La teoria del flogisto La teoria del flogisto fu elaborata dal chimico tedesco Georg Ernst Stahl, il quale dopo essersi laureato in medicina nel 1684, si dedicò allo studio della chimica. Ciò che interessava di più a Stahl furono i fenomeni di combustione e ipotizzò che ogni sostanza combustibile possedesse un fattore comune, battezzato con il nome di flogisto (dal termine greco indicante la fiamma). Il flogisto, secondo Stahl, dava ai composti la capacità di infiammarsi. Il carbone, l'alcool e il legno erano considerati formati quasi esclusivamente dal flogisto in quanto altamente infiammabili. Stahl riteneva che anche i metalli fossero corpi contenenti flogisto ma anche materia terrosa; infatti quando si scalda fortemente un metallo, in fondo al crogiolo resta una terra, una calce da cui deriverà il termine calcinazione, tuttora usato nei laboratori chimici. Quella calce che Stahl ottenne nel crogiolo non era altro che ossido di metallo. Stahl propose una spiegazione per il processo di combustione; le fasi salienti della sua teoria erano le seguenti: 1) ogni materiale infiammabile contiene flogisto; 2) quando una di tali sostanze brucia, perde la sua componente flogistica; 3) il fuoco individua il rapido passaggio del flogisto all'esterno della sostanza. La teoria del flogisto appariva così chiara e perfetta che fu catalogata come una delle più grandi scoperte dell'epoca e rimase nella mente dei chimici per quasi un secolo, fino a quando i magistrali esperimenti di Lavoisier dimostrarono che la verità era ben diversa. Confutazione della teoria del flogisto Gli alchimisti del periodo prelavoiseriano compirono studi relativi all’esistenza di un elemento ponderabile e infiammabile che denominarono Flogisto. Macquer, un chimico del ‘700, accettava l'idea della terra infiammabile (o flogisto) come principio responsabile della combustibilità dei corpi. All’interno di questa teoria è avvenuta la prima grande svolta chimica operata da Lavoisier. Egli eseguì rigorose analisi quantitative nel corso delle reazioni chimiche e spiegò i fenomeni osservati, sbarazzandosi della teoria del flogisto. La materia del fuoco secondo lui non era ponderabile, ma era un fluido imponderabile presente in natura, che era in grado di permettere alle sostanze di sussistere nei tre differenti stati: solidità, fluidità e vaporizzazione. Questa lotta, che portò all’abbandono del concetto di flogisto nel campo della chimica, si può datare all’incirca nel 1772 con varie ricerche ed esperimenti che Lavoisier affrontò. Una delle più importanti esperienze fu quella nella quale dimostrò che, bruciando un diamante, si otteneva dell’"aria fissa" (CO2). A questa se ne aggiunsero altre. Nella sua prima memoria "Sulla soluzione del mercurio nell’acido vitriolico e sulla risoluzione di questo acido in acido solforoso e in aria eminentemente respirabile", egli notò che, riscaldando il mercurio con l’acido vitriolico, si sviluppava del gas solforoso e un’aria eminentemente respirabile. In un’altra memoria sulla "combustione in generale", egli affermò che, per la combustione, è necessaria solo l’aria vitale (denominata inizialmente oxygine, più tardi oxygène) e che il corpo che bruciava aumentava di peso. Con questa scoperta, Lavoisier confutava le supposizioni alchimiste, secondo le quali quando un elemento veniva ossidato aveva inizialmente massa maggiore rispetto quella dopo la reazione. Studi ed esperimenti I prelavoiseriani giustificavano la loro teoria attraverso il concetto di flogisto o materia del fuoco che veniva considerata ponderabile; durante la combustione il materiale infiammabile perdeva il flogisto e quindi la sua massa doveva diminuire. Alla fine d’ottobre dello stesso anno, mentre lavorava alla combustione del fosforo e dello zolfo in recipienti ermeticamente chiusi, Lavoisier osservò che gli "acidi" (anidridi) pesavano di più delle sostanze di partenza. Egli traeva quindi l’importante conclusione che nelle combustioni vi era un aumento di peso dei prodotti, a spese dell’aria dell’ambiente, così come avveniva nelle calcinazioni dei metalli: l’aumento di peso quindi non era un’anomalia, ma un fenomeno costante in questo tipo di processo. Nel 1774 Lavoisier espose una teoria secondo la quale l’aumento di peso che veniva rilevato nella combustione dello zolfo e del fosforo, nella calcinazione (ossidazione) del piombo e dello stagno in recipienti perfettamente chiusi era causata dall’assorbimento dell’aria atmosferica contenuta nel recipiente di reazione. Gli era ancora oscuro, però, quale fosse il tipo di aria che era soggetta all’assorbimento da parte degli elementi reagenti. Quindi eseguì altri esperimenti per esaminare il problema , dei quali ne espose uno in particolare nel 1775 in una seduta all’Accademia delle Scienze di Parigi: fece un esperimento con l’ossido rosso di mercurio, al quale faceva assorbire una parte dell’aria mediante il riscaldamento prolungato del metallo. Successivamente ricostituiva il metallo di partenza, separandolo dall’aria assorbita. Da queste prove Lavoisier concludeva che l’aria assorbita era più "respirabile", più combustibile e di conseguenza più pura anche dell’aria nella quali gli esseri viventi vivono. Lavoisier in questo modo riuscì a comprendere che quella che prima veniva considerata l’aria priva di flogisto era in realtà una parte dell’aria ordinaria. Conclusioni di Lavoisier Nel 1777 il chimico francese espose i risultati che aveva ottenuto grazie a cinque anni di lavoro ed esperimenti: In ogni combustione era rilevabile uno sviluppo di fuoco e di luce. I corpi bruciavano solo in presenza di aria pura. In ogni combustione vi era la produzione o decomposizione dell’aria pura e il peso del corpo combusto aumentava in maniera proporzionale alla quantità di aria pura composta o decomposta. In ogni reazione di combustione la sostanza bruciata si trasformava in "acido" per l’aggiunta della sostanza che aumentava il suo peso o in calce se si trattava della calcinazione di un metallo. Per Lavoisier la teoria del flogisto era completamente errata, infatti egli sosteneva che la materia del fuoco fosse un fluido imponderabile presente diffusamente in natura e componente dell’aria pura, che veniva portata allo stato aeriforme proprio da questo liquido. Quindi gli effetti della combustibilità erano da associare ad una sostanza contenuta nei gas e non nei corpi combustibili o calcinabili, come era nel caso del flogisto. Nel 1777 alla fine di un lungo periodo di studi egli arrivò alla conclusione che ogni vapore, ogni aria e ogni fluido elastico aeriforme, era un composto della materia del fuoco con un corpo solido volatile qualunque. Lavoisier era cosciente che la sua teoria del liquido imponderabile sarebbe stata considerata con lo stesso scetticismo che dominava sulla teoria del flogisto, però il grande potere interpretativo e predittivo e la coerenza interna della sua teoria, conducevano il chimico francese a ritenere la sua idea vera o comunque più probabile della teoria flogistica che egli combatteva. Con l'attacco finale alla teoria del flogisto Lavoisier riuscì anche a demolire la teoria del flogisto reinterpretata da Kirwan, un mineralologo irlandese. Lavoisier smontò la logica delle argomentgazioni di Kirwan con critiche talmente precise che riuscì a far ricredere lo stesso sostenitore.