LA GIUSTIZIA NELL’ETICA NICOMACHEA Corso Monografico Lumsa 2015/2016 PHILOSOPHIA PERENNIS Il pensiero dei classici è considerato di valore permanente: come radice della cultura occidentale In particolare la filosofia aristotelica è periodicamente fatta oggetto di riscoperte e rilanci, confermandosi così la sua inesauribile validità Per la filosofia del diritto, si veda in particolare la proposta neoaristotelica di M.J. Sandel, professore ad Harvard ARISTOTELE Stagira (384 a.C.) - Calcide (322) Discepolo di Platone; Autonomia filosofica; Metodo di ricerca Ampiezza di interessi La filosofia pratica: Politica Etica Diritto ETICA NICOMACHEA Denominazione Contenuti e struttura: Dieci libri Primi due: parte generale (bene, libertà, volere) Terzo, quarto: alcune virtù (coraggio, temperanza, liberalità, magnificenza, magnanimità, bonarietà, affabilità, sincerità, garbo, pudore) Quinto: la giustizia Sesto: la retta ragione Settimo: vizi e piacere Ottavo: l’amicizia Nono: amicizia e virtù connesse Decimo: ancora sul piacere; felicità IL SENSO DELL’ETICA Techne, methodos, praxis e proairesis: ciascuna azione umana mira ad un bene (I,1) Il bene è il fine, lo scopo dell’azione deliberata: cioè dell’atto umano in quanto tale Nell’insieme delle azioni, e dei beni che esse perseguono, vi è una struttura “architettonica”, con antecedenze e conseguenze: al vertice c’è il bene supremo La scienza che studia il bene supremo traccia i caratteri della virtù suprema: tale scienza è la “politica” Il fine della politica è la felicità: essa è il viver bene e il riuscire (I, 4) ETICA E VIRTÙ Il fine della politica e dell’etica è costruire l’umano nell’uomo concreto, non attingere ad un’idea astratta di perfezione (esempio del medico con la salute) L’uomo è caratterizzato rispetto agli altri viventi dall’anima razionale: è dunque alla razionalità che occorre dedicare ogni cura, anche politica Anima vegetativa: non abbisogna di cure né di virtù Anima sensitiva: abbisogna delle virtù cosiddette “etiche” (inerenti i comportamenti nel governo degli istinti: di sopravvivenza, riproduttivo – e dunque temperanza, liberalità) Anima razionale: abbisogna delle virtù cosiddette “dianoetiche” (inerenti l’attività riflessiva: sapienza, giudizio e saggezza) LA VITA DELLE VIRTÙ “Non nascono né spontaneamente né contro natura” (II, 1): siamo per natura atti ad accoglierle, ma ci perfezioniamo poi mediante l’abitudine La virtù non è passione né mera capacità, ma vera e propria disposizione (II, 5) La virtù è dunque abito acquisito mediante la ripetizione volontaria di atti di quella virtù: siamo strutturalmente predisposti ad essa, ma la dobbiamo coltivare In medio stat virtus: teoria aristotelica della virtù come “giusto” mezzo tra due eccessi (e problema della giustizia stessa, che non ha questa caratteristica) (II, 6) Connessione con il piacere e con il dolore: giacché è per il piacere che manchiamo alla virtù ed è per timore del dolore che ci asteniamo dai suoi atti (II, 3) LIBERTÀ E VITA MORALE Essenziale per la vita morale è la volontarietà dell’azione: che altrimenti non è premiabile né rimproverabile, semplicemente perché non è propriamente di chi sembra compierla “Il volontario è quello il cui principio (arché) sta nel medesimo soggetto che agisce”: cosa che non si verifica nel caso di atto costretto dall’esterno, o effettuato per ignoranza; cosa che invece si verifica quando si agisce per impulsività o per desiderio, perché comunque il principio è interno al soggetto che è consapevole di quel che sta facendo SCELTA E DELIBERAZIONE La nostra libertà non è libertà assoluta: Limiti soggettivi: non posso volere tutto, non posso volere cose contraddittorie tra di loro, non posso volere cose che io non sono in grado di realizzare per motivi strutturali (volare) o contingenti (acquistare una Ferrari) Limiti oggettivi: non posso deliberare sui fini, ma solamente sui mezzi per raggiungere determinati fini che la natura mi assegna; primo fra tutti, la felicità (III, 2): la felicità si vuole e si desidera, ma non si sceglie: si scelgono i modi di realizzarla, o le vie per cui cercare di raggiungerla LA GIUSTIZIA (LIBRO QUINTO) Parte più pertinente dell’Etica Nicomachea in relazione alla filosofia del diritto Contributo più rilevante di Aristotele alla filosofia del diritto, da integrare con: Politica Etica Eudemia Teoria superata? Tutt’al contrario: Presenza costante nella storia del pensiero Riabilitazione novecentesca della filosofia pratica (Auschwitz; Biotecnologie) Attuali riprese adesive o critiche GIUSTIZIA COME VIRTÙ La giustizia è una virtù stupenda, come la stella della sera e la stella del mattino La giustizia è doppiamente una virtù, secondo Aristotele: Come virtù generale (ed antitesi del vizio generico dell’ingiustizia) Come virtù specifica La distinzione scorre attraverso l’articolazione di: Giustizia come rispetto della legge (generale) Giustizia come rispetto dell’uguaglianza (specifica) GIUSTIZIA: VIRTÙ RELAZIONALE Deve la propria superiorità anche alla caratteristica componente relazionale: “il potere rivelerà l’uomo” Iustitia est ad alterum: ha nella sua essenza la disposizione a comportarsi bene verso le altre persone in relazione alle cose che abbiamo in comune L’altro è un umano come me: non vi è propriamente giustizia nei rapporti tra entità diverse. Per questo tale virtù è così intimamente connessa all’idea dell’uguaglianza Eppure, l’esperienza attesta continuamente la diversità: qual è il fondamento dell’uguaglianza di individui empiricamente così diversi? GIUSTIZIA ED UGUAGLIANZA La versione specifica della giustizia ha dunque a che vedere con l’uguaglianza: concretamente, consiste nel rispetto di essa in ogni relazione coi nostri simili La grande distinzione tipologica: Giustizia in senso stretto come giustizia distributiva Giustizia in senso stretto come giustizia commutativa GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA La relazione è sempre complessa, ed almeno composta da quattro elementi: Due persone, in relazione giuridica Due cose (anche se è una sola, questa si sdoppia) Giusto, secondo la giustizia distributiva, è il termine medio tra un più ed un meno – è dunque l’uguale, in senso proporzionato alla relazione: proporzione geometrica C’è contesa quando: Persone uguali hanno/ricevono cose disuguali Persone disuguali hanno/ricevono cose uguali Il merito non risolve ogni problema, perché va interpretato (democratici, oligarchi, aristocratici) APOLOGO DEL FLAUTO GIUSTIZIA CORRETTIVA È la forma di giustizia in senso stretto tipica dei rapporti tra privati, che possono avere origine: Volontaria (contrattuale, convenzionale) Involontaria (da atto illecito, civile o penale) Giusto, in questi rapporti, “è una specie di uguaglianza”, così come l’ingiusto è disuguaglianza: ma qui, nei “sinallagmi” (rapporti tra privati), lo è rispetto ad una proporzione aritmetica Non influiscono sul giudizio di giustizia le qualità soggettive dei protagonisti della relazione GIUSTIZIA CORRETTIVA Il giudice stabilisce ciò che è giusto: è “giustizia vivente” È colui che fissa il giusto mezzo tra il guadagno e la perdita (giusto correttivo) È il mediatore tra le pretese confliggenti Dika: divisione in due > da cui secondo Aristotele dikaion, dikaiosyne, dikastés GIUSTIZIA COME RECIPROCITÀ Aristotele contesta la coincidenza dei due termini: vi sono casi in cui il giusto dipende da qualità soggettive che esigono un’uguaglianza non di reciprocità ma di proporzione “È col contraccambiare proporzionalmente che la città sta insieme”: dando rispettivamente Male per male (per non comportarsi da schiavi) Bene per bene (per attivare gli scambi che creano la città) Come rendere possibile la commisurazione dei beni oggetto di scambio? LA MONETA - NOMISMA Come commisurare calzolaio e architetto, scarpa e casa? Si tratta evidentemente di bene non uguali che richiedono la mediazione di un comune elemento di commisurazione Per questo nasce convenzionalmente la moneta: come riduzione di beni diversi ad una misura concordata come comune All’origine di questo processo non può che esserci il bisogno (kreia), “che unifica tutto”, ed attiva scambi tra i diversi La commensurabilità è quindi assicurata dall’invenzione della moneta, che parifica e permette lo scambio e dunque la comunità stessa GIUSTIZIA: NATURALE E POSITIVA Il giusto politico (quello che si realizza appunto nella polis, ed è distinto da quello domestico e da quello generale della virtù), può essere a seconda dei casi: Giusto (politico) naturale: ha la stessa validità dovunque, a prescindere da un riconoscimento formale Giusto (politico) legale o positivo: è indifferente fino alla formalizzazione, ma vincola una volta stabilito “Sebbene tutto tra gli uomini sia mutevole, non è vero che ogni giustizia è per forza legale: esiste anche una specie di giusto per natura” GIUSTIZIA LEGALE Il giusto legale si traduce nella norma giuridica, che va considerata come l’universale rispetto alle singole azioni, che sono il particolare (cfr. tema futuro dell’equità) Anche in negativo, possiamo distinguere dunque: Ingiustizia della cosa: la cosa è ingiusta fin dall’inizio, vuoi per ragioni legali o convenzionali, vuoi per ragioni naturali Ingiustizia dell’azione: l’azione assume il carattere di ingiustizia solo una volta che sia stata eseguita EQUITÀ In effetti, non tutti i casi sono disciplinati da leggi: a volte intervengono i decreti L’uomo equo è quello incline a fare e scegliere in ordine al particolare, senza pignolare nell’applicazione della legge generale, fino al peggio EQUITÀ L’equità, o epieikeias, non coincide con la giustizia, ma intuiamo che appartiene allo stesso genere Equo è ritenuto “più che giusto”, ma fa ancora parte del “giusto”: è un “correttivo del giusto legale” per casi particolari L’equo è dunque il giusto del caso particolare, che va al di là del giusto (legale) in senso universale, che rispetto a quel particolare risulterebbe in ultima analisi approssimativo GIUSTIZIA E FAMIGLIA Poiché la giustizia presuppone l’uguaglianza, non può esservi giustizia o ingiustizia se non tra uomini liberi ed uguali In tal senso, nella famiglia l’unica giustizia è quella tra marito e moglie (giustizia domestica): verso figli e schiavi il rapporto non è egualitario, non vi è propriamente giustizia politica né legge – ma, se mai, autorità; per certi versi non vi è nemmeno in senso stretto “alterità” L’esercizio dell’autorità merita un compenso (honor) perché addossa la responsabilità di custodire in famiglia la giustizia e l’uguaglianza SINTESI FINALE “L’agire giustamente è la via di mezzo tra commettere e subire ingiustizia: commettere ingiustizia significa avere di più, subirla significa avere di meno” “La giustizia è la disposizione secondo la quale l’uomo giusto è definito come uomo portato a compiere, in base ad una scelta, ciò che è giusto, [...] in modo da attribuire a ciascuno una parte proporzionatamente uguale” Non vi è dunque ingiustizia passionale: virtù e vizio sono disposizioni abituali AZIONI GIUSTE Non sono facili: non basta conoscere il giusto legale per vivere giustamente. Tra l’altro, il giusto legale è giusto solo per accidente. La giustizia è una disposizione permanente del carattere: così come non basta conoscere le nozioni di base di un’arte, per potersi dire esperti di quell’arte. Non basta sapere come fare il giusto, come distribuire giustamente i beni. Esempio del medico: non bastano le nozioni, occorre la capacità di porle in atto, per dare la salute AZIONI GIUSTE Sono possibili solo tra coloro che partecipano dei beni in generale: e dunque possono darne/riceverne in eccesso o in difetto Agli Dei questa situazione non può competere, perché non partecipano dei beni né della loro distribuzione, col rischio di averne troppi o troppo pochi Per questa ragione il giusto è “qualcosa di umano”, anthropinon INGIUSTIZIA VERSO SE STESSI? Esempio del suicidio: Anche quando è fatto per ira (passione), risulta ingiusto, perché contrario alla retta ragione Se non si può subire volontariamente ingiustizia, chi sarebbe il danneggiato nel caso di suicidio? La risposta aristotelica è: la polis. Per questo la città reagisce sanzionando il suicida con la pubblica infamia L’ingiustizia verso se stessi è dunque impossibile: La stessa persona fa il danno e lo subisce Non è possibile danneggiare le proprie cose