Circuiti elettronici per la elaborazione analogica delle informazioni

Circuiti elettronici per la elaborazione analogica delle
informazioni
La maggior parte dei segnali applicati agli ingressi di un sistema elettronico provengono da
dispositivi chiamati sensori i quali, sulla base della loro caratteristica ingresso-uscita, convertono
grandezze non elettriche (ad esempio una temperatura) in corrispondenti grandezze elettriche in
forma analogica (ad esempio una tensione). Inoltre, la maggior parte dei segnali presenti alle uscite
di un sistema elettronico sono utilizzati per pilotare dispositivi chiamati attuatori (ad esempio un
altoparlante) i quali convertono grandezze elettriche in forma analogica (ad esempio una tensione)
in grandezze non elettriche (ad esempio onde acustiche).
Per tale ragione, sebbene la elaborazione delle informazioni avvenga tipicamente sotto forma
digitale, tutti i sistemi elettronici richiedono la presenza di circuiti per elaborare segnali analogici,
se non altro per convertire tali segnali analogici in segnali digitali (conversione analogica/digitale
o A/D) e viceversa (conversione D/A).
Le principali operazioni che possono essere effettuate su segnali analogici sono l’amplificazione
(il che equivale a moltiplicare il segnale per una costante), la somma pesata di segnali diversi, le
operazioni di derivazione ed integrazione nel tempo e il filtraggio nel dominio della frequenza, come
sintetizzato nella Tab.1.
La più importante tra le operazioni analogiche è l’amplificazione, dato che essa rappresenta
la funzione base per l’esecuzione della maggior parte delle altre funzioni analogiche e, come sarà
illustrato in seguito, perché indispensabile per condizionare i segnali prima dell’operazione di conversione A/D. Sulla base di queste considerazioni, nel seguito saranno illustrati i circuiti elettronici
che consentono di eseguire l’operazione di amplificazione (ossia gli amplificatori ) insieme con le loro
limitazioni pratiche.
Funzione
y(t) = Ax(t)
y(t) = Ax(t) + C
y(t) = A1 x1 (t) + A2 x2 (t) + . . .
y(t) = kx1 (t)x2 (t)
y(t) = kx1 (t)/x2 (t)
y(t) = k1 log [k2 x(t)],
y(t) = k1 exp [k2 x(t)],. . .
y(t) = k dx(t)
∫dt
t
y(t) = k 0 x(t′ )dt′
Y (f ) = H(f )X(f )
Descrizione
Amplificazione
Amplificazione con offset C
Somma pesata
Prodotto tra segnali
Rapporto tra segnali
Altre funzioni non lineari
Derivata
Integrale definito
Filtraggio nel dominio della frequenza
(Passa-basso,
passa-alto,
passa-banda,. . . )
Tabella 1: Alcune tra le più importanti funzioni analogiche: x(t) segnale(i) in ingresso, y(t) segnale
in uscita, A, k valori reali (dimensionati).
1
1
Amplificatori
Gli amplificatori saranno descritti in ciò che segue dapprima considerando un comportamento ideale
delle loro caratteristiche in modo da focalizzare l’attenzione solo sui meccanismi di funzionamento.
Dopodiché, saranno discusse le principali limitazioni dei circuiti amplificatori reali.
1.1
Classificazione
Un amplificatore ideale è un circuito elettronico il quale genera un segnale di uscita y(t) dato dal
prodotto del segnale in ingresso x(t) ed una costante A, cioè
y(t) = Ax(t).
(1)
Dato che sia x(t) che y(t) in (1) sono grandezze elettriche (tensioni o correnti), un amplificatore
può essere considerato un dispositivo a due porte: alla porta di ingresso viene applicato un segnale
di tensione oppure di corrente (possibilmente senza perturbare il circuito che ha generato tale
segnale), mentre alla porta di uscita, l’amplificatore forza una tensione o una corrente proporzionali
al segnale in ingresso secondo l’Eqn.(1). A seconda della natura (tensione o corrente) di tali segnali
gli amplificatori si classificano in quattro categorie come mostrato in Fig.1.
Amplificatore di tensione sia il segnale di ingresso che quello in uscita sono tensioni. Esso è
caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita
vOUT = Av vIN
dove la costante adimensionata Av è detta amplificazione di tensione.
Amplificatore di transconduttanza il segnale di ingresso è una tensione mentre il segnale di
uscita è una corrente. Esso è caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita
iOUT = gm vIN
dove la costante gm ha le dimensioni di una conduttanza (cioè il reciproco di una resistenza)
ed è nota come transconduttanza.
Amplificatore di transresistenza il segnale di ingresso è una corrente mentre il segnale di uscita
è una tensione. Esso è caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita
vOUT = Rm iIN
dove la costante Rm ha le dimensioni di una resistenza ed è nota come transresistenza.
Amplificatore di corrente sia il segnale di ingresso che quello in uscita sono correnti. Esso è
caratterizzato dalla relazione ingresso-uscita
iOUT = Ai iIN
dove la costante adimensionata Ai è detta amplificazione di corrente.
Nel caso in cui la grandezza alla porta di uscita di un amplificatore sia un tensione (cioè un
amplificatore di tensione o di transresistenza, come indicato nella prima colonna in Fig.1), tale
porta di uscita è equivalente ad un generatore ideale di tensione, il quale forza la tensione ai propri
2
Corrente
Grandezza d’ingresso:
Tensione
Grandezza d’uscita:
Tensione
Corrente
Amplificatore di tensione
Amplificatore di transconduttanza
iOUT
vIN
+
AvvIN vOUT
vIN
gmvIN
vOUT=AvvIN
iOUT=gmvIN
Amplificatore di transresistenza
Amplificatore di corrente
iOUT
iIN
+
RmiIN vOUT
vOUT=RmiIN
iIN
AiiIN
iOUT=AiiIN
Figura 1: Amplificatori ideali: classificazione.
terminali indipendentemente dalla corrente che vi circola. La tensione forzata da tale generatore
equivalente, tuttavia, non è indipendente ma dipende dalla tensione (esso è cioè un generatore di
tensione pilotato in tensione) o dalla corrente (generatore di tensione pilotato in corrente) presente
alla porta di ingresso.
La porta di uscita di un amplificatore il quale, invece, generi una corrente (cioè un amplificatore
di transconduttanza o di corrente, come indicato nella seconda colonna in Fig.1) è equivalente ad
un generatore ideale di corrente, il quale forza una data corrente indipendentemente dalla tensione
ai propri terminali. La corrente forzata da tale generatore equivalente, tuttavia, non è indipendente
ma dipende dalla tensione (esso è cioè un generatore di corrente pilotato in tensione) o dalla corrente
(generatore di corrente pilotato in corrente) presente alla porta di ingresso.
La porta di ingresso di un amplificatore il quale amplifichi una tensione (cioè un amplificatore
di tensione o di transconduttanza, come indicato nella prima riga in Fig.1) è equivalente ad un
circuito aperto, il quale può essere collegato in parallelo alla porta di uscita del circuito che genera
la tensione da amplificare senza dare luogo ad alcuna perturbazione (vale a dire che la tensione
all’uscita del circuito che genera la tensione da amplificare è identica sia che vi sia collegata la porta
di ingresso dell’amplificatore sia che non sia collegata, come mostrato in Fig.2a).
La porta di ingresso di un amplificatore il quale amplifichi una corrente (cioè un amplificatore
di transresistenza o di corrente, come indicato nella seconda riga in Fig.1) è equivalente ad un corto
circuito, il quale può essere collegato in serie al ramo nel quale scorre la corrente da amplificare
senza dare luogo ad alcuna perturbazione (vale a dire che tale corrente è identica sia che vi sia
collegata la porta di ingresso dell’amplificatore sia che non sia collegata, come mostrato in Fig.2b).
3
Porta di ingresso
di un amplificatore di tensione
o di transconduttanza
vx,0
vx,a
CIRCUITO
APERTO
Porta di ingresso
di un amplificatore di corrente
o di transresistenza
vx,a =vx,0
ix,0
ix,a
CORTO
CIRCUITO
ix,a =ix,0
Figura 2: Collegamento di un amplificatore ideale di tensione o di transconduttanza tra due nodi
in un circuito (a) e collegamento di un amplificatore ideale di transresistenza o di corrente in serie
ad un ramo (b).
1.2
Resistenze di ingresso ed uscita ed effetto di carico
Contrariamente agli amplificatori ideali, i circuiti reali hanno resistenze di ingresso e di uscita finite.
Ciò significa che la porta di ingresso degli amplificatori reali di tensione e di transconduttanza non è
modellizzabile come un circuito aperto e che la porta di ingresso degli amplificatori di transresistenza
e di corrente non è un corto circuito. Negli amplificatori reali la porta di ingresso è modellizzabile,
invece, con una resistenza di valore finito detta resistenza di ingresso. Inoltre, la porta di uscita
degli amplificatori reali di tensione e di transresistenza non è equivalente ad un generatore ideale di
tensione, ma è rappresentata da un circuito equivalente di Thévénin1 il quale include un generatore
ideale di tensione ed una resistenza serie. In modo analogo, la porta di uscita degli amplificatori reali
di transconduttanza e di corrente non sono generatori ideali di corrente, ma sono rappresentabili
con un circuito equivalente di Norton2 il quale include un generatore ideale di corrente in parallelo
1
Anche se, come insegna la teoria dei circuiti, la porta di uscita degli amplificatori reali di tensione e di transresistenza è altresı́ rappresentabile con un equivalente Norton, tuttavia si preferisce la rappresentazione Thévénin
in quanto essa sottolinea maggiormente il fatto che tale porta di uscita è da considerarsi una sorgente di tensione
piuttosto che di corrente.
2
La porta di uscita degli amplificatori reali di transconduttanza e di corrente è anche rappresentabile con un
equivalente Thévénin, tuttavia si preferisce la rappresentazione Norton per mettere in evidenza il fatto che tale porta
di uscita è da considerarsi una sorgente di corrente piuttosto che di tensione.
4
ad una resistenza.
Tensione
Corrente
Amplificatore di tensione
Amplificatore di transconduttanza
iOUT
Rout
vIN
Rin
+
AvvIN vOUT
vIN
Rin
Rout
gmvIN
vOUT=AvvIN
iOUT=gmvIN
Amplificatore di transresistenza
Amplificatore di corrente
iIN
Corrente
Grandezza d’ingresso:
Tensione
Grandezza d’uscita:
iIN
Rout
Rin
+
RmiIN vOUT
iOUT
Rout
Rin
AiiIN
vOUT=RmiIN
iOUT=AiiIN
Figura 3: Amplificatori reali con resistenze di ingresso ed uscita finite.
Sulla base di quanto detto, i circuiti equivalenti degli amplificatori con resistenze di ingresso ed
uscita entrambe di valore finito sono riportati in Fig.3. Di seguito sarà analizzato l’impatto di tali
resistenze di ingresso ed uscita sul funzionamento di un amplificatore. A tale scopo, si consideri
per primo un amplificatore di tensione. Tale amplificatore, come mostrato in Fig.4a, dovrebbe
amplificare la tensione vS , presente tra due nodi di un circuito, generando una tensione pari a
Av vS alla propria uscita alla quale è collegato un carico RL . Supponendo che il circuito collegato
all’ingresso dell’amplificatore sia di tipo resistivo (e dunque lineare), lo si può rappresentare da
un equivalente Thévénin costituito da una resistenza finita RS come mostrato in Fig.4b e 4c.
Nell’ipotesi in cui l’amplificatore fosse ideale (Fig.4b), si ha che
vIN = vS
and vOUT = Av vIN ,
come conseguenza
vOUT = Av vS
(2)
come ci si aspetta. Nel caso in cui, invece, l’amplificatore fosse reale con resistenze di ingresso ed
uscita finite, come in Fig.4c, si ha che
vIN =
Rin
vS
Rin + Rs
and vOUT =
5
RL
Av vIN ,
RL + Rout
Figura 4: Effetto di carico in un amplificatore di tensione: a) sorgente in ingresso all’amplificatore
e carico, b) amplificatore di tensione ideale, c) amplificatore di tensione con resistenze di ingresso
ed uscita finite.
come conseguenza
vOUT =
Rin
RL
Av vS .
Rin + Rs RL + Rout
(3)
Si può osservare che la tensione di uscita non è più quella ideale, ma è affetta da un errore,
noto come errore dovuto all’effetto di carico in ingresso ed uscita, dovuto alla presenza dei partitori
di tensione all’ingresso e all’uscita dell’amplificatore. Tale errore dipende dalla presenza della
resistenza di sorgente Rs e da quella di carico RL . Tuttavia, si può notare come il partitore di
in
tensione in ingresso RinR+R
tenda ad 1 per Rin → ∞ o, comunque se Rin ≫ Rs . In modo analogo,
s
RL
il partitore di tensione in uscita RL +R
tende ad 1 per Rout → 0 o se Rout ≪ RL . In modo da
out
rendere il funzionamento dell’amplificatore indipendente dalle resistenze di sorgente e di carico la
resistenza di ingresso Rin di un amplificatore di tensione dovrebbe essere la più alta possibile e la
sua resistenza di uscita Rout dovrebbe essere la più bassa possibile.
Oltre che negli amplificatori di tensione, l’effetto di carico si può osservare anche nelle altre
configurazioni amplificatrici. Si consideri, ad esempio, un amplificatore di corrente il quale amplifica
la corrente iS che circola in un ramo di un circuito in modo da generare una corrente pari a
6
Ai iS , la quale circola nel carico RL , come mostrato in Fig.5a. Se il circuito collegato all’ingresso
dell’amplificatore è di tipo resistivo (e dunque lineare), lo si può rappresentare da un equivalente
Norton costituito da una resistenza RS di valore finito in parallelo come mostrato in Fig.5b e 5c.
Nell’ipotesi di amplificatore ideale, si ha che
iIN = iS
and iOUT = Ai iIN ,
e di conseguenza
iOUT = Ai iS
(4)
come ci si aspetta. Nel caso in cui, invece, l’amplificatore fosse reale con resistenze di ingresso ed
uscita finite, tuttavia, si ha che
iIN =
Rs
iS
Rin + Rs
and iOUT =
Rout
Ai iIN ,
RL + Rout
per cui
iOUT =
Rout
Rs
Ai iS .
Rin + Rs RL + Rout
(5)
In quest’ultima espressione, la corrente d’uscita non è più data dalla precendente espressione
ideale ma è affetta da un effetto di carico in ingresso ed uscita il quale dipende dalla resistenza
della sorgente Rs e da quella del carico RL . Tuttavia si può osservare che il partitore di corrente
s
in ingresso RinR+R
tende ad 1 se Rin → 0 o se Rin ≪ Rs e, analogamente, il partitore di corrente
s
Rout
in uscita RL +Rout tende ad 1 se Rout → ∞ oppure se Rout ≫ RL . Conseguentemente, affinché
l’amplificatore di corrente reale sia indipendente dalla sorgente e dal carico e il suo comportamento
si avvicini il più possibile a quello ideale è necessario che la sua resistenza di ingresso Rin sia la più
bassa possibile e la sua resistenza di uscita Rout sia la più alta possibile.
L’effetto di carico in un amplificatore di transresistenza è considerato in Fig.6a. Si può osservare
che la tensione di uscita di un amplificatore di transresistenza il quale abbia resistenze di ingresso
ed uscita finite, invece di essere
vOUT = Rm iS ,
è data da
vOUT =
RL
Rs
Rm iS .
Rin + Rs RL + Rout
(6)
Procedendo come visto in precedenza per gli amplificatori di corrente e tensione, è possibile affermare che affinché l’amplificatore operi in modo indipendente dalla sorgente e dal carico e si comporti
come un amplificatore ideale entrambe le resistenze di ingresso ed uscita di un amplificatore di
transresistenza dovrebbero essere le più basse possibili.
Infine, l’effetto di carico in un amplificatore di transconduttanza è considerato in Fig.6b. In
questo caso, la corrente di uscita di un amplificatore di transresistenza il quale abbia resistenze di
ingresso ed uscita finite, invece di essere
iOUT = gm vS ,
vale
iOUT =
Rout
Rin
gm vS .
Rin + Rs RL + Rout
(7)
Ora affinché l’amplificatore operi in modo indipendente dalla sorgente e dal carico e si comporti
come un amplificatore ideale entrambe le resistenze di ingresso ed uscita dovrebbero essere le più
alte possibili.
7
Figura 5: Effetto di carico in un amplificatore di corrente: a) sorgente in ingresso all’amplificatore
e carico, b) amplificatore di corrente ideale, b) amplificatore di corrente con resistenza di ingresso
ed uscita finite.
1.3
Non idealità degli amplificatori
Oltre alle resistenze di ingresso ed uscita finite, gli amplificatori hanno le seguenti ulteriori limitazioni:
dinamica di ingresso Mentre il funzionamento di un amplificatore ideale dovrebbe essere indipendente dal valore assunto dal segnale applicato al suo ingresso, gli amplificatori reali
funzionano correttamente solo per segnali di ingresso (tensioni o correnti) i cui valori sono
compresi in un intervallo specifico noto come dinamica di ingresso. Ogniqualvolta tale segnale
di ingresso oltrepassa i limiti della dinamica di ingresso, la grandezza all’uscita dell’amplificatore satura al massimo (o al minimo) valore consentito, cioè la dinamica di ingresso di un
amplificatore è (XMIN , XMAX ) tale che

 y = AXMIN per x < XMIN
y = Ax
for XMIN < x < XMAX
(8)

y = AXMAX per x > XMAX .
8
Figura 6: Effetto di carico in un amplificatore di transresistenza reale (a) e in un amplificatore di
transconduttanza reale (b).
Inoltre, l’amplificatore potrebbe subire danni nel caso in cui il segnale applicato all’ingresso abbia un’ampiezza molto maggiore o molto minore dei limiti imposti dalla dinamica di
ingresso.
Dinamica di uscita gli amplificatori reali funzionano correttamente solo se il segnale generato in
uscita (tensione o corrente) assume un valore compreso all’interno di uno specifico intervallo
noto come dinamica di uscita dell’amplificatore. Si osserva, inoltre, che anche nel caso in cui il
segnale applicato all’ingresso dell’amplificatore sia compreso all’interno della sua dinamica di
ingresso, il segnale generato alla porta di uscita di un amplificatore reale potrebbe non essere in
grado di pilotare correttamente il carico collegato dando origine ad una ulteriore limitazione
della dinamica di uscita. Tale limitazione non dipende soltanto dal segnale desiderato in
uscita, ma principalmente dal valore del carico. Ad esempio, un amplificatore di tensione
potrebbe avere una dinamica di uscita compresa tra -5V e +5V se la corrente richiesta dal
carico collegato in uscita è inferiore a 10mA, mentre potrebbe generare una tensione di uscita
compresa tra -2.5V e +2.5V se tale corrente fosse superiore a 10mA.
Offset Secondo l’Eqn.(1), se ad un amplificatore ideale si applica un segnale di ingresso nullo ci
si aspetta una uscita nulla. In pratica, l’uscita di un amplificatore reale con ingresso nullo è
spesso una costante (tensione o corrente) C. In generale, l’uscita di un amplificatore non è
data dalla (1) ma si può esprimere come
y(t) = Ax(t) + C.
(9)
La costante C è nota come offset (di tensione o corrente) dell’amplificatore. Essa è spesso
legata alle caratteristiche di fabbricazione dell’amplificatore ed il suo valore varia come una
variabile casuale da un amplificatore all’altro.
9
Tensione
Corrente
Amplificatore di tensione
Amplificatore di transammettenza
Iout
Zout
Vin
Zin
+
AvVin Vout
Vin
Zout
Zin
YmVin
Vout=AvVin
Iout=YmVin
Amplificatore di transimpedenza
Amplificatore di corrente
Iin
Corrente
Grandezza d’ingresso:
Tensione
Grandezza d’uscita:
Iin
Zout
+
ZmIin
vOUT
Iout
Rin
Zout
AiiIN
Vout=ZmIin
Iout=AiIin
Figura 7: Amplificatori reali nel dominio della frequenza con impedenze di ingresso ed uscita finite.
Tale offset non voluto non si deve confondere con il termine costante che spesso si aggiunge
intenzionalmente all’uscita di un amplificatore allo scopo di traslare la forma d’onda (si veda
la Tab.1, seconda riga) e che è chiamato offset anch’esso.
Larghezza di banda Il funzionamento di un amplificatore ideale non dipende dalla frequenza dei
segnali applicati in ingresso, per cui un amplificatore ideale mostra lo stesso comportamento
sia che tali segnali siano caratterizzati da variazioni lente oppure molto veloci. In pratica, a
causa dei tempi di risposta finiti dei loro circuiti interni, gli amplificatori reali non possono
tuttavia elaborare segnali i quali variano troppo velocemente mentre essi riescono ad elaborare
correttamente i segnali il cui spettro non include significative componenti al di sopra di una
frequenza B detta larghezza di banda (o semplicemente banda) dell’amplificatore.
Per descrivere il comportamento in frequenza di un amplificatore lineare, l’amplificazione di
tensione e corrente, i parametri di transresistenza e transconduttanza possono essere generalizzati in una amplificazione di tensione e corrente dipendente dalla frequenza, cioè Av (f )
and Ai (f ), in una transimpedenza Zm (f ) e in una transammettenza Ym (f ) i quali assumono
il significato di funzioni di trasferimento nel dominio della frequenza. Analogamente, le resistenze di ingresso ed uscita possono essere rimpiazzate da impedenze di ingresso ed uscita
Zin (f ) and Zout (f ) nel dominio della frequenza, come mostrato in Fig.7.
Slew Rate Oltre alla limitazione di banda appena descritta, la quale è indipendente dall’ampiezza
del segnale, gli amplificatori reali sono affetti da una limitazione che riguarda il massimo slew
10
rate, vale a dire il massimo valore della derivata temporale della tensione in uscita. Ciò
significa che, per funzionare correttamente, deve essere
dvOUT ∀t
(10)
dt < SR
dove SR è noto come limitazione di slew rate dell’amplificatore. In altre parole, si può dire
che la limitazione di slew rate si manifesta quando l’uscita di un amplificatore non è più in
grado di inseguire la corretta tensione di uscita perché essa varia troppo velocemente.
Nonlinearità Mentre la relazione ideale ingresso-uscita di un amplificatore ideale, riportata nella
Eqn.(1), è una funzione lineare, un amplificatore reale potrebbe mostrare una caratteristica
ingresso-uscita y = f (x) non (o non esattamente) lineare. Ciò potrebbe corrompere la qualità
dei segnali da elaborare.
11
2
Retroazione negativa e amplificatori operazionali
Gli amplificatori elettronici basati sui dispositivi a semiconduttore (transistori) introdotti in precedenza sono pesantemente affetti da non-idealità e i loro parametri sono scarsamente controllabili
a causa delle tolleranze di fabbricazione. Per ottenere amplificatori il cui comportamento si avvicini all’idealità utilizzando blocchi costitutivi lontani dalla idealità, si sfrutta il principio della
retroazione negativa. In ciò che segue verrà descritto tale principio, fondamentale non solo in
elettronica.
2.1
Il principio della retroazione negativa
La retroazione negativa è un principio generale che si può applicare a svariati sistemi di natura
meccanica, biologica, sociale, economica, etc. . . , inclusi gli amplificatori elettronici. Per introdurre
questo concetto cosı̀ importante, si consideri un esempio tratto dalla vita quotidiana. Si supponga
di voler guidare un’automobile da Torino a Milano. La traiettoria descritta dal veicolo dipende in
modo deterministico dalle azioni che l’autista esegue sui pedali, sul volante, sulla trasmissione, etc...
Per cui, noto il percorso da Torino a Milano, si può stabilire una corrispondenza tra la traiettoria
desiderata e una sequenza specifica di operazioni da effettuare sui pedali, sul volante, etc...
Sulla base di tale ragionamento, se si applica una specifica sequenza di operazioni (cioè l’ingresso)
ai comandi dell’automobile (cioè il sistema) essa seguirà la traiettoria desiderata e giungerà a destinazione (cioè l’obiettivo, l’uscita). Di conseguenza, in teoria, l’autista potrebbe chiudere gli occhi
e raggiungere la destinazione solo riproducendo la sequenza di operazioni precedentemente determinata. Questo approccio, chiamato controllo ad anello aperto, è concettualmente simile a quanto
succede nel funzionamento delle configurazioni amplificatrici di base, in cui si applica un ingresso
all’amplificatore, le cui caratteristiche si suppone di conoscerle accuratamente, in modo da ottenere
l’uscita necessaria.
In realtà, tutti sappiamo che se si prova a guidare chiudendo i propri occhi, anche supponendo
di conoscere perfettamente il percorso, si urterà un ostacolo dopo pochi metri. La ragione di ciò
è dovuta al fatto che, anche se la traiettoria del veicolo è completamente determinata dalle azioni
dell’autista, la conoscenza della relazione esistente tra le azioni sui comandi ed il comportamento
effettivo del veicolo non è sufficientemente accurata per cui anche piccoli errori nei comandi producono inaccettabili errori nell’uscita (cioè un incidente). Inoltre, tale relazione non tiene conto della
presenza dei fattori esterni presenti nell’ambiente nel quale l’automobile viaggia (cioè la presenza
di altri veicoli).
Se si vuole viaggiare in sicurezza, è necessario osservare la traiettoria (cioè l’uscita) in tempo
reale in maniera tale da poter individuare qualunque errore tra la traiettoria desiderata e quella
effettiva del veicolo ed agire di conseguenza sui comandi. In pratica, quello che si fa mentre si
guida è agire sui comandi in modo da correggere la differenza esistente tra la traiettoria voluta e
quella effettiva. Facendo cosı̀, è possibile seguire la traiettoria corretta anche nel caso in cui la
nostra conoscenza del comportamento del veicolo è limitata (ad esempio, è sufficiente sapere che
il veicolo gira a destra se si ruota a destra il volante e gira a sinistra se lo si ruota a sinistra).
Tale approccio in cui l’uscita del sistema (ad esempio, la traiettoria dell’automobile istante per
istante) è riportata all’ingresso del sistema, viene chiamato controllo ad anello chiuso oppure in
retroazione. Più precisamente, esso è detto approccio in retroazione negativa perché l’informazione
riportata all’ingresso è utilizzata per correggere la differenza tra l’uscita effettiva e quella desiderata
in modo da generare un comando di segno opposto, cioè negativo, in modo tale da ridurre questa
differenza (ad esempio, se si nota che l’autoveicolo sta girando verso destra mentre si vuole che
prosegua in modo rettilineo, sarà necessario ruotare il volante verso sinistra cosicché la differenza
12
Figura 8: Schema a blocchi di un sistema retroazionato negativamente.
tra la traiettoria attuale e quella desiderata si riduca). Lo stesso principio si sfrutta per ottenere
amplificatori elettronici molto accurati costruiti con componenti (ad esempio, transistori MOS e
bipolari) la cui caratteristiche non sono note in modo preciso.
Il principio della retroazione negativa, illustrato in modo cosı̀ intuitivo, può essere descritto in
maniera più formale facendo riferimento allo schema a blocchi di Fig.8. In tale schema, un amplificatore (caratterizzato da un guadagno elevato ma non accurato) viene utilizzato per amplificare
la differenza, cioè l’errore tra il segnale desiderato e (una funzione del) segnale di uscita, riportato
indietro all’ingresso dal blocco β (un blocco passivo, ad esempio un partitore di tensione). Dato
che si desidera una retroazione negativa, la correzione dovrebbe variare l’uscita in modo tale da
ridurre l’errore. A tale scopo, è importante che il segno del termine proporzionale all’uscita che
viene riportato indietro all’ingresso sia negativo.
Facendo riferimento allo schema a blocchi di Fig.8, il segnale di uscita y può essere espresso
come
y = A (x − βy)
(11)
quindi,
y=
A
1 Aβ
x=
x.
1 + Aβ
β 1 + Aβ
(12)
Dalla Eqn.(12) si può osservare che se Aβ ≫ 1, l’uscita y tende a βx , che è indipendente dalla
amplificazione A (tipicamente non accurata). Siccome β è un termine passivo (vale a dire β < 1),
il suo reciproco β1 è una termine attivo (cioè β1 > 1) e fornisce un fattore di amplificazione (non una
attenuazione), il cui valore è determinato dal termine passivo β. La quantità T = Aβ, sul valore
della quale si fonda l’efficacia della retroazione negativa secondo la Eqn.(12), è chiamato guadagno
d’anello del sistema retroazionato.
Dall’Eqn.(12) si può anche osservare che il segnale d’errore ε, posto all’ingresso del blocco A, è
dato da
1
ε = x − βy =
x
(13)
1 + Aβ
ed è mantenuto a zero dalla retroazione negativa se il guadagno d’anello T = Aβ è sufficientemente
ampio.
13
Figura 9: Amplificatori operazionali: simbolo (a) e schema funzionale di base (b).
2.2
Amplificatori operazioanli
Il principio operativo della retroazione negativa può essere sfruttato in modo vantaggioso per progettare amplificatori molto accurati prossimi all’idealità a partire da componenti poco ideali. Per
poter ricostruire lo schema a blocchi di Fig.8, prima di tutto, si ha bisogno di un amplificatore
differenziale, cioè di un amplificatore che amplifichi la differenza tra due grandezze in ingresso
(tipicamente tensioni) in modo da realizzare il blocco differenza di Fig.8. Inoltre, secondo quanto
discusso precedentemente, si richiede un amplificatore con una alta (non è necessario, invece, che
sia accurata) amplificazione differenziale A, in modo tale che il guadagno d’anello Aβ in Eqn.(12)
sia molto maggiore di 1. Tale amplificatore differenziale ad elevata amplificazione è uno dei più
importanti circuiti analogici ed è noto come amplificatore operazionale o, più semplicemente, come
opamp.
Un opamp, il cui simbolo è riportato in Fig.9a possiede due terminali di ingresso, il terminale
non-invertente, + e quello invertente, -, un terminale di uscita e due di alimentazione. Il circuito è
progettato per amplificare la differenza tra le tensioni presenti ai terminali di ingresso non-invertente
ed invertente, cioè la tensione differenziale di ingresso
vD = v + − v −
(14)
indipendentemente dal valore assunto dalle due tensioni di ingresso v + and v − valutate ciascuna rispetto al riferimento di tensione, cioè indipendentemente dalla cosiddetta tensione di modo
comune.
v+ + v−
vCM =
.
(15)
2
La tensione tra il terminale di uscita e il riferimento di tensione è la tensione di uscita, imposta
da un generatore di tensione controllato in tensione vOUT = AvD , come evidenziato in Fig.9b. Inoltre, tutti gli opamp comprendono due terminali di alimentazione i quali devono essere collegati ad
una tensione costante. Alcune volte uno dei due terminali di alimentazione (ma non necessariamente) coincide con la tensione di riferimento del circuito. I terminali di alimentazione spesso non sono
inclusi nel simbolo di un opamp per non complicare troppo il disegno, ciononostante è fondamentale
comprendere che tali terminali sono sempre presenti in quanto essenziali per il funzionamento del
circuito.
14
2.2.1
Un circuito amplificatore retroazionato: l’amplificatore di tensione con opamp
In questo paragrafo si studierà come realizzare un amplificatore di tensione pressochè ideale utilizzando un amplificatore operazionale e la retroazione negativa. Si supponga di voler realizzare un
amplificatore di tensione con una valore di amplificazione Av = 5 molto accurato. A tale scopo,
si può utilizzare la retroazione negativa e realizzare lo schema di Fig.8 usando un amplificatore
operazionale. Se si fanno corrispondere gli ingressi più e meno del nodo di somma, rispettivamente,
con i terminali di ingresso non-invertente (+) e con quello invertente (-) di un opamp, bisogna
poi collegare l’ingresso non-invertente dell’opamp alla tensione di ingresso vIN e quello invertente
ad una funzione (il blocco β in Fig.8) della tensione di uscita vOUT in modo tale che, se l’uscita
vOUT assume il valore desiderato (in questo caso specifico vOUT = 5vIN ), la tensione all’ingresso
invertente sia uguale a quella presente al terminale non-invertente. Dato che v + = vIN , il terminale
invertente sarà v − = vOUT
cosicché
5
v− = v+
⇒
vOUT
= vIN
5
⇒
vOUT = 5vIN .
(16)
Per ottenere v − = vOUT
5 , si introduce il partitore di tensione R1 -R2 come mostrato in Fig.10,
con R2 = 4R1 in modo tale che
v− =
R1
1
R1
vOUT =
vOUT = vOUT = βvOUT .
R1 + R2
R1 + 4R1
5
(17)
Ipotizzando che l’amplificazione differenziale A dell’amplificatore operazionale sia grande a sufficienza, la differenza v + − v − , che corrisponde al segnale d’errore ε in Fig.8, è mantenuto ad un
valore molto piccolo dalla retroazione negativa e la tensione d’uscita è prossima al valore ideale
vOUT =
1
vIN = 5vIN .
β
Utilizzando circuiti con amplificatori operazionali retroazionati negativamente è possibile ottenere altre configurazioni amplificatrici (amplificatore di corrente, di transconduttanza e di transresistenza) e altri circuiti analogici molto utili (sommatori e sottrattori, filtri, amplificatori non
lineari) alcuni dei quali saranno descritti in dettaglio in quanto segue. Prima di introdurre tali
circuiti specifici, però, si discuterà di come analizzare in generale circuiti contenenti amplificatori
operazionali.
2.3
Analisi di circuiti contenenti amplificatori operazionali
In questa sezione verrà affrontata l’analisi dei circuiti contenenti amplificatori operazionali. A tale
scopo, si prenderà in considerazione il circuito equivalente di un opamp che includa le resistenze di
ingresso ed uscita mostrato in Fig.11, e lo si utilizzerà nella configurazione amplificatrice introdotta
nella sezione precedente. Inoltre, si supponga che il segnale in ingresso sia fornito da una sorgente
di tensione con resistenza interna finita RS e che l’uscita dell’amplificatore di tensione piloti in
carico RL .
Il circuito in Fig.11, il quale comprende un generatore di tensione pilotato in tensione, può essere
analizzato utilizzando il metodo convenzionale di analisi dei circuiti contenenti generatori dipendenti
descritto in precedenza. Secondo tale metodo, bisogna per prima cosa calcolare la grandezza pilota
vD in funzione dei generatori indipendenti e dipendenti. In particolare, il generatore dipendente di
tensione in Fig.11 è considerato, per il calcolo del pilota, alla stregua di un generatore indipendente
di valore ê. Dopo avere eseguito i calcoli si ottiene
vD = vIN
Rin
− βê.
Rin + RS + R1 ∥ (R2 + Rout ∥ RL )
15
(18)
Figura 10: Amplificatore di tensione con amplificatore operazionale.
dove
β=
R1 ∥ (RS + Rin )
Rin
RL ∥ [R2 + R1 ∥ (RS + Rin )]
.
RL ∥ [R2 + R1 ∥ (RS + Rin )] + Rout R1 ∥ (RS + Rin ) + R2 RS + Rin
(19)
Dato che ê = Avd , l’Eqn.(18) può essere riscritta come
vD = vIN
Rin
− AβvD
Rin + RS + R1 ∥ (R2 + Rout ∥ RL )
(20)
Rin
Rin + RS + R1 ∥ (R2 + Rout ∥ RL )
(21)
quindi,
(1 + Aβ) vD = vIN
ed infine
vD =
vIN
Rin
1 + Aβ Rin + RS + R1 ∥ (R2 + Rout ∥ RL )
(22)
Dall’Eqn.(22) si può osservare che, se A → ∞ (o meglio, se il guadagno d’anello Aβ tende ad
infinito), la grandezza pilota vD tende a zero. Questa proprietà, valida in generale per qualunque
circuito che comprenda un opamp connesso in retroazione negativa, determina alcune importanti
conseguenze e permette di analizzare i circuiti con opamp in retroazione negativa in modo più
semplice. Con l’ipotesi, infatti, che il guadagno di tensione A tenda ad infinito, assunzione questa
detta di amplificatore operazionale ideale, il circuito di Fig.11 si può analizzare considerando che
vD = 0
(23)
v+ = v− .
(24)
o, equivalentemente,
16
Figura 11: Analisi di un circuito amplificatore di tensione con amplificatore operazionale ideale.
Si può osservare che, siccome A → ∞, l’Eqn.(24) non implica che la tensione del generatore pilotato
di tensione ê sia nulla. Infatti,
ê
vD =
A
e, per A che tende ad infinito, vD può essere zero anche se ê non è nulla.
Inoltre, finché rimane valida l’Eqn.(24), la caduta di tensione ai capi del resistore di ingresso Rin
dell’amplificatore operazionale è zero e, di conseguenza, la corrente che la attraversa, che equivale
alla corrente che fluisce nei terminali invertente e non-invertente dell’opamp, è anch’essa nulla, cioè
i+ = i− = 0.
(25)
Le Eqn.(24) e Eqn.(25), valide per qualunque circuito comprendente amplificatori operazionali
in retroazione negativa, possono essere utilizzate per calcolare la tensione di uscita del circuito in
Fig.11. A tale scopo, l’Eqn.(24) stabilisce che la caduta di tensione ai capi di R1 (cioè v − ) è uguale
a vIN (cioè v + ). Di conseguenza, la corrente che attraversa R1 è data da
iR1 =
vIN
.
R1
Siccome poi l’Eqn.(25) è valida, nessuna corrente entra nell’ingresso invertente dell’opamp e, per
la legge di Kirchoff delle correnti, si ottiene che
iR2 = iR1 .
Di conseguenza, la tensione di uscita vOUT , che può essere espressa tramite la legge di Kirchoff
delle tensioni come
vOUT = v − + vR2 ,
(26)
17
Figura 12: Amplificatore di tensione con amplificatore operazionale.
si può calcolare come
vOUT = v − + vR2
= vIN + iR2 R2 ,
vIN
R2 ,
= vIN +
R1
(
)
R2
= vIN 1 +
.
R1
(27)
In particolare, si può osservare che, se si considera R2 = 4R1 come è stato fatto nell’Eqn.(17),
allora l’Eqn.(27) fornisce come valore dell’amplificazione di tensione del circuito in Fig.11 il valore di cinque, in accordo con quanto ottenuto in precedenza. Si può, inoltre, osservare che tale
amplificazione è indipendente dalla resistenza di sorgente RS , dalla resistenza di carico RL e dalle
resistenze di ingresso ed uscita dell’opamp Rin and Rout , come ci si aspetta da un amplificatore
di tensione ideale. In conclusione, grazie alla retroazione negativa, è stato possibile ottenere un
circuito amplificatore di tensione ideale3 , a partire da un opamp con resistenze di ingresso ed uscita
finite. In ciò che segue sarà mostrato come poter sfruttare tale approccio per ottenere circuiti
amplificatori con caratteristiche (quasi) ideali.
3
Circuiti amplificatori realizzati utilizzando amplificatori operazionali
Il principio della retroazione negativa, sfruttato nell’amplificatore di tensione in Fig.12, può essere
utilizzato per sviluppare altre configurazioni amplificatrici basate su amplificatori operazionali. A
tale scopo, nel seguito, si discuterà di come realizzare i circuiti amplificatori di base mostrati in
Fig.1 attraverso l’uso degli amplificatori operazionali e della retroazione negativa.
18
Figura 13: Amplificatore di transconduttanza con amplificatore operazionale.
3.1
Amplificatore di tensione
Sulla base della precedente analisi, si può osservare che le tensioni di ingresso ed uscita del circuito
in Fig.12 sono legate tra loro come descritto di seguito
)
(
R2
vIN .
vOUT = 1 +
(28)
R1
Inoltre, l’amplificazione di tensione calcolata in Eqn.(28) non è influenzata dalle resistenze di ingresso ed uscita Rin and Rout dell’amplificatore operazionale né dalle resistenze di sorgente e di
carico RS and RL .
Se si considera la Fig.12, infatti, si può notare che, dall’Eqn.(25), la corrente che attraversa la
resistenza di sorgente RS è zero indipendentemente dalla tensione vS applicata all’ingresso, per cui
la resistenza equivalente di ingresso dell’amplificatore di tensione complessivo è infinita, come ci si
aspetta da un amplificatore di tensione ideale. Infine, la tensione di uscita espressa dall’Eqn.(27)
è indipendente dalla corrente assorbita dal carico RL e, di conseguenza, la porta d’uscita dell’amplificatore di tensione è simile ad un generatore ideale di tensione con una resistenza equivalente
di uscita nulla, come ci si aspetta da un amplificatore ideale di tensione. In conclusione, si può
affermare che a patto che il guadagno d’anello sia sufficientemente elevato, l’amplificatore di tensione costruito utilizzando un amplificatore operazionale, riportato in Fig.12, funziona come un
amplificatore di tensione ideale.
3.2
Amplificatore di transconduttanza
Con riferimento al circuito in Fig. 13, si osserva che, data l’Eqn.(24), la tensione ai capi di R è vIN .
Di conseguenza, la corrente che scorre attraverso R vale
vR
vIN
iR =
=
.
(29)
R
R
Inoltre, dato che secondo Eqn.(25) la corrente che fluisce attraverso il morsetto invertente dell’opamp è nulla e che, dalla legge di Kirchoff per le correnti iOUT = iR , si ottiene che
iOUT =
3
vIN
,
R
(30)
Come sarà discusso nel seguito, in realtà, esistono deviazioni dalla idealità causate dal valore finito di
amplificazione A e da altre limitazioni
19
Figura 14: Amplificatore di transresistenza con amplificatore operazionale.
cioè il circuito in Fig.13 funziona come un amplificatore di transconduttanza con transconduttanza
pari a gm = R1 .
Analogamente a quanto detto per l’amplificatore di tensione, purché il guadagno d’anello sia
sufficientemente elevato, la corrente assorbita dalla sorgente in ingresso vIN è zero, per cui l’impedenza di ingresso di questo circuito è idealmente infinita, come deve essere per un amplificatore
ideale di transconduttanza. Inoltre, l’Eqn.(30) è valida indipendentemente dal carico (rappresentato da una scatola in Fig.13) e dalla tensione ai suoi capi. Di conseguenza, la resistenza di uscita
di questo circuito è (idealmente) infinita, come ci si aspetta in un amplificatore ideale di transconduttanza. In conclusione, si può affermare che purché il guadagno d’anello sia sufficientemente
elevato, il circuito in Fig.13, funziona come un amplificatore di transconduttanza ideale.
3.3
Amplificatore di transresistenza
Con riferimento al circuito in Fig. 14, si osserva che, siccome la corrente che fluisce attraverso
l’ingresso invertente dell’opamp è nulla in accordo a quanto stabilito dall’Eqn.(25)
iR = iIN
and
vR = RiR = RiIN .
Inoltre, per la legge di Kirchoff delle tensioni si ottiene che,
vR + v − − vOUT = 0
di conseguenza, dato che v − = v + = 0 dall’Eqn.(24), si ha
vOUT = RiIN ,
(31)
cioè il circuito in Fig.14 si comporta da amplificatore di transresistenza con transresistenza pari a
Rm = R.
Dall’Eqn.(24) si ha che la tensione ai capi della sorgente di corrente in ingresso è idealmente
nulla indipendentemente dalla corrente impressa da tale sorgente. Ciò significa che l’impedenza
del circuito è (idealmente) zero, come deve essere per un amplificatore di transresistenza ideale.
Inoltre, dato che l’Eqn.(31) è valida indipendentemente dal carico e dalla corrente che esso assorbe,
l’impedenza di uscita di questo circuito è (idealmente) zero, come ci si aspetta da un amplificatore
di transresistenza ideale. In conclusione, si può affermare che purché il guadagno d’anello sia
sufficientemente elevato, il circuito in Fig.14 funziona come un amplificatore di transresistenza
ideale.
20
Figura 15: Amplificatore di corrente con amplificatore operazionale.
3.4
Amplificatore di corrente
Con riferimento al circuito in Fig.15, si può osservare che, siccome la corrente che fluisce attraverso
il morsetto invertente dell’opamp è zero in accordo all’ Eqn.(25)
iR2 = iIN .
and
vR2 = R2 iIN .
Inoltre, per la legge di Kirchoff delle tensioni, si ha che
vR2 + v − − vR1 = 0
di conseguenza, dato che v − = v + = 0 dall’Eqn.(24), si ottiene
vR1 = vR2
(32)
da cui la corrente che attraversa R1 è
vR2
.
R1
= iIN , applicando la legge di Kirchoff per le correnti, si ha
(
)
R2
iOUT = iR1 + iR2 = 1 +
iIN
R1
iR1 =
Dato che iR2
(33)
(34)
cioè
il circuito
in Fig.15 è un amplificatore di corrente con un’amplificazione di corrente pari a
(
)
R2
1 + R1 .
Dall’Eqn.(24) si osserva che la caduta di tensione ai capi della sorgente di corrente applicata
in ingresso è idealmente zero indipendentemente dalla corrente impressa da tale sorgente. Vale
a dire che l’impedenza di ingresso di tale circuito è (idealmente) zero, come deve essere in un
amplificatore di corrente ideale. Inoltre, l’impedenza di uscita del circuito è (idealmente) infinita,
come deve essere in un amplificatore di corrente ideale. In conclusione, si può affermare che finché
il guadagno d’anello è sufficientemente elevato, il circuito di Fig.15, è un amplificatore di corrente
ideale.
Un sommario delle principali topologie amplificatrici realizzate utilizzando un amplificatore
operazionale e la retroazione negativa è riportato in Fig.16.
21
Tensione
Corrente
Amplificatore di tensione
Amplificatore di transconduttanza
+
vIN
vOUT
+
vIN
iOUT
R2
R1
(
vOUT= 1 +
R
)
R2
v
R1 IN
iOUT=
Amplificatore di transresistenza
1
v
R IN
Amplificatore di corrente
iOUT
Corrente
Grandezza d’ingresso:
Tensione
Grandezza d’uscita:
R2
vOUT
iIN
R
iIN
R1
(
iOUT= 1 +
vOUT=RiIN
)
R2
i
R1 IN
Figura 16: Topologie amplificatrici di base ottenute utilizzando un amplificatore operazionale in
retroazione negativa.
22
Figura 17: Inseguitore di tensione.
3.5
Circuiti contenenti amplificatori operazionali
Oltre che negli amplificatori di base descritti in precedenza, gli opamp possono essere impiegati
per realizzare circuiti che svolgono altre importanti funzioni. Alcune di queste applicazioni sono
l’oggetto di quanto segue.
3.5.1
Inseguitore di tensione
Un circuito semplice ed importante basato sull’uso degli operazionali è mostrato in Fig.17. Tale
circuito è noto come inseguitore di tensione, buffer di tensione o voltage follower. Considerando
l’Eqn.(24) si ottiene immediatamente che
vOUT = vIN ,
(35)
cioè l’inseguitore di tensione è un amplificatore di tensione ideale con amplificazione uguale ad uno.
L’importanza dell’inseguitore di tensione è legata al concetto di carico. Se si desidera generare
una tensione specifica ai capi di un carico collegato ad una porta di un circuito4 , allora collegare il
carico come mostrato nella parte superiore della Fig.18 non è tipicamente possibile, perché il carico
introduce un effetto di carico che modifica la tensione che si desidera ai suoi capi come discusso
in precedenza a proposito agli amplificatori. Tuttavia, collegando un inseguitore di tensione con
operazionale tra la sorgente ed il carico come mostrato nella parte inferiore della Fig.18, la sorgente
di tensione non è perturbata in quanto la corrente assorbita dall’ingresso non invertente dell’opamp
è nulla e all’uscita si ha la tensione desiderata vOUT = vIN come fosse prodotta da un generatore
di tensione pressoché ideale.
4
in un circuito lineare, tale porta può essere rappresentata dal suo equivalente Thévénin
23
Figura 18: Disaccoppiamento di impedenza tramite un circuito inseguitore di tensione.
24
Figura 19: Amplificatore di transresistenza con amplificatore operazionale impiegato come
Amplificatore di tensione invertente.
Figura 20: Circuito integratore con amplificatore operazionale.
3.5.2
Amplificatore di tensione invertente
Un amplificatore spesso utilizzato nella pratica si ottiene a partire dall’amplificatore di transresistenza ed è riportato in Fig.19. In tale circuito, secondo quanto stabilito dall’Eqn.(24), la tensione
vR1 ai capi di R1 è −vIN , per cui la corrente iR1 che attraversa R1 è − vRIN1 . La corrente che attraversa R1 gioca lo stesso ruolo della corrente di ingresso nell’amplificatore di transresistenza, cosı̀ in
accordo con l’Eqn.(31), si ha
R2
vOUT = R2 iR1 = − vIN ,
(36)
R1
Si può osservare come la tensione di uscita sia proporzionale alla tensione di ingresso tramite un
fattore di amplificazione negativo. Per tale ragione, tale circuito è universalmente noto come amplificatore di tensione invertente. Tuttavia, il circuito di Fig.19 non è un amplificatore di tensione.
A differenza del circuito amplificatore di tensione non invertente in Fig.12, infatti, l’impedenza di
ingresso del circuito in Fig.19 è data da R1 e non è infinita. Di conseguenza, se la sorgente di tensione applicata all’ingresso dell’amplificatore fosse reale, tale resistenza di ingresso introdurrebbe
un fattore di partizione di tale tensione.
3.5.3
Integratore
Lo stesso principio sfruttato nell’amplificatore invertente, vale a dire la traslazione di un tensione
in una corrente la quale pilota un amplificatore di transresistenza, può essere sfruttato per ottenere
25
Figura 21: Circuito derivatore con amplificatore operazionale.
altri circuiti molto utili. Ad esempio, se il resistore R2 in Fig.19 fosse sostituito da un condensatore,
come mostrato in Fig.20, si ottiene che la corrente circolante in tale condensatore è data da
vIN
iC =
.
R
Inoltre, siccome
dvC
iC = C
,
dt
segue che la caduta di tensione ai capi del condensatore C può essere espressa come
∫ t
∫ t
iC (t′ ) ′
vIN (t′ ) ′
vC (t) =
dt + vC (0) =
dt + vC (0)
(37)
C
RC
0
0
dove vC (0) è la tensione iniziale del condensatore all’istante t = 0 e la tensione d’uscita vOUT = −vC
può essere espressa come
∫ t
1
vOUT (t) = −
vIN (t′ )dt′ − vC (0)
(38)
RC 0
che è proporzionale all’integrale nel tempo della tensione in ingresso. Per tale ragione, il circuito di
Fig.20 è detto circuito integratore.
3.5.4
Derivatore
Rimpiazzando il resistore R1 in Fig.19 con un condensatore, come nel circuito in Fig.21, si ha che
la caduta di tensione ai capi di tale condensatore, a causa della retroazione negativa, è uguale alla
tensione vIN applicata in ingresso in accordo con l’Eqn.(24). Dato che
dvIN
dvC
=C
dt
dt
e che nessuna corrente fluisce attraverso l’ingresso invertente dell’opamp, si ottiene che la medesima
corrente iC scorre anche attraverso la resistenza posta in retroazione R. Per cui,
iC = C
dvC
dt
= −vR può essere espressa come:
vR = RC
e la tensione d’uscita vOUT
(39)
dvIN (t)
(40)
dt
ed è perció proporzionale alla derivata nel tempo della tensione d’ingresso. A causa di ciò, il circuito
in Fig.21 è detto circuito derivatore.
vOUT (t) = −RC
26
Figura 22: Amplificatore sommatore.
3.5.5
Amplificatore sommatore
Tale circuito, realizzato utilizzando un amplificatore operazionale, permette di eseguire la somma
pesata di due o più segnali. A tale scopo si osservi che un circuito contenente un amplificatore
operazionale (ideale) è un sistema lineare e, come tale, può essere analizzato utilizzando lo strumento
della sovrapposizione degli effetti. In tal modo, il circuito sommatore si riduce ad uno dei circuiti
analizzati in precedenza. Se si considera il circuito di Fig.22, ad esempio, la tensione d’uscita vOUT
(1)
(2)
è esprimibile tramite la sovrapposizione degli effetti come la somma dei contributi vOUT , vOUT ,
(3)
(4)
vOUT e vOUT ciascuno relativo ad una tensione di ingresso v1 , v2 , v3 and v4 .
Si nota, inoltre, che la tensione all’ingresso non invertente dell’opamp non è influenzata dalla
presenza dell’amplificatore operazionale dato che i+ = 0. Di conseguenza tale tensione può essere
calcolata attraverso la sovrapposizione degli effetti come
v + = v3
R4
R3
+ v4
R 3 + R4
R3 + R4
(41)
e la si può considerare come una singola sorgente equivalente di tensione. Questo approccio ha
validità generale e lo si può applicare alle sorgenti collegate all’ingresso non invertente. Il contributo
dovuto a v + alla tensione di uscita può essere valutato spegnendo v1 e v2 . In tal modo i resistori
R1 , R2 e R5 sono collegati in parallelo e possono essere sostituiti dalla loro resistenza equivalente
Req = R1 ∥ R2 ∥ R5 . Il circuito che scaturisce da tali modifiche è analogo all’amplificatore di
tensione di Fig.12, per cui il contributo dovuto a v + alla vOUT , che corrisponde al contributo di
27
(3)
(4)
vOUT e vOUT , può essere espresso come
(+)
(3)
(4)
vOUT = vOUT + vOUT
(
)
RF
v+
=
1+
Req
(
)
RF
=
1+
v+
R1 ∥ R2 ∥ R5
(
)(
)
RF
R4
R3
=
1+
v3 +
v4
R1 ∥ R2 ∥ R5
R3 + R4
R3 + R4
(42)
Dopodiché, il contributo di v1 può essere calcolato spegnendo v3 e v4 (cioè considerando v + = 0)
e v2 . Cosı̀ facendo la tensione v − all’ingresso non invertente dell’opamp, che è uguale a v + per
l’Eqn.(24), è zero. Di conseguenza, la caduta di tensione su R2 e R5 è zero, nessuna corrente
(1)
li attraversa e possono essere rimossi dal circuito per il calcolo di vOUT . Sulla base di questa
considerazione, si ricava che, per il calcolo del contributo di v1 , il circuito in Fig.22 è equivalente
all’amplificatore invertente5 di Fig.19. Di conseguenza,
(1)
vOUT = −
RF
v1 .
R1
(43)
Per ciò che concerne la sorgente di ingresso v2 , in modo simile si ottiene che
(2)
vOUT = −
RF
v2
R2
(44)
In conclusione, la tensione d’uscita vOUT si può esprimere come
(+)
(1)
(2)
(3)
(1)
(2)
(+)
(4)
vOUT = vOUT + vOUT + vOUT + vOUT
= vOUT + vOUT + vOUT
(
)(
)
RF
RF
RF
R4
R3
= −
v1 −
v2 + 1 +
v3 +
v4
R1
R2
R1 ∥ R2 ∥ R5
R3 + R4
R3 + R 4
(45)
Dall’Eqn.(45) si nota che la tensione d’uscita è data dalla somma pesata delle tensioni in ingresso
v1 , v2 , v3 e v4 . Inoltre, le sorgenti collegate (indirettamente) all’ingresso non invertente hanno un
peso positivo nell’Eqn.(45), mentre le sorgenti collegate all’ingresso invertente hanno peso negativo.
Scegliendo opportunamente i resistori tali pesi possono essere progettati in modo specifico per
ottenere una determinata somma. Se uno degli ingressi in Fig.45 fosse sostituito da una tensione
costante, il circuito sommatore di Fig.22 può essere impiegato per sommare o sottrarre una quantità
costante (un termine di offset) ad un segnale, ad esempio per traslare verticalmente tale segnale
sull’asse delle ampiezze e renderlo compatibile con la dinamica di ingresso di un altro circuito
elettronico.
3.5.6
Filtri attivi
I circuiti contenenti amplificatori operazionali possono essere utilizzati per realizzare operazioni
di filtraggio nel dominio della frequenza. A tale scopo, nei circuiti con opamp considerati in
5
Si ricordi che l’amplificatore invertente non è un amplificatore di tensione, per cui l’impedenza vista dai generatori
di tensione v1 e v2 non è infinita. Inoltre, anche l’impedenza vista dai generatori di tensione v3 e v4 in Fig.22 non è
infinita a causa della presenza della rete resistiva di somma.
28
Figura 23: Filtri basati sull’uso di amplificatori operazionali.
precedenza possono essere introdotti elementi reattivi, cioè condensatori (molto spesso) ed induttori
(raramente), il cui comportamento in funzione della frequenza è descritto da una ammettenza o
da una impedenza complessa. A causa di tale dipendenza, le caratteristiche di tali circuiti sono
descritte tramite una funzione di trasferimento nel dominio della frequenza.
Facendo riferimento al circuito di Fig.23, ad esempio, la tensione in ingresso nel dominio della
frequenza Vout (f ) è legata alla tensione in uscita nel dominio della frequenza Vin (f ) come descritto
di seguito
)
(
Z2
Vin (ω)
(46)
Vout (ω) = 1 +
Z1
dove
Z1 (ω) = R1
and Z2 (ω) =
Per cui la funzione di trasferimento H(f ) =
Vout (f )
Vin (f )
Vout (ω)
R1 + R2 + jωCR1 R2
H(ω) =
=
=
Vin (ω)
R1 (1 + jωCR2 )
(
k =1+
(47)
può essere descritta come
R2
1+
R1
dove
R2
.
1 + jωCR2
)
1 + j ffz
1 + jωC (R1 ∥ R2 )
=k
1 + jωCR2
1 + j ffP
(48)
R2
R1
è l’amplificazione a bassa frequenza,
fz =
1
2π (R1 ∥ R2 ) C
e
fp =
1
.
2πR2 C
Assumendo R1 = 10kΩ, R2 = 100kΩ C = 10
π nF, si ottiene che k = 11 (circa 21dB), fz = 5.5kHz
e fp = 500Hz. Il diagramma di Bode della funzione di trasferimento H(f ) in Fig.24 si ottiene con
la procedura nota.
I filtri attivi presentano due vantaggi principali rispetto a quelle passivi, cioè ai filtri che sono
costituiti solo da componenti passivi:
• l’amplificazione in banda può essere maggiore di 1 (vale a dire che il guadagno in banda può
essere maggiore di 0dB);
29
Figura 24: Diagramma di Bode della funzione di trasferimento H(f ) =
riferimento al circuito in Fig.23.
Vout (f )
Vin (f )
valutata con
• a seconda dalla configurazione del filtro attivo, è possibile evitare l’effetto di carico.
Per ciò che concerne il primo punto, si può osservare che il filtro in Fig.23, usato precedentemente
come esempio, ha un guadagno di tensione in banda di 21dB > 0dB. Inoltre, fintantoché l’opamp
si può considerare ideale, l’impedenza di ingresso di tale circuito è infinita in modulo e la sua
impedenza d’uscita è zero. Di conseguenza, esso si comporta come un amplificatore ideale di
tensione la cui funzione di trasferimento ingresso-uscita possiede le caratteristiche di filtraggio
richieste.
30
VDD
vD
Dinamica di ingresso
di modo comune
Dinamica di ingresso
di modo differenziale
VSS
+
v
-
vCM v
Figura 25: Dinamica di ingresso di modo differenziale e di modo comune di un amplificatore
operazionale.
4
Non idealità degli amplificatori operazionali
In precedenza si è discusso di come gli amplificatori operazionali possono essere utilizzati per
ottenere circuiti amplificatori con caratteristiche molto vicine all’idealità. Sfortunatamente gli
amplificatori operazionali reali soffrono di alcune limitazioni pratiche le quali limitano le prestazioni
dei circuiti che li contengono. In questa sezione saranno discusse le principali di tali limitazioni,
la cui entità sono riportate nei fogli tecnici degli amplificatori operazionali in commercio, e sarà
evidenziato l’impatto che tali limitazioni hanno sulle prestazioni dei circuiti con opamp.
4.1
Dinamica di ingresso
L’intervallo dei valori applicati all’ingresso di un amplificatore operazionale reale che può essere
elaborato correttamente è limitato. Più precisamente per un corretto funzionamento dovrebbero
sempre essere rispettate le limitazioni dovute alla dinamica di ingresso di modo differenziale and
alla dinamica di ingresso di modo comune.
4.1.1
Dinamica di ingresso di modo differenziale
Gli amplificatori operazionali, come qualunque altro circuito amplificatore reale, amplificano i segnali differenziali solo all’interno di un intervallo (−VD,max , VD,max ), noto come dinamica di ingresso
di modo differenziale. La dinamica di ingresso di modo differenziale di un amplificatore operazionale reale è solitamente molto ristretta (poche centinaia di microvolt), tuttavia ciò non rappresenta
un problema dato che i circuiti con opamp che sfruttano il meccanismo della retroazione negativa in
modo corretto determinano una tensione differenziale all’ingresso dell’opamp, la quale corrisponde
al segnale d’errore ε in Fig.8, che è molto vicino a zero come discusso in precedenza con riferimento
all’Eqn.(13).
4.1.2
Dinamica di ingresso di modo comune
Oltre alla limitazione costituita dalla dinamica di ingresso di modo differenziale, gli amplificatori
operazionali funzionano correttamente solo se la loro tensione di ingresso di modo comune è compresa in un intervallo (VCM,min , VCM,max ), noto come dinamica di ingresso di modo comune. Nei
circuiti contenenti amplificatori operazionali reali, la dinamica di ingresso di modo comune è sempre
31
vOUT
Uscita desiderata
Uscita reale
(dinamica di uscita
non rispettata)
vOUT,max
dinamica di uscita
rispettata
t
vOUT,min
Figura 26: Effetti della limitazione della dinamica della tensione uscita di un amplificatore
operazionale.
compresa all’interno della dinamica delle tensioni di alimentazione, cioè
VSS ≤ VCM,min ≤ VCM,max ≤ VDD
per cui tale limitazione sta diventando sempre più stringente a causa della continua riduzione delle
tensioni di alimentazione. Gli opamp che hanno una dinamica di ingresso di modo comune che
coincide con quella delle tensioni di alimentazione, cioè tale per cui VCM,min = VSS and VCM,max =
VDD sono detti amplificatori operazionali con ingresso rail to rail. Le limitazioni di un amplificatore
operazionale in termini di dinamica di ingresso di modo differenziale e di modo comune sono
illustrate in Fig.25.
4.2
Dinamica di uscita
Nelle precedenti sezioni, la porta di uscita di un amplificatore operazionale è stata rappresentata come un generatore di tensione pilotato da una tensione. Inoltre è stato sottolineato come,
sebbene si consideri un generatore controllato in tensione con una impedenza finita, l’effetto di
tale impedenza di uscita è compensato dalla retroazione negativa fintatoché il guadagno d’anello è
sufficientemente elevato. In pratica nei circuiti reali, si manifestano alcune limitazioni legate alla
dinamica di tensione e corrente d’uscita.
4.2.1
Dinamica della tensione d’uscita
La tensione di uscita che può essere forzata da un amplificatore operazionale reale è limitata all’interno dell’intervallo (VOUT,min , VOUT,max ), detto dinamica di uscita dell’opamp. Se si applica
una tensione differenziale in ingresso tale per cui la tensione d’uscita AvD supera i limiti imposti
dalla dinamica di uscita, allora l’uscita dell’operazionale satura o al minimo valore ammissibile
(VOUT,min ) della tensione d’uscita o a quello massimo (VOUT,max ), come mostrato in Fig.26.
32
vD=VOFF
vD=0
vOUT=0
vOUT=0
a)
b)
Generatore di tensione
di offset in ingresso
modello di opamp con offse
VOFF
VOFF
VOFF
vOUT=0
Opamp
senza offset
c)
d)
Figura 27: Offset di tensione in un amplificatore operazionale: opamp affetto da offset (a), definizione di offset di tensione in ingresso (b), circuito equivalente di un opamap affetto da offset (c),
dimostrazione che il circuito equivalente di un opamp affetto da offset si comporta come un opamp
con offset (d).
4.2.2
Dinamica della corrente d’uscita
Anche nel caso in cui la tensione AvD all’uscita di una amplificatore operazionale sia compresa
all’interno della dinamica di tensione d’uscita, un amplificatore operazionale funziona correttamente solo se la corrente richiesta alla propria uscita (fornita o assorbita) dal carico non eccede un
valore massimo IMAX 6 . Tale limitazione, in pratica, può essere convertita in un limite alla massima potenza che può essere trasferita da un opamp al carico. Se l’uscita di un amplificatore di
potenza deve pilotare un carico di potenza (ad esempio un altoparlante, un attuatore, . . . ) e deve
fornire/assorbire una corrente rilevante, è necessario collegare all’uscita dell’opamp un opportuno
stadio di uscita che amplifichi in potenza.
4.3
Offset di tensione in ingresso
Analogamente a qualunque altro amplificatore, anche gli amplificatori operazionali sono affetti da
offset dovuti alle inevitabili tolleranze di fabbricazione. Di conseguenza, se si applica all’ingresso
di un opamp una tensione differenziale nulla, l’uscita corrispondente non è zero come mostrato in
Fig.27a. In altre parole, si può dire che, per poter ottenere una tensione d’uscita nulla si dovrebbe
applicare una tensione differenziale non nulla all’ingresso, come mostrato in Fig.27b. Tale tensione
è nota come offset di tensione in ingresso VOFF di un amplificatore operazionale.
6
Nel caso in cui i limiti per la corrente assorbita (in inglese sink) e per quella fornita (in inglese source) all’uscita
dell’operazionale siano diversi, saranno specificati due diversi valori IMAX,sink and IMAX,source .
33
|A(f)|, [dB]
Guadagno
ad anello aperto
100
A(0)|dB
80
60
40
20
Larghezza di banda
ad anello aperto
fP
fT
0
10
2
10
10
3
10
4
105
10
6
7
10
f, [Hz]
-20
Figura 28: Amplificazione differenziale di un amplificatore operazionale in funzione della frequenza
(diagramma di Bode).
Sulla base di questa considerazione, un amplificatore operazionale affetto da un offset di tensione
non nullo equivale ad un amplificatore operazionale senza offset con un generatore di tensione
equivalente VOFF collegato in serie al morsetto non invertente, come descritto in Fig.27c. Questa
equivalenza si dimostra sostituendo il modello di un opamp con offset nel circuito di Fig.27b, come
mostrato in Fig.27d. Il modello di opamp con offset può essere utilizzato per valutare l’impatto che
l’offset di tensione in ingresso di un opamp ha sulla tensione di uscita di un circuito amplificatore
realizzato tramite opamp.
4.4
Offset della corrente di polarizzazione in ingresso e offset della corrente di
ingresso
A differenza degli amplificatori operazionali ideali, per i quali i+ = i− = 0, alcuni opamp (realizzati
con transistori bipolari) assorbono/forniscono una piccola corrente continua dai loro terminali di
ingresso. Tali correnti, tipicamente di valore uguale tra loro, possono determinare un offset all’uscita
dei circuiti nei quali siano impiegati degli amplificatori operazionali. Inoltre, nel caso in cui tali
correnti siano leggermente diverse tra loro, danno luogo ad ulteriori errori.
Il valore medio delle correnti continue ai terminali di ingresso di un amplificatore operazionale
è noto con il termine di offset della corrente di polarizzazione IB mentre la massima differenza
tra le due correnti è nota semplicemente come offset di corrente in ingresso IOFF . Si può osservare, tuttavia, che gli amplificatori operazionali più recenti, basati su tecnologia CMOS, non sono
sostanzialmente affetti da questo fenomeno (vale a dire IB = IOFF = 0).
34
4.5
Limitazione della larghezza di banda
In modo simile a quanto capita per gli altri circuiti amplificatori, anche le prestazioni degli amplificatori operazionali reali dipendono dalla frequenza Per dimostrare in che modo ciò avviene, si
consideri che l’amplificazione differenziale di un amplificatore operazionale ideale ha tipicamente la
seguente espressione funzione della frequenza
A(f ) =
A0
(49)
1 + j ffp
dove A(0) è l’amplificazione a bassa frequenza, cioè l’amplificazione di un opamp per frequenze
molto minori di fp ed fp è detta banda ad anello aperto dell’opamp.
Si nota che per f = fp , il
√
modulo dell’amplificazione differenziale si riduce di un fattore 2 (3dB) e, per frequenze superiori,
decresce come f1 , cioè di 20dB per decade. L’amplificazione di bassa frequenza A(0) di un opamp
può essere molto elevata (A0 = 105 − 106 ) mentre la banda ad anello aperto fp è tipicamente
piuttosto bassa (dell’ordine di grandezza dei 100Hz).
Gli effetti di tale dipendenza dalla frequenza dell’amplificazione A nei circuiti con opamp possono essere tenuti in conto considerando l’opamp come un amplificatore differenziale con una amplificazione differenziale di valore finito (e cioè modellizzabile con il circuito equivalente in Fig.9b),
analizzando dunque il circuito con opamp come fosse un circuito contenente dei generatori di tensione dipendente da un tensione e, infine, sostituendo l’amplificazione A con la sua espressione nella
Eqn.(49).
In maniera alternativa, la limitazione di banda dei circuiti con opamp può essere determinata (in
modo più semplice) tenendo conto che i benefici effetti della retroazione negativa sono strettamente
legati al fatto che il guadagno d’anello Aβ nell’Eqn.(12) sia molto maggiore di 1. Tenendo a mente
questa considerazione, la limitazione di banda dei circuiti con opamp è legata alla condizione
|A(f )β| > 1.
Siccome, dall’Eqn.(49), per f superiore di fp , |A(f )| ≃
opamp funziona correttamente se
βA0 fp
> 1.
f
cioè se
f < βA0 fp .
A0 fp
f ,
(50)
l’Eqn.(50) afferma che un circuito con
(51)
(52)
Cosicché la limitazione di banda B del circuito si può esprimere come:
B = βA0 fp .
(53)
Si può osservare che la quantità fT = A0 fp nell’Eqn.(53) corrisponde alla frequenza di guadagno
unitario dell’amplificatore operazionale, cioè la frequenza alla quale l’amplificazione differenziale
vale 1 (0dB). Inoltre siccome l’amplificazione ad anello chiuso Ac di un sistema retroazionato7 è
data da β1 , l’Eqn.(53) può essere espressa come
BAc = fT ,
(54)
cioè il prodotto tra la larghezza di banda B e l’amplificazione ad anello chiuso Ac è una costante
per un dato opamp e corrisponde alla sua frequenza di guadagno unitario fT che, per tale ragione,
è anche nota come il prodotto banda-guadagno di un opamp.
7
Il seguente ragionamento può essere espresso in questi termini solo per l’amplificatore di tensione, dato che la
sua struttura rispecchia fedelmente lo schema di Fig.8 e la sua amplificazione di tensione ad anello chiuso è espressa
da β1 . L’Eqn.(50), tuttavia, è valida per qualunque configurazione amplificatrice, purché il guadagno d’anello Aβ sia
definito e caluato in modo opportuno.
35
|A(f)|, [dB]
100
80
60
40
Guadagno
ad anello chiuso
Larghezza di banda
ad anello chiuso
Ac|dB
20
fT
B
0
10
2
10
10
3
10
4
105
10
6
7
10
f, [Hz]
-20
Figura 29: Guadagno di tensione ad anello chiuso di un amplificatore di tensione con amplificatore
operazionale in funzione della frequenza (diagramma di Bode).
Sulla base dell’Eqn.(54), se si possiede un opamp con un prodotto banda-guadagno fT = 1MHz,
la banda di un amplificatore di tensione con amplificazione 10 realizzato utilizzando tale opamp
nella configurazione mostrata in Fig.12 sarà
B=
1MHz
fT
=
= 100kHz,
Ac
10
mentre la banda di un amplificatore di tensione con amplificazione 100 ottenuto con la stessa
topologia sarà
fT
1MHz
B=
=
= 10kHz.
Ac
100
Si dovrebbe altresı̀ osservare che, dall’Eqn.(54) un amplificatore operazionale può fornire una
amplificazione (Ac > 1) solo se f < fT .
4.6
Limitazione di slew rate
Oltre la limitazione di banda, che è indipendente dall’ampiezza del segnale da amplificare, gli
amplificatori operazionali reali possono essere affetti dalla limitazione di massimo slew rate, cioè
il massimo valore della derivata nel tempo della tensione di uscita. Ciò significa che, per poter
funzionare correttamente, dovrebbe essere
dvOUT ∀t
(55)
dt < SR
dove SR è lo slew rate dell’operazionale.
Si osserva che, a differenza della limitazione di banda, la limitazione di slew rate coinvolge sia la
frequenza che l’ampiezza del segnale da amplificare. Per poter illustrare tale fatto, si supponga, ad
36
vOUT
Uscita desiderata
(il limite di slew rate non è rispettato)
Massima
pendenza
(SR)
Uscita affetta dall
limitazione
di slew rate
t
Uscita desiderata
(il limite di slew
rate è rispettato)
Figura 30: Limitazione di slew rate.
esempio, che un segnale sinusoidale con frequenza f = 100kHz e ampiezza di picco Vin = 100mV sia
applicato all’ingresso di un amplificatore di tensione con amplificazione 10 realizzato utilizzando
un amplificatore operazionale con prodotto banda-guadagno di 5MHz a una limitazione di slew
rate di 4V/µs. Dopodiché si ipotizzi di applicare un segnale sinusoidale alla stessa frequenza e con
ampiezza di picco di 1V all’ingresso dello stesso amplificatore di tensione. Per ciò che concerne la
limitazione di banda, si può notare che entrambi i segnali dovrebbero essere amplificati in modo
= 500kHz. Se si
corretti dato che la banda dell’amplificatore di tensione è data da B = 5MHz
10
calcola il modulo della derivata nel tempo della tensione di uscita, cioè
dvOUT = d [Ac Vin sin(2πf t)]
dt dt
= |2πf Ac Vin cos(2πf t)| ≤ 2πf Ac Vin
(56)
che ha il massimo valore negli istanti di tempo per i quali cos(2πf t) = ±1, cioè in corrispondenza
dell’attraversamento dello zero del sin(2πf t), si nota che per Vin = 100mV, si ha che
2πf Ac Vin = 0.628V/µs < SR = 4V/µs,
per cui il circuito funziona correttamente. Nel caso in cui Vin = 1V, invece, si ottiene che
2πf Ac Vin = 6.28V/µs > SR = 4V/µs
ed il circuito non funziona correttamente. In particolare, quando il limite di slew rate è violato,
la tensione d’uscita mostra una distorsione nella forma d’onda per la quale in corrispondenza delle
parti di tale forma d’onda la cui pendenza non soddisfa il limite di slew rate, la pendenza della
forma d’onda è limitata al valore massimo consentito di SR. A causa di tale fenomeno, ad esempio,
una sinusoide può essere distorta in una forma d’onda triangolare come mostrato in Fig.30.
4.7
Reiezione del modo comune
Come è stato affermato in precedenza, gli amplificatori operazionali dovrebbero amplificare solo la
tensione di ingresso differenziale vD = v + − v − , indipendentemente dalla tensione di ingresso di
37
+
−
modo comune vCM = v +v
, la quale dovrebbe perciò essere completamente rigettata. In pratica,
2
tuttavia, la tensione d’uscita di un opamp può essere influenzata dalla tensione di ingresso di modo
comune. Le prestazioni in termini di reiezione del modo comune di un amplificatore operazionale sono spesso espresse in dal rapporto di reiezione del modo comune (in inglese, common-mode
rejection ratio), CMRR, definito come
CMRR =
dove
A=
A
ACM
(57)
vOUT
vD
è l’amplificazione differenziale e
vOUT
vCM
ACM =
è l’amplificazione di modo comune, cioè il rapporto tra le fluttuazioni dell’uscita indotte dal modo
comune e il modo comune stesso.
Dato che sia A che ACM dipendono dalla frequenza, anche il CMRR di un amplificatore operazionale dipende dalla frequenza. A bassa frequenza il CMRR può avere dei valori superiori ai
100dB, mentre a frequenze più elevate (ad esempio dell’ordine dei 100kHz) il CMRR potrebbe
scendere a 20-40dB.
4.8
Alimentazione e reiezione dell’alimentazione
In precedenza è stato affermato che gli amplificatori operazionali, come qualunque altro circuito
elettronico, richiedono una tensione di alimentazione in continua per poter funzionare. Sebbene sia
lecito assumere che tali tensioni siano costanti, spesso esse sono in realtà disturbate e/o mostrano
oscillazioni residue. Tali disturbi non dovrebbero influenzare la tensione di uscita di un opamp,
tuttavia, la tensione di uscita di un amplificatore operazionale reale in pratica mostra un errore
APS vPS proporzionale alle fluttuazioni della tensione di alimentazione vPS .
Le prestazioni in termini di reiezioni dei disturbi dell’alimentazione di un amplificatore operazionale sono spesso espresse in termini del rapporto di reiezione della tensione di alimentazione (in
inglese, power-supply rejection ratio), PSRR, definito come
PSRR =
dove
A=
A
APS
(58)
vOUT
vD
è l’amplificazione differenziale e
APS =
vOUT
vPS
è l’amplificazione a cui è sottoposta la tensione di alimentazione, cioè il rapporto tra le fluttuazioni all’uscita dell’opamp indotte dal disturbo sull’alimentazione e l’ampiezza del disturbo
dell’alimentazione.
Dato che sia A che APS dipendono dalla frequenza, anche il PSRR di un amplificatore operazionale dipende dalla frequenza. A bassa frequenza il PSRR può avere dei valori superiori ai 120dB,
mentre a frequenze più elevate (ad esempio dell’ordine dei 100kHz) il PSRR potrebbe scendere a
30-40dB.
38
Esercizi sugli amplificatori operazionali
1
Esercizi su amplificatori operazionali ideali
Ipotizzando che l’amplificatore operazionale sia ideale, valutare l’espressione della tensione vOUT
nel circuito di Fig.1 in funzione delle sorgenti indipendenti v1 , v2 and v3 .
Figure 1: Circuito da analizzare.
1.1
Metodo dell’analisi diretta
In qualunque circuito che sfrutti la retroazione negativa e che contenga amplificatori operazionali,
la tensione di uscita dell’opamp si può esprimere attraverso l’applicazione della legge di Kirchoff
per le tensioni come
vOUT = v + − vD + vRF
(1)
dove v + è la tensione al terminale non invertente, vD è la tensione differenziale in ingresso all’opamp
e vRF è la tensione ai capi del resistore di retroazione RF , come mostrato in Fig.2. Inoltre, siccome
si suppone l’opamp ideale segue che
{
vD = v + − v − = 0
(2)
i+ = i− = 0
e l’Eqn.(1) fornisce
vOUT = v + + vRF
1
(3)
Figure 2: Analisi di un circuito contenente un amplificatore operazionale che sfrutta la retroazione
negativa.
Sulla base dell’Eqn.(3), la tensione d’uscita vOUT può essere calcolata in tre passi:
• calcolo di v +
• calcolo di vRF
• calcolo di vOUT tramite l’Eqn.(3).
Calcolo di v +
Per poter calcolare v + , si può osservare che, dall’Eqn.(2), la corrente i+ è zero, per cui il terminale
di ingresso non invertente dell’opamp equivale ad un circuito aperto e non influenza la parte di
circuito collegato ad esso. Di conseguenza, la tensione v + può essere valutata senza considerare
la connessione all’amplificatore operazionale, come mostrato in Fig.3. Si nota che tale tensione
dipende solo dalla rete A in Fig.3, la quale è direttamente o indirettamente collegata al terminale
non invertente dell’opamp.
Con riferimento al circuito in Fig.1, la rete ottenuta al primo passo é riportata in Fig.4 e
include i resistori R1 e R2 e le sorgenti indipendenti v1 e v2 . La tensione v + può essere valutata,
sia attraverso l’applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti o attraverso il teorema di
Millman, come
R1
R2
+ v2
(4)
v + = v1
R 1 + R2
R1 + R2
Calcolo di vRF
Per poter calcolare la tensione vRF , è conveniente calcolare la corrente iRF che scorre attraverso
RRF . Una volta nota iRF , vRF si ricava immediatamente come
vRF = RF iRF .
Dato che la corrente i− che entra nel terminale invertente dell’opamp è zero per l’Eqn.(2),
la corrente iRF è uguale alla corrente iB entrante nella rete B connessa al terminale invertente
2
Figure 3: Analisi di un circuito con opamp retroazionato negativamente: calcolo di v + .
Figure 4: Rete da considerare per il calcolo di v + nel circuito di Fig.1.
dell’opamp. Per poter calcolare tale corrente, si può considerare che, ancora dall’Eqn.(2), la tensione
v − all’ingresso invertente dell’opamp è forzata al valore della tensione v + al terminale non invertente
dell’opamp (calcolata sopra) a causa della retroazione negativa. Di conseguenza, la corrente iRF può
essere calcolata considerando la rete B collegata al terminale invertente dell’opamp e considerando
l’ingresso invertente come una sorgente ideale di tensione che forza una tensione v + , come mostrato
in Fig.5.
Con riferimento al circuito in Fig.1, il circuito da considerare per calcolare iRF è riportato in
Fig.6. Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti o la legge di Kirchoff per le correnti
si ottiene
iRF = iR3 + iR4
dove
iR3 =
v + − v3
R3
e
iR4 =
3
v+
,
R4
l’espressione della iRF in funzione di v3 e della sorgente equivalente v + è
iRF =
v+
v3
−
R3 ∥ R4 R3
(5)
di conseguenza, considerando che RF = R5
vRF = R5 iRF = v +
R5
R5
− v3
R3 ∥ R4
R3
Figure 5: Analisi di un circuito con opamp retroazionato negativamente: calcolo di vRF .
Figure 6: Rete da considerare per il calcolo di iRF nel circuito di Fig.1.
4
(6)
Calcolo di vOUT
Dato che sia v + e iRF sono stati calcolati, la tensione di uscita dell’opamp vOUT può essere calcolata
attraverso l’Eqn.(3). Con riferimento al circuito di Fig.1, si ottiene
vOUT = v + + vRF
R5
R5
− v3
= v+ + v+
R3 ∥ R4
R3
)(
)
(
R1
R5
R5
R2
+ v2
1+
− v3
=
v1
R1 + R2
R1 + R 2
R3 ∥ R4
R3
5
(7)
′
Figure 7: Rete da considerare per il calcolo del contributo vOUT
di v1 nel circuito di Fig.1.
1.2
Riduzione alle configurazioni base
L’analisi del circuito in Fig.1 può anche essere effettuata attraverso l’applicazione del principio di
sovrapposizione ricordando le proprietà delle configurazioni amplificatrici fondamentali. Secondo
questo metodo, la tensione d’uscita vOUT può essere valutata attraverso la sovrapposizione degli
effetti come
′
′′
′′′
vOUT = vOUT
+ vOUT
+ vOUT
(8)
′
′′
′′′
dove vOUT
è il contributo di v1 , vOUT
è il contributo di v2 e vOUT
è il contributo di v3 .
Il contributo di v1 può essere calcolato facendo riferimento al circuito di Fig.7. In tale circuito,
la tensione v + all’ingresso non invertente dell’opamp è
v + = v1
R2
R1 + R2
e i resistori R3 e R4 sono in parallelo e possono essere sostituiti dalla resistenza equivalente R3 ∥ R4 .
Tenendo conto delle precedenti considerazioni, il circuito in Fig.7 può essere ridotto al circuito
di Fig.8, il quale analogo alla topologia base di un amplificatore di tensione. Richiamando tale
configurazione, la tensione d’uscita Fig.8, si calcola immediatamente come
(
)
R2
R5
′
vOUT
= v1
1+
(9)
R1 + R2
R3 ∥ R4
Attraverso un ragionamento analogo, il contributo della sorgente di tensione v2 si può calcolare
come
(
)
R1
R5
′′
vOUT = v2
1+
.
(10)
R1 + R2
R3 ∥ R4
Per calcolare il contributi di v3 , si consideri il circuito di Fig.9. In tale circuito, la corrente che
attraversa i resistori R1 e R2 è zero dato che la corrente che entra nel terminale non invertente
6
Figure 8: Amplificatore di tensione non invertente equivalente per la valutazione del contributo
′
vOUT
di v1 ne circuito di Fig.1.
dell’opamp è zero. Di conseguenza, la caduta di tensione ai loro capi è zero e possono essere sostituiti
da un corto circuito che collega l’ingresso non invertente e il nodo di riferimento. Inoltre, siccome la
tensione v + è zero, la tensione v − al terminale invertente dell’opamp è pure zero. Per cui la caduta
di tensione ai capi di R4 è zero, nessuna corrente lo attraversa ed esso non fornisce alcun contributo
′′′
al calcolo della tensione d’uscita vOUT
. Tali considerazioni consentono di ridurre il circuito di
Fig.9 nel circuito di Fig.10, analogo alla topologia di amplificatore invertente. Ricordando tale
′′′
configurazione, la tensione d’uscita vOUT
si ricava immediatamente come
′′′
vOUT
= −v3
R5
.
R3
(11)
Sommando i risultati dell’Eqn.(9), Eqn.(10) e Eqn.(11), si ottiene
′
′′
′′′
vOUT = vOUT
+ vOUT
+ vOUT
(
)
(
)
R5
R1
R5
R5
R2
1+
+ v2
1+
− v3
= v1
R1 + R2
R3 ∥ R4
R1 + R2
R3 ∥ R4
R3
(
)(
)
R2
R1
R5
R5
=
v1
+ v2
1+
− v3
R1 + R2
R1 + R2
R3 ∥ R4
R3
(12)
come ottenuto nell’Eqn.(7).
Lo stesso metodo poteva essere impiegato calcolando per prima la tensione complessiva al
nodo non invertente dell’amplificatore operazionale e poi considerando la tensione al terminale
non invertente come fosse erogata da una sorgente di tensione ideale, Facendo in questo modo, il
principio di sovrapposizione può essere applicato considerando la sorgente equivalente v + e quella
v3 come sorgenti d’ingresso.
7
′′′
Figure 9: Rete da considerare per il calcolo del contributo vOUT
di v3 nel circuito di Fig.1.
′′′
Figure 10: Amplificatore di tensione equivalente per il calcolo del contributo vOUT
di v3 nel circuito
di Fig.1.
8
Ulteriori considerazioni sui circuiti contenenti amplificatori operazionali ideali
Di seguito sono raccolti alcuni suggerimenti utili per la risoluzione di circuito contenenti amplificatori operazionali
• I circuiti contenenti più di un opamp possono essere risolti considerando dapprima i circuiti
operazionali i cui ingressi sono collegati a generatori indipendenti e calcolando le loro tensioni
d’uscita tramite le tecniche considerate in precedenza. Poi, dato che l’uscita di un opamp ideale può essere considerata come una sorgente ideale di tensione, tale amplificatore può essere
sostituito da un generatore indipendente di tensione avente il valore calcolato in precedenza,
dopodiché si risolve il resto del circuito.
• I circuiti operazionali ideali sono elementi lineari, per cui i circuiti contenenti opamp ideali
e altri elementi lineari possono essere analizzati nel dominio della frequenza attraverso la
definizione di una funzione di trasferimento ingresso-uscita. A tale scopo, i componenti passivi
del circuito sono descritti in funzione della loro ammettenza/impedenza.
• Se è richiesto il calcolo di una quantità differente dalla tensione d’uscita di un opamp, la tecnica precedente deve essere adattata alla uscita richiesta (ad esempio Eqn.(3) dovrebbe essere
sostituita da un’altra relazione). Ciononostante, i primi due passi del metodo di soluzione
diretto precedentemente descritto sono utili per risolvere la maggior parte dei circuito con
amplificatori operazionali ideali.
9
Esercizi
Esercizio 1. Calcolare l’espressione della tensione vOUT del circuito di Fig.11 in funzione delle
sorgenti indipendenti v1 , i2 e v3 per R1 = R2 = R3 = R4 = R5 = 10kΩ.
Figure 11: Circuito per l’Es.1.
Esercizio 2. Calcolare l’espressione della tensione vOUT del circuito di Fig.12 in funzione delle
sorgenti indipendenti v1 , i2 , i3 e v4 per R1 = R2 = R3 = R4 = 10kΩ and R5 = 50kΩ.
Figure 12: Circuito per l’Es.2.
10
Esercizio 3. Calcolare l’espressione della tensione vOUT del circuito di Fig.13 in funzione delle
sorgenti indipendenti v1 , i2 e v3 .
Figure 13: Circuito per l’Es.3.
Esercizio 4. Calcolare l’espressione della tensione vOUT del circuito di Fig.14 in funzione delle
sorgenti indipendenti v1 e v2 .
Figure 14: Circuito per l’Es.4.
Esercizio 5. Calcolare l’espressione della corrente iOUT del circuito di Fig.15 in funzione delle
sorgenti indipendenti v1 e v2 .
Esercizio 6. Con riferimento al circuito riportato in Fig.16, in cui R1 = 10kΩ, R2 = 22kΩ e
(f )
C = 10nF, calcolare l’espressione della funzione di trasferimento H(f ) = VVout
e disegnare
1 (f )
il diagramma di Bode del modulo e della fase di H(f ).
11
Figure 15: Circuito per l’Es.5.
Figure 16: Circuito per l’Es.6.
12
Esercizio 7. Con riferimento al circuito di Fig.17, in cui R1 = 10kΩ, R2 = 100kΩ, C1 =
Vout (f )
C2 = 100
π nF, calcolare H(f ) = Vin (f ) e disegnare il diagramma di Bode di H(f ).
10
π nF
e
Figure 17: Circuito per l’Es.7.
Esercizio 8. Con riferimento al circuito in Fig.18, in cui R = 100kΩ e C = 2.2nF, calcolare
(f )
H(f ) = VVout
e disegnare il diagramma di Bode di H(f ).
in (f )
Figure 18: Circuito per l’Es.8.
Esercizio 9. Con riferimento al circuito in Fig.19, con R = 100kΩ e C =
Vout (f )
Vin (f ) e disegnare il diagramma di Bode di H(f ).
Figure 19: Circuito per l’Es.9.
13
10
π nF,
calcolare H(f ) =
2
Esercizi su amplificatori operazionali reali
Figure 20: Circuito considerato nell’esempio.
2.1
Dinamica di tensione/corrente
Si consideri il circuito di Fig.20, in cui R1 = R2 = R3 = R4 = R5 = 100kΩ e la porta di uscita
del circuito pilota un resistore RL = 1kΩ. Le dinamiche dei segnali di ingresso v1 , v2 e v3 sono
riportate nella Tab.1.
Table 1: Dinamica dei segnali di ingresso in Fig.20
Sorgente
v1
v2
v3
VMIN
-2V
0
0
VMAX
1V
1V
500mV
Calcolare
• la minima dinamica della tensione di uscita;
• la minima dinamica della corrente d’uscita;
• la minima dinamica di modo comune per i segnali di ingresso
necessarie affinché l’opamp in Fig.20 funzioni correttamente con i segnali di ingresso specificati in
precedenza.
14
Soluzione
Dinamica della tensione di uscita L’espressione della tensione di uscita ottenuta nell’ipotesi
di amplificatore operazionale ideale è riportata nell’Eqn.(7). Sostituendo i valori numerici, si
ottiene
)(
)
(
R1
R5
R5
R2
+ v2
1+
− v3
vOUT =
v1
R 1 + R2
R1 + R2
R3 ∥ R4
R3
3
3
=
v1 + v2 − v3
(13)
2
2
Tenendo in conto la dinamica dei segnali in ingresso, il massimo valore all’uscita dell’opamp
dovrebbe essere
)
(
3
3
vOUT,MAX = max
v1 + v2 − v3
2
2
3
3
=
max v1 + max v2 − min v3
2
2
3
3
=
· V1,MAX + · V2,MAX − V3,MIN
2
2
3
3
· 1V + · 1V − 0V
=
2
2
= 3V.
(14)
Analogamente, il minimo valore all’uscita dell’opamp dovrebbe essere
)
(
3
3
v1 + v2 − v3
vOUT,MIN = min
2
2
3
3
=
min v1 + min v2 − max v3
2
2
3
3
=
· V1,MIN + · V2,MIN − V3,MAX
2
2
3
3
=
· (−2V) + · 0V − 0.5V
2
2
= −3.5V
(15)
Tenendo conto dell’Eqn.(14) e (15), l’opamp dovrebbe avere una minima dinamica di uscita
di (-3.5V, 3V) per poter amplificare correttamente i segnali d’ingresso. Un opamp con una
dinamica di uscita (VOUT,MIN , VOUT,MAX ) con VOUT,MIN < −3.5V e VOUT,MAX > 3V dovrebbe
essere, dunque, utilizzato nel circuito di Fig.20.
Dinamica della corrente di uscita Se il circuito in Fig.20 funziona correttamente, la corrente
che scorre nel resistore di carico RL è proporzionale alla tensione d’uscita per cui, per un
dato carico, l’opamp dovrebbe erogare una massima corrente d’uscita in corrispondenza della
massima tensione d’uscita e dovrebbe assorbire la massima corrente quando sul carico si
stabilisce la minima (negativa) tensione d’uscita. Di conseguenza,
iOUT,MAX,sourced =
e
iOUT,MAX,sunk =
vOUT,MAX
3V
= 3mA
=
RL
1kΩ
vOUT,MIN
−3.5V
= −3.5mA
=
RL
1kΩ
15
(16)
(17)
Dinamica del modo comune in ingresso Se il circuito in Fig.20 funziona correttamente, si ha
che v + ≃ v − e, di conseguenza,
vCM =
v+ + v−
≃ v+ .
2
Allo scopo di calcolare la minima dinamica del modo comune in ingresso per l’opamp in Fig.20,
si devono calcolare i valori minimo e massimo della tensione di ingresso non invertente, la
quale è espressa come
R2
R1
+ v2
R1 + R2
R1 + R2
1
1
v1 + v2 ,
2
2
v + = v1
=
tenendo conto delle dinamiche dei segnali di ingresso. In tal modo, si ottiene
)
(
1
1
+
v1 + v2
vCM,MAX = vMAX = max
2
2
1
1
=
max v1 + max v2
2
2
1
1
=
· 1V + · 1V
2
2
= 1V.
e
(19)
(20)
(
vCM,MIN =
+
vMIN
=
=
=
=
)
1
1
min
v1 + v2
2
2
1
1
min v1 + min v2
2
2
1
1
· (−2V) + · 0V
2
2
−1V
(18)
(21)
(22)
Tenendo conto della Eqn.(20) e (22), l’opamp dovrebbe avere una minima dinamica di modo
comune di (-1V, 1V) per elaborare correttamente i segnali in ingresso. Di conseguenza, nel
circuito di Fig.20 si dovrebbe usare un amplificatore operazionale con dinamica di uscita
(VCM,MIN , VCM,MAX ) con VCM,MIN < −1V and VCM,MAX > 1V.
2.2
Tensione di offset
Si supponga di utilizzare nel circuito di Fig.20, con i valori dei componenti specificati in precedenza,
un amplificatore operazionale TLC271, il cui costruttore dichiara un valore massimo della tensione
di offset in ingresso pari a 5mV.
Soluzione
Con l’obiettivo di calcolare la tensione di offset in uscita nel circuito di Fig.20, tutti i generatori
di segnale in ingresso devono essere spenti e si deve considerare il modello di opamp, mostrato in
Fig.21, che include la sorgente VOFF che tiene conto dell’offset in ingresso.
16
Figure 21: Circuito da considerare per il calcolo del massimo valore della tensione di offset sulla
tensione di uscita vOUT dovuto alla tensione di offset VOFF in ingresso all’opamp nel circuito di
Fig.20.
Come conseguenza, dall’analisi del circuito di Fig.21, assumendo l’opamp ideale, si ottiene che
il contributo VOFF,OUT dovuto al generatore di tensione di offset VOFF sulla tensione d’uscita vOUT
è dato da:
)
(
R5
= 3VOFF .
(23)
VOFF,OUT = VOFF 1 +
R3 ∥ R4
Il valore massimo della tensione di offset all’uscita è perciò in modulo
max |VOFF,OUT | = 3 max |VOFF | = 15mV.
(24)
Di conseguenza, la tensione d’uscita vOUT del circuito in Fig.21 può essere affetta da un errore
−15mV < VOFF,OUT < 15mV.
2.3
Influenza del valore finito dell’amplificazione differenziale
Figure 22: Circuito considerato nell’esercizio.
17
Figure 23: Circuito equivalente di un amplificatore operazionale con amplificazione differenziale
finita e resistenza di uscita finita.
Si consideri il circuito amplificatore di transresistenza in Fig.22, in cui R = 10kΩ. Con riferimento a tale circuito calcolare
• la transresistenza Rm =
vOUT
iIN ;
• la resistenza di ingresso Rin indicata in Fig.22;
• la resistenza di uscita Rout indicata in Fig.22
nel caso di amplificatore operazionale ideale (cioè con amplificazione differenziale A → ∞) e nel caso
di amplificatore operazionale reale il cui circuito equivalente è mostrato in Fig.23, con Ro = 10kΩ
e con i seguenti valori finiti di A: A = 104 , A = 102 , A = 10 e A = 1.
Soluzione
La transresistenza Rm e le resistenze di ingresso ed uscita, nel caso di opamp ideale, sono
calcolabili immediatamente come segue:
Transresistenza Se l’opamp è ideale, v − = v + = 0 e la tensione d’uscita vOUT è uguale alla
tensione che cade ai capi del resistore di retroazione R come si desume dall’applicazione
della legge di Kirchoff per le tensioni. Inoltre, siccome la corrente i− all’ingresso invertente
dell’opamp è zero, dalla legge di Kirchoff per le correnti segue che iR = iIN .
Di conseguenza,
vOUT = vR = RiIN
e la trasresistenza dell’amplificatore è
Rm = R = 10kΩ
(25)
Resistenza di ingresso Se l’opamp in Fig.22 è ideale, v − = v + = 0. Di conseguenza, spegnendo
tutti i generatori indipendenti e collegando un generatore di corrente di test iT alla porta di
18
ingresso, la tensione di test ai capi di tale generatore è zero. La resistenza di ingresso, definita
come il rapporto tra la tensione di test e la corrente di test, è data da
Rin =
vT
= 0,
iT
come ci si aspetta da un amplificatore di transresistenza ideale.
Resistenza di uscita Per calcolare la resistenza di uscita, bisogna spegnere tutti i generatori
indipendenti ed applicare alla porta di uscita un generatore di corrente iT di test. Poi, la
resistenza di uscita è calcolata applicando la definizione come
Rout =
vT
.
iT
Con riferimento al circuito di Fig.22, se la sorgente di ingresso é spenta, la corrente che
attraversa R è zero dato che i− = 0. Per cui, dato che vT = vOUT = vR , la tensione di test
vT è zero e
vT
Rout =
= 0,
iT
come deve essere in un amplificatore di transresistenza ideale.
La transresistenza Rm e le resistenze di ingresso ed uscita, nel caso in cui l’opamp sia rappresentato dal modello riportato in Fig.23 possono essere calcolate analizzando il circuito di Fig.24.
Transresistenza Per calcolare la transresistenza Rm = vOUT
iIN , si applica la solita procedura per
i circuiti contenenti generatori dipendenti In tal modo, si calcola dapprima la grandezza di
controllo in funzione di iIN e di ê = AvD come
vD = (R + Rout ) iIN − ê
quindi
vD + AvD = (R + Ro ) iIN
ed infine
R + Ro
iIN
1+A
La tensione d’uscita può essere calcolata come
vD =
(26)
R + Ro
iIN
1+A
AR + ARo − ARo − Ro
= +
iIN
1+A
AR − Ro
iIN
=
1+A
vOUT = −Ro iIN + A
(27)
Di conseguenza, la transresistenza è data da
Rm =
AR − Ro
1+A
(28)
Con i valori numerici dati, e per i tre valori dell’amplificazione differenziale A specificati in
precedenza, si ottengono i valori di transresistenza riportata in Tab.2.
19
Table 2: Transresistenza dell’amplificatore in Fig.22 per diversi valori di A
A
104
103
10
1
Rm
9.998kΩ
9.98kΩ
8.18kΩ
0Ω
Si può osservare che la transresistenza dell’amplificatore è prossima a quella ottenuta nel caso
di opamp ideale se l’amplificazione differenziale è maggiore di 103 . Per A = 10 si nota un
errore di circa il 20%, mentre per A = 1, la transresistenza è completamente diversa rispetto
al caso ideale.
Resistenza di ingresso Per calcolare la resistenza di ingresso del circuito in Fig.24, bisogna spegnere i generatori indipendenti e applicare un generatore di test alla porta di ingresso. I
generatori dipendenti (cioè AvD ) devono essere mantenuti accesi. Il circuito si analizza con
la procedura usuale per circuiti contenenti generatori dipendenti. Si calcola dapprima la
grandezza pilota in funzione della corrente di test iT e di ê = AvD come
vD = (R + Ro ) iT − ê
quindi
R + Ro
iT
1+A
Siccome vT = vD in questo circuito, si ottiene immediatamente che
vD =
Rin =
vT
R + Ro
=
.
iT
1+A
(29)
(30)
Con i valori numerici dati, e per i tre valori dell’amplificazione differenziale A specificati in
precedenza, si ottengono i valori di resistenza di ingresso riportati in Tab.3.
Table 3: Resistenza di ingresso dell’amplificatore in Fig.22 per diversi valori di A
A
104
103
10
1
Rin
2Ω
19.98Ω
1.8kΩ
10kΩ
Si può notare che la resistenza di ingresso è dell’amplificatore è simile a quella calcolata nel
caso in cui l’opamp è ideale (cioè zero) se l’amplificazione differenziale è maggiore di 103 .
Resistenza di uscita Per calcolare la resistenza di uscita del circuito in Fig.24, si devono spegnere
i generatori indipendenti ed applicare un generatore di corrente di test alla porta di uscita.
I generatori dipendenti (cioè AvD ) devono essere mantenuti accesi. Il circuito si analizza
20
con la procedura usuale per circuiti contenenti generatori dipendenti. Si calcola dapprima la
grandezza pilota in funzione della corrente di test iT e di ê = AvD come
vD = −Ro iT − ê
quindi
Ro
iT
1+A
Dato che vT = −vD in questo circuito, si ottiene immediatamente che
vD = −
Rout =
vT
Ro
=
.
iT
1+A
(31)
(32)
Con i valori numerici dati, e per i tre valori dell’amplificazione differenziale A specificati in
precedenza, si ottengono i valori di resistenza di uscita riportati in Tab.4.
Table 4: Resistenza di uscita dell’amplificatore in Fig.22 per diversi valori di A
A
104
103
10
1
Rout
1Ω
9.99Ω
909Ω
5kΩ
Si può notare che la resistenza di ingresso è dell’amplificatore è simile a quella calcolata nel
caso in cui l’opamp è ideale (cioè zero) se l’amplificazione differenziale è maggiore di 103 .
Figure 24: Circuito da analizzare per tenere conto del valore finito della amplificazione differenziale
dell’opamp A
21
2.4
Limitazione di banda dell’amplificatore operazionale
out (f )
Calcolare la transimpedenza Zm (f ) = VIout
(f ) dell’amplificatore in Fig.22 dove R = 10kΩ e dove
l’amplificatore operazionale è rappresentato dal circuito equivalente in Fig.23, in cui Ro = 100kΩ e
la amplificazione differenziale dell’opamp è
A(f ) =
A0
1 + j ffp
(33)
dove A0 = 104 e fp = 100Hz. Disegnare il diagramma di Bode del modulo e della fase di Zm (f ).
22
Soluzione
L’espressione della transimpedenza Zm , che tiene conto dell’amplificazione A(f ) di valore finito
può essere calcolata come fatto nel precendente esercizio (Eqn.(28)):
A(f )R − Ro
1 + A(f )
Zm (f ) =
(34)
Sostituendo l’espressione di A(f ) si ottiene
Zm (f ) =
A0
1+j ff
R − Ro
p
1+
A0
1+j ff
(
)
A0 R − Ro 1 + j ffp
p
=
=
A0 + 1 + j ffp
A0 R − Ro − Ro j ffp
A0 + 1 + j ffp
f )
A0 RR −1 fp
1 − j(
=
A0 R − Ro
o
f
A0 + 1
1 + j (A0 +1)f
p
= Zm (0)
1 − j ffzc
1 + j ffpc
(35)
dove, considerando i valori numerici, Zm (0) ≃ 10kΩ, fpc ≃ 1MHz e fzc ≃ 100kHz. Si ottiene il
diagramma di Bode di Zm in Fig.25.
Figure 25: Diagrammi di Bode della transimpedenza Zm del circuito di Fig.22.
23
2.5
Esercizi
Esercizio 1. L’amplificatore di corrente in Fig.26, dove R1 = 10kΩ, R2 = 1kΩ e RL = 10kΩ
include un opamp con una dinamica della tensione di ingresso pari a (-10V,+10V) e una
dinamica della corrente di uscita di (-3mA,5mA). Calcolare i valori minimi e massimi del
segnale in ingresso iIN che possono essere amplificati correttamente.
Figure 26: Circuito per l’Es.1.
Esercizio 2. L’opamp in Fig.26, dove R1 = 10kΩ, R2 = 1kΩ e RL = 10kΩ, ha un massimo
valore dell’offset della tensione di ingresso di 5mV. Calcolare il valore massimo dell’offset
della corrente di uscita iOUT .
Esercizio 3. Il circuito in Fig.27, dove R1 = 1kΩ, R2 = 2kΩ e R3 = 10kΩ ha due segnali in
ingresso: v1 (t) con dinamica (V1,MIN , V1,MAX )=(10mV, 500mV) e v2 (t) avente una dinamica
pari a (V2,MIN , V2,MAX )=(-250mV, 1V).
• Calcolare il valore minimo della dinamica della tensione in uscita necessario per il corretto
funzionamento;
• supporre che la dinamica della corrente di uscita dell’opamp sia (-10mA, +10mA), calcolare il minimo valore del carico resistivo che può essere pilotato dal circuito.
Figure 27: Circuito per l’Es.3.
24
Esercizio 4. Entrambi gli opamp in Fig.28 hanno un offset di tensione in ingresso di 4mV. Calcolare l’offset di tensione di uscita vOUT , assumendo R1 = R2 = R3 = R4 = R5 = 10kΩ.
Figure 28: Circuito per l’Es.4.
Esercizio 5. Con riferimento al circuito in Fig.29, in cui R = 10kΩ, calcolare la transconduttanza
gm = iOUT
vIN , la resistenza di ingresso Rin and la resistenza di uscita Rout considerando il
circuito equivalente dell’amplificatore operazionale mostrato in Fig.23, dove Ro = 5kΩ
• assumendo che l’amplificazione differenziale A dell’opamp sia infinita (opamp ideale);
• assumendo A = 103 ;
• assumendo A = 10.
Figure 29: Circuit per l’Es.5.
25
Exercise 6. Con riferimento al circuito in Fig.30, in cui R1 = 10kΩ e R2 = 100kΩ, calcolare
l’amplificazione di tensione Av = vvOUT
, la resistenza di ingresso Rin e la resistenza di uscita
IN
Rout considerando il circuito equivalente dell’amplificatore operazionale mostrato in Fig.23,
dove Ro = 10kΩ
• assumendo che l’amplificazione differenziale A dell’opamp sia infinita (opamp ideale);
• assumendo A = 103 ;
• assumendo A = 10.
Figure 30: Circuito per l’Es.6.
Esercizio 7. Con riferimento al circuito in Fig.30, in cui R1 = 10kΩ e R2 = 100kΩ, calcolare
(f )
, l’impedenza di ingresso Zin e l’impedenza di
l’amplificazione di tensione Av (f ) = VVout
in (f )
uscita Zout considerando il circuito equivalente dell’amplificatore operazionale mostrato in
Fig.23, dove Ro = 10kΩ e A(f ) = A0 f , A0 = 104 e fp = 50Hz.
1+j f
p
Esercizio 8. Un amplificatore operazionale in configurazione di inseguitore di tensione pilota un
carico resistivo RL = 1kΩ con un segnale proveniente da una sorgente con resistenza interna
RS = 100kΩ come mostrato in Fig.31. L’amplificatore operazionale ha il circuito equivalente
di Fig.32, dove Ri = 10kΩ, Ro = 100kΩ e A(f ) = A0 f , A0 = 106 and fp = 1Hz.
1+j f
p
supponendo che il carico sia direttamente
• calcolare la funzione di trasferimento
collegato alla sorgente di segnale senza il circuito inseguitore di tensione;
vOUT
vIN ,
• calcolare la funzione di trasferimento
∞);
vOUT
vIN ,
assumendo che l’opamp sia ideale (cioè A →
• calcolare la funzione di trasferimento
vOUT
vIN
alla frequenza f = 0;
• calcolare la funzione di trasferimento
diagramma di Bode in modulo e fase.
Vout (f )
Vin (f )
in funzione della frequenza e disegnarne il
Esercizio 9. Con riferimento al circuito in Fig.16, calcolare la funzione di trasferimento nel do(f )
minio della frequenza H(f ) = VVout
, tenendo in considerazione la dipendenza dalla frein (f )
quenza della amplificazione differenziale A(f ) =
A0
1+j ff
, con A0 = 104 and fp = 100Hz,
p
dell’amplificatore operazionale. Assumere che l’impedenza di ingresso dell’opamp sia infinita
e l’impedenza di uscita dell’opamp sia nulla.
26
Figure 31: Circuito per l’Es.8.
Figure 32: Circuito equivalente dell’opamp per l’Es.8.
27
Esercizi sugli amplificatori operazionali
Soluzioni
1
Esercizi su amplificatori operazionali ideali
Soluzioni
Esercizio 1.
vOUT = 32 v1 + 15kΩ · i2 − v3 .
Esercizio 2.
vOUT = 3v1 − 90kΩ · i2 − 50kΩ · i3 − 5v4 .
Esercizio 3.(
5
vOUT = − R
R3 1 +
Esercizio
( 4.
vOUT = 1 +
R3
R2
Esercizio(5.
iOUT = − 1 +
)
R3
R4
R2
R1
)
v1 −
)(
(
v1 − R5 i2 + 1 +
R5
R3
)
v3 .
R3
R2 v2 .
v1
R1
+
v2
R2
)
.
Esercizio 6. f
H(f ) = k
1+j f
z
1+j ff
with k = 1, fp =
p
Esercizio 7.
H(f ) = − (
1+j ff
p1
with f0 =
1
2πR1 C
= 1.59kHz, fz =
1
2π(R1 +R2 )C
j ff
0
)(
)
1+j ff
1
2πR2 C1
p2
= 500Hz, fp1 =
1
2πR1 C1
= 5kHz and fp2 =
Esercizio 8.
H(f ) = k 1 f
1+j f
p
with k = −1 and fp1 =
Exercise 9.
H(f ) = (
= 497Hz.
1
2πRC
k
)(
1+j ff
p1
with k = 2, fp1 =
= 723Hz.
)
1+j ff
p2
1
2π10RC
= 50Hz and fp2 =
1
2πRC
1
= 500Hz.
1
2πR2 C2
= 50Hz.
2
Esercizi su amplificatori operazionali reali
Soluzioni
Esercizio 1.
−0.83mA < iIN < 0.83mA.
Esercizio 2.
IOUT,OFF = 610nA.
Esercizio 3.
∆VOUT,mim = (−10V, 1.15V).
ROUT,mim = 1kΩ.
Esercizio 4.
VOUT,OFF = 16mV.
Esercizio 5.
for A → ∞ : gm = 100µS, Rin → ∞, Rout → ∞
for A = 103 : gm = 99.85µS, Rin → ∞, Rout = 10.015MΩ
for A = 10 : gm = 86.96µS, Rin → ∞, Rout = 115kΩ.
Esercizio 6.
for A → ∞ : Av = −10, Rin = 10kΩ, Rout = 0
for A = 103 : Av = −9.88, Rin = 10.11kΩ, Rout = 108Ω
for A = 10 : Av = −4.5, , Rin = 20kΩ, Rout = 5kΩ.
Esercizio 7.
Av (f ) =
1+j ff
p
−R2 A0 +Ro
(A0 +1)R1 +R2 +Ro 1+j f
f (A
[
Zin (f ) = R1 +
Zout (f ) =
R2 +Ro
1+A0
]
Ro
−R2 A0 +Ro
R1 +R2 +Ro
p
0 +1)R1 +R2 +Ro
R1 +R2 +Ro
1+j ff (A +1)R
p
0
1 +R2 Ro
f
1+j f (1+A
p
0)
[Ro ∥(R1 +R2 )](R1 +R2 +Ro )
(A0 +1)R1 +R2 +Ro
1+j
1+j ff
p
R1 +R2 +Ro
f
fp fp (A0 +1)R1 +R2 +Ro
Esercizio 8.
vOUT
1
vIN = 101
vOUT
vIN = 1
vOUT
vIN = 0.999
Vout (f )
Vin (f )
=
A0
1
f
1+A0 1+j
f (1+A
p
0)
Esercizio 9.
Vout (f )
Vin (f )
= k(
1+ ff
)(z
)
1+ ff
1+ ff
p1
where k = 1, fp1 =
p2
1
2πR1 C
= 1.59kHz, fp2 =
fp A0
11
= 90.9kHz fz =
2
1
2π(R1 +R2 )C
= 497Hz.