Il concetto e il fenomeno della responsabilità sociale delle

Il concetto e il fenomeno della responsabilità sociale delle imprese:
Sfide e opportunità per i sindacalisti
Dwigth W. Justice
(ICFTU Dipartimento Imprese Multinazionali)
Il significato della responsabilità sociale delle imprese
La responsabilità sociale delle imprese (RSI) è emersa, in molti paesi e internazionale e a livello
internazionale come questione significativa delle politiche pubbliche. Considerata da alcuni come
la “questione delle imprese” del 21° secolo”1, la RSI sta diventando una parte importante dei più
ampi dibattiti riguardanti la globalizzazione e lo sviluppo sostenibile. Non vi è una definizione
universalmente riconosciuta della RSI. Diverse percezioni della RSI sono emerse nel cosiddetto
dialogo tra sordi, creando ostacoli ai sindacalisti nella comprensione delle opportunità e delle sfide
della RSI stessa.
Alcuni sindacalisti vedono la RSI come un obiettivo auspicabile, mentre altri la vedono come un
tentativo pericoloso che porterebbe alla creazione di un sostituto dei ruoli tradizionali dei governi
e dei sindacati. Certamente alcuni sindacalisti vedono la RSI solamente come “PR”. Questo
articolo considererà diversi aspetti della RSI e le sue implicazioni per i lavoratori e i sindacati.
Con questo articolo non si vogliono esprimere raccomandazioni su specifiche iniziative o
organizzazioni, ma si vogliono identificare alcuni aspetti di fondo che i sindacalisti dovrebbero
prendere in considerazione. Questo articolo si basa sulle conclusioni raggiunte da una specifica
riunione delle Global Unions (Stoccolma, aprile 2003) tenutasi per valutare le implicazioni della
RSI per i sindacati.
La RSI ha una dimensione tangibile che non può essere ignorata dai sindacati. È un fenomeno che
ha prodotto una nuova categoria di consulenti e nuove attività imprenditoriali che offrono servizi
di RSI alle imprese stesse. Ha cambiato il settore dei managers finanziari che organizzano fondi o
altri mezzi di investimento, così come quelle aziende che offrono informazioni sulle imprese agli
investitori. La RSI è presente nei dipartimenti, appena creati, che si trovano in numerose società,
nelle iniziative di “multi-stakeholder” che coinvolgono le ONG (e qualche volta i sindacati), e
nelle partnership pubbliche e private che legano le imprese e i governi. I governi, le organizzazioni
intergovernative e le istituzioni regionali come l’Unione Europea hanno sviluppato piani di lavoro
e hanno creato unità speciali per promuovere la RSI. Le business schools e le università hanno
anche creato dipartimenti e corsi sulla RSI. È il soggetto di numerosi libri, articoli, siti web e interi
giornali. Migliaia di imprese hanno adottato codici di condotta, principi etici e linee guida nel
nome della RSI. La RSI rappresenta anche la proliferazione di crescenti rapporti elaborati dalle
società sulla loro responsabilità sociale o il loro “comportamento sostenibile”. Parte del fenomeno
è spiegato da una società di valutazione che si propone di vendere garanzie su rapporti non
finanziari, prima che le imprese siano eventualmente costrette a fornire tali rapporti e, a dover
essere sottoposte a controllo.
I sindacalisti non possono ignorare il concetto che si pone dietro questo fenomeno. Come concetto
la RSI è stata utilizzata per opporsi o integrare gli obiettivi del sindacato ed è oggetto di un
dibattito sulla relazione dell’impresa con la società, il cui risultato riguarderà i lavoratori e i loro
sindacati. Il termine “responsabilità sociale delle imprese” non è nuovo, per lo meno nella
letteratura accademica, ma il concetto si è sviluppato. Consideriamo le seguenti cinque definizioni:
1
Preso dal sito web della Conference Board of Canada, una sezione intitolata: Responsabilità
Sociale delle Imprese “Migliori affari,un mondo migliore”
www.conferenceboard.ca/ccbc/csr_topic/deault.htm
1
1.
“La responsabilità sociale delle imprese comprende l’impegno di un’impresa a gestire il
suo ruolo nella società – come produttore, imprenditore, distributore, cliente e cittadino –
in modo responsabile e sostenibile. Questo impegno può includere una serie di principi
volontari – oltre a requisiti di legge applicabili – che cercano di assicurare che l’impresa
abbia un impatto positivo sulle società in cui opera”2.
2.
“La responsabilità sociale delle imprese consiste in azioni che vanno al di là di ciò che è
previsto dalla legge”3.
3.
“Non consiste nel “fare bene”, e neanche nell’essere visto come colui che fa bene,
consiste nel riconoscere la responsabilità di un’impresa nei confronti di tutti i gruppi di
stakeholder e agire nel loro migliore interesse” 4.
4.
“La responsabilità sociale delle imprese è la relazione complessiva dell’impresa con tutti
i suoi stakeholder. Questi includono i clienti, i dipendenti, le comunità, i
proprietari/investitori, il governo, i fornitori e i concorrenti. Attraverso pratiche effettive
di RSI, le organizzazioni: raggiungeranno un equilibrio fra gli imperativi economici,
ambientali e sociali; si concentreranno sulle aspettative, le domande e le influenze degli
stakeholder; sosteranno l’importanza degli azionisti.5
5.
La RSI è un “concetto secondo il quale le imprese integrano, su base volontaria, le
questioni sociali e ambientali nelle loro operazioni economiche e nelle loro interazioni
con gli stakeholder”6.
Uno degli elementi che più frequentemente ricorre tra le diverse definizioni di RSI è la natura
volontaria, la sua enfasi sulle iniziative di gestione e sul suo impatto sociale, così come l’idea che
le imprese abbiano stakeholder i cui interessi devono essere tenuti in considerazione.
Qualche volta le domande sul significato della RSI portano ad ulteriori domande come, ad
esempio, se la “RSI” sia effettivamente il termine corretto da usare. Alcuni preferiscono utilizzare
“RI” (“responsabilità delle imprese”) poiché credono che il termine “sociale” non includa il
termine “ambientale”. Altri preferiscono “OR” (“responsabilità organizzativa”) o “RS”
(“responsabilità sociale”) poiché non credono che le imprese debbano essere distinte o trattate in
modo diverso da altre organizzazioni o anche dai governi stessi. Altri ancora preferiscono
“cittadinanza dell’impresa” poiché un’impresa deve essere considerata come un individuo con
diritti e doveri. In ogni modo, il termine “responsabilità sociale delle imprese” è più utilizzato
rispetto agli altri.
L’origine dell’attuale concetto
La forma attuale della RSI è emersa negli anni ’90 e rappresenta una convergenza di idee e
sviluppi. L’origine più significativa per l’attuale concetto di RSI deriva dalla preoccupazione
relativa all’ambiente. È legata all’idea dello sviluppo sostenibile, elaborata dalla Commissione
Brundtland alla fine degli anni ’80 e accettata dalla Conferenza di Rio nel 1992. In questo periodo
i sindacalisti giocarono un ruolo molto importante nel legare la questione ambientale a quella
“Advancing Corporate Responsibility – A statement by USCIB Corporate Responsibility
Committee”, November 2002, United States Council on International Business
3
Citato da: “McWilliams and Siegel 2001” e trovato nel sito internet www.response-website.com
4
Response Consulting –www.response-website/What-is-corporate-social-responsibility
5
The Conference Board of Canada – www.conferenceboard.ca/ccbc/csr_topic/deafult.htm
6
Commissione della Comunità Europea: “comunicazione dalla Commissione riguardante la
responsabilità sociale delle imprese: un contributo dell’impresa allo sviluppo sostenibile”, Luglio
2002, COM (2002) 347 Final, p.5
2
2
sociale. Hanno anche raggiunto un successo nell’ottenere il riconoscimento di una dimensione
sociale della sostenibilità, che poi è diventata parte integrante del concetto di sviluppo sostenibile.
Uno degli aspetti più importanti della RSI è l’idea che vi sia un “business case” per la
responsabilità. Una delle origini di questa idea è la convinzione largamente diffusa che le misure
ritenute valide per l’ambiente possano esserlo anche per le prestazioni finanziarie di un’impresa.
Un altro aspetto dell’influenza ambientale sul concetto della RSI, risulta nel fatto che la
prestazione non-finanziaria di un’impresa possa essere misurata, riferita, verificata e certificata
obiettivamente, in modi simili a quelli utilizzati per misurare, riferire, verificare e certificare le
prestazioni finanziarie dell’impresa. Quest’idea si è collocata dietro la rapida e l’estesa
accettazione del termine “triple bottom line” che lega le prestazioni finanziarie, ambientali e
sociali delle imprese. Ancora un altro aspetto dell’influenza ambientale è stato l’approccio
ecologico alle questioni sociali, rappresentate dal concetto di stakeholder. È considerato
stakeholders chiunque sia interessato dalle attività di un’impresa. Le imprese devono avvicinarsi
alle questioni sociali attraverso l’identificazione dell’impatto delle loro attività così come gli
ambientalisti chiedono che le imprese identifichino l’impatto (la loro impronta) delle loro attività
sull’ambiente.
Una seconda ed importante fonte dell’attuale concetto di RSI può essere definita partendo dalle
conseguenze delle politiche di liberalizzazione, di deregolamentazione e di privatizzazione degli
ultimi venti anni. Accolta dai governi che cercano bassi costi – basse politiche di mantenimento, la
RSI si lega bene alla crescita delle partnerships tra pubblico e privato e con il crescente utilizzo
delle ONG in qualità di fornitrici di servizi per nuove forme di filantropia. Un punto di vista
ampiamente diffuso era che, poiché le imprese avevano assunto parte degli impegni che la società
precedentemente si aspettava venissero realizzati dai governi, le aspettative degli imprenditori,
per quanto riguarda le proprie responsabilità sociali, sarebbero aumentate.
Una terza fonte dell’attuale concetto di RSI sono stati gli sviluppi relativi ai codici di condotta
adottati dalle imprese, con l’obiettivo di applicarli ai comportamenti nei confronti del lavoro dei
loro fornitori e dei loro subappaltatori. Questi “codici per i fornitori” erano una risposta alla
pubblicità negativa collegata allo sfruttamento e al comportamento antisindacale nella produzione
di beni con marchi molto famosi. Questi codici sollevarono il problema di come le imprese che li
adottavano, potessero attuarli e provare al pubblico che questi fossero realmente rispettati. La
ricerca di risposte a queste domande ha portato alla definizione di molti standard privati nell’area
sociale e ha portato alla creazione di un’industria privata di ispettori del lavoro, o di controllori
sociali, come pure le iniziative di multi-stakeholders che cominciarono ad avere un profondo
impatto sul fenomeno della RSI.
I codici per i fornitori sono stati importanti per l’evoluzione del concetto di RSI, poiché con le
questioni della responsabilità dell’impresa da loro poste, arricchirono tale concetto di due
importanti sviluppi di lungo termine. Il primo sviluppo è stato l’impatto di nuove forme di
organizzazione dell’impresa e delle relazioni, causato in gran parte dall’estenalizzazione e dal
subappalto. Sempre più elaborate catene di produzione internazionali (catena dei valori) stavano
rendendo più semplice per le imprese evitare le proprie responsabilità allo stesso modo in cui
diverse pressioni stavano rendendo difficile per molti governi, in special modo per quelli dei paesi
in via di sviluppo, adempiere alle loro responsabilità.
Un secondo sviluppo collegato a tali questioni era l’aumento dell’importanza dei beni immateriali,
inclusi i marchi commerciale e la reputazione nella determinazione del valore di un’impresa. I
codici divennero un mezzo di “gestione del rischio” per la reputazione del marchio. Furono anche
sviluppati codici e sistemi di gestione che si rivolgevano ad altri rischi per la reputazione, come i
potenziali scandali per corruzione. La gestione del rischio divenne una delle componenti più forti
del business case per la RSI e i codici di condotta divennero una caratteristica centrale della RSI
stessa.
3
Un’altra fonte dell’attuale concetto di RSI è l’inclusione dello sviluppo delle risorse umane
(SRU), idea riguardante la retention o la formazione della forza lavoro. Idee e pratiche esistenti in
questa area si adattano bene al concetto di RSI. Le imprese cominciarono a descrivere le loro
politiche di SRU come un aspetto della loro responsabilità sociale nei confronti dei loro dipendenti
stakeholders e come prova che stavano prendendo “l’autostrada” per diventare competitivi. Le
relazioni industriali e la contrattazione collettiva sono difficilmente menzionate, anche quando il
soggetto consiste nelle relazioni dell’impresa con i suoi dipendenti. Certamente l’impatto sulla
società della riuscita retention dei dipendenti è meno significativo per le imprese che
esternalizzano la maggior parte del loro lavoro. Inoltre, questo tipo di politiche di SRU non
possono giovare un forte ruolo con le basse professionalità e nei settori ad alta componente di
lavoro, che operano in ambienti in cui non vengono rispettati i diritti umani fondamentali.
La natura della RSI
L’aspetto più controverso nella definizione della RSI si basa sull’idea che questa riguardi le
attività volontarie di un’impresa al di là dei requisiti di legge. La questione non è se le imprese
debbano rispettare la legge – alcuni difendono la natura volontaria della RSI affermando che
questa assume conformità con la legge (“è conforme come punto di partenza”). Sebbene sia
sempre più accettato che la RSI riguardi le attività volontarie, questo non ha posto fine alla
controversia sulla sua natura volontaria. Due domande irrisolte tengono viva la controversia. La
prima questione riguarda l’adeguatezza ed il ruolo delle norme di impresa e la seconda se
l’impresa debba determinare le sue responsabilità sociali quando la società non abbia definito le
proprie aspettative relative all’impresa stessa, in termini di requisiti obbligatori per legge. Alcuni
vedono la RSI come un’alternativa alla regolamentazione e alcuni promotori della RSI vogliono
l’accettazione della natura volontaria della RSI per tradurre in consenso il fatto che le iniziative
volontarie sono mezzi sufficienti e migliori per indirizzare le conseguenze sociali dell’attività
dell’impresa.
Se la RSI deve essere considerata come concetto volontario, allora è importante che sia distinta da
altri concetti riguardanti le relazioni fra le imprese e la società. Alcuni usano il termine
“responsabilità dell’impresa” (almeno nella lingua Inglese) per riferirsi agli obblighi nei confronti
delle imprese imposti dai governi e alla struttura della governance dell’impresa, stabiliti per far sì
che l’impresa sia responsabile. Per cui le imprese sono dette “responsabili” in senso vincolante sia
nei confronti dei loro azionisti, sia nei confronti dei governi sotto le cui norme loro sono create e
devono operare. Vi è una piccola differenza in inglese tra le parole “accountability” (dover rendere
conto di qualcosa) e “responsibility” (responsabilità) (una somiglianza che, forse, non esiste in
altre lingue). Vi è, comunque, un bisogno di termini che possano essere utilizzati per distinguere,
da una parte l’idea regolatrice e della governance dell’impresa nell’uso del termine “responsabilità
dell’impresa”, e dall’altra l’idea delle attività volontarie più spesso indicate dal termine
“responsabilità sociale dell’impresa”. È largamente accettato che le strutture regolatrici e di
gevernance dell’impresa possano determinare il comportamento dell’impresa stessa più dei
principi e delle iniziative della RSI. Inoltre, vi è un crescente riconoscimento che queste strutture
regolatrici siano inadeguate.
La distinzione fra l’aspetto volontario e quello obbligatorio non è la sola distinzione importante da
compiere. Spesso la natura volontaria della RSI è intesa dalle imprese col seguente significato:
finché le attività di RSI non sono obbligatorie queste sono sempre opzionali, e quindi possono
essere determinate esclusivamente dalle imprese. Attraverso l’utilizzo di codici volontari e di altre
forme private di definizione di standard, le imprese decidono cosa considerano essere parte delle
loro responsabilità nei confronti della società. Implicitamente (e qualche volta esplicitamente) in
queste auto-definizioni si vuole evidenziare che ci deve sempre essere un “business case”, ossia
un risultato finanziario positivo che deriva dal comportamento responsabile. Spesso questo
sistema privato di definizione delle norme ha portato le imprese ad una redifinizione o
reinterpretazione verso il basso di norme già stabilite. Le norme non hanno bisogno di essere
4
obbligatorie per essere valide e le aspettative della società per quanto riguarda il comportamento
delle imprese sono manifestate in strumenti non obbligatori a livello nazionale e internazionale,
così come in altre forme di “soft law” e pratiche che possono essere diverse fra le culture e le
società. Se la RSI è soltanto un concetto volontario, allora deve esserci un altro concetto che possa
essere chiamato “responsabilità sociale delle imprese”. Questo ci permetterebbe di distinguere le
attività della RSI, che sono opzionali, dalle aspettative legittime della società che sono sempre
valide, anche quando non hanno carattere obbligatorio.
È la natura della RSI ad essere un concetto gestionale – veramente non distingue l’impresa dalla
sua direzione e, alla fine, è solo relativa alle decisioni gestionali e ai sistemi che la direzione
dovrebbe mettere in atto per definire ed attuare le decisioni. Comprendere l’impatto sociale di
un’impresa comporta capire che i dirigenti di un’impresa da un lato e l’impresa nel suo insieme
dall’altro, non sono la stessa cosa. Come ha messo in evidenza il Segretario Generale delle NU
Kofi Annan, nel luglio 2000, nel descrivere i partecipanti al Global Compact: “I sindacati dei
lavoratori possono mobilitare la forza lavoro – dopo tutto le imprese non sono composte solo dei
loro dirigenti.”
La RSI ha una natura internazionale. Sebbene possa avere forme diverse in diversi paesi, il più
delle volte riguarda il comportamento internazionale delle imprese multinazionali. La RSI
strettamente legata alla globalizzazione, ed è oggetto di un dibattito internazionale, ed ha attirato
l’attenzione delle organizzazioni intergovernative.
Un ambiente e non un’opzione
I sindacati non hanno creato la RSI. Comunque, né il concetto né il fenomeno scompariranno se i
sindacati scegliessero di ignorare l’uno o entrambi.
La RSI non dovrebbe essere vista come un obiettivo fine a se stesso. Non dovrebbe neanche essere
vista come uno strumento da usare quando necessario, per poi riporla nella scatola degli attrezzi.
La RSI è una convergenza di idee e sviluppi reali che sta cambiando gli ambienti nei quali i
sindacati entrano in relazione con gli imprenditori, le organizzazioni delle imprese, le ONG, i
governi e le organizzazioni internazionali e intergovernative. Questo nuovo ambiente non è
un’opzione. I sindacati possono comunque aiutare a determinare questo ambiente. Ma devono
prima riconoscere sia le sfide che le opportunità che questo ambiente rappresenta per i lavoratori e
i loro sindacati. Essere all’altezza delle sfide e approfittare delle opportunità richiederà un
approccio flessibile.
La RSI ha fornito gli strumenti per esercitare un’influenza sulle imprese. Il nuovo ambiente è
risultato in codici di condotta, in un maggior sostegno per i sindacati nella guida delle azioni degli
azionisti e in un miglioramento delle procedure di attuazione delle Linee Guida OCSE sulle
Imprese Multinazionali. Mentre queste opportunità non devono essere trascurate, le sfide per i
sindacati non devono essere ignorate. Qui di seguito sono considerate alcune delle sfide e delle
opportunità per i lavoratori e i sindacati in otto aspetti del concetto e del fenomeno della RSI.
1. Le sfide e le opportunità di un concetto volontario
L’esperienza dei lavoratori e dei loro sindacati è che, alla fine, i loro diritti e interessi vedono un
miglioramento o sono tutelati solamente attraverso una corretta applicazione di buone leggi e
regolamenti o attraverso la loro auto-organizzazione per tali scopi come la contrazione collettiva. I
sindacati sanno che il paternalismo non è un sostituto del giusto ruolo del governo. Per la loro
5
esperienza un quadro normativo è necessario per assicurare che le attività delle imprese siano
socialmente responsabili.
La sfida per i sindacati è evitare che la RSI diventi un sostituto del giusto ruolo dei sindacati e dei
governi. L’opportunità per i sindacati è di utilizzare la RSI come un mezzo per promuovere la
cultura della conformità alla legge e il rispetto degli standard, così come promuovere buone
relazioni industriali e il rispetto per il ruolo dei sindacati. Questo suggerisce che i sindacati
dovrebbero avere un approccio sfumato verso le questioni relative alla RSI, simile all’approccio
che molti sindacati hanno adesso nei confronti dei codici di condotta che sono adottati
unilateralmente dalle imprese e destinati ad essere applicati ai loro fornitori. Gli effetti benefici di
questi codici sono considerati indiretti e, dipendono da come creino spazio per i governi e i
sindacati in modo che possono funzionare correttamente.
Certamente, l’utilizzo della RSI da parte delle imprese per evitare la regolamentazione o per
promuovere la privatizzazione delle funzioni proprie dei governi dovrebbe essere contrastata. Il
problema più grande, comunque, può trovarsi nell’utilizzo dalla RSI da parte dei governi a livello
internazionale. I governi cercano, da una parte, di bilanciare i loro stessi impegni obbligatori con il
rispetto dei diritti di proprietà nel commercio e degli accordi sugli investimenti, e dall’altra
raccomandando azioni volontarie delle imprese per il rispetto dei diritti umani. In molti paesi, così
come a livello internazionale, vi è un crescente riconoscimento del fatto che alcuni strumenti che
devono garantire la responsabilità delle imprese sono inadeguati. Alcuni dei più importanti fra
questi strumenti hanno ricevuto attenzione a livello internazionale e sono l’oggetto di standard
internazionali. Questi includono la governace dell’impresa, la responsabilità e la verifica, come
pure la corruzione.
2. Sfide ed opportunità dell’idea di stakeholder
Una delle idee principali del concetto di RSI è che le imprese non siano solo responsabili nei
confronti dei loro stockeholders (proprietari) ma, anche nei confronti di una più ampia serie di
stakeholders. Gran parte del concetto della RSI è relativo a come i dirigenti possano identificare e
coinvolgere gli stakeholders e su come possano determinare, misurare e verificare l’impatto delle
attività dell’impresa sugli stakeholders. Certamente identificare e coinvolgere tutti gli stakeholders
è impossibile e la pratica è più spesso quella di identificare e coinvolgere le ONG come sostituti
dei veri stakeholders.
Nel mondo della RSI, le ONG sono considerate sinonimo di società civile – ma vi è una differenza
e, non tutte le ONG sono parte della società civile. Anzi, molte delle più importanti
organizzazioni della società civile, spesso, non sono considerate come ONG. A seconda dalla
situazione e da come queste funzionano, le religioni organizzate e i partiti politici sono la chiave
delle organizzazioni della società civile. Come concetto, la società civile va oltre la relazione fra
gli individui e lo stato ed è più della relazione dei singoli individui della società fra di loro. La
crescita di alcuni tipi di ONG è il risultato del tentativo di sostituirsi al fallimento della società
civile e spiegare perché la visibilità e l’importanza delle ONG sta crescendo, persino in contesti in
cui istituzioni autentiche della società civile sono più deboli che mai.
Vi sono alcune difficoltà concettuali con l’idea di stakeholder. Una è che non tutti gli stakeholders
sono uguali. Un’altra è che non tutti gli stakeholders hanno diritti legittimi sul comportamento
dell’impresa che vada oltre gli interessi della società. In effetti vi sono alcuni stakeholders la cui
esistenza non aumenta la responsabilità dell’impresa e può, a volte, anche ridurla. È necessario
considerare le situazioni in cui un’impresa ha lavoro esternalizzato presso altre imprese anche
dove questo avviene per evitare le responsabilità. In tali casi il numero degli stakeholders è
aumentato ma, la responsabilità dell’impresa non è cambiata anzi, in molti casi è diminuita.
L’utilizzo scorretto di questo termine troppo usato, riflette difficoltà concettuali. Il termine
stakeholder si presuppone debba essere in contrapposizione al termine azionista e riguarda le
relazioni con un’impresa. Stakeholder è un termine inappropriato quando viene usato per
6
descrivere le relazioni fra i governi e gli elettori. I cittadini nelle democrazie sono più analoghi
agli azionisti.
I sindacati hanno accettato l’idea di stakeholder e l’hanno usata nei loro sforzi per promuover una
struttura di governance dell’impresa che prenda in considerazione gli interessi della società.
Hanno sostenuto l’idea degli stakeholder fino ad un certo punto, certamente non quando
sostituisce le parti sociali. I più efficaci e provati strumenti dell’aumento degli effetti benefici delle
attività economiche di un’impresa, sono stati attraverso le relazioni industriali ed in particolare
attraverso la contrattazione collettiva nel quadro di una effettiva tutela dei diritti e delle norme da
parte dei governi. La contrattazione collettiva certamente richiede partners e il riconoscimento del
fatto che le imprese siano qualcosa di più del loro gruppo dirigente. In effetti, il solo contrappeso
reale o controllo sul potere dell’impresa, diverso da quello dei governi, è stato il sindacato. Come
organizzazioni di massa rappresentative, i sindacati sono quasi sempre fra le più grandi
organizzazioni della società civile. Ma come rappresentanti dei lavoratori e come strumento per la
contrattazione collettiva, i sindacati sono anche attori economici privati, in quanto sono importanti
organizzazioni nelle loro rispettive categorie o settori economici.
Questa natura dualistica dei sindacati sottolinea l’idea che l’industria abbia due facce. L’esistenza
di due facce è la base per la partnership sociale e il dialogo sociale. Questi concetti sono riflessi
nella struttura tripartita dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, attraverso lo status
consultivi all’OCSE, e in molte e varie strutture del dialogo sociale che sono state costutite in
molti paesi. Alcune organizzazioni private di multi-stakeholder di RSI, incluso l’Ethical Trading
Inititive con sede nel Regno Unito e la Global Reporting Inititive, riconoscono la doppia natura
dei sindacati e, nelle loro strutture, distinguono fra sindacati e ONG.
Spesso i dipartimenti di RSI delle imprese non distinguono fra ONG e sindacati e, molti non
considerano del tutto i sindacati. Questo può succeder anche nelle imprese dove i lavoratori sono
affiliati ad organizzazioni sindacali. Una ragione è che, dentro le imprese, le attività di RSI
tendono ad essere localizzate in una funzione diversa dalle risorse umane/dipartimenti del
personale. Nei casi in cui i dipartimenti di RSI non riescono a capire la doppia natura dei sindacati
come organizzazioni industriali, che sono anche organizzazioni della società civile, non riescono
neanche a riconoscere come un’impresa possa sviluppare autentiche radici nella comunità,
attraverso i sindacati dei sui dipendenti.
3. Le sfide e le opportunità degli standard e della definizione degli standard
I sindacalisti chiedono norme del lavoro e la loro applicazione. Il fenomeno della RSI e,
specialmente dei codici di condotta per i fornitori, ha costituito un’opportunità per promuovere un
maggiore riconoscimento e rivalutazione degli standard dell’OIL come mai prima d’ora. In effetti,
è stato il movimento sindacale internazionale, ad introdurre trodotto l’utilizzo delle norme
internazionali del lavoro dell’OIL nel dibattito sui codici di condotta che riguardavano le questioni
del lavoro.
I sindacalisti si trovano di fronte una quantità di serie sfide relative agli standard. L’impresa sta
usando i codici di condotta e altre forme di elaborazione di standard privati nell’area sociale per
ridefinire o reinterpretare tali standard, così da rendere la loro responsabilità inferiore a quella che
veramente è. Per esempio, molte imprese promettono di rispettare la libertà di associazione
solamente dove è riconosciuta legalmente e, a questo proposito, non accettano alcuna
responsabilità di intervento in ambienti in cui questo diritto umano fondamentale non è
riconosciuto. Nonostante il diritto di contrattazione collettiva sia oggi riconosciuto come uno dei
diritti fondamentali dal lavoro, è raramente inserito dalle imprese, anche quando il rispetto della
libertà di associazione dei lavoratori è stata accettata.
Molte imprese sosterranno che le Convenzioni dell’OIL non si applicano alle imprese ma,
ignorano che la Dichiarazione Tripartita dell’OIL sui Principi riguardanti le Imprese
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Multinazionali e la Politica Sociale, costituisce il riconoscimento, da parte degli imprenditori così
come dei governi e dei lavoratori, che i principi di base di molte Convenzioni OIL possono e
dovrebbero essere applicate al comportamento delle imprese. Il fatto che le Convenzioni OIL
stabiliscano le definizioni e siano accompagnate dalla giurisprudenza per chiarire il loro
significato in circostanze specifiche, non ha scoraggiato le imprese e i loro consulenti di RSI dal
ridefinire più convenientemente termini come “lavoro minorile” o dal promuovere meccanismi
controllati dall’imprenditore per sostituire la libertà di associazione.
Un modo in cui le imprese utilizzano gli standard privati per ridurre le aspettative sul loro
comportamento è attraverso la non distinzione dei diversi obiettivi dei codici. I codici ritenuti
appropriati per un’impresa che li applica alle attività lavorative dei propri fornitori o
subappaltatori, non saranno appropriati per un’impresa che li applica alle attività che questa
possiede o controlla direttamente. Giustamente i migliori codici per i fornitori mettono in rilievo il
rispetto degli standard minimi dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale, come quelli
identificati dall’OIL in qualità di diritti fondamentali del lavoro. Ma le aspettative esistenti
riguardanti il comportamento responsabile dell’impresa vanno ben al di là del rispetto dei diritti
umani fondamentali. Vi è, per esempio, una grande differenza fra il rispetto della libertà di
associazione da una parte e l’avere buone relazioni industriali dall’altra. L’impresa non dovrebbe
evitare la più ampia serie di aspettative della società, specialmente quando messe in evidenza in
modo legittimo e con strumenti sempre applicabili come le Linee Guida dell’OCSE per le Imprese
Multinazionali.
L’impresa è solita partecipare ai processi di definizione di standard tecnici quando l’obiettivo è
creare o promuovere mercati. Un esempio di ciò può essere lo sviluppo di standard in modo tale
che i prodotti possano essere interscambiabili. Negli ultimi anni vi è stato un aumento nelle attività
di definizione di standard privati nell’area sociale, che sono modellati sulla base dei processi
utilizzati nella definizione di standard tecnici per la promozione di mercato. Questo tipo di
definizione di standard sociali è privo sia di strutture realmente rappresentative, sia delle
competenze necessarie per conferirgli legittimità. I sindacalisti devono lavorare per assicurare che
la definizione di standard privati e l’auto-regolamentazione, non provochino conseguenze negative
sulle funzioni legittime di definizione di standard dell’OIL o dei governi.
La definizione privata di standard può avere diverse forme. I programmi e le organizzazioni che
cercano di riunire e diffondere le “pratiche migliori” in questa area, possono anche essere
considerate impegnate nella definizione di una forma di standard sociali.
4. Opportunità e sfide del monitoraggio e della verifica
I sindacalisti chiedono la trasparenza dell’impresa. Nella contrattazione collettiva una visione
“giusta e vera” dell’attività dell’imprenditore è considerata indispensabile. I sindacati sono stati fra
i primi a chiedere che le imprese rendessero conto del loro impatto sociale e a sostenere l’idea che
le imprese dovessero presentare un resoconto sulle loro responsabilità sociali. La “bilancio
sociale” è diventato una delle più importanti attività di RSI e un’opportunità per i sindacalisti.
Essere d’accordo con ciò che un’impresa dovrebbe relazionare al pubblico sull’impatto sociale
delle sue attività o sui contributi alla società, può essere una delle forme più importanti di
definizione di standard. Per questa ragione la Global Union ha deciso di partecipare alla Global
Reporting Initiative, un’iniziativa internazionale di multi-stakeholder progettata per sviluppare
linee guida per i rapporti delle imprese. Qualche volta facendo riferimento al “bilancio di
sostenibilità” e al “rapporto sulla triple bottom line”, questa relazione non finanziaria viene
fortemente influenzata sia dai criteri di bilancio finanziario sia dall’esperienza delle relazioni sugli
impatti ambientali. L’enfasi è sull’informazione quantificabile, la quale è anche considerata
oggettiva (imparziale o neutrale), comparabile e certificabile.
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Fra le altre cose, il bilancio sugli standard comprende l’identificazione degli aspetti della RSI e la
decisione sugli “indicatori di comportamento” che si riferiscono a questi aspetti. Una fra le tante
sfide è la scelta degli indicatori che realmente mostrino le questioni che deve essere misurato. Per
esempio, considerare il numero di scioperi o dei giorni perduti a causa di questi. Per aspetti come
la qualità delle relazioni industriali o il rispetto della libertà di associazione, queste cifre sarebbero
indicatori scadenti. Le stesse cifre potrebbero essere presentate in situazioni in cui vi erano buone
relazioni industriali, cattive relazioni industriali o nessuna relazione industriale, così come in
situazioni in cui la libertà di associazione era rispettata o in cui era repressa. Un’altra sfida è quella
di definire il limite appropriato dell’impresa che presenta una relazione. Le politiche delle risorse
umane applicate ai lavoratori delle sedi principali diranno poco dell’impatto sul lavoro delle
imprese che esternalizzano la maggior parte del loro lavoro.
Uno dei fattori che influenza maggiormente la definizione del contenuto dei rapporti è la nascente
categoria delle consulenze, che offre assistenza alle imprese nella preparazione di rapporti, così
come altre imprese, spesso legate a quelle di certificazione, che offrono servizi concepiti per
migliorare la “credibilità” di questi rapporti, fornendo “verifiche” o vere e proprie “garanzie”.
L’elemento più importante per la “garanzia” non sarà l’organizzazione di campagne pubblicitarie
che cercano di far sì che le imprese dimostrino il loro impegno nella RSI, ma le imprese stesse che
vogliono ridurre la loro responsabilità relativamente al loro impegno pubblico e nei confronti degli
investitori che chiedono rapporti affidabili sulle prestazioni non-finanziarie che hanno un impatto
sulle performances finanziarie dell’impresa.
L’influenza di questa categoria della verifica e delle assicurazioni sui rapporti relativi agli
standard, sta diventando una sfida significativa per i sindacalisti. Molte delle pratiche e dei
principi che sottolineavano i rapporti finanziari e ambientali potrebbero non essere appropriati per
la dimensione sociale in cui una grande quantità di attività immateriali deve essere tenuto in
considerazione. Albert Einstain diceva: “Non tutto ciò che può essere contato conta, e non tutto
ciò che conta può essere contato”.
I sindacalisti devono essere prudenti sulla verifica. Valutare il comportamento dei “controllori
sociali” assunti dall’impresa per “monitorare in modo indipendente” i luoghi di lavoro nella loro
catena di fornitura. Queste imprese presentano con regolarità rapporti di conformità per quanto
riguarda il rispetto della libertà di associazione, incluso quei luoghi in cui non vi sono sindacati o
in cui il governo non permette l’esercizio di questo diritto umano. Questi “controllori sociali”
raramente comprendono il legame tra la soppressione dei diritti sindacali e lo sfruttamento che, in
definitiva, le loro attività si propongono di prevenire. Per diverse ragioni, questi “controllori
sociali” sono propensi a mostrare che i lavoratori possono avere una “voce” senza l’autentica
rappresentanza che viene dai sindacati, o mostrare che è possibile produrre in paesi con regimi
repressivi senza sfruttare il lavoro.
Molti dei modi in cui i lavoratori possono essere minacciati, scoraggiati o ostacolati dall’iscriversi
o formare un sindacato sono difficili da rilevare. Per questo il solo test autentico che mostri il
rispetto della libertà di associazione dei lavoratori è quello effettuato nei luoghi in cui vi è un
sindacato indipendente o libero e che abbia la possibilità di funzionare. Allo stesso modo l’unico
buon test in grado di verificare il rispetto del diritto alla contrattazione collettiva è il rispetto di un
accordo collettivo. L’industria della RSI ha affrontato male la questione dei diritti sindacali per
diverse ragioni, inclusa la confusione degli interessi dell’amministrazione con quelli dell’impresa
e, attraverso il mancato riconoscimento del fatto che i governi, e non la direzione dell’azienda da
sola, devono funzionare correttamente se i diritti umani devono essere rispettati.
I sindacati sono stati fra i primi a domandare che le imprese, che applicano i codici di condotta sul
lavoro ai loro fornitori, facciano sì che i loro fornitori siano monitorati in modo “indipendente”.
Successivamente è apparso chiaro che ciò che si stava chiedendo era irrealistico – la parola
“monitorare” implica una continua presenza o attività di questo tipo ripetute frequentemente, che
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le imprese e i “controllori sociali” che loro assumono non possono eseguire. L’unico reale sistema
di “monitoraggio indipendente” dei luoghi di lavoro può avvenire tramite i lavoratori stessi,
attraverso i loro sindacati. I lavoratori sono in grado di alzare la voce sulle condizioni del luogo di
lavoro attraverso i loro sindacati o direttamente, grazie alla tutela ottenuta dai loro sindacati.
Questo non per dire che non vi è un ruolo per le ispezioni private dei luoghi di lavoro o verifiche
della conformità dei codici dei fornitori. La sfida per i sindacalisti è di assicurare che gli standard
per i "controllori sociali" e le ispezioni private dei luoghi di lavoro siano sviluppati in modo
compatibile con le migliori pratiche dell’ispettorato del lavoro, e promuovere una cultura di
conformità alla legge e che sia conforme al ruolo delle relazioni industriali. Molti ritengono che
questo sia un compito da affidare all’’OIL.
5. Le sfide e le opportunità dell’investimento socialmente responsabile
L’interesse nell’investimento socialmente responsabile (ISR) è parte del fenomeno della RSI. Ha
portato alla crescita e alla popolarità dei fondi di investimento che chiedono di investire in imprese
socialmente responsabili e, ha portato alla crescita del numero di imprese che forniscono
informazioni agli investitori sulle prestazioni sociali o ambientali delle imprese. Questo ha fatto
aumentare le opportunità per i sindacalisti di poter esercitare un’influenza sul comportamento
dell’impresa, attraverso mezzi come l’introduzione di risoluzioni degli azionisti agli incontri
annuali dell’impresa. Quest’utilizzo del capitale dei lavoratori ha aiutato a determinare l’ambiente
della RSI. Queste tattiche sono state principalmente applicate in paesi in cui vi è una “cultura della
equità” e in cui i lavoratori o altre istituzioni, come i gruppi religiosi, con un interesse nella
responsabilità sociale delle imprese, hanno un’influenza sulle decisioni relative agli investimenti o
il voto per delega dei fondi pensione.
L’interesse negli ISR può anche essere utile per i sindacalisti nei dibattiti sulla governance
dell’impresa. In alcuni paesi, attraverso l’incoraggiamento del comportamento responsabile
dell’impresa, l’ISR offre delle opportunità ai sindacalisti per promuovere una prospettiva di lungo
termine sul valore del rendimento delle azioni nei mercati dei capitali, che fanno gli interessi del
lavoratore che beneficia dei fondi.
Vi sono diversi modi in cui l’IRS può essere utilizzato per influenzare il comportamento
dell’impresa. Uno è scegliendo gli investimenti attraverso lo screening. Nell’applicare la strategia
di screening, gli investitori o non investono nelle imprese (o disvestono dall’impresa) nei casi in
cui queste falliscono nell’adeguarsi ai criteri concordati riguardanti diversi aspetti della RSI, o
investono in imprese “etiche” o “responsabili” che rispettano determinati criteri. Lo screening è un
filtro per criteri positivi o negativi. Mentre vi è una logica per il sistema di screening della RSI,
costruito perfettamente e applicato universalmente, la situazione attuale pone degli ostacoli alla
creazione di tale sistema che non possono essere superati. Questi includono ottenere i giusti criteri
(la scelta degli standard), così come ottenere l’informazione esatta relativa alla conformità
dell’impresa. Un rischio dello screening è eliminare dall’azionariato le stesse istituzioni che
probabilmente vorrebbero coinvolgere i consigli d’amministrazione dell’impresa e il management
oltre la riforma. Lo screening è un approccio differente, ma non necessariamente contrastante, per
attivare l’azionariato.
L’ISR sfida i sindacalisti. La giustificazione per insistere affinché le imprese siano socialmente
responsabili richiede un “business case”, generalmente basato sulla gestione del rischio e sulla
responsabilità e associati alla protezione delle attività immateriali, come il valore del marchio o la
reputazione dell’impresa. Il pericolo è che gli investitori o le imprese, fornendo informazioni
relative alla RSI, reinterpretino o ridefiniscano le responsabilità sociali dell’impresa per
conformarsi a questo bisogno. Il problema è che la “sostenibilità” di un’impresa non corrisponde
sempre alla “sostenibilità” della società, intesa nel concetto di sviluppo sostenibile. In altre parole,
non vi è sempre un business case per il comportamento socialmente responsabile. Questa è una
delle ragioni che verifica il potere delle imprese attraverso le norme e relazioni industriali.
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L’ISR è relativo al ruolo degli azionisti nel rendere le imprese socialmente responsabili,
attraverso le loro decisioni sugli investimenti, attraverso l’esercizio del loro diritto di voto
acquisito, attraverso l’azionariato o attraverso la partecipazione al dialogo dei proprietari
dell’impresa e dei dirigenti dell’impresa stessa. Vi sono, comunque, diversi limiti a questo
approccio. Anche in situazioni in cui i lavoratori sono azionisti importanti, gli sforzi per
consolidare i diritti degli azionisti nella struttura della governance dell’impresa, non
necessariamente promuoveranno gli interessi dei lavoratori. I lavoratori e gli imprenditori hanno
sia interessi comuni che divergenti. Nonostante il capitale dei lavoratori possa avere un’influenza
positiva e il suo potere possa essere sviluppato, non potrà mai essere un sostituto dei sindacati.
6. Sfide e Opportunità del rating sociale, premi e marchi sociali
La RSI ha prodotto una varietà di strumenti per giudicare le imprese. Per i sindacalisti i più utili
sono stati quelli che potevano essere usati per mettere in difficoltà le imprese, per far cambiare il
loro comportamento o inibirlo. A volte i giudizi possono essere comparativi, come nel rating
sociale che le imprese forniscono agli investitori. Alcune di queste si rivolgono ai sindacati
affinché questi gli forniscano informazioni sulle imprese. In alcuni casi, fornire questo tipo di
informazioni potrebbe presentare problemi pratici ed etici. Le questioni etiche possono, per
esempio, presentarsi nel momento in cui un’agenzia di rating offrisse di retribuire un sindacato per
informazioni che l’agenzia renderebbe in tal modo credibili.
Comparare le imprese potrebbe porre dei problemi per i sindacati che scelgano di farlo.
Ugualmente le imprese di rating potrebbero interferire con l’obiettivo centrale dei sindacati, ossia
il confronto con i dirigenti e la difesa degli interessi degli iscritti del sindacato. Le valutazioni
possono essere condizionate dal luogo in cui l’impresa realizza i propri affari o dal suo paese di
origine. L’esperienza dei sindacati con le imprese multinazionali risulta nel fatto che l’ambiente
del paese ospite è un indicatore attendibile sull’atteggiamento e il comportamento dell’impresa,
più dell’ambiente del paese di provenienza della multinazionale. I sindacati nazionali possono non
essere le organizzazioni più appropriate per giudicare il comportamento generale di una
multinazionale.
Non è sorprendente che le imprese preferiscano giudizi positivi rispetto alla pubblicità negativa e
il fenomeno della RSI presenta incentivi postivi come i premi e le etichette. Questi premi ed
etichette possono riguardare le questioni del lavoro, spaziando dai premi per le pratiche delle
risorse umane nei paesi di origine ad etichette collegate ai codici delle catene dei fornitori
all’estero.
I premi che pretendono di promuovere le “pratiche migliori” possono essere visti come una forma
di definizione di standard. Il messaggio implicito dei premi sembra essere che le imprese non
necessitino la regolamentazione o la contrattazione collettiva per essere “buone imprenditrici”.
Questo tipo di premi generalmente si basano su rapporti dei dirigenti e indagini dei dipendenti
condotte dalla direzione. I sindacati sono spesso evitati e gli “esperti” assunti per giudicare i
rapporti possono non avere familiarità con le relazioni industriali. La fonte di buone condizioni di
lavoro è sempre presentata come atto di generosità degli imprenditori, anche quando è il risultato
di una contrattazione collettiva. Non sorprende che le imprese con un indice molto basso di
relazioni industriali o con politiche anti-sindacali possano probabilmente, o quasi certamente,
vincere tali premi. I premi per la gestione delle risorse umane o per le condizioni di lavoro
possono benissimo essere l’aspetto più paternalistico della RSI. Vi è una piccola differenza fra
dare un premio e autorizzare un’impresa ad utilizzare un’etichetta. Le etichette per i prodotti che
realmente certificano le pratiche di lavoro utilizzate nella manifattura del prodotto, pongono
problemi particolari. A differenza delle etichette sul contenuto del prodotto o sulla sicurezza, il
diritto non può essere verificato testando il prodotto stesso. Un’etichetta che riguarda il
comportamento lavorativo può essere credibile solo nei casi in cui sindacati garantiti ed
indipendenti hanno la possibilità di svolgere le proprie funzioni, ed anche solo nei casi in cui sono
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sostenuti da regolamentazioni del lavoro applicabili e applicate in una società aperta e
democratica.
Le etichette sociali per i prodotti sono poco credibili. Vi è ragione di una preoccupazione morale
quando le associazioni industriali o i governi autorizzano l’uso di etichette volte a creare profitti
commerciali, senza creare anche una responsabilità per gli abusi nell’utilizzo di tale etichetta.
Nonostante le etichette sociali abbiano il potenziale per fornire l’occasione per esercitare
un’influenza sull’impresa dove vengono scoperti dei problemi, l’etichetta in sè, tuttavia, non può
promuovere un dialogo con l’impresa.
7. Sfide e opportunità nel coinvolgimento degli imprenditori
Il concetto di RSI può essere contraddittorio. Sottolinea l’importanza dell’identificazione e del
coinvolgimento degli stakeholder ma, allo stesso tempo, sottolinea l’azione unilaterale
dell’impresa. L’esperienza è che la RSI riguarda più i sistemi dell’impresa e le liste di controllo
che un dialogo autentico. Troppo spesso, le imprese coinvolgono le ONG su questioni relative ai
luoghi di lavoro ed evitano i sindacati. Sebbene l’“empowerment” dei lavoratori sia un tema
ricorrente della RSI, questo termine non si riferisce quasi mai al potere autentico che i lavoratori
acquisiscono attraverso i loro sindacati.
Dove la cooperazione fra sindacati e ONG ha funzionato meglio in quest’area, questa si è basata
su una piena comprensione dei nostri ruoli rispettivi e complementari. Tale questione non riguarda
la competizione fra ONG e sindacati. Riguarda il significato della rappresentanza e delle
responsabilità delle imprese rispetto ai sindacati e alle relazioni industriali. Sebbene sia i sindacati
sia le ONG possano essere organizzazioni di difesa e di promozione dei diritti, solo i sindacati
sono organizzazioni rappresentative dei lavoratori. Questo è vero anche in settori o paesi in cui
l’iscrizione al sindacato è bassa (dove, per esempio, gli imprenditori si oppongono al
riconoscimento dei sindacati o dei governi pongono bassi standard o falliscono nel rafforzare
questi standard). In molti paesi, i sindacati nazionali di categoria dovrebbero essere considerati
come le organizzazioni rappresentative per i lavoratori in un settore, anche se non tutti i lavoratori
sono iscritti o non tutte le imprese in quel settore aderiscono ai contratti collettivi. A livello
internazionale, in modo simile, le varie Global Union Federations (GUF) sono organizzazioni
rappresentative di lavoratori nelle loro rispettive categorie o settori economici. Le GUF sono le
organizzazioni sindacali internazionali che rappresentano i lavoratori per settore.
Le relazioni industriali e il dialogo sociale richiede strutture rappresentative. Vi è, certamente, una
grande differenza fra l’approccio della RSI nei confronti dei lavoratori e l’approccio delle
relazioni industriali. Le relazioni industriali si basano sul presupposto che, nelle relazioni fra
sindacato e direzione, nessuno può essere sempre vincente. In questo tipo di relazioni ci sarà
sempre conflitto e interessi in competizione. Gli accordi collettivi anticipano i problemi e sono
relativi agli strumenti metodici che possono risolverli. La RSI sembra occuparsi maggiormente dei
problemi che trova o dichiarare l’assenza di problemi attraverso l’applicazione dei suoi sistemi di
gestione. La sfida per i sindacalisti è di identificare i modi per coinvolgere gli imprenditori
nell’ambiente della RSI, così da portare ad un autentico dialogo sociale e promuovere buone
relazioni industriali. Questo richiede strutture rappresentative che siano anche democratiche e
legittimate.
Negli ultimi anni sono entrati in vigore diversi “accordi quadro” fra le imprese multinazionali e le
GUF. Alcuni considerano gli accordi di struttura come codici di condotta negoziati con sistemi di
denuncia e, quindi, superiori ai codici di condotta adottati dalle imprese in modo unilaterale.
Questo, comunque, non è un modo utile per guardare a questo tipo di accordi, che sono
qualitativamente diversi dai codici di condotta. L’importanza di questi accordi non deriva da
procedure di reclamo e neanche dal suo contenuto. Questi accordi sono importanti perché
costituiscono un riconoscimento formale della partnership sociale a livello globale. Sebbene gli
accordi quadro siano più simili agli accordi collettivi che i codici di condotta, questi accordi
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intendono completare e non sostituire gli accordi a livello nazionale o locale. Poiché le GUF sono
organizzazioni rappresentative dei lavoratori in una categoria a livello globale, gli accordi quadro
non pongono il serio problema che può sollevarsi quando i sindacati nazionali “negoziano” i
codici di condotta o simili strumenti di RSI con le imprese che si ritiene debbano essere applicati
globalmente. Gli accordi nazionali o locali non dovrebbero essere negoziati a livello mondiale e
gli accordi globali non dovrebbero essere negoziati a livello locale o nazionale. La sfida per i
sindacalisti è far sì che ciò che riguarda il tavolo di contrattazione determini chi è intorno a quel
tavolo.
Conclusioni
La RSI non è né un obiettivo ne un’opzione ma un ambiente che offre sfide e opportunità che può
anche essere modificato. La risposta del sindacato alla RSI richiederà un approccio sfumato. I
sindacalisti hanno molta esperienza negli approcci di questo tipo. Riconoscono sia gli interessi
comuni che quelli conflittuali con i loro imprenditori. Non ci dovrebbe essere nessuna sorpresa
che, mentre i sindacalisti riconoscono un interesse nella sostenibilità dei loro imprenditori,
riconoscono anche che questo tipo di sostenibilità non ha lo stesso significato dello sviluppo
sostenibile in termini di società e dell’ambiente. I sindacalisti incoraggiano le imprese a prendere
“l’autostrada” in relazione al loro comportamento competitivo. Comunque, capiscono anche che il
business case per la responsabilità sociale è, sempre più spesso, insufficiente a garantire un
comportamento socialmente responsabile e che un potere opposto, sotto la forma di norme e
sindacati, è necessario.
Un approccio flessibile è incompatibile con un approccio che incoraggi le attività in modo acritico
facendo “fiorire 1000 fiori”. I sindacalisti dovrebbero opporsi all’argomento che anche quando
delle iniziative ed attività siano il meno peggio, queste siano meglio di niente. Adesso è chiaro che
molte attività della RSI hanno un effetto sostitutivo del ruolo del governo e del dialogo autentico.
I sindacalisti devono far molto per arricchire il dibattito relativo alla RSI. Possono ricordare la loro
esperienza con il paternalismo. Possono ricordare ai governi e alle imprese che vi sono la
contrattazione collettiva e il dialogo sociale che sono meccanismi privati che sono stati mezzi
importanti ed efficaci per la società al fine di massimizzare il positivo e minimizzare le
conseguenze sociali negative delle attività delle imprese. Poiché la RSI è basata sulle attività
volontarie, è di importanza critica che un termine diverso come “la responsabilità sociale delle
imprese” possa essere usato per riferirsi alle aspettative legittime della società, relativamente al
comportamento delle imprese, sia nel caso o meno che queste aspettative siano vincolanti. La RSI
non deve essere uno strumento per le imprese per ridefinire e reinterpretare le proprie
responsabilità. La RSI non deve diventare un sostituto per le funzioni proprie dei governi.
L’impresa non possiede la legittimità politica per definire le sue responsabilità o sostituire il
governo. Molti dei problemi posti dalla globalizzazione sono problemi di governance che le
imprese non sono in posizione di risolvere. Poiché le attività private delle imprese non
rappresentano l’intero problema non possono essere l’intera soluzione.
La RSI ha una dimensione internazionale che richiede una risposta internazionale. Questa risposta
può includere il coinvolgimento delle imprese a livello internazionale e attraverso diverse
iniziative internazionali nel caso in cui questo si riveli appropriato. L’Organizzazione
Internazionale del Lavoro può contribuire molto al dibattito sulla responsabilità sociale delle
imprese e sul fenomeno della RSI. Il più importante contributo che l’OIL potrebbe dare riguarda
gli standard e la loro definizione, così come il dialogo sociale e la consultazione tripartita. Le sfide
per l’OIL saranno quelle di resistere dall’adottare un approccio di gestione imprenditoriale verso
la RSI e di proteggere il suo ruolo centrale e di guida in qualità di organizzazione che definisce gli
standard per il mondo del lavoro.
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