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Recensioni
Luci e ombre di Magnasco, il Goya di Genova
In mostra nel capoluogo ligure fino al 5 giugno dipinti della maturità del pittore che
lavorà anche Milano e a Firenze. A Palazzo Bianco alcune tra le opere più
suggestive di un precursore degli Impressionisti che influenzò il grande artista
spagnolo
di RORY CAPPELLI
Lo leggo dopo
Le sue opere sono una scoperta continua, piccoli racconti su tela di incredibile forza espressiva, con
quelle figure impastate con lo sfondo e illuminate qua e là da folgori di bianco. Non a caso
Maurizio Canesso, organizzatore della mostra insieme a Piero Boccardo, definisce Alessandro
Magnasco "il genio del colpo di luce" che arriva ad anticipare tanta pittura successiva come Goya,
Turner, gli Espressionisti, proprio per i contrasti di colore e di luce, per i quadri materici, dai colori
densi e pastosi, e soprattutto per la visionarietà dei soggetti.
LE IMMAGINI
Firenze e Milano. Le opere esposte nella mostra Alessandro Magnasco (1667-1749). Gli anni della
maturità di un pittore anticonformista (fino al 5 giugno a Genova, alla galleria di Palazzo Bianco)
appartengono tutte alla maturità dell'artista. Furono realizzate tra 1733 e l'anno della sua morte, il
1749. L'artista in quel ventennio lavorò a Genova, la sua città natale, da dove nel 1682 si era
trasferito a Milano, nella bottega di un pittore del secondo manierismo lombardo, Filippo Abbiati,
per poi, prima di tornare nuovamente a Milano, dal 1703 al 1710, risiedere alla Corte dei Medici, a
Firenze, chiamato da Ferdinando de' Medici, celebre appassionato d'arte.
Le infuenze. Negli anni milanesi e fiorentini Magnasco recepì dunque una serie di stimoli e di
influenze che poi si esprimeranno in tutta la loro potenza espressiva e originalità proprio negli
ultimi venti anni della sua produzione. In alcune delle opere in mostra si possono cogliere stilemi e
modi che si ritroveranno poi, per esempio, in Goya, con il gusto per il macabro, per le atmosfere
cupe e angoscianti che hanno però anche tratti ironici che alleggeriscono la narrazione.
L'illuminista. Magnasco anticipa molte riflessioni che saranno per esempio caratteristiche del
pensiero illuminista, spiega Maurizio Canesso, e cioè "le discussioni sulla corruzione degli ordini
monastici, sui culti, sull'educazione religiosa degli strati popolari, sullo sfacelo morale della classe
aristocratica", che infatti, spiega Canesso, "affiorano nei dipinti che rappresentano frati cappuccini e
certosini, il catechismo per i bambini poveri, i riti ebraici, e la dissolutezza di una nobiltà ignorante
e oziosa. Anche le opere apparentemente disimpegnate come le tele a soggetto mitologico, i
paesaggi con storie sacre e le scene di picaros e vagabondi esprimono una demistificazione della
grande pittura celebrativa del tempo".
Le opere. Le opere in mostra, provenienti da collezioni pubbliche e private, illustrano bene questi
punti. In particolare il Furto sacrilego, proveniente dal museo Diocesano di Milano, dipinto che
echeggia le Danze della morte medievali con gli scheletri dei defunti all'assalto dei ladri che erano
entrati nella chiesa di Santa Maria di Siziano il 6 gennaio 1731, mentre fa eccezione il
Trattenimento in un giardino d'Albaro, dei Musei di Strada Nuova di Genova, considerato il
capolavoro dell’artista e che ritrae una famiglia aristocratica che “fa salotto” nel giardino della
propria villa suburbana.
(27 febbraio 2016)
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