Published in www.anthropos1987.org 2010.
L'OBESITA'
Gianni Baiotti
Premessa
Nell’antichità essere grasso era sinonimo di ricchezza nonché di bellezza e di ottima salute. La
pittura del 1500/1600 (Veronese, Tiziano, Giorgione) era un trionfo di obesità e di cellulite.
Nella pittura ottocentesca si incomincia a vedere la differenza fra la magrezza (sinonimo di
povertà) e la grassezza (sinonimo di opulenza). Fino agli anni ’40 questa distinzione era molto
evidente e sembrava una cosa ovvia.
Fu, però, negli anni 1950-1960 che negli USA si evidenziò un fenomeno strano: i negri
africani, sradicati dalla loro terra e arrivati macilenti nelle piantagioni di cotone, nell’arco di 4/5
generazioni sviluppavano una notevole obesità, anche se non erano ricchi.
Si comprese allora che non era solo la quantità o la qualità dell’alimentazione, ma che
questo fenomeno, dilagato poi a macchia d’olio, era molto più complesso.
Per contro, secondo i dati ISTAT 2007, in Italia il 34,2% della popolazione è in sovrappeso e il
9,8% è obeso.
Vediamo ora le cause, le conseguenze e le possibili terapie.
Le cause
La causa primaria è sicuramente uno stile di vita errato che si può riassumere in dieta
ipercalorica e vita sedentaria. Il nostro metabolismo è ancora regolato all’età della pietra
quando eravamo raccoglitori-cacciatori: tanto movimento e alimentazione scarsa, quando se ne
trovava.
Riguardo all’alimentazione è importante notare che non sono le abbuffate saltuarie (Natale,
Pasqua, Festività, ecc.) che fanno ingrassare, bensì, lo snacking che possiamo tradurre in
piluccamento: ingurgitare continuamente merendine, cioccolato, patatine, ecc., bere bibite
ricche di zuccheri, aprire il frigorifero di notte e mangiare ciò che si trova pur di riempire quel
buco nello stomaco indice di fame più psichica che fisica.
La fame è una sensazione fondamentale per la nostra sopravvivenza, come la sete. È
dovuta ad un complesso e sofisticato meccanismo che coinvolge molte sostanze ormono-simili.
Un tempo si pensava che fosse soprattutto la distensione delle pareti gastriche a provocare
la sazietà (sono pieno!). Attualmente dobbiamo chiamare in causa almeno due sostanze:
- La Leptina che aumenta il dispendio energetico e induce inappetenza. Si pensò di adoperarla
come terapia, ma poi si vide che negli obesi tale sostanza era notevolmente alta, sia perché era
prodotta dall’abbondante tessuto adiposo sia perché non era utilizzata, con un meccanismo
simile alla insulino-resistenza.
- La Grelina: ormone che stimola l’appetito assieme alla ipoglicemia ed è controbilanciato dal
GIP (peptide inibitorio gastrico). La grelina è aumentata nel polifagico obeso e praticamente
scomparsa nell’anoressia.
Studi recentissimi ipotizzano addirittura una origine genetica o familiare. Nell’animale, per
ora, è stato dimostrato che esiste un difetto genetico che impedisce al fegato di produrre gli
enzimi che metabolizzano i grassi. Questo dato potrebbe spiegare il famoso detto mangio poco
ma ingrasso.
Inoltre, abbiamo lo stress: sia nella fase adrenergica (allarme) che nella fase
cortisolica (reazione) provoca un aumento del grasso viscerale addominale e mediastinico a
cui oggi si dà molta importanza per l’insorgenza della vasculopatia aterosclerotica. È la bulimia
da stress.
Più si va avanti, dunque, negli studi della malattia obesità, più si trovano cause intrinseche
all’organismo individuale, per cui oggi possiamo quasi dire che non è sempre giusto
colpevolizzare l’obeso (“Ti muovi poco e mangi troppo”), così come non si dà più colpa al
diabetico perché mangia troppi dolci. Se proprio dobbiamo trovare una causa di questa
pandemia, la si deve cercare nella sovrabbondanza di cibi ipercalorici (zuccheri e lipidi) che fin
dall’infanzia abbiamo a disposizione. Non per niente l’obesità in età pediatrica, nelle sue varie
forme, sfiora in Italia il 40% e di questi almeno il 70% rimarrà obeso in età adulta.
Le conseguenze
Oltre alle patologie correlate all’obesità (la sindrome plurimetabolica), si hanno anche le
complicanze statiche, vale a dire sull’apparato scheletrico:
- Articolazione coxo-femorale (dell’anca) più esposta alle fratture sia per il sovraccarico che per
l’osteoporosi, più frequente nell’obeso specie di sesso femminile.
- Articolazione del ginocchio: la gonartrosi da sovrappeso è chiaramente legata all’eccessivo
carico che si ripercuote sul plateau tibiale: provoca lesioni degenerative fino alla scomparsa
delle cartilagini meniscali e deformazione dei capi articolari, con difficoltà funzionale e dolori.
- Articolazione del piede: tutto il nostro peso, in definitiva, poggia sull’arco portante plantare,
un vero miracolo di statica architettonica. Questo arco man mano cede e si arriva al piede
piatto con gravi problemi alla deambulazione.
In definitiva, la stessa colonna vertebrale accentua le sue curvature e si producono
cedimenti cuneiformi vertebrali con compromissione delle radici nervose (sciatalgia).
Le terapie
Data la diffusione e l’incremento esponenziale dell’obesità e le sue complicanze così gravi, si
deve ricorrere alla sua correzione terapeutica e qui incominciano le dolenti note.
I farmaci:
- Farmaci sazianti a base di mucillaggini di alghe.
- Farmaci anoressizzanti, che tolgono l’appetito con effetto doping cerebrale: anfetamine,
rimonabant.
- Farmaci che aumentano il catabolismo dei grassi: estratti tiroidei.
- Farmaci che agiscono sul metabolismo glicidico: metformina.
- Psicofarmaci: sertralina, cetilistat.
- PYY: entero-ormone che riduce nettamente l’appetito; è anoressizzante e si assume per spray
nasale.
- Melanocortina: anoressizzante fisiologico quasi assente nel grande obeso; si stanno studiando
agonisti di tale ormone.
Tutte queste sostanze hanno effetti transitori sul peso e per contro hanno dei gravi effetti
secondari e sono assolutamente da proscrivere.
I tentativi farmacologici, per ora, urtano contro la estrema complessità del processo
metabolico che porta all’obesità, e saranno necessari ulteriori e approfonditi studi per arrivare
alla risoluzione farmacologica del problema.
Chirurgia: nella grande obesità (BMI > 40) si ricorre spesso all’intervento chirurgico con
binding gastrico: si riduce con un laccio la capienza gastrica in modo che anche un piccolo
pasto dà un senso di sazietà. Nel by-pass digiuno ileale si accelera il transito intestinale in
modo che l’assorbimento degli alimenti sia notevolmente ridotto. Questi ed altri interventi
definiti eroici fanno regredire, a volte, un diabete concomitante.
Terapie psicologiche “comportamentali”: abbastanza utili nell’infanzia e
nell’adolescenza, ma non di rado fallimentari nell’adulto: cercare di modificare ciò che da anni
è “consolidato”, cioè le abitudini alimentari e lo stile di vita, è risultato (per certi pazienti
riluttanti e resistenti) un ostacolo insormontabile. Che cosa ci resta, in definitiva, come
approccio terapeutico? La dieta con tutte le sue problematiche.