Aristotele
Test sull’Etica
• L’etica rientra nell’ambito delle
1. Scienze teoretiche
2. Scienze pratiche
3. Scienze poietiche
La divisione delle scienze
• Da un lato ci sono le scienze teoretiche, relative alla
conoscenza della realtà, che hanno per oggetto il
necessario, ossia ciò che esiste indipendentemente
dall’uomo e dalla sua volontà, ciò che l’uomo non può
modificare, ma solo comprendere; dall’altro lato
abbiamo le scienze pratiche, che studiano i principi del
comportamento (praxis). In questo caso non si tratta di
realtà già date, oggettive, ma di principi da discutere e
scegliere, sulla base del ragionamento
• Le scienze poietiche (poetica, retorica, arti tecniche)
hanno per oggetto la produzione di opere e oggetti
• Il fine delle scienze pratiche è
– La realizzazione della felicità
– La realizzazione della conoscenza
– La realizzazione di opere tecnicamente perfette
Felicità, Etica e Politica
• Il fine delle scienze pratiche è la realizzazione
della felicità: l’Etica tratta di quella
individuale; la Politica di quella collettiva
• Per l’uomo la felicità consiste
– Nell’agire seguendo le proprie passioni
– Nell’agire secondo ragione
– Nell’agire seguendo sia le passioni che la ragione
Che cos’è la felicità
• Per Aristotele, la felicità è un concetto
relativo, diverso per i diversi enti, in quanto
consiste nella realizzazione della propria
natura. La natura umana si distingue da quella
degli altri esseri viventi per la razionalità, e
dunque la felicità per l’uomo, consiste nelle
attività che realizzano al massimo grado la
sua natura razionale, ovvero nell’agire
secondo ragione (virtù = agire secondo
ragione)
• Per Aristotele la sapienza è
– Una virtù dianoetica
– Una virtù etica
– Non è una virtù
Virtù dianoetiche ed etiche
• Aristotele distingue due modi di realizzare la propria natura razionale, a
cui corrispondono due livelli di felicità e due tipi di virtù: 1) La massima
realizzazione dell’uomo consiste nelle virtù dianoetiche (diànoia =
conoscenza razionale), legate alla ragione e al pensiero. Solo pochi
riescono a raggiungerle. 2) Il livello inferiore, invece, consiste nelle virtù
etiche, che tutti possono raggiungere, legate al «costume» (éthos), cioè al
controllo delle passioni mediante la ragione
• Per l’uomo, la massima realizzazione della propria natura razionale
consiste nelle virtù che riguardano l’esercizio della ragione, cioè le virtù
dianoetiche, che sono la sapienza, l’intelligenza, la scienza, la saggezza e
l’arte. La sapienza non indica il possesso di conoscenze, ma il desiderio di
ricerca e le disposizioni che spingono verso la conoscenza. L’intelligenza è
la capacità di intuire i principi primi. La scienza è la capacità di sviluppare i
principi mediante il ragionamento deduttivo. La saggezza è la disposizione
ad agire in vista del bene. L’arte è la disposizione ad applicare
correttamente le diverse arti
• Per Aristotele la virtù etica è
– Il giusto mezzo tra due eccessi opposti
– L’eliminazione delle passioni che ostacolano la
ragione
– L’eliminazione delle passioni eccessive
Le virtù etiche (la virtù come medietà)
• Le passioni sono negative quando si traducono in eccessi,
tuttavia il controllo della ragione garantisce la giusta misura
(medietà), che permette di evitare tali eccessi. La virtù è il
giusto mezzo tra due eccessi opposti.
• Coraggio: giusto mezzo fra viltà e temerarietà; Temperanza:
giusto mezzo tra intemperanza e insensibilità; Generosità:
giusto mezzo fra avarizia e prodigalità; Magnificenza: giusto
mezzo fra volgarità e grettezza d'animo; Magnanimità:
giusto mezzo tra la vanità e l'umiltà; Mitezza: giusto mezzo
tra l'iracondia e l'eccessiva flemma; Amabilità: giusto
mezzo tra misantropia e compiacenza; Sincerità: giusto
mezzo tra l'ironia e la vanità; Arguzia: giusto mezzo tra la
buffoneria e la rusticità; La virtù più importante è la
giustizia…
• Per Aristotele si diventa virtuosi
– Mediante la ripetizione e l’abitudine
– Mediante la sapienza
– Mediante la saggezza
– Per talento innato
Le virtù etiche (come si diventa
virtuosi)
• La virtù non è un singolo comportamento, ma un modo di essere
da acquisire. Si diventa virtuosi mediante l’abitudine, ripetendo
comportamenti virtuosi, fino a quando il comportamento non
diviene un modo di essere, un habitus. A differenza di Socrate e
Platone, per Aristotele conoscere il bene non implica il farlo (non è
detto che i filosofi siano i più saggi e i migliori governanti).
• Che cosa spinge un individuo, inizialmente, a manifestare
comportamenti che, una volta interiorizzati, diventeranno virtù?
Evidentemente, qualcosa di esterno all’individuo stesso, che
Aristotele individua nell’educazione e nel costume, cioè nei
comportamenti e nei valori sociali, ovvero nella polis. Il costume
rappresenta però solo il punto di avvio. Per essere morali, le norme
devono essere interiorizzate e fatte proprie dall’individuo, il quale
deve agire per libera scelta, senza costrizioni esterne.
• Per Arisotele
– Il filosofo è sicuramente anche un buon politico
– Non è detto che il sapiente sia anche un buon
politico
– Il filosofo non è mai un buon politico
Sapienza e saggezza
• La sapienza (sophia) è la disposizione a conoscere, la saggezza
(phrònesis) è la disposizione ad agire bene. Platone aveva
identificato queste due virtù, concludendo che i sapienti (i filosofi)
sono anche saggi e per questo destinati alla guida dello Stato. Il
filosofo infatti conosce le idee, sia quelle da cui derivano le cose
(base della conoscenza), sia le idee valori (dalle quali deriva la
saggezza). Per Aristotele, le essenze, immanenti e non trascendenti,
sono oggettive e costituiscono l’oggetto delle scienze teoretiche,
legate alla sapienza, mentre i valori derivano dall’uomo e sono
argomento delle scienze pratiche, non esistendo oggettivamente
in modo necessario ma soggettivamente nell’ambito del possibile.
Per questo il filosofo, che ha la sapienza, non necessariamente
sarebbe un buon politico (cui necessita la saggezza)