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Parte Sesta
8. È ammesso l’intervento di altri creditori nel processo esecutivo?
S.
Riferimenti normativi: artt. 499-500 e segg. c.p.c.
Definizione: identificare le categorie di creditori legittimati a intervenire nell’esecuzione e i requisiti di cui devono essere in possesso ai fini dell’intervento.
br
i
Caratteristiche: individuare le possibili forme e le modalità procedurali dell’intervento nella procedura esecutiva.
Articolazione della risposta
se
li
Nel processo esecutivo è ammesso l’intervento di altri creditori. Nel
caso di più creditori che intendano soddisfarsi nel corso di una stessa procedura, il creditore che ha preso l’iniziativa è detto comunemente creditore
procedente.
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Es
Il codice di rito accoglie, a riguardo, i seguenti principi:
— sullo stesso bene è ammesso un solo processo di esecuzione («pignoratio
super pignorationem non admittitur»);
— i creditori intervenuti, se muniti di titolo esecutivo, possono provocare i
singoli atti espropriativi nell’inerzia del creditore procedente;
— in sede di distribuzione del prezzo tutti i creditori sono, per il principio
della «par condicio creditorum», in condizioni di parità salvo coloro
che godono di cause di prelazione (privilegi ed ipoteche: art. 2741 c.c.),
anche processuale (art. 499, comma 4, c.p.c.).
ht
8 bis. In quali forme può avvenire l’intervento dei creditori nella
procedura esecutiva?
C
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yr
ig
L’intervento può avvenire in due forme:
a) partecipazione all’atto di pignoramento
In tal caso, i creditori che diventano compignoranti assumono la qualità di
litisconsorti. In particolare:
— nel caso di pignoramenti contemporanei sullo stesso bene: si procede
all’unione degli stessi in un pignoramento unico (art. 523 c.p.c.);
— nel caso di pignoramenti successivi sullo stesso bene: si procede alla
ricognizione dei beni già pignorati (artt. 5241 e 561), ma anche in questo caso tutti i pignoramenti successivi trovano luogo in un unico pro-
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Il processo di esecuzione
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Es
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cesso, mediante l’inserzione dei verbali di pignoramento in un solo fascicolo;
— nel caso di pignoramento successivo tardivo (cioè dopo la udienza
fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione) ovvero
dopo la presentazione del ricorso per l’assegnazione o la vendita qualora il valore dei beni pignorati non superi 20.000 euro): la posizione di
«compignorante» ha il solo effetto di fare partecipare il creditore alla
distribuzione della somma ricavata (art. 5242), previa soddisfazione delle
ragioni del creditore procedente (salvi i diritti di prelazione).
b) partecipazione alla distribuzione della somma ricavata
In base all’art. 499, comma 1, così come novellato dal D.L. 32/2005, possono intervenire nell’esecuzione anche i creditori non divenuti
compignoranti e precisamente:
— i creditori muniti di titolo esecutivo (tra i quali sono ricompresi anche
coloro che abbiano ottenuto provvedimenti d’urgenza che prevedono la
condanna al pagamento di somme di denaro, i quali, pur avendo natura
cautelare, ricevono attuazione nelle forme del libro terzo del codice di
procedura civile), e ciò anche se il loro credito sia sorto dopo il
pignoramento; i predetti partecipano alla distribuzione del ricavato secondo le cause di prelazione stabilite dal diritto sostanziale e, se
chirografari, a seconda che il loro intervento sia tempestivo o meno;
— i creditori privi di titolo esecutivo che vantino un credito sorto prima
del pignoramento, i quali, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, ovvero erano titolari di un diritto di credito di somma di denaro risultante dalle
scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c.
C
op
yr
A norma dell’art. 499, comma 2, come modificato dal D.L. 35/2005, l’intervento si attua
mediante il deposito di un ricorso contenente l’indicazione del credito e del suo titolo,
nonché la richiesta di partecipazione alla somma ricavata e la dichiarazione di residenza o
l’elezione di domicilio in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Se l’intervento ha luogo per un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui al
comma 1, al ricorso deve essere allegato, a pena di inammissibilità, l’estratto autentico
notarile delle medesime scritture rilasciato a norma delle disposizioni vigenti. Se ne ricava
che, per quanto concerne i creditori sforniti di titolo esecutivo, l’onere di produzione documentale sussiste soltanto per i creditori che intervengano avvalendosi delle scritture contabili obbligatorie.
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I creditori privi di titolo esecutivo devono notificare al debitore, entro i 10 giorni successivi al deposito dell’intervento copia del ricorso (e dell’estratto autentico delle scritture
contabili se tale è il titolo dell’intervento). La copia notificata deve essere poi depositata in
cancelleria. Il termine di 10 giorni per la notifica del ricorso per intervento al debitore non
è perentorio, ma condiziona in ogni caso il diritto dell’interventore di partecipare alla
distribuzione.
La mancata notificazione del ricorso, in tempo utile per l’udienza di verifica, comporta
infatti la decadenza del creditore, non dall’intervento nel processo esecutivo, ma dal diritto
di partecipare senza titolo esecutivo alla distribuzione, per effetto della mancata comparizione di questo in udienza; se, invece, il debitore compare e riconosce espressamente il
credito, l’omessa notificazione del ricorso deve, evidentemente, considerarsi sanata (SENSALE).
La ratio di tale disposizione è quella di consentire all’esecutato di avere notizia della pretesa creditoria avanzata dall’interventore prima della celebrazione dell’udienza di comparizione di cui all’art. 499, commi 5 e 6, per l’appunto finalizzata all’eventuale riconoscimento del credito.
Es
8 ter. Per quale motivo, se nella procedura esecutiva intervengono
creditori privi di titolo esecutivo, il debitore esecutato ha
l’onere di comparire all’udienza che il giudice dell’esecuzione fissa ai sensi dell’art. 499 c.p.c.?
C
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L’art. 499, comma 6, c.p.c. prevede che il debitore debba dichiarare all’udienza di comparizione quale dei crediti, per i quali hanno avuto luogo
gli interventi, egli intenda riconoscere in tutto o in parte, specificando in
quest’ultimo caso la relativa misura.
Se il debitore non compare, si intendono riconosciuti tutti i crediti per i
quali hanno avuto luogo interventi in assenza di titolo esecutivo: dal comportamento negativo del debitore consegue quindi un’implicita ammissione dell’esistenza del credito, sia pure ai soli fini esecutivi, disposizione in
qualche modo paragonabile, quanto agli effetti, alla mancata comparizione
dell’intimato alla udienza di convalida di sfratto.
Il riconoscimento del credito — da parte del debitore — ha peraltro efficacia solo all’interno del processo esecutivo (l’art. 499, comma 6, precisa
che il riconoscimento rileva comunque ai soli effetti dell’esecuzione), con
la conseguenza che esso è ammesso alla distribuzione per l’importo indicato dal creditore nel ricorso per intervento (fatto salvo il potere del giudice dell’esecuzione di quantificare il credito, sulla base degli elementi
probatori forniti dal creditore, in misura diversa da quella indicata dallo
stesso creditore).
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Il processo di esecuzione
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In caso di disconoscimento del credito, invece, il creditore ha l’onere di
munirsi di titolo esecutivo e, prima di tutto, deve proporre istanza di accantonamento delle somme eventualmente spettanti in sede di distribuzione (secondo il grado del credito) e dimostrare di avere proposto nei 30
giorni successivi all’udienza in cui il disconoscimento è avvenuto l’azione
necessaria per conseguire il titolo; se, invece, il creditore sine titulo non si
attiva con le modalità appena descritte, non può partecipare alla procedura
e l’intervento deve essere dichiarato inammissibile.
L’accantonamento non può durare oltre tre anni (termine massimo stabilito dall’art. 510 c.p.c., potendo il giudice dell’esecuzione disporlo per il
minore tempo ritenuto necessario), trascorso il quale il giudice dell’esecuzione, d’ufficio o su istanza di una delle parti, deve fissare una nuova udienza
per la distribuzione della somma accantonata, in favore di coloro che nel
frattempo si siano muniti del titolo esecutivo.
8 quater. A quali effetti rileva la tempestività dell’intervento nella
procedura esecutiva?
C
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Es
Anche nel processo esecutivo novellato dal D.L. 35/2005 (conv. in L. 80/
2005) permane la distinzione tra intervento tempestivo e intervento tardivo e ciò sia con riguardo ai creditori muniti di titolo esecutivo, sia a
quelli sforniti di titolo, sia con riferimento alla categoria dei creditori
chirografari rispetto a quella dei privilegiati.
Per l’espropriazione mobiliare la disciplina è dettata dagli artt. 525 e 528,
mentre per quella immobiliare la stessa è contenuta negli artt. 563, 565 e 566.
La tempestività o meno dell’intervento rileva ai fini della collocazione dei
creditori in sede di distribuzione della somma o dei beni; difatti, il creditore
intervenuto tempestivamente è soddisfatto prima di quello chirografario
intervenuto tardivamente se residua alcunché. Questa regola, tuttavia, non
si applica per i creditori privilegiati, i quali, in qualunque momento del
processo esecutivo siano intervenuti, fanno valere le loro ragioni a preferenza dei creditori chirografari (artt. 528, 565 e 566 c.p.c.).
Qualora poi l’intervento del creditore privo di titolo esecutivo avvenga dopo
l’udienza di verifica e, comunque dopo l’udienza di autorizzazione alla vendita, l’interventore ha diritto solo all’accantonamento (CAPPONI; SENSALE).
Altra ragione di prelazione di natura processuale (LUISO) è quella derivante
dalla norma (art. 499, comma 4) per cui il creditore procedente può indicare
al creditore intervenuto altri beni del debitore su cui estendere il pignoramento.
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Parte Sesta
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Nel caso in cui tale invito non sia stato raccolto, questi ultimi si vedono
postergati al creditore procedente al momento della distribuzione.
Riferimenti normativi: artt. 501-508 e segg. c.p.c.
i
9. Attraverso quali strumenti il creditore procedente ottiene la
«liquidazione» del bene oggetto di espropriazione?
li
br
Definizione e caratteristiche: elaborare i concetti di «liquidazione», «vendita»
e «assegnazione», evidenziando la differenza tra la vendita e l’assegnazione e
rispettivi effetti giuridici.
Articolazione della risposta
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Per la realizzazione concreta del credito, il creditore procedente (o qualunque altro creditore intervenuto, munito di titolo esecutivo) deve ottenere la liquidazione dei beni oggetto di espropriazione, ossia la trasformazione dei beni in denaro.
Egli ha due possibilità:
— fare istanza per la vendita dei beni pignorati;
— fare istanza per la loro assegnazione in pagamento.
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Tale alternativa è possibile:
— in via preventiva, solo nell’espropriazione mobiliare di titoli di credito
o di quelle cose aventi un valore determinato o determinabile da listini
di borsa o mercato (mercuriali) etc.;
— in via successiva, dopo che siano falliti gli esperimenti di vendita.
ig
L’istanza non può essere proposta prima di 10 giorni dal pignoramento
(tranne che si tratti di cose deteriorabili) e non oltre 90 giorni dal
pignoramento stesso.
yr
Nel caso di cose date in pegno o di mobili registrati soggetti ad ipoteca, il termine decorre
dal giorno del precetto, mancando la fase del pignoramento.
C
op
Il giudice competente fissa l’udienza per l’autorizzazione della vendita
o per l’assegnazione, secondo i modi e le forme prescritte dal codice di
rito (tranne nell’espropriazione presso terzi, ove l’udienza è indicata nell’atto di citazione notificato al terzo e al debitore a cura del creditore).
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Il processo di esecuzione
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Quest’udienza segna per i creditori il momento preclusivo per l’intervento
tempestivo e costituisce inoltre il termine ultimo entro il quale, a pena di
decadenza, devono essere fatte valere le opposizioni agli atti esecutivi
(artt. 5302 e 5692 c.p.c.).
Nell’udienza fissata il giudice competente dispone, con ordinanza, la vendita o l’assegnazione.
br
i
9 bis. Che differenza c’è tra la vendita forzata e l’assegnazione?
Che cos’è che – al di là delle differenze strutturali – accomuna
i due istituti?
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Es
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La vendita forzata — che può avvenire all’incanto (ossia con offerte successive in aumento) o senza incanto (a mezzo di commissionario) — ha la
funzione di trasformare i beni pignorati in denaro liquido (per cui, qualora
il pignoramento abbia colpito una somma di denaro, questa fase non avviene, ed il creditore procedente può chiedere senz’altro la distribuzione).
L’assegnazione, invece, consiste nella attribuzione diretta del bene
pignorato al creditore sulla base di un determinato valore, al fine di soddisfare il suo credito. Il bene viene trasferito al creditore, per un valore che
non può essere inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a
prelazione anteriori al credito dell’offerente (art. 506 c.p.c.); se nella procedura sono intervenuti altri creditori, l’assegnazione può essere chiesta a
vantaggio di uno solo o di più, d’accordo fra tutti (art. 505 c.p.c.).
ht
Ciò che tuttavia accomuna i due strumenti è il fatto che entrambi sono atti processuali
condizionati e, precisamente, sottoposti a condizione sospensiva:
ig
— nel caso della vendita: condizione è l’effettivo versamento del prezzo nel modo e nel
tempo fissato;
— nel caso dell’assegnazione: condizione è il deposito della parte di prezzo eccedente il
credito dell’assegnatario (art. 162 disp. att.) o del versamento della somma non inferiore al valore minimo del bene, o del prezzo determinato dal valore dell’immobile.
C
op
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Il trasferimento definitivo del bene è collegato ad un provvedimento del
giudice dal quale derivano effetti sostanziali e processuali.
Dal punto di vista sostanziale, si osservi che:
— l’effetto traslativo (ossia il passaggio del bene nella proprietà
dell’aggiudicatario o dell’assegnatario) si verifica, nell’espropriazione
mobiliare, al momento dell’aggiudicazione e del pagamento del prezzo; in quella immobiliare, nonché nell’assegnazione, al momento del
decreto di trasferimento;
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— l’effetto estintivo (o purgativo) consiste nell’ordine del giudice che si
cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie (il
bene si trasferisce libero da pesi e vincoli).
i
Dal punto di vista processuale, si verifica che l’oggetto del processo esecutivo, una volta trasferito il bene, non è più la cosa, ma il prezzo sul quale
dovrà soddisfarsi il creditore: «pretium succedit in locum rei».
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9 ter. Entro quali limiti i creditori possono domandare l’assegnazione in pagamento in alternativa alla vendita?
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L’assegnazione in pagamento è un atto concorrente con la vendita, rimesso
alla discrezione dei creditori, entro i seguenti limiti:
a) espropriazione mobiliare: l’assegnazione può essere chiesta sin dall’inizio per i titoli di credito o per quei beni il cui valore risulti da listino
di borsa o di mercato (art. 529 c.p.c.); per gli altri beni (ad eccezione
degli oggetti d’oro e d’argento che, se restano invenduti, sono assegnati
per il loro valore intrinseco ai creditori) per le procedure esecutive instaurate dal 1° marzo 2006 non può più essere avanzata istanza di assegnazione all’esito negativo del primo incanto, dovendo essere fissato
un nuovo incanto ad un prezzo inferiore di un quinto rispetto a quello
precedente (art. 538 novellato);
b) espropriazione immobiliare: l’assegnazione può essere chiesta soltanto 10 giorni prima della data dell’incanto per il caso in cui la vendita
non abbia luogo per mancanza di offerte (art. 588 novellato), nel qual
caso concorre con l’amministrazione giudiziale o con un nuovo incanto
(art. 591 c.p.c.);
c) espropriazione mobiliare presso terzi: l’assegnazione è l’unica forma satisfattoria prevista, quando il terzo si dichiara — o è dichiarato —
debitore di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di 90 giorni. Tali crediti sono assegnati dal giudice dell’esecuzione in
pagamento, salvo buon fine, ai creditori concorrenti (art. 553 c.p.c.).
C
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L’opinione prevalente ritiene che l’assegnazione in pagamento abbia natura giuridica di datio in solutum o di datio pro solvendo, a seconda che
abbia per oggetto una cosa o un credito.
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9 quater. Che cosa si verifica se l’aggiudicatario o l’assegnatario
non versano il prezzo oppure se le cose pignorate risultano
invendute?
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Nel caso di mancato versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario o
dell’assegnatario:
a) nella vendita mobiliare all’incanto l’organo esecutivo incaricato della
vendita, dopo aver preso atto dell’inefficacia della prima vendita, procede a nuovo incanto (art. 540 c.p.c.).
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L’art. 48 della L. 18-6-2009, n. 69 ha introdotto nel codice di procedura civile, l’art.
540bis, rubricato «Integrazione del pignoramento», il quale prevede che, quando le
cose pignorate risultano invendute in seguito al secondo o al successivo esperimento,
ovvero quando la somma assegnata non è sufficiente a soddisfare le ragioni dei
creditori, il giudice, ad istanza di uno di questi, provvede all’integrazione del
pignoramento, sicché l’ufficiale giudiziario riprende senza indugio le operazioni di ricerca dei beni. Se sono pignorate nuove cose, il giudice ne dispone la vendita senza che
vi sia necessità di nuova istanza. In caso contrario, dichiara l’estinzione del procedimento, salvo che non siano da completare le operazioni di vendita;
Es
b) nella vendita immobiliare con incanto il giudice, se il prezzo non è
depositato nel termine, con decreto (art. 587):
— dichiara la decadenza dell’aggiudicatario;
— pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa;
— dispone un nuovo incanto.
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In seguito all’inadempimento dell’aggiudicatario sono poste a suo carico:
— le spese del nuovo incanto;
— la perdita della cauzione;
— l’obbligo di pagare, come risarcimento dei danni, l’eventuale differenza
in meno tra il prezzo ricavato dalla seconda vendita rispetto alla prima.
yr
10. Che cosa s’intende per «massa attiva»? Quali regole governano la distribuzione della somma ricavata dalla vendita forzata?
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Riferimenti normativi: artt. 509-512 c.p.c.
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Definizione e caratteristiche: elaborare il concetto di «massa attiva», specificandone la composizione, e poi passare in rassegna le norme che ne disciplina-
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no la ripartizione tra i creditori. Distinguere l’ipotesi di pluralità di creditori
(compignoranti o intervenienti) dall’ipotesi in cui ad agire è un solo creditore.
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Altri aspetti rilevanti: le controversie in sede di distribuzione.
Articolazione della risposta
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La massa attiva (art. 509 c.p.c.), che deve essere distribuita tra i creditori
intervenuti all’espropriazione, è composta da:
a) prezzo dei beni venduti;
b) conguaglio per le cose assegnate, ossia la differenza fra il valore attribuito al bene e il credito dell’assegnatario;
c) rendite e proventi, cioè i frutti civili naturali (es. interessi) dei beni
pignorati;
d) multe o somme eventualmente dovute per risarcimento del danno
dall’aggiudicatario inadempiente.
Es
La distribuzione di tale somma tra i creditori, al fine di realizzare il
soddisfacimento dei loro crediti, è l’ultima fase del processo di esecuzione.
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La ripartizione avviene secondo le seguenti regole:
a) se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori,
il giudice — sentito il debitore — dispone in favore del creditore stesso
il pagamento di quanto gli spetta imputandolo a capitale, interessi e
spese (spetta infatti al giudice dell’esecuzione davanti al quale il processo si è svolto disporre, ai sensi dell’art. art. 95 c.p.c., con il provvedimento di distribuzione del ricavato che lo chiude, in ordine al rimborso delle spese sopportate dal creditore pignorante e dagli intervenuti);
se la somma ricavata non è sufficiente e il creditore vanta più crediti,
l’imputazione dei pagamenti si fa in base alla norma generale dettata
dall’art. 1193 c.c.;
b) se vi sono più creditori, compignoranti o intervenienti, il giudice procede ad un riparto dei vari crediti, secondo le norme previste nelle singole espropriazioni e che si possono così sintetizzare:
— dopo aver sentito tutti i creditori viene formato un piano di riparto;
— se tale piano viene formato in via amichevole dagli stessi creditori
(cd. contratto plurilaterale di accertamento) il giudice si limita
ad approvarlo;
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— se manca l’accordo o l’approvazione del giudice, il piano è formato
dallo stesso giudice.
S.
Naturalmente in ambedue le ipotesi devono essere rispettate le cause legittime di prelazione.
Va inoltre evidenziato che, dal 1° marzo 2006, il giudice effettua la distribuzione tra i creditori
del ricavato previo accantonamento (per una durata non superiore ad un triennio) delle
somme che spetterebbero ai creditori privi di titolo esecutivo i cui crediti non siano stati in
tutto o in parte riconosciuti dal debitore (art. 510 novellato).
br
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La somma residua è consegnata al debitore o al terzo che ha subìto
l’esproprio.
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10 bis. Che cosa deve fare il giudice dell’esecuzione se, in sede di
distribuzione della somma ricavata, sorgono controversie?
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L’art. 512 c.p.c. — come modificato dal D.L. D.L. 35/2005, conv. in L. 80/
2005 — attribuisce al giudice dell’esecuzione il potere di definire con ordinanza, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, le controversie, qualunque valore esse abbiano, che dovessero insorgere tra creditori
concorrenti o tra creditori e debitore circa la sussistenza o l’ammontare
di uno o più crediti ovvero sulla sussistenza dei diritti di prelazione.
L’ordinanza è impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi (a sua
volta definita con sentenza inappellabile, ma ricorribile in Cassazione per
violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost.).
Con la stessa ordinanza, con cui definisce la controversia, il giudice dell’esecuzione può sospendere in tutto o in parte la distribuzione del ricavato: quindi con lo stesso provvedimento con cui vengono risolte le controversie distributive, il giudice può decidere di sospendere la concreta distribuzione delle somme in vista dell’eventuale impugnativa.
ig
Prima della riforma del 2005 tali controversie (o contestazioni) davano luogo ad un vero e
proprio giudizio di cognizione, inserito come una parentesi nel processo di esecuzione, ed
erano istruite dallo stesso giudice dell’esecuzione se competente, o rimesse al giudice competente in base al valore del maggiore dei crediti contestati.
C
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Resta del giudice dell’esecuzione il potere di sospendere totalmente o parzialmente il procedimento. In tale ultima ipotesi il giudice provvede alla
distribuzione di quella parte della somma ricavata che non risulta controversa (art. 512, comma 2, c.p.c.).
Terminata la fase della distribuzione il giudice emette ordini di pagamento agli aventi diritto: solo in seguito ai quali il danaro passa a ciascun
creditore.
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