorno ad
essa o se su di essa si raggiunge un accordo.
Se invece sono state sollevate opposizioni agli atti, queste sono decise con sentenza ricorribile in
cassazione ex art. 111 Cost.. Dopo l’emanazione di tale sentenza, il giudice pronuncia ordinanza
con cui decide sulla vendita.
MODI E FORME DELLA VENDITA MOBILIARE
La vendita può essere disposta:
A. Senza incanto
In tal caso, essa è affidata ad un commissionario.
Una volta che la vendita è stata affidata al commissionario, il giudice dell’esecuzione ne fissa il
prezzo
minimo
e
l’importo
globale
oltre
il
quale
essa
deve
cessare.
Se la vendita non ha luogo entro un mese dall’ordinanza che l’autorizza, il commissionario deve
riconsegnare i beni perché si attui l’incanto, salvo proroga richiesta da tutti i creditori.
Se la vendita ha luogo, il commissionario consegna al cancelliere il denaro ricavato e ha diritto a un
compenso.
B. Con incanto
L’incanto
viene
generalmente
affidato
a
un
istituto
di
vendite
giudiziarie.
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Normalmente il giudice esecutore fissa un prezzo minimo, ma ha anche la facoltà di disporre la
vendita al miglior offerente, senza fissare un prezzo minimo.
Il pagamento è immediato e in contanti: in difetto si procede seduta stante a un nuovo incanto, a
spese e sotto la responsabilità dell’aggiudicatario inadempiente.
La somma ricavata dalla vendita viene consegnata al cancelliere, che la deposita nei modi di legge.
Se l’incanto risulta infruttuoso, l’incaricato alla vendita indice un nuovo incanto ad un prezzo base
inferiore di 1/5 rispetto a quello stabilito per il primo incanto.
I nuovi artt. 534-bis e 534-ter hanno introdotto anche nell’espropriazione mobiliare l’istituto della
delega delle operazioni di vendita con o senza incanto. Tale delega può essere data agli istituti di
vendita giudiziaria, ad un notaio, ad un commercialista o a un avvocato inseriti negli appositi
elenchi.
La distribuzione del ricavato (artt. 541 – 542)
Per quanto riguarda la disciplina della distribuzione del ricavato, l’art. 510 distingue due ipotesi:
1. Creditore unico (creditore pignorante)
In questo caso, più che distribuire il ricavato, si deve attribuire al creditore quanto gli spetta.
Secondo quanto disposto dal co. 1 “il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore
del creditore pignorante il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese”.
Le eventuali osservazioni del debitore in udienza possono riguardare soltanto errori di calcolo; se il
debitore vuole contestare il diritto del creditore, infatti, ha l’onere di promuovere opposizione
all’esecuzione ex art. 615.
2. Pluralità di creditori
In tal caso avrà luogo la vera e propria distribuzione del ricavato fra tutti i creditori concorrenti
(creditore pignorante + creditori intervenuti tempestivamente + creditori intervenuti tardivamente).
In questa situazione sarà necessario formare un piano di riparto delle somme disponibili, intorno al
quale si delibererà in apposita udienza a cui dovranno partecipare:
 tutti i creditori;
 il debitore, il quale deve essere sentito.
Pertanto l’udienza andrà comunicata a tutte le parti ex art. 485 (audizione degli interessati).
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L’espropriazione presso terzi (artt. 543 – 554)
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE; POSIZIONE PROCESSUALE DEL TERZO ; DEBITOR DEBITORIS
L’espropriazione presso terzi può avere ad oggetto:
 i crediti di somme di denaro di cui sia titolare il debitore escusso (Caio) verso un terzo
(Sempronio, c.d. debitor debitoris);
 i beni mobili che non si trovino presso il debitore (Caio), o dei quali egli non abbia la diretta
disponibilità, ma si trovino nella detenzione qualificata di un terzo (Sempronio), il quale
perciò ha l’obbligo di restituirli all’avente diritto.
Da quanto appena esposto emerge che nel caso dell’espropriazione presso terzi la pretesa
espropriativa del creditore procedente (Tizio) cade su di un rapporto giuridico obbligatorio
intercorrente fra il debitore del creditore (Caio) ed un terzo (Sempronio). In particolare, la pretesa
del creditore procedente (Tizio) sarà soddisfatta mediante la cessione forzata (a Tizio) di tale
rapporto giuridico obbligatorio, e quindi con la sostituzione di costui (sempre Tizio) al debitore
escusso (Caio) nel diritto di credito da costui (Caio) vantato verso il terzo (Sempronio).
Da questa particolare struttura derivano i caratteri peculiari che il legislatore ha attribuito
all’espropriazione presso terzi, differenziata dalle altre specie di espropriazione forzata.
A questo punto nasce il problema della natura della posizione giuridica del terzo (Sempronio).
Non vi sono dubbi sul fatto che l’espropriazione forzata sia condotta dal creditore procedente
(Tizio) contro il suo debitore diretto (Caio). Tuttavia bisogna tenere presente che tale diritto è
quello vantato da Caio nei confronti di Sempronio, il quale pertanto risulta essere debitor
debitoris.
Ciò non toglie sia che il terzo assuma la veste di parte nel procedimento esecutivo (nel quale
egli, infatti, può sollevare opposizione agli atti esecutivi nei limiti del suo interesse), sia che
egli, in quanto soggetto passivo del rapporto giuridico dedotto nell’espropriazione forzata, sia
destinatario di una pretesa diretta e propria del creditore procedente (Tizio), il quale agisce
anche verso costui ex jure proprio e non in via surrogatoria ex jure debitoris.
Ovviamente il terzo (Sempronio) non viene espropriato di nulla, perché alla fine pagherà
soltanto quanto dovuto al suo creditore (Caio): il terzo è semplicemente tenuto ad adempiere
la sua obbligazione, ed è per questa ragione che egli assume la qualità di parte nel
procedimento esecutivo, quando su di essa (sull’obbligazione) cade il pignoramento, non
perché il titolo esecutivo esplichi nei suoi confronti efficacia diretta o riflessa.
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FORMA DEL PIGNORAMENTO
Il pignoramento presso terzi ha una forma notevolmente complessa, comprensiva di più atti
differenti. Esso comprende:
 un atto del creditore procedente;
 un atto dell’ufficiale giudiziario;
 un atto del debitor debitoris.
L’art. 543, co. 1 prevede che “Il pignoramento di crediti del debitore verso terzi o di cose del
debitore che sono in possesso di terzi, si esegue mediante atto notificato personalmente al terzo e al
debitore a norma degli articoli 137 e seguenti”. In realtà tale atto è duplice, poiché proviene in parte
dal
creditore
procedente
e
in
parte
dall’ufficiale
giudiziario.
La parte riservata al creditore deve contenere:
a) l'indicazione del credito per il quale si procede, del titolo esecutivo e del precetto;
b) l'indicazione, almeno generica, delle cose o delle somme dovute e l'intimazione al terzo di
non disporne senza ordine del giudice;
c) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale
competente;
 la competenza territoriale, nell’espropriazione presso terzi, spetta inderogabilmente al
giudice del luogo in cui risiede il terzo debitore e, se esso è una persona giuridica, del luogo
dove questo ha la sede o uno stabilimento con rappresentante abilitato a stare in giudizio;
d) la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice del luogo sopra indicato,
affinché questi faccia la dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla
dichiarazione e agli atti ulteriori.
 Nell’indicare l’udienza si deve rispettare il termine dilatorio di 10 gg., cioè quello che
deve
lasciarsi
fra
la
notifica
del
precetto
e
il
pignoramento.
In merito alla dichiarazione del terzo ex art. 547, va segnalato come dal 2014 il terzo deve
comunicare la dichiarazione al creditore procedente entro 10 gg. a mezzo di raccomandata o
posta elettronica certificata. Detto termine comincia a decorrere dalla notifica al terzo del
pignoramento e non ha carattere perentorio, nel senso che la dichiarazione è perfettamente
valida ed efficace anche se giunge dopo la sua scadenza, purchè in tempo utile per l’udienza.
In caso contrario, si verifica l’ipotesi di mancata dichiarazione prevista dall’art. 548.
E’ inoltre da ritenere che il terzo abbia la facoltà di comparire personalmente in udienza per
rispondere all’invito (di fare la dichiarazione) rivoltogli dal creditore procedente, anche se
egli (il creditore) non abbia fatto la comunicazione scritta. Questa previsione è dovuta al
fatto che la cosa più importante è che il pignoramento vada a buon fine.
L’udienza dovrà comunque tenersi, perché in essa ha diritto di comparire il debitore pignorato per
fare le sue osservazioni, come anche il creditore procedente per avanzare le richieste e le istanze
conseguenti all’esito del pignoramento.
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A questo punto si esaurisce la parte dell’atto di pertinenza del creditore procedente, e segue quella
dell’ufficiale giudiziario, il quale deve rivolgere al debitore la solita ingiunzione prevista dall’art.
492 e sottoscriverla.
Infine segue la notifica del tutto al debitore e al terzo, e l’ufficiale giudiziario dovrà depositare
l’originale dell’atto di pignoramento nella cancelleria del giudice competente, in modo che il
cancelliere possa formare il fascicolo dell’esecuzione.
GLI OBBLIGHI E LA DICHIARAZIONE DEL TERZO
L’art. 546 dispone che “dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'art. 543, il terzo è
soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell'importo del credito
precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode”; a sua volta l’art.
2917 c.c. prevede che “se oggetto del pignoramento è un credito, l'estinzione di esso per cause
verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore
pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione”.
L’art. 547 stabilisce che “Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente
o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore
speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme
e' debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna”.
Se il terzo intende opporre termini, condizioni, eccezioni di qualsiasi genere che influenzano il suo
obbligo o ne annullino l’esistenza, ha l’onere di dichiararlo ed in tal caso la sua dichiarazione sarà
parzialmente o totalmente negativa.
Il terzo, secondo quanto stabilito dal 2° co., “deve altresì specificare i sequestri precedentemente
eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato”.
La dichiarazione del terzo è un atto di natura negoziale e dispositiva con funzione
prevalentemente confessoria, anche se non resa in un giudizio di natura contenziosa ma solo ai
fini esecutivi: si ritiene pertanto che essa possa essere impugnata per errore di fatto o violenza ex
art. 2732 c.c. [revoca della confessione].
Infine il pignoramento presso terzi perde efficacia se entro un anno dal suo compimento non sia
disposta la sua assegnazione.
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MANCATA O CONTESTATA DICHIARAZIONE DEL TERZO
Art. 548 c.p.c.:
Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con
ordinanza, fissa un'udienza successiva. L'ordinanza e' notificata al terzo almeno dieci giorni prima
della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la
dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini
indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553.
Art. 549 c.p.c.:
se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell’esecuzione le risolve, compiuti i
necessari accertamenti, con ordinanza.
PLURALITÀ DI PIGNORAMENTI E INTERVENTO DEI CREDITORI
L’intervento dei creditori nel pignoramento presso terzi non presenta peculiarità dal punto di vista
concettuale rispetto alla disciplina generale, ma soltanto alcuni adattamenti alla particolare struttura
del pignoramento presso terzi.
L’espropriazione immobiliare
Il pignoramento
FORMA E OGGETTO DEL PIGNORAMENTO IMMOBILIARE
L’espropriazione immobiliare ha ad oggetto qualunque diritto reale di godimento su di un bene
qualificato dalla legge come immobile, ad eccezione della servitù, poiché essa non può venire
espropriata/pignorata separatamente dal fondo dominante.
Inoltre essa rientra nella competenza del tribunale del luogo ove ricade il bene, con la conseguenza
che è competente per l’ingiunzione e per la notifica l’ufficiale giudiziario addetto a tale tribunale.
L’art. 2912 c.c. afferma che il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze ed i frutti della
cosa pignorata. A tal proposito occorre precisare che:
a) Va rispettata l’individualità impressa dal proprietario all’immobile, nel senso che non si può
pretendere di espropriarne soltanto una parte;
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b) Gli accessori, con l’espropriazione, perdono – al contrario delle pertinenze – la propria
individualità.
Ai sensi dell’art. 555, da un punto di vista formale, l’atto di pignoramento immobiliare consta di
due parti:
1. Una prima parte, sottoscritta dal creditore – ovvero dal suo procuratore, qualora gli sia
conferito apposito mandato –, nella quale deve essere indicato esattamente il bene che
s’intende espropriare;
2. Una seconda parte, nella quale è contenuta la consueta ingiunzione ex art. 492. Detta
ingiunzione è un atto dell’ufficiale giudiziario, pertanto deve essere da costui sottoscritta.
Infine l’atto, così formato, deve essere notificato al debitore e poi trascritto nei pubblici registri, e
ciò o a cura dell’ufficiale giudiziario competente per il pignoramento o a cura del creditore
procedente.
Se il pignoramento diviene inefficace per mancata presentazione dell’istanza di vendita entro 90
gg., il giudice dell’esecuzione con ordinanza dispone che sia cancellata la trascrizione.
ULTERIORI FORMALITÀ E CUSTODIA DEI BENI
L’art. 557 c.p.c. prevede che una volta notificato l’atto di pignoramento, l’ufficiale giudiziario che
lo ha eseguito “deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per
l'esecuzione l'atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal
conservatore dei registri immobiliari”.
Spetta invece al “creditore pignorante depositare il titolo esecutivo e il precetto entro 10 gg. dal
pignoramento. Il cancelliere al momento del deposito dell'atto di pignoramento forma il fascicolo
dell'esecuzione.”
L’art. 559 prevede che “col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti
gli accessori, comprese le pertinenze, e i frutti senza diritto a compenso”. Ciò significa che muta
automaticamente il titolo del possesso e/o della detenzione e che il debitore è soggetto agli obblighi
e alle responsabilità inerenti alla custodia, ma senza diritto a compenso.
In merito ai poteri e ai doveri del custode, egli provvede alla gestione e all’amministrazione del
bene sotto la vigilanza, la direzione e le autorizzazioni del giudice dell’esecuzione, ed esercita le
azioni dirette a recuperarne la disponibilità.
Tuttavia lo stesso art. 559 e l’art. 560 prevedono tre ipotesi di nomina di un terzo come custode:
1. su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, sentito il debitore;
2. ex officio, quando l'immobile non sia occupato dal debitore;
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3. ex officio, quando non essendo stato nominato in precedenza un custode diverso dal
debitore, il giudice emette l’ordinanza di vendita dell’immobile pignorato o la delega per la
sua esecuzione. In tal caso la custodia è affidata al soggetto incaricato della vendita.
“Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui
incombenti.”
“I provvedimenti di cui ai commi che precedono sono pronunciati con ordinanza non impugnabile.”
La vendita
L’ISTANZA DI VENDITA (ART. 567)
Ai sensi dell’art. 567, “il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo
esecutivo possono chiedere [con ricorso] la vendita dell'immobile pignorato. Tale richiesta deve
essere formulata non prima di 10 gg. e non oltre 90 gg. dal pignoramento.
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro 120 gg. dal deposito del ricorso, ad
allegare allo stesso l'estratto del catasto, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative
all'immobile pignorato effettuate nei venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento.
Il termine di 120 gg. è un termine perentorio, in quanto il suo inutile decorso determina
l’inefficacia del pignoramento sull’immobile, inefficacia dichiarabile anche d’ufficio con ordinanza.
Tale termine, però, può essere prorogato una sola volta su istanza dei creditori o dell'esecutato, per
giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriori 120 gg.
Un termine di 120 gg. è inoltre assegnato al creditore dal giudice, quando lo stesso ritiene che la
documentazione da questi depositata debba essere completata.
Se la proroga non e' richiesta o non e' concessa, oppure se la documentazione non e' integrata nel
termine assegnato ai sensi di quanto previsto nel periodo precedente, si verificano le stesse
conseguenze viste in precedenza per l’ipotesi di mancato rispetto dei 120 gg.. L'inefficacia e'
dichiarata con ordinanza, sentite le parti. Il giudice, con l'ordinanza, dispone la cancellazione della
trascrizione del pignoramento. Il giudice dichiara altresì l'estinzione del processo esecutivo se non
vi sono altri beni pignorati.”
L’UDIENZA E L ’ORDINANZA DI AUTORIZZAZIONE ALLA VENDITA (ART. 569)
All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono
proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto
di proporle.
 Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il
giudice dispone con ordinanza la vendita;
 Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione
dispone la vendita con ordinanza.
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Il giudice dispone subito la vendita senza incanto fissando un termine non inferiore a 90 gg., e non
superiore a 120 gg., entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto in cancelleria. Il
giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione da
parte degli offerenti, fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la
deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti.
Ai sensi dell’art. 570 il cancelliere deve dare pubblico avviso dell’ordine di vendita, contenente
l'indicazione degli estremi individuatori dell’immobile, del valore dell'immobile, del sito Internet
sul quale è pubblicata la relativa relazione di stima, del nome e del recapito telefonico del custode
nominato in sostituzione del debitore.
LA VENDITA SENZA INCANTO (ARTT. 570 – 575)
Una volta eseguite le formalità pubblicitarie e notificato il procedimento di vendita ai creditori
iscritti ma non intervenuti, questo prosegue con la proposizione delle offerte d’acquisto.
Tutti, tranne il debitore, sono ammessi ad offrire per l'acquisto dell'immobile pignorato
personalmente o a mezzo di procuratore legale.
L'offerente deve presentare, in busta chiusa, nella cancelleria dichiarazione contenente l'indicazione
del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell'offerta.
L'offerta è:

Inefficace, se perviene oltre il termine indicato nell’ordinanza di vendita, se è inferiore al
prezzo determinato o se l'offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite
nell'ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
L’inefficacia è rilevabile d’ufficio.

Irrevocabile, salvo che:
o il giudice ordini l'incanto;
o siano decorsi 120 gg. dalla sua presentazione ed essa non sia stata accolta.
All’udienza fissata il giudice esecutivo, sentite le parti ed i creditori iscritti e non intervenuti,
delibera sulle offerte.
 Se vi è una sola offerta, bisogna distinguere:
 se è superiore al valore dell'immobile e superiore ad 1/5 rispetto al prezzo base, essa è
senz'altro accolta;
 se è inferiore a tale valore, il giudice non può far luogo alla vendita se vi è il dissenso del
creditore procedente, ovvero se il giudice ritiene che vi sia seria possibilità di migliore
vendita con il sistema dell'incanto.
In tal caso la vendita all’incanto ha subito luogo alle condizioni e con i termini fissati
con l'ordinanza di (autorizzazione alla) vendita.
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 Se vi sono più offerte, il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 573, invita gli offerenti a
una gara sull’offerta più alta, ed il bene viene aggiudicato al miglior offerente.
Se la gara non può effettuarsi per mancata adesione degli offerenti, il giudice esecutivo può disporre
la vendita al maggior offerente oppure disporre l’incanto.
Per quanto riguarda i provvedimenti relativi alla vendita, “il giudice dell'esecuzione, quando fa
luogo alla vendita, dispone con decreto modo e termine per il versamento del prezzo da parte
dell’offerente, e quindi emette decreto di trasferimento”.
In caso di inadempienza dell’aggiudicatario si applica l’art. 587, il quale prevede che “il giudice
dell'esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell'aggiudicatario, pronuncia la perdita della
cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto”.
LA VENDITA ALL ’INCANTO
La vendita all’incanto è caratterizzata da maggiore solennità nelle forme e dal pubblico
svolgimento. Questa ha inizio con la pubblicazione dell’ordinanza che la dispone e l’art. 576
prevede che tale provvedimento debba stabilire:
1. se la vendita si deve fare a corpo o a lotti e – in quest’ultimo caso – se in uno o più lotti;
2. il prezzo base dell'incanto;
3. il giorno e l'ora dell'incanto;
4. il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l'incanto, nonché
le eventuali forme di pubblicità straordinaria disposte dal giudice;
5. l'ammontare della cauzione in misura non superiore al decimo del prezzo base d'asta e il
termine entro il quale tale ammontare deve essere prestato dagli offerenti;
6. la misura minima dell'aumento da apportarsi alle offerte;
7. il termine, non superiore a 60 gg. dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo deve essere
depositato e le modalità del deposito.
Chiunque, tranne il debitore, può partecipare alla pubblica asta purché abbia prestato la cauzione e
depositato in cancelleria l’ammontare approssimativo delle spese di vendita.
Se l'offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione è immediatamente restituita dopo la chiusura
dell'incanto, salvo che lo stesso non abbia omesso di partecipare al medesimo, personalmente o a
mezzo di procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo. In tale caso la cauzione è
restituita solo nella misura dei nove decimi dell'intero e la restante parte è trattenuta come somma
rinveniente a tutti gli effetti dall'esecuzione.
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Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale.
Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o quella precedente nella misura indicata
dall’ordinanza.
Ogni offerente cessa di essere impegnato quando la sua offerta sia superata da una successiva,
anche se questa è nulla.
L’asta si svolge innanzi al giudice dell’esecuzione nella pubblica udienza e con la necessaria
presenza del creditore procedente a pena di estinzione del processo.
La giurisprudenza ritiene che l’effetto traslativo della vendita forzata si produce solo con
l’emanazione del decreto di trasferimento previsto dall’art. 586, e pertanto attribuisce mera
efficacia obbligatoria all’aggiudicazione. Tale orientamento trova oggi un fondamento più solido
nell’art. 586, allorché stabilisce che “il giudice dell'esecuzione può sospendere la vendita quando
ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto”.
LA RIVENDITA FORZATA (ART. 587)
In caso di inadempienza dell’aggiudicatario, e cioè nel caso in cui questi non corrisponda il prezzo
pattuito nella vendita entro i termini fissati dal giudice dell’esecuzione, questi “con decreto dichiara
la decadenza dell'aggiudicatario”.
Detto decreto – contro cui può essere proposta opposizione agli atti esecutivi – viene comunicato
dal cancelliere all’aggiudicatario stesso e al creditore procedente, e con esso viene fissata anche una
nuova udienza per deliberare in merito alla nuova vendita dell’immobile pignorato.
Il giudice dell’esecuzione, inoltre, pronuncia a danno dell’aggiudicatario decaduto “la perdita della
cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto”. Inoltre se il prezzo che si ricava dal
secondo incanto, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell'incanto precedente,
l'aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza. Da ciò deriva che la
responsabilità dell’aggiudicatario consiste nell’obbligo di rifondere l’eventuale differenza fra il
prezzo della prima aggiudicazione e quello della seconda.
Il giudice dell’esecuzione, calcolato l’importo dovuto dall’aggiudicatario inadempiente, pronuncia
decreto di condanna al pagamento delle somme dovute. Il decreto in questione ha efficacia di titolo
esecutivo contro l’aggiudicatario inadempiente e a favore dei creditori, in quanto l’importo
corrisposto dall’aggiudicatario non deve essere versato all’ufficio esecutivo, ma ai creditori stessi.
L’ASSEGNAZIONE
Una particolarità dell’espropriazione immobiliare è che in essa l’assegnazione del bene pignorato
può essere chiesta da ogni creditore intervenuto (indipendentemente dal fatto che sia provvisto o
meno di titolo esecutivo) nell’eventualità in cui “la vendita all'incanto non abbia luogo per
mancanza di offerte”.
L’art. 588 precisa che l’istanza di assegnazione deve essere fatta nel termine di 10 gg. prima della
data dell’incanto qualora questo non abbia luogo per mancanza di offerte.
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L’esecuzione diretta c.d. in forma specifica
OSSERVAZIONI PRELIMINARI
Per quanto riguarda l’esecuzione diretta ovvero esecuzione c.d. in forma specifica, questa non ha
alcuna relazione con l’ambito delle obbligazioni civili in senso proprio, e quindi della loro
attuazione coattiva, la quale ha luogo mediante l’espropriazione forzata.
I procedimenti esecutivi, invece, si occupano dell’attuazione dei diritti reali e/o assoluti dai quali
possono scaturire obblighi a carico di soggetti che li violino, o impediscano al titolare l’esercizio
delle facoltà loro inerenti. Qualora il contegno antigiuridico dell’obbligato persista malgrado il
diritto sia stato accertato giudizialmente, il titolare potrà agire esecutivamente ai sensi degli artt. 605
– 614 c.p.c..
L’esecuzione per consegna o rilascio (artt. 605 – 611)
NOTIFICA DEL TITOLO E DEL PRECETTO
L’esecuzione per consegna/rilascio deve essere preceduta dalla notifica del titolo esecutivo e del
precetto al soggetto obbligato, ma – a differenza che nell’espropriazione forzata – non sono
ammessi titoli esecutivi extra-giudiziali.
Nell’esecuzione in forma specifica il precetto perde la sua connotazione di atto neutro (cioè
valevole per qualsiasi forma di esecuzione), poiché secondo quanto stabilito dall’art. 605, co. 1,
esso “deve contenere, oltre le indicazioni di cui all'articolo 480 [forma del precetto], anche la
descrizione sommaria dei beni stessi” da rilasciare o da consegnare. Tuttavia si ritiene che se tale
descrizione è fatta in maniera sufficiente nel titolo esecutivo, non è necessario ripeterla anche nel
precetto.
Il co. 2 dell’art. 605 stabilisce inoltre che se il titolo esecutivo dispone un termine per la consegna/il
rilascio, l’intimazione contenuta nel precetto va fatta con riferimento a tale termine.
Il titolo esecutivo esplica i suoi effetti contro qualunque terzo che si trovi nel possesso o nella
detenzione dei beni da rilasciare/consegnare, salva la facoltà di costui di tutelarsi nei modi di legge
se ritiene di avere un diritto prevalente su quello di chi procede per la consegna/il rilascio.
ESECUZIONE PER CONSEGNA
L’esecuzione per consegna ha ad oggetto soltanto beni mobili da consegnare all’avente diritto.
È importante sottolineare la differenza che intercorre fra l’espropriazione e l’esecuzione per
consegna:
 l’espropriazione comporta il passaggio coattivo della proprietà di un bene da un soggetto
all’altro;
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 l’esecuzione per consegna, invece, comporta l’immissione coattiva dell’avente diritto nel
possesso del bene, con contestuale perdita della detenzione abusiva da parte del soggetto che
la esercita.
Il giudice competente per l’esecuzione è il tribunale (in funzione di giudice unico) del luogo ove si
trovano i beni da consegnare. Tale giudice, tuttavia, non viene immediatamente nominato, bensì
sarà concretamente investito quando sarà richiesto il suo ufficio o per dettare i provvedimenti
temporanei di cui all’art. 610 o in seguito alla proposizione di opposizioni alla consegna.
Questa costituisce un’ulteriore differenza con l’espropriazione, nella quale il giudice viene subito
investito e si forma immediatamente il fascicolo d’ufficio.
Secondo quanto previsto dall’art. 606, “decorso il termine indicato nel precetto, l'ufficiale
giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto stesso, si reca sul luogo in cui le cose si
trovano e le ricerca a norma dell'articolo 513; quindi ne fa consegna alla parte istante o a persona da
lei designata”.
Da tale disposizione si deduce che:
 l’immissione in possesso avviene ad opera dell’ufficiale giudiziario (il quale redige processo
verbale delle operazioni che esegue);
 il procedimento in esame può avere ad oggetto soltanto cose mobili determinate, in quanto
se avesse ad oggetto cose mobili indicate solo nel genere, la loro individuazione da parte
dell’ufficiale giudiziario ne comporterebbe la trasmissione della proprietà ex art. 1378 c.c. e
non si tratterebbe più di semplice “consegna alla parte istante o a persona da lei designata”,
come invece vuole l’art. 606.
 Tuttavia si può ammettere la procedura di esecuzione per la consegna di una determinata
massa di cose, in quanto la si considera alla stessa stregua di una cosa determinata.
L’art. 607 prevede il caso in cui le cose di cui si chiede la consegna siano state precedentemente
pignorate da un creditore del soggetto contro cui si chiede l’esecuzione per consegna. In particolare,
la norma prevede che “la consegna non può avere luogo, e la parte istante deve fare valere le sue
ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti”. Ciò significa che il soggetto
che richiede la consegna deve promuovere opposizione di terzo all’espropriazione forzata condotta
dal creditore e concretatasi nel pignoramento del bene di cui chiede la consegna.
Tale norma ha un importante valore sistematico, in quanto conferma:
a) che l’esecuzione per consegna non dà luogo a concorso con i veri e propri creditori, quindi è
estranea sia alla responsabilità-garanzia patrimoniale che alle obbligazioni in senso proprio;
b) che il soggetto procedente tramite esecuzione per consegna è facultato a contestare il
pignoramento mediante l’opposizione di terzo all’espropriazione. Ciò dimostra che secondo
la legge chi agisce per la consegna coattiva viene considerato proprietario/titolare di un
diritto reale sui beni pignorati (in quanto l’opposizione di terzo all’esecuzione è lo
strumento che serve a far valere il diritto di proprietà o altri diritti reali su detti beni).
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Si precisa che l’art. 607 va applicato per analogia anche all’esecuzione per rilascio di immobili e a
quella in cui le cose siano state sottoposte a sequestro conservativo, in quanto questo produce gli
stessi effetti del pignoramento.
ESECUZIONE PER RILASCIO
L’esecuzione per rilascio ha ad oggetto beni immobili.
Secondo il disposto dell’art. 608, co. 1 “l'esecuzione inizia con la notifica dell'avviso tramite il
quale l'ufficiale giudiziario comunica – almeno dieci giorni prima – alla parte, che è tenuta a
rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà”.
Successivamente (art. 608, co. 2), “nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del
titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei
poteri a lui consentiti dall'articolo 5132, immette la parte istante o una persona da lei designata nel
possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di
riconoscere il nuovo possessore”.
Di tutte le operazioni esecutive viene redatto processo verbale.
Se nell’immobile oggetto di rilascio si trovano beni mobili estranei all’esecuzione, possono darsi
varie ipotesi:
 in generale, questi devono essere asportati dal soggetto interessato; qualora egli non
provveda, l’ufficiale giudiziario ne fa un inventario e le affida in custodia al nuovo
possessore dell’immobile o le fa trasportare altrove se questi non acconsenta a custodirle.
 Se invece i beni in questione sono stati sottoposti a pignoramento/sequestro conservativo,
l’ufficiale giudiziario dà notizia dell’avvenuto rilascio al creditore pignorante/sequestrante e
al giudice per l’eventuale sostituzione del custode.
L’esecuzione di obblighi di fare e di non fare (artt. 612 – 614)
AMBITO DI APPLICAZIONE
L’ambito di applicazione dei procedimenti esecutivi riguarda – in tale caso – l’attuazione coattiva di
obblighi di fare o di non fare costituenti il riflesso di diritti reali o assoluti. Dalla violazione di tali
diritti nasce, in capo all’autore dell’illecito, l’obbligo di rimuovere tale situazione antigiuridica:
 Se questa si è concretata in opere che impediscono il godimento del diritto, queste dovranno
essere eliminate;
 Se questa si è concretata nell’omissione di attività di opere dovute, esse dovranno essere
realizzate.
2
Es.: potere di aprire le porte, far saltare lucchetti, vincere la resistenza dell’obbligato o di terzi, chiedere l’intervento
della forza pubblica, ecc….
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Come più volte sottolineato, quando si fa riferimento all’esecuzione diretta, si parla di obblighi e
non di obbligazioni: tale convinzione è confermata anche dall’art. 612 co. 2, nella parte in cui si fa
riferimento “al compimento dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta”: con tale
locuzione si evidenzia come l’art. 612 non va vista come una misura riparatorio – sanzionatoria
adatta a qualsiasi obbligazione.
PROCEDIMENTO
Il procedimento esecutivo si sostanzia nell’esercizio del diritto di chi procede, a spese del soggetto
obbligato.
Il procedimento ha inizio con la notifica del titolo (cioè della sentenza) e del precetto, che deve fare
riferimento all’opera da compiere o distruggere in modo da consentire all’obbligato di provvedervi
spontaneamente nel termine di legge.
Se non vi sia adempimento spontaneo, l’art. 612 prevede che “l’interessato debba chiedere con
ricorso al giudice dell'esecuzione che siano determinate le modalità dell'esecuzione.
Il giudice dell'esecuzione provvede sentita la parte obbligata. Nella sua ordinanza designa l'ufficiale
giudiziario che deve procedere all'esecuzione e le persone che debbono provvedere al compimento
dell'opera non eseguita o alla distruzione di quella compiuta.”
L’art. 613, a sua volta, stabilisce che “ l'ufficiale giudiziario può farsi assistere dalla forza pubblica
e deve chiedere al giudice dell'esecuzione le opportune disposizioni per eliminare le difficoltà che
sorgono nel corso dell'esecuzione. Il giudice dell'esecuzione provvede con decreto”, ma può anche
emettere ordinanza ove ritenga opportuno ascoltare tutte le parti in contraddittorio sulle insorte
difficoltà e i modi per superarle.
In merito al corretto ambito di applicazione degli artt. 612 e 613, questo – come d’altronde per
l’esecuzione di rilascio e consegna – è quello delle disposizioni materiali e pratiche inerenti allo
svolgimento delle attività esecutive. Entro il cennato ambito, i relativi provvedimenti non sono
impugnabili autonomamente, salva la facoltà di proporre opposizione agli atti esecutivi per far
valere dei difetti formali. Se però il giudice esorbita da questi limiti, il suo provvedimento acquista
un contenuto decisorio che lo equipara ad una sentenza e che lo rende impugnabile con appello.
L’art. 614, infine, si occupa del rimborso delle spese: “al termine dell'esecuzione o nel corso di
essa, la parte istante presenta al giudice dell'esecuzione la nota delle spese anticipate vistata
dall'ufficiale
giudiziario,
con
domanda
di
decreto
d'ingiunzione.
Il giudice dell'esecuzione , quando riconosce giustificate [cioè congrue ed opportune] le spese
denunciate, provvede con decreto a norma dell'articolo 642.”
Contro il decreto ingiuntivo è ammessa l’apposita opposizione.
Con la riforma del 2009 è stato introdotto ex novo l’art. 614-bis, in tema di attuazione degli
obblighi di fare infungibile o di non fare: “con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che
ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato
per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del
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provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle
somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si
applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa di cui all'articolo 409.
Il giudice determina l'ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della
controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra
circostanza utile.”
Le opposizioni nel processo esecutivo (artt. 615 – 622)
L’opposizione del debitore all’esecuzione (artt. 615 – 616)
FUNZIONE, OGGETTO E LIMITI DELL’OPPOSIZIONE ALL ’ESECUZIONE
L’opposizione all’esecuzione forzata è prevista dall’art. 615, il quale dispone che “quando si
contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, si può proporre
opposizione.”
Da tale articolo si ricava che l’opposizione del debitore all’esecuzione serve ad impedirne il corso
quando essa sia contraria alla legge, comprendendosi in tale contrarietà anche la pretesa di
espropriare beni impignorabili.
MODO DI PROPOSIZIONE E COMPETENZA
Dall’art. 615 si deduce che l’opposizione all’esecuzione si propone in modo differente a seconda
che il procedimento esecutivo sia iniziato o meno:
 Prima dell’inizio del processo esecutivo  l’opposizione all’esecuzione assume la forma
dell’opposizione al precetto e si propone mediante citazione innanzi al giudice competente
per materia o valore e per territorio ex art. 27;
 Dopo l’inizio del processo esecutivo  l’opposizione si propone con ricorso al giudice
dell’esecuzione, il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti e il termine
per la notificazione di entrambi gli atti della controparte.
A tal proposito, diventa quindi determinante individuare il momento in cui l’esecuzione debba
considerarsi pendente.
 Espropriazione forzata  l’art. 491 fa decorrere la pendenza dal momento del
pignoramento. Tale scelta pone delle perplessità: se infatti il precetto fosse un mero
preavviso dell’espropriazione, dovrebbe reputarsi mancante l’interesse concreto ed attuale
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per opporvisi; poiché invece esso esiste, ciò significa che il precetto è qualcosa di più di un
semplice preannuncio.
 Esecuzione per rilascio  tale espropriazione ha inizio con la notifica dell’avviso con
quale l’Ufficiale Giudiziario comunica l’accesso sui luoghi
 Esecuzione per consegna  sussistono delle perplessità in merito all’inizio della pendenza
di tale espropriazione, in quanto per i beni mobili non è previsto alcun atto di avviso, ma
l’accesso diretto dell’Ufficiale Giudiziario dopo la notifica di titolo e precetto.
 Esecuzione per obblighi di fare e non fare  la pendenza ha inizio con la presentazione
del ricorso ex art. 612, con cui si chiede al giudice esecutivo la fissazione delle modalità
esecutive di detti obblighi.
Per quanto attiene la competenza per materia o valore, essa è fissata dall’art. 17, con il quale si
estende la disciplina ordinaria alle opposizioni contro qualunque procedimento esecutivo e non solo
contro l’espropriazione forzata.
REGIME PROCESSUALE DELL’OPPOSIZIONE
L’opposizione si propone con citazione nel caso in cui il procedimento esecutivo non sia iniziato,
con ricorso nel caso opposto, anche se la giurisprudenza ritiene che l’adozione di forma errata non
implica inammissibilità e/o nullità, purché l’atto sia idoneo al conseguimento dello scopo.
Soggetti legittimati attivi ad opporre opposizione sono i soggetti contro cui sia stato rivolto il
precetto, vale a dire il debitore ovvero il terzo proprietario ex art. 604 ovvero il soggetto obbligato
ad adempiere quanto intimato nel precetto.
Soggetto legittimato passivo è il creditore procedente, mentre non sussiste la necessità di
litisconsorzio rispetto ai creditori intervenuti che non abbiano compiuto atti esecutivi.
Il creditore potrà addurre sia tutti i fatti impeditivi dell’accoglimento dell’opposizione, sia
richiedere in via riconvenzionale la condanna dell’opponente per titoli e fatti diversi da quelli
costituenti il fondamento del titolo esecutivo.
Anche l’opponente potrà a sua volta proporre domande riconvenzionali.
Momento iniziale per la proponibilità dell’opposizione è dato dalla notifica del precetto, mentre
quello finale è dato dal completo esaurimento del procedimento esecutivo.
Dunque la proposizione dell’opposizione è possibile anche nella fase distributiva se si tratta di
espropriazione forzata.
L’estinzione del processo esecutivo comporta la sopravvenuta carenza d’interesse nell’opposizione,
poiché cessa l’esecuzione contro la quale il debitore si era rivolto.
L’accoglimento dell’opposizione fa cessare ad ogni effetto il procedimento esecutivo, comprese la
vendita forzata o l’assegnazione dei beni pignorati, indipendentemente dal dolo del creditore
procedente.
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Qualora l’opposizione sia proposta prima dell’inizio dell’esecuzione, è possibile chiedere ed
ottenere una sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo concorrendo gravi motivi.
L’opposizione agli atti esecutivi (artt. 617 – 618)
FUNZIONE, OGGETTO E LIMITI
L’opposizione agli atti esecutivi è uno strumento volto al controllo della regolarità formale del titolo
esecutivo, del precetto e dei successivi atti esecutivi, quindi per mezzo di esso si tende a garantire il
rispetto della legge regolatrice dei vari procedimenti di esecuzione forzata e a sanzionarne le
violazioni.
Anche questa opposizione, come quella all’esecuzione, si svolge nelle forme del processo di
cognizione a contraddittorio pieno, ma, in questo caso, giudice competente sarà il giudice
dell’esecuzione e, poiché il suo oggetto è costituito dal riscontro sulla regolarità formale degli
atti, appare chiara la sua stretta connessione con il procedimento esecutivo in corso.
REGIME PROCESSUALE DELL’OPPOSIZIONE
Legittimati attivi a proporre opposizione sono il debitore, il creditore e i terzi coinvolti a vario titolo
nel processo esecutivo o nei sub procedimenti in esso incidenti, ogni qualvolta che il provvedimento
esecutivo sia irregolare, incongruo o inopportuno e leda un loro interesse giuridico.
Se l’opposizione viene proposta con citazione anteriormente all’inizio del procedimento esecutivo,
essa è rivolta solo contro il creditore procedente; se invece viene proposta con ricorso dopo l’inizio
del procedimento esecutivo, il giudice di questo fissa con decreto l’udienza di comparizione delle
parti innanzi a sé e il termine perentorio per le notificazioni del ricorso e del decreto. In tal caso
sono litisconsorti necessari e legittimati passivi, oltre al creditore procedente, anche i creditori
intervenuti e gli eventuali terzi cointeressati all’atto impugnato.
L’art. 618, co. 2, oltre a prevedere la possibilità della sospensione, prevede che l’udienza fissata con
decreto è retta dalle norme sui procedimenti camerali; il giudice dell’esecuzione, dopo avere emesso
i provvedimenti urgenti – se necessari e/o richiesti – in ogni caso fissa un termine perentorio per
l’introduzione del giudizio di merito previa iscrizione a ruolo e con la riduzione a metà dei termini
di comparizione. Pertanto, anche con riferimento a tale opposizione, il ricorso iniziale non vale a
determinare la pendenza del giudizio sulle censure sollevate contro l’atto esecutivo e si riproduce la
scissione del procedimento in due fasi: una urgente governata dalle norme in camera di consiglio ed
una ordinaria disciplinata da quelle sul processo di cognizione.
L’inosservanza del termine perentorio comporta la caducazione dell’opposizione e la sua ulteriore
improcedibilità.
La sentenza non è impugnabile, ma è ammesso il ricorso straordinario in Cass. ex art. 111 Cost.
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L’opposizione di terzo all’esecuzione (artt. 619 – 622)
FUNZIONE, OGGETTO E LIMITI DELL’OPPOSIZIONE DI TERZO ALL ’ESECUZIONE
Secondo la lettera dell’art. 619, l’opposizione in esame spetta “al terzo che pretende avere la
proprietà o altro diritto reale sui beni pignorati.”
Tale norma si basa sul presupposto che l’ufficiale giudiziario, quando si reca presso i luoghi di
pertinenza del debitore per pignorare i beni, non è tenuto a verificare se questi sia effettivamente
proprietario del bene pignorato: il pignoramento, infatti, non si fonda sull’appartenenza del bene al
debitore, ma sulla relazione spaziale che esiste fra il bene e il pignorato. Nel caso in cui l’ufficiale
giudiziario espropri il bene di un terzo, questi, che pretende di averne la proprietà o altro diritto
reale, dovrà promuovere l’apposita opposizione e dimostrare in giudizio le sue ragioni, perché
altrimenti il bene sarà venduto per soddisfare il/i creditore/i.
Alla luce di tale premessa, è possibile quindi dire che legittimato attivo per la proposizione
dell’opposizione di terzo sarà colui che non abbia assunto la veste di soggetto passivo
dell’espropriazione forzata. Il mezzo di impugnazione non sarà invece proponibile da chi sia
comunque destinatario del precetto notificato ad impulso del creditore procedente. La notifica
e la direzione soggettiva del precetto, infatti, sono decisivi perché si assuma la veste di parte
contro cui si pretende di agire esecutivamente; in tal caso, il soggetto che intende contestare il
diritto a procedere all’esecuzione forzata nei propri confronti, potrà promuovere opposizione
all’esecuzione ex art. 615.
Pertanto il terzo:
 Promuoverà opposizione all’esecuzione ex art. 615 nel caso in cui egli sia stato
illegittimamente destinatario (perché non è lui il debitore del creditore procedente) della
notifica del precetto.
 Promuoverà opposizione di terzo ex art. 619 se il creditore fa pignorare beni suoi nell’errata
convinzione che appartengano al debitore.
IL PROCEDIMENTO
Scopo dell’opposizione di terzo è esclusivamente quello di far accertare nei confronti del creditore
procedente e del debitore escusso l’estraneità del bene pignorato dal patrimonio del secondo, e
pertanto l’opponente non è legittimato a contestare in alcun modo l’espropriazione intrapresa contro
il debitore, né sotto il profilo del diritto del creditore a procedere esecutivamente, né sotto il profilo
della regolarità degli atti.
L’opposizione di terzo può essere proposta solo dopo l’inizio dell’esecuzione, in quanto mira a
sottrarre dal pignoramento beni dei quali costui afferma essere proprietario o titolare di altro diritto
reale, oppure, nei limitati casi in cui sia applicabile all’esecuzione diretta, a porre rimedio agli errori
materiali dell’ufficiale giudiziario.
Essa va proposta con ricorso al giudice dell’esecuzione. Sia il creditore procedente che il debitore
escusso sono contraddittori necessari ex art. 102 e quindi il rimedio in parola dà luogo ad un caso
di litisconsorzio necessario.
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Anche in questa opposizione si assiste alla scissione del procedimento in due fasi: quella camerale e
quella ordinaria.
Nella prima udienza camerale, il giudice dell’esecuzione provvede sulla sospensione
dell’esecuzione eventualmente chiesta dal terzo opponente.
Invece quando il giudice unico fissa l’udienza, le parti possono anche raggiungere un accordo: in tal
caso il giudice ne dà atto con ordinanza ed emette i provvedimenti consequenziali, disponendo
anche sulle spese.
In caso contrario, il giudice impartisce un termine perentorio per introdurre il giudizio di cognizione
ordinario sulle domande del terzo, previa iscrizione a ruolo e con termini di comparizione ridotti a
metà. Nel caso in cui il giudice dell’esecuzione non sia competente per valore, il termine perentorio
servirà per proporre il giudizio a contraddittorio pieno innanzi al giudice competente.
L’opposizione di terzo all’esecuzione può essere:
 Tempestiva  è quella proposta “prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei
beni” (ex art. 619)
oppure
 Tardiva  è quella proposta dopo la vendita (ex art. 620)
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